A #Bologna si riparte da 50.000

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E così l’esercito di Serse è stato battuto. Cinquantamila bolognesi (59%) hanno risposto alla chiamata dei referendari e hanno votato A, contro circa 35.000 che hanno votato B (41%).
In totale poco più del 28% degli elettori. Una percentuale che a botta calda consente ai sostenitori della B, il Partito Democratico in testa a tutti, di provare a sminuire la valenza del voto e di spingersi a dire che “si è trattato di una battaglia ideologica che non interessa la gran parte dei cittadini. I bolognesi hanno capito che la sussidiarietà è la chiave di volta laddove lo Stato non riesce ad arrivare” (E. Patriarca). Come a dire: non è successo niente, tireremo diritto.
Invece qualcosa è successo, per quanto possano fare i finti tonti. Il PD infatti non ha sostenuto la linea dell’astensione, ha fatto l’opposto, ha mosso le corazzate e l’artiglieria pesante per mandare la gente a votare B. Si è speso il Sindaco in prima persona (che ha mandato una lettera a casa dei bolognesi per invitarli a votare B, e ha fatto un tour propagandistico per tutti i quartieri), gli assessori, il partito locale, i parlamentari da Roma… Ai quali si è aggiunta la propaganda nelle parrocchie, quella del PdL, della Lega Nord, di Scelta Civica, della CISL, e gli endorsement di Bagnasco, di Prodi, di Renzi, di due ministri della repubblica, più le dichiarazioni di Ascom, Unindustria e CNA.

Questa santa alleanza contro i perfidi referendari ideologici è riuscita a muovere soltanto 35.000 persone (incluse le suore, le prime a presentarsi ai seggi ieri mattina). Significa che una buona parte dell’elettorato di quei partiti e dei fedeli cattolici ha disobbedito agli ordini di scuderia ed è rimasta a casa oppure ha votato A.

Invece un comitato di trenta volontari, appoggiato solo da un paio di partiti minori e qualche categoria sindacale, che ha raccolto l’appoggio di tutti gli ultimi intellettuali e artisti di sinistra rimasti in Italia, ha portato a votare quindicimila persone in più.

Questo dato politico è il più interessante e pesante.
Da un lato perché significa che il tema della riaffermazione del primato della scuola pubblica rompe gli schieramenti, i vincoli d’obbedienza, le usuratissime cinghie di trasmissione, e allude a una sinistra reale che potrebbe e dovrebbe ricostruirsi a partire da alcuni temi fondativi.
Dall’altro lato perché se con le percentuali si può giocare al ribasso o al rialzo, invece con i numeri assoluti c’è poco da fare, vanno presi come sono. E cinquantamila sono esattamente la metà dei voti che Virginio Merola ha preso nel 2011, quando è stato eletto sindaco. Se questa giunta e questa classe dirigente hanno intenzione di tirare diritto, come traspare dalle prime dichiarazioni, dovranno considerare l’eventualità concreta che la marcia, scandita a ogni passo dall’incertezza e dalla paura, termini con una disfatta. Le notizie che giungono dalla capitale non saranno di conforto per lorsignori: un altro mix micidiale di scarsa affluenza e sconfitta; disgusto per gli schieramenti politici e per qualcuno più che per altri.

La risposta a tutto questo è quella di Bologna: organizzazione dal basso e ingaggio della cittadinanza sui temi importanti, sulle scelte di indirizzo. La dimostrazione che “si può fare”.

Dunque oggi si riparte da qui. Da quota cinquantamila. Avanti.

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62 commenti su “A #Bologna si riparte da 50.000

  1. […] si sposta sul basso numero dei votanti. Era prevedibile. L’avevamo scritto che era notte. L’analisi sul punto è di Wu […]

  2. La vittoria dell’opzione A è ottima.
    Soddisfacente il 28% di votanti per un referendum consultivo rispetto al 47% che è andato a votore alle elezioni comunali nello stesso giorno in Emilia Romagna.
    Due ulteriori indizi che il partito democratico sia vaporizzato anche nelle urne amministrative (affluenza: -24% in provincia di Bologna, -29% in provincia di Firenze…)

  3. E’ stata una battaglia appassionante, nei vostri racconti e nei commenti. E alla fine se n’è parlato anche molto in giro, fuori da GIAP in luoghi più “istituzionali”.
    Un grande successo è stato anche il riuscire ad aprire un dibattito su un argomento considerato di nullo interesse per l’opinione pubblica e i cittadini (del tipo, le scuole private ci sono sempre state, e sempre ci saranno).
    Persino nelle scuole, dove l’argomento divide moltissimo – per vari motivi, anche lavorativi, sono sorte discussioni interessanti.
    Si riparte da 50mila, ma con molti sostenitori fuori Bologna. Su questo ne sono certo.

  4. […] Ok il Gallo è morto, viva il Gallo. Però mi si conceda di commuovermi quasi per questo risultato. […]

  5. Per quanto stiano lì a cincischiare, per il pd questa è proprio la fine. Il grado zero della capacità di movimentazione, termine mercantile, della platea elettorale. L’unica cosa che non bisogna smettere di ricordargli è che loro, un presunto arco vastissimo di soggetti, HANNO fatto campagna, persino con il papa.
    Dal punto di vista della polica locale non accadrà nulla, almeno nell’immediato. La giunta è un ectoplasma, e può procedere solo nell’inerzia. Sel fa ridere, i 5s un’accolita di esplosi, e va tenuto conto dell’inesistente supporto fornito al referendum per capire che strutture abbiamo davanti.
    La città è destinata a rimanere un cesso come non è mai stata.
    A meno che quei 50.000 non trovino forme meno aleatorie di presenza e coordinamento nella vita cittadina. Cosa della quale mi permetto di dubitare.
    L.

    • Permettiti pure. Lo scetticismo è alle stelle. Però la disobbedienza attiva di quei cinquantamila è comunque un dato interessante. E da qualche parte bisognerà comunque ripartire. Dato che c’è tutto da rifare, direi che la scuola può essere un buon punto di partenza.

  6. D’accordo con tutti, anche con chi dubita, ma lasciatemi dire che sono contentissimo…ieri mattina quando ho visto le truppe cammellate delle parrocchie , ho temuto il peggio..

  7. […] pubblici. Nonostante il numero dei votati, i 50mila voti contrari al sistema attuale per la Wuming Foundation ”restano un segnale importante”. Anche perché quella di Bologna sembrava, […]

  8. È impressionante il livore che emerge da certe dichiarazioni del lato B. Si sente lo sgocciolìo della bava che picchia sulle tastiere, o sui taccuini, mentre vengono inanellati l’uno dopo l’altro termini quali disonestà, insensatezza, settarismo, laicismo talebano, intolleranza. Qualcosa vorrà pur dire…

  9. