A quanto ricordiamo, non era mai accaduto che un nostro libro venisse citato e mostrato da un deputato in Parlamento.
È accaduto per la prima volta il 20 dicembre scorso, durante il dibattito sulla ratifica dell’ennesimo «storico accordo» tra Italia e Francia sul Tav – il solito dopo il quale «non si torna più indietro» ecc. ecc. – quando Giorgio Airaudo ha sventolato una copia di Un viaggio che non promettiamo breve.
Il video dell’intervento è incorporato in calce a questo post. Il libro appare al minuto 8’28”.
A dirla tutta, il giorno prima il libro era stato recensito live al Senato, benché non in aula. È avvenuto durante un convegno nella Sala ISMA, grazie allo storico Tomaso Montanari. Ne parliamo qui sotto.
Del resto, non era nemmeno mai accaduto che un nostro libro fosse recensito (o reticensito) dal più famoso magistrato italiano…
Insomma, attorno a Un viaggio che non promettiamo breve stanno succedendo varie e strane cose. Come minimo, il libro fa discutere. Sono anche arrivate – per canali privati – minacce di querela, e vedremo se si concretizzeranno. Nel caso, ci sarà parecchio da divertirsi.
Nel frattempo, vi offriamo una nuova rassegna di recensioni, interviste e pareri sul libro. La prima del 2017. Buona lettura.
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«L’affermazione dell’autore può spiazzare: “I No Tav non sono contro le infrastrutture: la Val di Susa è una valle di ferrovieri, dove tutti hanno un parente ferroviere e dove tutti sono cresciuti grazie alla ferrovia. Come potrebbero essere contro in una valle naturalmente vocata al valico, da sempre luogo di scambio transfrontaliero?”. Ma è tutto il libro che scardina certezze. Un viaggio che non promettiamo breve (pp. 650, 21 euro, Einaudi), narrazione ibrida di Wu Ming 1, al secolo Roberto Bui, su “venticinque anni di lotte No Tav” mette insieme militanza e complessità, reportage e inchiesta, analisi ed epica popolare. Un libro che probabilmente dividerà, come ha sempre diviso l’argomento. E che allo stesso tempo, come ha scritto Daniele Giglioli sul Corriere della Sera, paradossalmente “unisce, connette, mette insieme, dà a chiunque lo legga, comunque la pensasse prima di leggerlo, la possibilità di passare dall’altra parte della barricata. Se poi qualcuno, davanti a un’opera tanto ben argomentata e documentata, decide di restare in buona fede della sua idea è nel suo diritto, ma sarebbe interessante sapere come fa”. Wu Ming 1 parte da una premessa: “Loro sono contro questa versione post moderna delle infrastrutture rappresentata dalle ‘grandi opere inutili’, che servono soltanto a drenare denaro pubblico basandosi su stime per il futuro infondate, campate in aria, smentite di anno in anno. Lì dovevano passare milioni e milioni e milioni di tonnellate di merci, che non si sono mai materializzati né si materializzeranno mai”.»
Così comincia, sotto il bel titolo «Tutti i sì dei No Tav», la lunga intervista di Fabio Dessì a WM1 uscita sul mensile La Nuova Ecologia (numero del gennaio 2017) e leggibile integralmente qui.
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Sul sito dell’associazione Dislivelli il giornalista, scrittore e alpinista Enrico Camanni – autore, tra gli altri libri, del recente Alpi Ribelli. Storie di montagna resistenza e utopia (Laterza 2016) – ha recensito Un viaggio che non promettiamo breve. Riportiamo qui il suo scritto.
