[Un montaggio di cose scritte (non solo da noi WM) in diversi post e interviste, utile a riprendere e mostrare il filo della questione. Prendetelo come il nostro contributo alla fine della campagna elettorale più brutta e angosciante dal 1946 a oggi. I link alle fonti sono nei “cancelletti”.]
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# Le categorie di «destra» e «sinistra», nate durante la Rivoluzione francese, furono date per morte già sotto il Direttorio, nel periodo 1795-1799. Non si contano le volte in cui si è detto che i due concetti erano superati, eppure, nonostante queste litanie, si sono sempre riaffermati come polarità dei discorsi e del pensiero politico. Con maggior foga li si nega e rimuove, con maggiore violenza ritornano. Tra i movimenti che si sono dichiarati «né di destra, né di sinistra» non ce n’è uno che non si sia rivelato di destra o di sinistra (più spesso di destra, va detto). In Italia, il penultimo è stato la Lega.
La divisione destra-sinistra ha basi cognitive profonde, se ne occupano anche le neuroscienze. Al fondo, «destra» e «sinistra» sono i nomi convenzionali di due mentalità, due diversi modi di leggere il conflitto sociale. Descrivendoli, automaticamente si iniziano a dare le “coordinate” su cosa dovrebbe tornare a pensare la sinistra.
Tagliando con l’accetta, «di sinistra» è chi pensa che la società sia costitutivamente divisa, perché al suo interno giocano sempre interessi contrapposti, prodotti da contraddizioni intrinseche. Ci sono i ricchi e i poveri, gli sfruttatori e gli sfruttati, gli uomini e le donne. Da questa premessa generale, che vale per tutta la sinistra, discendono tante visioni macrostrategiche, anche molto lontane tra loro: socialdemocratica, comunista, anarchica, ma tutte si basano sulla convinzione che la società sia in partenza divisa e diseguale e che le cause della diseguaglianza siano profonde e, soprattutto, endogene.
«Di destra», invece, è chi pensa che la nazione sarebbe – e un tempo era – unita, armoniosa, concorde, e se non lo è (più) la colpa è di forze estranee, intrusi, nemici che si sono infilati e confusi in mezzo a noi e ora vanno ri-isolati e, se possibile, espulsi, così la comunità tornerà unita. Tutte le destre partono da questa premessa, che può essere ritrovata a monte di discorsi e movimenti in apparenza molto diversi, da Breivik al Tea Party, dalla Lega Nord ai Tory inglesi, da Casapound agli «anarcocapitalisti» alla Ayn Rand. Per capire se un movimento è di destra o di sinistra, basta vedere come descrive la provenienza dei nemici. Invariabilmente, i nemici vengono «da fuori», o almeno vengono da fuori le idee dei nemici.
A seconda dei momenti e delle fasi storiche, ce la si prende col musulmano o con l’ebreo, con il negro o con lo slavo, con lo zingaro o col comunista che «tifa» per potenze straniere, con i liberal di una «East Coast» americana più mitica che reale, con Obama che «in realtà è nato in Kenya e quindi la sua presidenza è illegale» etc. Rientrano in questo schema anche la «Casta» descritta come altro rispetto al popolo che l’ha votata ed eletta, «Roma ladrona», la finanza ridotta alle manovre di «speculatori stranieri», «l’Europa»…
Non c’è dubbio che nell’Italia di oggi il discorso egemone, anche tra persone che si pensano e dichiarano di sinistra, sia quello di destra. Che attecchisce facilmente, perché è più semplicistico e consolatorio, e asseconda la spinta a pensare con le viscere. Per questo molte persone con un background di sinistra si precipiteranno a frotte alle urne per votare un movimento che non abbiamo remore a definire fondamentalmente di destra, cioè il grillismo. D’altronde, la colpa di questo è delle sinistre, che fanno di tutto per risultare invotabili.
# Ogni essere umano dotato dell’uso del linguaggio si esprime attraverso «frame», cioè quadri di riferimento, insiemi di immagini e relazioni tra concetti che strutturano il nostro pensiero, alcuni sin dalla primissima infanzia […] Nella comunicazione politica non c’è parola o frase che non inquadri un dato problema secondo la prospettiva ideologica di chi la usa. Ogni vocabolo porta con sé un mondo. Per esempio, imporre l’uso di «centrodestra» e «centrosinistra» al posto di «destra» e «sinistra» è stata un’operazione di framing che ha avuto conseguenze devastanti: a destra l’eufemismo è servito a legittimare soggetti lercissimi e fascisti nemmeno ripuliti; a sinistra ha imposto la credenza nella necessità di «spostarsi al centro» altrimenti… «non si vince». Solo che, nella realtà concreta, il «centro» non esiste. Chi si dice «di centro» è in realtà di destra e fa cose di destra, vedi Casini, Monti, Montezemolo, adesso addirittura il postfascista Fini… E poi: chi «vince»? Per fare cosa? «Spostandosi al centro» non si fa altro che andare a destra (in cerca dei fantomatici «moderati”) e di certo non si faranno politiche di sinistra.
Un altro esempio è il discorso sulla «sicurezza»: se, come accade ogni giorno, un politico usa nella stessa frase le parole «sicurezza» e «immigrazione», sta evocando nella mente di chi ascolta una comunità omogenea minacciata da una differenza proveniente dall’esterno, e questo è il quintessenziale framing di tutte le destre, in primis di quella fascista.
# Basta guardare contro chi si sono scagliati quelli che si sono riempiti la bocca e ci hanno riempito le teste di narrazioni tossiche sul «libero mercato», dalla Thatcher a Reagan e tutti i repubblicani USA, fino ai Tea Party etc.
Oggi tutto andrebbe per il meglio se il mercato fosse stato lasciato al suo andamento naturale, e vivremmo in una comunità sana, giustamente basata sulla competizione che premia i migliori, e una società che premia i migliori fa il bene di tutti quanti.
Un tempo era così, quando c’erano i «pionieri», poi però c’è stata una frattura: la sinistra e le minoranze, i liberal statalisti e i «rossi» nutriti di false idee provenienti da fuori, hanno turbato quest’equilibrio con rivendicazioni che hanno turbato il funzionamento del mercato, aiutando gli autoproclamati «deboli», espandendo il ruolo dello stato in settori dai quali dovrebbe stare fuori, negoziando il costo del lavoro secondo criteri che ledevano gli interessi degli imprenditori (che sono gli «eroi» della storiella).
Questo è il frame di tutta la controrivoluzione capitalista iniziata all’inizio degli anni Ottanta. Anche qui c’è un’armonia turbata da forze «esterne», a conferma che questa narrazione è intrinsecamente di destra e una «sinistra liberista» non può esistere.
Se ci fai caso, nella propaganda dei repubblicani USA, dei Tea Party etc., il nemico è sempre riferito a un «altrove»: New York, la East Coast, l’Europa, il Canada, e ovviamente gli stati-canaglia. Quando, prima della visita in Cina, chiesero a Nixon se fosse mai stato in un paese socialista, rispose: «Sì, in Massachusetts». Per un repubblicano, all’epoca, il New England era l’altrove.
Non esiste un nemico «interno», cioè generato dalle contraddizioni interne del sistema; se è «all’interno», è perché si è insinuato tra noi.
Il frame viene attivato continuamente in politica estera: ci siamo «noi» (l’occidente, le democrazie basate sul libero mercato) e ci sono i nemici di turno («l’impero del male» dell’URSS e dei suoi satelliti, le guerriglie che agitano il «cortile di casa» latinoamericano, il terrorismo che minaccia i nostri valori etc.). Quella dello «scontro di civiltà» è la massima espressione del frame della «comunità armoniosa che si difende».
# I liberisti ci hanno insegnato a ritenere il fascismo una destra completamente diversa dalla loro, addirittura in odore di sinistra in quanto presuntamente antiliberista e statalista.
Dietro questo punto di vista, che è molto diffuso, c’è una buona dose di mistificazione. Usando la lente della «comunità armoniosa che viene disturbata dall’intruso» vediamo come il fascismo abbia sempre usato anche la versione liberista di questo frame. Il fascismo delle origini, e cioè lo squadrismo, giustificava sé stesso proprio come difesa armata della «mano invisibile» e dell’armonia tra le classi sociali. L’olio di ricino e le uccisioni dei «sovversivi» ripristinavano la libertà d’impresa, la libertà di commercio e il funzionamento «normale» dell’economia capitalistica. Per esempio è famoso questo poster propagandistico fascista:
Alla presa del potere, Mussolini dichiarò: «Il governo fascista accorderà piena libertà all’impresa privata ed abbandonerà ogni intervento nell’economia privata». Per anni i fascisti (saliti al potere in coalizione coi liberali, non sarà un caso) condussero una politica economica liberista e solo in una fase successiva cominciarono ad applicare misure keynesiane ante litteram. Nei primi anni di governo, ci furono privatizzazioni (venne privatizzata addirittura la zecca, chissà cosa ne pensano i signoraggisti!), una politica monetaria restrittiva, un allentamento del carico fiscale (in particolare della tassazione progressiva).
Quando questo non rispondeva più alle necessità economiche del grande capitale industriale, in particolare cioè attorno alla crisi del ’29, si è passati ad una politica economica diversa, e si è adeguata la fraseologia propagandistica al culto dello Stato, alla lotta contro l’individualismo borghese e tutte quelle manfrine con cui ancora ci fracassano le palle i neofascisti. Anche i neofascisti, tuttavia, qualche volta si levano la maschera e parlano da liberisti. Per esempio, Forza Nuova a Genova aveva come primo punto del suo programma politico la lotta contro la Compagnia Unica dei camalli che secondo loro strangola la città impedendo la libertà d’impresa nel porto. CasaPound ha preso posizione sull’ILVA di Taranto (facendo scrivere un dossier alla nostra vecchia conoscenza, l’«Ing.» Di Stefano) prendendosela con gli ambientalisti che in combutta con oscuri potentati europei vogliono soffocare la siderurgia italiana.
Alla fine della fiera liberismo e fascismo hanno lo stesso eroe-simbolo: il crumiro.
# Il più grave problema di questo Paese, storicamente, è l’ignavia della piccola borghesia, che è la più becera d’Europa e oscilla perennemente tra l’indifferenza a tutto e la disponibilità a qualunque avventura autoritaria. Avventura «vicaria», naturalmente, vissuta per interposto Duce che sbraita. Giusto un brivido ogni tanto, per interrompere il tran tran, godersi l’endorfina e tornare al proprio posto.
Finché non sente il dolore, l’italico cetomediume rimane apatico. Quando inizia a sentirlo, non sa dire cosa gli sia successo, blatera incoerentemente, dà la colpa ai primi falsi nemici che gli vengono agitati davanti (a scelta: i migranti, gli zingari, i comunisti, quelli che scioperano, gli ebrei…) e cerca un Uomo Forte che li combatta.
In Italia come in poche altre nazioni, non c’è nulla di più facile che spingere l’impoverito a odiare il povero.
# L’alleanza storica e, per così dire, «naturale» dovrebbe essere tra impoveriti e poveri, proletarizzati e proletari. Ogni volta che i poteri costituiti riescono a scongiurare quest’alleanza, giocando sul fatto che il ceto medio retrocesso ha ancora i valori e disvalori di prima e si crede ancora appartenente alla classe di prima, ci perdiamo tutti quanti. Il punto è che in Italia questo giochetto dopo la prima guerra mondiale ha portato al fascismo, che era una falsa rivoluzione confezionata a uso e consumo dei ceti medi, che ha avuto carta bianca dai padroni e ha prodotto morte e distruzione. Da allora, di «false rivoluzioni a uso e consumo dei ceti medi» per impedire che la loro proletarizzazione avesse un esito indesiderato ne abbiamo viste altre, e forse una la stiamo vedendo anche adesso.
# In questo periodo sto leggendo un po’ di testi storiografici che evidenziano come la piccola borghesia del primo dopoguerra abbia costituito la «base di massa» del movimento fascista. Ci sono delle analogie abbastanza preoccupanti con la situazione odierna. Per esempio: Gaetano Salvemini, nel capitolo 10 del suo Le origini del fascismo in Italia, parla del «vivo sentimento di invidia e di odio per le classi lavoratrici» che si andò diffondendo nel ceto medio nel periodo 1919-20; sentimento che venne sapientemente alimentato e utilizzato per i propri fini dalle forze reazionarie.
Dal testo di Salvemini riporto la seguente citazione, che Salvemini riprende da un articolo del «Corriere della Sera» dell’8 aprile 1919:
«Oggi sono molti gli ingegneri professionisti od anche dirigenti di officine, moltissimi i professionisti, i funzionari pubblici, gli alti magistrati, presidenti di tribunali e di corti, professori ordinari di università, consiglieri di stato, i quali non sanno credere ai loro occhi. Vedono dei capi tecnici chiedere paghe, le quali (…) sono di 1000, 1250, 1625 e 2000 lire il mese (…). Che cosa dovremmo chiedere noi, si domandano tutti quegli alti magistrati, quei professori universitari, i quali hanno passato nello studio i più begli anni della vita per giungere sì e no verso i 35-40 anni a 600 lire di stipendio al mese ed i più anziani alle 1000 lire? La mortificazione nei ceti intellettuali è generale. I padri di famiglia si domandano se essi non hanno torto di far seguire ai loro figli corsi di studio lunghi 12 o 14 anni, dopo le scuole elementari; e se non sarebbe meglio di mandarli senz’altro in una officina.»
Va da sé che le cifre del Corsera non sono per nulla affidabili, e che (anche in quegli anni in cui gli operai cercavano, mediante gli scioperi, di adeguare i salari all’inflazione galoppante) il divario nei redditi, nelle condizioni di vita e di lavoro, rimaneva comunque a favore dei “ceti medi”. Ma ciò che soprattutto contava era l’ostinata volontà della piccola borghesia a credersi «superiore», a stabilire una distanza fra sé e la classe operaia, deprimendo se necessario quest’ultima.
Osserva Salvemini:
«In Europa il dopoguerra ha portato alle classi medie povertà e sofferenza, ma le classi medie, per quanto declassate dalla crisi economica, non intendono identificarsi con il proletariato. All’inizio il fascismo italiano e il nazismo tedesco furono essenzialmente movimenti composti di elementi impoveriti delle classi medie, decisi a non affondare sino al livello del proletariato, e che si dettero a strappare dalle mani delle classi inferiori quella parte della ricchezza nazionale che esse avevano vinto.»
Ecco, devo dire che oggi, bazzicando in Internet, vedo segni crescenti di invidia e di odio classista anti-operaio anche in ambienti «insospettabili», ad es. in certi blog di area PD.
Oggi come allora, la tendenza reale è quella verso la proletarizzazione del ceto medio; quindi, le dinamiche materiali del modo di produzione dovrebbero semmai indurre a un’alleanza fra sfruttati.
Scriveva Antonio Gramsci, su «L’Ordine Nuovo» dell’8 maggio 1920:
«Gli industriali continueranno nei tentativi di suscitare artificialmente la concorrenza tra gli operai, suddividendoli in categorie arbitrarie, quando il perfezionamento degli automatismi ha ucciso questa concorrenza; continueranno nei tentativi di inasprire i tecnici contro gli operai e gli operai contro i tecnici, quando i sistemi di lavoro tendono ad affratellare questi due fattori della produzione, e li spingono a unirsi politicamente…»
# Il fascismo è nato, esiste ed è continuamente reinventato e riutilizzato dai padroni proprio per offrire ai ceti medi proletarizzati un «falso evento» dopo l’altro, un falso bersaglio dopo l’altro, una finta rivoluzione dopo l’altra. Questo non succederebbe se la classe capitalistica considerasse i ceti medi per natura conservatori. Sa bene che, quando si proletarizzano e si impoveriscono, potrebbero «fare blocco» con gli operai e in generale coi lavoratori subordinati. Per impedire quest’alleanza, viene ogni volta scatenata una multiforme offensiva ideologica e propagandistica: ad esempio, si dice al piccolo borghese che il suo nemico sono i proletari «garantiti» e i sindacati, e al contempo, con il frame della «sicurezza», gli si dice che deve temere l’immigrato. Ma questo non basta, perché è un discorso tutto difensivo, ce ne vuole anche uno offensivo, «massimalista», pseudo-rivoluzionario. Oggi quel discorso è quello contro la «Ka$ta», e il suo massimo spacciatore è Grillo, che è un portatore – forse nemmeno del tutto consapevole – di un’ennesima variante di fascismo. Attenzione, quando parlo di «fascismo» non mi riferisco al fascismo storico, a quello che si incarnò nel regime fascista e poi nella RSI etc. Mi riferisco a quell’ur-fascismo di cui parlava Eco e che è già stato ricordato sopra.
# Vorrei contribuire segnalando la prima questione che mi è saltata alla mente leggendo il tuo «devo dire che oggi, bazzicando in Internet, vedo segni crescenti di invidia e di odio classista anti-operaio anche in ambienti “insospettabili”, ad es. in certi blog di area PD.»: la polemica sul precariato intellettuale sollevata da Di Domenico che citava la figlia di Ichino… Io non sono per nulla dentro le dinamiche di quella polemica, sicuramente c’è qualcuno che le conosce meglio e può svelare “retroscena” o strumentalismi da me ignorati. Però ecco, quella vicenda per me è emblematica di quanto il PD sia un partito formato quasi esclusivamente da dirigenti e pensato per elettori che grossi problemi (lavorativi, economici ecc.) non ne hanno. Nelle reazioni dei commentatori e degli «intellettuali» de sinistra forte, fortissimo è stato il livore contro «l’invidia sociale» del precario (che diventa lavoratore mediocre), quasi unanime la difesa del bravo e onesto «figlio di» che ha fatto carriera solo ed esclusivamente per meriti personali.
Oggi pomeriggio Bersani sarà qui a Mirandola in una delle aziende più colpite dal terremoto (B-Braun, biomedicale), ma la maggior parte degli operai non lo voterà, come la maggior parte degli operai della Green Power di Mirano, l’azienda dove B. ha molestato un’impiegata, non se lo cagheranno di striscio e forse voteranno M5S.
# Sui ceti medi mi viene in mente quello che è successo in Argentina nel 2001. Quando i ceti popolari e quelli medi si sono uniti, il risultato è stato deflagrante: vedevi tizi in giacca e cravatta assaltare i bancomat, gli ospedali e le scuole autorganizzarsi, la logistica dei mercati di verdure prendere pieghe orizzontali e antigerarchiche… è durata per un paio di anni… quando sono andato io in Argentina, nel 2005, i ceti medi già si lamentavano dei piqueteros che tagliavano continuamente il traffico con i loro blocchi stradali… erano due mondi ormai distinti…. io non sono uno capace di grandi elaborazioni teoriche, sono un tipo che legge molto le cose a orecchio, però penso che sia importante capire il legame tra spirito conservatore e senso di insicurezza del ceto medio declassato… al tempo stesso se il grillismo può essere letto come uno stratagemma per allontanare i ceti medi dall’alleanza con i ceti popolari […] bisogna anche leggere fenomeni come il leghismo (o il vecchio squadrismo, o almeno la sua manodopera di base) come degli espedienti per deviare i ceti subalterni e esclusi dai loro interessi di classe (per ritrovarli alleati dei padroni o dei ceti medi nel cemento della patria o dell’identità territoriale di appartenenza).
# Sulla «egemonia culturale della sinistra»: in Italia non c’è mai stata. Anche prima del berlusconismo, il senso comune di massa lo hanno sempre prodotto tutt’altri agenti: la RAI democristiana, la chiesa, rotocalchi ad altissima tiratura come Oggi e Gente, la divulgazione pseudo-storica di Montanelli e Petacco… Per questi ultimi viatici è passata la strisciante riabilitazione del fascismo, come spiega molto bene Mimmo Franzinelli qui.
# Il paragone tra grillismo e fascismo è scivoloso, rischioso e difficile da maneggiare, ma inevitabile. Perché è la storia di questo paese, è la storia del difficile e controverso rapporto tra rabbia giusta e rancore distruttivo, tra rivoluzione e reazione. E’ un discorso che si può affrontare in alcuni contesti (come questo) nei quali si tende ad evitare slogan e non perdere la lucidità.
Mi limito al punto della composizione sociale. Nelle definizioni un po’ rigide ma secondo me efficaci di alcuni scienziati politici la differenza tra fascismi e populismi starebbe proprio nella discriminante della composizione di classe: il populismo organizza dall’alto masse in cerca di nuovi di diritti ed avanzamento sociale, il fascismo organizza le classi che devono difendersi dalla minaccia delle classi inferiori. Ora, a me pare che questa alternativa tra difesa e attacco, dopo venti anni di politiche liberiste, sia molto meno nitido che in passato. Ci sono senz’altro figli della classe media che godono di piccole rendite ma che sono senza diritti sul lavoro, ad esempio. O che non ne hanno mai avuto uno vero. Come li classifichiamo? Sono «in difesa» o «all’attacco»?
Un ottimo collage per spunti di riflessione.
Così a caldo: se non riconosci la lotta di classe, sei di destra. Pacifico. Però io ho sempre visto la destra non solo come luogo politico della conservazione, ma come luogo politico dell'”altro” o della distrazione. Di per sè le narrazioni possono in effetti essere nuoviste, si veda il simpatico uso che fanno gli schieramenti moderati dell’epiteto ‘conservatore’ attribuito di volta in volta al sindacato o al politico troppo ‘vecchio’.
Ma può anche essere qualcos’altro, come la ‘meritocrazia’, ‘la Rete’, e molto altro: così come mi convince pocola teoria del nemico interno. Se il divide et impera verso il proletariato ha sempre funzionato è anche vero che nella fase attuale, il nemico è sempre ‘interno’, come notate voi: chi vive di ‘rendite parassitarie’, come l’impiegato pubblico, oppure i fantomatici ‘corrotti ed evasori’ che dilagano nel Paese (mettendoli tutti sullo stesso piano), o più in generale gli italiani pigri che col reddito minimo ‘se ne starebbero a casa a mangiare la pappa col pomodoro’ (cit. Fornero).
Poi non si contano le elite ultraliberiste della BCE e della Comm. Europea, che usano come manganello lo spread…
Insomma, le armi a disposizione del nemico sono tante, perchè i nemici sono tanti: l’importante è capire , prima ancora dei tatticismi proposti, criticabili o meno, ciò che manca alla proposta politica offerta. L’asino, se lo si fa obiettivamente, il più delle volte casca alla svelta.
Aspetta, però: tutti gli pseudo-nemici che hai elencato sono nemici *esterni*. Per poter essere additati al piccolo borghese livoroso, i nemici pubblici devono sempre essere descritti come altro da lui e peggio di lui, rappresentanti di un’alterità, estranei al fantomatico “vero” popolo, estranei all’insieme degli “italiani che lavorano e pagano le tasse” etc.
Questi nemici pubblici sono sempre dei “loro”, la colpa è sempre “loro”, di quegli altri, degli esterni alla comunità armoniosa, che si tratti della “casta” (perché funzioni come “altro” va occultato il legame con l’elettorato che l’ha votata), dei “politici” (“i politici” sono l’apoteosi del “loro”), dei “parassiti”…
Tutti costoro, per definizione, “se ne devono andare”. Sono intrusi che devono scomparire, devono lasciarci in pace con la nostra comunità.
Inoltre, devono sempre interpretare il ruolo di “villains”, essere dipinti come dei cattivi, dei farabutti, degli infìdi, dei malintenzionati, dei traditori della patria, il problema va sempre reso soggettivo, personalizzato – “delinquenti!”, “corrotti!” – e non può mai essere ricondotto a condizioni oggettive, cioè a contraddizioni basilari e intrinseche. Se si riconoscessero queste contraddizioni, automaticamente non funzionerebbe (o comunque non basterebbe) più sbraitare che “se ne devono andare”, perché sarebbe chiaro che, andati via loro, il sistema ne produrrebbe degli altri uguali a loro (come infatti sempre avviene, ma la lezione non si impara mai).
Per essere efficace, il discorso diversivo di destra deve sempre costruire una dicotomia tra il “dentro” dove siamo “noi” e un “fuori” dove l’intruso deve tornare.
Anche sulla questione nuovo / vecchio, mi sembra che la narrazione liberista descritta nel post sia un esempio di come la retorica del nuovo, dell’innovazione etc. venga sempre usata con riferimento a un mitico “prima”, un passato che abbiamo perduto ma sopravvive come potenzialità: in un mitico tempo primordiale il mercato funzionava da solo e con esso la comunità degli uomini, poi ci sono state interferenze, il mercato è stato turbato e ne sono derivati problemi a non finire, ma se noi facciamo le “necessarie riforme” e ripristiniamo la purezza del concetto, riporteremo il mercato al suo primevo stato di libertà e completa autoregolazione.
Senza questo mito delle origini (che si esprime attraverso le narrazioni individualistiche che Marx definiva non a caso “robinsonate”), non funziona nemmeno la retorica dell’innovazione.
Questo legame tra liberismo e passato mitico è stato illuminato nel modo migliore da Karl Polanyi nel suo classico La grande trasformazione, dove il mito delle origini viene fatto a pezzi, favoletta dopo favoletta.
Quanti libri avete intenzione di farmi comprare?
per fortuna che La grande trasformazione l’ho trovato con il 30% di sconto.
Quel libro non ti limiterai ad apprezzarlo: lo amerai. Capolavoro assoluto, scrittura fantastica, massima crudeltà nel demolire le narrazioni del liberismo classico.
Premetto che, da diciannovenne pischello quale sono, solitamente preferisco ascoltare e leggere più che commentare. Quindi vogliate perdonarmi se questo intervento non sarà all’altezza della discussione.
Leggendo lo spunto di iosonogek che parla del pd come di
mi viene in mente l’esempio del problema abitativo nella mia città, nel nord della provincia di Milano, in cui le varie giunte, tutte di “centrosinistra”, che si sono succedute in questi venti anni stanno portando avanti una campagna di “sproletarizzazione”. L’ultima giunta era composta almeno per tre quarti da persone riconducibili a cooperative edili che dominano sul mercato del nordMilano e che stanno cementificando beatamente il territorio (siamo giunti al 92% di occupazione del suolo) per costruire residenze appunto per famiglie della piccola borghesia agiata (potrete immaginare i pgt!). Contemporaneamente poi vengono progettati proprio per la classe media luoghi di benessere: una nuova mega-piscina, un centro culturale grandissimo, un tram moderno ed (almeno secondo il progettatore) efficiente, ecc… per mostrare al mondo una città più vivibile. Infine, last but not least, con un canone sociale praticamente inesistente gli sfratti sono all’ordine del giorno. E per gli oltre 200 sfratti annuali le assegnazioni non sono mai superiori al numero di 20. Insomma nel mio comune il “centrosinistra” ha deciso che il problema sociale si risolve semplicemente sfrattando e cacciando chi non ce la fa.
A tal proposito non posso non pensare ad una frase comparsa sui muri di La Paz nel 1968 che recitava:
combatti la povertà, ammazza un mendicante!
Ah il graffito di La Paz faceva riferimento alla politica economica proposta da Banca mondiale e Usa per il “cortile Sudamerica”. La politica dei (frase detta da Lyndon Johnson in persona). Ma guarda un po’.
Se ci rifletti, Grillo vuole fare lo stesso: visto che c’è la corruzione nei partiti si eliminano i partiti, visto che i sindacati non fanno quello che dovrebbero fare aboliamo i sindacati… Si dice siano boutade ma a me fanno rabbrividire. Somigliano a ciò che dicono certi invasati dell’integralismo ambientalista che riconoscendo nell’uomo il problema desiderano la sua estinzione.
è proprio quello il punto, Paolino.
il più grande partito di csx trascura i proletari e punta tutto sulla borghesia, ma dimenticandosi della proletarizzazione di essa non sa fornire risposte congrue ai problemi del quotidiano. rimane un’aura radical-chic che cozza con le pretese di redistribuzione e di giustizia sociale della sinistra.
Devo aver innavvertitamente cancellato qualche frase. Quando cito iosonogek parlo di
«devo dire che oggi, bazzicando in Internet, vedo segni crescenti di invidia e di odio classista anti-operaio anche in ambienti “insospettabili”, ad es. in certi blog di area PD.»
Quando parlo di Lyndon Johnson mi riferisco al:
«5 dollari investiti contro l’aumento di popolazione sono più efficaci di 100 dollari investiti nello sviluppo economico»
Spunto molto interessante, come al solito.
Mi permetto di aggiungere un altro elemento, che mi frulla da qualche giorno in testa, ma non so quanto sia originale e/o veritiero.
Mi pare che nella nostra epoca non sia solo il ceto medio in impoverimento a cadere preda del fascismo, che gli fornisce l’appiglio apparente contro lo scivolone nel proletariato (sull’esistenza e/o individuazione di quest’utlimo in questa fase storica, bisognerebbe scrivere un post a parte, qualora si avesse una qualche certezza che io non ho). Mi pare che anche il “proletariato”, inteso come insieme degli sfruttati che necessitano di lavorare per vivere, sia fortemente affascinato dal fascismo, non storico ma come inteso nel post.
Questo credo derivi dall’incapacità di riconoscersi come proletari, quindi dalla mancanza di coscienza di classe, se vogliamo, ma soprattutto di coscienza di sé. Da ciò discende uno degli elementi che più mi fa temere per un peggioramento della situazione nel prossimo futuro.
Sono convinto che il proletariato non consapevole abbia abbracciato e adottato in toto il vocabolario della classe dominante: “la democrazia non è perfetta ma è la migliore forma di governo che abbiamo”, “non si può pensare di tornare indietro e abolire la precarietà”, “il fascismo è stato un male, come il comunismo: tutti gli estremismi sono sbagliati”, “votare è un dovere”, ecc.
Un proletariato di questo tipo non deve essere neanche tenuto sotto contrllo più di tanto, si autocontrolla, in quanto in un eccesso di autolesionismo arriva a ritenere giusto il sistema che lo tiene in catene.
I famosi “cretini”… Non ricordo dove ma ho letto uno spunto molto interessante su questo tema: il sistema capitalista ci ha resi tutti piccoli padroni. Anche i proletari sono “proprietari” di qualcosa (la casa che ti puoi comprare col mutuo per esempio) e questo ha distorto la nostra coscienza di classe – dico nostra perché vengo anch’io dal proletariato e sono anch’io proprietaria di alcune cose, anche se non una casa o un’auto – In sostanza l’inganno del capitalismo (o della destra se preferisci) è farci pensare che tutti possiamo essere padroni e che quindi siamo già tutti uguali, tutti sulla stessa barca… io da parte mia continuo a pensare di non essere sulla stessa barca di Montezemolo o del figlio di Monti, ma tant’è…
Tra l’altro, la maggior parte dei presunti “proprietari di case” è gente che paga il mutuo alla banca, cioè la casa è della banca e il “proprietario” la riscatterà in venti-trent’anni. Durante questo periodo, la casa sarà pignorabile e lui/lei cacciabile a pedate nel culo. Siamo un paese di finti proprietari, di gente a cui hanno fatto credere di essere possidente.
Il male del comunismo, penso, sia solo la sua non attualizzazione. Se si pensa al comunismo come le varie dittature che ne usurpavano e ne usurpano il nome (Cina , URSS,Cuba, Corea del nord) si commette un errore storico e intelettuale.
Buongiorno e scusate, è la prima volta che commento un post e non so come funzionano le regole di questa comunità, quindi se incapperò in saint just, ci può stare, lo accetterò umilmente e vi chiedo scusa in anticipo.
Volevo solo rispondere una cosa al volo a Stefano Munarin, che la sua esternazione mi sembra apra tutta una serie di considerazioni che porterebbero questa discussione parecchio off topic.
“Se si pensa al comunismo come le varie dittature che ne usurpavano e ne usurpano il nome ”
scusa ma che vuol dire? ma che è questo un film di alberto sordi o un articolo di yoani sanchez? ma come fai a mettere insieme esperienze così diverse come Cina , URSS,Cuba, Corea del nord? tutte dentro una stessa frase, etichettate con nonchalance come dittature? Hai concentrato in una frase sola un secolo di pregiudizio e confusione storica. scusate di nuovo l’intrusione. e complimenti sempre, le discussioni su Giap sono delle armi potentissime per rimanere svegli.
Se si riuscisse a fare un elenco in punti di questi argomenti, varrebbe oro, per far capire alle persone che cosa stanno per andare a votare. Lo fotocopierei di tasca mia e lo appenderei in scuole, ospedal. Vedere sbraitare Grillo mi ghiaccia il sangue nelle vene, vedere le persone in massa in piazza, in masse quasi oceaniche, mi fa paura. Canetti torna a essere un arnese molto, molto utile per capire queste cose, assieme a Jesi. Con sangue non gentile in corpo, le vene mi tremano.
e poi c’e’ il vittimismo della “maggioranza normale-normata” nei confronti delle minoranze discriminate:
– gli immigrati vengono qua a farsi mantenere, ci rubano le case popolari, a loro e’ permesso fare quel che a noi e’ proibito
– gli sloveni vogliono imporre la loro lingua a trieste cara-al-cuore
– tra poco saremo noi etero a doverci fare coraggio e fare outing
– gli atei e i musulmani vogliono proibirci di praticare la nostra religione
– gli zingari hanno la mercedes mentre noi andiamo in giro con la punto
e cosi’ via.
Bellissimo post.
Un altro elemento che ritengo fondamentale è la declinazione – conscia o inconscia, dunque indotta per cultura o impostazione – del TUTTO rispetto al suo valore monetario e di mercato.
Ho letto, molti anni fa, un articolo su L’Espresso che illustrava un’indagine condotta da due sociologi.
Da questa indagine risultava che gli immigrati appena arrivati in Italia trovavano nell’allora PDS e PRC i partiti di riferimento.
Una volta “integrati” (e per integrati intendo che avevano la possibilità di comprarsi la Golf a rate e pagare un affitto in un tugurio da dividere con altri 5 immigrati) vedevano in AN una sponda ideale rispetto a quelle che erano le proprie aspettative.
L’affermazione che leggevo sopra, cioé: “L’alleanza storica e, per così dire, «naturale» dovrebbe essere tra impoveriti e poveri, proletarizzati e proletari. Ogni volta che i poteri costituiti riescono a scongiurare quest’alleanza, giocando sul fatto che il ceto medio retrocesso ha ancora i valori e disvalori di prima e si crede ancora appartenente alla classe di prima, ci perdiamo tutti quanti”, sia la chiave di volta per definire “destra” e “sinistra”.
Ritengo, in sostanza, che la saldatura naturale avvenga tra coloro che dall’alleanza stessa traggano la possibilità di “conservazione” dello status quo – ed è qui che alligna il “pensiero fascista”- , a prescindere dalla condizione (proletariato o ceto medio) e dall’oggetto conservato: nel caso degli immigrati che facevo nell’esempio sopra, l’oggetto è rappresentato da misere cose (rate della macchina e affitto in un locale scadente da dividere con altre cinque persone), ma pur sempre qualcosa. Qualcosa che comunque li “eleva” rispetto a coloro che, arrivati clandestinamente, dovranno trovare da farsi sfruttare e un tugurio da favela.
Questo per dire che secondo me il fascismo (tutto il suo portato dis-valoriale) è nient’altro che lo strumento che il mercato e il capitalismo utilizzano per continuare a perpetuarsi. Ho sempre pensato che se vi fosse il sentore di una rivoluzione, troveremmo l’IPhone a 100 euro.
Il post
“In questa prospettiva, il nostro tempo non è altro che il tentativo – implacabile e metodico – di colmare la scissione che divide il popolo, eliminando radicalmente il popolo degli esclusi. Questo tentativo accomuna, secondo modalità e orizzonti diversi, destra e sinistra, paesi capitalisti e paesi socialisti, uniti nel progetto – in ultima analisi vano, ma che si è parzialmente realizzato in tutti i paesi industrializzati – di produrre un popolo uno e indiviso. L’ossessione dello sviluppo è così efficace nel nostro tempo, perchè coincide col progetto biopolitico di produrre un popolo senza frattura” Agamben, Homo Sacer.
scusate, ho pasticciato con la tastiera.
stavo premettendo: il post mi ha fatto tornare in mente questa riflessione di Agamben, alla luce della quale mi pare che la dicotomia destra/sinistra perda completamente di significato proprio a causa dell’elemento conflittuale che si rivolge ora all’interno ora all’esterno. ciò che mi chiedo da quando ho lavorato sul saggio è: ma è realmente possibile un modello di sovranità diverso, che sovverta lo schema noi-loro?
Nel phylum della sinistra radicale – tanto anarchica quanto marxista – è fortissimo il rigetto (teorico e pratico) per l’idea di un “popolo uno e indiviso”. Anzi, questo rigetto è la premessa di ogni discorso e di ogni agire. La società è *divisa*, è conflittuale, è contradditoria, ed è vano qualunque discorso astratto sulla concordia etc.
C’è un problema di equivoci terminologici e… nominalistici, di diversi usi di un concetto a seconda del pensatore che vi ricorre. Su questo consiglio il vecchio post “Appunti diseguali sulla frase ‘né destra, né sinistra’”. Agamben sta criticando l’antitesi destra-sinistra, ma lo sta facendo “da sinistra” (vedasi il cosiddetto “Paradosso di Quadruppani”). L’uso negativo o positivo della parola dipende sempre da quale orizzonte si vuole circoscrivere: se la “sinistra” è quello che scrive Badiou *criticandola da sinistra*(cfr. sempre il vecchio post), allora nemmeno io sono “di sinistra”: sono comunista e basta. Ma quello non è il solo spazio circoscrivibile, fuori rimane una grande fetta di mondo. “Sinistra”, come “destra”, è un modo convenzionale di definire un posizionarsi rispetto al conflitto sociale. Dentro questo posizionarsi, in modi diversi, ci stanno sia Agamben sia Badiou.
Quanto al “noi” e “loro”, ogni agire politico definisce – anche solo transitoriamente – un “noi” e un “loro”. La differenza è data da chi è il “noi” e chi è il “loro”, e in che termini viene rappresentata la contrapposizione.
C’è una rappresentazione dove “noi” siamo gli sfruttati e gli oppressi e “loro” sono gli sfruttatori, gli oppressori, quelli che hanno la proprietà dei mezzi di produzione, esercitano il potere politico, militare, poliziesco e quant’altro. “Noi” subiamo quel che subiamo e “loro” si godono quel che si godono perché il sistema produce diseguaglianza e sfruttamento. Va cambiato il sistema, perché non vi sia più disparità tra “loro” e “noi”.
Poi c’è una rappresentazione completamente diversa, dove “noi” siamo il popolo-nazione e “loro” sono gli estranei, gli intrusi, gli alieni, i diversi, gli altro-da-noi. “Noi” subiamo l’intrusione e “loro” se ne approfittano perché sono stronzi, sono peggiori di noi, sono cattivi, lo sono per natura e non si può fare niente se non presidiare la frontiera tra “noi” e “loro”.
Sto tagliando con l’accetta, spesso queste rappresentazioni sono portate avanti in modo più spurio e meno netto, ma i nuclei concettuali sono quelli.
Di solito, la prima rappresentazione è definita “di sinistra” e la seconda “di destra”.
Credo pero’ Agamben alluda ad una dimensione importante che nel post e’ in parte trascurata. Se e’ vero che la lettura critica della società della sinistra parte dal presupposto che essa sia costitutivamente divisa, c’e’ poi la pars construens, “utopica”, che queste divisioni strutturali le vuole superare in vista di una società giusta ed uguale. A questo livello si inserisce il “progetto biopolitico” cui si riferisce Agamben: ovvero il rischio che diverse nell’analisi e nella prospettiva, i mezzi e i risultati di destra e sinistra possano in parte combaciare.
Grazie TommasoS, mi hai fatto tirare un sospiro di sollievo. Mi stavo chiedendo che fine avesse fatto l’utopia.
[…] solo un brevissimo passaggio dal nuovo lungo post apparso su GIAP! con il titolo “Consigli per riconoscere la destra sotto qualunque maschera“. Si tratta di fatto di una raccolta di diversi interventi, la cui lettura consigliamo […]
Ho letto di recente Furore di Steinbeck, un testo a mio parere fondamentale, dove viene descritta magnificamente l’impalpabile gerarchia capitalistica. Nel romanzo, molte persone sanno di compiere azioni ingiuste a detrimento dei più poveri, ma si giustificano dicendo: obbedisco agli ordini. La frase si ripete puntualmente ad ogni gradino della piramide sociale. Un sistema fluido che sembra riuscire a sottrarsi alla lotta. Mancano le facce. Successivamente, ho visto il film Il Petroliere (dove viene mostrato icasticamente il deliberato sostegno della Chiesa, le famigerate sette statunitensi, alla scalata dei nuovi padroni capitalisti del primo Novecento. C’è una frase lapalissiana che tratteggia lo spirito di questi “cercatori” di fortuna: “Io sento la competizione in me… io non voglio che gli altri riescano!” L’anima del capitalismo.
1) Non ho capito se il fascismo è la destra o è una delle possibili destre. Cioè se è vero che la destra è tutto ciò che avete elencato (su cui concordo, non metto questo in dubbio) il fascismo è una sua degenerazione o è la sua applicazione completa? Grazie a chi mi chiarirà questo punto. Non me ne vogliate ma io sto con una persona di destra (non grillina) e per quanto trovi il suo modo di ragionare lontano dal mio (politicamente) non riesco a vederci una deriva fascista… l’amore rende ciechi?
2) Un altro punto che vorrei chiarire è quello del nemico esterno. Sono una che si è spesa fra conoscenti e amici per smontare questo delirio del complotto giudaico-massonico-germanico ai danni dell’Italia, ma dall’altra parte continuo a pensare che debba esistere anche un carattere internazionalista nella sinistra.
Questo per me significa che il riconoscimento di una nostra appartenenza (come classi se volete) a strutture sovranazionali (qual è l’Europa) non è una cosa da cui possiamo fuggire. Se ci riconosciamo in una comunità più ampia dobbiamo anche essere pronti a criticarla: questo non significa vedere un nemico nell’Europa ma è chiaro che politicamente per me la CDU (vivo in Germania) e il PPE sono un “nemico politico”. Per quella che è la mia visione oggi dell’Europa penso che si possa migliorare e di molto, ma allo stesso tempo per farlo serve starci dentro con tutti e due i piedi.
Allora mi chiedo se la differenza fra destra e sinistra sia nel principio della critica al sistema – la destra, per semplificare nel caso della UE, parte dal concetto di patria e la sinistra da quello di comunità internazionale – o nella critica tout court. Personalmente faccio fatica a negare che esistano meccanismi cui noi, con gli strumenti che abbiamo, possiamo apporre delle modifiche se non con un lungo sforzo comune (o con la rivoluzione?). Prendiamo ad esempio le operazioni di alta finanza, che io (non so voi) nemmeno capisco concettualmente; queste esistono e non fanno, a lungo termine, il bene della persona comune: allora la persona comune di sinistra ha o no il dovere di riconoscerlo? In questo modo non riconosce proprio un nemico che è, alla fine, il capitalismo?
Serenissima, nel post si dice che esistono diverse destre, anche “morfologicamente” molto diverse tra loro, ma che il “frame”, cioè la cornice narrativa, concettuale, metaforica in cui inscrivono la loro rappresentazione e narrazione del mondo, è sostanzialmente la stessa.
Sull’altro punto: qui su Giap si è incessantemente criticata l’UE, la BCE, il Trattato di Lisbona, la finta “costituzione” europea, le politiche monetariste di Trichet e tutto quanto, in mille discussioni.
Solo che, appunto, c’è modo e modo di criticare quanto elencato sopra. Da un lato ci sono i deliri complottisti-nazionalistici-signoraggisti-antisemiti di cui parlavi, perfette espressioni di quel “pensiero di destra” che abbiamo provato a descrivere; dall’altro, c’è chi non scinde la critica a questa Unione Europea dalla critica più generale e più profonda al capitalismo, alla divisione della società in classi, allo sfruttamento, alla rendita, all’ideologia che vede il mercato come soluzione a ogni male, e di conseguenza pensa che inquadrare la questione in altri modi sia un diversivo dato in pasto al popolo.
Ok grazie per il chiarimento. Altra piccola domanda: l’esistenza della destra è necessaria alla sinistra e viceversa? Leggevo ieri un interessante post di Quit the Doner sul partito di Grillo http://www.quitthedoner.com/?p=1268 e mi chiedevo se il dualismo (senza contare le “correnti interne” che hai elencato anche tu: socialdemocrazia, comunismo ecc) sia così fisiologico.
Secondo me sì ed è questo a mio avviso che rende ancora più pericoloso il M5S, perché fa riaffiorare questa idea che esistano solo cose giuste e sbagliate, presuppondendo che esista una verità che a quanto pare solo ciechi nemici del popolo come me, che aborro il loro programmino propagandistico, non vedono. Ecco io penso invece che lo scontro, anche solo dialettico, tra destra e sinistra sia fondamentale, almeno in questo momento storico, anzi, dovrebbe essere ricostruito, visto che si è così diluito ed è così degenerato verso una specie di pensiero unico.
Ho notato in tutta la discussione rigurda la natura del movimento M5S che nessuno, almeno dal resume di questo post, ha citato l’esperienza del Fronte dell’Uomo Qualunque, eppure ci sono numerose analogie…
http://it.wikipedia.org/wiki/Fronte_dell'Uomo_Qualunque
Oltre alle numerose analogie considera che prese un pacco di voti.
Poi però si dissolse. La mia speranza è che accada lo stesso al M5S, ma come per il Fronte anche il partito di Grillo ha riportato a galla molte bruttezze del pensiero sociale e politico, i “nemici” di cui si parla nel post, l’ideologia della fine delle ideologie e così via. Anche la Lega è deflagrata rispetto al periodo post Mani Pulite eppure Maroni corre per la regione Lombardia nel 2013 e anche con una certa possibilità di vittoria.
Ne abbiamo parlato nei post più specifici su Grillo, Giuliano Santoro porta avanti l’analogia nel suo libro Un Grillo qualunque. Se ascolti l’mp3 della presentazione bolognese, Giannini viene citato spesso.
Ah ecco da dove arriva il titolo del libro, forse è quello che mi ha fatto suonare il campanello dentro!!
Cari WM e Giapsters,
Sono un vostro accanito e storico lettore, pur partecipando molto raramente al forum, reputandomi meno “intellettuale” della media dei partecipanti.
Non sono un altrettanto accanito lettore del blog di Grillo e dei suoi tweet, ma ho ascoltato qualche suo comizio ed ero in piazza a Torino come “uditore” quando è passato il suo tour.
Nonostante il sospetto, ottimamente sostenuto e motivato dal vostro post, che il M5S nasconda nella pancia una ideologia in qualche modo di destra, sarò probabilmente uno degli elettori con forte radicamento a sinistra che lo voterà.
Premetto ulteriormente che non sono affatto uno che si era fatto gabbare anni fa dalla Lega, penso di avere molto chiaro il concetto del finto-rivoluzionario di destra che in realtà spalleggia la reazione.
Eppure nei discorsi del M5S c’è un approccio concreto ai problemi fondamentali che in questo momento trovo imprescindibile: la burocrazia, i privilegi di banche e assicurazioni, e dei loro manager (forbice tra stipendio impiegati/operai e AD), taglio drastico agli assurdi costi della politica. Li sento parlare di reddito di cittadinanza, tetto alle pensioni d’oro, investimenti nelle energie pulite, raccolta differenziata dei rifiuti, piste ciclabili, trasporto pubblico ecc.
Problemi concreti di cui nessun altro parla e che penso siano davvero emblema dello scollamento irreparabile tra cittadinanza e politica. Cioè esiste davvero un “noi” ed un “loro”. Sento parlare Fornero, Monti o Amato e si capisce al volo che sono “loro”, ma anche i D’Alema e Bersani, e ci metto pure Vendola.
Nel “noi” però io includo senza ombra di dubbio anche gli immigrati e gli “zingari”, non sono per niente sicuro che pensino lo stesso anche Grillo stesso e tanta “gente comune” che sostiene il M5S.
La mia speranza è che partendo dal redistribuire le risorse col buon senso, le risorse arrivino davvero a tutti.
Ed in ogni caso, ormai senza ombra di dubbio, non è nemmeno lontanamente nelle intenzioni di “Pierlu” e dei suoi toccare alcunché dello status quo, le priorità sono altre: finanziare le grandi opere e le scuole cattoliche.
Il problema è che sulle questioni che tu elenchi Grillo è più che vago e a domanda… annacqua. Mi va bene tagliare i costi della politica. Ma come? Anche Berlusconi vuole restituire l’IMU e addirittura pare che abbia una vaga idea di come fare (una sorta di richiesta di prestito e restituzione con ciò che si ricava da altro… mah) e sono vent’anni che vuole togliere l’IRAP. Ora ammettiamo che si tagli il numero di Parlamentari come dice Grillo (e non solo) le domande successive da porsi e da porre potrebbero essere:
a) quantificare il vantaggio economico che ne deriva per il bilancio statale
b) meno rappresentanti è per forza un bene o potrebbe essere un boomerang per la democrazia?
Il reddito di cittadinanza mi va benissimo. Ma devi dirmi come lo vuoi fare, altrimenti è solo uno slogan. Per esempio dovresti partire da una cosa che funziona molto male in Italia: le agenzie (o gli uffici) di collocamento, che non collocano nessuno (provare per credere). Il meccanismo del reddito di cittadinanza è molto complesso e richiederebbe una riforma del mercato del lavoro e delle modalità di entrata (oggi in Italia chi trova lavoro lo trova per sentito dire, e così non si può dare il reddito di cittadinanza!), l’eliminazione della CIG (che non avrebbe più senso) e via dicendo. Nessuno ha ancora affrontato questi temi.
Investiamo nelle energie pulite, benissimo. Vuol dire destinare una certa somma alla ricerca, anche alla ricerca di base, chi decide quali progetti vadano verso le rinnovabili e quali no? ci vuole molta competenza specifica per farlo, combattiamo concretamente la mafia che si è accaparrata l’eolico e mettiamoci in testa che per un po’ dovremo comunque continuare a comprare petrolio ed energia dalla Francia. A breve su questo non si scampa.
Benissimo i rifiuti. Ma come? La via più economica ed efficiente sembra essere la raccolta porta a porta. Va organizzata in modo capillare, e questo significherà mettere mano, probabilmente, anche al patto di stabilità che oggi strozza i comuni. Bisognerà rivedere quindi l’organizzazione che parte dallo Stato e arriva ai comuni. Comuni che Grillo vuole accorpare: questo come si sposa con la differenziata? Secondo me molto male da un punto di vista organizzativo ed economico.
Bene trasporto pubblico e piste ciclabili, ma bisogna guardare alla realtà. L’Italia a differenza di altri Paesi che in questo senso sono certamente più avanti di noi, ha una difficoltà intrinseca nell’implementare questo aspetto, dovuto alla sua geografia e all’enorme patrimonio storico e culturale. Se vuoi i mezzi devi fare un bel lavoro sulle strade e sul traffico e probabilmente sacrificare qualcos’altro. Questo si sposa con lo slogan “cemento zero”? Secondo me no.
Detto questo è difficile non concordare su un programma così vago e così pieno di buone intenzioni. Ma la trappola è proprio questa. Nel suo essere vago Grillo ha messo l’ipoteca sul suo primato nel partito. Se infatti esistono delle linee guida chi poi andrà nello specifico a livello nazionale e detterà le regole non potrà che essere il blog. Perché gli elettori e i futuri deputati hanno accettato un regolamento calato dall’alto che non si può modificare per sua natura, hanno accettato di avere un capo che (ironia) fa comizi senza essere candidato. Hanno accettato di destinare i fondi parlamentari (quelli che dovrebbero essere gestiti autonomamente dal gruppo parlamentare, per legge) alla Casaleggio e Associati che vigilerà sul loro utilizzo e sulla loro buona amministrazione per fini comunicativi. La domanda che io mi farei è: chi vigilerà sulla Casaleggio e Associati?
Diegusz, tu scrivi:
“Nel “noi” però io includo senza ombra di dubbio anche gli immigrati e gli “zingari”, non sono per niente sicuro che pensino lo stesso anche Grillo stesso e tanta “gente comune” che sostiene il M5S”
Guarda, per me il razzismo e l’ideologia securitaria sono questioni cruciali e dirimenti. Non basta né mi interessa che un razzista voglia le piste ciclabili e il pannello solare sul tetto, se poi vuole una società che discrimina ed esclude. Negli anni sono arrivati tanti segnali ben poco equivoci su come la pensano i grillini, tanto dai territori (si veda l’infame comunicato del M5S di Pontedera, o l’intervento di Bertola dopo il pogrom anti-zingari a Torino) quanto dal blog e dai comizi di Grillo (invettive razziste contro rom e romeni, proposte di bio-schedatura dei migranti, sarcasmo contro la cittadinanza alle “seconde generazioni”).
Uno può anche fare ciance sul “reddito di cittadinanza”, ma se poi, invariabilmente, parla dei migranti come di un’orda, una fiumana di diversi il cui afflusso incontrollato minaccia il nostro stile di vita e il nostro benessere, beh, per me quello è un nemico dei lavoratori, perchè se la prende con la parte più debole degli sfruttati, tra l’altro la parte che tiene in piedi la nostra economia. Quando si tratterà di fare scelte *concrete* in tema di politiche del lavoro, uno che sbraita contro i migranti non potrà che fare scelte antioperaie, oggettivamente filopadronali. E infatti c’è un grande feeling tra Grillo e certa imprenditoria del Nord-est (il mondo che ha espresso Calearo, per capirci).
La questione dei migranti è la cartina di tornasole, ma non è certo l’unico esempio di framing di destra nel discorso grilliano e grillino.
Quanto alla vaghezza del programma, sono d’accordo con Serenissima, anch’io avevo appena scritto cose simili, ricordando il precedente del programma di San Sepolcro:
http://www.wumingfoundation.com/giap/?p=10421&cpage=1#comment-17551
Il problema è che in Italia non si conosce la storia e non ci si accorge che tutto questo, mutatis mutandis, *è già successo*. Così ogni volta si compiono gli stessi errori, ci si fa abbindolare in modi molto simili.
Il programma del M5S è un vago e generalizzato “dove colgo colgo”. Tra l’altro, sarebbe interessante andare a vedere l’applicazione del programma nelle città e cittadine amministrate dal M5S. A Parma Pizzarotti è stato eletto (anche) perché diceva che avrebbe impedito la realizzazione dell’inceneritore. L’apertura dell’inceneritore è imminente. Etc. etc.
Il caso-Parma è stato un laboratorio di cui, purtroppo, nessuno ha fatto caso. I grillini, che erano poco o punto presenti nelle piazze indignate – l’unico vero caso di “indignados” italiano, sulla falsariga di ciò che avveniva in Spagna – hanno mostrato una grande capacità di captazione dell’indignazione (in una città il cui elettorato era per la più parte di destra), assorbendola e spegnendola nel mito della buona gestione amministrativa. I movimenti che per anni, prima di scendere in piazza armati di pentole e fischietti, si erano batutti contro i parcheggi sotterranei in pieno centro, l’inquinamento dei quartieri, il verde pubblico, e con grande pazienza avevano costruito una rete di relazioni politiche (con una marcata presenza di insegnanti ribelli), sono stati sconfitti alle elezioni (dove hanno conseguito un 5% che con le attuali leggi elettorali locali non è servito a niente) dalla combinazione di supponenza del PD (candidiamo un vecchio funzionario, tanto chi vuoi che votino adesso i parmensi?) e di rapido riposizionamento delle lobby di potere che non hanno perso un solo minuto nel mollare un ceto politico a cui per 3 legislature avevano affidato il governo della città e cambiare cavallo.
“a cui, purtroppo, nessuno ha fatto caso”. Mi bacchetto da solo per uso compulsivo e sbadato del taglia-e-cuci mentre scrivo i post :-(
D’accordo sulla pregiudiziale antirazzista di WM1. Il problema è che questo stesso razzismo è parte di una matrice subculturale diffusissima in Italia e quindi intrinsecamente trasversale a tutti gli schieramenti. Credo la si possa mettere negli elementi implicitamente avvallati dall’annacquare la “sinistra” facendola diventare “centro-sinistra”.
Serenissima, forse sarà un po’ superficiale, ma la mia valutazione è proprio che il programma M5S sia molto più concreto di tutti gli altri, che parlano solo di alleanze e lanciano slogan vuoti (“Italia più giusta”) senza mai entrare minimamente nel merito.
Senz’altro è una subcultura trasversale, anche perché è funzionale a regolare il mercato del lavoro: servono soggetti più sfruttabili di altri, per mantenere bassi i salari e disciplinata la forza-lavoro. Per ottenere soggetti più sfruttabili di altri, non c’è niente di meglio del razzismo. E non sempre è razzismo esplicito, anzi, il più delle volte è implicito, è un “legame sociale inconfessabile”. Semplicemente, noi tutti sappiamo che c’è gente che sta più in basso nella gerarchia “etnica”, e quindi troviamo “normale” che costoro vengano trattati peggio e vivano peggio di altri.
Ora, però, mi dici perchè uno consapevole di questa situazione dovrebbe votare un partito (perché di questo si tratta, non prendiamoci ulteriormente in giro) che della subcultura razzista ha fatto esplicita linea politica? Non mi sembra che il M5S nel suo complesso abbia preso le distanze dalle cose gravissime scritte dalla sua sezione di Pontedera:
http://www.senzasoste.it/dintorni/immigrati-a-pontedera-ma-chi-raccatta-il-movimento-5-stelle
Anzi, mi sembra che sul blog di Grillo (cioè in quella che, secondo il “non-statuto”, è la sede nazionale del movimento) quello sia il “sentire comune”.
“Consapevole di questa situazione…”
Nonostante non lo fossi del tutto continuo a dissentire sul fatto che il razzismo sia una bandiera del M5S, ma piuttosto l’emergere di un “sentire comune”, come dici bene tu. E’ vero che dal ripugnante comunicato di Pontedera emerge che almeno una parte dei militanti e sostenitori o votanti M5S attinge più o meno consapevolmente alla subcultura della minaccia del diverso, ma leggo anche le proteste di altri. Peraltro anche tra i critici del M5S nei forum italiani è pieno di gente che insulta e basta. Nelle subculture becere metto anche il diritto di insultare liberamente chiunque venga sospettato di essere “fascio”.
Mi collego da qui per far”vi” una critica (e qui includo anche parecchi amici con cui sto affrontando lo stesso dialogo): seppure il vostro post sia illuminante e splendidamente argomentato, mi pare che la conclusione M5S=male assoluto sia più di appartenenza, “di pancia” di quanto non crediate.
Per quanto mi riguarda, da parte del PD tanti punti fermi come il dogma della TAV, il finanziamento alle scuole private ecc. sono segnali di tale smaccata e consapevole malafede e disprezzo della cosa pubblica e delle risorse di tutti a favore di pochi da rappresentare una discriminante imprescindibile. Ma per loro ed i loro alleati ancora “davvero di sinistra” lo sguardo è sempre un po’ benevolo perché in fondo rappresentano i rimasugli del Partito-mamma a cui magari le nostre famiglie di origine hanno da decenni fatto affidamento.
Se da una parte vedo colpevole malafede, dall’altra vedo l’ignoranza del cittadino comune che prova a misurarsi con la politica e quindi mostra tutti i suoi limiti fin grottescamente. Dunque, per superare questi limiti ci vorranno decenni di educazione alla pace e alla tolleranza delle nuove generazioni, che vogliamo fare ora? E’ davvero un male portare migliaia di cittadini comuni ad impegnarsi in politica (o semplicemente a votare) contro le grandi opere, a favore della scuola pubblica e di tante altre cose egregie? (non è retorica, ho qualche dubbio davvero…)
Bisogna stare attenti alla tendenza dell’intellettuale ad elevarsi ad ogni costo al di sopra della “plebaglia forcaiola”, o più semplicemente al disprezzo della “gente”.
Dove tu abbia mai visto da parte nostra uno sguardo “benevolo” verso il PD è un vero mistero. Ecco, io riscontro questa reazione praticamente ogni giorno e ovunque: ogni volta che uno esprime una critica nei confronti del M5S (non è questione di ritenerlo il male assoluto, è questione di essere più esigenti e critici verso *chiunque* dichiari continuamente di essere il Bene, la Soluzione, il Nuovo, la Pulizia etc.), gli si risponde: “Sì, ma il PD…”
In subordine, gli si dice che è un intellettuale lontano dal popolo etc. Il più delle volte, chi mi fa questa critica (sia chiaro che non parlo di te) è palesemente un piccolo borghese incarognito, e siccome io sono di famiglia operaia e bracciantile, uscita dalla povertà più nera appena due generazioni fa, *e in sostanza sono un precario*, e quel che so me lo sono studiato sodo lavorando per pagarmi l’università, ecco, questo trinciare giudizi è una cosa che mi sta abbastanza sul cazzo.
Sììì! Allora non sono solo io che mi incazzo quando mi etichettano, adesso mi sento meno solo :P
Ho notato che bene o male si finisce sempre a parlare anche di Grillo ed è normale visto che gli altri li conosciamo già e lui, purtroppo, è il vecchio che avanza. Negli ultimi giorni c’è stata tutta una serie di sponsorizzazioni o prese di distanza verso l’ex-comico genovese anche da parte di cosiddetti VIP. L’appoggio di Celentano non mi ha stupito: il molleggiato è sempre stato un populista democristiano fin da quando si querelava a vicenda con Don Backy. Ma, a proposito di distinguere destra da sinistra, sono rimasto allibito dalla presa di posizione di Dario Fo, che in fin dei conti ha sempre fiancheggiato Grillo, ma che adesso è arrivato a partecipare in prima persona al suo tour elettorale e a scrivere un instant book a sei mani con Peppe e CASALECCIO! E’ arrivato a dichiarare che Peppe è l’ultimo baluardo della sinistra e che gli exploit del M5S gli ricordano gli anni della ricostruzione dopo la IIWW… fu mai analisi più cannata su tutta la linea? Di primo acchito mi verrebbe da pensare a un qualche smarrimento di lucidità, ma magari voi ci sapete fare meglio di me con le analisi approfondite. Come può questo essere lo stesso uomo che ha scritto Morte Accidentale di un’Anarchico? Boh.
Scusate per “un” con l’apostrofo… -.-
Visto che i commenti striminziti non vanno bene, ne approfitto per fare i complimenti a Wu Ming 1 per la tenacia, visto che non mi sembra di averne letti molti. Cazzo, che sbattimento, la passione non ti manca di certo e già solo per questo hai il mio rispetto :D
@Diegusz
sono d’accordo sul fatto che il PD sia peggio del M5S, anzi secondo me è peggio di *qualsiasi* altro partito, proprio per il fatto, come dici tu, che convoglia le energie di tanta gente in buona fede.
Penso che per motivi geografici tu sappia cosa intendo sostenendo che per me il PD è questo:
http://torino.repubblica.it/cronaca/2011/09/10/news/mandiamo_le_due_arrestate_a_lavorare_nel_cantiere-21479850/
Visto che anche tu parti da delle affermazioni preconfezionate vediamo dove sbagli secondo me.
– Il cittadino comune. Esiste? Secondo me è una descrizione fallace della società, come già spiegato nel post di WM. Tu accorpi delle persone che stando al di fuori della politica sono cittadini comuni e quindi diversi (automaticamente migliori) dei cittadini non comuni. Ma il cittadino non comune viene fuori dal cittadino comune o no? Vai in un consiglio comunale, ci troverai una marea di “cittadini comuni” che si misurano con la politica giornalmente. Da decenni. E da decenni votiamo. Io, per esempio, ho votato al referendum sulla Legge 40, la maggior parte degli aventi diritto no, lo strumento c’era, non lo abbiamo usato o non lo abbiamo voluto usare. That’s democracy, non l’ha inventata il partito di Grillo.
– Come può l’intellettuale elevarsi sopra se stesso, visto che l’intellettuale è anch’egli “gente” e “cittadino comune”? Che esista in alcuni individui una tendenza forcaiola non si può negare, che questa tendenza sia pericolosamente pendente verso un certo tipo di destra a me è sempre parso evidente. Perché qui non si sta andando in cerca dello zar o di Maria Antonietta (allora forse sarei anch’io forcaiola a quel punto), che vivono ed esistono in una specie di tabernacolo assolutista, per cui ha un suo senso parlare di “gente comune” e “non comune”. Qui ci troviamo di fronte a un dovere sacrosanto di criticare le scelte politiche delle varie parti (PD, PdL e tutto quello che puoi metterci dentro), facendo i dovuti distinguo ovviamente. La dialettica di Grillo è su questo punto che diventa a mio avviso pericolosa, come per l’infelice affermazione sui sindacati lui dice “se la politica non fa il suo dovere vuol dire che la politica non va bene”. Lui non sta portando “la gente” in politica, lui sta dicendo alla gente che la politica è il male e va distrutta. Ecco dove sta (anche) l’assonanza col fascismo, ideologia per cui per fare il bene del popolo ci vuole qualcuno che sappia cos’è il bene e lo imponga: a quel punto il confronto diventa inutile, perché il bene è uno e intoccabile. Il famoso programma è il bene, intoccabile da qualche anno, inconfutabile, a chi va bene bene, gli altri sono fuori o (peggio) sono nemici.
La politica è sporca e il coltello del pane è insanguinato. Chiunque stia affettando il pane, o si appresti a farlo, è un assassino, a meno che non sia iscritto alla Gilda degli Affettatori di Pane, certificati tramite curriculum su Linkedin e video di cinque minuti su YouTube, autorizzati in esclusiva a tagliare il pane in quanto unici in grado di farlo senza ammazzare nessuno. I criteri per la concessione dell’autorizzazione verranno stabiliti da un non-comitato di saggi che avrà la sua non-sede nell’Agartha di Internet.
Se avete sempre affettato il pane, e quindi pensate di esserne capaci, dovete iscrivervi alla Gilda e dimostrare le vostre capacità, in tal modo potrete continuare. Chiunque taglierà il pane senza la certificazione della Gilda verrà morto di fame.
:) La comicità a mio avviso è che in tutto questo parlare di “gente che fa politica” e “cittadini comuni” che entrano in Parlamento e fanno fuori tutti, la sostanza pratica e terra terra è che i candidati del M5S sono i trombati alle amministrative.
Io parto già dal presupposto che “gli altri” non siano meglio. Ma non posso fare finta che quello di Grillo sia diverso. Il fatto che non voglia fare alleanze poi vuol dire tutto e niente. Vedo l’esperienza dei Pirati qui, che pure hanno un programma di una concretezza che io e te ci sogniamo, sono partiti contro tutti, ora si parla di allearsi, perché o spariscono o si prendono la responsabilità di non fare solo opposizione senza se e senza ma. Spariscono perché voti per protesta una o due volte, ma poi vuoi anche che qualcosa in parlamento o al governo la si discuta o la si faccia.
ciao Diegusz
premetto: sono anch’io di Torino, ho votato cinquestelle nel 2010 perché era l’unica possibilità NoTav, e su quel tema rimane ancora l’unico punto di riferimento.
Stavolta non li rivoterò perché indubbiamente è cambiato il movimento e soprattutto la sua base votante (più destroide, fanatica, dogmatica e allergica alla democrazia e al confronto), ma forse anche perché qualcosa in più ho capito anch’io (e sono vecchio e non è mai tardi).
Prendo una tua frase che mi pare illuminante: esiste davvero un “noi” ed un “loro”. Sento parlare Fornero, Monti o Amato e si capisce al volo che sono “loro”, ma anche i D’Alema e Bersani, e ci metto pure Vendola.
Ecco come ci fregano (anche me, non preoccuparti). Spostano il mirino dai funzionamenti alle persone. Tirano fuori il fascista che è in noi, in tutti noi. Questa secondo me è la truffa.
Sposto il contesto: il caso Pantani. Non so se sei anagraficamente in grado di ricordare la storia. Si correva il giro d’Italia del ’99, l’anno precedente lui aveva vinto giro e tour e probabilmente avrebbe rivinto il giro in corso. Lo squalificarono per doping. Processo mediatico, nessun appoggio dagli altri corridori, isolato, solo contro tutti, nel mirino di tutto il mondo. Abbiamo preso la mela marcia, siamo in grado di garantire che chi sbaglia paga (e paga caro), ora finalmente il ciclismo è pulito, mai più doping. Cronache di questi mesi: Armstrong confessa di aver vinto sette tour grazie al doping.
Le mele marce oggi: gli immigrati, Berlusconi, i comunisti, Fornero, la mafia, la Merkel. Dipende da quale ti fanno credere che sia la tua parte. Sai cosa penso? Che siamo tutti immigrati e tutti Merkel. Tutti Hitler e tutti Gandhi. Basta che uno solo lo sia.
Dov’è la truffa? Nella parola “loro”.
E’ vero che c’è una frontiera, un di qui e un di là, e che la frontiera per il fatto di esistere produce uno o più “loro” da ognuna delle parti. La nostra parte animale funziona così, riflesso automatico. Ma sono convinto che ogni volta che mettiamo nel mirino qualche tipo di “loro” siamo in qualche modo fascisti a nostra insaputa, perché smettiamo di cercare un modo e cominciamo a cercare un colpevole. E così facendo, noi diventiamo colpevoli come “loro”, e i problemi restano dove sono.
Non so se ricordi, VecioBaeordo, il momento in cui Tremonti cominciò a usare la coppia “noi/loro” in chiave leghista. Mi sono rimaste impresse due coppie: “loro sono intellettuali, noi siamo gente semplice che non ha tempo di leggere libri”; “a loro piace il couscous, a noi gli agnolotti”. Per inciso, l amitizzazione di Internet come chiave per la democrazia diretta fa tanto “gente semplice che non ha tempo di studiare”, perché lascia credere che si risolve tutto con un clic, senza bisogno di sapere cosa succede tra il clic sulla tastiera e la visualizzazione sul monitor
Andiamo alle estreme conseguenze immediate.
Ho già escluso Sel per motivi già discussi.
Inoltre la sinistra (e ammesso che sia tale) se si presenta da sola senza centro- ha già preso sconfitte devastanti.
Domanda secca: rimane qualcuno di vagamente accettabile o anche solo “utile” da votare?
Temo proprio di no.
Quindi la montagna partorisce un topolino, cioè rientra la logica del “voto utile” e del “male minore”, che in questa visione sarebbe Grillo. Mi dispiace ma non lo accetto. Votare non è nemmeno più obbligatorio a norma di legge. Se devo accodarmi dietro l’ennesimo pifferaio, allora meglio stare fermi un giro, oppure – per chi proprio non riesce a fare a meno del brivido di usare la matita copiativa – dare un voto *inutile* di inutile testimonianza, chessò, Ferrando, Democrazia Atea… Io non ho la minima idea di quel che farò, e lo statuto di Wu Ming mi impedirebbe comunque qualsiasi dichiarazione pubblica di voto. Dico solo chi non voterò (a parte Grillo): il PD è da sempre fuori da qualunque mio orizzonte di senso e di etica, votare SEL è come votare una corrente del PD che finge di essere una formazione autonoma, Rivoluzione Civile non mi ha mai convinto nemmeno per un secondo (per tanti motivi).
@ dieguz
Una delel ragioni per cui il M5S prenderà un botto di voti è il costante lavoro di depotenziamento, smontaggio, captazione e neutralizzazione dei movimenti fatto da chi poteva e doveva giocarsi la carta dello loro rappresentanza politica. Vendola ci si è dedicato per tre anni, dividendo i movimenti in buoni da portare in Parlamento (sono noti anche i nomi dei leaderini che nell’autunno 2011 cercavano di imparare le buone maniere televisive e il nodo della cravatta) e cattivi da additare ai gendarmi (o a certa stampa che le manette le agita in guise “sinistre”); Ingroia, e i capetti dei partitini del pentapartito di fatto che ha aggregato, hanno fatto lo stesso: vedi l’esclusione dei candidati No Tav in Val di Susa, (e vedi la piazza riempita da Grillo a Susa la scorsa settimana). E secondo te bisognerebbe premiare chi ha, meglio dei gendarmi, imbavagliato i movimenti e dato una mano a Grillo?
(scusate, m’è partito il tasto a metà commento)
Domanda retorica, la mia. Ma non è la stessa logica (quella del male minore) con cui finisci per scegliere il M5S? Al di là dei favori altrui e delle proprie indubbie capacità comunicative, cos’ha fatto Grillo per i movimenti, a parte metterci su il cappello, ma sempre con la logica dello scegliere fior da fiore (per i valsusini che sono “buoni”, ce ne sono altri stigmatizzati come “violenti”, “fascisti” o simili: vedi i leoncavallini, tanto per dirne una). In cosa la strategia grillina è diversa? Cosa ti fa credere che, una volta presi i voti, non farà ai movimenti delle cui istanze si appropria quello che avrebbero (o hanno) già fatto Bersani, vendola, Ingroia, De Magistris? Che, per dirne una, non ci ritroveremo (come a Napoli) un prefetto agli interni, come ministro o come consulente?
Questa storia del voto utile è un’ottima cartina di tornasole della situazione: prima fanno una legge elettorale che vuole creare un antistorico (in Italia) bipolarismo, poi ti dicono di non sprecare il voto, ché fai vincere i cattivi. E quand’è che mi dicono votami perché ho fatto quello che ti avevo promesso e di me puoi fidarti, sono onesto e non ciurlo nel manico? “Accettabili” dovrebbero essere le tue idee, se qualche entità le rappresenta bene (stanno lì apposta, senza prescrizione medica — ancorché spesso penale, alas), sennò prendine atto, e agisci di conseguenza. La politica, come dice WM1, dovrebbe prescindere da quella “utilità” (o, craxianamente, governabilità) che continuano a propinarci, mi pare, essendo già “utile” quando è possibile esercitarla con dignità.
puoi anche non votare. La cosa divertente e’ che io, che non ho mai votato (a parte un infelicissimo prodi nel 2006), stavolta credo che andro’ turandomi il naso
Scusate se rilancio, ma c’è fermento nella rete e sii social network e mentre discutevo e leggevo link mi sno ritrovato su qusta cosa, http://www.casaleggio.it/thefutureofpolitics/index.php
ma non è che forse sono più Scientology e meno Partito Fascista?
Come scritto in questo post e in molte altre discussioni qui su Giap, le analogie tra il M5S e il fascismo storico sono molte e consistenti – così come non mancavano a Lega e Forza Italia –, dalla costruzione di nemici mitici e assoluti (La casta dei politici, le “banche”), al solletico alla piccola impresa (e piccola borghesia) anti-Stato, fino alla compiacenza con istinti razzisti e al culto del capo. A differenza di Lega e Forza Italia però, Grillo&Casaleggio sanno attirare anche persone non sospette: di sicuro tutt* conosciamo persone dotate di sani anticorpi critici che voteranno il M5S più per disperazione che per altro. Le persone che conosco che stanno proprio dentro il movimento invece mi sembra si cultizzino e si settarizzino sempre più, il che mi da la pia speranza che alla fine gli elettori di questa volta si scazzino e che il tutto i baraccone si tramuti in un fenomeno solo elettorale. Ma bisogna comunque temere, perché il “senso comune” è in questo momento paurosamente sbilanciato a destra e sono comunque cazzi amari con o senza M5S. Anzi, alla fine il M5S è un sintomo proprio di questa filosofia popolare spontanea che, come diceva Gramsci, non è per niente sistematica o coerente ma è fatta a strati e può contenere sia elementi reazionari sia elementi (almeno potenzialmente) progressivi. Ecco, il M5S è entrato in sintonia con questo “senso comune” sbilanciato a destra, si è potuto permettere di ficcare qua e là elementi tradizionalmente percepiti come di sinistra, fermo restando l’assecondare, e il costruire assecondando, le sue parti più reazionarie.
Molti non sospetti hanno votato in passato anche Lega e Forza Italia però, il denominatore comune è il presentarsi come un partito che non è un partito in senso classico. La gente, per ragioni che non conosco purtroppo, riesce ad essere molto più nauseata da un sistema forse vecchio e forse macchinoso qual è quello dei partiti piuttosto che da aziende che fanno politica: la Lega era un’azienda a conduzione famigliare, Forza Italia era l’azienda del settore politico di Fininvest/Berlusconi, il M5S è un prodotto commerciale di Casaleggio. Ecco perché non capisco scontenti o ex di sinistra che votano oggi M5S, perché la risposta ai problemi sociali deve essere sempre “vendere la cosa pubblica al privato e vediamo che succede”?
Però è vero anche che una delle esche per pescare a sinistra più importanti del M5S è una certa retorica – stiracchiandola fino a renerla vuota – del pubblico o del “bene comune”, per esempio in fatto di acqua e ambiente in generale, e in generale un’appropriazione di, e sovrapposizione a, temi che movimenti reali portano avanti da decenni; é il collage con elementi reazionari il suo punto di forza
Ribadisco, leggetevi il “programma di San Sepolcro” del primissimo fascismo (1919). Quel precedente storico dovrebbe fare da perenne monito: certi movimenti non si possono giudicare dal “programma”, ma da come si schierano concretamente sulle questioni di fondo. Il “programma” è solo una bandiera fatta di carta igienica. E’ appunto, come diceva Menocchi0, un collage di robe raccattate di qua e di là. L’effetto che si ottiene con quest’eclettismo, questo bricolage di pezzi di destra e pezzi di sinistra, è di sembrare “al di sopra degli attuali schieramenti”, “fuori dai giochi”, e perciò gli unici veri rivoluzionari. Dopodiché, un pezzo alla volta, di quella carta igienica verrà fatto l’uso per la quale fu in origine prodotta.
Il problema secondo me è dare un colore politico a determinati temi. In fatto di ambiente forse io la penso in maniera diametralmente opposta rispetto alla maggior parte dei compagni. Parafrasando Gaber: il nucleare è di destra e il pannello fotovoltaico è di sinistra. Io su questo dissento, perché, come ho scritto prima, a destra e a sinistra siamo tutti d’accordo che l’ambiente debba essere salvaguardato, ma le opzioni per raggiungere lo scopo sono per forza almeno due.
Nel programma di Grillo (che leggo e rileggo ma sempre lo stesso è) quando parla di Energia o di Economia (Ambiente: non pervenuto) non si sbilancia mai nel pubblico, ripete spesso la parola “incentivi”. Posso intuire (perché resta assai vago) che voglia portare una sorta di controllo nel mercato secondo i suoi gusti: famosa quella delle industrie che fanno l’acqua in bottiglia che dovrebbero essere multate, ma non dice come risolvere “statalmente” il problema di chi l’acqua potabile non ce l’ha (e che probabilmente è chi poi l’acqua in bottiglia la compra).
Ecco secondo me dov’è la falla: Grillo guarda in maniera a dir poco infantile al “bene comune” e insinua soluzioni di destra a problemi vissuti come di sinistra*. Per quella che è la mia visione lo Stato, nel periodo storico in cui ci troviamo, non può limitarsi a sanzionare il privato o a vendere quello che non riesce a fare per bene o ad accollarsi le perdite delle aziende che stavano nelle mani dei “grandi manager”, dovrebbe piuttosto puntare ad essere il miglior erogatore di beni e servizi disponibile.
* eg: nel suo programma Grillo parla (tra le tante farloccherie) di “finanziamento a ricercatori indipendenti”? Chi sono costoro? Da dove vengono? Cosa fanno? Perché devono essere finanziati se si trovano al di fuori della struttura pubblica che è la NOSTRA struttura e che ha determinate – benché certo mgliorabili- regole che abbiamo deciso insieme nel corso degli anni?
Cioè in sostanza fa molta confusione e non volendo passare per l’ennesimo capopopolo di destra butta giù qualche frase entrata in maniera secondo me forzata nel pensiero di sinistra, del tipo tutti quelli di sinistra vogliono fare la differenziata perché tutti quelli di sinistra amano l’ambiente.
La bufala sta nel lasciar credere che una problematica sia di destra o di sinistra. La differenza si riscontra solo nell’approccio alla problematica: cosa scatena il problema? E soprattutto, come lo si risolve?
La disoccupazione per esempio è una problematica. Secondo la Lega Nord la causa è da individuare nell’immigrazione, la soluzione è quella di chiudere le frontiere. La menzogna del demagogo sta proprio nel far credere all’elettore che siano temi come il welfare, l’ambiente e l’istruzione a rendere l’ideologia (anche) di sinistra. Jorg Haider in Austria portò avanti molte politiche ambientaliste, ma questo non lo rende certo un politico (anche) di sinistra.
Un altro esempio di ambientalismo di destra (ma mooolto di destra) è quello di Balaguer, successore di Trujillo, dittatore della Repubblica Dominicana fino al 1966. In continuità con l’operato del regime, che aveva finanziato grossi progetti di recupero e tutela delle risorse forestali del paese, Balaguer intensificò i controlli fino a soffocare le libertà individuali, con un tremendo meccanismo di polizia a tutela dell’ambiente: l’abbattimento degli alberi fu considerato crimine “contro la sicurezza nazionale” e chiunque fosse colto nell’atto di tagliarne poteva legittimamente essere ucciso.
Ecco, volevo solo fare un esempio estremo, ma rende bene l’idea.
Non so se sia già stato detto, ma un altro discorso “dominante”, ormai accettato da destra e sinistra, e che rientra perfettamente nel più vasto ordine concettuale della destra liberista, è quello sulle tasse. Sulle tasse esiste una unica visione del mondo: bisogna abbassarle. Le tasse fanno male all’economia, producono diseguaglianze, imbavagliano il mercato, fanno diminuire il potere d’acquisto, ecc…alla fine, la conclusione di tutte queste premesse è che l’abbassamento delle tasse sia la classica cosa “nè di destra nè di sinistra”, la cosa giusta che qualsiasi governo, di qualsiasi colore, dovrebbe fare.
Bene, una sinistra completamente indipendente dall’egemone frame liberista, dovrebbe ribaltare l’ordine del discorso, per quattro motivi:
1) Il livello della pressione fiscale italiana è perfettamente in linea con quello della media UE http://img.ibtimes.com/it/data/images/full/2013/01/11/22361.png
2) I paesi che hanno una maggiore pressione fiscale del nostro sono cresciuti – e crescono – economicamente più dell’Italia, hanno un più elevato livello di servizi, hanno un livello di diseguaglianze inferiore al nostro.
3) Pagare le tasse è giusto e sacrosanto, e qualsiasi forza politica vagamente socialdemocratica dovrebbe sfruttare la leva fiscale proprio per ridurre quelle diseguaglianze che il mercato produce.
4) Per far recuperare il potere d’acquisto dei cittadini, una forza politica socialdemocratica dovrebbe puntare ad aumentare il livello dei salari, non diminuire le entrare dello Stato.
Più in generale, il problema di aumentare il potere d’acquisto dei cittadini ha una (falsa) soluzione di destra e una di sinistra: quella di destra è di diminuire le entrate dello Stato diminuendo le tasse; quella di sinistra è aumentare i salari dei lavoratori. L’opzione di sinistra produce il risultato; l’opzione di destra no, perchè le tasse più basse contribuiscono ad aumentare il profitto del padrone ma non intaccano in alcun modo il salario medio del lavoratore.
Alessandro
Diffidare di chi usa in modo ossessivo il frame della “pulizia”: dietro questa metafora igienica si nascondono semplificazioni totalizzanti.
Un bel “glossario” della campagna elettorale compilato da Giuliano Santoro:
http://blog-micromega.blogautore.espresso.repubblica.it/2013/02/21/giuliano-santoro-primo-abbecedario-elettorale/
Diffidare del frame della “pulizia” sicuramente; ma, soprattutto, ricordare che… c’è pulizia e pulizia.
http://tinyurl.com/avzzmdb
Epperò si ritorna sempre lì, alle solite domande: come creare l’alleanza fra poveri e impoveriti…? Come vincere la battaglia delle idee riconquistando le coscienze ad un’analisi e ad una prospettiva di sinistra…? Come vincere l’ignavia e l’inerzia dei ceti medi, o come smantellare la loro tendenza ad identificare i propri interessi con quelli del grande capitale…?
Se a sinistra non si inizia a rispondere nel concreto a queste domande, tutto il ricco bagaglio di analisi che possiamo sviluppare, condividere, approfondire ecc. rimane lettera morta. O le componenti sane della militanza si riappropriano dell’iniziativa politica, liquidano una volta per tutte le vecchie burocrazie, mettono sul piatto analisi e prospettive radicali, lavorano insieme in una prospettiva di fronte unico anticapitalista e rivoluzionario, radicato nelle lotte, quanto meglio possibile organizzato e quanto più possibile compatto, oppure… il treno partirà comunque, ma senza di noi. E noi ci ritroveremo con in mano il cerino delle nostre divisioni storiche.
La sinitra ha “abbandonato il campo”…? Evviva gli eufemismi! Ma dato che, di solito, si raccoglie più o meno quel che si semina, mi pare anche che i processi in atto in questi mesi stiano accelerando la disgregazione della sinistra “tradizionale” (e mi riferisco alla sinistra a sinistra del PD, ovviamente… visto che il PD, di sinistra, non lo è manco per uno striscio di merda sulla tazza del cesso). Difficilmente le elezioni, o gli (s/e)quilibri che ne nasceranno, la aiuteranno a superare una crisi che dura ormai da anni e ha già conosciuto diversi picchi; al massimo la rallenteranno un poco.
Per cui, primo scenario: mentre la società italiana scivolerà lentamente verso una crescente miseria, un sempre maggiore sfruttamento, e una sempre più ridotta capacità di risposta, anche la sinistra esistente e sopravvissuta esaurirà progressivamente le sue riserve di credibilità fino a sparire.
Oppure, secondo scenario: ci sarà un’accelerazione negli eventi che, ovviamente… troverà la vecchia sinistra impreparata come non mai.
Ma mentre il cadavere marcisce e comincia a puzzare (… e il parallelismo con la II Internazionale, su alcune questioni, non si può più neppure limitare alla semplice battuta…) non c’è all’orizzonte, in questo momento, *niente* che faccia sperare ad una veloce rinascita degli “antiporchi” evocati in conclusione. Non, almeno, nella dose che sarebbe necessaria. Non, almeno, finché dalle nostre parti non si tornerà un po’ a ragionare.
E’ vero, dico sempre le stesse cose. Ma sticazzi. Va tutto così tremendamente da culo visto quello che ci aspetta nei prossimi anni, a livello individuale come a livello collettivo… Le sensazioni più forti sono solitudine e impotenza – e beati davvero quelli che, in tutto questo, riescono pure ad accontentarsi e a pascersi di certa ridicola autocelebrazione militante. E fortuna che ci restano la coscienza di classe, un patrimonio pluridecennale di lotte ed elaborazione politica, la ferma determinazione a lottare per un’altra società… mi chiedo come cazzo faccia chi queste cose se le è perse per strada o non le ha mai avute…
Mi trovo assai d’accordo con Red Taras. Credo che nel tardo capitalismo il problema non sia più quello del ceto medio impoverito che guarda con paura al proletariato, ma di un proletariato diffuso che, avendo introiettato il discorso dominante, guarda con angoscia all’emarginato. Facendo tra l’altro il gioco del padrone che può limitarsi al controllo (la proiliferazione di CCTV) come ultima e suprerma forma di repressione.
Da che viviamo oramai tutti da decenni nel famoso condominio ballardiano, la lotta qui ai piani bassi non è nemmeno tesa a salire di pianerottolo (il becero arrivismo capitalista che sostituisce la lotta di classe), ma a fare in modo che non entri nessun altro nel condominio. Convinti che, una volta che ne avremo fatta una fortezza inespugnabile, nella nuova comunità armoniosa e unificata dei consumi, per generosità dovuta, i piani alti ripristineranno l’ascensore.
Il problema è, come spiegare ai vicini di pianerottolo (non necessariamente di sinistra) che il nemico è quello dell’attico e non quello che sta fuori (che se già parlo di lotta di classe con amici sinceramente di sinistra mi guardano come un dinosauro), se non li convinci prima che è la struttura dell’edificio che va modificata – abbattuta – altrimenti ne riprodurremo una replica?
Nota che, a quanto pare, siamo i primi a non avere una risposta alla domanda – che peraltro è più che legittima.
Magari – la butto lì, eh – le discontinuità fra “vecchio” e “tardo” capitalismo sono meno di quelle che pensiamo (perché continuare a chiamarli entrambi “capitalismo”, d’altronde?); e la risposta ce l’abbiamo sotto gli occhi ma non la vediamo perché siamo a nostra volta vittime, per quanto parziali e inconsapevoli, della stessa retorica che denunciamo.
Il grillismo, inteso genericamente come “metodo” o come approccio generale alla politica, non è nato dal nulla.
Secondo me il modo più esatto di porre la questione è questo:
una parte di quella che era classe lavoratrice dipendente, grazie ai giochi di prestigio del credito che hanno ritardato di vent’anni buoni l’impatto della crisi, aveva cominciato a percepirsi come “ceto medio”.
L’ideologia dominante veicolata dai media aveva convinto queste persone di essere, come si diceva sopra, “proprietarie”. Proprietarie della casa e di altri beni che “fanno status”. Insomma, pensavano di essersi mosse “verso l’alto”, e di averlo fatto irreversibilmente.
Quest’ultimo punto è importante: “ormai è fatta”, pensavano. Indietro nella subordinazione e nella povertà non ci torneremo.
Solo che era in gran parte illusione: costoro spendevano soldi che in realtà non avevano, figuravano padroni di case che in realtà appartenevano alle banche, in generale si indebitavano.
Percependosi come “classe media” (spesso “imprenditori di se stessi” e quant’altro, abbiamo già parlato di questi frame truffaldini), costoro avevano iniziato a guardare con livore a quella parte di ex “compagni di classe” che invece erano rimasti dov’erano o – molto spesso – si erano mossi verso il basso, verso condizioni di marginalità sociale.
Ora, e già da un po’ di tempo, quella gente sta riscivolando verso il basso. La facile magia del credito non funziona più, la bolla è esplosa, la crisi è arrivata e ha colpito duro.
Assistiamo alla proletarizzazione, o meglio, alla riproletarizzazione, di centinaia di migliaia di nuclei familiari. E questo genera risentimento non verso “l’attico”, ma verso chi sta giù in strada.
Di solito, in casi come questo e in mancanza di forze che convoglino le energie a sinistra, nasce e si afferma un fascismo.
“Di solito, in casi come questo e in mancanza di forze che convoglino le energie a sinistra, nasce e si afferma un fascismo.”
E mentre il fascismo storico, per affermarsi, ha dovuto piegare con la forza la resistenza della classe operaia – già tradita dall’inadeguatezza del Partito Socialista – e lo ha fatto mettendo a disposizione dell’alta borghesia squadracce armate composte di reduci della Grande Guerra, componenti piccoloborghesi e reclute nel sottoproletariato; il “fascismo” di oggi (virgolette d’obbligo) si diffonde a macchia d’olio senza incontrare troppa resistenza, mettendo a disposizione della reazione i reduci disarmati e disorientati della Grande Delusione, della scalata sociale promessa dal trionfo mondiale del capitalismo e interrotta anzitempo dalla crisi.
Sono d’accordo con entrambi, probabilmente mi sono espresso male, era quello che intendevo dire con i piani bassi del condominio che vedono il pericolo “all’esterno”. La domanda retorica conclusiva era per dire che, se già è difficile parlare di lotta di classe con chi è di ‘sinceramente’ sinistra diventa impossibile discutere sulla struttura del grattacielo in sé che è da abbattere. Da dinosauro passi ad alieno.
Per il resto nella mia sterminata ignoranza credo siano molte le differenze tra vecchio e tardo capitalismo. Come molte sono le similitudini. Una di queste è la rabbia del ceto medio proletarizzato contro la “corruzione” (Giolitti) e contro le “politiche del rigore” (Weimar) che hanno portato ai nazifascismi. Che le crisi del capitale sono cicliche, come uguali le risposte per che esso dà sopravvivere, mi sa che l’aveva già detto qualcuno… E la nostra piccola attualità, con il condomino che collassa e il ripetersi quotidiano di quelle stesse identiche parole d’ordine di rabbia, ne è pericolosa conferma.
Attenzione, però… perché se pensiamo che il problema sia solo l’adesione ideologica, che tutto si giochi su quel piano, potremmo restare vittime di una pericolosa illusione ottica: l’illusione cioè di avere già perso, per cui tutto quello che ci rimane è fare gli spettatori rispetto a sviluppi sui quali non abbiamo più margini di intervento.
Ma fra le cose che distinguono una prospettiva veramente *di sinistra* da altri modi di vedere le cose, ce n’è una che permette di rimuovere questa illusione. Si tratta di un aspetto che, per una ragione o per l’altra, viene sempre messo in secondo piano, ma che forse è uno dei più importanti.
A me i dinosauri sono sempre piaciuti… per cui non ho nessun problema a definire questa cosa “concezione materialistica della storia”. Ma visto che questa fraseologia oggi piace poco, e non di rado anche a sinistra (again and again: il grillismo non è nato dal nulla), possiamo chiamarla, con un bel giro di parole: la concezione per cui, stringi stringi, la coscienza è sempre un riflesso delle condizioni materiali; per cui, dove queste condizioni peggiorano – e tanto più se il peggioramento è drastico – la coscienza si scuote dal torpore indotto da certe illusioni e si apre a nuove possibilità.
Starebbe allora alle forze organizzate della sinistra cogliere queste possibilità, e trasformare il riflesso inconsapevole delle masse in slancio rivoluzionario attraverso l’intervento nelle lotte, l’organizzazione, la propaganda, l’agitazione. Cosa che, ovviamente, la sinistra si guarda bene dal fare, preferendo di gran lunga preconizzare “nuovi New Deal”, sbrodolandosi nell’inerosimile prospettiva di un “nuovo modello sociale europeo”, oppure inseguendo spettri filosofici più o meno raffinati, nell’idea magari che incentrare la prospettiva sulla questione del lavoro e della sua emancipazione dalle catene dello sfruttamento capitalistico è obsoleto (quante volte le abbiame sentite certe cose: “non bisogna rivendicare lavoro, bisogna rivendicare reddito”, “basta con gli operai, guardiamo alle nuove soggettività di movimento” ecc.).
Col che ci si condanna alla marginalità, si autoriducono i propri margini d’intervento nella società, si liquida quel che di buono ci ha lasciato la storia del movimento operaio e socialista… e, da ultimo, si lascia campo libero alla retorica grillina.
Sto ipersemplificando, ovviamente. Ogni frase ne richiederebbe altre dieci solo per precisare, chiarire, approfondire, argomentare. Ma se la sostanza del ragionamento è corretta… ognuno valuterà da sé, sulla base della (triste) realtà.
Non vorrei portare la discussione altrove, anche perché non sarei in grado di sostenerla, però forse proprio quello che la concezione di tardo capitalismo ha cercato di indagare è che le condizioni materiali oggi sono arrivate a un tale benessere apparente, e hanno creato una sovrastruttura culturale mediatica in grado di incidere fortemente su di esse, che quand’anche queste condizioni materiali peggiorano drasticamente, non risvegliano la coscienza dal torpore. Una volta c’era il pane, e se mancava si assaltavano i forni. Oggi se non c’è il pane si fa la fila per comprare a credito la nuova playstation.
Per questo forse calco sull’ideologia, perché se è difficile (anch’io provo ogni giorno a fare il dinosauro) parlare di lotta di classe è addirittura impossibile denunciare la mostruosità del condominio nella sua struttura. Perché subito ti rispondono che ‘funziona’ male (vedi il candidato grillino, ma non solo, che non è altro che un amministratore di condominio) per colpa della kasta e se gestito dalla ggente che lo abita funzionerà bene. E così tutti assolvono il condominio e si autoassolvono.
Il problema è che spesso quando si discute con un grillino, o ancora peggio, perché questo è il punto, con un piddino, o un sinistrinoecologicoliberista, o un rivoluzionarioviciledallebuonemaniere, il frame è sempre quello dell’amministrazione del condomino. Oramai il discorso di destra, di cui nel post ci sono forniti innumerevoli esempi, ha così tanto preso piede, che anche a ‘sinistra’ è fuori da qualsiasi discorso l’abbattimento dello stessa struttura del condominio, ovvero della struttura marcescente del capitale.
Difficile darti torto su quasi tutti i punti. Tutto sta, secondo me, nel tenere duro, nel non mollare. Le condizioni materiali si sviluppano, e nelle fasi di crisi in modo non lineare né progressivo, ma a balzi. Idem per la coscienza. L’importante è lavorare bene, mantenendo la barra a dritta su un approccio rivoluzionario e di classe, senza cedere. Anche a costo di spaccarsi la fronte.
La condizione generale della sinistra “tradizionale” (a quella mi riferivo nel post precedente) non aiuta, e sotto quasi tutti i punti di vista rappresenta un freno? Pazienza. Impariamo ad aiutarci da noi… non nel senso di diventare autarchici o autoreferenziali, ma nel senso di fare a meno delle vecchie sovrastrutture burocratiche e di apparato. :-)
Non solo. Non sono un’umanista e quindi forse incorro in un’analisi sbagliata. Ma la “proprietà” o il “riappropriarsi” (della città, della politica, del futuro…) a me sembrano termini ricorrenti nella dialettica grillina così come lo erano in quella berlusconiana. Anche questo uso delle parole secondo me viene sottovalutato e invece è indicativo della natura di questo tipo di partiti.
Ciao a tutti!
Leggendo i vostri commenti mi ritrovo perfettamente nella situazione descritta da ellepuntopi.
Anzi forse peggio..
Per cui vi chiedo…
Come si potrebbe rispondere ad una persona che chiaramente ti dice che la “sinistra” italiana è ormai fuori dal tempo, che il mondo è ormai globalizzato e che quindi il voto deve essere per forza utile! (e non solo da questa elezione..)
Secondo voi come potrebbero queste persone affrontare un discorso riguardante l’abbattimento del condominio?
Cosa gli si propone? La rivoluzione? L’astensionismo?
Giusto per rimanere terra a terra.
Scusate la scrittura confusionaria e rapida, ma sono in ufficio ;)
Mah, alla tua domanda mi viene da rispondere così: anziché proporre “soluzioni” miracolose tirate fuori come il coniglio dal cilindro (su questo terreno la concorrenza è agguerrita), si tratta secondo me di sviluppare insieme un’analisi che metta in evidenza delle tendenze.
Il che naturalmente non vuol dire sedersi a tavolino e discettare sui massimi sistemi… può voler dire anche solo, banalmente, mettere sul piatto della discussione la cruda realtà in cui ci troviamo più o meno tutti ad arrabbattarci quotidianamente: lavoro che manca (stando ai dati resi pubblici oggi nel 2014 supereremo il 12% di disoccupazione…), prezzi dei generi di largo consumo che crescono, welfare in fase di smantellamento, diritti sotto attacco, salario sotto attacco ecc.
E, da qui, chiedersi: perché?
Perché le banche sono in mano ai massoni plutogiudaici o perché il grande capitale sta cercando semplicemente di salvaguardare i propri margini di profitto in una fase di crisi di sovraproduzione a livello planetario? Perché i politici sono genericamente “corrotti” e avidi o, piuttosto, perché la politica borghese serve, di base, gli interessi della classe dominante a livello economico e sociale? E ancora: il problema è di natura puramente etico-morale o, semmai, legato alle dinamiche specifiche di un modo di produzione? E così via…
Già soltanto arrivare, discutendo con altri, a condividere l’idea per cui il problema è, appunto, “il condominio” è un primo passo importante. Poi viene, come la naturale conseguenza di questo ragionamento, la domanda: noi che cazzo possiamo fare di fronte al carattere strutturale di queste crisi…?
Se si inizia a vedere il problema nel capitalismo (in quanto modo di produzione, in quanto sistema economico-sociale) anziché nella corruzione dei politici o nella scarsa eticità degli imprenditori, la conseguenza del ragionamento è chiara: l’unico modo per rimuovere definitivamente le crisi del capitalismo, è abbattere il capitalismo e dar vita ad una nuova forma di società.
Come? Con una rivoluzione…! :-)
Il ragionamento dovrebbe prolungarsi parecchio per venire a capo di tutti i nodi, ma non allungo il brodo…
io ho difficoltà a capire il tuo ragionamento: tu vorresti far volere a qualcuno che ha sempre vissuto bene nel capitalismo, ovvero il ceto medio, ovvero i miei genitori e anche io ( per intenderci stipendio + pensione = 2300 euro mensili – mutuo = 1700 euro per tre persone ), grazie al capitalismo; dunque vorresti far volere a questa gente abbattere un sistema che ti ha dato il benessere, facendoti stare meglio dei tuoi avi, per cosa? quale futuro inimmaginabile?
A parte che qui si stava parlando del ceto medio che sta subendo una proletarizzazione, io ri-consiglio di leggere, tra i tanti possibili libri, “La grande trasformazione” di Polanyi (il quale, a scanso di equivoci, non è un marxista).
Non è stato il capitalismo a “farci star meglio dei nostri avi”: se fosse stato per il capitalismo lasciato alla sua logica di fondo, cioè ai padroni lasciati ai loro “animal instincts”, noi staremmo come i nostri avi, punto. I nostri bambini lavorerebbero in fabbrica. Come lavoratori non avremmo alcun diritto. A farci “star meglio” sono state le lotte per la libertà di organizzazione sindacale, per il diritto d’assemblea, per la giornata lavorativa di otto ore, contro il lavoro minorile, contro i licenziamenti per rappresaglia, per poterci mettere in malattia senza perdere il lavoro, per avere le ferie pagate etc. Sono tutte cose che abbiamo *strappato* al capitalismo, non sono una conseguenza del suo esistere.
grazie per la risposta e per il consiglio. e scusa per l’ora. Però, sarò testardo, il capitalismo di per sé che vuol dire? era impossibile che rimanesse alla sua logica di fondo. Se è stato possibile strappare tutto ciò che oggi conosciamo è perché è stato possibile farlo, dunque cosa impedisce il capitalismo? Magari oggi potremmo stare ugualmente bene con un altro sistema, però lo stato sociale c’è. Per cui se è stato possibile temperare il capitalismo, perché non insistere su questa strada? Non che ne sia convinto, ma appunto come fai a convincere tutti quelli che stanno bene oggi, e sono la maggioranza, a pensare a qualcosa che va oltre la realtà quotidiana? e soprattutto perché dovrebbero volerlo? L’istinto del padrone appartiene a chiunque.
Ma tu hai minimamente presente *a quale prezzo* si sia riusciti a strappare qualcosa, peraltro in una porzione limitatissima di mondo? Lo sai quanti massacri, esecuzioni, anni di galera e guerre hanno avuto come conseguenza le lotte di cui parliamo? Hai presente come rispose il capitalismo ai tentativi dei lavoratori di emanciparsi? Lo sai quanto sangue gronda il nostro stato sociale?
Inoltre: per potersi gestire le conseguenze delle conquiste operaie qui, il capitalismo si è fatto più mostruoso nel resto del mondo. In occidente (sempre meno) larghi strati di popolazione godono ancora di un relativo benessere perché il mercato del lavoro è regolato dal principio del razzismo e su scala planetaria ci sono classi operaie “etnicamente inferiori”, forza-lavoro che costa meno perché sta più in basso nella gerarchia razziale non-detta (è quello che chiamavo “legame sociale inconfessabile”), manodopera supersfruttata e sottopagata senza poter godere dei diritti strappati qui, alla quale viene estorto il plusvalore su cui noi tutti ci reggiamo. Oggi il capitalismo è più mostruoso e meno emendabile di cent’anni fa, se non ce ne accorgiamo è perché lo guardiamo dall’angolatura sbagliata.
Quoto tutto quello che ha detto WM1, ma vorrei aggiungere ancora qualcos’altro, giusto per precisare perché la consapevolezza della “non emendabilità” del capitalismo può tornare ad essere una componente attiva della coscienza, anche nei paesi che, nei decenni passati, hanno usufruito dei suoi “successi” in giro per il mondo.
Di nuovo, per rendersi conto di questo fatto basta guardarsi intorno, non sono necessarie chissà quali elucubrazioni mentali… piccole aziende ed esercizi commerciali che chiudono ad un ritmo spaventoso, disoccupazione a livelli record, disagio sociale e rabbia che si diffondono anche presso strati sociali “insospettabili”, salari e welfare (pensioni, sanità e scuola pubblica ecc.) sotto attacco…
Quanto credi che, in una situazione di questo tipo, con la necessità di rispettare patti di bilancio europei e di fronte ad una delle crisi economiche più gravi e profonde della storia; quanto credi possa durare, a queste condizioni, la famosa “pace sociale”? E non ti sembra che l’implicita radicalità che si esprime nel voto di massa ai grillini lasci intravedere, in filigrana, una generale insoddisfazione per un intero “sistema” che non funziona?
Certo, questa percezione antisistema non si traduce automaticamente in una coscienza anticapitalista. Poi né io, né nessun altro, abbiamo detto che questo passaggio sia qualcosa di semplice, di immediato o di meccanico. Ed è precisamente su questo punto che si gioca il ruolo del famoso “fattore soggettivo”, ossia della componente organizzata, militante, formata della società in lotta.
Questo aspetto è così poco presente nel dibattito e nella coscienza anche di fasce relativamente “avanzate” della popolazione perché siamo reduci da sconfitte e tradimenti… e perché, ci piaccia o no, siamo a nostra volta profondamente imbevuti di ideologia – l’ideologia delle classi dominanti, intendo.
Ma qui è la sinistra militante e organizzata ad essere in ritardo sugli eventi, non viceversa!
@jackie.brown
“come fai a convincere tutti quelli che stanno bene oggi, e sono la maggioranza”
Uh? Ma dove?
Esperimento: esci per strada e chiedi alle prime cento persone che incontri “Tu stai bene così? Ti piace questa società in cui vivi?”. Ma non ti sei accorto che domani ci sono le elezioni e *tutti* dicono che bisogna votare per loro per cambiare radicalmente le cose? Sono scemi i politici che promettono di cambiare le cose radicalmente in una situazione in cui tutti sono contenti di come vanno?
Che dire… Ho quasi pianto.
Scherzi a parte sono molto contenta di aver trovato finalmente qualcuno che dica questo:
Se un politico usa nella stessa frase le parole «sicurezza» e «immigrazione», sta evocando nella mente di chi ascolta una comunità omogenea minacciata da una differenza proveniente dall’esterno, e questo è il quintessenziale framing di tutte le destre, in primis di quella fascista”
Chiunque basi la sua campagna elettorale o il suo programma politico sull’immigrazione, sul bisogno di integrarla o di non integrarla, fa esattamente la stessa cosa: esaspera le differenze a suo pro, le ricorda al pubblico votante (stavo per scrivere ascoltatore ma ho preferito desistere) e cerca di inserirsi e insediarsi nel pensiero di chi dovrebbe pensarla come loro; razzista o antirazzista che sia.
Io ho un velo in testa e mio marito è senegalese: noi non abbiamo “bisogno di integrazione” ci basterebbe essere considerate persone.
Chiunque vada in giro in cerca di voti sfruttando la parola integrazione e immigrazione mi procura voltastomaco.
Tra chi si proclama di destra estrema e quelli che si proclamano di sinistra in difesa, a difesa del “diverso” (ma già mi ricordano o mi classificano diverso) preferisco di gran lunga i primi. Almeno so con certezza cosa aspettarmi e non dovrò avere a che fare con chi ha un pensiero deviato di destra spacciato (volutamente e a pro) per qualcosa di cui dovremmo essere grati perchè ci aiuterà a far vedere agli altri quanto diversi siamo ed ad accettarci secondo canoni che Loro hanno deciso e non sicuramente noi.
Preferirei di gran lunga qualcuno che si dimenticasse dell’immigrazione e che combattesse per il benessere di tutte le persone. Perchè questo siamo, persone e non merce da sfruttare per voti a prendere… (e la sinistra odierna … a perdere).
Mi basterebbe qualcuno che basasse la sua campagna elettorale sulla Costituzione Italiana e non che andasse a cercare “varie ed eventuali” per allontanarsene il più possibile.
non posso che condividere questo bel commento. anch’io sostengo fortemente la categoria persona prima di tutte le altre. prima sono una persona e poi una donna e poi tutto il resto (che poi si sa come trattano le donne quelli di sinistra…un po’ come quelli di destra, ma con frame da peace&love e amore libbbero…e sempre oggetti siamo).
come Assenzio Puro anch’io credo che in tanti discorsi di sinistra ci sia un pensiero deviato di destra. ma come smascherare le ipocrisie? come poter ricominciare dall’essere umano?
P.S. poi diciamoci la verità, se ti vesti un po’ diverso, perché non ti piacciono i maglioni larghi e le scarpe di stoffa o una sera hai voglia di metterti i tacchi a spillo, i sedicenti di sinistra ti guardano pure male, alla faccia dell’uguaglianza ;-)
Sono perplessa. Perché vivo in una doppia minoranza, da immigrata e da omosessuale. Chi è venuto qui 30 anni prima di me ti darebbe un quadro della Germania nettamente diverso dal mio. Perché di mezzo ci sono 30 anni di politiche a tutela dell’immigrato, che si vedono e si sentono, in positivo.
Sul principio hai ragione (siamo tutti persone), ma la realtà è quella che è, e io non sono nata qui, non conosco bene le regole di qui, a causa del lavoro non parlo benissimo la lingua, quindi ho bisogno più di altri di riferimenti e tutele a mia misura.
Dal punto di vista dei gusti sessuali ti posso dire la stessa cosa. Siamo tutti persone, hai di nuovo ragione. Ma io sono diversa, è diversa la mia vita di coppia, due uomini o due donne si amano o si odiano tanto quanto un uomo e una donna,è vero, ma le dinamiche di coppia non possono che essere particolari. A differenza (appunto, differenza) di un eterosessuale non ho un riferimento famigliare, nel senso che mia madre e mio padre difficilmente possono essere per me un riferimento per la vita di coppia – questo lo capisci anche se vai a vederti come e perché è nato il movimento omosessuale olandese –
Ora è vero anche che questi concetti vengono strumentalizzati fino alla nausea e che in me o in te non c’è niente da “tollerare”, non ho deciso io di avere passaporto italiano, per intenderci.
Ma che esista anche nella Costituzione che tu citi il principio di discriminazione positiva è innegabile. Quello che mi rende perplessa, quindi, è che per la mia esperienza nella pratica non siamo uguali e abbiamo bisogno che le nostre differenze, nel momento in cui ci possono creare uno svantaggio non voluto (non so il tedesco da 27 anni come i miei colleghi, in Italia non potrei farmi assistere dalla mia compagna in ospedale e via dicendo), vadano riconosciute e tutelate.
Sai potrei spendere tantissime parole a risponderti, poi sono tendenzialmente logorroica quindi…, ma cercherò di farlo in brevissimo tempo.
Tu sei lesbica non sei malata. Non sei “diversa” al massimo sei “particolare” ma lo sei privatamente. A nessuno dovrebbe importare al di fuori delle tue mura domestiche. Ma non perchè non si deve sapere, semplicemente perchè le tue capacità lavorative, cognitive, di educazione civica, non cambiano.
Tu hai un’altra persona al tuo fianco, la ami, ci dividi e condividi la vita e non ci si dovrebbe domandare se puoi o non puoi assisterla in ospedale, chiunque se lo domandi ti discrimina e ti accusa di essere “lesbica” “diversa”, dovrebbe ovvio e logico che tu sia la persona più idonea all’assistenza.
Ci stanno convincendo che la diversità è una brutta cosa e non è vero. Ci stanno facendo campagne elettorali sopra questa cosa. Ci hanno insegnato a farci vedere la cosa come se fosse un gioco a premi:
è lesbica:l’accetto, non l’accetto, vado oltre, mi fermo, giro le spalle e vado a casa. Ma se una domanda ci deve essere sarebbe: mi è simpatica, è professionale per il lavoro che svolge, mi piacerebbe conoscerla ed interagire con lei.
Sai lo so che spesso il “come dovrebbe essere” è utopico e la realtà è ben diversa, ma i primi a doverla combattere siamo noi. I primi a dire “diverso sarai te, io non sono nè un’appestata nè un’ammalata e sei pregato di non mangiare a mie spese”, dovremmo essere noi. Invece persino noi siamo talmente tartassati da messaggi deviati e sbagliati, che a volte ci crediamo davvero che le nostre diversità siano “problemi” e non pregi.
Diversi…ma da chi?
No io sto dicendo che la diversità è ricchezza. Lo so che è un concetto banale e inflazionato, ma non sbagliato, credo e penso che la mia diversità faccia parte di me. Certo che lavoro come gli altri e così via, su questo i miei gusti sessuali o la mia cittadinanza non influiscono. Il problema è se esiste una via di mezzo tra l’essere degli “appestati” e l’essere omologati (cioè “siamo tutti persone” a me non basta). Io penso di sì perché lo vedo.
Quello che volevo dire poi è che nel mondo reale la minoranza deve in qualche modo poter mostrare la propria diversità, non per essere accettato, ma per conseguire i diritti che gli spettano e questo significa riconoscere che le diversità esistono. All’atto pratico mi aspetto che l’impiegata dell’ufficio delle tasse capisca l’inglese e mi spieghi cose che per un cittadino tedesco sono ovvie dalla nascita perché, per un qualcosa che non dipende da me, non posso mettere piede in Germania e sapere a menadito il burocratese tedesco. Questo non è essere tolleranti, ma sapere che c’è in me un valore (lavorativo come dici tu) che non può essere ostacolato dalla mia diversità.
Scusami, piccolo post scriptum. Quello che non vorrei che accadesse (e che invece spesso accade) è che nell’essere tutti uguali si finisca col pensare che alcune cose non esistano (spero di spiegarmi bene).
io credo che diciamo la stessa cosa in maniera diversa. Si “alle particolarità” che sono valore aggiunto, ma no a come è di moda ultimamente che le presenta come problema da risolvere.
Chiunque mi dica che sono diversa e che quindi vado allontanata/difesa parte dallo stesso principio razzistico: crea di me un problema e si autoproclama salvatore e si aspetta pure che io lo ringrazi….
ma salvatore di chi?
Se non avessero promulgato editti che promuovono la mia pericolosità (io sono musulmana) nessuno si sposterebbe dal posto vicino a me in metropolitana. E li devo pure ringraziare?
I gay sono diventati appestati portatori di AIDS grazie alle campagne pubblicitarie, sia quelle pro che quelle omofobe, ma nessuno parla degli etero infettati (anzi più nessuno parla davvero di AIDS se non affiancandola agli omosessuali per rafforzare la tesi del problema. Ho riscontrato ultimamente una totale ignoranza sull’argomento. Le persone, anche di una certa cultura, hanno idee completamente sviate e false di questa malattia e girano di letto in letto convinti che, in quanto etero, loro non la prenderanno mai…)
L’Africa è un continente di affamati profughi che non hanno saputo trovare pace quando le colonizzazioni se ne sono andate (ma perchè se ne sono andate? e quando?) e adesso vengono tutti qua in cerca di sopravvivenza…
Tutte le donne musulmane sono oppresse e abusate schiavizzate da mariti violenti, terroristi e picchiatori….
Tutto l’occidente è convinto che siamo un problema da risolvere, che andiamo salvati, andiamo integrati. Ci mettono una bella freccia di riconoscimento sulla testa con sopra scritto il nostro reato e ci usano come corda per il tiro alla fune, chi a destra e chi a sinistra, tira tu che tiro io…
Non sarebbe molto più semplice che sulla freccia ci fosse scritto il mio nome, il tuo, quello della tua compagna, quello di mio marito e ci fosse qualcuno che girasse finalmente la medaglia dal lato positivo?
Io sono Mariama (assenzio) e sono Anche musulmana, tu sei Serenissima e sei Anche lesbica. Ogniuno di noi, nella sua vita, frequenterà persone e gruppi che fondamentalmenteci assomigliano, ci confortano, ci aiutano, o creano strutture che possano rispettare, nell’aiuto, i nostri valori, ma vale anche per il cattolico, l’etero, il panettiere, l’amante dei cani è così.
Nessuno di noi vuole essere un numero che non tenga conto delle nostre particolarità, ma nessuno ha il diritto di darmi l’appellativo di “diversa” e pubblicizzare questo come un problema da risolvere.
ma credo che diciamo a grandi linee la stessa cosa con parole diverse.
Buonasera, sono un vostro ammiratore, nonchè lettore dei vostri libri e simpatizzante delle idee del M5S.
Vorrei porvi alcune questioni riguardo a quanto avete scritto sopra e spero che voi mi possiate dare risposta.
1) Se la divisione tra destra e sinistra è nata con la Rivoluzione Francese è possibile che in un domani più o meno remoto possa andare a sparire?(Proprio perchè prima di quell’evento storico da come avete scritto voi non esisteva…)
2) Se al concetto di destra appartengono caratteristiche come l’armonia della nazione, la coesione, e l’idea che il nemico si possa trovare solo al di fuori di questa unità coesa, dove collocate l’esperienza di Cuba e del castrismo?
3) Secondo voi non ci potrebbero essere analogie tra la volontà del M5S di puntare su un mezzo teoricamente democratico, difficile da limitare come la rete web per la diffusione delle idee, notizie e pensiero indipendente,e le conseguenze Rivoluzionarie della Stampa gutemberghiana che Voi avete magistralmente descritto nel vostro Capolavoro “Q”. (Non sapete quanto vi ringrazio per quel libro…)
4) Non credete che la sinistra (Quella vera) possa essere partecipe all’interno di questo movimento che potenzialmente potrebbe diventare realmente Rivoluzionario senza alzare muri ideologici? E partecipare dall’interno al cambiamento cercando di dirigere la barra verso la deriva giusta?
Grazie!
Provo a risponderti brevemente alla 1, anche se ti sei in qualche modo già dato la risposta. Destra e sinistra sono fisiologiche al sistema parlamentare (o democratico se preferisce), spariscono se sparisce il sistema: con la Rivoluzione Francese, più o meno, è nato questo sistema e io sinceramente non mi auguro che muoia tanto presto.
@Serenissima
Il sistema parlamentare non è nato con la Rivoluzione Francese, esisteva già da secoli in diversi Paesi. Il sistema parlamentare non coincide neanche con la democrazia, ci sono parlamenti (e talvolta c’è pure una destra e una sinistra dentro quei parlamenti) anche in Paesi non democratici.
La destra e la sinistra sono dei concetti che cominciano ad aver senso con le rivoluzioni borghesi (incluse quelle venute prima di quella francese, per esempio quella inglese) e che rappresentano semplicemente la polarizzazione tra le classi sociali della società moderna. Se un domani non esisterà più la divisione in classi come la conosciamo oggi, quello che oggi è il dibattito politico si sposterà su assi diversi da destra-sinistra. In altre epoche esistevano parlamenti che non avevano questo concetto, ma si strutturavano lungo assi differenti; per esempio nel Senato dell’antica Roma c’erano varie posizioni politiche che rappresentavano in varie sfumature gli interessi delle classi sociali che esistevano a quei tempi.
PS: Ah ops, non avevo visto tutto il sottothread!! Ora lo leggo, scusate, avrò sicuramente detto cose già scritte da altri.
Quando si dice che i concetti e gli schieramenti “destra” e “sinistra” sono nati durante la Rivoluzione francese non si sta dicendo una cosa da nulla né si sta descrivendo un evento qualsiasi. “Rivoluzione francese” significa vero inizio della modernità, presa del potere da parte della borghesia, nascita del moderno stato-nazione, nascita della democrazia laica, parlamentare e repubblicana, nascita (in buona sostanza) di tutte le istituzioni politiche che oggi associamo all’Occidente e alla modernità capitalistica. Negli anni della Rivoluzione francese si pongono e si affrontano per la prima volta in modo esplicito tutti i problemi che sono ancora oggi all’ordine del giorno: stato sociale, ridistribuzione della ricchezza, proprietà pubblica o privata, esercito di leva o esercito professionale etc. La Rivoluzione francese è l’atto fondativo del nostro tempo. Finché vivremo nella spinta di quella fondazione, finché vivremo questo tempo, “destra” e “sinistra” continueranno a riproporsi e riaffermarsi come polarità del discorso e dell’intervento politico, economico e culturale.
Va comunque fatto notare che, anche se non si usavano quei termini (che derivano dalla posizione dei gruppi alla Convenzione), le due polarità erano già rintracciabili. Retrospettivamente, si possono tranquillamente rintracciare una “destra” e una “sinistra” nella rivoluzione inglese del XVII secolo, come si possono rintracciare una “destra” e una “sinistra” della Riforma protestante etc.
Anche nella società e nella politica cubana ci sono una destra e una sinistra. Nelle analisi su Cuba, è sempre stato normale parlare di una “destra” e di una “sinistra” dell’apparato governativo e del partito comunista cubano. Negli anni Novanta si diceva che politici come Abel Prieto, una specie di hippie che per un certo periodo fu ministro della cultura (tra le altre cose, intitolò un parco dell’Avana a John Lennon e pubblicò una raccolta di barzellette contro la burocrazia di partito), rappresentavano la “nuova sinistra” in seno al castrismo.
Grazie per i complimenti a Q. Noi pensiamo, e abbiamo spiegato più volte questa posizione, che l’uso della rete propagandato e praticato da Grillo e Casaleggio, e l’idea della rete che portano avanti nei loro libri e nei loro video siano rispettivamente, un uso verticale e accentrante (in buona sostanza “televisivo”) e un’idea “feticistica”. Su quest’ultimo concetto, rimandiamo al post “Feticismo della merce digitale e sfruttamento nascosto”. Il discutibile uso della rete da parte dei due riccioluti è stato analizzato da varie persone, un buon punto di partenza è il più volte citato libro di Giuliano Santoro Un Grillo qualunque.
Quest’idea che tutti debbano stare dentro al M5S viene fuori spessissimo: “Se non ti va bene, entra anche tu”. Giuliano Santoro ha fatto notare che, nella retorica a cinque stelle, il movimento è esplicitamente posto come rappresentante dell’intera società, è come se il progetto fosse di fagocitare tutto, anche il dissenso radicale. E’ una pulsione pericolosa e totalitaria nel senso letterale del termine, cioè il movimento non si pensa come una *parte* del corpo sociale, una fazione dentro di esso, ma come totalità. Nella storia (anche nella storia d’Italia) questo frame ha precedenti sinistri, o meglio, destri.
Era uno dei frame della Lega Nord primo periodo. Nel 1993 Bossi dichiarò che dopo la vittoria finale sarebbe cessata la necessità di un’unica Lega, e il movimento si sarebbe diviso tra un partito di destra capeggiato da lui stesso, e una Lega di sinistra capeggiata da Maroni.
Grazie per le risposte.
Le ritengo tutte pertinenti e giustificate tranne quella su Cuba nella quale giustificate la posizione di un ministro frikkettone con l’hobby della satira politica come prova dell’esistenza di un opposizione istituzionale all’interno di una realtà totalizzante. Su quello preferirei sentirvi onestamente affermare che Cuba è un esperienza di destra, anche se è una destra che piace a chi è di sinistra. Con tutte le attenuanti storiche del caso, intesi…però via, sù!
Un approfondimento che vorrei porvi è quello dello spostarsi, riguardo la nostra società occidentale, verso forme sempre più virtuali di esistenza e di controllo sociale (per esempio noi stiamo occupando già uno spazio virtuale). In economia il senso si rivela nelle grandi differenze con il passato. Prima, parlo per la società occidentale in declino come la nostra, l’economia era strutturata sulle unità di produzione. Adesso queste che vengono delocalizzate altrove, il nostro sistema è stato ricalibrato sulla Finanza dove non solo circola denaro virtuale, debito e credito virtuale ma dove è anche più difficile per un subalterno risalire al proprio padrone. Non credete che questo possa essere un incipit per pensare che non solo stiamo superando la fase di Modernità che avete descritto, ma anche quella di Post-Modernità cui dovrebbe dare seguito? Non credete che destra e sinistra possano essere usate per dividerci soprattutto da chi oggi ci spaventa con ologrammi virtuali tipo Spred e oscillazioni finanziarie quando le fabbriche dove dovresti lavorare le hanno spostate in India?
Scusami, ma mi sembra che il livello di fraintendimento sia oramai altissimo. Tu non mi hai fatto una domanda sull’esistenza di un’opposizione istituzionale a Cuba. Tu mi hai fatto una domanda sulle categorie (o metafore spaziali) “destra” e “sinistra” a Cuba, e io ti ho risposto che vengono usate anche per parlare di quella realtà. E’ molto semplice da spiegare: anche esperienze come quella cubana sono dentro la nostra temporalità, creata dalla rottura della Rivoluzione francese. Nella modernità, giocoforza le polarità tra le quali oscilla il discorso politico sono quelle di destra e sinistra. Magari anche tagliando con l’accetta, prima o poi si torna a usarle, per permettere a chi ascolta di orientarsi. Ho fatto l’esempio di Abel Prieto, tra i tanti possibili, per dire che anche dentro la politica cubana si parla di destra e sinistra. Avrei potuto fare quello di Raul Castro che di solito viene definito “di destra” (come nella tradizione comunista radicale si definiscono “di destra” gli stalinisti, per capirci). Quindi, dire che la mia risposta rispondeva a una domanda che non era stata fatta mi sembra sommamente scorretto. E se quella domanda tu l’avessi fatta, l’avrei trovata una domanda *benaltrista*, un “E allora Cuba?” come Vicky di Casapau quando ribatte: “E allora le foibe?”
Non mi sentirai mai dire che “Cuba è un’esperienza di destra”. perché sarebbe una cazzata immane, oltretutto una cazzata… di destra, una semplificazione “organicistica” che rimuoverebbe le contraddizioni di quella storia e di quella realtà, che è anche fatta di conquiste importanti inesistenti negli altri paesi del centramerica (e in alcuni casi inesistenti persino da noi, come l’istruzione gratuita fino alla laurea). Il modo nel quale i media occidentali parlano di Cuba è basato sulla rimozione sistematica di aspetti fondamentali, per poterne illuminare solo altri. Io preferisco non buttare MAI nel cesso la complessità. Su Cuba abbiamo scritto qui:
http://www.wumingfoundation.com/giap/?p=6524&cpage=2#comment-10372
e qui:
http://www.wumingfoundation.com/italiano/outtakes/anomalia_cuba.html
e qui:
http://www.wumingfoundation.com/italiano/outtakes/postfazione_symmes.html
Sgombrato il campo da quest’equivoco (almeno spero), devo dire che l’ultima domanda del tuo commento mi interessa, ma non sono sicuro di averla capita, forse è il tuo uso del verbo “dividerci” che mi confonde, potresti articolare meglio?
Caro WM…come avrai capito, spero, non sono un denigratore di Cuba, anzi ne sono un estimatore convinto ma vivendo in un Mondo diverso non posso esprimermi come si potrebbe esprimere un abitante dell’isola, magari uno di colore, non uno di etnia ispanica che gode di posizione sociale più elevata. Credo che in essa vivano delle contraddizioni che sono le stesse contraddizioni di cui è composta la natura di tutte le cose. Una filosofia orientale lo descrive nello Yin e Yang. I cattolici nel Bene e Male. Sono anche un profondo estimatore di Chavez, che ha nazionalizzato il petrolio venezuelano sottraendolo alle mani dell’imperialismo americano, però non per questo non posso esautorarlo da populismo o da forme di democrazia più vicine alla destra, secondo la demarcazione che hai riportato sopra. Grazie dei links che mi hai postato, appena avrò tempo li leggerò con piacere.
La domanda che ti ho rivolto forse è troppo grande e complessa per la mia limitata cultura e forse dipende da quella se non sono riuscito ad esprimermi come avrei voluto. Provo a riformulartela in termini ancora più spicci dato che non possiedo mezzi per approfondirli e poi tu ragionaci cercando di mettere insieme quei pochi frammenti che ti ho scritto sopra per mettere insieme una tua idea.
Allora…secondo te l’Era della virtualità, ossia quella odierna(Denaro virtuale, spazio virtuale, vita virtuale) quanto ha ancora in comune con il concetto di Modernità che tu hai espresso? O questo nuovo scenario che viviamo in qualche modo ha superato o sta superando la Modernità stessa? Ti posto un video che forse conosci, che forse disprezzerai per la semplicità con la quale pone la questione, ma non sempre la semplicità è un valore sbagliato, secondo me, specialmente quando la realtà virtuale ti pone a muoverti sempre con maggiore velocità di fronte ai cambiamenti…:-)
http://www.youtube.com/watch?v=mVmTY5nz6lg
E’ una questione che negli ultimi trenta-quarant’anni hanno posto in molti, è il dibattito sulla postmodernità. Io riscontro una cosa e provo a spiegarla “a spanne”: chi ha una formazione più letteraria o filosofica tende a enfatizzare le discontinuità tra la fase attuale e l’epoca classicamente definita “moderna”. Invece, tra quelli che hanno una formazione storiografica, come ad esempio il sottoscritto, e sono abituati a ragionare su processi di lunga gittata e durata (es. la “longue durée” della scuola delle Annales), è diffusa la convinzione che quarant’anni siano un battito di ciglia. La modernità ha un lungo periodo di incubazione che inizia approssimativamente nel tardo rinascimento, per poi affermarsi (in modo non sincrono né lineare) in Europa tra seicento e ottocento, con la Rivoluzione francese come evento-cardine. Stiamo parlando di processi plurisecolari, che hanno prima portato la borghesia al potere, imposto la forma dello stato-nazione in tutto il pianeta (a parte l’Antartide, non c’è terra emersa che non sia parte di uno stato-nazione) e imposto il capitalismo come sistema-mondo. Per me, noi siamo ancora nella scia di quel cambiamento, non vedo nulla che possa farci credere di esserne usciti. L’epoca attuale è una fase della modernità, intesa in un senso più ampio di quello usato da molti postmodernisti, che spesso restringono l’accezione in modo da enfatizzare la “frattura” sulla quale hanno costruito intere carriere.
Grazie della risposta autorevole come sempre.
Il link che ti ho messo era per spiegare meglio il concetto di “dividerci”….
Grazie.
Questa difesa del parlamentarismo da parte di ambienti che fino all’altroieri si definivano extraparlamentari mi risulta un po’ difficile da capire. Il movimento comunista e consiliare non ha ragionato sempre, per tutta la sua storia, al di là del parlamentarismo borghese? E perché ora nel giro di tre anni criticarlo è diventato roba da fascisti?
Scusa, ma: di che vai farneticando?
Qui si è accusato il M5S di “cretinismo parlamentare”. Se c’è un movimento che feticizza il parlamento, è proprio quello. Il M5S attribuisce al portare “persone pulite” in parlamento un potere salvifico e palingenetico, parla del parlamento come del luogo cruciale dove succederà tutto.
Non capisco a cosa ti riferisci, dove sarebbe ‘sta “difesa del parlamentarismo”? Perché ho scritto che con la Rivoluzione francese nasce la moderna repubblica parlamentare? Chiamasi “constatazione”. Ho anche detto che con la Rivoluzione francese ha preso il potere la borghesia, secondo te stavo difendendo la borghesia? Ho scritto che da lì comincia la modernità capitalistica, secondo te stavo difendendo il capitalismo? Se uno nomina qualcosa vuol dire che la sta difendendo? Ho scritto che, finché vivremo nella temporalità iniziata con la Rivoluzione francese – cioè, traduco, nella modernità capitalistica – si ritornerà sempre a utilizzare la rappresentazione “destra”-“sinistra”. Secondo te questo discorso – che pure non mi sembra tanto difficile da capire – equivale a una “difesa del parlamentarismo”? Boh.
E in ogni caso, il parlamento a cui mi riferivo, quello dove nacque l’abitudine di usare “destra” e “sinistra” come li usiamo oggi, ebbene, quel parlamento era la Convenzione rivoluzionaria. Ci sedeva e ci parlava Saint-Just, in quel parlamento. Ci sedeva e ci parlava Marat. La sinistra di quel parlamento era la Montagna. Non stiamo parlando di Pisanu o di Cicchitto, stiamo parlando di gente nella cui scia si sono mossi tutti i rivoluzionari dei due secoli successivi. Togliersi il cappello, please.
Ehi intanto calma: nessuno ti ha aggredito. Mi pareva che tra le ‘colpe’ che attribuisci al M5S ci fosse la pretesa di andare al di là della distinzione tra destra e sinistra: categoria, come tu giustamente dici, prettamente parlamentare, e quindi, mi sembra, difficile da difendere a partire da posizioni (neo o post) situazioniste. O no? Magari mi sbaglio! Naturalmente condivido in pieno la tua inquietudine circa M5S. Ma al tempo stesso cerco di capirlo evitando pregiudizi basati su categorie ereditarie. E’ vero: c’è del populismo, del berlusconismo e soprattutto del pressappochismo. Però c’è anche qualche milione di persone che si è messo in marcia con l’idea, magari ingenua, di riprendersi il potere politico! Perché il loro partecipare alle elezioni lo chiami “cretinismo parlamentare” mentre il nostro quindici anni fa lo chiamavamo “autogoverno” o “riappropriazione dei nessi amministrativi”? Tu li critichi perché pensano sia importante eleggere “persone pulite”: ma io dall’estero vedo nella corruzione della classe dirigente italiana uno degli aspetti più gravi della sopravvivenza di privilegi premoderni che altrove sono stati aboliti (appunto) nel Settecento. Ascolto la presentazione del libro di Giuliano Santoro che hai linkato e sento che l’utopia della “democrazia partecipativa” sarebbe un retaggio televisivo… ma veramente mi sembra che parti importanti del movimento cyberpunk hanno lavorato per decenni in questa direzione. E trovo del tutto sano un movimento che immagini il superamento della rappresentanza politica basandosi anche sulle opportunità offerte dalla rete (sebbene per il momento utilizzate ancora in modo rozzo e inappropriato). Insomma, nel complesso io vedo luci e ombre: non capisco perché voi assumete questa posizione a senso unico contro M5S. Forse presenta motivi di interesse cui sarebbe interessante e utile offrire sponde: forse proprio offrirgli sponde potrebbe contribuire a farlo evolvere in direzione democratica. Non credi?
Nessuno ha detto che il partecipare alle elezioni è cretinismo parlamentare, il cretinismo parlamentare sta nella valenza catartica che danno all’infilare i loro uomini nel parlamento, come se il parlamento non fosse da anni esautorato de facto di ogni reale potere decisionale e le politiche economiche e non solo non fossero stabilite a priori in tutt’altri luoghi o nodi di reti (BCE, FMI etc.) e non fossero influenzati da fattori che il parlamento non controlla in alcun modo (i “mercati”, lo “Spread”).
E’ grottesco mettere in bocca a Giuliano Santoro frasi come “l’utopia della democrazia partecipativa è un retaggio televisivo”, e contrapporgli il movimento cyberpunk, quando è lui stesso nel libro a citare il movimento cyberpunk per dimostrare che ben prima di Grillo qualcuno in Italia sperimentava la rete come luogo di incontro, partecipazione e lotta. Giuliano non dice le cose che hai capito tu, ma spiega che l’uso della rete da parte di Grillo è per diversi aspetti di derivazione televisiva, e che una certa limitata ed eterodiretta “partecipazione” dello spettatore era già stata sperimentata dalla “neotelevisione” a partire dagli anni Ottanta (telefonate da casa, giochi e sondaggi telefonici, spegnere le luci di casa in tutta Italia quando lo dice il conduttore TV etc.). Giuliano analizza la *continuità* tra rete e TV attraverso gli esempi di Striscia la notizia e della carriera di Grillo, due percorsi che si sono più volte intrecciati.
“Non capisco perché voi assumete questa posizione a senso unico contro M5S.”
Eppure mi sembra che, post dopo post, abbiamo argomentato nei dettagli, approfondito, fornito carriole di esempi, segnalato link, presentato libri… Poi uno può non essere d’accordo, ma dire “non capisco”, come se la nostra fosse una posizione misteriosa e imperscrutabile, no, per favore.
Non ho capito di chi parli quando scrivi “il nostro partecipare [alle elezioni] di quindici anni fa”. “Nostro” di chi? Io non ho mai partecipato alle elezioni, non mi sono mai candidato ad alcuna carica, non ho mai fatto pubbliche dichiarazioni di voto per chicchessìa e quindici anni fa, nel 1998, il mio unico “noi” di diretto riferimento era il Luther Blissett Project, che era intento a scrivere il saggio “Nemici dello Stato”.
Infine, suvvia, cosa c’entrano le “teorie neo- o post-situazionista”? Chi le ha tirate in ballo? Chi le incarna? Boh. Non mi risulta che qui sia emerso nulla di nemmeno remotamente riferibile all’Internazionale Situazionista o ai suoi epigoni. I percorsi teorici di riferimento sono tutt’altri.
D’accordo che il Parlamento è esautorato, ma mi sembra comunque un canale non meno efficace che organizzare cortei o scrivere libri.
Dicendo “nostro” intendevo dire appartenente a segmenti degli ambienti antagonisti a cui il LBP era contiguo poco dopo la metà degli anni Novanta (quando anch’io ne ho fatto parte) e che tentarono in vario modo, in varie realtà locali, la via elettorale, sebbene con scarso successo (ricordo solo se non sbaglio un successo di pyperno in calabria). Con ciò non volevo attribuirti una qualche responsabilità, ma solo farti notare che in certi casi l’idea di “usare” le elezioni è venuta anche a gente di sinistra.
Lunobi, se pensi che fine ha fatto Marat e a come poi si sia tramutata la Rivoluzione Francese, ti spieghi come mai quelli che fino a ieri si definivano extraparlamentari oggi sono per il bipolarismo alla francese. E’ una motivazione umana, molto umana, è la paura.
Paura di fare un salto nell’ignoto. Così ti spieghi perchè invece di sfruttare l’occasione dentro un ondata di inedita proposizione si cerca di aggrapparci e difendere quello che si potrebbe definire l’indifendibile di destra e di sinistra.
Mi fai un esempio di “indifendibile” che si è difeso in questa discussione? Così, tanto per farci capire :-)
Mi spieghi anche in quale modo, secondo te, sarebbe possibile “sfruttare l’occasione” “dentro” un movimento rigidamente controllato da un vertice e che non ammette alcun dissenso interno? Così, tanto per farci capire.
WM…e non era riferito a te!;-) e cos’è tutto sto WuMingCentrismo! ;-) Scherzo! Se posso preferisco di gran lunga la dialettica alla polemica…
Mi riferivo alle persone impaurite dal Cambiamento, quelle che per ragioni personali o familiari si troverebbero in seria difficoltà di fronte ad un rovesciamento delle abitudini. Mi riferisco a quelli che più o meno consapevolmente si turano il naso e a quelli che vorrebbero la Rivoluzione e poi appena vedono un cassonetto incendiato processano il vandalismo messo in atto.
Tra queste stai sicuro una parte proviene anche dalle frangie più radicali.
Di fronte all’ignoto chi non ha paura?
Detto questo dico che per me la Rivoluzione da fare è quella Etica e la strada da perseguire è quella della Non Violenza.
Il M5S almeno in teoria dovrebbe liberare il campo dal liquame politico di questa Seconda Repubblica, cioè tagliare fuori un antagonista comune ad ogni cittadino onesto rinunciando ai privilegi della Casta. Non è poco di questi tempi.
Dopo ci sarà la questione della Democrazia interna e quello è un altro discorso, più delicato e poi quello più importante di chi controllerà i controllori, ossia i vertici plenipotenziari.
Come sfruttare l’occasione: il mezzo di diffusione delle notizie e dell’informazione in futuro sarà internet e loro spingono abbastanza su questo punto.
Il Web, però, non è di Grillo nè di Casaleggio ma di una moltitudine di server sparsi un pò ovunque gestiti da una moltitudine di persone con idee e pensieri differenti tra loro e
a meno che non si finisca come in Iran ma dubito, basterà che ci sia sempre qualcuno che stia a controllare e a postulare un contraddittorio da qualche parte del Mondo. E così nascerebbero le correnti come ci sono oggi, come ci sono a Cuba, ma senza il merdajo politico di ieri. Insomma il cyberpensiero come l’oceano non lo puoi fermare non lo puoi recintare e poi la Rete non l’ho certo inventata io.
Ti domando, come in “Q”, dopo l’ invenzione della Stampa si diffuse solo il Luteranesimo?
Ma per fare ciò non basta, serve iniziare a pensare come nel video che ti ho linkato…ma lo hai visto?
E’ uno sforzo che per molti può risultare atroce ma è l’unico modo per poter agire da dentro e guardare al futuro e indirizzare il flusso verso la direzione giusta. Lo sò che rinunciare ad una identità è difficile ma preferirei di gran lunga la coesione alla polemica di condominio.
Quando lo guardi dimmi cosa ne pensi…
A me pare un equivoco molto grave confondere la critica ai sindacati *esistenti* (sui quali anche noi siamo molto duri) con la demolizione dell’idea stessa di sindacato, e purtroppo è quest’ultimo il sottotesto (e spesso il testo esplicito) di molte delle critiche che si sentono oggi, non ultimo per bocca di Grillo. Sono critiche *liberiste* al sindacato, che non viene attaccato per le sue insufficienze e sclerotizzazioni, ma perché, persino ridotto com’è adesso, costituisce ancora un bastone tra le ruote di un padronato che vuole “campo libero” su tutto.
Senza l’organizzazione dei lavoratori in sindacati, saremmo ancora alla schiavitù, al lavoro minorile, alla giornata lavorativa di dodici-tredici ore, all’arbitrio totale sui posti di lavoro. Questa storia di lotte materiali e concrete che hanno portato a conquiste fondamentali, lungi dall’essere un “feticcio”, è la premessa e la base di appoggio di qualunque ragionamento e di qualunque critica *sensata* alle organizzazioni sindacali.
Scusate…i commenti che vengono postati passano un vaglio o deve passare un poco di tempo affinche si possano vedere esposti? (cassate pure=)
Il primo commento di ogni nuovo iscritto va in coda di moderazione, dove noi gli diamo un’occhiata. E’ una misura anti-troll. Anche poco fa Saint-Just (il nostro giustiziere) ha segato il primo commento di un grillino che iniziava subito con un insulto. Dopo che approviamo il primo commento, i successivi di quell’utente verranno pubblicati in automatico, senza alcun vaglio da parte nostra.
sul sito di la7 ho beccato un tipo che parla per tre minuti del M5S e tra le altre cose solleva la questione della società di consulenze marketing di Casaleggio e sul suo focus predominante sul monitoraggio e data-mining delle conversazioni online. L’ho trovato uno spunto molto interessante. Da tempo ci son teorici più o meno apocalittici che parlano dell’era IT come una graduale esplicitazione dei flussi di comunicazione, imitazione e contagio, Gabriel Tarde 2.0 insomma. Ovviamente, ciò implica che tali flussi, in quanto ‘esplicitati’, siano maggiormente suscettibili di controllo e modulazione.
Che la digitalizzazione del socius abbia effetti opprimenti in tal senso non è discorso nuovo. Però è senza dubbio una situazione peculiare: il M5S, che più di tutti propaganda un approccio di candore fanciullesco rispetto agli effetti detergenti e purificanti che la RETE possa avere nei confronti della morta, corrotta, putrefatta società italiana, abbia al suo cuore una società che sviluppa modalità di controllo (penso al senso che Deleuze dà al termine, nel famoso poscritto) dirette esattamente a gestire, monitorare e manipolare la RETE.
Se trovo il tempo vorrei scrivere qualcosa di più dettagliato sulla questione, per ora mi limito ad uno spunto…
Michele Di Salvo ha scritto l’analisi più dettagliata – per quanto ne sappia – intorno al problema da te sollevato.
http://www.metropolisweb.it/documenti/chi-cc3a8-dietro-grillo.pdf
grazie, molto interessante/inquietante.. la cosa bizzarra è che nessuno ne parli. Intendo, il tema ‘Casaleggio’, e benchemeno il tema delle strategie di marleting virale, sarebbe stato a mio parere un buon cavallo di battaglia per ogni politico, certo con il rischio di delegittimate il consenso di Grillo, ma anche un’occasione per gettare una luce opaca su tutto il progetto. Ne hanno parlato, per quello che ho seguito, solo sporadicamente persone isolate, mai, approfonditamente, i politici in campagna elettorale. Ancora oggi sento Renzi che esalta le doti di ‘grande comunicatore’ di grillo senza neanche menzionare Casaleggio. Non solo giornalisticamente ed eticamente, ma anche strategicamente l’assenza di questo tema è strana, a meno che non si voglia garantire una rendita di credibilità, cioè per avere le mani libere per lanciarsi dalla prossima campagna elettorale sulle stesse modalità d’azione…
Aggiungo un altro argomento, che mi sembra tutt’altro che banale: la personalizzazione della politica. Il culto della personalità, la fiducia nell’uomo forte o capace o cmq “diverso” (in senso buono: “LUI non rubava, quando lo hanno appeso per i piedi non è venuta giù una sola monetina”, battuta coniata da un grande comico – purtroppo di destra – come Walter Chiari, e che ho sentito seriemante ripetere da Fini quando ancora si dichiarava fascista o post-fascista), fonte di rassicurazione per la gente comune che si sente incapace o impotente davanti alla grande complessità del mondo. C’è tutta una linea di pensiero, da La Boétie a Spinoza, dal Marx dei Manoscritti economico-filosofici del 1844 a Deleuze, che passa per questa via.
Obiezione: la sinistra non è stata immune dal culto della personalità, anzi: ne ha elaborato alcune delle forme più retoricamente solide, dal Piccolo Padre al Migliore, fino alla santificazione di Berlinguer (“Qualcuno era comunista perché Berlinguer era una brava persona” è stato oggetto di un post sul blog di Grillo). È vero: e questo rende l’essere di sinistra minoritario persino nella “sinistra”.
Sarà una posizione scomoda, ma guardiamo i danni che ha prodotto il leaderismo a tutti i costi anche in quella che doveva essere la “sinistra del PD”, dal caudillismo di Vendola alla faccia di Ingroia: poi arriva uno che a quel gioco sa giocare meglio, e quelli che “per fare politica bisogna saper usare gli stumenti che ci sono” restano basiti.
Fondamentale!
Mi pare che sia la punta dell’iceberg del paradigma individualista dominante dagli anni ’80 in poi (quelli che non sono mai finiti). Forse la politica è solo un inevitabile riflesso, una ricaduta. La politica in fondo riflette la società, no? Mi pare che trent’anni fa non sarebbe stato concepibile un ritorno del culto del duce in modo sfacciato e arrogante come lo vediamo oggi.
Mi pare che nel discorso ci possano entrare anche i video su youtube dei candidati M5S, e il gusto dei curricula e il loro mercato (“ma come, non sei su linkedin?!?!?”).
Mi pare che anche il discorso su “loro” che facevamo sopra sia una forma di culto della personalità alla rovescia (la ricerca di un colpevole o di un messia sono lo stesso funzionamento: una fisionomia da stampare in testa, non importa se individuale o collettiva).