NON BREVE: ASSURDO
Un libro non andrebbe mai giudicato per l’idea che difende, ma per ragioni attinenti alla letteratura come la struttura del testo, lo stile narrativo, il ritmo e l’emozione. Quest’ultimo di Wu Ming 1, anonimo ma illustre rappresentante del collettivo bolognese, è un saggio che si legge come un romanzo. Onore all’autore, e anche all’editore. Il “viaggio” andrebbe proposto nelle scuole di scrittura per la qualità della parola e in quelle di giornalismo per il valore dell’inchiesta. Inoltre, per chi crede nella democrazia del web, il lavoro vanta anche un estenuante scambio di opinioni con i protagonisti della vicenda, di cui l’autore ha tenuto conto senza sacrificare la pulizia della narrazione.
Se fosse scritto da un Sì Tav per spiegare il “viaggio non breve” dell’alta velocità il libro meriterebbe la stessa lode e la stessa attenzione, ma l’alternativa esiste? È possibile invertire le parti? Le seicento pagine dimostrano di no, e soprattutto svelano che in quest’assurda storia italiana nessuno è quello che sembra.
Come si apprende inesorabilmente dalla lettura, precipitando con i personaggi nell’imbuto del tempo e nell’ingorgo del conflitto, il pasticcio del Tav in Valle di Susa non vede due avversari contrapposti ma tanti variopinti oppositori contro un solo granitico ordine: l’Entità. Come in Davide e Golia ci si aspetta l’epico duello tra la formica e il gigante, e nel duello la palingenesi del racconto, ma pagina dopo pagina la storia rovescia le aspettative e sovverte le regole, finché la trama si ricompone nei reali termini dello scontro, con i veri protagonisti.
Da una parte i No Tav, litigiosi e sanguigni partigiani dell’idea che il treno sia uno spreco di denaro e di buon senso, dall’altra i Sì Tav che difendono a una sola voce la concezione astratta dell’idea, a prescindere dalle obiezioni: «La linea si deve fare. Punto».
I Sì Tav sono rappresentati da una sconfinata aggregazione di politici, affaristi, imprenditori, finanzieri, cooperanti e simpatizzanti che, senza conoscersi e senza stimarsi, stanno insieme da venticinque anni per sostenere un progetto che gli cambia continuamente addosso e che ne richiederebbe almeno altri venticinque per vedere una fine. È questa resistenza alla logica, e non la ribellione contro il Tav, il lato veramente epico della storia.
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Lo storico dell’arte Tomaso Montanari ha parlato di Un viaggio che non promettiamo breve in due distinte occasioni.
La prima volta, durante il suo intervento al convegno Grandi opere, grandi ombre tenutosi il 19 dicembre scorso al Senato. Qui il testo.
La seconda, facendo un consuntivo dei libri del 2016 per il blog letterario Minima&moralia. Riportiamo qui il suo giudizio (il titolo è nostro).
VEDI ALLA LETTERA Q
Vorrei che ogni italiano in età di votare leggesse Un viaggio che non promettiamo breve. Venticinque anni di lotte No Tav, di Wu Ming 1, uscito nello Stile libero di Einaudi nell’autunno di questo 2016. Basato su una documentazione minuziosa, e analiticamente ripercorribile anche dal lettore più scettico, questo libro davvero importante riesce a consegnare la vicenda della Val di Susa all’epopea nazionale: sì, proprio quella che dal Risorgimento arriva alla Resistenza. Era ora: le mille battaglie per il territorio avevano drammaticamente bisogno di potersi riconoscere anche in una dimensione epica, e dunque universale. Un viaggio che non promettiamo breve dimostra, infatti, che la storia del Tav non va etichettata con la dicitura “Grandi Opere”, ma va rubricata alla Q: perché riguarda direttamente la questione della democrazia. La morale è che chi dice no, non lo fa per la sindrome NIMBY (Not In My Backyard), ma perché ha capito che è in gioco il grande cortile universale dei diritti della persona. Ma il libro è infinitamente più di questo.
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Il giornalista Emanuele Galesi è uno degli autori dell’imprescindibile Atlante dei classici padani, non una lettura tra le tante ma la lettura (e visione) da affrontare per capire la cementificazione del Nord Italia. Il 22 dicembre scorso il Giornale di Brescia ha pubblicato una sua recensione di Un viaggio che non promettiamo breve. La proponiamo anche qui.
WU MING 1 IN VIAGGIO NELL’EPICA MODERNA DELLA VAL DI SUSA
«Questo è il mio libro più ambizioso, non c’è dubbio. Per arrivare a scriverlo ho dovuto fare, come autore, un percorso lungo tanto quello del movimento No Tav».
Non serve mica il calcestruzzo per fare una grande opera. Usando le parole, la ricerca, il ragionamento, Wu Ming 1 ne ha realizzata una destinata a superare i confini del tempo attuale per fissarsi come punto fermo per tutti coloro che intendono affrontare l’Alta velocità in Italia.
Si intitola Un viaggio che non promettiamo breve – Venticinque anni di lotte No Tav (Einaudi, 21 euro) e per leggerla ci vuole tempo, considerate le sue 664 pagine, oltre che attenzione, per via delle molteplici storie e figure e luoghi e voci che si intrecciano. Tale dedizione verrà ripagata da una scrittura in cui Wu Ming 1, l’autore, mette tutto se stesso, con una prosa potente, ramificata, ponderata eppure istintiva, quell’istinto che soltanto la conoscenza approfondita di un argomento può dare.
Ci ha messo tre anni e mezzo per dare alla luce questo libro, arrivato già alla prima ristampa a poco più di un mese dall’uscita, vivendo il movimento No Tav della Val di Susa, incontrandone i protagonisti, consultando documenti, intervistando tecnici, leggendo altri libri sul tema. «Soltanto sbobinando le testimonianze – racconta Wu Ming 1 – ero arrivato a un milione e mezzo di battute. A un certo punto non sapevo nemmeno come affrontare tutto quel materiale, poi ho pensato di scrivere il libro come un mio excursus su ciò che ho fatto in questi anni di lavoro. L’ho scritto a puntate, inviando i capitoli di volta in volta a una sorta di comitato di lettori. Questo metodo mi ha aiutato a trovare il ritmo».
Nel Paese del «tanto ormai», in cui «prima si compiono i disastri, poi arriva il Gabibbo o ci si fa una puntata di Report», Wu Ming 1 vuole ribadire che il Tav è da fermare. Lo fa smascherandone i falsi presupposti – tecnici, economici, di politica dei trasporti, amministrativi – e dando dignità epica e letteraria, anche se non romanzata, a una comunità che dal 1991 a oggi ha cercato di disinnescare l’ineluttabilità dell’Alta velocità in valle.
«Sono arrivato in Val di Susa chiedendomi perché proprio qui si fosse sviluppato un movimento così solido, che non si è scomposto nonostante l’arroganza e il rancore che c’è dall’altra parte – racconta Wu Ming 1 -. È un movimento che ha sempre mantenuto una certa grazia, anche nei momenti più duri». L’autore non si dà limiti: la geografia del luogo, l’aria che si respira, le cime, le piante, il passato (e il presente) operaio, le lotte partigiane, ogni tassello concorre a raccontare il movimento.
«Ho fatto la storia del presente in un genere che gli anglosassoni definirebbero “creative non fiction”. Volevo un libro che non invecchiasse, che fissasse il periodo dei primi venticinque anni di lotta No Tav e che restasse aperto verso il futuro».
Nel volume Wu Ming 1 si interroga anche sulla propria scrittura, sulla direzione da prendere nel lavoro, in particolare su passaggi particolarmente complessi come la morte di Sole e Baleno. Riesce a tematizzare il proprio essere autore e, quando deve decidere come rappresentare il Tav, sceglie di trasfigurarlo in una Entità che può ricordare Cthulhu di H.P. Lovecraft. Lo stesso Lovecraft interviene tra le pagine, sollecitato dallo scrittore sulle soluzioni narrative da adottare. Vi può bastare?