Conta chi si è o cosa si sembra, non cosa si fa. Ciò che viene fatto viene pesato in base a chi lo fa (controcorrente vedasi questo, che è solo un esempio e non un contro-endorsement: http://goo.gl/rMl1Q).
Al punto che mi chiedo se non sia auspicabile una robusta iniezione di spersonalizzazione nei rapporti tra le persone. Se il recupero della dimensione collettiva non passi necessariamente attraverso la “spaventosa” constatazione che il singolo, chiunque sia, non conta niente.
Secondo me però c’è una piccola distinzione da fare. Se togli Vendola a SEL, Berlusconi al PdL o Grillo al M5S hai cancellato anche il partito. Il PCI esiste(va) anche senza Togliatti o Berlinguer, così come, secondo me, la Lega può esistere anche senza Bossi.
Certo, Serenissima. Anche se il meccanismo della personalizzazione ricadeva a cascata sui dirigenti locali. Però il virus della personalizzazione era inoculato. Secondo te è solo un caso che molti di quelli che credevano nel “migliore”, fosse Berlinguer o Craxi, più che nel “comunismo” o “socialismo” negli anni 90 hanno preso atto del fatto che il “migliore” era (così a loro sembrava) dall’altra parte?
Quanto alla Lega, non lo so. Frequentando da poco il Veneto (la parte “bossiana”, quella in rotta con i “maroniani” di Tosi), vedo cose che mi fanno pensare a una deflagrazione, una volta saltato il leader catalizzatore. Ma sono solo prime impressioni, potrei sbagliare.
Da veneta ormai trapiantata altrove ti potrei dire quella che secondo me è una differenza tra la Lega e il M5S. Nel secondo hai una linea politica, diciamo così, calata dall’alto, quello che ne resta, nel momento in cui togli “l’alto” sono le liste civiche viste e riviste da anni alle elezioni amministrative. Un Pizzarotti senza il volto di Grillo avrebbe preso forse i voti di sua madre e suo padre. La Lega ha costruito un radicamento nel territorio tale per cui con Bossi o senza, pur nelle sue contraddizioni e nelle decine di baggianate che propugna, ha buone possibilità di sopravvivenza. Ovvero la Lega ha realmente una base, a volte anche eterogenea (antiberlusconiana o berlusconiana, secessionista o federalista) che il M5S non ha.
Che ci fossero persone che credevano più al leader che all’ideologia mi trova assolutamente d’accordo. Il “qualcuno era comunista perché Berlignuer era una brava persona” che hai citato lo dimostra.
La personalizzazione comunque non credo sia solo un problema italiano, prendi la Merkel, il salto in avanti della CDU con lei è un dato di fatto e molto hanno potuto le sue caratteristiche personali che non sono necessariamente quelle strettamente politiche.
Naturalmente quelle sulla Lega sono impressioni mie che valgono tanto quanto le tue e col tempo capiremo chi ha sbagliato nella valutazione e dove ;)
Non dimentichiamo però che la Lega c’è da 25 anni (e prima c’era la Liga veneta), molti leghisti sono stati dei Pizzarrotti qualunque. Quando hai una struttura (e la Lega se l’è creata), un radicamento non “nel territorio”, come si dice, ma nei luoghi dove si intersecano le linee del potere locale e non (e la Lega ha saputo insidiarsi, in quegli incroci), il volto, anche se non c’è, arriva. Il successo politico significa accedere a fondi, mezzi, luoghi. conoscenze, relazioni: è a questo che punta il M5S.
Vero. Quello che mi chiedo è se il M5S sarà una nuova Lega o un nuovo Fronte dell’Uomo Qualunque (semplificando).
@Serenissima L’idea che mi sono fatto – molto modestamente – è che, almeno a livello territoriale ed amministrativo, la Lega abbia saputo intercettare e tradurre in iniziative politiche e concrete gran parte dei malumori dei propri elettori (in essere e potenziali): probabilmente questo perché molti degli amministratori locali leghisti, (almeno in Piemonte, dove vivo io) arrivavano da esperienze politiche di peso (penso alla quantità di voti presi dalla Lega a Mirafiori, quartiere operaio per eccellenza oppure a San Salvario, uno dei quartieri più popolari, entrambi a Torino) e dunque erano in grado di muoversi nella burocrazia, sapevano chi contattare, dove trovare i fondi etc… (cfr. quello che diceva Girolamo, in sintesi).
Riguardo al M5S: ad oggi l’unico caso di peso del governo dei M5S è quello di Parma. Io non ci vivo, a Parma, ma a sentire da quanto si dice in giro (per esempio http://www.ilmanifesto.it/attualita/notizie/mricN/9113/), sembra che Pizzarotti stia sbattendo violentemente il naso su qualsiasi superficie verticale del circondario (inceneritore, debiti, intrallazzi, etc…).
Ad oggi, un giudizio complessivamente negativo direi.
Resta da capire se riusciranno a sopravvivere – elettoralmente – agli inevitabili “sfrondoni” che combineranno in giro o se avranno l’intelligenza politica di accodarsi alle iniziative che, di volta in volta, saranno proposte. Nel primo caso (ed è un auspicio) saranno finiti nel giro di un lustro o meno, dato che un voto esclusivamente di protesta non lo puoi chiedere a lungo; nel secondo caso gli eletti saranno destinati ad essere assorbiti o cooptati negli altri partiti, rimanendo così depotenziati della carica populistica generata dal loro “portavoce”. Per riassumere, penso che non avranno vita lunga. comunque non lunga quanto quella della Lega.
P.S. tocco ferro, comunque e spero proprio di avere ragione
Personalismo:
http://www.blitzquotidiano.it/blitztv/beppe-grillo-sostenitori-chiudete-questi-cazzo-ombrelli-1484204/?utm_source=twitterfeed&utm_medium=twitter
@TommasoC Queste sono le due opzioni che vedo anch’io. Aggiungo, da veneta, che nonostante abbia in orrore il leghismo, la rielezione praticamente plebiscitaria di Tosi a Verona ha un suo significato, che è appunto “la Lega vive anche senza Bossi” e può essere votata anche da chi leghista non è. Vero che l’amministrazione comunale non è esattamente quella nazionale, ma si tratta di una rielezione, non di un semplice voto di protesta.
Sul M5S spero anch’io che tu abbia ragione.
Io credo il problema del personalismo o, peggio, del leaderismo sia la mancanza di analisi del programma e dei fatti. Il fatto di riconoscersi in una persona e non nella linea politica permette, per l’appunto, questi cambi di rotta patetici e le più grandi nefandezze.
Il tutto è un problema culturale, è la mancanza di una base critica che è solo la cultura che può darti.
Ho letto una valanga di commenti e mi sento un po’ confuso. Mi sembra di capire che, al netto delle critiche ai 5 Stelle, l’opzione per molti sia l’astensione. Io non mi asterrò. Credo che la (giustissima) preoccupazione per la crescita del 5 stelle vi stia portando a sottovalutare ciò che si sta davvero muovendo a destra, nella Lega soprattutto, dove Flavio Tosi ha iniziato a smarcarsi varando una sua “cosa” pronta a raccogliere i cocci del centrodestra all’indomani delle elezioni e della inevitabile resa dei conti leghista. Tosi è abile e spregiudicato, è il volto “nuovo” con cui presto ci troveremo a fare i conti in un Paese che, come dimostra anche il caso Giannino, è pronto a consegnarsi a chiunque, è pronto a qualunque avventura. E la piccola borghesia incattivita dalla crisi voterà pure Grillo a questo giro, ma al prossimo (cioè tra pochi mesi) salterà sul carro del destrissimo Tosi.
Gattomaltese, l’astensionismo è inutile, non sortisce alcun effetto perchè il sistema lo ignora di default, tant’è che il paese più astensionista dell’occidente “avanzato” sono gli USA, e guarda che bellezza! Se uno si astiene non lo fa perché spera di ottenere qualcosa, e se spera di ottenere qualcosa è un ingenuo. Fin qui siamo d’accordo.
Solo che a ridurci come siamo ridotti oggi non è stato l’astensionismo. E’ stata la retorica del “voto utile” e del “male minore”, che ci ha fatto accumulare una tale quantità di male (tanto ogni volta era definito “minore”) che oggi ne siamo sommersi.
Vorrei ricordare che lo smantellamento dei diritti dei lavoratori, le privatizzazioni, la “sussidiarietà”, la partecipazione a guerre imperialistiche, il fiscal compact e il pareggio di bilancio nella costituzione portano molte più firme di “centrosinistra” che di “centrodestra”.
Berlusconi faceva e fa un sacco di rumore, ma le *vere* controriforme, quelle davvero devastanti e incisive (a partire dal pacchetto Treu), le hanno fatte gli altri, o comunque le hanno sostenute. Berlusconi da solo non era riuscito ad abolire l’articolo 18, lo ha fatto un governo “tecnico” con il convinto appoggio del PD.
Ebbene, costoro non l’hanno mai ma proprio mai pagata, ogni tanto hanno potuto ripresentarsi e sono stati votati perché dall’altra parte c’era lo spauracchio di Berlusconi.
Qui a Bologna abbiamo assistito da poco allo show strappalacrime del sindaco piddino che va a visitare il CIE di via Mattei poi esce affettando indignazione, dice che è una vergogna, che posti così sono lager e vanno chiusi etc., e nessuno gli ha ricordato che la legge che istituiva quei posti è nota come legge “Turco-Napolitano” (che non è il titolo di una commedia di Eduardo Scarpetta, ma un dittico di tristamente noti cognomi riconducibili al phylum PCI-DS-PD, uno dei quali è oggi inquilino del Quirinale).
Quindi, mi dispiace, ma io credo che la destra non si possa fermare votando alcun “male minore”. Rivotando questi si prosegue lo sfascio, e fatalmente si riaprirà la via a una qualche destra, più orripilante che mai. Perché dopo un governo PD-Monti-quant’altro, la prossima volta facile che non arrivi Tosi, ma arrivi direttamente un clone di Hitler, come ne “I ragazzi venuti dal Brasile”.
La destra si ferma, o almeno si contrasta, ripartendo dall’ABC su cos’abbiano in comune la destra e questa finta “sinistra”. Non il “male minore”, dunque, ma la chiarezza su cosa sia il male. La stessa chiarezza porterebbe a riconoscere che certe pseudo-rivoluzioni da “piazza pulita” predicate a gran voce da autoproclamati messia non sono parte della soluzione, ma ancora una volta parte del problema.
Ad ogni modo, di voto e astensionismo abbiamo parlato più specificamente nella discussione qui:
http://www.wumingfoundation.com/giap/?p=10629
Salve! oggi ho trovato in rete questo https://www.youtube.com/watch?feature=player_embedded&v=6Mn5vkvAqeg ritorno di Edoardo Bennato alle tematiche espresse nel ’77; fa impressione dopo 36 anni… La ridda di commenti scatenatasi rivela una confusa percezione di pericolo o il sacro, puro e accecato furore da sindrome di accerchiamento (nulla di nuovo per Giap). Mi sembrava degna d’attenzione.
Il pensiero di destra parte dal presupposto che si debba vivere secondo la legge che vuole sia il predatore ad assoggettare la sua preda. Quello di sinistra, invece, procede dalla convinzione che alle prede convenga organizzarsi per poter sottomettere il loro predatore. La strategia del centro mette in riga predatore e prede minacciando tutti con una doppietta a canne mozze che chiama, democraticamente, religione.
La Lega Nord, differenziandosi dalle posizioni storiche che considera ormai sorpassate, celebra l’autonomia e l’indipendenza, avendo in vista un mondo dove ognuno è circondato da uno steccato invalicabile e privo di un buco per pisciar fuori.
Il Movimento cinque stelle prima circonda e poi caccia via tutti con, alla fine della pulizia storica, un festeggiamento colossale dove ognuno racconta barzellette già sentite…
Infine c’è il pensiero calmo di un santo, il quale considera essere la politica l’ultima applicazione, tra quelle utili e utilizzabili dall’intelligenza, per raggiungere la santità.
Questo Vajmax, visti i suoi precedenti in giro per la rete, lo abbiamo bannato. Qui non commenterà più.
Quando uno non riesce a trattenersi dallo sparare raffiche di commentini apodittici, di solito sono alte le probabilità che si stia preparando a cagare seriamente il cazzo, e infatti…
[…] Sulle definizioni di destra e sinistra nella concezione propagandistica, con un orizzonte molto limitato, sul blog Wu Ming Foundation Giap potete leggere un interessante intreccio di prospettive e commenti: Consigli per riconoscere la destra sotto qualunque maschera. […]
Il movimento cinque stelle si avvale di un artista di nome Giorgio Gaber per squalificare le posizioni antagoniste della politica, chiamate destra e sinistra, ma chi era in realtà Giorgio Gaber?
Giorgio Gaber è celebrato per essere stato un genio della musica che ha saputo rompere gli schemi mettendo a nudo le contraddizioni del pensiero e della “cultura” del suo tempo. In realtà è stato un autore privo di intelligenza il quale si è avvalso della furbizia contando sulla ingenuità degli italiani che si bevono tutto di ciò che non è alla loro portata di comprensione, credendosi furbi e nello stesso tempo, cosa impossibile, intelligenti a propria volta. Come esempio, per supportare le mie affermazioni, voglio porre davanti alla vostra attenzione una strofa della canzone di Gaber dal titolo ” Non insegnate ai bambini”:
Non insegnate ai bambini
non divulgate illusioni sociali
non gli riempite il futuro
di vecchi ideali
l’unica cosa sicura è tenerli lontano
dalla nostra cultura.
Chiunque si accorgerà che non c’è una cultura unica che può essere insegnata ai bambini, e che i nuovi ideali non sono necessariamente migliori di quelli vecchi, perché ciò che qualifica un ideale non è la sua età, ma la sua direzione che è il senso espresso da quell’ideale. Se così non fosse l’ideale di Platone dovrebbe, a forza, essere peggiore dell’ideale nazista che è venuto più tardi. Se analizzate i testi di Gaber vi accorgerete che dice un sacco di cose prive di senso e, addirittura, negano l’intelligenza che cerca il miglioramento della situazione in cui si trova a essere l’umanità.
Nella canzone dal titolo “Destra sinistra” Gaber si è dimenticato, guarda un po’, di dire che di sinistra sono i partigiani che ci hanno liberato da una terrificante e sanguinaria dittatura, mentre di destra sono i fascisti razzisti che hanno prelevato le famiglie ebree dalle loro case, per portarle nei campi di sterminio, in un’Italia che ha promulgato le leggi razziali ancor prima della Germania. No, lui, Giorgio Gaber, si limita a dire che la mortadella è di sinistra mentre il culatello è di destra… e in ogni strofa del testo celebra soltanto aspetti meramente estetici, come se destra e sinistra fossero una questione di lucido da scarpe che lotta contro la polvere. Davvero un genio come sua moglie, la berlusconiana Ombretta Colli… Gaber si è speso per cancellare la memoria dei misfatti orditi da una destra mostruosamente criminale, ecco la sua cultura e la sua celebrata intelligenza e sensibilità cosa sono in realtà: ironia e sarcasmo fatti sul sangue dei martiri.
Vajmax, Gaber ha avuto una produzione di testi e musiche più che trentennale, almeno 12 album (in buona parte doppi), e diverse fasi. Quello che fai tu è un taglio arbitrario che retroagisce sull’intera sua carriera, così come quello di Grillo. Chiedersi cosa avrebbe detto o fatto Gaber è una falsa domanda, bisognerebbe chiedersi prima “quale Gaber”, e scegliere un Gaber isolato dagli altri è di nuovo un taglio arbitrario. Come è stato un tagli oarbitrario, ma intelligente, e che meritava di essere fatto e visto, lo spettacolo che ne ha tratto qualche tempo fa Neri Marcoré. Il Gaber di destra/sinistra deriva in parte da “Quando è moda è moda”, ma io quella canzone l’ho ascoltata quando uscì (e c’erano le elezioni anche allora, quelle del 1979), e ti assicuro che l’effetto era ben diverso da quello che fa ascoltandola oggi. Ma poi, chi se ne frega di cosa avrebbe detto Gaber?
Pensa te che nelle aule dei tribunali si discute attorno a un fatto della vita di una persona e, a volte, per quel semplice fatto sono tratti giudizi complessivi che portano quella persona in galera a vita. L’esistenza di un individuo non può essere spezzata e analizzata a monconi, questo è vero, ma è vero quando quei monconi appartengono a un passato che quell’individuo ha superato, non quando sono gli ultimi suoi atti. Chi se ne frega di Gaber? Il post “secondo server a destra”, che trovi sopra uno dei miei, a Gaber si riferisce ed è del M5S, con la precisa intenzione di giustificare la rottamazione di concezioni, come sono quelle di destra e di sinistra, considerate ormai da superare.
La canzone qualunquista “Destra-sinistra” serviva a dare copertura ideologica alla moglie di Gaber, Ombretta Colli, passata armi e bagagli a Forza Italia poi PdL, tanto da diventare uno degli esponenti di punta – e tra i più beceri – del berlusconismo milanese. Gaber non ha mai preso le distanze dalle scelte della moglie, solo che, avendo ancora una “fan base” prevalentemente di sinistra, non poteva nemmeno fare coming out come il berlusconiano che pure lui era diventato, e così, dopo un po’ di tentennamenti, ha fatto la scelta “nicodemitica” di buttarla in vacca. Se la differenza tra destra e sinistra è diventata una burletta, allora si può anche andare con Silvio. Dico “burletta” non a caso: in un passaggio di una delle rarissime interviste in cui accennava alle scelte politiche della sua acre metà, Gaber dichiarò più o meno questo: “Quando Ombretta mi disse che aveva intenzione di candidarsi per Forza Italia,io le ho detto: ‘Secondo me ti divertirai tantissimo’.”
Ci siamo senz’altro divertiti di meno noialtri.
Chissà perché, di questo berlusconismo “dico e non dico”, del berlusconismo un po’ vigliacchetto dell’ultimo Gaber (e su questo sono d’accordo, ci sono stati più Gaber), di quel tardo Gaber un-po’-più-che-implicitamente filo-Forza Italia non parla mai nessuno, e schiere di gonzi citano quella canzonaccia come fosse il Vangelo, senza avere la minima idea di cosa stiano davvero citando.
non a caso uno dei più noti esegeti televisivi di gaber lo è anche di grillo, e viceversa ;-)
Fatti curare, nessuno mi ha mai dato ragione senza dover poi ricorrere a uno psichiatra che detesta la psichiatria… :D
“Senza avere la minima idea di cosa stiano davvero citando”, per l’appunto. Il Gaber che qualunquisticamente diceva : “Voto mia moglie perché è una brava persona” (su questo siamo in molti ad avere dubbi, ma tant’è…), si era ritirato in campagna e viveva in un mondo che si riduceva alla cerchia delle sue villeggiature – all’interno della quale la “sinistra” era rappresentata dai suoi amici della gauche milanese alle uova di lompo -, con aperture sulla “realtà esterna” fornite dalla televisione (lo stesso humus nel quale è maturata la peggiore Falalci: agorafobia e televisione); quel Gaber era un’altra cosa dal Gaber di “Libertà obbligatoria” o al limite “Polli d’allevamento”, che le polemiche le faceva non “contro”, ma “dentro” la sinistra, sapendo che a dialettizzarsi con lui sarebbero stati quegli stessi uomini e donne di cui parlava, in carne e ossa, non il generalista pubblico evanescente degli spettacoli ripresi da Canale 5.
Ho letto il post subito dopo aver riletto gli appunti diseguali sull’ebook. Durante entrambe le letture, sentivo un vago disagio, che poi ho compreso leggendo i commenti.
Un aspetto su cui vorrei vi soffermaste maggiormente è il rischio di derive totalitarie nell’immaginare la “soluzione”, l’utopia, quando appunto la parte pretende di essere tutto e il partito si fa stato.
WM1 dice: “Giuliano Santoro ha fatto notare che, nella retorica a cinque stelle, il movimento è esplicitamente posto come rappresentante dell’intera società”. (Il libro lo devo ancora prendere, tra l’altro).
Ma questa tendenza non è affatto limitata ai fascismi: l’abbiamo visto succedere in troppe occasioni, persino quando non era che pura velleità.
In qualche modo ho provato un disagio analogo quando sempre WM1 sollecitava commenti non teoretici al post su Jesi. Allora non sono riuscito a scrivere della mia paura che, una volta che si apra quella cassetta degli attrezzi e si cominci a smontare cose, non rimanga poi in piedi nulla.
Questo timore mi fa anche comprendere la reazione stizzita e paradossale di chi, vedendosi smontare i propri credo, a volte molto naif (tipo “Un giorno, quando finalmente ci sarà il comunismo, non ci saranno più pene d’amore”, per intenderci), risponde che a qualcosa deve pur credere, pur sapendolo falso, che sia Grillo, Fidel, il Duce o il sol dell’avvenire…
È interessante la constatazione che ci siano individui che credano nel credere, e sarebbe bello, se tra il credere e il conoscere esistessero dei punti di contatto. Cosa intendo per “conoscere”? Intendo la consapevolezza dei princìpi universalmente validi, dunque non morali, dai quali procedere nelle analisi che hanno, come obbiettivo, una sintesi che sia in armonia con questi stessi princìpi. Cosa significa, per me, armonia? Significa assenza di contraddizioni ai princìpi certi dai quali la logica è partita.
Mi trovo spesso a pensare (con raccapriccio) che la predisposizione del nostro cervello a credere, il nostro bisogno di farlo, la fatica che facciamo per evitarlo, saranno la causa dell’estinzione della specie, o la tara della quale liberarsi per dar luogo a un salto evolutivo.
Forse anche la logica è una fede. Io non so di greco, ma la radice della parola è il discorso, non la realtà o la verità. La logica serve a spiegare, non mi pare che serva sempre anche a capire (quante cose capiamo prima o senza che ci vengano spiegate o che siamo in grado di spiegarle?).
I “princìpi universalmente validi” sono quelli matematici, in quel contesto la logica funziona, ma fuori da lì, per quel po’ che ho studiato di filosofia, si limita a essere uno strumento di indagine, non una porta di accesso alla verità.
La logica, in quanto strumento scientifico, viene spesso contrapposta alla fede, ma uno che ne capisce di sociologia tempo fa mi ha stupito e fatto pensare, accennandomi al fatto che la scienza e la fede nelle società hanno la stessa funzione. Non saprei dire le fonti, ma se fosse così sarebbe una spiegazione perfetta per il fascino della formula cinquestelle.
Provo a darti una risposta personale, cioè su quello che è il mio pensiero. Sintetizzando ti posso dire che sono comunista e che non vedo il comunismo come utopia. Allo stesso modo non penso che esistano delle verità, soprattutto nel sociale e nella politica e non penso che il comunismo sia verità, è per me un modo di vedere il mondo, un modo di vedere l’attuarsi di una società “giusta”, che è giusta per me (e certo per qualcun altro), ma, ancora, non in senso assoluto. Io penso che il comunismo, anche per i caratteri propri dell’ideologia, non possa attuarsi se tutta la classe sociale che ne dovrebbe essere protagonista non ha una visione simile alla mia. Ovvero, il comunismo non rappresenta il popolo se il popolo non si sente rappresentato dal comunismo. Per questo posso aggiungere al mio essere comunista il mio essere irriducibilmente democratica. E la democrazia per quanto migliorabile, finché c’è, va mantenuta. Se non esiste più per il volere di pochi o per il volere di una maggioranza significa che abbiamo in mano delle verità inconfutabili o che, molto più probabilmente, queste verità se le è inventate qualcuno e il resto (o buona parte del resto) lo segue ciecamente. Come una fede appunto.
La menzogna è una verità, nel senso che è una vera menzogna. È vero ciò che è ma, naturalmente, lo è di una verità relativa e sempre opinabile, a meno che non si intenda discutere della consistenza di un masso che ci ha schiacciato un piede. Affermare che la verità non esista equivale ad ammettere che neppure la falsità esiste, e questa sarebbe un’evidente assurdità. Così come l’equilibrio totale è dato dalla somma dei disequilibri parziali di cui è composto, le piccole perché relative verità parziali devono il loro essere al fatto di costituire il riflesso capovolto della Verità totale e assoluta. Verità che è anche Libertà assoluta, quella alla quale dobbiamo la nostra striminzita libertà di non credere, di credere, o di sforzarci a conoscere.
In un contesto di scelte politiche se cominci a dire che esistono delle verità (= delle cose buone e delle cose cattive) finisci col dire che destra e sinistra non hanno senso. Poi magari finisci anche col fascismo che sapeva la verità su tutto e la applicava perché voleva bene al popolo.
La tua risposta indica che non hai letto i miei post che sono sì precedenti, ma sulla stessa pagina. Le cose buone e le cose cattive ci sono e sarà semmai il negarne la sussistenza che condurrà a dire che sinistra e destra non significano più niente; che poi è la conclusione alla quale arrivano quelli che fingono di non essere di destra per non doversi giustificare. Non c’è un “contesto di scelte politiche” che abbia il diritto di non sottomettersi alle note regole date dal diritto di conoscere la verità.
Secondo me non hai letto tu la discussione precedente. Possiamo stare qui ore a fare filosofia sui concetti di verità, giusto, sbagliato e così via. Io però penso che sia molto indicativo questo:
“Il tempo delle ideologie è finito. Il MoVimento 5 Stelle non è fascista, non è di destra, né di sinistra. E’ sopra e oltre ogni tentativo di ghettizzare, di contrapporre, di mistificare ogni sua parola catalogandola a proprio uso e consumo. Il M5S non ha pregiudiziali nei confronti delle persone. Se sono incensurate, non iscritte a un altro partito o movimento politico, se si riconoscono nel programma, per loro le porte sono e saranno sempre aperte. Non ci sono italiani di serie A o di serie B. Nel merito delle votazioni nei Comuni e nelle Regioni, il M5S ha votato finora le proposte considerate attinenti al suo programma, chiunque le avesse fatte. E questo è ciò che farà in Parlamento. Il M5S si è alleato e si alleerà con i movimenti di cui condivide gli obiettivi, come è avvenuto per i No Tav, i No Gronda, l’acqua pubblica, i rifiuti zero, i No Dal Molin, il nucleare e tanti altri. Le porte per i partiti, anche per quelli riverginati, sono invece chiuse, serrate per sempre. Alle foglie di fico chiedo di non fare correnti d’aria. Il M5S vuole realizzare la democrazia diretta, la disintermediazione tra Stato e cittadini, l’eliminazione dei partiti, i referendum propositivi senza quorum: il cittadino al potere.”
Vuoi sapere cosa è giusto? Basta fare un sondaggio su internet o un referendum propositivo (magari sempre su internet), la maggioranza (o Grillo a seconda dei casi) dà sempre la risposta giusta!
Io so cosa è giusto e cosa è sbagliato per me, ma non lo so in modo assoluto, altrimenti mi metterei a fare da sola il bene di tutti e lo rivelerei al popolo da un balcone (o in una piazza, che è quasi lo stesso).
I princìpi universalmente validi non sono quelli matematici i quali, se si esclude il valore analogico e simbolico, sono di un ordine quantitativo. Il principio universale del movimento, per portare un esempio, è una legge non sottomessa al cambiamento perché se lo fosse la vita cesserebbe di essere. Qualità e quantità sono, alloro volta, da considerarsi princìpi applicabili universalmente, allo stesso modo della legge che vuole ogni realtà relativa essere attiva nel suo essere scomposta in poli opposti che attraverso una ritrovata complementarità si uniscono di nuovo nel principio del quale quelle polarità sono state la rappresentazione relativa perché manifestata. Questa che sto esponendo brevemente è metafisica e non filosofia. Per quanto si riferisce alla logica si deve dire che essa è conseguenza della Verità totale che si esprime nelle verità parziali e relative e, dunque, essendo dalla Verità totale compresa non potrà interamente comprenderla a propria volta. Nonostante questa logica limitazione la logica è solo l’insieme dei procedimenti attraverso i quali il pensiero raziocinante scova le contraddizioni ai presupposti dai quali è partita nel suo analizzare in cerca di una sintesi. È evidente che quando quei presupposti, o assunti di partenza, sono errati perché assurdi la logica darà risposte altrettanto assurde. Quando, invece, la stessa capacità logica procede da princìpi universalmente validi potrà sperare, se non si perderà per strada, di trovare la sua anelata sintesi. La fede, a propria volta ha, come ogni altra realtà esistente, i suoi gradi e sfumature ma, sempre, è lontana dal conoscere a meno che… si una fede che è conseguenza della consapevolezza, universale e immediata, totale e non relativa, dovuta alla capacità di comunicare direttamente col Centro di Sé. Eventualità più rara di un pianista monco.
Questo genere di commenti, che potrebbero stare indifferentemente in qualunque thread tanto sono astratti e sganciati dal resto della discussione, non piacciono a noi e, soprattutto, non piacciono a Saint-Just. Cerchiamo di stare “sul pezzo”, grazie. Primo, educato avviso.
Quel post era la risposta alle argomentazioni sollevate da un altro utente e, dunque, niente affatto fuori luogo. Io non faccio proselitismi, ma uso la logica, e il tuo trattarmi come volessi approfittare indebitamente di questo blog mi suggerisce solamente che non sia più il caso di frequentarlo. Tanti saluti e auguri di buon lavoro. È comunque un peccato, ma per voi, che di intelligenze ne vedete poche.
I tenutari di altri blog hanno fatto notare a Saint-Just, con tanto di link, che sei un troll. Uno della peggiore specie, peraltro, di quelli che dicono ogni volta: “Me ne vado”, poi non se ne vanno.
Bene, da qui te ne vai.
Adesso.
Andato.
tema attualissimo visto che il berluscocentrismo degli ultimi anni ha strutturato la politica italiana in modo totalmente innaturale, il pd e’ diventato il partito supermercato auchan dove puoi trovare qualsiasi tipo di idea ma manca di qualsiasi tipo di identita’, va’ dalla vera destra di letta e fioroni ad un abbozzo di sinistra con fassina e compagnia bella con spruzzate di fondamentalismo cattolico omofobico antiabortista, poi ci sono i populisti di vario genere, la destra borghese di monti e casini e ingroia con il partito delle guardie con sprazzi di sinistra vera (l’ottimo vladimiro giacche’). tutto questo porta alla fioritura di micro fascismi che passano totalmente inosservati e altamente sottovalutati da tutti.
la retorica della produttivita’ e’ il micro fascismo piu’ evidente, sotto questo manifesto vengono perpetuati degli scempi orribili, citta’ devastate, salari da miseria, strappi costituzionali e stragi di diritti acquisiti in secoli di lotte.la produttivita’ e’ il vero fascismo perche’ racchiude tutto, dallo sfruttamento degli immigrati, all’ odio per gli immigrati produttivi, al corporativismo 2.0 che vede il legislatore assogettato alle grande aziende, il debito pubblico assogettato alle aziende, un numero interessante: lo spread del debito delle aziende in molti casi e’ piu’ basso di quello statale questo vuol dire che i profitti delle grandi corporazioni sono finanziati dai debiti statali. In tutto questo la fiscalita’ e totalmente opzionabile per le grandi platform company globali che allocano i profitti nei paradisi fiscali. Il rentier e’ fascista perche pretende una rendita dal capitale che investe che e’ pagata interamente dal lavoro subordinato tramite tassazione altissima e aumenti di produttivita’. la gerarchizzazione dei saperi e’ un micro fascismo, perche’ nella subordinazione totale del lavoro al capitale, i saperi umanistici e tecnici sono subordinati ai saperi economici che molto spesso non sono remunerati dal lavoro ma dal capitale stesso. Abbiamo chi produce cultura che spesso non riesce a finanziarsi mentre nella devastazione del monte dei paschi e delle banche in genere salari e bonus non sono quasi diminuiti, perche’ non esiste produttivita’ in una banca, perche’ le banche non hanno dei veri bilanci ma sono solo strumenti di potere, anzi sono una sovrastruttura del potere. in questo scenario ci troviamo in un frame politico che si auto definisce antifascista e probabilmente lo e’ nella sua impostazione ma i flussi dominanti sono intrisi di micro fascismi dilaganti e nel caos della politica italiana troppo attenta a combattere il cavaliere ora ci troviamo su di un cavallo storto semi cit. da giap.
Penso che, dopo le elezioni, sarà molto interessante andare a vedere la composizione sociale degli elettori che avranno votato per Grillo.
Il fascismo fu inizialmente un movimento piccolo-borghese con velleità rivoluzionarie. I fascisti s’illudevano di pescare consenso anche nelle file della classe operaia, e il “programma di San Sepolcro”, così ostentatamente “gauchiste”, è un documento eloquente di tale pretesa. Ma gli operai non abboccarono; per loro, fin dal 1915, Mussolini era un venduto e basta. Il “successo” politico del fascismo data dal momento in cui la grande borghesia e lo Stato videro in Mussolini il cavallo su cui puntare per stroncare definitivamente il movimento operaio – che aveva subito una sconfitta strategica nel settembre 1920, con la fine dell’occupazione delle fabbriche, ma che appariva ancora “troppo” forte e pericoloso. Il fascismo lo abbatté con la violenza pura e semplice. In tutto questo, la piccola borghesia ebbe un ruolo di “massa di manovra”: fornì attivisti, quadri e una base di consenso al movimento fascista, ma non divenne mai classe dirigente, perché le leve del potere rimasero realmente sempre in mano al grande capitale. Naturalmente, quando il fascismo ebbe realizzata la sua dittatura, il problema del “consenso” non si pose più per definizione.
Oggi, il M5S, finanziato dal grande capitale, ha il proprio “target” nel ceto medio incattivito e impaurito dalla crisi, ma ha anche l’ambizione di ottenere consenso in quello che, in teoria, dovrebbe essere il bacino elettorale della sinistra: diciamo fra i salariati, tanto per capirci (ma la definizione andrebbe ampliata in modo da ricomprendere i precari, i disoccupati, i finti autonomi o para-subordinati, ecc.). Fino a che punto ci riuscirà?
Una differenza rispetto al periodo 1919-1925 è che allora c’era una distinzione netta fra operai e piccola borghesia. I primi avevano una coscienza di classe, facevano riferimento a ben precise e loro proprie organizzazioni politiche e sindacali (non importa quanto efficienti), e non si facevano abbindolare facilmente dalla demagogia mussoliniana.
Oggi la linea di separazione fra salariati e ceto medio è, o sembra, più fluida e sfumata, e questo è un consistente punto di vantaggio per Grillo; un altro è che le classi subalterne non sono mai state così disgregate e disorganizzate. La situazione è anche paradossale, perché, da una parte, la proletarizzazione del ceto medio è giunta a uno stadio molto più avanzato che negli anni ’20; d’altra parte, com’è detto nel post, molti salariati hanno introiettato l’ideologia della piccola borghesia e si credono “ceto medio” senza esserlo. Questa contraddizione fra realtà e ideologia potrebbe, prima o poi, esplodere, a meno che non venga ancora una volta compressa da una qualche forma di dittatura fascista.
Un’altra differenza tra gli anni ’20 e oggi è che il “ceto medio” di oggi, ancora meno di quello di allora può essere considerato come interamente reazionario. Forse nemmeno la piccola borghesia del 1919 lo era. Vari storici hanno ritenuto che una politica tatticamente più intelligente da parte dei dirigenti operai dell’epoca avrebbe potuto impedire che quel “ceto medio” si buttasse poi senz’altro fra le braccia della reazione. Buona parte della riflessione del Gramsci maturo è dedicata a un’indagine delle articolazioni interne del “ceto medio”, per vedere se fosse possibile far leva su una parte di esso, soprattutto su una parte degli intellettuali, per disgregare il blocco reazionario fra grande e piccola borghesia.
Se non altro, oggi la circolazione delle idee, il livello medio d’istruzione, sono molto più elevati che negli anni ’20. Una lotta sul terreno dell’egemonia culturale, del tipo di quella che il collettivo Wu Ming sta conducendo magistralmente da anni (sia detto senza trionfalismi fuori luogo e senza nessuna piaggeria), non solo è ancora fattibile, ma è in atto, e il suo esito non è scontato.
Scusa puoi dirmi qual è il grande capitale che finanzia il M5S? A mia conoscenza si finanziano solo con donazioni online. E mi risulta invece che le altre tre coalizioni politiche in partita siano tutte legate a banche e assicurazioni. O no?
Mi permetto di risponderti io, visto che è un tema che mi fa parecchio incazzare, e mi scuso fin d’ora se perderò la tua replica nel mare di commenti.
http://www.metropolisweb.it/documenti/chi-cc3a8-dietro-grillo.pdf
Analisi già citata sopra.
Al di là dell’esattezza dei dati, e quindi di *come* Grillo e Casaleggio portino avanti le loro attività, il punto che a me fa incazzare è che la retorica grillina proponga il movimento come “autofinanziato” quando in realtà è finanziato interamente con le attività economiche di Grillo e Casaleggio.
Per me che ho fatto e faccio tutt’ora attività associazionistica è una bestemmia.
“Beppe viene gratis” è una balla, punto. Beppe viene pagandosi il viaggio, l’alloggio, per se stesso e i collaboratori. Probabilmente paga le strutture di palco, le luci, segue l’iter per i permessi.
Un’associazione queste cose se le paga da sola, magari ricorrendo a quei finanziamenti pubblici che il M5S avrebbe molto piacere di eliminare.
Ricordo benissimo un amico che fece una iniziativa con Pino Maniaci. All’idea di replicarla, la risposta fu “La vedo dura: costa almeno 500 euro, perché vien su con la figlia, che è sua collaboratrice, e tra viaggio e due giorni di albergo la cifra è quella, senza dargli una lira di compenso”. Ecco, il M5S pialla via questi problemi perché *gode di un finanziatore capace e robusto*, e costruisce parte della sua forza nel denigrare lo “scarso attivismo” la “scarsa efficacia”, secondo loro, di realtà che con l’autofinanziamento invece devono fare i conti sul serio, e magari vedono saltare le iniziative perché semplicemente “gratis” non esiste.
Aspetto che non ho mai digerito, parte della peggiore tendenza totalizzante dei grillini e della loro peggiore ignoranza.
Ti segnalo anche un articolo di Pietro Orsatti uscito nel 2010, che ricostruisce la complessa rete di partecipazioni azionarie, partnership aziendali, relazioni al vertice fra management, al cui centro si trova la “Casaleggio Associati S.p.A.”, la società che (scrive Orsatti) cura “direttamente il blog di Grillo, la rete dei Meetup, la comunicazione esterna, la strategia del movimento sulla Rete. E non solo, è anche la casa editrice che cura tutte le pubblicazioni, in Rete e non, del comico genovese e anche parte dell’organizzazione dei suoi tour”.
L’articolo si trova qui:
http://temi.repubblica.it/micromega-online/grillo-e-il-suo-spin-doctor-la-casaleggio-associati/
E’ un articolo complicato e non facile da riassumere. Per darne un’idea, ne copio e incollo qui di seguito un paragrafo:
“Nel 2004, a pochi mesi dalla sua nascita, la Casaleggio Associati annunciò pubblicamente attraverso le agenzie di stampa la nascita della partnership con Enamics, società statunitense leader in Business Technology Management (Btm). La Enamics ha una rete di relazioni aziendali impressionante sia dirette che indirette grazie anche a una rete di partnership consolidata e da più di 6 anni con due altre aziende del settore, la Future Considerations e la Ibm Tivoli. Spiccano, come si legge nel board sia di Enamics che dei sui partner, nomi come Pepsico, Northrop Grumman, US Department of Tresury (Dipartimento del Tesoro Usa), Bnp Paribas, American Financial Group e JP Morgan, banca d’affari del gruppo Rockefeller. E poi ancora: Coca Cola, Bp, Barclaycard, Addax Petroleum, Shell, Tesco, Kpmg Llp, Carbon Trust, Unido (United Nations Industrial Development Organisation), London Pension Fund Authority (Lfpa)”.
[…] dal blog dei Wu Ming. Un articolo molto intrigante, in cui si cerca di trovare delle caratteristiche comuni del pensiero […]
Provo ad andare oltre l’analisi e il costante meccanismo dicotomico, peraltro efficace, ma che porta inevitabilmente a creare conflitti fuorvianti. Destra e sinistra sono categorie ai quali sono associabili modi d’essere. Tuttavia ritenere che un oggetto politico sia imprescindibilmente di destra o di sinistra diventa metafisica del potere. M5S è un geniale prodotto di marketing che risponde ad un vuoto pneumatico di soluzioni politiche al berlusconismo di destra e di sinistra. Sicuramente l’uso della comunicazione internettiana e il ruolo del portavoce-guitto Grillo lo accomunano molto a forme di proselitismo da setta (associabile alla destra), ma i paragoni con Coluche o il partito dei pirati sono deboli perchè in entrambi i casi manca un fattore scatenante paragonabile al Berlusconismo. Più interessante è l’analogia con Pym Fortuyn per la sua capacità di coniugare tematiche reazionarie-proto naziste con proposte anti-globalizzazione o ecologiste od addirittura newleft. Certamente M5S è l’effetto di un completo svuotamento di un pensiero politico non omologato alla melassa post-89. E il suo pensiero politico non è omologabile con categorie destra sinistra, perchè segue altri frame, cittadino-consumatore, democrazia-partecipazione, casta-popolo etc. Formulare oggi in destra sinistra le valutazioni alla vigilia del voto è artificiale e funzionale al sistema di potere esistente (del quale M5S è oramai attore protagonista). Invece per lottare contro le diseguaglianze sociali creando un benessere collettivo, a mio parere si deve partire dal fallimento del movimento No-global e di ogni alternativa seria al trionfo del danaro come super-merce e misura unica di ogni azione e relazione sociale. Il primo fondamentale passo pratico è delegittimare il valore supremo onnipotente riconosciuto alla ricchezza finanziaria a scapito di quella scaturita dall’ impiego-sfruttamento del lavoro mediante il capitale. Si tratta “semplicemente” di costruire un sistema economico senza moneta. Questo è possibile per due ragioni: economica e tecnologica. La prima è riconoscere che il capitalismo liberal-democratico è defunto con il comunismo sovietico ed è sorto un ircocervo, basato sui BRIC ciascuno con le propria area regionale d’influenza, che rovescia e rende paradossali tutte le precedenti categorie. L’impiego esteso delle tecnologie informatiche e computazionali permettono di risolvere problemi di allocazione ottimale di beni e servizi funzionali alla produzione e al consumo. Se si continua a blaterare di capitalismo tardo o post ci si ritrova a votare PD M5S RS senza mai incidere sui meccanismi reali del potere. Grazie per l’attenzione
Non siamo più una nazione, neppure una nazione di poveri ma belli. E il discorso nazionalista di Grillo catalizza tracciando un confine, attraverso l’iperbole: ladro/onesto, casta/cittadini, l’Europa/noi. È fascista perché crea polarità che non permettono di ragionare.
Il ragionamento è il nemico numero uno di questi rappresentanti della destra populista/xenofoba/ultraliberista, che basa le sue tesi su dogmi facilmente smontabili.
Fino a un paio di anni fa simpatizzavo per Benetazzo (che ha avuto anche una rubrica sul blog di Grillo), non dando peso al fatto che il titolo del suo libro più famoso puzzasse terribilmente di fascio. Quando egli iniziò a scagliarsi contro gli extracomunitari perchè inviano nei loro Paesi di origine rimesse per miliardi di euro e perchè grazie a loro è aumentata la delinquenza, mi sono detto: cosa c’è di male se un extracomunitario invia parte dei suoi soldi guadagnati con il suo lavoro all’estero? Ci sono extracomunitari che delinquono, ma c’è anche la magistratura. E una Nazione seria deve combattere la criminalità, sia quella italiana che quella straniera.
Per la destra esiste un “noi” che starebbe bene senza un qualcosa. Nella realtà il “noi” viene spacciato per la società italiana mentre invece rappresenta solo i ricchi e quel “qualcosa” include molto spesso le classi deboli della società che sono invece la spina dorsale dell’economia del Paese, oppure i diritti dei lavoratori, giudicati barriere anacronistiche che impediscono al Paese di stare meglio. Quando invece senza i diritti starebbero meglio solo i padroni.
Ho seguito la diretta da Piazza San Giovanni con una stretta allo stomaco simile a quella che ricordo (forse più mutuata dai miei genitori che vissuta, dato che avevo appena 10 anni) dalla sera del 27 marzo 1994. Testimonianza di un’ennesima mutazione culturale – gli stessi cromosomi impiantati su un nuovo animale, lo stesso miscuglio di problemi reali, risentimento, mistificazione, promesse e miracoli. Le monetine lanciate del Raphael hanno sancito l’inizio 20 anni di Berlusconismo. Cosa ci porteranno le monete scagliate su Mussari?
Ho buttato giù alcune note, a caldo, come contributo alla discussione, in base ad alcuni appunti che ho preso ascoltando la diretta da Piazza San Giovanni (scusate l’italiano, eh).
Vietare l’accesso alla stampa per lamentare che la stampa non ti dia attenzione è geniale. Fermo restando che nessuno qui sta prendendo le parti di Repubblica (_pars pro toto_), delle inchieste relegate a fenomeni di folklore sui supplementi patinati e della doppia morale politica; nessuno difende la stampa delle peperonate di Di Pietro, la stampa che non dà spazio alle lotte e, che anche di fronte a una protesta popolare e vasta come quella della TAV, riesce a fare un’indegna marmellata cerchiobottista (quando va bene) nascondendosi dietro alla foglia di fico dell’obiettività, negando le distanze tra chi picchia e chi è picchiato nell’unica parola di “scontri”.
Vietare l’accesso alla stampa è grave, ma non certo scioccante: Chi fa una cosa del genere NON vuole esporsi alla stampa. Invece i giornali di tutto il mondo vengono usati per dare “legittimazione” (compreso il folcloristico ricorso alla TV danese). Nord-Europa (Danimarca e la BBC) = Meritocrazia = Nuovo. Nel frattempo, la prassi fa scattare qualche campanello d’allarme….
La cosa che ha fatto più male è stato lo scippo simbolico della piazza. Mi ha fatto male *fisicamente* sentire palate di merda buttate indiscriminatamente sui sindacati (non sull’azione di questo o quel sindacato ma i sindacati nel loro complesso, e di conseguenza i sindacati come idea) in una piazza che è iconicamente legata alla presenza dei sindacati.
Sia chiaro, la sinistra questo scippo se l’è costruito e cercato: il sindacato con la sua trasformazione della piazza in ritualità (compresi i famosi “tre milioni” per l’articolo diciotto) e la sinistra radicale con la sua continua ricerca del grande Evento, su cui non mi dilungo perché su questo blog se n’è parlato molte volte, e con le prove di forza muscolari (forse dettate dall’illusoria convinzione di essere gli unici capaci di riempirle, le piazze). La piazza è diventata sineddoche, e in questo modo ha finito per diventare il luogo della lotta. Facile, a questo punto, impadronirsene.
Detto questo Grillo, compie uno scarto nell’imporre il suo movimento come la novità assoluta usando l’immagine della piazza piena. Ma, fateci caso, Grillo nel comizio non parla di evento ‘politico’ inaudito, bensì di evento mediatico, unendo le presenze di piazza a quelle della rete, alla gente che segue la diretta in streaming, e via dicendo. Tra le molte appropriazioni del discorso della sinistra, ricordo anche l’esclusiva su “nessuno deve restare indietro” (ricorda Non uno di meno, frase di qualche anno fa) e soprattutto lo slogan “La fantasia al potere.” Sull’appropriazione delle forme rizomatiche e del centro sociale (ai tempi, nei discorsi di favis), si sono pronunciati, del resto, i padroni di casa, in un intervento di un trilione di anni fa.
Oggi i sindacati fanno l’ISEE, ma non danno alcun assistenza alla ricerca di lavoro. Nel 1993 andai alla CGIL dietro a P.za Vittorio a Roma per denunciare che un laureato in statistica economica era stato assunto in un’azienda al di sotto dei 20 dipenendti come un diplomato con contratto di formazione lavoro. Loro mi chiesero se era un azienda con dipendenti iscritti al sindacato. Risposi di no ma che ero disposto a lavorare per questo. Loro mi risposero che la legge non gli permetteva di fare niente. Smettiamola di attaccarci ai feticci..
L’assistenza nella ricerca di lavoro dovrebbero farla i centri per l’impiego, che nella mia personale esperienza non sono stati molto utili. Comunque, che i sindacati confederali siano stati spesso ciechi, incapaci di vedere oltre lo status quo (per esempio la limitazione alle aziende con oltre i 15 dipendenti) e che in alcuni casi abbiano avvallato accordi proditori rispetto alle classi che dovevano difendere, è vero. Il problema è se dici che il sindacato in quanto tale è inutile, che la rappresentanza collettiva di chi lavora e superata perché le differenze di classe non esistono più.
[…] elementi di antipolitica, la fine dei partiti e l’anti-casta, discorsi fondamentalmente di destra, ma aveva anche elementi di sinistra. Aveva il difetto di essere un movimento elitario di […]
L’analisi di cui sopra porta a due riflessioni più profonde di ordine politico.