E poi, c’è la sfida finale: «Esiste un tecnico informato, competente e disinteressato che abbia definito utile la Torino-Lione e il Tav in generale? Se sì venga avanti, perché non ho ancora trovato nessuno».
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Nei primi giorni del 2017, nel giro di 48 ore, il sito Contropiano ha dedicato a Un viaggio che non promettiamo breve due diverse recensioni. La prima è uscita a firma di Pina Zechini, eccone uno stralcio:
«La bibliografia sul Tav e il movimento No Tav è varia e approfondita, eppure c’era bisogno di questo libro. Un “oggetto letterario non identificato”, un romanzo che romanzo non è, un testo che ha il respiro del saggio ma che ha la capacità di portare il lettore in montagna accanto ai valsusini.
La Val Susa diviene paradigma del nostro tempo, nodo socio-politico in cui si ri-scopre il peggio della nostra Italia: le rocce, gli alberi, la storia e il paesaggio sono preda della famelica Entità che tutto vuole divorare e che non si arresta dinanzi a nessuno. Un mostro fatto d’acciaio e cemento, di soldi e interessi economici, di amianto e riciclaggio di rifiuti, di verità taciute e menzogne propagandate dai media nazionali […]
I No tav hanno avuto la forza di creare una collettività senza uguali in Italia; una piccola società coesa che è stata capace di comprare terreni collettivamente per evitare gli espropri e che apre le porte delle case ai manganellati dei numerosi cortei.
Da dove nasce tutto questo? E perché è stato possibile qui e non in altri territori dove anche se incisive, le lotte si sono esaurite o sono restate marginali rispetto all’intera comunità? Questa la domanda di fondo del libro e sicuramente la parte più interessante.
Wu Ming 1 ci riporta indietro nel tempo, un tempo vivo, dilatato…» [continua qui]
La seconda è uscita a firma di Panofsky, eccone un passaggio:
«Anticipato da una serie di articoli su Internazionale, il testo ricostruisce (come da sottotitolo) “venticinque anni di lotte No Tav”. Le sue 652 pagine restituiscono il senso di un imponente lavoro di ricerca basato sull’analisi di centinaia di atti giudiziari, di documenti prodotti dal movimento, di libri e articoli di giornale, nonché di svariate interviste ad attivisti e a giornalisti che si sono occupati della lotta No Tav come Luca Rastello e Maurizio Pagliassotti.
La domanda da cui parte Wu Ming 1 è di non facile risposta: perché proprio in di Val di Susa? Come è stato possibile che, come l’autore scrive a pagina 30, “sotto l’aspetto della resistenza, quel margine estremo di territorio nazionale, quel lembo d’Italia misconosciuto, quella zona di confine fosse diventata un centro, e territori centrali fossero diventati più marginali”?
La risposta secondo l’autore sta in alcune pre-condizioni….» [continua qui]
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Solstizio d’inverno al dirupo di Sabbiuno, colli bolognesi, dove inizia #WM1viaggioNoTav
Ogni macigno un caduto nella strage nazifascista. pic.twitter.com/yN0Cy4K1NY— Wu Ming Foundation (@Wu_Ming_Foundt) 22 dicembre 2016
«Reprimere l’idea, l’opinione, la partecipazione, la condivisione, colpire in via indiscriminata non uno per punirne cento, ma cento per punirne mille, senza limiti di età, in ogni luogo, in ogni circostanza. Assedio. Assedio che dura da oltre vent’anni. Che ha perso, che è stato sconfitto, perchè il Tav non si farà mai in quella già violentata zona d’Italia, ma lo Stato non si arrenderà.»
Così Marco Barone sul sito AgoraVox.
Durante la presentazione triestina di Un viaggio che non promettiamo breve, Barone è intervenuto avvisando che sul fronte nordorientale, lungo la tratta Venezia-Trieste, l’Entità sconfitta dalla mobilitazione popolare (e dalla conclamata insensatezza dei suoi progetti) sta ricominciando a fremere.
Il giorno dopo, sul quotidiano locale Il Piccolo, se ne aveva immediata conferma.
La lotta dovrà ripartire.
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Sul blog del progetto 2RR (Due Ruote di Resistenza), il musicista, attore, «bike-partisan» e attivista No Tav Daniele Contardo dedica a Un viaggio che non promettiamo breve uno scritto intitolato «NOI SIAMO LEGGENDA». Eccone uno stralcio.
«Il movimento No Tav è stato il primo grande agente di sparigliamento delle categorie della politica: un lavoro ingrato, che ha diviso famiglie e fatto incrinare certezze! Da quando la chimera nota come “nuova linea Torino-Lione” è entrata nelle nostre vite è stata la catastrofe. Altro che “l’ANPI che vota con Casapaund!1!“! Improvvisamente i tuoi conoscenti e parenti di sinistra si ritrovavano a usare le stesse identiche parole di Coisp e Sap nell’applaudire le bastonate poliziesche su semplici manifestanti, ad appoggiare entusiasticamente appalti in odore di mafia, magari mentre, serissimi, inneggiavano a Peppino Impastato!
Come è stato possibile?
È una delle tante domande che si pone Wu Ming 1 nel suo ultimo libro, Un viaggio che non promettiamo breve. Nientemeno che la storia di 25 anni della nostra vita. 25 anni di lotte. E in 650 pagine si parte per un viaggio di scoperta. Scoperta di una Valle eccezionale e della sua storia, per esempio. Per noi transfughi dalla capitale e valsusini d’adozione, una conferma a qualcosa che sospettavamo da parecchio.
“Perché proprio in Valle di Susa?” si domanda Roberto Ming, e, come qualche anno prima per Point Lenana, inizia l’inchiesta consumando gli scarponi. Sul Rocciamelone, dopodiché è la volta del Seghino, dell’Orsiera… Quanti blasonati giornalisti ed elzeviristi hanno parlato dell’incomprensibile rivolta dei buzzurri montanari “contro un innocente treno” senza avere mai visto la Valle. Viceversa chi l’ha fatto ci è ritornato, ha condiviso i sentieri proibiti, si è respirato i gas. E, spesso, è diventato No Tav!
Come del resto tutti i periti, ingegneri, geologi, climatologi, tecnici che abbiano messo mano al Progetto. Prima si mettono le mani nei capelli, poi salgono in Valle a condividere la protesta. Magari con lo scolapasta sulla testa.» [continua qui]
<- (segue) ->
Solstizio d’inverno al dirupo di Sabbiuno, colli di #Bologna. #LandArt antifascista in ricordo della strage. pic.twitter.com/2hNohvrtUt— Wu Ming Foundation (@Wu_Ming_Foundt) 22 dicembre 2016
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Il 16 dicembre scorso Wu Ming 1 ha presentato Un viaggio che non promettiamo breve a Bergamo, al circolo Barrio Campagnola. Se ne è approfittato per fare la “prova aperta” del reading/concerto Cinque volte Turi Vaccaro, con WM1 alla voce e Luca Casarotti alle tastiere. Ecco l’audio dell’intera serata. La parte musicale comincia alle due ore spaccate.
Cinque volte Turi Vaccaro verrà eseguito per la seconda volta giovedì 12 gennaio al centro sociale SOS Fornace di Rho (Milano).
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[…] «Vorrei che ogni italiano in età di votare leggesse Un viaggio che non promettiamo breve. Basato su una documentazione minuziosa, e analiticamente ripercorribile anche dal lettore più scettico, questo libro davvero importante riesce a consegnare la vicenda della Val di Susa all’epopea nazionale: sì, proprio quella che dal Risorgimento arriva alla Resistenza. Era ora: le mille battaglie per il territorio avevano drammaticamente bisogno di potersi riconoscere anche in una dimensione epica, e dunque universale.» (Tomaso Montanari, «Minima&Moralia», recensione completa qui.) […]