Il problema nell’attacco ai sindacati, ad esempio, non è tanto il fatto che questi siano intoccabili o inamovibili. E’ il senso di questo attacco che mi spaventa. Nel suo comizio Grillo non critica i sindacati: li nega. Ne nega l’esistenza (voi siete morti), ne nega il valore. E non perché – come persino Grillo ha scritto altrove – abbiano tradito chi dovevano rappresentare (il che a volte è stato vero), ma perché appartengono a una visione vecchia della politica. Questo apre la strada a un falso ecumenismo sociale di cui si è molto scritto su questo blog.
Nell’ascoltare la diretta apprendo infatti che negli USA operai e impiegati sono parte della proprietà dell’azienda e decidono assieme votando via internet (?). A parte che l’affermazione appare quantomeno discutibile, quale visione politica esprime? L’idea di fondo è che “non servono i sindacati perché, se ci mettiamo insieme contro la casta, lavoriamo e siamo felici”. Un’idea molto vicina a una delle vignette (quella del lavoro nei campi) linkata da OP. Di conseguenza, malgrado il radicalismo di facciata (il salario minimo garantito con la regola delle tre offerte di lavoro, il riferimento alla Grecia mediato da quella che pare essere una bufala) cela un’ideologia alla Marchionne, la negazione del conflitto di classe, di cui molto si è parlato in questo e in altri thread (e non mi dilungo a ripetere cose assai condivisibili).
L’altro nodo politico che emerge dal flusso verbale della diretta è la pericolosa frattura tra democrazia rappresentativa vs. diretta, o meglio, il tentativo di legittimare la prima mediante la seconda. Quando i consiglieri regionali siciliani invitano i cittadini a non votarli come prima hanno votato PD o PDL, quindi rimanendo passivi in attesa che qualcosa cambi, c’è un chiaro riferimento alla democrazia diretta (una cosa bellissima anche se, a sinistra lo sappiamo, maledettamente difficile da realizzare). Poi però l’invito è a fare cose concrete come “mandare un’email o una segnalazione”. Quindi democrazia virtuale. Del resto Grillo ce l’ha appena detto: siamo tantissimi, in piazza come in streaming. Allo stesso tempo, il tentativo di screditare le forme della democrazia rappresentativa (imperfette, poco funzionali, obsolete, ma pur sempre il meglio che abbiamo) in nome di un altro tipo di ‘rappresentanza’ è pericolosamente vicino alle tecniche di “mobilitazione dall’alto”.
Anche l’avvicendarsi del Leader e dei seguaci è molto vicino alla filosofia di Anonymous, alla sua origine storica. L’idea che le persone sono intercambiabili, ma il nome del Leader resta (di fatti è proprietario del marchio). Ho letto, qualche ora fa, l’invocazione feisbucchiana di una compagna che invocava “Basta fraintendere V For Vendetta” (o qualcosa del genere). Ma l’idea della maschera di Guy Fawkes che rende tutti indistinguibili, tutti parte della stessa massa, tutti intercambiabili in nome del Leader, è effettivamente contenuta nel testo di Moore, e ne costituisce, a mio avviso, il nodo oscuro. Attenzione però. La stessa immagine, dei volti che compongono il Volto (o meglio, il Corpo), si trova anche in un altro testo: il Leviatano di Thomas Hobbes.
Avrei altre cose da dire ma concludo, che ho parlato troppo. Io già mi vedo la “sinistra” (quella ufficiale e paludata, e quella che si presenta come tale pur non essendolo), ossessionata e terrorizzata dal frame di Grillo infallibile comunicatore, esattamente come per diciassette anni (and counting) è rimasta impietrata a fissare il volto di gorgone di un altro “infallibile” comunicatore. Che ciò accada o meno, dipende anche da tutt* noi.
Scusate per la lunghezza.
e comunque diciamolo ai grillini che quello non e’ il volto di “v per vendetta” ma di guy fawkes perche’ mica lo sanno. O tutt’al piu’ di anarkik :o))
La posizione di Grillo sui sindacati è secondo me uno dei fattori decisivi che permettono di caratterizzare la sua proposta politica come nettamente di destra.
L’idea implicita nel ragionamento che propone in modo acritico e ignorante il modello tedesco o americano di contrattazione o partecipazione agli utili aziendali è che ogni azienda è una comunità organica, compatta al suo interno, ma in competizione con altre comunità esterne (altre aziende che, ovviamente, seguono lo stesso modello).
Un modello sociale non solo genericamente interclassista (perché anche la presunta “sinistra-sinistra” ha ripiegato ormai su posizioni interclassiste) ma fondato sulla più esplicita collaborazione di classe (a vantaggio del padrone, s’intende…); il modello piccolo-padronale alla Marzotto, per capirci, e anche il modello fatto proprio da Marchionne (che non a caso da un lato tiene una linea durissima verso i sindacati, dall’altro è uscito dalla principale associazione di categoria del padronato… due facce della stessa medaglia, che è poi il rifiuto delle forme tradizionali della concertazione mediata a livello statale e istituzionale); un modello in cui l’imprenditore è una sorta di benefattore che ha a cuore il benessere degli operai, agisce in modo libero rispetto a “lacci e lacciuoli” anacronistici, e si comporta eticamente pur perseguendo fino in fondo la sua funzione sociale (ossia la ricerca del profitto).
Il grande capitale, per giunta, è criticato da Grillo solo nella sua variante “all’italiana”, ossia solo nella misura in cui vive in modo parassitario rispetto alla burocrazia statale, alle forme corruttive, ai rapporti organici con i partiti e con il potere politico (come se, ferme restando alcune differenze nella “quantità”, le cose funzionassero diversamente altrove, o avessero funzionato diversamente in altre epoche… e le analisi di Lenin sull’imperialismo come “fase suprema” del capitalismo sono ancora oggi di un’attualità impressionante).
Insomma: Grillo è esplicitamente filo-capitalista. Già questo basterebbe, se solo la prospettiva anticapitalista non fosse diventata, anche nel dibattito a sinistra, così debole e marginale.
@valentina
Su “ossessione e terrore” del frame di Berlusconi infallibile comunicatore la sinistra in quei diciassette anni ci ha campato di rendita (che significa: rischio poco anche se perdo) e credo che questo ormai sia nel programma didattico delle scuole medie. Ipotesi: ora che il vecchio vistosamente cola di guancia e sui media viene sorpassato perfino dal conclave anche se il milan rifila due legnate al barça, Grillo eredita quel frame e scommetterei che qualcuno nella suddetta cosiddetta sinistra stia fregandosi le mani e mettendosi comodo coi popcorn per altri diciassette anni (non è detto che gli vada bene, ma penso che ci proveranno).
Ottimo spunto, interessante come al solito. Mi suscita però un paio di quesiti: 1) Parli di neuroscienze che distinguono destra e sinistra, però a mia conoscenza il classico sul tema, cioè Lakoff “The Political Mind”, propone una distinzione molto diversa, se non antitetica, rispetto a quella che fai tu (che è di origine maoista, se non sbaglio, ti risulta?): secondo Lakoff, il cervello *liberal* è quello in cui prevale l’empatia e l’unione con gli altri, il cervello *conservative* è quello in cui prevale l’individualismo e la separazione. La domanda è: sei sicuro che la tua definizione di “sinistra” sia ancora quella più utile ed efficace? Da qualche anno c’è chi dice che il “lavoro del negativo” è finito, e si parla di “esodo” e “potere costituente”: non ti sembra un modo per attenuare la centralità della categoria del conflitto che, tra le altre cose, ha prodotto la frattalica e ricorsiva balcanizzazione delle forze della sinistra, perennemente in conflitto prima di tutto fra loro? 2) Dici che il M5S è di destra perché non identifica un nemico di classe, eppure è una delle pochissime forze politiche che si rivolge sistematicamente a precari, operai, impiegati e piccoli imprenditori per aizzarli contro il sistema bancario, la grande impresa (Fiat, Impregilo, Telecom, Finmeccanica) e la classe politica. Ora, se questo non è un modo per identificare il nemico di classe, con chi lo identifichi tu questo nemico? Se pensi che tutti gli imprenditori debbano essere considerati nemici di classe, non trovi si corra un rischio di settarismo minoritario (vedi domanda n.1)?
Scusa, ma mi pare tu abbia messo insieme un bel guazzabuglio! :-)
Le polarità destra-sinistra non sono “di origine maoista” ma risalgono alla rivoluzione del 1789.
Sulla distinzione “progressista”-“conservatore” di Lakoff ho detto qualcosa negli “Appunti diseguali” dell’anno scorso, io la trovo insufficiente e inadeguata.
Per prima cosa, da tempo la dicotomia non è tra progresso e conservazione, o meglio: l’uso di quegli attributi è stato rovesciato e reso paradossale, da trent’anni la destra liberista attacca forsennatamente i “conservatori”, che identifica con le sinistre, gli “statalisti” etc. *Nessuno* dice di voler “conservare”, tutti dicono di voler fare una rivoluzione, si presentano come radicali innovatori, rivendicano per sé soltanto l’etichetta di “progressisti”, e più ti sposti a destra più trovi gente che si dice “progressista”.
In secondo luogo, credo che l’individualismo e la competizione non bastino a definire la mentalità di destra. Intanto, ci sono destre la cui retorica è basata sul rigetto completo dell’individualismo, a favore della società organicistica, e sul rigetto della competizione, a favore di ipotesi dirigistiche, economie corporative regolate dall’alto. Ma anche presso le destre che esaltano il mercato e l’individualismo proprietario, si tratta comunque di elementi che giocano insieme ad altri, forse più importanti.
Come facevo notare sopra, le “robinsonate” sono funzionali a costruire un passato mitico, una mai esistita “condizione precedente” da ripristinare. Si tratta di una condizione di armonia, di un equilibrio che sarebbe stato rotto da invasioni, intrusioni o comunque interferenze. Per i liberisti quell’armonia era data dall’autoregolarsi del mercato nella sua espressione pura e primigenia; per i fascisti delle varie sfumature, era l’armonia di una comunità nazionale omogenea, pre-esistente al suo riconoscimento politico e geopolitico. Ma sono due varianti della “comunità armoniosa” priva di contraddizioni interne, i cui problemi sono tutti “esogeni”.
La differenza destra-sinistra (che sono due metafore spaziali di comodo) può essere criticabile e limitata quanto si vuole, e ovviamente per farla capire noi l’abbiamo descritta proponendo due idealtipi. Ovviamente, la realtà è più spuria di così. Quel che è importante dire è che non è sufficiente dirsi “né di destra, né di sinistra” per sfuggire all’una o all’altra delle due polarità. Chi lo fa, sta ciurlando nel manico a scopo di propaganda oppure sottovaluta il potere di quei due concetti, perché ignora l’influenza di secoli di storia.
Il grillismo non è di destra solo perché “non identifica un nemico di classe”, ma perché propone una narrazione in tutto e per tutto aderente a quella di tutte le destre che possiamo prendere in esame. Il popolo è buono e “pulito”, è “uno e indiviso”, indifferenziato al proprio interno e al tempo stesso nettamente distinto dai suoi nemici, che sono descritti come esterni a esso (la Casta, Loro, i Politici) e sono “sporchi”. Tutto il discorso, riassunto all’osso, si riduce a cacciare (espellere) gli “sporchi” e mettere al loro posto i “puliti”. Con questa logica semplicistica che fa da diversivo rispetto alle contraddizioni di fondo del sistema, in Italia non solo non si è mai andati da nessuna parte, ma si è sempre peggiorato il quadro di partenza. A farsi garante di questa misera pseudo-rivoluzione è un Capo politico, pressoché l’unico del movimento ad aver parlato in questa campagna elettorale, un Capo che le masse contemplano e nel quale si rispecchiano, uno che dice “Mandiamoli via”, “Facciamo pulizia” etc. Tutto questo ha un effetto consolatorio e deresponsabilizzante, perché alla fine della fiera si riduce a un “ci pensa Lui”. Grillo non è candidato, ma è a lui che le masse si affidano, sarà lui a “sorvegliare” perché i “puliti” rimangano tali, sarà lui a garantire. Poi c’è tutto quello che abbiamo già detto: il programma-bricolage tipico di quel genere di movimenti, il “modernismo reazionario” in tema di Internet e tecnologie, le frequenti esternazioni razziste etc. Se questo non è un movimento di destra…
Se tutti quelli che aizzano le masse contro i banchieri e i politici stessero “identificando un nemico di classe”, l’intero spettro politico sarebbe composto da marxisti. Su come il grillismo attacchi i politici, mi sembra che in molti abbiamo già speso sin troppe parole. Parliamo dei banchieri: c’è modo e modo di attaccarli. Una retorica pseudo-rivoluzionaria contro la finanza è un must in ogni movimento fascista o fascistoide, anche il partito nazionalsocialista tedesco ce l’aveva (a parole) con la finanza. La finanza non riconosce le frontiere, è transnazionale, è sradicata, è “liquida”, è mossa da oscure lobbies di ebrei e massoni etc. A essa, nel discorso di destra, si contrappone la Nazione, che è solida, ha confini etc.
Una critica minimamente sensata al capitale finanziario non lo separa dal capitale produttivo, come se il primo fosse cattivo e il secondo buono. La finanza non è una degenerazione dell’economia, ne è parte fondamentale fin dagli albori del capitalismo. Non c’è mai stato un capitalismo senza finanza, anche questa è costruzione di un passato mitico, rappresentazione di un’armonia primigenia da restaurare per tornare al capitalismo “buono”. Questa credenza è alla base di tutte le teorie cospirazioniste sulla finanza che prosperano in rete, dal signoraggio all’esagerazione del ruolo di certi gruppi o think tank o società segrete, tutte teorie molto facilmente riconducibili a reazionari e fasci di varia provenienza.
Sulla questione dei “piccoli imprenditori”, consiglio di leggere il thread “Classe operaia, anima precaria”, dedicato al libro “Amianto” di Alberto Prunetti.
1) mi sottovaluti: “di origine maoista” non ritengo ovviamente la distinzione tra destra e sinistra, ma la tua definizione della sinistra come la posizione che mira a dividere la società in due parti, anziché riunire le parti in uno (c’è un passo classico di Mao su questo punto, dove parla mi pare del materialismo dialettico)
2) d’accordo sul profondo radicamento storico, non tanto delle categorie di destra e sinistra, quanto della contraddizione sociale che dovrebbero rappresentare (e che rappresentano sempre di meno)
3) sull’idea che la destra miri a espellere l’altro per ristabilire la purezza originaria posso anche essere d’accordo, ma identificare poi questo “altro” con la casta, i politici, le banche, e la grande impresa e di conseguenza il M5S con la destra, mi pare un passaggio po’ capzioso: allora anche le BR che volevano distruggere il SIM erano di destra? senza contare i movimenti di decolonizzazione, che in generale hanno puntato a espellere una classe dirigente ben identificata (e venuta da fuori…) senza per questo potersi definire di destra
4) sull’onestà dei politici ti ho già risposto altrove e ribadisco: è un requisito elementare e fondante di qualsiasi democrazia moderna
5) su grillo, è vero che il suo personaggio presenta aspetti equivoci, ma la maggior parte degli eletti M5S che ho potuto ascoltare mi sono sembrate persone sinceramente democratiche, che portano avanti soprattutto battaglie condivisibilissime (come l’acqua pubblica, il no tav, la riduzione dei costi dello stato, la lotta alla corruzione, la lotta al conflitto d’interessi, il reddito di cittadinanza, il risparmio energetico) certo su certi punti ho i miei dubbi (abolizione del sindacato, del finanziamento pubblico ai partiti, del finanziamento ai giornali) ma nemmeno mi sembrano proposte del tutto ingiustificate: sono giustificate da situazioni incancrenite che richiedono di certo una revisione profonda.
6) nell’insieme il M5S non mi sembra un movimento di destra: è proprio un movimento “né di destra né di sinistra” (l’opposizione simmetrica al montismo), cioè un movimento che vuole riformare il sistema italia per farlo essere *veramente* quello che fa finta di essere, cioè un paese democratico di ispirazione social-liberale
Mi sembra che i tuoi controesempi siano molto impropri e che tu la stia facendo troppo semplice, in particolare quello sulla decolonizzazione (immagino tu ti riferisca ad Africa e Asia). A parte la diversità dei contesti e il fatto che quella classe dirigente era *letteralmente* venuta da fuori, faccio notare che la maggior parte dei movimenti e dei pensatori anticoloniali non rivendicavano una purezza originaria né avevano la benché minima intenzione di ripristinare lo “status quo ante”. Le loro analisi del colonialismo partivano dalla constatazione di un’irreversibilità di quanto accaduto, e la sfida era quella di *discernere*, di procedere dentro la rottura della modernità, ma trovando modelli propri. Se poi questa sfida sia stata vinta o persa, è un dibattito spinoso, che non possiamo affrontare in questa sede. La decolonizzazione, ad esempio, ha mantenuto la divisione di quelle terre in stati-nazioni etc. Inoltre, i movimenti anticoloniali, anche quelli più “primitivisti” e meno lucidi politicamente, hanno sempre visto la propria società come *divisa*, basti dire che i Mau Mau, in Kenya, se la sono presa principalmente con i Kikuyu “collaborazionisti” e coi capi che partecipavano alla struttura di potere, prima ancora che coi bianchi stessi. Insomma, la faccenda è più complessa e non si può applicare rozzamente il frame “dentro”-“fuori” senza conoscere le caratteristiche di quel dentro e di quel fuori.
Sugli altri punti, soprattutto quelli specifici sul M5S, qui è un anno che si dibatte e in molti li abbiamo già toccati più volte, davvero, non voglio tornarci sopra. Anche sul programma del M5S, persino in questo thread, ho già spiegato come la penso. Arriva un momento in cui si riconosce serenamente di non essere d’accordo sui nodi di fondo, e lo si accetta.
Su una sola tematica voglio insistere un momento: quella dell’onestà, che è connessa a quella del parlamento. Non basta mettere “brave persone” nei posti di responsabilità del sistema, questa strategia superficiale non ha MAI funzionato, e questa rivendicazione ha sempre aperto il sentiero (anzi, il vialone) alle destre. Sull’onda emotiva di Mani pulite, vent’anni fa, si è affermato Berlusconi. Eterogenesi dei fini. Il problema della corruzione non è principalmente morale, è strutturale. E’ il sistema stesso a essere “criminogeno”. C’è il problema della persona e c’è quella della sua funzione, per questo essere “onesti” non basta, essere onesti di per sé non influisce su nulla. Se la funzione che esercita ha una logica di fondo determinata dalla struttura del sistema, la persona somiglierà alla sua funzione. Per questo il continuare a porre il problema principalmente in termini di morale individuale, di “pulizia” delle persone, senza interrogarsi sul posto che occupano nei rapporti sociali (di proprietà, di produzione) e occuperanno nei rapporti di potere, è sbagliato e in buona sostanza qualunquistico.
Faccio proprio l’esempio del colonialismo, visto che ne stavamo parlando: nell’Etiopia occupata dai fascisti, il vicegovernatore Guglielmo Nasi sferrò un attacco durissimo ai funzionari corrotti, rimpatriandone a centinaia, emettendo circolari molto schiette che irritarono il duce in persona. Nasi era moralmente integerrimo su quel piano, quello che ai grillini piace tanto. Al tempo stesso, però, era il generale che sul fronte sud aveva compiuto massacri efferati, tanto che dopo la seconda guerra mondiale l’Etiopia lo mise al quinto posto nella “classifica” dei criminali di guerra italiani dei quali chiese invano l’estradizione, per poterli processare. Prima ancora, Nasi aveva avuto responsabilità di comando nella “riconquista” della Libia, che fu un genocidio spaventoso.
E allora, se penso che la presenza stessa in Etiopia di Nasi e di quel governo e di quei funzionari fosse *il problema*, la stortura sistemica principale, che cazzo me ne frega se sul piano personale Nasi era onesto e combatteva contro la corruzione dei funzionari?
Ripeto: “onesti” non basta.
No, su questa relativizzazione dell’onestà della classe politica mi trovi in totale disaccordo: è pattume italico, “ideologia italiana”. La base del consenso berlusconiano da Palermo a Milano. Nessuno dice che l’onestà sia sufficiente (e credo neanche i grillini), ma è il minimo indispensabile: è assolutamente necessaria! E non ha niente a che fare con la morale: è necessaria perchè sta a fondamento della funzionalità del sistema politico. Garantisce la facoltà di una popolazione di orientare, nella misura del possibile, il proprio destino. I livelli italiani di corruzione e illegalità non sono affatto endemici al capitalismo, semmai al feudalesimo che ancora regna nella penisola: il capitalismo nasce puritano!
Ora, a parte il fatto che *tutti* siamo contro la corruzione, e la differenza è semmai tra chi la combatte solo come effetto e chi invece vorrebbe rimuoverne il più possibile le cause, io ci tengo a dire questo: che sia esistito un capitalismo originario “onesto” e incorrotto è un’opinione purtroppo molto diffusa che non ho mai trovato supportata in alcuna ricostruzione storica minimamente critica e documentata. Anche questo è parte del mito dei “bei tempi” quando il mercato era puro, l’unico principio regolatore era la sana concorrenza etc. Scandali finanziari e corruzione c’erano già agli albori del capitalismo, ci sono fior di saggi storici sulle truffe in Borsa nell’Inghilterra del Settecento e quant’altro. Oltre al fatto che, come dicevo, dire di una persona che è “onesta” è un’affermazione astratta se non la si pone nel contesto delle sue relazioni sociali. Il proprietario di un opificio che faceva lavorare bambini di sei anni per quattordici ore al giorno e li licenziava quando non avevano più la forza poteva anche essere puritanissimo atque onestissimo e andare alla funzione luterana tutte le domeniche e magari ogni tanto fare l’elemosina a uno di quegli stessi mendicanti che aveva contribuito a creare, ma a me non me ne fotte niente. Idem per il politico che trovava normale tutto questo e non legiferava per impedirlo, anzi, legiferava per impedire di impedirlo! Magari nel privato una bravissima persona, uno che se gli offrivano una tangente inorridiva, ma parte di un terribile sistema di dominio e sfruttamento. Come ho già detto più volte, in Europa le caratteristiche più abiette di quel sistema sono state eliminate con le lotte dei lavoratori stessi (lotte che andavano *dritte al punto* del sistema di sfruttamento, senza diversivi), non con i predicozzi sull’onestà di funzionari statali e leader politici.
Vorrei aggiungere questa cosa che è probabilmente ovvia e banale: non si può, come fa Grillo, confondere l’onestà con l’essere incensurati. Tutti erano incensurati prima di essere sgamati. E tutti i politici della kasta erano ggente onesta prima che qualcuno gli offrisse una mazzetta. E è suicida considerare questa (solo presunta) onestà come criterio principale di scelta dei candidati, mentre l’inesperienza è addirittura un must (!). Non so se i grillini quando son malati vanno da una persona onesta, io vado da un medico, sperando eventualmente che sia ANCHE una persona onesta…
I grillini, quandi sono malati, non vanno dal medico.
Il motivo lo trovi in questa intervista con Dario Fo, in cui Grillo espone ciò che è scritto anche nel programma nazionale del M5S:
La salute dipende dal grado di informazione che hai e dal tuo stato sociale. (…). Se tu accedi a un bagaglio d’informazioni giuste, puoi fare prevenzione da solo, per esempio puoi cominciare a capire che devi cambiare stile di vita. Lo puoi fare da solo. Puoi imparare cosa non mangiare, il tipo di dieta migliore, e questo grazie al confronto con chi ha i tuoi stessi disturbi, senza andare al pronto soccorso o dal medico. Se ti fa male il gomito o hai male a una gamba, la prima cosa che fai è andare su internet e verificare da cosa dipende il problema. In pratica fai l’autodiagnosi. Poi sulla rete scopri che altri hanno lo stesso sintomo ed entri in un forum specializzato cui partecipano esperti e malati, e riesci ad avere in poco tempo un quadro di quello che hai e delle possibili soluzioni. (…)
Questa me l’ero persa :-D Vabbé ma quello lo fanno già tutti gli ipocondriaci anche non grillini (io per prima purtroppo :-/), peccato che poi dal medico ci vai uguale perché Internet dice che sì, l’eruzione cutanea che hai sulle mani probabilmente te l’ha causata il detersivo per i piatti, ma chissà, potrebbe anche essere lebbra…
Dimenticavo di risponderti sulle scienze cognitive. Diversi studi fatti su persone di destra e persone di sinistra hanno dimostrato – o, almeno dal mio punto di vista, confermato, perché non è che non si sapesse già! – che in genere chi è di destra ha meno “contatti inter-gruppi” (cioè non frequentano gente diversa da loro), ha più pregiudizi e più paura di quel che c’è “là fuori” e dulcis in fundo (ambasciator non porta pena!) è in media meno intelligente, o per meglio dire, dimostra meno abilità cognitive. Uno studio recente che, ripreso da George Monbiot, ha fatto infuriare repubblicani USA e Tory britannici, è uscito sulla rivista “Psychologica Science” e si intitola “Bright Minds and Dark Attitudes: Lower Cognitive Ability Predicts Greater Prejudice Through Right-Wing Ideology and Low Intergroup Contact”. Dice proprio così, “Right-Wing”, e in buona sostanza dice che a destra ci sono più teste di cazzo. Ripeto, ambasciator non porta pena.
Sì l’avevo letto anch’io e non mi sorprende ;-) D’altro canto la supremazia dell’intelligenza nella nostra scala di valori deve a sua volta molto alla cultura di sinistra. A ben vedere l’umanità è fatta anche di tante altre cose non meno importanti: la bellezza (“se siete intelligenti o belli unitevi all’IS”, 1967), la bontà, la saggezza, il coraggio, la forza, la sensibilità, la socievolezza… Agamben ha detto qualcosa di bello su questo, mi pare in questo video: http://youtu.be/KNVvvslTO8s
Un rilievo tecnico. L’articolo citato può avere un valore all’interno delle scienze cognitive, anche se il modello che intende verificare (three boxes in Fig 1) è concettualmente molto distante dai processi mentali e più vicino a un tentativo di trasformare un possibile comportamento sociale in variabile. Le caratteristiche epidemiologiche dello studio (alto numero di N) favoriscono proprio l’attenuazione del ruolo dei processi mentali (valoriali, decisionali) individuali in quanto considerati rumore. Forse da qui l’impressione di déjà vu del quadro complessivo, abbastanza frequente con ricerche a variabili latenti. La dizione neuroscienze è invece errata, poiché l’articolo non si occupa in alcun modo della relazione tra cervello e processi percettivi o cognitivi o (cosa abbastanza rara persino nelle neuroscienze) direttamente comportamentali. Se interessati, consiglio due articoli. Il primo utilizza il concetto di presa di prospettiva, efficace perché valido sia in prospettiva evolutiva che cognitiva: http://goo.gl/2VTQm. Naturalmente è trasversale alla polarità destra e sinistra: intende capire come un cittadino si autoconfigura in quanto elettore ingroup vs. outgroup. Il secondo ha più forti connotati strutturali, e la sua proposta da parte mia ha un intento sottilmente ironico nei confronti dell’assunto di base che la struttura del cervello rifletta direttamente le assunzioni politiche, benché la pubblicazione su Current Biology testimoni un correlato di importanza che non mi dispiacerebbe affatto ritrovare nel mio curriculum prima o poi: http://goo.gl/pptdt.
Ci tengo a precisare che nel presentare questo specifico saggio non ho usato il termine “neuroscienze”. Preciso anche che non l’ho sposato in toto, l’ho segnalato dicendo che ambasciator non porta pena. E’ un esempio di come ci si interroghi sulle caratteristiche del pensiero di destra e di sinistra. Grazie per gli altri due link.
“Il mondo infestato dai demoni”, qualcuno lo ha letto o anche solo trovato? E’ un libro di Carl Sagan che credo proceda in una direzione assimilabile. Se “chi di dovere” si decidesse a ristamparlo…
Penso che una differenza importante fra destra e sinistra sia nel carattere della persona/elettore.
L’appartenenza ad una classe sociale, il voler a tutti i costi conservarne i privilegi siano il terreno di coltura.
Mentre uno dei valori scatenanti è: Per la sinistra la contestazione il voler criticare, perfezionare, migliorare qualsiasi punto di vista. Il non seguire mai ciecamente un leader perché mai completamente d’accordo con nessuno. La difficoltà di far fronte comune che porta a una deframmentazione in mille partiti.
L’elettore di destra lo riconosco per il suo servilismo, non prende mai una posizione decisa senza sapere il parere del suo assoluto padrone.
La sudditanza con cui accetta, e fa sue tutte le teorie del suo leader; nonché il bisogno, dipendenza dal leader che li comandi e guidi (vedi periodo in cui Berlusconi diceva di ritirarsi… primarie si primarie no, alleanze, candidati. Poi è tornato, e tutti sull’attenti).
Anche a sinistra ci sono “sudditi”, ma i sudditi di sinistra sono meno inclini ad accettare passivamente, ad unirsi sotto un unica bandiera, sono indubbiamente più contestatori.
Grillo e il M5S sicuramente, almeno per ora, non accetta divergenze.
La parola del capo non si discute pena l’epurazione.
Sono gli stessi sudditi, a volte arrivano da destra a volte arrivano da sinistra ma tutti altamente predisposti a seguire ciecamente un leader .
Una logica che i media ci impongono, facendoci credere che la politica sia uno scontro fra persone, e non fra le ideologie.
Che alla fine solo un eroe può salvare l’umanità, mentre i gruppi le assemblee parlano, parlano e tutto crolla e loro ancora parlano.
Sin da bambini si fa il tifo per un eroe, il classico buono dei film, e dei libri d’avventura in cui siamo abituati ad identificarci anche in uno sport di squadra come il calcio ci deve sempre essere il campione, il fuori-calasse che ti fa vincere raramente è la squadra a vincere, spesso è trascinata, guidata, salvata dal mito di turno.
Alle prossime elezioni In molti sceglieranno chi votare confrontando i vari leader: autorevolezza, carisma, disprezzo per le regole diventano voti a favore. Il suddito accetta e perdona tutto al proprio padrone per lui mai bugiardo, evasore, truffatore ma furbo.
La scomparsa dei sindacati é nelle cose stesse; già ora non servono a nulla di buono e soprattutto vengono abbandonati dai lavoratori. Non solo la gente non si iscrive, ma neppure pone mente alla loro esistenza quando fa dei progetti tanto personali quanto collettivi.
Non solo i triplicisti sono riconosciuti esplicitamente come dei nemici, ma é il concetto stesso di sindacato che é concepito come futile.
Per conseguenza che facciano parte della vecchia politica, il movimento 5 stelle più che affermarlo, ne prende atto. Diverso potrebbe essere un discorso con movimenti tipo le mareas spagnole. Non escludo che ci possano essere sviluppi in questo senso, anzi lo ritengo probabile
Boh, se non servano proprio mai a nulla di buono dovremmo chiederlo ai tanti che hanno potuto fare causa al padrone (per un licenziamento politico, per danni subiti, per l’esposizione a sostanze nocive etc.) anche senza avere migliaia e migliaia di euro da spendere in avvocati. Persino nella loro attuale forma burocratica e degenerata vi sono casi in cui usarli tatticamente è possibile, e se non ci fossero il quadro non sarebbe migliore e più rivoluzionario, ma di gran lunga peggiore. Diciamo che è la solita critica astratta e “a lenzuolo” buttata lì con la apoditticità che notoriamente ti contraddistingue :-)
Sul fatto che la gente non si iscriva, mi risulta che la CGIL abbia più di cinque milioni di iscritti. Certo, ce li ha più grazie ai patronati, ai servizi fiscali e quant’altro (Casabase, Teorema, Federconsumatori etc.) che grazie alle vertenze che fa, ma anche lì, gli unici veramente interessati a che non esistano più i CAAF sono commercialisti e studi legali. Noti rivoluzionari i primi, note centrali sovversive le seconde.
Oops, però scusami, ho di nuovo fatto esempi concreti! Sono proprio incorreggibile… :-)
Ecco ‘sta roba dei sindacati è il genere di cose che mi fanno imbestialire. Quoto WM1, è una stronzata ribadita pure ieri sera da Grillo ed il fatto che ci fosse una piazza consenziente non la rende di meno una stronzata.
Grillo pone peraltro il confronto col modello tedesco che com’è noto tutela solo una piccola parte dei lavoratori dipendenti, difatti i salari sono pure in Germania in calo da più di vent’anni. Punto.
I problemi ci sono com’è ovvio ma proporre toppe che sono peggio del buco o alla Marchionne peggiora solo le cose. E mo’ pure le Camere del Lavoro no eh…
Buongiorno a tutte e a tutti da un paesaggio immerso nella neve,bianco quasi totale,
è la prima volta che vi leggo e ho ricevuto questo collage sul “riconoscere la destra “da un amico e mi ha un pò turbata -inquietata-stimolata a riflettere . Quindi grazie a tutti.
Ritengo questo voto importante,relativamente..(.se ci “bocciava l asteroide” lo era meno .)..e i nostri drammi Italiani sono relativi rispetto ad altri maggiori drammi nel mondo Afghanistan Tibet ecc ecc .Ma qui siamo e quasto abbiamo.Penso di votare il M5 S con alcune grosse incertezze e un non riconoscermi in alcuni aspetti anche da voi giè scritti , Non condivido e spesso mi irrita il linguaggio di Beppe Grillo e anche di alcuni grillini
talvolta aggressivo e volgare e ingiusto …non credo che tutti i politici siano uguali. Proprio no.
Alcuni punti …con un linguaggio e contenuti, forse, un po diverso da quelli lettie mi scuso se mescolo vari aspetti…
Destra -sinistra.Esistono. Esistono finchè li vogliamo far esistere e vogliamo che siano contapposti ( l ho fatto per una vita ed ancora ” ci casco ! ), Gli uni contro gli altri .Per forza. Questo esiste oggi e questa scusatemi è la concezione marxista Operai -padroni-capitalismo vista da sinistra. Ma non mi dite , o spiegatemi, che non è della sinistra vedere il nemico come esterno. Appunto il padrone, Monti , Berlusconi( e non nego che possao esserlo).Crdo che tutto ciò che ci divide ci fa soffrire. il nemico è anche dentro di noi …e il fascista è anche dentro di noi…quante volte..E come è possibile essere parte di uno schieramento non fascista…se il fascista è ben radicato in certi nostri inconsci comportamenti…
Ieri sera ho sentito Concita de Gregorio che era in piazza s Giovanni che diceva, ovviamente quello che lei aveva visto nella piazza metà delusi di sinistra , metà di destra e una parte che non avrebbe altrimenti votato.
Beppe grillo parla di comunità di solidarietà Casalecchio
ha parlato poco, e ha parlato di trasparenza onestà competenza. Quese parole non mi sembrano di destra, Sono quelle che io ritrovo nell impegno di movimenti che cercano di uscire da una economia-finanaza di destra (condivisa da una parte della sinistra,), alcuni presenti sul palco ieri sera ,il movimento dell acqua.,Penso ai gas,. tutti queeli che si impegnano con nuove visioni su un cammino di pace reale e non urlato ( ho scritto all inizio che non mi riconosco,,,,)…
Oltre che con valide riflessioni storiche -intellettuali sentiamo anche con il cuore.Ci sarà molto da vedere cosa farà il m5s dopo le elezioni.
Guarda, io ti capisco, credimi, ti capisco. Spesso, però, “il cuore è ingannatore”. Che il fascista sia anche dentro ciascuno di noi è una cosa su cui non solo siamo d’accordo, ma che abbiamo detto tante volte. C’è una parola per dire questo, “microfascismo”. Però noi da questo traiamo conclusioni diverse dalle tue. Crediamo sia sbagliato pensare che “tutto ciò che divide ci fa soffrire”, vivere significa prendere posizione, c’è una frase di Foucault che ultimamente è stata citata dai movimenti studenteschi di tutta Europa: “Il sapere serve a prendere posizione”. Bisogna prendere posizione in modo il più possibile critico, ma non si può evitare di farlo in nome di chissà quale “concordia” tra noi e chi ci sfrutta, ci opprime, ci esclude, ci discrimina etc. Come abbiamo provato a spiegare, ci sono modi diversi, anzi, incompatibili di dividere tra “noi” e “loro”. L’operaio di Pomigliano che, nitidamente, vede in Elkann e Marchionne non i suoi benefattori bensì le sue controparti in una lotta, non sta dividendo tra “noi” e “loro” in un modo di destra, ma in un modo di sinistra, perché capisce che a costituire Elkann e Marchionne come avversari non è un loro essere “esterni” a lui (come l’immigrato per il leghista, per fare un esempio, o la “casta” nel discorso qualunquista, per farne un altro), anzi, a renderli avversari è proprio la loro posizione *dentro* una relazione sociale che è alla base del sistema, un rapporto di produzione, un rapporto di sfruttamento tra loro e gli operai. L’operaio magari non userà proprio tutti i termini che ho appena utilizzato io, ma stai sicuro che questa situazione l’ha capita. Non gli si può chiedere “concordia” e “comprensione” nei confronti della famiglia Elkann senza automaticamente fare il gioco di quest’ultima. E’ quest’ultima ad avere il coltello dalla parte del manico, è ad essa che va intimato di deporre il coltello, non a chi ce l’ha puntato contro.
Inoltre, la distinzione tra sfruttati e sfruttatori è di sinistra perché non si basa su un’essenza, si basa su un ruolo. Non è Marchionne *in quanto* Marchionne a essere un nemico di classe. Lo è in quanto riveste un certo ruolo. Se Marchionne si mettesse a fare lo spazzino, nessun operaio lo combatterebbe. Invece, l’identificazione che la destra fa dei suoi nemici, si basa su essenze: lo straniero è da sconfiggere in quanto straniero, come persona con certe caratteristiche, indipendentemente da quello che fa o non fa. Da questo punto di vista, anche l’onestà che il M5S richiede ai suoi candidati è vagamente essenzialista: non interessa quel che uno ha fatto, interessa la fedina penale pulita.
“Vivere significa prendere posizione”
“Bisogna prendere posizione in modo il più possibile critico”
Sono verità ultime o si possono argomentare? In me, ho scoperto che servivano, per l’essenziale, a cementare la mia appartenenza al movimento antagonista. Legittimo bisogno comunitario-familistico che poi però criticavo aspramente negli altri, parlando di comunitarismo fascista e familismo patriarcale. Una volta compresa questa simmetria, ho cominciato a usare la mia visione politica come uno specchio, e a modificarla per curare la mia psicopatologia quotidiana.
“L’operaio di Pomigliano”
Certo, l’operaio di Pomigliano vede le cose in un modo che si adatta bene ai concetti chiave della sinistra novecentesca, anche perché sono concetti costruiti precisamente sulla prospettiva dell’operaio di fabbrica. Ma il problema è da lungo tempo: siamo certi che è ancora questa la prospettiva in grado rappresentare la “futura umanità”, o è invece divenuta irrimediabilmente residuale, e con essa le categorie correlate? Ammettiamo che invece dell’operaio di Pomigliano la figura-tipo sia un lavoratore cognitivo, diciamo uno che, sotto innumerevoli tipi di contratti, passa il tempo davanti a un computer. È ancora così chiara e netta la maniera di distinguere, da destra o da sinistra, il “noi” dal “loro”? È ancora così impensabile chiedergli di immedesimarsi nell’altro da sé, per esempio comprendere il punto di vista del suo datore di lavoro? O piuttosto, è sin dall’inizio parte integrante del suo modo di lavorare? E in ogni caso: in che misura è pensabile una liberazione di costui dalle catene oggettive dello sfruttamento, che non sia anzitutto una liberazione dalle sue catene soggettive?
Il grillino “magari non userà proprio tutti i termini che ho appena utilizzato io, ma stai sicuro che questa situazione l’ha capita”.
Stai pur sicuro che un precario del call center Fastweb (che è un precario cognitivo, anzi, è proprio l’esempio che si usava fare quando si faceva l’apologia del cognitario come soggetto centrale etc.) oggi è sempre meno disposto a “comprendere il punto di vista del suo datore di lavoro”. Chiedergli di farlo, poi, mi sembra addirittura osceno. E se, in base al suo sapere pratico (cioè all’esperienza che ha accumulato in anni di spremitura a mo’ di agrume del suo cervello, del suo linguaggio e delle sue facoltà relazionali), decide di “prendere posizione” e considerare un nemico chi lo sfrutta, tu digli pure che la sua è una pretesa di “verità ultime”, parlagli dei tuoi percorsi di autocoscienza etc.
Ho fatto l’esempio di Elkann e Marchionne perché era immediatamente comprensibile a chiunque, ma se al loro posto metto Telecom Italia o altre aziende e multinazionali cognitive, non è che la sostanza cambia: quando in quel contesto si determinerà una cosciente distinzione tra un “noi” (precari) e un “loro” (management), sarà una distinzione riconducibile al frame “di sinistra”, cioè basata su una contraddizione intrinseca nel rapporto sociale che connette le due parti, contraddizione che le due parti riconoscono.
N.B. In quel contesto potrebbe anche verificarsi una distinzione “cattiva” tra un “noi” e un “loro”, dove quel “loro” sono altri lavoratori. Succede quando il framing truffaldino della concorrenza tra generazioni (o tra precari e “garantiti”, tempo determinato contro tempo indeterminato) causa una guerra tra poveri.
Mi sembra comunque che giriamo in tondo, io queste mie/nostre posizioni le avevo già spiegate. Ogni volta mi si contesta un esempio, io ne faccio un altro. Ma alla lunga è stucchevole, nel senso che chi voleva capire ha già capito, e a quest’ora sa già di essere in accordo o in disaccordo, non cerca di convincermi che non la penso o non devo pensarla come la penso.
Ah, va da sé che “bisogna prendere posizione in modo più possibile critico” significava “prendere posizione con spirito critico”, quindi chiedermi “è una verità ultima o si può argomentare?” ha prodotto un bel paradosso ricorsivo: si può o no esercitare spirito critico sul fatto che si debba esercitare spirito critico? Ma immagino che a te simili paradossi piacciano molto :-)
“Ma non mi dite , o spiegatemi, che non è della sinistra vedere il nemico come esterno. Appunto il padrone, Monti , Berlusconi( e non nego che possao esserlo).Crdo che tutto ciò che ci divide ci fa soffrire. il nemico è anche dentro di noi …e il fascista è anche dentro di noi…quante volte..E come è possibile essere parte di uno schieramento non fascista…se il fascista è ben radicato in certi nostri inconsci comportamenti…”
Sono del tutto d’accordo con te e penso sia una delle questioni cruciali da porsi oggi per uscire dall’impasse dei progetti di liberazione dell’ultimo secolo. È del resto una questione che, nella sua semplicità, cela risvolti filosofici, linguistici, epistemologici ed anche metafisici considerevoli. È dunque una questione di lungo periodo. Ma non c’è niente di meglio di un momento di crisi abissale come questo per cominciare a porsela. Uno dei suoi aspetti più importanti mi sembra il seguente: il mondo di cui siamo parte, così come lo vediamo, è per molti aspetti immagine di quello che siamo (e viceversa). Gran parte delle separazioni tra il bene e il male che noi vediamo nel mondo, e in particolare quelle che suscitano in noi reazioni emotive e giudizi perentori (binomi desiderio/paura), sono proiezioni di separazioni profonde che ci portiamo dentro, tra le diverse parti di noi in conflitto tra loro. Queste separazioni interiori sono parte integrante del dispositivo di comando, ne sono il frutto e il seme al tempo stesso. La liberazione non avrà mai luogo, se non simultaneamente su questi due piani. Il progetto di liberazione della sinistra del Novecento si è arenato sulla mancanza di una visione stereoscopica del problema.
A me non sembra che quando il femminismo, la filosofia radicale francese degli anni Settanta e gli studi postcoloniali (per dire tre filoni che indagano la questione del “microfascismo”) hanno parlato del fascista-che-è-in-noi o del colonialista-che-è-in-noi, lo abbiano fatto per dire che “le separazioni tra il bene e il male che noi vediamo nel mondo […] sono proiezioni di separazioni profonde che ci portiamo dentro”. Mi sembra la solita, trita storia del “rispecchiamento”, tutta incentrata sulla psiche del singolo individuo, che non ci porta molto lontano.
Le separazioni che ci sono nel mondo (non è che “le vediamo”: ci sono) non sono “proiezioni” di quel che avviene nella mia interiorità (concetto molto equivoco e poco utile, a mio parere). Una visione del genere, anziché avvicinarci, ci *allontana* da qualunque visione “stereoscopica” del problema.
La nostra psiche è sociale, viene costantemente influenzata dalle separazioni che ci sono nel mondo, ma questo non avviene in termini di “proiezioni” o “rispecchiamenti”, non stiamo parlando di due mondi, ma di uno solo. Non c’è separazione tra dentro e fuori. “L’inconscio non è un teatro: l’inconscio è una fabbrica”, dicevano Deleuze & Guattari, tanto per fare un esempio. E ancora: “Noi non vediamo un padre nel nostro padrone: vediamo un padrone nel nostro padre”, il che (traduco) significa che la nostra psiche non è chiusa in un teatrino di piccole relazioni, ma parte del mondo più vasto.
E’ sbagliato dire che la questione “è ora di cominciare a porsela”: è stata posta eccome, e proprio nei termini di cui sopra, cioè di primato dell’interiorità dell’individuo. Questo, purtroppo, ha dato luogo a escapismi e riflussi di vario genere, del tipo: prima faccio la mia rivoluzione individuale, “dentro di me”, e solo se ciascuno farà la propria potremo cambiare il mondo, fare la rivoluzione “fuori di me”. Ne sono derivati escapismi e riflussi di vario tipo, che sono stati subito commercializzati, ci sono settori di mercato interamente dedicati alla “rivoluzione individuale”: New Age, filosofie sincretiste di vario genere, tecniche di meditazione, guaritori, libri e video di self-help. Intanto, della rivoluzione “fuori” manco a parlarne.
“Visione stereoscopica” sarebbe, come diceva Breton, praticare insieme il “trasformare il mondo” (Marx) e il “cambiare la vita” (Rimbaud), senza dire che l’una cosa debba venire prima dell’altra. E quindi anche senza dire che l’una cosa è “proiezione” dell’altra.
Un esempio.
Ciascuno di noi, in quanto consumatore e cittadino dell’Europa capitalistica, è – volente o nolente – partecipe della violenta estrazione di plusvalore che ha luogo nel sud del mondo. Questa è una separazione che esiste oggettivamente e non è una “proiezione” di mie paturnie. Posso al massimo dire che le mie paturnie sono parte del problema.
Nel mio telefonino c’è il coltan la cui estrazione è tra le cause della guerra civile in Congo che è sfociata in un genocidio, nella morte di milioni di persone. E il telefonino è solo uno degli innumerevoli esempi che potrei fare.
Ebbene, io potrei anche dire che il mio desiderio di avere un telefonino / smartofono e di poter telefonare / navigare in qualunque posto mi trovi è “proiezione” di mie “separazioni profonde”. Posso sbarazzarmi dello smartofono, disintossicarmi da questa brama di reperibilità (mia e degli altri), e in conseguenza di questo posso anche arrivare a sentirmi una persona migliore e più libera e più “sana di mente”, ma la separazione che c’è “fuori” rimane, il mercato del lavoro mondiale continua a a essere regolato dal razzismo, le multinazionali continuano a sfruttare, le vite dei “negri” continuano a essere sacrificabili a milionate.
Mettere in guardia dal “fascista” o dall’imperialista che c’è “in” noi non è finalizzato a dire che dobbiamo fare i conti solo con quello, o comunque prima con lui che con quelli “fuori” di noi. Per quel che mi riguarda, è avvenuto il processo inverso, e onestamente credo sia così per tutti: è riconoscendo e studiando il fascismo (lato sensu) come nemico da combattere che mi sono accorto di non essere immune dalle stesse pulsioni che lo generano. Non a caso diciamo “il fascista che è in noi”; se lo chiamiamo così, un motivo c’è.
Una sola parola prima di dormire. “Le separazioni che ci sono nel mondo (non è che le vediamo: ci sono) non sono proiezioni”. Certo. Non difendo un punto di vista idealista. Le separazioni esistono nella realtà. Ma il modo in cui ciascuno di noi attribuisce loro maggiore o minore centralità nel suo universo, e inoltre il modo in cui le sentiamo e le interpretiamo, le valutiamo e le carichiamo di valori estetici, emotivi, morali e solo infine politici: tutto questo è in gran parte proiezione. Decidere che il Congo è un mio problema, tra i milioni che ne esistono sulla Terra, poi focalizzare il rapporto causale tra telefonino, coltan, guerra civile e morti, quindi colmare le inevitabili lacune dell’informazione su una vicenda così lontana mediante elementi immaginati, e infine, ed è la cosa più importante, prestare il mio presente sentimento di dolore vs piacere, desiderio vs paura, bene vs male, a quella situazione inimmaginabilmente distante, nella realtà di chi la vive, dal mio modo di sentire: tutto ciò è in gran parte proiezione. Il fatto stesso di temere la morte e di considerarla il prototipo del male da fuggire, non ha nulla di generalizzabile alla totalità del genere umano: ci sono uomini che non temono la morte, per cui la morte è l’ultimo dei problemi, e che sono magari addirittura fieri o felici di morire. Il modo in cui sentiamo e valutiamo il male e il bene nelle cose è quasi sempre, in larga parte, proiezione.
PS Comunque ho parlato di stereoscopia e di simultaneità, non di priorità di una prospettiva sull’altra. Difficile fonte di evoluzione è guardare le due cose insieme. Facile rassicurazione, accontentarsi di una.
Allora trova una parola diversa da “proiezione”, che reintroduce dalla finestra quello che hai cacciato dalla porta. Vado a dormire anch’io.
Comunque tra me e te lo “scazzo” è sempre lo stesso da quindici anni. Ricordo uno scambio di mail in cui volevi convincermi che, all’alba del mondo, l’espressione poetica nacque dalla volontà di lodare, mentre a me sembrava più probabile che fosse nata per segnalare pericoli.
wm1, solo una nota, in riferimento al paragrafo sugli escapismi e i riflussi, anche interni al femminismo: sono assolutamente d’accordo su tutto, salvo, come già altre volte qui su giap, sul self-help, che mi sembra venga spesso considerato in maniera restrittiva come solo quello che si trova negli scaffali di self-help delle librerie mainstream, per intenderci, il quale, sono d’accordo, spesso è merda pura. pero’ il self-help inteso come pratica dal basso è anche e soprattutto altro: è in primo luogo quello che in francese si chiama un “groupe/atelier de parole”, una forma di socializzazione politica molto generica, e che puo’ prendere pericolose pieghe qualunquiste e anche microfasciste, è vero (soprattutto quando poi si irrigidisce e capitalizza in ‘libri e video’ editi in milioni di copie) ma che spesso invece è stata ed è alla base di una presa di coscienza politica non solo materialista e femminista (in quanto per forza di cose si parte sempre dal corpo come, foucauldianamente, intriso dei flussi microfisici del potere), ma anche antifascista e anticapitalista, in quanto quando per difendere la propria pelle e quella delle compagne in una situazione critica data, giorno dopo giorno, sistematicamente si analizzano e storicizzano natura e occorrenze di istituzioni come il patriarcato e la clinica (per fare solo i due esempi più ovvi), anche le più restie finiscono inevitabilmente per capire come la lotta contro l’oppressione va fatta su tutti i fronti contemporaneamente, o non ha speranza di riuscire, né di ottenere anche solo i risultati minimi sperati, sia sul piano del discorso (‘chi definisce e come cos’è questo corpo, e cosa puo’ agire e esprimere in ogni dato contesto, discorsivamente e storicamente situato’), sia, soprattutto, su quello dell’azione (‘come procedere collettivamente in maniera efficace per rivendicare e difendere diritti – per fare solo alcuni esempi – legati al piacere, alla riproduzione o al suo rifiuto, ai modi e limiti della medicalizzazione del corpo femminile in particolare, al lavoro, alla monetarizzazione dell’economia della cura (delle persone), alla necessità di una declinazione sessuata delle rivendicazioni sindacali, al lavoro sessuale, alle genitorialità non (ancora) istituzionalizzate, ecc.
tutto questo non è riflusso, è discorso e lotta politica (e spesso di classe) di base, fatta nei collettivi femministi, nei consultori, nei centri anti-violenza, negli ospedali, nei sindacati di base, nei circoli e bar lgbt (per citare solo esempi a me familiari) e in qualunque altro luogo si sperimentino e producano sulla/colla propria pelle istituzioni (almeno potenzialmente) politicamente rivoluzionarie.
perché il problema dei microfascismi ovviamente non ha granché senso affrontarlo come un problema morale (‘mea culpa per il microfascista che è in me, e per il riflusso in cui mi rifugio per evitarlo-incontrarlo), va affrontato invece come ‘un affare di giurisprudenza’ (‘c’est la jurisprudence qui est vraiment créatrice de droit : il faudrait qu’elle ne reste pas confiée aux juges. On songe déjà à établir le droit de la biologie moderne : mais tout, dans la biologie moderne et les nouvelles situations qu’elle crée, les nouveaux événements qu’elle rend possibles, est affaire de jurisprudence. Ce n’est pas un comité des sages, moral et pseudo-compétent, dont on a besoin, mais de groupes d’usagers. C’est là qu’on passe du droit à la politique” – deleuze, Le devenir révolutionnaire et les créations politiques, http://multitudes.samizdat.net/Le-devenir-revolutionnaire-et-les, il primo che ho trovato da citare; ma pensavo in particolare al discorso sulle istituzioni in présentation de sacher-masoch).
mi rendo conto che questo intervento è molto marginale al discorso, al limite dell’off-topic, ma è una cosa che mi stride sempre quando la incontro, non me ne vogliate se insisto.
Ok la puntualizzazione, io ho citato il “self-help” in una frase su commercializzazione e settori di mercato, mi riferivo alle migliaia di titoli-ciarpame che escono ogni anno e corsi-ciarpame che si tengono in ogni città ogni giorno. Chiaro che c’è anche il non-ciarpame.
Il Movimento 5 Stelle come il fascismo, certo.
Anche il fascismo proponeva il limite dei due mandati per evitare il formarsi di un gruppo di potere indipendente dal volere dei cittadini.
Anche il fascismo proponeva l’allargamento dell’uso del referendum con l’abolizione del quorum.
Anche il fascismo promuoveva la discussione pubblica delle leggi prima della loro approvazione.
Anche il fascismo proponeva il controllo rigoroso dei redditi dei politici per ostacolare la corruzione.
Anche il fascismo proponeva leggi per evitare la concentrazione dei mass media in poche mani.
E infine anche Mussolini, come Grillo, NON si candido’ ad una carica di governo.
Come ho fatto a non rendermi conto prima?
Veramente, il primo fascismo proponeva cose moooolto più rivoluzionarie (a parole) di quelle che hai elencato. Ancora una volta: leggete il programma di San Sepolcro (1919).
Ripeto per l’ennesima volta: è imprescindibile studiare la storia. Studiando la storia, si può anche arrivare a capire che certo “nuovo” non è poi tanto nuovo (spesso è un “usato insicuro”) e si impara a difendersi, per quanto possibile, da certi trucchi. Studiando la storia, si può anche riconoscere una certa melodia incantatrice suonata da certi pifferi, e tapparsi le orecchie come i marinai dell’Odissea. E se proprio vogliamo ascoltarla, com’è desiderio di Ulisse, almeno ci si può preventivamente legare all’albero della nave.
A parte che in diversi abbiamo detto che non stiamo parlando di un’identità stretta tra grillismo e fascismo storico, ma di certe caratteristiche di un fascismo inteso in senso più ampio e ricorrente, un fascismo “eterno” (si veda il pdf linkato nel post, quello con l’articolo di Eco sull’ur-fascismo)… A parte questo, dicevo, vorrei ricordare che anche il Mussolini del periodo 1919-’21 ripeteva a ogni pie’ sospinto: io non conto, si attacca me per attaccare un grandioso movimento che va ben oltre la mia persona, io sono solo il garante della coesione e del rispetto dello spirito che ci ha uniti etc.
Ricordo anche che Mussolini *non* prese parte alla Marcia su Roma, che fece invece guidare dai “quadrumviri” (Bianchi, Balbo, De Bono e De Vecchi di Val Cismon).
Ad ogni modo, il fatto che Grillo non sia candidato è del tutto ininfluente. Il leader e proprietario del M5S è lui, la campagna elettorale l’ha fatta tutta lui, lo tsunami tour era completamente incentrato su di lui, la gente vota M5S perché convinta da lui. Tutto quanto ruota intorno a lui, il M5S evaporerebbe come una pozzanghera al sole di luglio se all’improvviso non ci fosse più lui. Per questo gli esponenti del M5S sono ridicoli (che si tratti di beata ingenuità o disonestà intellettuale) quando si incazzano perché vengono usate parole come “grillini” o – più appropriatamente – “grillismo”. “Grillismo” è termine concettualmente esatto, è il più preciso che si possa utilizzare per definire quel movimento.
Grillo sa benissimo che tutto quanto ho appena detto è ineludibile sostanza, mentre occupare un seggio al parlamento sarebbe solo un pro forma. E quindi, che gliene fotte di andare di persona in parlamento? Il “cretinismo parlamentare”, saggiamente, lo lascia ai suoi attivisti e agli elettori.
Esattamente come il fascismo il M5S propone soluzioni semplici a problemi complessi.
Esattamente come il fascismo il M5S delega la propria rappresentanza politica ad un autocrate populista.
Esattamente come il fascismo il M5S auspica il superamento della politica parlamentare nel nome di una non ben definita volontà popolare.
Esattamente come il fascismo il M5S abbraccia una visione dicotomica del corpus sociale basata sulla presenza di agenti inquinanti da eliminare.
Esattamente come il fascismo il M5S vuole abolire i sindacati.
Devo continuare?
E considera che sto tentando di farmi capire, eliminando le questioni teoriche più complesse dal mio ragionamento…
Folle oceaniche, appelli alla “vera nazione”, iscrizione consentita solo agli “italiani”, zero dissenso, difesa incondizionata del Capo, attacchi alla stampa, ai partiti e ai sindacati, linciaggio da parte dei sostenitori per chiunque osi azzardare una critica, «arrendetevi, siete circondati», «piegatevi alla democrazia», «vi schiacceremo». Dove l’abbiamo già visto? Ci manca solo «vi spezzeremo le reni».
Per un breve ripasso su cosa il fascismo prometteva agli inizi, e cosa ha realizzato non “dopo”, ma durante il periodo della presa del potere, basterebbe rivedersi La marcia su Roma di Dino Risi. Qui ci sono gli ultimi 3 minuti, e potrebbero anche bastare.
Come ha scritto qui sopra WM1, il fatto che Grillo non sia candidato in prima persona è un altro tratto di somiglianza fra il movimento cinque stelle e il fascismo… Mussolini, per dire, non prese parte a nessuna azione squadrista: fino al novembre del ’21, quando il movimento fascista si trasformò ufficialmente in partito, Mussolini ne fu soprattutto il leader “ideologico”; era il direttore del “Popolo d’Italia”, che era l’organo ufficiale del movimento; la sua base operativa era nella redazione del quotidiano; da lì scriveva i suoi violenti editoriali e gestiva i contatti al vertice; il “lavoro sporco” lo faceva fare agli altri.
Potete dirmi, dirci perchè avete tolto il mio pur modesto tentativo di contributo?? poco imtellettuale.sconclusionato??
l ho visto scritto ed ora scomparso
l
Noi non abbiamo tolto proprio nulla, l’hai visto ma con l’avviso che era in moderazione, come qualunque primo commento di qualunque nuovo iscritto. Un po’ di pazienza, e per favore, niente fretta di giungere a conclusioni.
[…] altro interessante articolo di Wu Ming spiega come si fa a riconoscere destra e sinistra. Mi lascia un po’ perplessa perché via via […]
Condivido quello che dite su destra e fascismo, ma mica si capisce che c’entra Grillo e 5 Stelle??
Qui c’è un movimento popolare che, mi pare, ovunque fa le stesse battaglie che facciamo noi Movimento: quelle contro le speculazioni e le nocività soprattutto; sono un po’ deboli sui temi del lavoro, ma chi non lo è??
Cioè, non è che il fascismo è nato tra chi occupava le fabbriche, questi invece fanno le battaglie contro tav e inceneritori con noi!!
Senti, con tutto il rispetto, non è che possiamo ripetere tutte le spiegazioni da capo, rifare tutti gli esempi da capo, segnalare tutti i link da capo ogni volta che qualcuno arriva e, bel bello, ci richiede tutto quanto. C’è un limite alla pazienza, e anche alla leggibilità. Siccome abbiamo risposto già *decine* di volte a obiezioni identiche alla tua, qui su Giap trovi tutti gli elementi e gli argomenti per farti un quadro. Dopodiché, magari dissentirai radicalmente, ma intanto te lo sarai fatto. Noi diciamo quel che pensiamo e cerchiamo di argomentare come meglio possiamo, ma non siamo un ufficio informazioni presso il quale si possa fare la fila e chiedere tutti la stessa cosa.
Io li ho letti i link e non è che dissento radicalmente: è che venti anni fa non è che mi trovavo vicino un berlusconiano quando facevo “le lotte”, cioè mica ci stanno solo fascisti e comunisti al mondo, oh no?
Mi è davvero impossibile comprendere il senso di questa tua risposta. Per favore, l’ho già detto altre volte: prima di pigiare il tasto “Pubblica”, rileggete quel che avete scritto e sinceratevi di esservi espressi con chiarezza. Questa non è la sezione “Ruota libera” del forum di motoraduni.it, è un posto dove si cerca di portare avanti discussioni con un certo criterio. “Li ho letti i link”, poi, che significa? Quali?
“sono un po’ deboli sui temi del lavoro, ma chi non lo è??”
sì infatti, sono dettagli da niente.. mica come la lotta alle scie chimiche usate dai tedeschi per fotterci il cervello e ridurci in schiavitù!
Minchia regà, state messi proprio male…
Era solo per dire che la distrazione rispetto ai temi del lavoro la condividono con molti altri; ma te, invece de che stai a parlà?
Anche senza volersi voltare a vedere qual era la condizione operaia prima che arrivassero i sindacati, o leggersi tutta la letteratura sul genere, basterebbe conoscere un po’ la storia del cinema, vedersi magari I compagni del grande Monicelli potrebbe far venire qualche idea…
Ciao a Tutt*. Io seguo questo blog da tempo e lo ritengo una vera agorà dove farsi davvero un’idea sull’Italia di oggi. Volevo aggiungere una mia piccola e breve riflessione sulla questione “immigrazione” e sul noi&loro. Io sono una figlia di migranti somali nata in Italia. Non sono ancora diventata un “NOI” (pur avendo la mitologica cittadinanza), ma non sono più “LORO”. Cosa sono? BOH? Sento però che io e tante persone come me non abbiamo diritti in questo paese. Non siamo mai al centro del dibattito pubblico, politico, popolare. Ora siamo anche diventati uno slogan e una figurina panini. Infatti io sospetto (e vi confesso) ho paura delle posizioni o meglio non posizioni del movimento di Grillo sull’immigrazione. Il suo No alla riforma della legge sulla cittadinanza e la sua non belligeranza a Pontedera nei confronti di Forza Nuova dice molto della sua posizione. E non accetto la famosa frase che sento in giro “i grillini sono meglio di Grillo”. Chi è in un movimento politico non deve accettare di essere zittito e in generale non deve accettare che si portino avanti idee lontane anni luce dalle sue convinzioni. Ma sull’immigrazione l’ambiguità temo tocchi un po’ tutti. Non in questo modo palese, ma ecco ci sono cose che mi fanno rabbrividire. Per esempio la situazione dei figli di migranti, la mancata cittadinanza ora è diventato uno slogan. Si parla di dare la cittadinanza ai figli. Sono tutti d’accordo. La coalizione Italia Bene Comune l’aveva messa nel programma, Ingroia pure, Fini ne parla da tempo e dulcis in fundo Silvio Berlusconi ha detto che “si commuove quando sente un ragazzo straniero parlare in dialetto. Ok, va bene. Siamo tutti contenti. Ma i nostri padri? Le nostre madri? I nostri fratelli? le nostre sorelle? I nostri amici? io sinceramente vorrei l’abolizione della Bossi Fini, la fine dei Cie (che sono lager nelle nostre città), una legge sul diritto d’asilo, una sanatoria per chi risiede qui da svariati anni, un programma di antirazzismo nelle scuole obbligatorio, ecc ecc. Di questo non si parla. L’immigrazione non è stata nemmeno sfiorata in questa campagna elettorale. Io temo che sul tema possiamo parlare di grande ambiguità italiana e negazione del cambio antropologico che sta avvenendo in Italia. Si ha questa idea erronea che gli immigrati siano di sinistra. Non sono di sinistra. Non solo di sinistra, almeno. Ci sono parecchie persone di destra, centro. Ci sarebbero forse Grillini, ma ecco lì è stato posto una sorta di veto alla loro presenza con quel “italia agli italiani” strombazzato a destra e manca. Io temo che questo paese sia ossessionato negativamente dall’alterità. L’altro è solo fenomeno da baraccone (a scuola ai poveri bambini che non hanno mai visto il Marocco o la tunisia si chiede “mi parli del tuo paese? è buono il cus cus? Quando magari il bambino ha visto in vita sua solo i palazzoni di Segrate) o da contentere, quindi problema sicurezza. Non c’è un vero pensiero italiano su questo. è tutto emergenziale, provvisorio. Molte persone, politici inclusi, pensano che prima o poi il fenomeno finirà e si ritornerà tutti bianchi e tutti contenti. Invece non è così. Anche perché gli italiani (e forse è questo il motivo dell’ossessione secondo me) bianchi non lo sono stati mai. Nel 1922 come ci ricorda Stella un uomo nero e una donna bianca non potevano avere rapporti sessuali, se no pena la morte. Un afroamericano (l’anno della marcia su Roma poi il 22) è stato assolto perchè si era stato con una bianca…ma quella bianca era una donna italiana, quindi per L’America Wasp non veramente bianca. Ci ricordano gli Almamegretta che siamo tutti figli di Annibale. Il bianco…insomma è un colore che per l’Italia è stata più una ricerca che un dato acquisito. Mi meraviglia molto che molti colleghi scrittori del Sud guardino agli Stati Uniti per trovare ispirazione e non al Nord Africa. Teoricamente l’Italia è un paese di incroci, un paese mediterraneo. Ma ecco vedo che dagli intellettuali (che hanno grandi colpe per lo stato delle cose attuali) ai politici c’è una fuga dall’Africa, per abbracciare un’Europa che nemmeno ci vuole così bene. Un mio amico mi dice sempre che l’Italia anche geograficamente è attaccata malamente all’Europa. Sempre in bilico, ogni volta sta lì lì per cadere. Non cade però. La nostra posizione geografica potrebbe essere la nostra forza. essere allo stesso tempo Europa e Africa, Mediterraneo e Terra ferma. Invece si evita di parlare di questo legame scomodo e i migranti (soprattutto africani) vengono trattati in maniera ignobile. L’Italia ha cambiato pelle, ma non se ne vuole fare una ragione. Ecco è questa la verità. Finché non affronterà questo suo nodo psicologico non potrà essere un paese civile. E come fa ad affrontarlo? Studiando la storia (soprattutto del suo colonialismo becero, ma non solo), facendo programmi scolastici seri ed inclusivi, formando la popolazione e gli operatori. Poi si ci sarebbe il mondo della cosidetta cultura…quella sta indietrissimo secondo me.
Mi consola che piano piano in tutti i settori i migranti e i figli di migranti hanno preso la parola. In letteratura, nel cinema underground (penso al lavoro di Dagmawi Ymer soprattutto) e si anche in politica. Ci stavo facendo caso in questi giorni. Ci sono tante persone di origine migrante negli schieramenti. un po’ qui e un po’ lì. Alcuni sono figurine panini, santini che serviranno ben poco alla causa. Ma tra tante figurine panini c’è anche molta gente in gamba che si è messa in gioco con serietà. Penso anche a tante iniziative di movimento politico dal basso che migranti e figli di migranti stanno portando avanti. Io faccio parte di una piattaforma nata da poco, nata dallo sgomento dopo l’omicidio fascista ai fratelli senegalesi di Firenze. Io ho scritto (pur lottando per trovare spazi di scrittura. I quotidiani e i settimanali italiani non vogliono sentir quasi parlare di immigrazione. Troppo sfigati siete ti dicono) di questa storia. ho conosciuto i superstiti. da quel giorno Moustapha Dieng è paralizzato. Il proiettile di Casseri è entrato nel midollo spinale fracassandolo. Quel ragazzo pieno di vita oggi è un vegetale. Mi dicono che sono esagerata quando dico che quello che è successo a Firenze è un omicidio Fascista. Mi dicono “Si Casseri era un simpatizzante di casa pound, ma mica è colpa di Casa Pound”. Secondo me è colpa di casa Pound. Per me quello è fascismo. Due ragazzi morti e tre feriti è fascismo.
Insomma vi ho scritto queste cose per aggiungere qualcosa alla riflessione. io temo che la situazione italiana sia bella incartata su questo tema. ma se non ci mettiamo mano tutti (non solo la politica), beh potrebbe a breve succedere un’altra Firenze.
Mi scuso per la disorganicità. Sento molta verità nel tuo scritto, igiabascego. Sono sposato con una Mauritana nera che mi ha donato una stupenda figlia da poche settimane: la cosa più divertente è che tutti si sono meravigliati perchè il colore della pelle di Alma Hawa è bianco candido!!A mio parere il punto è che nessuno viene educato al diverso da sé e quando scopre che la diversità sta sopratutto nella propria testa, nei schemi mentali allora inizia ad amare la vita e rifugge ogni fascismo, razzismo, nazismo e comunismo realizzato. In questo stimolante blog si filosofeggia molto, si categorizzano persone cose gruppi si citano libri ed autori come se il fatto di aver scritto un libro o un saggio sia in sé contenitore di frammenti di verità, tuttavia si conoscono le vulgate di alcune discipline quali l’economia o le scienze sperimentali. Mi soffermo su un punto che ho a cuore. Ritenere che il capitalismo abbia generato la finanza è falso, difatti i sistemi finanziari esistevano in civiltà come l’impero romano, ma anche nella civiltà persiano-ellenica o quella cinese prima di Marco Polo. Leon Walras escludeva persino il sistema finanziario dal suo schema di equilibrio generale e tutti gli economisti classici non considerano il sistema finanziario come elemento portante del sistema economico. Fu la trasformazione Keynesiana a far divenire il sistema finanziario centrale nella produzione del reddito fotografando l’evoluzione generata dalla crisi del 29. Diverso è il discorso sul sistema bancario, sulle sue relazioni con il sistema di accumulazione del capitale e sulla creazione delle classe sociali dominanti. E’ verissimo che la centralità dei banchieri è una tipica critica d’estrema destra, ma tale critica si inserisce di fatto con l’antisemitismo e lo sostiene dandole una linfa non metafisica. Quindi il nodo è il razzismo insito nel sistema fascista e nazionalpopolare. Per questo risolvere il nodo razzismo implicherebbe un effetto a valanga sull’intero schema culturale esistente. E il post di igiabascego aiuta in questa direzione.
Una nota a margine sulla critica feroce ai sindacati d’oggi. Oggi i sindacati difendono i loro adepti e coloro che hanno un posto di lavoro a tempo indeterminato ed hanno come obiettivo la compartecipazione alle scelte di politica economica: in pratica il sindacato è un pezzo dello Stato e del sistema economico esistente. Non vi è antagonismo se non in precisi settori produttivi (quasi obbligati ad esserlo pena la irrilevanza delle rappresentanze sindacali). Ed anche la strategia di difesa dei lavoratori/trici a prescindere dal loro status è solo un bel enunciato. Il fatto che tramite la forma di organizzazione sindacale e soprattuto le lotte e il sangue dei lavoratori e lavoratrici si siano ottenute conquiste sociali fondamentali non ha relazione con quello che oggi sono diventati. Semmai è una memoria malamente utilizzata e una ignobile giustificazione per non modificarsi. Essere contro i dogmi e gli intoccabili è un connotato di sinistra, fino a prova contraria. Grazie per l’attenzione
Peccato che parole come “dogmi” e “intoccabili” siano proprio quelle usate dai liberisti per giustificare lo smantellamento dei diritti dei lavoratori.
Ripeto, la critica a quello che oggi i sindacati sono diventati non può giustificare la richiesta di abolire la forma-sindacato. Inoltre, in un paese ammalato di alzheimer e con zero memoria storica, il richiamo a quel che l’organizzazione dei lavoratori in sindacati ha permesso di conquistare attraverso dure lotte è necessario, è imprescindibile ogni volta che si blatera di lavoro annegando ogni questione in un eterno presente. Storicizzare sempre. Se non si storicizza, persino le critiche radicali (giustissime) alle burocrazie sindacali perdono di senso e diventano un fare il gioco dell’avversario di classe.
Il tuo commento, Rs64, secondo me dipinge abbastanza bene la situazione di chi crede che (o agisce come se) sinistra e destra siano posizioni obsolete. Ci sono alcune cose, che a difenderle e promuoverle, si è a sinistra, e non importa quanto siano in crisi, trasformate, peggiorate dal loro avvento queste “cose”. Il parlamentarismo, la possibilità di associarsi in partiti politici che rappresentino diritti e dignità di chi vi si associa, in sindacati a difesa dei diritti di chiunque lavori (e non solo dei tesserati e delle tesserate), sono cose di sinistra, per me. La Chiesa, per esempio, pur riconoscendo la dignità e anche la grandezza di alcune, o molte (spero si capisca cosa sto cercando di dire, l’individuo non “fa” l’istituzione, come l’abito non fa etc…) sue figure, come istituzione sarà sempre di destra, invece. Storicamente (WM1 ha ragione, Jameson ha ragione, la storia va sempre tirata in mezzo quando si fanno valutazioni non-metafisiche) questo, a mio avviso, è. Poi, che questi epigoni siano inadeguati, chi lo mette in discussione? Non certo qui, mi pare. Ma la “funzione storica” di questi contenitori, di queste “possibilità” si colloca da una parte chiara, nella dicotomia politica, e questa non è la destra. E la loro storia, non può essere né liquidata né negata.
Mi scuso per la lunghezza. Dogmi ed intoccabili parole usate dai liberisti!?! Le parole sono proprietà di qualcuno?! Non mi interessa entrare in polemica sulle parole. Siete liberi di credere che io sia un liberista o un grillino o un troll o quello che volete ma la modalità di rispondere implica una sola conclusione logica: voi avete la ragione e chi non è d’accordo con voi è contro. E’ la visione presentata di Destra e Sinistra figlia del 1789 che è superata non la Destra e la Sinistra. E ci mancherebbe dato che dal 1789 qualcosa vivaddio è cambiata. La lettura di classe a quattro gruppi (sottoproletariato, proletariato, borghesia, nobiltà) oggigiorno è allucinante da un lato, patetica dall’altro. Ho scritto che i sindacati oggi non sono più fonte di avanzamento di diritti e dignità per chi lavora; la “funzione storica” interessa gli “studiosi” non chi cerca lavoro o diritti. Scendere sulla terra e nella quotidianità vuole dire storicizzare, non ripetere la litania delle lotte che furono. Non so perchè c’è questo attaccamento morboso verso il passato accusando un intera nazione di Alzheimeir. Ugo La Malfa dopo l’elezioni del 1975 gridò “popolo ingrato. Che peste lo colga!” perchè non aveva seguito i suoi consigli. Pensare di essere più arguti o lungimiranti di milioni di persone statisticamente può essere vero, ma nasconde un elitarismo (e scarsa umiltà). E’ di sinistra o di destra?!? Secondo me la gente ricorda benissimo che nel passato chi promise più diritti, più giustizia, più dignità (ossia la sinistra) una volta giunta al potere si occupò unicamente dei propri personali diritti e al massimo di coloro che gli garantivano il consenso comunque ed ovunque. Ed è questa la ragione per cui oggi (triplo sigh!) l’unica seria alternativa alla melassa esistente sembra essere un movimento stile Scientology. Avrei voluto (ed ho lottato nel mio microcosmo) che fosse un movimento di sinistra l’alternativa ed invece non lo è perchè la sinistra italiana (in tutte le sue manifestazioni sociali) ha fallito. Guardare in faccia la realtà è atto rivoluzionario in sé e la destra italiana agendo sul ventre e sui bisogni attuali fa il lavoro che fu della sinistra. A sinistra non si guarda più ai bisogni, ma si fanno analisi del DNA su quanto sei di sinistra e tutto quello che non rientra nel modello (lotta di classe, saggio d’accumulazione del capitale, sovrastruttura..) viene subito bollato ed archiviato: M5S è protofascista perchè il programma di SanSepolcro del 1919.. Un analisi analogica va bene per un discussione senza pretese ma è quanto di più antiscientifico si possa praticare. Sarebbe bene partire dal presente per capire come costruire un futuro altro. La crisi economica che stiamo vivendo è il frutto dell’insostenibilità di un sistema che produce la propria ricchezza a migliaia di Km di distanza dal luogo ove viene di fatto goduta. La Cina, che è ancora comunista, regge le sorti del sistema economico attuale. Cuba è comunista ed opprime parte del proprio popolo. La Corea del Nord gioca al dottor Stranamore. La sinistra non emancipa più nessuno da almeno 30 anni. Questi sono i fatti. Da almeno trent’anni spero in una sinistra nuova capace di rispondere ai bisogni reali con proposte che includano e non escludano, che permetta a chiunque di costruire il suo futuro, che impedisca lo sfruttamento e la miseria perchè malattie sociali, che crei gli strumenti efficaci per difendersi dalla corruzione del potere e dall’illegalità come sistema d’arricchimento, che favorisca sistemi di produzione e di consumo compatibili con le risorse esistenti, che premi il lavoro in tutte le sue forme liberando gli esseri umani dalle fatiche più insostenibili, che metta al centro di politiche pubbliche d’istruzione e ricerca la creatività e la voglia di scoprire insita nella specie umana, che faciliti la vita del cittadino e la sua voglia di creare il proprio benessere, che faccia contribuire tutti ai servizi collettivi favorendone l’utilizzo… Grazie per l’attenzione.
Non accettiamo le tue scuse, comunque adesso che hai avuto i tuoi due minuti speriamo tu sia contento.
E’ una risposta triste.. sembra la frase di un film di cassetta sulle assemblee studentesche della fine degli anni 70. Non sono affatto contento che persone intelligenti e di sinistra siano così incapaci di dialogo. Ma sono ancora più triste perchè la sinistra è totalmente incapace di proporsi come alternativa credibile alle elezioni. A me interessa che i nostri figli/e vivranno in un Italia più giusta, più civile e più vivibile. Spero valga anche per voi. Saluti
Certo, uno praticamente, mollando altri impegni per via dell’urgenza di discutere e chiarirsi insieme ad altri, dedica intere giornate a rispondere e spiegare, anche quando gli interlocutori ripartono sempre da capo con gli stessi punti già sviscerati e rovesciano cataste di clichés, la Russia, Cuba, non ci sono più i proletari, una volta qui era tutta campagna, i tremendi anni ’70, ammucchiando opinioni senza la minima pezza d’appoggio e dicendo che “questi sono fatti”, e quando infine, sfinito, dici: “Amen, tu ti tieni la tua opinione e io mi tengo la mia”, allora sei “incapace di dialogo”. Non solo: l’interlocutore si permette anche di dubitare che tu voglia il benessere dei tuoi figli. Almeno il verso di Sting “I hope the Russians love their children too” era ironico… Non solo: hai rovinato il sottothread aperto da Igiaba mescolando l’argomento dell’immigrazione con un’invettiva contro i sindacati. Guarda, chiunque può constatare, ripercorrendo questo thread, che ho avuto davvero tanta pazienza, ma tu sei venuto qui per avere il tuo quarto d’ora di trollaggine, e adesso te ne vai a farti fottere.
A me pare sempre che chi critica il sindacato come un “l’è tuto da rifare” ci abbia avuto ben poco a che fare nel pratico. Tralascio la portata storica che è innegabile ma a quanto pare qualcuno ne può fare a meno, pur con con i pochi privilegi rimasti di cui ancora gode. Sulle storture dell’organizzazione sindacale ha fatto un ottimo servizio anche Report. Inngeabili anche quelle, sono lì, documentate.
Per me sindacato significa prima di tutto un’organizzazione libera di lavoratori. L’ho vissuto indirettamente con le battaglie di mio padre metalmeccanico iscritto alla FIOM. Ho sempre avuto la sensazione, e ce l’ho ancora, che quelle battaglie (sto parlando di 10-20 anni fa, non di 50) venissero combattute anche per me. Una cosa che d’altra parte ho sempre rimproverato ai miei colleghi precari di allora è stato lo scegliere di stare seduti a dire “il sindacato non ci rappresenta” e non l’alzarsi e andare a prendere il sindacato per le orecchie (se necessario) e dirgli “anche tu devi stare con me”. Come si fa? Secondo me in maniera semplice, recuperando la coscienza di classe (tu metalmeccanico sei come me ricercatore precario) e la solidarietà sociale.
Nella pratica a me è capitato di partecipare a una manifestazione FIOM e di conoscere molti ragazzi, sia semplici iscritti sia persone realmente attive come sindacalisti (anche se non nelle “alte gerarchie”). Il risultato è stato vedere quegli stessi ragazzi (operai) a una manifestazione insieme a studenti e ricercatori precari.
Il punto è che oggi si pensa ai lavoratori come appartenenti a categorie parallele (gli operai, i muratori, i ragionieri, ecc) che non possono incrociarsi e non come una stessa classe sociale che col tempo si è scollata. Non so, io in quei momenti ho avuto la sensazione di aver fatto qualcosa davvero di sinistra, un qualcosa di piccolo e che certo non ha avuto grossa risonanza, ma ne vado ugualmente orgogliosa. Se il sindacato non è più, o non è sempre, un’organizzazione libera di lavoratori la colpa è dei lavoratori che liberamente non si organizzano più.
Quoto dalla prima all’ultima riga del tuo intervento.
Ma occorre dare un’occhiata anche all’altro corno del problema. Riformare una coscienza di classe lavoratrice oggi è dura proprio perché il sindacato in primis l’ha annacquata parecchio e non la sostiene più nei fatti (a parole sono buoni tutti…). Quei lavoratori frustrati, invece di andare a lagnarsi da mamma-Grillo, blaterando di un sindacato equiparabile agli apparati statali, dovrebbero riprenderselo il sindacato, appunto, proprio come dicono di volersi prendere il Parlamento, invece di dichiarare pericolosamente la fine del sindacalismo tout court. C’è da faticare però, è più difficile che andare un giorno in piazza ad ascoltare un comizio. C’è da scontrarsi (quotidianamente) con una classe dirigente sindacale che è quello che è, culturalmente fuori tempo massimo, ottusa, verticistica, maschilista, dura da scalzare. L’attuale classe dirigente della CGIL, ma anche di altri sindacati minori, cioè i 50/60enni di oggi, si è formata in una stagione di concertazione, di rimessa sociale, di dirigismo post-riflusso dei movimenti. Costoro sono del tutto inadatti ad affrontare la contingenza attuale. O ci sarà un ricambio generazionale – e appunto devono essere i lavoratori, gli iscritti a pretenderlo, forconi e tessere alla mano – altrimenti il sindacato è condannato all’obsolescenza, cioè morto, come annuncia e come vuole Grillo.
L’analisi è acuta e regge sicuramente per tutti i populismi di destra (incluso il grillismo), ma a mio avviso il frame “comunità armoniosa che viene disturbata dall’intruso” è stato largamente applicato anche nei regimi socialisti per delegittimare e/o mettere a tacere la dissidenza.
Siamo proprio sicuri che sia un’esclusiva di destra?
Certamente il frame di destra può essere attivato anche da singoli, gruppi o partiti che si definiscono “di sinistra”, lo abbiamo visto e lo vedremo ancora. Basti dire che l’espressione “comunità armoniosa” è tipica del dibattito sulla Cina. Poco importa come uno definisce se stesso, è più da come identifica e addita il nemico, da come divide il “noi” dal “loro” che si capisce dove sta. C’è un celebre aneddoto (probabilmente inventato) che Zizek raccontava alcuni anni fa. Quando andò in visita in Cina, di fronte all’evidenza di un paese ormai compiutamente capitalistico, chiese a un burocrate: “Mi spiegate cosa intendete quando usate la parola ‘comunismo’?”, e dopo un po’ di risposte evasive, quello finalmente rispose: “Comunismo è la società armoniosa dove ognuno sta al proprio posto, lavora senza mettersi grilli per la testa etc.” E Zizek: “Ah, certo, ho capito! In Europa lo chiamiamo ‘fascismo’.” Chiaramente è una boutade, le storie sono diverse etc., ma ho raccontato la storiella semplicemente per dire che non basta usare parole come “comunismo”, “socialismo”, “sinistra” perché il frame attivato sia quello.
il grillismo è nato quando io ero già fuori italia da tanto, quindi escludo di aver capito cosa è successo davvero.
mi ricordo solo le mie impressioni di molti anni fa, 2006 o 2007, quando sull’onda di ricordi d’infanzia e degli ill-advised panegirici del manifesto ho letto qualche uscita della rivistina edita dal blog e guardato pezzi di qualche proto video-comizio, in cui il personaggio sul foglio e dal palco diceva cose talmente razziste e qualunquiste che dopo poco me ne sono semplicemente disinteressata, derubricandolo a ennesimo fascistoide folgorato sulla via di damasco.
poi è venuto il ‘movimento’, e poi il partito, e da lontano, per me almeno, è stato davvero difficile indurre tutti i passaggi di senso, capire come sono sciftate le strategie e le logiche dei tanti di (ex-)sinistra che via via hanno cominciato a fare attivismo, e a candidarsi e a votarlo. quindi non posso partecipare attivamente a questa discussione, ma davvero mi piacerebbe che qualcuno tentasse per carità mia una ricostruzione cronologica di parte giapster di come sono andate le cose (secondo me da associare a ottime analogie col fascismo come quella di salvatore_talia in un commento qui sopra).
insisto sul fatto che sono il razzismo e il nazionalismo del movimento in particolare (e proprio ora, proprio in questa fase migratoria, come fa notare igiabascego) a rendere per me incomprensibile come abbia potuto attecchire cosi’ in fretta, e a malaugurare per il futuro, per cio’ cui apre la strada.
in questo senso, trovo superinteressante quanto accennato da alcuni commenti sopra in relazione al confronto cinque stelle-lega, e alle differenze fra le rispettive basi. in particolare: queste differenze dipendono soprattutto dal fatto che cinque stelle è piu’ recente e piu’ personalista della lega, o c’è molto altro, che dipende magari (oltre che dal ‘mostro’ del brand casaleggio) piu’ dal territorio in cui hanno proliferato e dal diverso stato di putrefazione o frankensteinizzazione della sinistra al momento e nel luogo della nascita, insomma dal ‘sito’?
e mi chiedevo anche un’altra cosa (che pero’ magari è off-topic): qual è l’opinione delle mafie su cinque stelle (è stata data? o come la si capisce?) e gli attivisti come reagiscono? come si inserisce cinque stelle nelle dinamiche politiche a sud (e nella storia di queste ultime)? quali sono a sud gli spazi e i margini di lotta che rendono cinque stelle utilizzabile o meno (dalle sinistre/dalle mafie)? credo di aver letto tutti i post giap sul grillismo negli ultimi mesi, ma non mi ricordo granché su quest’ultimo tema, e neanche su femminismo a sud mi pare ci sia molto. qualcuno mi puo’ ridirigere?
Buonasera, ho letto il post e tutti i commenti finora pubblicati e mi sento di fare qualche considerazione sparsa, anche se alcuni punti saranno tacitamente rivolti a chi ha orecchie per intendere.
# Prima di tutto, non mi convince il ruolo determinante che si attribuisce alla Rivoluzione Francese nella costruzione di destra e sinistra e del contesto all’interno del quale o due poli acquistano un senso. O meglio, capisco che è da intendersi, come diceva WM1 sopra, come evento di rottura manifesta rispetto all’organizzazione sociale precedente e come simbolo della modernità, ma non condivido l’opinione che abbia senso parlare di destra e sinistra solo nell’ambito parlamentare, o comunque in una forma sociale di rappresentanza borghese: secondo me si può parlare di destra e sinistra, con opportune precisazioni, in ogni epoca e in ogni società. E se ne potrà parlare sempre, almeno finché esisterà una società divisa in classi (e generi, e “razze”).
Se invece il senso da attribuire al post è che la Rivoluzione Francese ha reso possibile che queste due visioni prendessero coscienza di sé e si riconoscessero come forze operanti nella storia, è un altro discorso e sono d’accordo, ma se si ammette che quelle forze sono sempre esistite nelle società umane divise in classi.
# Sopra, MILKBAR scriveva «non credete che la sinistra possa essere partecipe all’interno di questo movimento che potenzialmente potrebbe diventare realmente Rivoluzionario senza alzare muri ideologici?».
Prima di porre una domanda del genere ci si dovrebbe prima preoccupare di spiegare cosa significa “senza alzare muri ideologici”. Le “ideologie” (nell’accezione comune, non quella marxiana) sono modi di interpretare la realtà all’interno dei quali si fa ricadere praticamente ogni fatto sociale, economico, culturale, politico per darne una narrazione coerente su determinati presupposti. Ora, cosa significa “superare le ideologie”? Significa rinunciare ad avere dei presupposti? Rinunciare all’interpretazione dei fatti? Rinunciare ai fatti? Tutto questo non ha senso. La verità, per quanto triste possa sembrare, è che non c’è una verità. Tutti partono da presupposti, tutti hanno un’ideologia (che ne siano consapevoli o meno).
Propugnare il superamento delle ideologie significa di fatto sostenere un’ideologia del pensiero unico, in cui si accettano le “idee” e si respingono le “ideologie”: generalmente chi fa questo discorso tende a considerare idee tutto ciò che fa parte dell’ideologia dominante e ideologia tutto ciò che non ne fa parte (le ideologie sono sempre degli altri…). La distinzione tra le due cose è dunque fittizia ed arbitraria. Anzi, con una strizzata d’occhio diciamo pure che è ideologica (marxianamente, questa volta!).
# Altra considerazione, sul «tutti possono e devono entrare» nel M5S per partecipare al cambiamento nella direzione desiderata. Generalmente è la proposta che viene fatta a chi critica. L’ho vista dare come risposta a chi accusava il movimento di poca selezione riguardo alla pregiudiziale antifascista. Il fatto è che l’idea che un fascista (o un liberale, o un centrista, o un maoista, chiunque) smetta di essere fascista (o liberale, o centrista, etc.) nel momento in cui entra nel movimento, perdendo la propria identità individuale… è un’idea fascista:
È un po’ difficile definire i fascisti. Essi non sono repubblicani, socialisti, democratici, conservatori, nazionalisti. Essi rappresentano una sintesi di tutte le negazioni e di tutte le affermazioni. Nei fasci si danno convegno spontaneamente tutti coloro che soffrono il disagio delle vecchie categorie, delle vecchie mentalità. Il fascismo mentre rinnega tutti i partiti, li completa. Nel fascismo che non ha statuti, che non ha programmi trascendenti, c’è quel di più di libertà e di autonomia che manca nelle organizzazioni rigidamente inquadrate e tesserate. (Benito Mussolini, Il popolo d’Italia, 6 ottobre 1919)
Questo rende conto anche della concezione grillina di democrazia, secondo cui, com’è stato già detto a più riprese qui e altrove, il movimento rappresenterebbe tutta la società e all’interno di esso dovrebbero risolversi tutti i conflitti di ogni sorta. In questo modo si propone di fatto l’annullamento di conflitto e questo, tecnicamente, è il fascismo. (qui una discussione più approfondita)
# Sul rapporto tra M5S e NoTav. Tra i fondatori della Casaleggio Associati e tra i suoi maggiori soci fino a due mesi fa, quando ha lasciato per motivi di altra natura, c’è Enrico Sassoon. Questi, oltre a essere consulente aziendale del M5S, in quanto appartenente alla Casaleggio Associati, fa parte (e dirige) la sezione italiana dell’American Chamber of Commerce, un cartello di aziende private. Scopo dichiarato del cartello è «sviluppare e favorire le relazioni economiche, culturali e politiche tra gli Stati Uniti d’America e l’Italia, di promuovere e tutelare gli interessi dei propri associati nell’ambito dell’attività di business tra i due Paesi e di diffondere tra i propri associati le informazioni relative alla propria attività». Tra questi associati i cui interessi sono *per statuto* tutelati da Sassoon, c’è la Impregilo S.p.A, cioè l’azienda costruttrice di TAV e Ponte. Grillo può sgolarsi quanto vuole contro le grandi opere inutili.
Non per essere complottisti, ma sticazzi.
# Sull’onestà. Tu vuoi cacciare i politici ladri e disonesti e io sono d’accordo. Ma Monti è disonesto? No. Si può onestissimamente tagliare lo Stato sociale, smantellare l’università e la scuola pubblica, privatizzare i servizi, applicare i dettami dell’economia neoliberista. Si può onestissimamente favorire gli interessi dei grandi industriali, essere espressione della classe dominante. Si può onestissimamente minare alla fondamenta le conquiste dei lavoratori e le tutele sindacali. Si può onestissimamente privare le donne di libertà di scelta e di autodeterminazione. E così via. Devo continuare?
Per concludere, riporto le testuali parole scagliatemi addosso da un grillino (lo fanno in molti, specialmente ora che sono gasatissimi dal possibile esito del voto) quando gli facevo notare le somiglianze tra la retorica di Grillo e quella di Mussolini. Ironia della sorte, indovinate con che tono e che retorica mi ha risposto…
«Ti piegherai alla maggioranza se sei democratico. Facile»
Multi-commento puntualissimo, bravo.
Chiarisco solo sulla rivoluzione francese: alla rivoluzione francese risalgono le metafore spaziali “destra” e “sinistra” che stiamo usando, non vuol dire che sia nato allora lo scontro tra le realtà sociali e conseguenti visioni del mondo che le due metafore indicano. Anch’io ho scritto che, retrospettivamente, si può anche parlare di una “destra” e di una “sinistra” della Riforma protestante o della rivoluzione di Cromwell… Però, appunto, lo si fa retrospettivamente, si usano i due termini “ante litteram”, ed è sempre bene precisarlo.
Ancora: anche se le due metafore derivano dalla disposizione degli schieramenti in un parlamento (che comunque non era un parlamento qualsiasi, era la Convenzione, hai detto nulla! :-)), non vuol dire che usarle comporti un’ottica parlamentarista, perché sono, appunto, metafore, termini che da tempo hanno trasceso il loro significato letterale (direi che lo hanno fatto quasi subito, peraltro).
Spero che adesso il riferimento alla Rivoluzione francese sia più chiaro.
Allora siamo d’accordo, grazie per il chiarimento.
Condivido anche il sacro rispetto per la Convenzione: da quando ho letto la gloriosa descrizione che Hugo ne dà in “Novantatré” ne sono rimasto incantato.
Vabbe’, Hugo esagera e soprarigheggia di brutto, la Convenzione era anche un merdaio, ma un merdaio maestoso. E poi, quale altro parlamento si è mai più fatto invadere e occupare dal popolo incazzato *trovandolo normale*? :-)
Risposte praticamente impeccabili… ho solo una perplessità sul secondo punto, perché ci sono elementi secondo me un po’ insidiosi nel ragionamento che fai.
I grillini in genere non *negano* la legittimità delle ideologie in quanto tali – al punto che molti di loro, e qui parlo sulla base della mia limitata esperienza personale, si autodefiniscono “di sinistra” oppure “liberali”, oppure addirittura “anarchici” o “libertari”. Quello che negano è, invece, il fatto che queste ideologie debbano guidare l’azione politica del loro MoVimento; sicché ognuno, per conto proprio, può pensarla come vuole, può avere una sua idea generale della società e del mondo; ma fintantoché si fa attivismo insieme nel MeetUp questo genere di differenze va messo da parte per concentrarsi invece sulle “idee”.
Il che, tra l’altro, provoca un effetto piuttosto significativo: ciascun singolo attivista, non potendo ovviamente rinunciare ad un’idea generale sul mondo e sulla società (per quanto confusa e contraddittoria questa sia), tende a vedere nel M5S un rispecchiamento della *propria* personale ideologia.
Per questo, secondo me, non è del tutto corretto rispondere all’approccio grillino in materia di ideologie rivendicandone la relatività – come mi sembri fare tu quando dici che “la verità è che non c’è una verità”. Un grillino, probabilmente, sottoscriverebbe questa tua affermazione col sangue, e anzi aggiungerebbe: “ed è proprio per questo che, nel fare politica nel M5S, ci sforziamo di mettere da parte le ideologie per concentrarci su idee concrete”.
Il punto sul qualei grillini sono profondamente carenti è invece quello della *analisi*. Che non è pura e semplice interpretazione “relativa” dei fatti, punto di vista da spendere nel gioco plurale delle visioni del mondo, ma un tentativo di spiegare i fatti razionalmente, senza tradirli, su basi per quanto possibile oggettive.
Perché la questione poi è questa: cosa ci fa preferire una visione del mondo, un'”ideologia” ad un’altra? Io penso che, al di là di tutto, anche rispetto ad oggetti complessi e imprevedibili come le società umane, esistano strumenti di analisi e comprensione più “scientifici” di altri; che non tutte le interpretazioni possibili siano corrette; e che uno dei punti su cui l’ideologia dominante sta registrando i suoi maggiori successi sia precisamente l’idea secondo cui “anything goes”, per cui le interpretazioni rimangono pur sempre relative… e per cui, gratta gratta, il compito del leader politico rimane semplicemente quello di muoversi a slalom fra pregiudizi, residui ideologici assortiti, interpretazioni relative, costruendo la propria credibilità sull’aspetto comunicativo.
Lo so, la mia è una concezione un po’ “hardcore”, però se non torniamo a rivendicare la necessità di un po’ di “pensiero forte” come base per analisi profonde e sostanziose, troveremo sempre qualcuno più bravo di noi a muoversi nella liquidità delle infinite interpretazioni possibili.
Per Luther Blisset
Mah! Sono abbastanza perplesso, ed avrei una serie di obiezioni da fare al vostro articolo ed alle vostre tesi. Parto dalla struttura portante di tutto il ragionamento, cioè la differenza tra Destra e Sinistra: leggo che “tagliando con l’accetta” Sinistra e Destra si distinguerebbero (volendole riassumere all’essenziale, come fate voi) per il diverso rapporto che avrebbero le due parti nei confronti dell'”esterno”, ovvero dell'”altro”. I primi, dite, si sentirebbero appartenenti ad una società dominata da “divisioni” (da eliminare credo, questo non lo spiegate bene) e gli altri invece si sentirebbero appartenenti ad una società “unita” (o che non lo è più a causa di forze esterne da soffocare). Addirittura a sostegno di questa tesi più volte ho visto tirare in ballo eventi e personaggi della Rivoluzione Francese per i quali consigliavate di menare giù tanto di cappello!
Fossi cristiano direi: “Gesù”! Invece dico: “Mmm”!
È proprio cacciando dal cilindro, mio malgrado, il periodo della Rivoluzione Francese (nella quale sembra voi e molti vostri lettori troviate la genesi della dicotomia Destra/Sinistra) che escludo con forza la responsabilità del tema del “diverso” come spartiacque tra le due correnti, all’ora infatti, e già prima della presa della Bastiglia, esse si diversificavano per il contrapposto ruolo che le istituzioni parlamentari (cioè di rappresentanza) si domandavano di dover avere nei confronti di un legislatore sopra le parti, ovvero del concetto stesso di potere (per esempio il Re). Nel caso specifico, quello francese, tra i deputati dell’Assemblea nazionale costituente ci si chiedeva se il Re dovesse avere o meno diritto di veto sulle leggi dell’Assemblea stessa. Anche eliminando un Re non cambia il problema alla base! Alcuni ritenevano che la società necessitasse di una struttura verticale, dove sono riconosciute qualità personali esclusive, da conservare nel tempo (divisione in classi sociali e tradizione), altri invece che la società abbisognasse di una lettura orizzontale, dove le differenze sono appianate da uno sforzo collettivo (Stato) anche a costo che questo sforzo non sia necessariamente equo a sua volta. Questa è la distanza Destra/Sinistra, e non sono neanche troppo convinto che siano stati i francesi ad insegnarla al mondo, ma ve la abbono. La storiella dell'”esterno” è solo il fantoccio con il quale da sempre, entrambe le parti, progressiste o reazionarie che fossero, hanno ottenuto consensi semplici per obiettivi immediati, spesso materiali, soprattutto nel corso del novecento. Ciò significa che destra e sinistra sono opposte visioni dello strutturamento delle competenze e delle relative ricchezze che da esse derivano, all’interno della società.
Ora, andiamo nel caso specifico, ovvero la seconda obiezione se volete, la questione del “diverso”. Leggo che è un comportamento esclusivo della Destra quello di avere un nemico sul quale riversarsi e legittimare la propria sovranità… Sarebbe troppo facile portare esempi reali e storici di accanimento su minoranze scomode da parte di Stati proclamatisi indefessi detentori dei principi della matrice di Sinistra e, poi, aggiungere che questi eventi sono la prova stessa che l’accanimento sull'”esterno” ha a che fare solo con esigenze (che io aborro) immediate e non, come sostenete in questo articolo, con l’ontologia della Destra, e tanto meno della Sinistra, sostengo ancora che entrambe le parti non si sono mai caricate di quest’istanza se non per ignoranza, é dei capi, é dei sostenitori dei capi. Eppure, tornando a noi, voglio risolvere questo ragionamento al nocciolo, e contestare l’idea che proponete di Destra/Sinistra con una piccola provocazione. Consiglierei ad ogni lettore/rice di domandarsi con sincerità: chi è il mio “esterno”? Si accorgerà di avere il suo nemico nella “parte” opposta. Mi sorprende leggere che l’odio verso l’altro è un atteggiamento di stampo Destroide, quando ogni fascista, liberista, centrodestrista è ripudiato, condannato, denigrato dalla sua controparte… Ed ovviamente viceversa. Ognuno sceglie il suo nemico, nessuno si senta escluso.
Spero non pensiate che questa sia un’apologia della Destra o di chissà cosa, è che fra destra e sinistra si infilano tanti di quei temi che alla fine lo splendido dibattito costruttivo che quei signori (a cui per questo farei tanto di cappello) volevano proporre al mondo viene tralasciato, e restano, ahimè, gli insulti e le divisioni inserite da demagoghi. Signori, se uno disprezza chi ha la pelle diversa dalla sua, non è né di Destra, né di Sinistra, è solo un razzista.
Terza obiezione, è più una preghiera che un’obiezione, lasciate in pace i borghesi! Quanto è strumentale questa parola. “L’ignavia della piccola borghesia, che è la più becera d’Europa”? Sembra che quel “piccola” sia stato messo li per offendere tanto il disprezzo che sgorga da questa frase, la piccola borghesia di cui parlate è il commerciante, un imprenditore con 10 dipendenti, un impiegato statale, un professore delle medie, e non fanno altro che difendere se stessi e i loro pochi interessi come chiunque altro, né parlate come se avessero il dovere di sacrificarsi è buttare nel cesso tutta una vita di lavoro, e per cosa? Forse per permettere ad una classe (che VOI e solo VOI con questi ragionamenti sembrate confermarne o quasi legittimare un’inferiorità direi “intrinseca”, una subalternanza vittimistica rispetto al resto della società) come quella degli operai di diventare borghese a sua volta? Mi sembra un ragionamento con troppi controsensi per essere credibile, anche perchè senza classe operaia, non c’è spazio per gli intellettuali.
Il discorso sui “frame” è strano, in esso includete anche lo spirito? Il potere dell’appartenenza? Il concetto di comunità? O per voi la politica è “solo” abilitá retorica? Se è così (ma non penso) esprimete concetti più umani, ovvero usate con più cautela la parola “banali”.
Quando criticate la storiella in merito al fatto che “si sarebbe dovuto lasciare il mercato al suo andamento naturale ecc ecc ” mi scandalizzo! Non è forse successo questo? Che cosa intendete per mercato, un essere etereo che si muove autonomamente tra le borse del mondo e combatte contro le speculazioni?!? Il mercato ha delle leggi, che gli umani hanno creato, ed utilizzano, a loro rischio e pericolo, naturalmente. Se poi era solo riferito al tipo di “frame”, be’ , i due concetti sono abbastanza simili.
Avrei altre critiche, ma forse ho già annoiato a sufficienza, non so che immagine terribile esca fuori di me da questa critica, mi sento solo di dover dire che sono fuori dallo scontro, da ogni scontro, sia di destra, che di sinistra, perché ho paura che sia solo questo scontro a tenere ancora in vita un sistema separato, confuso, ma certamente, a mio avviso, superato da tempo.
Avete scritto libri importantissimi per la mia vita.
Ciao a tutti
Emiliano, ‘scoltami un momento:
a parte che qui nessuno si chiama più “Luther Blisset” dal 1999 (e anche ai tempi, era “Luther Blissett”, con due t, ma vabbe’);
a parte che grazie per la frase sui libri importantissimi;
a parte questo, Emiliano, abbi pazienza: hai scritto un commento interminabile ma dentro ci sono obiezioni e domande che in larga parte erano già state fatte, alle quali abbiamo già risposto (e volentieri) svariate volte… Davvero, così diventa un gioco al massacro.
Dobbiamo rispiegare di nuovo cos’è un frame, spiegare che in un certo filone delle scienze cognitive un frame è un quadro concettuale/narrativo basato su una metafora primaria etc.? E dopo averlo rispiegato per la centesima volta, far notare che quello che abbiamo descritto è appunto un frame, un frame profondo, cioè la *narrazione di base* del pensiero di destra (si potrebbe dire il suo “mitologema”) quella che si situa sul terreno delle pulsioni e dunque sotto e prima di ogni altro sviluppo, concettualizzazione e teoria politica, assegnazione di un ruolo allo stato e quant’altro?
Dobbiamo ancora rispondere sugli “stati di sinistra” (addio core) etc.? Rispiegare che non importa un fico secco se uno (singolo o stato) si autodichiara “di sinistra”, perché in questi contesti non vale l'”autocertificazione” ma quel che si fa, e quindi conta quale frame sia alla base della propria definizione e individuazione del nemico? Dobbiamo dire ancora che uno può dirsi di sinistra ma “pensare e agire di destra”, e questo vale non solo per i singoli ma anche su ben altra scala d’operazioni?
Dobbiamo ancora chiarire l’equivoco che traspare in micro-riassunti della nostra posizione come “l’odio verso l’altro è un atteggiamento di stampo Destroide” (ma chi l’ha scritta una cosa del genere?!), facendo notare che “avercela con la controparte” è ben diverso dall’avercela col nemico alieno, perché “controparte” non è un’essenza ma un ruolo, si è sempre “controparti” in una vertenza, e in generale nell’internità a un rapporto sociale, e quindi se gli operai odiano il padrone non lo fanno perché il padrone è visto come diverso ed “esterno” a una comunità omogenea e armoniosa, ma semplicemente perché ha un ruolo che consiste nello sfruttarli, e come faceva notare WM2 “se Marchionne da domani facesse lo spazzino nessuno lo combatterebbe più”, mentre per un nazista un ebreo rimane un ebreo e quindi un nemico qualunque sia il suo ruolo e a prescindere dalle sue relazioni sociali?
Già che ci siamo, dobbiamo farti notare che il capoverso dove critichi le nostre presunte posizioni sulla piccola borghesia non ha la minima attinenza con quello che abbiamo ripetutamente detto e spiegato, e cioè che di per sé il ceto medio proletarizzato non è affatto condannato a essere conservatore, anzi, potrebbe benissimo fare blocco con altri strati disagiati, che sono disagiati da più tempo, e il falso sbocco offerto dal fascismo è servito e serve ancora a impedire che questo succeda?
Dobbiamo farti notare che il capoverso dove ci fai una domanda dopo l’altra su un virgolettato estrapolato alquanto a capocchia (quello sull’andamento naturale del mercato) è basato su una lettura come minimo frettolosa di quel che abbiamo scritto, e che per capire cosa intendevamo bastava leggere meglio (e chessò, magari seguire la pista del nostro riferimento a Polanyi, e/o di quello alle “robinsonate”? Dobbiamo spiegare cosa sia per i liberisti il mercato e quali arrampicate di specchi facciano per giustificare il fatto che, con tutta evidenza, il mercato *non* si autoregola?
Dobbiamo farti notare che la nascita dei termini “destra” e “sinistra” durante la rivoluzione francese – notizia che chissà perché lascia perplessi diversi commentatori e ha indotto te a riempire il tuo commento di incisi e formulette dubitative (“nella quale sembra voi e molti vostri lettori troviate la genesi della dicotomia Destra/Sinistra”) – è semplicemente un dato di fatto storico e bastano dieci secondi di ricerchina su google per constatarlo?
Davvero, dobbiamo dire di nuovo tutto questo? No, dài, per favore.
Non lo so, sembra siate un po’ troppo sulla difensiva, stai rilanciando indietro i sassi che arrivano oltre la barricata.
Capisco, anzi so, che avere un blog significa confrontarsi quotidianamente con le menti, e le resistenze più disparate, e che a volte la mole di commenti è così vasta che approcciare ad ognuno al 100% è davvero un massacro (anch’io prima di postare ho letto tutto ciò che era stato commentato prima), ma qui io ho giocato a spade, e tu hai risposto a bastoni.
Sarò breve per non tediarti: so cos’è che intendevate per frame, invitavo solo ad essere meno approssimativi.
Sono daccordo che tu creda che il fascismo o che alcuni “frame” possano essere la causa della disunione tra una classe in recessione ed una considerata a questa subalterna, ma tu devi capire che altri, tipo me, credono invece che il discorso sia al contrario, la classe in recessione vuole tornare al suo status, e trova la soluzione nel fascismo o in questi frame, così come la classe subalterna cerca il riscatto, in qualcos’altro, in ciclo naturale, personalmente non faccio distinzioni qualitative, ma necessarie (a parità di diritto) di un sistema in equilibrio… È un problema culturale, prima che politico.
Ma lo zoccolo duro è l’assegnazione autoritaria di questi sacrosanti frame a categorie che secondo un parere diverso dal vostro, non le hanno mai incluse, perché appartengono esclusivamente all’uomo, e alle sue responsabilità. Fino a quando verranno confusi i due mondi, non sarà che rissa a oltranza, svuotata di senso e obiettivi che non siano l’annichilimento o il coma, noi siamo in coma da un secolo per colpa di un conflitto che a me, personalmente, non interessa. Perdonatemi ma la prova di Marchionne non sussiste: ebreo sta a padrone come Anna Frank sta a Marchionne, puoi dire quanto vuoi che uno è considerato alieno alla società e l’altro no, ma non mi convince. Quello che intendo dire è che è proprio la Sinistra che ritiene aliena la Destra e viceversa, rendendoli complici nell’errore, fino a quando i temi resteranno su questo piano che invece è emotivo ed umano, le due correnti saranno spolpate ed inutili, bisogna liberarsi da questo giogo, o saranno secoli di pensiero buttati nel cesso, migliaia di martiri assassinati per nulla, abboccare ancora ad ami di furbi pescatori.
Scusate per Luther, non volevo offendere nessuno.
Complimenti per il blog!
Ciao
Il mio era un modo di darti effettivamente le risposte, travestendole da iper-dettagliate domande retoriche, quindi simulando una non-volontà di dartele, per far capire che è una fatica boia ricominciare sempre daccapo.
“Ebreo sta a padrone come Anna Frank sta a Marchionne” non solo mi trova in disaccordo, ma la trovo un’equivalenza irricevibile, inaccettabile. E’ una “reductio ad hitlerum” che equipare la sacrosanta incazzatura dell’operaio di Pomigliano con l’odio antisemita che portò alla Shoah. Mi dispiace, ma non mi vedrai mai avallare alcunché del genere.
Invece, quando dici ” la classe in recessione vuole tornare al suo status, e trova la soluzione nel fascismo o in questi frame”, stai dicendo la stessa cosa che diciamo noialtri, quindi mi sembra che su questo discorso dei frame ci sia stato un fraintendimento a monte.
Nessun problema per Luther.
Non posso non rispondere, “la riductio ad hitlerum” mi colpisce personalmente. Io odio la logica stretta, ma secondo te la differenza che fate tra percezione dell’ebreo e del padrone dovrebbe dimostrare l’esclusività, dell’esperienza d’odio per l’estraneo alla propria condizione sociale, ad una specifica categoria politica? Be’ secondo me invece conferma il contrario, gli autori di quest’odio sono odiati da te medesimo, e considerati estranei, da scacciare ed eliminare, perché sono razzisti, violenti, emarginatori, offuscatori di diritti altrui, sostituisci una sola di queste categorie a Marchionne e forse capirai cosa sto cercando di dirvi, quello che non capisco e perché queste categorie non vengano usate per se stesse, ma vengano ricondotte ad un’esperienza di Destra (che è il TUO nemico alieno inascoltabile , e viceversa), e che con la destra/sinistra non hanno niente a che fare, e mi chiedo, visto che è un’esperienza che provi anche tu ( come dicevi? Non basta “autocertificarsi”, ma dar peso a quello che si fa), non sarebbe il caso di fare un “mea culpa”?
Non ho molto capito il tuo commento e forse mi son persa qualcosa, ma non mi sembra così difficile capire la differenza tra l’odio verso qualcuno per quel che E’ (l’ebreo, l’arabo, l’omosessuale ecc.) e l’odio verso qualcuno per quel che FA (Marchionne, il razzista, il violento ecc.)…
Perché non sono uno che semplificata troppo la differenza tra “essere” e “fare”.. Ma non so se ora vi va di parlare di psicologia. Poi capisco sia difficile mettersi in discussione, ma qualche volta va fatto.
Il fraintendimento sta nella diversità delle premesse: per te (e per molti altri), mi sembra di capire, “destra” e “sinistra” sono schieramenti politici.
Per noi invece:
1. “destra” e “sinistra” sono due metafore spaziali convenzionali, derivate dalla disposizione dei posti alla Convenzione rivoluzionaria del 1789;
2. le due metafore da tempo hanno trasceso il loro significato letterale e sono arrivate a indicare due polarità entro le quali oscillano il discorso e l’agire politico e sociale;
3. in corrispondenza di queste polarità troviamo due schemi mentali di base, basati su due frame narrativi profondi che abbiamo descritto idealtipicamente (nella realtà tutto è più spurio);
4. a differenziare questi schemi mentali è l’approccio verso il conflitto sociale: per la sinistra è intrinseco al corpo sociale, per la destra è estrinseco; per la sinistra è parte ineludibile del funzionamento della società, per la destra ne è una “perturbazione”, una stortura;
5. di conseguenza, nella narrazione “di sinistra” si individua il nemico all’interno delle relazioni sociali esistenti, mentre in quella “di destra” si nega di essere inevitabilmente in relazione col nemico e quindi lo si individua in base a una misteriosa “essenza” inassimilabile: il nemico è diverso, è il portatore della “perturbazione” di cui sopra.
6. solo dopo tutto questo si può parlare di schieramenti politici, perché gli schieramenti politici si formano su queste basi; non è nemmeno detto che si formino, e non per questo scomparirebbero le due polarità del discorso appena descritte; semplicemente, non troverebbero rappresentanza politica, o ne troverebbero pochissima (è quello che accade da anni alla mentalità “di sinistra” in Europa e negli USA).
7. E’ un grave errore confondere la crisi degli schieramenti politici corrispondenti alle due metafore spaziali “destra” e “sinistra” con la fine delle due polarità di discorso e dei due approcci al conflitto che le metafore indicano; quelle polarità continueranno a esistere, quegli schemi mentali continueranno a perpetuarsi e scontrarsi, perché sono radicati nelle contraddizioni del sistema in cui viviamo.
8. Il discorso che abbiamo appena fatto non c’entra nulla con ipersemplificazioni e banalizzazioni come “chi odia è di destra”, “chi individua un nemico è di destra”, quindi non vale nulla obiettare che anche “a sinistra” si odia e anche “a sinistra” si individuano nemici; è un’ovvietà. La differenza sta nel *perché* il nemico è individuato come tale, e in base a quali contraddizioni.
Spero apprezzerai lo sforzo di sintesi.
E adesso, invece, spero che non ti offenderai per l’estrema schiettezza di quanto sto per scrivere:
praticamente, all’osso, sei arrivato a darmi del razzista perché ce l’ho con i razzisti, non so se ti rendi conto… Capisco che detesti la “logica stretta”, ma ripercorri un momento il tuo ragionamento e poi dimmi se non si arriva a questo. Mi dispiace, ma è il solito, stereotipato, (letteralmente) disarmante gioco di specchi, per cui l’antifascista è fascista perché si oppone al fascista etc. Dico “disarmante” letteralmente perché questo approccio, anche quando perseguito in buona fede, confonde qualunque comprensione critica delle forze in campo e ostacola qualunque critica radicale della società.
Per me, Destra e Sinistra, sono archetipi dell’umanità! Rappresentano un’inevitabile travaglio che ogni uomo ed ogni donna vive ed ha sempre vissuto intimamente nel conflitto che prova quando confronta se stesso e gli altri, quando paragona i propri interessi con quelli della sua comunità, quando gela tra la scelta del certo e sicuro e il salto nel futuro, chiamalo “schieramento politico”, chiamalo come vuoi, io lo vivo ogni giorno e ci faccio i conti continuamente. La tua cronologia è impeccabile, ed è proprio la cronologia che mi spaventa, una società giusta cristallizzerebbe un concetto e lo porterebbe sempre con se come un bagaglio preziosissimo, per cacciarlo fuori dalla sacca ogni volta che qualcuno cerca di sfruttarlo a suo vantaggio, perché un concetto è libero, e può liberare tutti, la cronologia invece lo trasforma ai suoi bisogni, noi lo plasmiamo perché ci asserva, beccandoci con chi è dall’altra parte, e in questa spirare, legittimiamo lo scontro. Se accettassi la cronologia (concedimi il paragone), San Paolo sarebbe solo un’altra mela marcia che ha contribuito al concetto di chiesa odierno, e che sia una banalità poter semplicemente “credere” ! Ma le trasformazioni sono anche strumenti pericolosi, che allontanano dall’essenza del concetto, che se dimenticheremo, sparirà senza far più ritorno. Forse vivo su un altro pianeta e non contestualizzo, eppure sono stati d’animo attualissimi, che non c’è modo di scacciar via da me, ed invece di capire che i due mondi polarmente opposti sono la base dell’equilibrio, preferiamo trovare il motivo dello scontro, la necessitá all’odio. Forse stereotipizzo, eppure il dialogo che perpetrate tra Destra e Sinistra ha ormai come unico collante le coordinate dell’odio reciproco… Sinceramente, non ne vedo più nessun altra.
Noi ci mettiamo in discussione tutti i giorni, magari potresti tu mettere in discussione la tua tendenza al predicozzo moraleggiante, la pretesa di essere l’unico che sa guardarsi dentro mentre gli altri sono resi ciechi dall’odio etc. Ogni tuo commento è più intriso del precedente di arroganza intellettuale, e il bello è che sei in buona fede.
Capisco… grazie per la conversazione!
Buona fortuna per tutto
Non mi fa inviare solo questo quindi non so che altro scrivere
Ciao!
Il Movimento 5 Stelle è un arma di distrazione di massa. Da domani probabilmente anche qualcosa di peggio. Condivido il riferimento al fascismo sansepolcrista: l’italia purtroppo è fatta così, quando si profila una crisi sistemica, salta spesso fuori un soggetto politico che si nutre di malcontento, lo digerisce, quindi lo ristruttura a sua immagine e somiglianza e lo espelle, ovvero lo dirotta in modo che oltre il velo di un apparente cambiamento da potenziale rischio diventi un puntello del sistema: questo è quello che è successo col fascismo, che si è riproposto con la lega e che germoglia nuovamente con Grillo.
Il quale però non è stato aiutato nel suo tentativo di dirottamento solo dall’invotabilità della sinistra e dal fascismo più o meno latente della società italiana nel suo complesso, ma anche all’inizio dall’atteggiamento di superiorità e a volte di denigrazione che in molti hanno riversato sui grillini della prima ora. Questo, a mio avviso è stato controproducente perché ha reso più salda l’identificazione col capo evitando che questi potesse essere veramente messo in discussione: ricordo ancora una chiacchierata di due o tre anni fa con un amico militante sin dai primi meet up in cui sosteneva la necessità per il movimento a cui aderiva di affrancarsi dal suo sponsor fondatore proprio perché non si trasformasse in padre padrone. Magari sbaglio, ma resto convinto che fino ad un certo punto della storia ci sia stata la possibilità di mandare di traverso il boccone a Grillo: invece mi sembra che lui e Casaleggio siano stati bene aiutati, più o meno involontariamente, a scavare un solco che al momento pare incolmabile.
Sono spiacente, ma il suo tentativo di equiparare il fascismo al Movimento 5 Stelle e’ patetico. Dove le vede le camice nere? Io vedo tanti cittadini che vogliono riprendersi il diritto di scegliere del loro futuro.
Se insiste con questi paragoni ridicoli, la sua credibilita’ ne risente non poco.
Caro umberto g.
qui solo una cosa è patetica: l’incapacità dei grillini di interagire con la complessità, di fare un ragionamento articolato e di pensare che il pensiero e la politica siano il tele-voto di un reality show, la battuta di un comico e lo slogan di un pubblicitario.
Come è stato scritto sopra in maniera chiara e con dovizia di fonti e sfumature, qui nessuno sta dicendo che i grillini sono uguali alle camicie nere (camicie, si scrive con la I) e che il nazifascismo è alle porte sic et simpliciter.
Stiamo ragionando su come, in tempi di crisi, la rabbia possa essere incanalata verso obiettivi sbagliati, la frustrazione possa divenire rancore improduttivo o, peggio ancora, utile ai soliti padroni per riprodurre le solite logiche. E’ già successo diverse volte, nella storia di questo paese che si chiami “rivoluzione” una cosa che non lo è e che anzi è il suo esatto contrario e che si coinvolgano persone sciaguratamente in buona fede. Sembra stia succedendo ancora. E la cosa intollerabile che tutto questo venga scambiato per “democrazia diretta”.
Vede, l’altro giorno Grillo ha finito il suo comizio a piazza San Giovanni chiedendo il “boom” collettivo, riferito alla “Merkel”, che in questo caso non rappresentava le politiche neoliberiste della Bce ma rappresenta una generica “Europa” da combattere in modo sciovinista e nazionalista.
Un mio amico, precario ed esperto di marketing aziendale per aver passato diverse ore a cercare lavori assurdi, ha riconosciuto in quel “boom” collettivo chiamato dal leader una tecnica di motivazione dei venditori, un dispositivo di incoraggiamento alla produzione e al lavoro utilizzato alle convention delle imprese che vendono porta a porta o via telefono.
Sta succedendo esattamente questo. L’ondata emozionale adesso appare inarrestabile e domani il M5S avrà un successo travolgente. Perché parla il linguaggio del mobbing, della motivazione e delle concorrenza in nome del marchio che milioni di persone si sono abituate a sentire nel corso dell’egemonia mercatista dell’ultimo trentennio.
Se lei pensa che tutto questo sia il “nuovo”, oltre le “vecchie ideologie”, sono fatti suoi. Ma non insulti il prossimo solo perché, per l’ennesima volta, cerca di pensare con la sua testa e non ha paura di essere, sempre per l’ennesima volta, parte di una minoranza cosciente.
“Dove le vede le camice nere”
A parte che il plurale di “camicia” si scrive “camicie”, complimenti per l’obiezione da ultimo anno di scuola dell’infanzia. Uno spiega, argomenta, fa esempi, cita ricorsi storici, risponde alle obiezioni, poi arriva l’intelligentone che ha capito tutto e smonta tutto con una frase impeccabile, cazzo, ma perché non ci abbiamo pensato prima?! Scusate, abbiamo parlato a vanvera, perché non portano la camicia nera e nemmeno il fez.
prima o poi mi spiegherai quale elisir assumi per riuscire ad essere così paziente e rispondere con calma proprio a tutti
Vista l’urgenza e visto che il collage di commenti e interviste è stata un’idea mia, mi sono preso due giorni per gestire la discussione e arginarne il possibilissimo svacco, anche perché ho ormai consegnato il libro e potevo permettermi questo lavoraccio extra, ma francamente sono stremato. Anch’io, daje che ti ridaje, alla fine mi rompo i coglioni.
forse che Saint-Just ti avrebbe dovuto aiutare un po’ di più di quanto abbia fatto, soprattutto negli ultimi commenti mirati allo sfinimento ;)
Sarà, ma ogni volta che in Italia i cittadini vogliono “riprendersi il diritto di scegliere del loro futuro” – N.B. dopo averlo in precedenza consegnato, di loro spontanea volontà, nelle mani del demagogo di turno – sembrano sempre ricascarci, tornando a riporre la loro fiducia incondizionata nel primo che capita, a condizione che strilli più forte di tutti gli altri.
Ieri sera avevamo a cena un’amica francese, che dopo aver visto il video di Grillo che sbraitava per due ore dal palco di S.Giovanni ci chiedeva – allibita – come si possa prendere sul serio un personaggio simile; e noi, per l’ennesima volta, a doverci sperticare in spiegazioni tipo “gli italiani sono fatti così”, “voi francesi non potete capire” esattamente come fino ad un anno fa ci toccava fare ogni volta che si parlava di Berlusconi.
Sai che c’è? MI AVETE ROTTO LA MINCHIA CON STA STRONZATA DEL VOSTRO FUTURO, dal momento che a me mi avete già fottuto il presente e buona parte del passato.
Tanti saluti, e auguri per l’assalto al parlamento.
Proviamo a prendere sul serio il programma del M5S, a prescindere dalle modalità retoriche con cui viene presentato (è un esperimento mentale, perché le modalità retoriche sono sempre parte del contenuto, il mezzo è sempre parte del messaggio). Il filo che cuce le diverse, in apparenza slegate rivendicazioni/proposte, alcune delle quali in contraddizione tra loro (es.: togliere i finanziamenti alla scuola privata, ma abolire il valore legale del titolo di studio, che è un favore ben più sostanzioso dei 500 milioni di € di contributi) è un’enorme semplificazione. Semplificazione Vs complessità sociale: la complessità è un’invenzione degli “altri” per non farci vedere che la soluzione del problema è (a) facile, (b) visibile, (c) praticabile per chiunque (ricordo che fu Tremonti, nel 2008, a dire che “la mente umana è semplice e ha bisogno di stimoli semplici”). Non c’è da insegnare alle cuoche a dirigere lo Stato: lo possono fare già adesso, e non riceveranno neanche i contributi pubblici, più di così…
Ma è proprio questo uno dei tratti caratteristici del fascismo: non di quello con gli alalmari e il fez, che era roba da delinquenti, diceva Pasolini, ma di quello vero. E infatti, se vediamo agli effetti pratici:
1. attribuire la responsabilità crisi alle grandi banche senza un’analisi seria della crisi del capitale globale serve solo a creare un nemico su cui far convergere la legittima rabbia dei cittadini; e contribuisca a spuntare l’arma di una vera critica dell’economia politica, lasciando credere che basti uscire dall’euro per risolvere la crisi, e che dalla crisi si possa uscire da soli;
2. diffondere l’idea che la rivoluzione informatica è già in atto, e consentirà l’esercizio della democrazia diretta serve solo a nascondere la reale complessità della “rete”, a mantenere celati gli arcana imperii che orientano e governano in modo tutt’altro che democratico ed egualitario la rete;
3. promettere il reddito minimo di cittadinanza senza una radicale riforma dei principi dell’economia capitalistica (rapporto tra salario e reddito, valorizzazione della ricchezza sociale, critica dell’equivalenza tra salario e tempo di lavoro, e via così) serve a creare un sussidio assistenzialistico che rafforza il carrozzone statale; per contro, questo sussidio assistenzialistico diventa una macchina di consenso, perché usa il debito per orientare l’opinione pubblica (come accadde durante la Rivoluzione francese con la crisi dell’assegnato);
4. proporre una serie di informatizzazioni che dovrebbero abbattere i costi per le famiglie come soluzione della crisi dell’istruzione serve a reiterare l’idea che l’istruzione non sia altro che acquisizione di pacchetti di nozioni, apprese non importa come, contribuendo al svalorizzare la dimensione sociale, relazionale, comune dell’apprendimento.
Mi fermo qui. Se ci si pensa, ciascuno di questi quattro esiti, e il loro combinato complessivo, coincide, in veste moderna, agile, amichevole e ammiccante, con i presupposti del fascismo. Un fascismo di tipo nuovo, un fascismo friendly. Poi, sgonfiatasi la bolla grillina, il miliardario tornerà al suo yacht e ai suoi teatri, le parole e le cose che ha sollevato in aria ricadranno al suolo, per la gioia del prossimo capopopolo.
Daccordo quasi su tutto, sulla semplificazione invece ho un dubbio. Negli scritti recenti di Chomsky trovo quasi ovunque espressa la convinzione, che condivido, che il potere cerca di far apparire complesso quello che in realtà non lo è, per scoraggiare la partecipazione e alimentare il meccanismo TINA. Nel tuo esempio, sono daccordo che togliere valore legale al titolo di studio (per quanto ormai ne abbia solo per una parte molto limitata delle occupazioni, quindi non so se vale 500 milioni di euro all’anno) sia un regalo di scuola privata, ma non capisco perchè lo consideri una semplificazione.
@ Vanetti e Little Commie Craig ( scrivo qua perché sopra non mi dà spazio )
Certo che vedo anch’io voglia di cambiamento anche radicale di un sistema che non funziona, ma appunto limitato alle regole, a un modo diverso di produrre. Ma un conto è coinvolgere le persone per migliorare lo stato esistente, come fa anche Grillo che nei suoi comizi parla di ambientalismo, di lavorare di meno eccetera, e un conto è dirgli di lottare contro il padrone ( se il padrone è il ruolo che ricopre, non è pensabile che un sistema migliore produca un ruolo accettabile? ), di fare la rivoluzione. Non sto dicendo che non va messo in discussione il capitalismo, ma che ciò che viene chiamata ideologia dominante è tirata in ballo come una cosa da cui svegliare la gente. Non si può pensare che tutti debbano prendere coscienza, si può anche pensare che non esista un solo modo di organizzare il mondo. La sinistra può dire che il profitto non deve mai andare a discapito dei diritti fondamentali oppure dire che è il profitto stesso ad andare a discapito dei diritti fondamentali, ma non può pensare che il profitto sia solo un’ideologia e che se la gente non si ribella è perché la sua coscienza è stata ipnotizzata dai consumi. Questo sistema fino ad oggi ha portato avanti mostruosità e benessere, ma chi è nato in Occidente negli ultimi 70 anni cosa ha vissuto? Le centinaia di milioni di persone in India e in Cina che escono dalla povertà cosa stanno vivendo? Il condominio *è* amministrato male, questo non è solo un frame, e non si capisce per quale motivo un cittadino nato oggi dovrebbe pensare alla lotta di classe e non a una democrazia migliore. Poi se ci riuscite a farlo pensare in questo modo i miei complimenti.
Wow… il tuo post è talmente confuso che anche solo capire quale cima afferrare per rispondere in modo puntuale è un’impresa non indifferente. Io comunque ci provo :-)
Allora, che il capitalismo abbia svolto una funzione storica che ha comportato anche il miglioramento delle condizioni di vita di milioni di persone, è un fatto che nessuno – men che meno i suoi critici più conseguenti, vale a dire i marxisti – potrebbero mettere in discussione. Ma – e su questo punto ripeto cose già dette e ridette da altri – cosa ha reso possibile in ultima istanza questi miglioramenti se non la pressione dal basso delle masse sfruttate, che hanno conquistato tutto quello che hanno conquistato a prezzo di lotte durissime ed enormi sacrifici?
La lotta di classe, da questo punto di vista, non è qualcosa a cui qualcuno “dovrebbe pensare”. E’, banalmente, un fatto che esiste a prescindere che ne siamo consapevoli o meno. E’ il frutto delle disuguaglianze generate dal sistema capitalistico, e in particolare dal suo motore: la ricerca instancabile di profitto da parte dei detentori dei mezzi di produzione (profitto che, di nuovo, non è affatto “ideologia” ma un puro e semplice fatto economico: la remunerazione del capitale investito).
La lotta di classe è esistita in passato, esiste oggi, e continuerà ad esistere fintantoché vivremo in sistemi sociali ed economici basati sulla divisione in classi. In alcune fasi si acutizza, in altre tende ad ammorbidirsi; in alcune fasi si accompagna ad una solida coscienza di classe, in altre la coscienza di classe latita. Ma i conflitti di classe persistono; e per rendersene conto basta guardare con un minimo di lucidità a quello che si muove intorno a noi: dagli scioperi generali in Grecia, alle lotte dei minatori in Sudafrica, alla mezza insurrezione scoppiata lo scorso anno nel Wukan (Cina), fino alle lotte durissime dei lavoratori della logistica in Emilia e Lombardia. E gli esempi potrebbero continuare.
Dire che, in questa fase storica, la lotta di classe non c’è, o che sarebbe qualcosa di cui “convincere” qualcuno equivale a commettere un doppio errore: a non capire che cos’è effettivamente la lotta di classe e da cosa nasce; a non cogliere la particolarità del momento di crisi che l’economia capitalistica sta attraversando a livello globale. Per non commettere il primo errore, basta avere un minimo di conoscenza della teoria marxista (dopo di che la si può anche criticare; ma, nel caso, a ragion veduta); per non commettere il secondo errore, basta tenersi un minimo informati su quello che succede nel mondo e guardare un po’ al di là del proprio ombelico.
La questione allora si riduce a questo: il sistema capitalistico, lacerato oggi da crisi e contraddizioni esplosive, ha davvero un futuro? Se sì, a quali condizioni può sopravvivere? Queste condizioni sono compatibili con il mantenimento del benessere nelle economie industriali avanzate, o con la reale emancipazione delle masse dei paesi ad industrializzazione più recente? Queste condizioni sono compatibili con l’estensione dei diritti democratici e civili, con la compatibilità ambientale, con la pace globale?
Secondo te la risposta è evidentemente “sì”. Bene. Vorrei però che mi fornissi qualche prova concreta di questa tua convinzione, perché tutte le informazioni oggi a nostra disposizione sembrano suggerire l’esatto contrario. A meno che, certo, non viviamo in due mondi diversi, e quello in cui vivi tu sia un mondo in cui il commercio mondiale non è calato vertiginosamente, in cui le principali economie avanzate non sono affette da crisi del debito e disoccupazione alle stelle, in cui le stesse economie emergenti non manifestano forti segnali di rallentamento, in cui la forbice dei redditi non si sta ampliando, in cui gli stessi spazi democratici non si stanno restringendo sempre di più (e basta guardare al “commissariamento” della Grecia o dell’Italia da parte delle istituzioni del grande capitale) ecc.
Ma aggiungo anche qualcos’altro, perché riconoscere questa realtà di fatto non basta. E la domanda che sorge subito dopo, infatti, è: a quali condizioni può essere invertita questa tendenza?
Le risposte che il capitalismo ha fornito nel corso della sua storia a questa domanda (ossia alle sue crisi periodiche) non sono infinite: distruzione delle forze produttive esistenti come unica condizione per “resettare il sistema” (leggi: intensificazione dei conflitti armati, economia di guerra ecc.); conquista – ossia apertura forzata – di nuovi mercati. Nessuna di queste due risposte (ammesso e non concesso che entrambe siano oggi davvero praticabili) è compatibile con il miglioramento delle condizioni di vita di vasti strati della popolazione mondiale, né tanto meno con l’ampliamento degli spazi di democrazia nei singoli Stati.
Anche perché c’è un piccolo inghippo, in tutto questo: quando le masse vengono sottoposte a vessazioni che superano abbondantemente la loro capacità di sopportazione, di solito non stanno a guardare. Irrompono brutalmente sul palcoscenico della storia, rubando la scena a capi di stato e “grandi statisti”, e dimostrandosi persino capaci di togliere di mezzo regimi pluridecennali (le recenti rivoluzioni arabe ce lo insegnano fin troppo bene); se, poi, la forza dirompente delle masse è ancora meglio organizzata e ancora più consapevole, c’è pure la possibilità che un intero sistema economico e sociale venga rovesciato alla radice. E’ già successo diverse volte nella storia, e non è affatto da escludersi che possa accadere di nuovo. Si chiama, banalmente, *rivoluzione*.
Quindi? Che facciamo se è questa la prospettiva? Ci limitiamo semplicemente a supplicare “più democrazia”? Ci accontentiamo che taglino le auto blu o ci diano il wi-fi mentre nel frattempo smantellano welfare e dirtitti sindacali? Invochiamo un “nuovo modello sociale euorpeo” proprio mentre l’Europa, per poter anche solo sopravvivere come istituzione, è stretta nella morsa dell’austerità?
Oppure torniamo a fare quel lavoro, paziente, difficile e pieno di incognite, che hanno fatto le generazioni precedenti e che ci ha permesso di ottenere tutte le conquiste che ora, una ad una, stiamo progressivamente perdendo?
Perché – e lo ripeterò fino alla nausea, se necessario – se oggi la coscienza anticapitalista è così poco diffusa, non è certo per colpa della realtà oggettiva; la responsabilità, semmai, andrebbe ricercata nelle carenze sul lato soggettivo: ossia negli errori, nelle sconfitte, nei tradimenti delle forze organizzate della sinistra radicale – o, meglio, della loro componente maggioritaria, sia dentro sia fuori dei partiti. Errori, sconfitte e tradimenti il cui ingrediente principale è stato proprio questo, secondo me: l’abbandono della prospettiva rivoluzionaria.
Siamo noi ad essere in ritardo sui fatti, non viceversa. O ce ne rendiamo conto una buona volta e iniziamo ad agire di conseguenza, o ne vedremo davvero delle brutte; altro che grillini.
Scusa eh, ma come fai a darmi del confuso e poi pretendere che ti dia prova della mia convinzione? :-) La mia risposta è evintemente “non lo so”. Poi perché mi ripeti che tutto è stato guadagnato con lotte durissime? A parte che non è che prima le masse fossero libere e felici, mica ho mai detto che il capitalismo andasse bene così com’era. Sei tu che parli di dinosauri, non io. Che mi citi a fare le masse sfruttate nel mondo, gli italiani non sono una massa sfruttata, quindi la rivoluzione non la vogliono. Questo sto cercando di dirti. Non sono in disaccordo con qualcosa in particolare, ho delle personali perplessità trascurabili. Perché usi una sorta di supponenza alle richieste di maggiore “democrazia”? Auto-blu, wi-fi, welfare e diritti sindacali non possono andare insieme? Nella mia ignoranza mi pare che la sinistra ufficiale abbia abbracciato la logica liberista, ma forse è possibile parlare di social-democrazia o non so che. Mettici anche la prospettiva anti-capitalista e rivoluzionaria, io non te la sto contestando. Però non tutti pensano che le disuguaglianze siano nocive in sé e non tutti vogliono essere anti-capitalisti, però magari sono d’accordo su molte cose.
“Non sono in disaccordo con qualcosa in particolare, ho delle personali perplessità trascurabili.”
Visto però che le esprimi in modo estremamente confuso, le cose sono due: o sei davvero confuso (nel qual caso le mie energie e la mia buona volontà nel favorire un reciproco chiarimento hanno un limite); oppure lo fai perché hai tempo da perdere. E al tuo terzo intervento l’impressione che tu stia trollando si fa sempre più vivida, visto che ad ogni commento non aggiungi nessun elemento utile e concreto per favorire la discussione, ma ti limiti a sovraccaricare la precedente confusione con ulteriori considerazioni, astratte e svincolate da ogni riferimento reale. Per non parlare del modo in cui esordisci, che autorizzerebbe chiunque a pensare che stai semplicemente prendendo per il culo il tuo interlocutore.
Per cui questa è l’ultima volta che ti rispondo e mi sforzo di prendere sul serio quello che dici. Dopo di che, la discussione per me è chiusa.
Quindi per te gli italiani “non sono una massa sfruttata”. Evidentemente abbiamo due idee abbastanza diverse di cosa significhi “sfruttamento”. O, forse, frequentiamo italiani diversi. Quelli che frequento io, in media, si arrabattano fra lavori occasionali, contratti di merda, salari ridicoli, disoccupazione, incertezza per il futuro, licenziamenti che pendono sopra la testa come spade di Damocle ecc…
Io non uso nessuna “supponenza” rispetto alle richieste di democrazia. Penso solo che queste “richieste”, finché assumono la forma della cortese richiesta di elemosina ai piani alti, siano destinate a restare inascoltate, perché chi governa ha ben altre gatte da pelare in questo momento (ossia: garantire profitti e rendite alla ristretta minoranza che detiene il grosso della ricchezza).
“Nella mia ignoranza mi pare che la sinistra ufficiale abbia abbracciato la logica liberista, ma forse è possibile parlare di social-democrazia o non so che. Mettici anche la prospettiva anti-capitalista e rivoluzionaria, io non te la sto contestando.”
Questo passaggio non ha nessun senso logico compiuto.
Non sto trollando ( almeno non in maniera consapevole ) e non ti sto prendendo per il culo ( ho solo fatto una piccola battuta ). Neppure sto discutendo, in effetti, se ti faccio perdere tempo per carità, non rispondermi, ma io sto solo parlando. Sono intervenuto su un punto, la tua domanda sul come fare a coinvolgere gli altri, che è la stessa che si sono posti altri commentatori. Non ti ho neanche detto che sbagli a voler portare avanti la pratica rivoluzionaria. Se però devi aspettare che siano le condizioni di vita sfavorevoli a far scattare la molla nella gente, magari qualche difetto il tuo ragionamento ce l’ha, o no? A me continui a sembrare se non supponente, in qualche modo irrispettoso, se parli di richieste di elemosina o di suppliche, oltretutto a persone che si stanno impegnando. Puoi ugualmente essere più radicale senza per questo svalutare ciò che chiedono gli altri, e non sto parlando di me stesso. Sarà possibile portare avanti assieme le istanze rivoluzionarie e le richieste di altre forze, compresi i grillini? Ti pare senza senso la mia domanda?
Stavo pensando: noi WM nelle ultime 48 ore avremo perso qualche migliaio di lettori, e con ‘sti chiari di luna l’è un bel vulnus, ma che potevamo fare? Tacere per ragioni di opportunità? Se ci sembra che si stia correndo un grosso rischio, se vediamo persone a cui teniamo decidere, molte per disperazione e legittima voglia di catarsi, di giocare alla slot machine di Grillo e Casaleggio, che facciamo, ce ne freghiamo? Meglio dire la verità senza preoccuparci troppo delle conseguenze. E’ quella che i greci chiamavano “parresìa”, il dire tutto di fronte al potere. Le conseguenze comunque ci saranno, perché in molti la “prenderanno male”. Dicendo la nostra fuori dai denti, ci stiamo alienando simpatie e attirando risentimento.
Sai che novità… E’ da quando ti conosco, cioè, fammi pensare… da quasi vent’anni che ci alieniamo simpatie. Ma poi altre invece le abbiamo guadagnate. A conti fatti se siamo ancora qui è proprio perché si è sempre preferita la parresia alla paraculaggine. A ciascuno il destino che si sceglie.
E’ importante farlo.
Le cose si devono dire ‘prima’, sempre.
Da adesso si apre un’altra partita, piena di incognite. Sulle macerie di un paese polverizzato, pronto alla guerra civile senza saperlo, comincia una battaglia di egemonie culturali nella quale partiamo indietro. Come numeri, intendo. Tenere il punto adesso, anche da soli, è essenziale, giacchè tra pochissimo saranno davvero cazzi amari, per poter rilanciare quando possibile.
Un parlamento diviso in tre, berluscas-bersanians-grillons, equivale a paralisi istituzionale immediata.
Le conseguenze? In questa recessione selvaggia le vedremo in un lampo.
Tra nove mesi grillo non conterà più nulla.
L.
“Tra nove mesi grillo non conterà più nulla.”
Se non si torna a votare fra sei mesi, forse anche meno. Ma il vero problema è: cosa andrà a riempire quel vuoto? Perché in politica il vuoto non esiste davvero. E il rischio – serio – è che spunti fuori qualcosa di ben peggiore.
La battaglia sul terreno dell’egemonia culturale è aperta, hai ragione. Siamo indietro, hai straragione. Ma proprio per questo dobbiamo tutti, ognuno nel suo specifico ambito e sulla base delle proprie possibilità, prendere una posizione.
Chi agisce e si pronuncia in modo critico è destinato ad essere antipatico e odiato, ad attirare scherno e risentimento. Non è una novità. Poi, non è piacevole a dirsi (o anche solo a pensarsi) ma non è escluso che, negli anni che verranno, dovremo prepararci a ben altro che alla perdita di qualche centinaio di lettori. Nessuno se lo augura, ma il futuro non mi sembra preannunciare niente di buono e sull’altro lato dell’Adriatico vediamo in modo fin troppo concreto cosa significa venire masticati fino in fondo, e poi sputati, dalle mascelle instancabili del grande capitale.
“Ve l’avevo detto” non sarà una affatto consolazione. Ma chi le vuole le consolazioni? Io voglio un futuro dignitoso per me e per chi verrà dopo di me, cazzo, non consolazioni postume.
beh, facile dire che avete fatto bene. Difficile essere al posto vostro. Va detto che se non foste così intellettualmente coerenti, pubblichereste 10 libri all’anno (con aiuto di qualche precario ghostwriter) e non vi chiamereste più Wu Ming, probabilmente. E sareste ricchissimi…
beh, ma vogliamo mettere la qualità di quelli che catturate solo a scrivere “parresìa”?
Una parola che chi ha studiato Euripide, ricorda bene (Giocasta: è proprio dello schiavo non dire ciò che pensa “me legein ha tis phronei”). E che si ritrova in Canfora e Foucault al centro di fondamentali discorsi sulla libertà e sul potere.
Non è un discorso elitario – scampiamone! – ma serve per essere sgamati e non cadere nelle trappole del “l’ha deciso la maggioranza” o “l’ha detto il duce” che portano alla deriva prima, e alla rovina poi.
Quindi: se qualcuno vuole smettere di interrogarsi e analizzare (e poi comportarsi di conseguenza) faccia pure, ma trovo prezioso il contributo wuminghiano. Avercene!
Non è vero, andate avanti così! W la parresia!
Comunque la metafora della slot machine userei quella della roulette russa…A parte gli scherzi, credo che la diffusione di questa discussione sia riuscita a chiarire le idee a molti. E quindi, oltre che a far emergere questo blog come uno dei pochi spazi di discussione vera, a ribadire ancora una volta qual è lo spirito con cui fate le cose. Metteremo in conto un’altra donazione :-)
le vostre riflessioni sul grillismo sono tra le pochissime (uniche?) che si trovano in rete in cui si svolge una critica *da sinistra* al fenomeno del grillismo. ció rende queste pagine, a mio modesto avviso, vere e proprie miniere di oro.
e poi, tra sei mesi, un anno o forse 10, quando il grillismo esploderá e ci saranno milioni di delusi e incazzati, voi potrete avere orgasmi multipli dicendo: “noi l`avevamo detto” :-)
a parte gli scherzi, per favore, non mollate!
Amara soddisfazione, in mezzo alle macerie e alle radiazioni, esclamare: “Ve l’avevo detto!” :-(
Comunque non siamo i soli, per dirne solo due ci sono Giuliano Santoro, autore di un libro fondamentale, che (poveraccio!) da mesi sopporta stoicamente le provocazioni e le aggressioni verbali dei troll grillini, e c’è Monsieur en Rouge (che è intervenuto anche in questo thread), autore di post molto puntuali sul suo blog. Noi siamo un collettivo e abbiamo spalle larghe, ciascuno di loro due è un singolo e sottoposto (soprattutto Giuliano) a un assalto continuo.
Segnalo anche il post di ieri di Sandrone Dazieri: http://www.sandronedazieri.it/perche-non-voto-5-stelle/
Mi sembra un punto di vista interessante sulla mancanza di democrazia del MoVimento (e soprattutto di facile comprensione che qua vedo che spesso c’è bisogno dei disegnini).
PS: mia sorella con mio grande rammarico ha votato 5 stelle, ma continua con piacere a leggere Anatra all’Arancia Meccanica :-)
Non diciamo fesserie. Appena escono i vostri libri, in solitaria e collettivi, ne riparliamo. Intanto ai miei amici a cui piace scarpinare in montagna so già cosa regalare, quest’estate, e — pensa un po’ — i vostri libri mi fanno sempre guadagnare punti simpatia…
quello che state facendo e’ fondamentale, forse e’ la cosa piu’ importante che abbiate fatto da quando vi seguo. forse vi alienerete delle simpatie, ma quello che si sta elaborando qua, nei prossimi mesi, sara’ una bussola per orientarsi nel marasma. altro che la magra soddisfazione di poter dire “ve l’avevo detto io”.
Stanotte ho letto tutto fino a tardi, stamattina mi sono svegliato con un’immagine in testa, e per la prima volta dopo tanti anni ho rimpianto di non aver fatto ciò che mi sarebbe piaciuto fare alla fine del liceo: lo storico.
Il lavoro che fate voi qui sopra (@WM1 in particolare a questo giro) è un lavoro da minatori. Si tratta di addentrarsi nei meandri della natura umana stessa vista con le tempistiche di un fenomeno geologico. Tutto il resto, sociologia, neuroscienze, filosofia ecc. sono derivazioni.
Ciò che viene estratto da questo lavoro è la conoscenza di noi stessi come specie, e di conseguenza anche come individui.
Questo lavoro lo fanno anche altri, molti dicono di saperlo fare per accalappiare i gonzi, molto pochi danno garanzie. Per farlo bene non basta scavare le gallerie, bisogna avere le attrezzature giuste e saperle usare, bisogna consolidare i passaggi, renderli agibili, attrezzarli per fare in modo che altri possano venire a vedere con la ragionevole certezza di poter tornare indietro portando fuori qualcosa, senza che la galleria crolli sulla loro testa o tra loro e l’uscita seppellendoli vivi. Che la matrice dello scavo non è sempre roccia solida, a volte è sabbia, puddinga instabile, fanghiglia scivolosa, melma puzzolente, perchè la matrice siamo noi, la specie umana, quindi ci vuole sapienza, mestiere e cautela. Questo mi è venuto in mente appena sveglio, questo secondo me è quello che fate voi.
@tuco dice “la cosa più importante da quando vi seguo”. Concordo nello specifico, ma in fondo lo fate da sempre. Stavolta si capisce di più.
(grazie!)
VecioBaeordo i WM mi fanno venire lo stesso tuo rimpianto (soprattutto ora che i grillini mi hanno circondato)
Bisogna prepararsi a un altro #rogodilibri? No, voglio essere ottimista: tra due anni ne avrete ancora di più di lettori… avrete quelli che riconosceranno che siete stati lungimiranti.
ma quando mai, qui su giap e’ l’unico luogo in cui e’ stato decostruito il fenomeno grillesco in profondita’, qui e’ stato decriptato un linguaggio nuovo pieno di contraddizioni che e’ gia’ il linguaggio del nuovo potere. Giap per me e’ questo, non un invito ad un voto o ad un non voto ma un luogo di confronto e di cazzutissima analisi. giap e’ uno sguardo al futuro anteriore ed alle possibili evoluzioni di fenomeni che gia’ esistono ma che ancora non si sono totalmente esplicitati.
viva la paressia e viva giap
Secondo me la vedi troppo nera. Pensare che chi viene qui a sbattere la porta fosse un vostro lettore sarebbe come dire che i vostri libri non si capiscono, perchè non è che quello che scrivete in quelli sia diverso da quello che scrivete qui, e a me proprio non pare. Può darsi che perdiate qualcosa a brevissimo, ma non sul lungo periodo. Anche se i nove mesi di cui parla luca mi sembran pochi anch’io penso che il M5S si sgonfierà relativamente in fretta.
E anche se mi sbagliassi, considerate che non solo il risentimento, ma anche il sostegno di cui siete oggetto derivano dalla vostra paressia
Non capisco come si possa definire di destra il movimento di grillo: tutte le proposte concrete, e non ditemi che non ci sono, sono condivise dai movimenti a base popolare. Nei temi di finanza, di lavoro, di welfare, di ambiente, di politica militare, di energia, di produzione e pure di democrazia diretta etc raccoglie posizioni abbandonate dalla cosidetta sinistra e le rilancia a livello di massa. E’ evidente a tutti che anche i partiti di sinistra sono oligarchie a cui si accede solo previa accettazione e cooptazione; sono ridotti alla sola ammistrazione di questo sistema intrinsecamente ingiusto ed inevitabilmente corrotto. Pur di non mollare la presa sul potere sono passati bellamente dalla prospettiva comunista alla gestione capitalista facendo digerire la riduzione dei diritti, delle conquiste economiche e la distruzione del territorio e tentando in modo maldestro di entrare nella più alta stanza del potere ovvero le istituzioni finanziarie.
Nè dx nè sn significa semplicemente rifiutare le attuali due cricche che si contendono la torta a spese dei ceti lavoratori.
Non capire la grande base sociale di qs movimento penso che sia paragonabile alla mostruosa toppata che portò il PCI ad osteggiare il 68 senza minimamente capirne la valenza progressiva nel campo dei diritti sociali e del lavoro. La funzione politica del PD oggi è quella di oggetivo sostegno al sistema e ciò lo destina ad un inevitabile declino paragonabile a quello della DC. Gli autoproclamati soloni che lo dirigono sono ormai incapaci di visione e prospettiva. I nuovi mezzi di circolazione dell’informazione non più controllabili sono diventati la scintilla che appicca il fuoco della maggior capacità di valutazione e del rigetto delle panzane tradizionalmente propinate .
Tutte obiezioni già fatte e stradiscusse: il programma, la base sociale, la rete… Per favore, leggete *prima* di commentare. Per favore.
«Nè dx nè sn significa semplicemente rifiutare le attuali due cricche che si contendono la torta a spese dei ceti lavoratori»
No davvero. Perché:
–“Nè destra né sinistra”non significa rifiutare cricche, ma rifiutare le ideologie. E ciò non vuol dire assolutamente nulla, se non, inconsapevolmente o meno, accettare l’ideologia dominante.
–“Cricche che si contendono la torta a spese dei lavoratori” non sono una di destra e l’altra di sinistra: sono, per definizione, di destra (a spese dei lavoratori!)
–L’espressione “ceti lavoratori” non ha molto senso. Si dice “classe” e non è la stessa cosa.
E’ di destra sostenere lo smantellamento dei sindacati, nell’idea per cui le aziende dovrebbero diventare delle specie di “comunità armoniche” in cui gli interessi della proprietà e quelli dei lavoratori si conciliano miracolosamente, sulla spinta magari della concorrenza con altre “comunità armoniche” dello stesso genere.
E’ talmente di destra, che la stessa identica visione dei rapporti fra capitale e lavoro (anche se in forma molto più articolata e consapevole) è stata alla base della concezione corporativista del fascismo.
E, oltre tutto, questa visione non è soltanto “di destra”; è fuori dalla realtà e dal mondo. A tal punto che la stessa politica economica fascista non riuscì praticamente mai a realizzare fino in fondo lo Stato Corporativo “ideale” immaginato da Corradini, Ugo Spirito e Bottai, ma agì essenzialmente come braccio politico degli interessi del grande capitale italiano, a partire dal servizievole intervento nella repressione del movimento operaio e bracciantile dopo il Biennio Rosso.
Ti può bastare?
Non tutte le proposte sono condivise, alcune si e altre no (ad es. abolizione del sindacato, del valore legale del titolo di studio, dei finanziamenti pubblici ai giornali). Se ho capito qualcosa il centro della discussione qui è sul vedere quali hanno più peso.
Spero di non abbassare troppo il livello della discussione…
Premesso che condivido l’analisi del grillismo come movimento fondamentalmente di destra e anche quelle sul rapporto leader-massa (dalle tecniche motivazionali ai classici meccanismi di delega “messianica” e “esaltazione” di massa – e ci vedo pure qualcosa, tanto, dell’organizzazione interna religiosa delle “sette” alla scientology soprattutto sulla questione degli “espulsi” che rimangono fedeli al credo anche fuori vedi favia, criticando al massimo la dirigenza come “allontanatasi dal proprio essere iniziale” – altro punto di contatto coi fascisti, tra l’altro…).
Due domande:
1- il paragone fatto qui col peronismo?
http://popoff.globalist.it/Detail_News_Display?ID=52724&typeb=0
E’ un po’ che mi passa per la testa, anche se in effetti il peronismo ha una storia e un contesto molto particolari (e in fondo lo stesso peronismo è dichiaratamente una forma di fascismo)
2- si può inserire secondo voi grillo nella scia storica del terzo posizionismo? una specie di versione di massa del comunitarismo alla costanzo preve/maurizio neri? (di cui, annotazione a latere, il vostro “amico” binaghi, che mi pare avete citato anche qui su giap rispetto alle questioni tolkieniane dell’eroe/antieroe, è sostenitore)
Io ti rispondo solo riguardo al peronismo. Un peronismo come ambito ideologico unitario probabilmente non è mai esistito, oppure è esistito solo come primo populismo, quello di Peron (lo scrivo senza la “o” accentata ma non so come fare con questa tastiera) al governo dal dopoguerra fino al ’55. Un periodo in cui il peronismo si mette sia contro le ideologie di sinistra che l’oligarchia terriera argentina. Quel che fa, lo fa con una propulsione economica enorme (l’Argentina era rimasta fuori dalla guerra e la neutralità le ha permesso di guadagnare molto vendendo cereali e carne in America e poi in Europa) che consente margini di ridistribuzione del reddito. E anche con l’estensione di diritti nel campo dell’istruzione e della sanità, ripagate con forti limitazioni, come la censura, in ambito culturale per i ceti medio-alti. Poi le cose precipitano e l’oligarchia lo fa fuori quando anche l’economia non tira più. Tutto questo detto male e velocemente, ma il punto non è questo, ai fini del nostro dibattito. La situazione si fa in seguito più complessa. Con l’esilio di Peron nascono due peronismi, uno di destra e uno di sinistra. Che non sono due idee “né di destra né di sinistra”. Sono proprio due populismi distinti, uno virato al fascismo e l’altro al marxismo (in chiave nazionalista, d’accordo, ma questo in America Latina può anche avere una portata anticolonialista). Dal ’55 in avanti il conflitto tra questi due peronismi è rimasto più o meno forte, manovrato da Peron che ha tirato tutta l’acqua al suo mulino spingendo e alleandosi ora con l’uno ora con l’altro lato del movimento. Il ritorno di Peron in Argentina negli anni Settanta, in un contesto di enorme espansione del peronismo di sinistra (relazionato con la teologia della liberazione e il guevarismo marxista), segna l’alleanza del Vecchio con il peronismo di destra: la guerra “sucia”, la dittatura militare, non è altro che il regolamento di conti della destra peronista contro i montoneros, contro la sinistra peronista. Ma sono ormai due movimenti diversi, con due ideologie contrapposte. Condividevano il mito del Vecchio Peron, la mitologia della Eva “que se viviera seria montonera…” ma erano aberrazioni del culto della personalità in terra di pampa… anche perché il peronismo di destra si alleò con l’antiperonismo di destra contro la sinistra… alla fine la repressione della dittatura non fu altro che un vecchio modello ideologico: la destra (peronista e antiperonista) contro la sinistra (peronista e antiperonista). Ovvero che non c’entrava Peron ma gli interessi ideologici di classe: per la rivoluzione o contro, con i padroni e i preti o contro, con il capitale o contro, e via di questo passo.
Quindi la vedo un po’ dura, a parte il culto del capo e si, un certo populismo di fondo, fare calchi stretti col peronismo: il primo peronismo si sviluppa in un’economia in espansione (mentre Grillo alimenta il consenso con la crisi economica); il secondo peronismo ha più a che fare con l’espansione ideologica di guevarismo e ideali rivoluzionari di sinistra (e controrivoluzione fascista di rimando).
L’annotazione a latere che ho fatto su bianghi mi sta pigliando male: a posteriori mi sa di delazione. Immagino derivi dall’averci il dente un po’ “avvelenato”, insomma: un problema mio.
Però forse è anche vero che inquadrando la questione grillo in una questione di metodo generale sui diversi modi di ragionare, su complessità e semplificazione, una specie di “tutto si tiene” anche nel confronto su diversi piani… ok, mi sto arrampicando un po’… chiedo venia per la delazione e mi ritiro in (più o meno) buon ordine ;)
D’accordo che non dobbiamo dimenticarci le lezioni della storia, ma certi studiosi (sara’ deformazione professionale) tendono a fare l’errore opposto: si dimenticano che la storia non si ripete mai.
Dire che il Movimento 5 Stelle e’ fascista per alcune somiglianze (molto vaghe, a mio modo di vedere, nonostante l’abile arringa di Wu Ming) e’ scientifico quanto lo erano le teorie di Lombroso, che collegava l’attitudine a delinquere degli individui a certi tratti fisionomici.
Per esempio, dire che e’ fascista un movimento che individua dei nemici (interni ed esterni che siano) porterebbe Wu Ming a catalogare anche il movimento di liberazione dell’India promosso e diretto da Gandhi, come fascista.
Altro esempio, la Lega Nord, che ha sempre usato, fin dalla sua nascita nei primi anni ’90, l’arma del nemico esterno nella sua propaganda. Probabilmente, usando i suoi schemi teorici, Wu Ming avrebbe detto che anche la Lega era un movimento fascista. Possiamo idre quello che vogliamo, tuttavia l’evoluzione successiva della Lega non assomiglia neanche lontanamente a quella del fascismo, dunque anche qui, una analisi che non ci avrebbe di certo aiutato nell’interpretare la realta’ dell’Italia di quegli anni.
Il Movimento 5 Stelle per ora e’ solo un veicolo che permette ad esponenti della societa’ civile di entrare nei palazzi del potere e scardinare quella che, secondo tutti gli osservatorio politici imparziali, era diventata una casta autoreferenziale corrotta e inefficiente. Per ora e’ dunque principalmente un mezzo per cambiare, sta a tutti noi riempirlo di contenuti, ognuno mettendoci il suo progetto e la sua idea di quello che l’Italia dovra’ diventare.
Piccola notazione di metodo: che il movimento 5 stelle sia “un veicolo che permette (…) di scardinare (…) una casta autoreferenziale corrotta e inefficiente. (..) un mezzo per cambiare” è ancora tutto da dimostrare: dove il movimento 5 stelle è entrato nelle istituzioni, finora (vari consigli comunali e regionali) non ha ancora cambiato nè scardinato alcunchè, anzi, si è perso nel parlamentarismo più deleterio, cioè quello delle discussioni sulle forme invece che sui contenuti…
Altra piccola notazione: che stia ” a tutti noi riempirlo di contenuti, ognuno mettendoci il suo progetto e la sua idea di quello che l’Italia dovra’ diventare” non solo non è possibile visto che finora i contenuti sono stati quelli che ha dettato grillo al di là delle foglie di fico finto-partecipative.
E l’inganno metodologico e ideologico dietro a questa idea è che non è il movimento di grillo, da riempire con i nostri contenuti, ma dovrebbe essere la politica in generale e le istituzioni: la pretesa di sostituirsi al tutto (addirittura quasi allo stato) è molto, molto totalitaria e poco democratica.
E non tiene conto del fatto che una delle cose che impedisce questa partecipazione alle istituzioni è la legge elettorale maggioritaria che invece il girllismo mi pare sposare senza problemi, anzi.
Sì, infatti, uno dei tratti più spaventosi della retorica grillina è proprio quest’idea che TUTTI debbano far parte del “moVimento”. Ogni volta che qualcuno lo critica, gli dicono: entra anche tu. Verrebbe da dire che il M5S vuole essere criticato solo “da dentro”, ma non è nemmeno così, perché chi lo critica da dentro viene cacciato fuori. E’ solo una supercazzola prematurata con scappellamento al né-destra-né-sinistra, insomma.
“uno dei tratti più spaventosi della retorica grillina è proprio quest’idea che TUTTI debbano far parte del “moVimento”. Questo tipo di retorica era presente anche nel fascismo degli inizi. Un esempio lo troviamo in “Marcia su Roma e dintorni” di Emilio Lussu (lettura più volte consigliata da queste parti): nel cap. XVII, il generale Gandolfo, mandato dai fascisti in Sardegna per conquistare il consenso della popolazione, nei suoi comizi dice:
“Voi dite che le libertà politiche sono minacciate! Ebbene, entrate voi nel fascismo e le difenderete. Voi sarete i padroni della situazione. […] Voi siete democratici? – diceva il generale – Ed io non sono forse democratico? Voi siete autonomisti e repubblicani? Ebbene continuate ad esserlo, nessuno ve lo impedisce. Il fascismo è un mosaico in cui la diversità dei colori ed il multiforme aspetto dei dettagli dànno maggiore splendore all’insieme”.
Umberto, ab – bi – a – mo – già – ri – spo – sto a TUTTE queste pseudo-obiezioni, basate nella migliore delle ipotesi su un completo fraintendimento di quello che abbiamo detto, e nella peggiore su distorsioni intenzionali al fine di buttarla in vacca. Per esempio, questa gigantesca scemenza:
“dire che e’ fascista un movimento che individua dei nemici (interni ed esterni che siano) porterebbe Wu Ming a catalogare anche il movimento di liberazione dell’India promosso e diretto da Gandhi, come fascista.”
l’abbiamo già smontata in due occasioni soltanto in questo thread. E’ falsa la premessa (abbiamo detto tutt’altro) ed è assurdo l’esempio.
Ancora: se ti fossi dato la pena di seguire il link al documento di Umberto Eco sul cosiddetto “ur-fascismo”, avresti visto che la Lega Nord presenta svariate delle caratteristiche elencate. E infatti la Lega è presa in esame da tutti gli osservatorii europei sulla destra xenofoba, e alcuni dirigenti di punta (su tutti Borghezio) agiscono in perfetta continuità con la loro trascorsa militanza neofascista (Ordine Nuovo et similia).
E così via.
Questo modo di intervenire o è provocatorio, o è semplicemente indice di zero capacità di ascoltare e confrontarsi. Avete le vostre due o tre piccole verità impacchettate, e sapete proporre solo quelle, qualunque cosa sia stata detta nel frattempo.
Che dire, almeno cambia nick, altrimenti succede che qualcuno riconosce in te lo stesso “umberto g” che commenta incessantemente (scrivendo esattamente le stesse cose che hai scritto qui, qualunque sia l’oggetto di un post) su Il Fatto Quotidiano. Sbaglio? Direi di no, mi ci giocherei lo stipendio di questo mese.
Sarà mica uno del famoso “sciame” che un certo guru del marketing manda in giro a rovinare le discussioni ogni volta che qualcuno osa negare che Grillo sia Dio? Uhm…
«Il Movimento 5 Stelle per ora e’ solo un veicolo che permette ad esponenti della societa’ civile di entrare nei palazzi del potere e scardinare quella che, secondo tutti gli osservatorio politici imparziali, era diventata una casta autoreferenziale corrotta e inefficiente».
L’abbiamo visto a Parma , lo scardinamento della casta autoreferenziale. Aumento delle rette, l’inceneritore che si fa lo stesso, e la classe (non “casta”) dei costruttori ch econtinua a edificare a tutto spiano – o meglio: a tirare su due-tre piani, magari accanto a un edificio disabitato che avrebbe bisogno solo di una ristrutturazione, e poi lasciare a marcire i monconi con i tondini che spuntano come molari cariati, mentre l’impresa edile dichiara fallimento e viene rilevata da un’altra che tira su un altro piano e poi ecc. ecc. E i “compari di strada” della lobby dei costruttori, quei galantuomini che vengono da Casal di Principe, pacifici e seriosi, niente da dire o da ridire sulla ventata di aria pulita che spazza le strade di Parma: avranno preso per buone anche loro le prove di affidabilità del M5S nell’ex Ducato, suppongo.
Domani non sarà la fine del mondo.
Grillo farà un botto da paura. Berlusconi farà la sua rentrée, un altro giro di giostra per scongiurare ancora la morte. Bersani si accorgerà, sempre troppo tardi, di avere fatto i conti senza l’oste e di non poter scongiurare più un bel niente.
Comunque possiamo stare certi che ci attendono tempi da lupi. Tempesta, gelo, e tremende battaglie.
Non credo di poter dare un contributo significativo a questa discussione, dopo avere addormentato un paio di individui che dovranno avventurarsi nel mondo che stiamo preparando per loro. Uno è spaventato appena dalle proprie scoregge, l’altro già dal dolore e dalla morte. Se penso ai miei capelli grigi, ai menischi cigolanti, alla situazione di questo paese, sento che la paura potrebbe prendere anche me e non mollarmi più. Devo fare uno sforzo per ricacciarla giù, tenerla a bada, pensare che la forza e la buona volontà non mi mancheranno. Non mi posso permettere di farmeli mancare.
“L’animo sia tanto più fermo, il cuore più audace, il coraggio tanto maggiore, quanto più diminuiscono le nostre forze”, scriveva un poeta guerriero mille anni fa.
Ecco, l’unica cosa che mi sento di dire, stanotte, è che per fortuna c’è questo luogo, in cui è possibile venire a parlare, a confrontarsi, a discutere, a cercare di capire insieme, pure a scazzarsi. E’ come un’officina dove si aggiustano gli scudi spaccati, si affilano le lame, si riforgiano le spade spezzate.
Grazie a chi tiene vivo questo posto. Noi, voi, la buonanima di Saint-Just, i cacciatori di troll, quelli che piantano le tende e quelli che sono solo di passaggio.
Non ho la più pallida idea di cosa ne sarà di noi, ma niente è peggio che affrontare l’ignoto da soli. E almeno qui non lo siamo.
Avanti.
Deleuze su Rivoluzioni, Diritto, Partiti, Sinistra.
Abbecedario di Gilles Deleuze – G “Gauche” – di Rivoluzioni, Diritto, Partiti, Sinistra from Africa Insieme on Vimeo.
Scusate, non son riuscito a visualizzare unicamente il player di Vimeo (la larghezza è superiore ai 400 px), ma il link è a posto. Buona visione.
D.
Mi sa che ci sveglieremo come da 20 anni a questa parte… sperando che ci sia sempre qualcuno pronto a combattere, non solo noi qui dentro. Mi fa sempre un po’ sorridere pensare che sono qui perché una destrorsa, dopo avermi fatto leggere Q, mi ha girato la newsletter, dicendo una cosa del tipo “to’ visto che ti è piaciuto il libro leggiti anche il blog scrivono cose interessanti (a volte)”. Al che le ho detto “ma tu lo leggi? va’ che questi son di sinistra non è che mi cambi sponda?” e lei “eh per forza che sono comunisti, sono di Bologna…” Insomma se arrivate così rocambolescamente anche “di là”, fosse anche solo per farvi criticare (e vi assicuro che succede, ma almeno si parla, ci si confronta), secondo me è un indizio che non ci basterà un altro pifferaio per addormentarci, almeno non tutti.
Ecco, quando siete appena appena un po’ giù, voi 4 e/o 5 (più compagne, cooptat* compagn* di viaggio, etc) che tenete assieme questa baracca, rileggetevi questo commento di Serenissima, che se scalda me, posso solo immaginare vagamente cosa possa fare a voi. Aqui estamos.
Uno volta svegli non si riesce più a dormire, dovranno ammazzacce cor DDT, grazie a tutti i grandi commentatori di questo spazio e ai Wu Ming ovviamente!!
Mi associo a Wu Ming 4.
Mi piace citare un libro che ho letto e che è stato fondamentale per molte cose.
Spero lo abbiate letto anche voi.
“Sono stato tra questi. Dalla parte di chi ha sfidato l’ordine del mondo. Sconfitta dopo sconfitta abbiamo saggiato la forza del piano. Abbiamo perso tutto ogni volta, per ostacolarne il cammino. A mani nude, senza altra scelta. Passo in rassegna i volti a uno a uno, la piazza universale delle donne e degli uomini che porto con me verso un altro mondo. Un singulto squassa il petto, sputo fuori il groviglio. Fratelli miei, non ci hanno vinti. Siamo ancora liberi di solcare il mare”.
“What a pity that Bilbo did not stab that vile creature, when he had a chance!’
‘Pity? It was Pity that stayed his hand.
Pity, and Mercy: not to strike without need.
And he has been well rewarded, Frodo.
Be sure that he took so little hurt from the evil, and escaped in the end, because he began his ownership of the Ring so. With Pity.’ ”
The Lord of the Rings
Mi scuso per l’uso dell’Inglese.
Intanto il fatto che giap stia appena dietro al blog del m0v1m3nt0 e’ buon segno, per voi e per noi.
Voi e chi lavora/vive con voi. Noi o chi ancora crede alle idee e molto meno ai sogni.
Ma sopratutto per chi sa che no serve a nulla delegare, il vero cambiamento deve essere inizialmente “molecolare”.
L’organismo deve imparare a conoscere la malattia che lo affligge. Gli strumenti ci sono.
Poi ci si organizza per salvarsi il culo anche collettivamente.
Se il nemico e’ esclusivamente la fuori, il parlamentare, il senatore, il sindacalista, il capo-reparto o magari
quel cornuto comunista del mio collega, beh allora io sono automaticamente il buono, il bravo, l’onesto, il saggio. E’ matematico.
Certo, avro’ le mie piccole colpe, i miei piccoli difettucci …
http://youtu.be/k9loKSd9Yro
… ma il problema rimane sicuramente esterno a ME.
Poi c’e’ la piazza con tutta questa gente che la pensa esattamente come ME…non sono solo…siamo migliaia…
c’e’ altra gente onesta come ME che VUOLE le stesse cose che VOGLIO io…c’e’ un leader che dice cio’ che mi rigurgita dentro da anni…
E’ in azione il classico meccanismo di creazione dei movimenti di massa (Eric Hoffer), simpaticamente attivato da specialisti marketing (M A R K E T I N G _ M A R K E T I N G _ M A R K E T I N G)
come sono ALTRI meccanismi,
http://it.wikipedia.org/wiki/Teoria_dei_giochi
quasi tutte le TATTICHE E STRATEGIE di questo tsunami a 5 5t3lle, che dovrebbe salvare l’Italia… scusate…slavare.
E’ tempo di sviluppare anticorpi. Non di dar retta a dottori/stregoni o prendere antibiotici. E per questo che si ringrazia voi artisti.
“Gli artisti, maledizione!
Un intellettuale integrato, poverino, io lo capisco: è uno che legge dentro le righe e capisce quello che succede molto più degli altri.
Capisco che se non è artista, se non riesce a trasformare quello che capisce in qualcosa d’altro che arriva ancora meglio, deve integrarsi:
l’artista è un anticorpo che la società si crea contro il potere.
Se si integrano gli artisti, ce l’abbiamo nel culo!”
F. De Andre’
stanotte ho i tuoi stessi pensieri (e due piccoli che dormono di là), ma non solo stanotte, molte, molte notti da più di un anno. prima di giap c’era solo vertigine su un baratro senza fondo.
uffa, ovviamente avrei dovuto usare il tasto reply, duh. colpa della vertigine poetica ;) buonanotte.
ma allora mi chiedo e vi chiedo, era di destra anche lenin quando scriveva che: «la coscienza politica di classe può essere portata all’operaio solo dall’esterno»? era un populista? un giacobino?
seppur lacero di dubbi io oggi ho votato per grillo, perché (prendetemi pure per matto o ingenuo) mi pare l’unico atto rivoluzionario possibile nelle attuali circostanze oggettive e nel rispetto delle attuali regole della democrazia rappresentativa.
il programma del movimento è senz’altro lacunoso e superficiale, alcuni settori del tutto inespressi. in ciò vedo un candido riflesso delle dinamiche web-assembleari che lo hanno determinato e dello stato ancora larvale della sua dimensione politica collettiva, più che complottoni, massonerie, soci segreti e manovratori occulti.
ci vedo molte possibilità più che una minaccia concreta.
e mi interessa zero la difesa di vuoti feticci – il sindacato, il partito, la sinistra – secondo me privi di alcuna capacità di influire sull’attuale rapporto di forze all’interno della società capitalista perché privi di reale rappresentanza. al massimo si tratta di autorappresentazioni. e devo dire lo stesso (purtroppo) di certe manifestazioni del sedicente antagonismo istituzionalizzato.
trovo molto più interessante l’esplosiva capacità rappresentativa di questo movimento potenzialmente in grado di saldare proletarizzati e proletari e di inceppare gli ingranaggi del regime vigente. lo chiamino pure “casta”, se semplificare serve a qualcosa, anche il “we are 99%” di #occupy è una semplificazione, ma ci guarderemmo bene a definire di destra i manifestanti di wall street.
piuttosto leggerei queste semplificazioni come efficaci mezzi comunicativi per descrivere l’indecente tasso di concentrazione monopolistico della ricchezza in questa fase della società capitalistica, che non trova riscontri nella storia recente, bisogna risalire all’era precedente la rivoluzione francese (visto che se ne parla) per trovare una simile diseguaglianza.
semplificazioni all’interno di una strategia comunicativa che, all’atto pratico, “legittima” e rende possibili iniziative molto rivoluzionarie e molto di sinistra, come quella del m5s in sicilia che ha bloccato il muos di niscemi.
certo le incognite sono molte, ma altrettante sono, secondo me, le potenzialità. non abbiamo nulla da perdere se non le nostre catene.
Guarda, sinceramente io ti capisco. E capisco bene perché Grillo farà il pieno di voti anche tra tanta gente di sinistra. Mi pare che il tuo intervento lo illustri bene. Nel momento in cui le forze sedicenti di sinistra smettono di assolvere il compito per cui sono nate e che dovrebbe essere la loro ragione d’essere, è del tutto naturale che quello spazio venga occupato da qualcun altro.
Sono quasi sicuro che se io avessi vent’anni, meno capacità di analisi, meno conoscenza della storia, una diversa storia famigliare, e soprattutto meno possibilità di confronto come accade qui, o anche solo se fossi più cinico, voterei M5S.
Mi permetto di dire, però, che le “possibili iniziative molto rivoluzionarie e molto di sinistra” di cui parli ancora non le ho viste – mentre ho sentito il leader del M5S dire all’esponente di un movimento politico neofascista che per lui l’antifascismo non è una pregiudiziale. Ma tant’è, in questo thread è stato argomentato a iosa sulle perplessità e le riserve in merito al grillismo.
Aggiungo solo una cosa, anche questa già espressa, ma forse non con la stessa nettezza: io non credo (e questo è ciò che più di tutto mi separa dal discorso grillino) alla dicotomia popolo/casta; non credo cioè che la classe dirigente italiana non rispecchi la propria base elettorale. Questa per me è una favoletta. Se davvero “noi” fossimo migliori di “loro”, i casi sono due: o ce ne saremmo sbarazzati già da tempo, oppure li avremmo rimpiazzati con qualcuno di “noi”. Questa seconda opzione è quella che predica Grillo e che vedremo alla prova nel Parlamento prossimo venturo. Vedremo quanto terrà questo “noi”, privo di analisi di classe, privo di antifascismo, privo di luoghi fisici di confronto, privo di distinzioni destra/sinistra. Secondo me pochissimo. Certo, a meno di non trasformarsi a sua volta in qualcos’altro.
Comunque sia l’attesa ormai non sarà lunga.
“l’unico atto rivoluzionario possibile nelle attuali circostanze oggettive e nel rispetto delle attuali regole della democrazia rappresentativa”
il fatto e’ che non esistono “atti rivoluzionari”, ma “processi rivoluzionari”. sono processi che durano decenni e che scardinano gli assetti di potere *reali*, cioe’ quelli determinati dai rapporti di proprieta’ e di produzione.
per esempio: parlare del ruolo rivoluzionario della rete o dell’uso rivoluzionario della rete e’ una cazzata. nella rete ci sono rapporti di proprieta’ e di produzione, per cui parlare di rivoluzione a proposito della rete ha senso solo se si sta parlando di scardinamento degli attuali rapporti di proprieta’ e produzione *nella* rete.
p.s. la rivoluzione nel rispetto delle regole e’ una contraddizione in termini.
http://www.sugaman.com/2012/jaroslav-hasek-storia-del-partito-del-progresso-moderato-nei-limiti-della-legge/
quello che mi sembra notevole, e’ che nelle ultime ore ho parlato con, o ho sentito parlare, elettori del M5S che esprimevano posizioni
-di sinistra radicale
-di estrema destra
-da terzisti felpati, di area “corriere della sera”
e ognuno di loro si rispecchiava nel “movimento”.
Esattamente come accadeva col fascismo, preciso preciso, identico. Ex-anarchici, monarchici, sindacalisti rivoluzionari a braccetto con latifondisti etc. etc.
Ti rispondo solo sul “contro-esempio” che fai: non solo è completamente sballato, ma dice il contrario di quello che pensi tu. Di Lenin uno pensare quel che vuole, può fargli tutte le critiche che vuole, ma se c’è una cosa che NON si può dire è che ignorasse o rimuovesse le contraddizioni intrinseche del sistema, dato che ha trascorso una vita ad analizzarle e spiegarle. Per Lenin la società è divisa in classi definite dai rapporti di produzione, e il nemico è *interno* a tali rapporti di produzione, non viene da fuori a perturbare un’armonia sociale che non c’è. Quando nella frase estrapolata che dici usa la parola “coscienza”, intende precisamente la coscienza rivoluzionaria di classe, che da sempre è la coscienza che il nemico, cioè il padrone, non è nemico “per sua natura” ma per il ruolo che ha dentro i rapporti di produzione. “Dall’esterno” è riferito non alla provenienza del nemico ma all’azione del partito rivoluzionario, che va davanti alle fabbriche a parlare con gli operai, vende il suo giornale nei luoghi frequentati dai lavoratori etc.
Non è che perché una frase contiene la parola “esterno” allora la si può sventolare per dire: “Ah-aaah! Colti in castagna!” Facendo così, si coglie in castagna se stessi.
Intervengo solo perché, da siciliana, leggere che “il M5S ha fermato il MUOS” fa accaponare la pelle. Il fatto che Grillo lo vada gridando in giro per l’Italia non lo rende vero,è solo propaganda. Crocetta ha dato mandato all’assessore, quindi si parla di provvedimenti della Giunta, dell’esecutivo, non dell’assemblea. Il M5S si è limitato a far mancare il numero legale per il voto del DPEF, facendosi ridere dietro. L’unico documento contro il MUOS approvato dall’aula era di un PIDDINO, Ferrandelli, ed è stato votato anche dal M5S.
Tra l’altro, nonostante la revoca, i lavori continuano e i compagni di contrada Ulmo continuano a tenere vivo un presidio bellissimo ormai da mesi, nonostante il freddo e le cariche. Sembra incredibile, ma assediano gli americani. Poche bufale sulle lotte, per favore.
Ecco: su questa abitudine del M5S di attribuirsi meriti che non gli appartengono, e in particolare sul loro modo di “mettere il cappello” su lotte e rivendicazioni avviate e portate avanti da altri, come per es. sulla questione del reddito di cittadinanza, c’è un intervento di Sandrone Dazieri sul suo blog:
http://www.sandronedazieri.it/perche-non-voto-5-stelle/
Oppure basta guardare nel programma del movimento gli *obiettivi raggiunti*, tipo il “Blocco immediato del Ponte sullo Stretto”…
Beh, tenete conto che ancora oggi i nostalgici del duce attribuiscono religiosamente al fascismo il merito di politiche keynesiane che il capitalismo, per non soccombere, dovette applicare in tutto l’occidente…
«ma allora mi chiedo e vi chiedo, era di destra anche Lenin quando…?»
Nel 1921 sì, lo era. Pietroburgo è a destra di Kronstadt, non solo per la geografia.
Questa è forse un’altra storia, ma dice qualcosa sulle rivoluzioni nelle quali le masse sono poi ricondotte all’obbedienza.
Giro, questa battuta la possiamo capire – e polemizzarci sopra – tra marxisti edotti della storia. L’equivoco che rivela la domanda di ilgiudiceholden è mooolto più a monte :-) E’ proprio un equivoco semantico.
Hai ragione, faccio ammenda della battuta, sai che su queste cose mi scappa da sola ;-)
Discussione utilissima, peraltro, e necessaria.
questo invece era il lenin del 1914, quando le socialdemocrazie europe si suicidarono votando i crediti di guerra, avendo ciascuna creduto di individuare il nemico all’esterno e non all’interno del proprio stato-nazione.
http://www.marxists.org/italiano/lenin/1914/aut/guposdr.htm
E comunque “we are the 99%” non identifica un nemico esterno alla comunità, anzi, dice che noi e il nemico insieme siamo il 100% della stessa società, dove però noi (gli sfruttati, gli oppressi, i tartassati) siamo la stragrande maggioranza. La percentuale, voglio ricordarlo, è riferita alla distribuzione della ricchezza dentro la società, quindi non un diversivo ma una contraddizione primaria. Rispetto alla “Ka$ta cativa!!!” è proprio tutto un altro approccio.
Avete notato che Lenin salta sempre fuori?
Quella citazione dal “Che fare?” di Lenin (un testo che parla dell’organizzazione pratica del movimento rivoluzionario in Russia) è arcinota ma tutto sommato è una semplificazione del suo stesso pensiero. Lenin lì dice che i lavoratori da soli arrivano solo a una coscienza “tradeunionistica” (oggi diremmo: sindacale) ma che per diventare comunisti devono avere un aiutino da casa. Quella frase tra l’altro non è farina del sacco di Lenin, si trattava di una citazione pressoché letterale di Kautsky; chi si aggrappa a quella frase sentendosi molto leninista sta congelando sottovuoto un leninismo che non aveva ancora del tutto… rinnegato “il rinnegato Kautsky”. Lenin stesso alcuni anni dopo obiettò all’utilizzo fuori contesto di questa semplificazione spiegando che nella polemica contro gli economicisti, che sostenevano la tesi opposta in modo estremo (“Tanta lotta di classe e le masse diventano automaticamente rivoluzionarie”), “per raddrizzare la faccenda qualcuno doveva tirare in direzione opposta: è quel che ho fatto”. Dicono bene @tuco e WM1: la storia della vita di Lenin è la storia di un marxista che credeva che il nemico principale fosse a casa propria (e, per riferirsi a quel che è stato detto su Cuba, il nemico continuava a vederlo soprattutto a casa propria, anche dentro lo stesso Stato che aveva fondato, anche *dopo* la Rivoluzione, nonostante l’assedio esterno in quel caso fosse una realtà letterale).
Ad ogni modo, queste argomentazioni de @ilgiudiceholden mi lasciano perplesso quasi quanto la lettura della giustificazione che hanno dato i CARC del loro elettorale tattico al Movimento 5 Stelle: http://www.carc.it/index.php?option=com_content&view=article&id=1556:elezioni-politiche-e-regionali-del-24-e-25-febbraio-votiamo-e-chiamiamo-a-votare-movimento-5-stelle&catid=1:comunicati-e-volantini&Itemid=3 Siamo alla stessa resa ideologica di Dario Fo, e tutto sommato anche di Perino. Mi spiace essere duro, ma chi decide di non essere parte della soluzione, per me fa parte del problema. I CARC hanno pubblicato un altro articolo sul tema, che si intitola “Tumultuose reazioni”: http://www.carc.it/index.php?option=com_content&view=article&id=1558:tumultuose-reazioni-al-comunicato-con-le-indicazioni-di-voto-per-il-m5s&catid=1:comunicati-e-volantini&Itemid=3 Ovvero: “Tutti i compagni d’Italia ci stanno schifando ma in realtà abbiamo ragione noi”. Nella controrisposta alle tumultuose reazioni i CARC se ne escono con una frase che mi sembra emblematica: “Per costruire il nuovo, bisogna distruggere il vecchio”. Sembra buon senso, ma a pensarci bene questa frase è unilaterale e in fondo sbagliata, fa il paio con la “coscienza portata dall’esterno” di Kautsky-Lenin ed è il contraltare speculare dell’ossessione del nemico esterno. Per costruire il nuovo, bisogna far crescere il nuovo finché non soppianta il vecchio. Non è la stessa cosa: sia certamente bandito ogni gradualismo, ma resta il fatto che la rivoluzione è essenzialmente un processo di *costruzione*.
Anche la seconda citazione che @ilgiudiceholden mette in fondo, addirittura dal Manifesto di Marx ed Engels, è sbagliata. In tedesco la famosa conclusione del libro che ha fondato il marxismo non dice “I proletari non hanno nulla da perdere tranne le proprie catene” come dice la famosa traduzione di Palmiro Togliatti, perché nell’originale c’è scritto “Die Proletarier haben nichts IN IHR zu verlieren als ihre Ketten”. E infatti traduzioni migliori in italiano dicono “I proletari non hanno nulla da perderVI tranne le proprie catene”. Si parla della rivoluzione sociale: *da quel processo*, i proletari non hanno nulla da perdere. Ma non è che non abbiano nulla da perdere *in generale*, i proletari come disperati disposti a tutto non è una visione marxista. E alla stessa maniera “noi compagni” abbiamo comunque un patrimonio ideale, storico, organizzativo da non disperdere; può sembrare piccolo ma non lo è e trattare noi stessi come se fossimo all’anno zero e non avessimo costruito nulla ci proietta in un mondo senza storia e senza pazienza che non è quello reale. Lo stesso giorno del comizio di Grillo in piazza S. Giovanni, a Roma i compagni hanno fatto la commemorazione di Valerio Verbano. Non è reducismo, è avere una storia dietro e quindi una storia davanti; del resto qui siamo in un sito di scrittori di storie, ci stiamo permanentemente alfabetizzando partendo da alfa e beta; a chi basta la lettera kappa e tiene il Caps Lock sempre acceso, consiglio di vegetare pure su beppegrillo.it.
Sia @ilgiudiceholden sia i CARC fanno l’esempio del MUOS. Ai CARC va riconosciuta l’onestà intellettuale di citare criticamente anche il caso Parma, che è molto più significativo perché dimostra l’inefficacia del M5S proprio nel loro punto più avanzato: a Parma i grillini stanno facendo una piccola Grecia, facendo l’austerity municipale per pagare le banche. Ma stiamo in Sicilia: anche ponendo che sia vero che i grillini abbiano ottenuto quel che dicono di aver ottenuto, e a quanto leggo non è così vero, che lezione dovremmo trarne? Che il modo di strappare dei risultati è farsi eleggere e fare i maneggioni in consiglio regionale mercanteggiando conquiste simboliche coi peggio democristiani? L’andare oltre le ideologie significa questo? In effetti “oltre le ideologie” è da sempre uno slogan democristiano: http://www.democraziacristianaaprilia.org/img/art/salviamo_la_patria_DC.jpg
Il problema delle scorciatoie che vogliono fare la rivoluzione senza far crescere la sinistra (cioè l’organizzazione della classe lavoratrice) sotto sotto è questo. Si applica a Grillo, si applica ai gruppetti di estrema sinistra che credono alla coscienza portata esclusivamente da fuori (diteglielo che quello è Kautsky e non Lenin!!), si applica anche a discutibili operazioni mimetiche come Rivoluzione Civile. Non si può fare surf su uno tsunami, non si va da nessuna parte e si finisce molto male. Una volta avevo scritto che invece bisogna crescere come cresce un cristallo, e lo penso tuttora.
Chi potrà mai dire quanto la polarizzazione destra/ sinistra sia a vantaggio, rispettivamente, dei cittadini di una nazione o a delle classi lavoratrici quanto non a vantaggio di chi di tale polarizzazione è custode?
Mi ha fatto sempre riflettere quanto i vari difensori dell’interesse di una parte si concentrino sulla difesa di un ruolo piuttosto che no al superamento di una condizione.
Chissà che dovrebbero fare i vari sacerdoti che custodiscono una verità se i destinatari scoprissero la possibilità di un’elevazione dal ruolo a cui i vari custodi della verità li hanno incatenati?
Probabilmente li accuserebbero di totalitarismo.
Grazie a tutt* per questa lunga e appassionata discussione. A poco più di un’ora dalla chiusura dei seggi, abbiamo deciso di chiudere anche i commenti, per prenderci una pausa, evitare le reazioni a caldo, l’esegesi da exit-poll, l’ermeneutica delle percentuali, il craving da proiezione statistica. Ci sarà senz’altro tempo e modo per discutere dei risultati elettorali anche qui su Giap, alla nostra maniera, con il nostro taglio. Per il momento, preferiamo fermarci e meditare in silenzio.
[…] ideologica e strutturata, con i pro e i contro conseguenti, l’analisi proposta dal blog degli intellettuali della Wu Ming Foundation, che dopo aver offerto in modo acuto come oggi si possano intendere categorie politiche […]
[…] piccolo imprenditore dice chiaramente perché costui non può elevarsi a grande industriale: nel grillo-destropensiero egli è indiscusso protagonista, perché traina l’economia, ma non può combattere il nemico […]
[…] natura di questo movimento, fondamentalmente di destra, concordo con quando scritto dai Wu Ming sul loro blog GIAP. Mi permetto di aggiungere solo un […]
[…] sono state pere che cascavano dagli alberi e si sfracellavano a terra come salami. Mentre Wu Ming dall’alto di giganteschi cumuli-nembi giustamente lanciava strali. Il clou al quadrato è […]
[…] analogie grillismo e sansepolcrismo invito ad un'altra lettura, dopo quelle postate in precedenza, Consigli per riconoscere la destra sotto qualunque maschera*|*Giap Articolo dei […]
[…] centrali internazionali del comunismo approvano… Poi, io prendo per buono quello che dicono i Wu Ming: chi dice che destra e sinistra sono concetti ormai superati di solito è di destra! Perché uno di […]
[…] Hoy ese discurso es ese contra la “Ka$ta”—la casta—, y su enésimo despachador es Grillo, que es un portador –quizá ni siquiera del todo consciente- de la enésima variante de fascismo. […]
[…] i contenuti di sinistra, il movimento utilizza modi di destra, come hanno già fatto notare i Wu Ming, il vertice M5S porta avanti dei frame – degli schemi di pensiero – che attribuiscono […]
[…] Usando l’accetta di Wu Ming, diciamo che la sinistra vede la società come intrinsecamente divisa da interessi contrapposti: ricchi/poveri. borghesia/proletariato, uomini/donne, capitale/lavoro, sviluppo/ambiente. Queste divisioni, qualunque si elegga fra esse come principale nella propria analisi particolare, sono comunque interne, strutturali, endogene. […]
[…] Io credo che destra e sinistra si distinguano non tanto per le scelte che si compiono, quanto per le visioni del mondo che portano a quelle scelte. I valori storici della sinistra non sono stati individuati perché le persone più altruiste sono di sinistra, o perché l’apertura agli altri sia di sinistra: sono stati individuati a partire dal peculiare modo in cui la sinistra guarda il mondo. Vorrei qui fare mia l’opposizione che è stata proposta, tra gli altri, dai Wu Ming sul loro blog Giap!. […]
[…] se’n fan, com ara la “no-ideologia” i l’autodefinició com a partit “ni de dretes ni d’esquerres“, el fetitxisme digital i la creença que Internet ens durà la democràcia, la creació […]
[…] i nemici vengono «da fuori», o almeno vengono da fuori le idee dei nemici. […]»(“Consigli per riconoscere la destra sotto qualunque maschera“, in «Giap», 20 febbraio […]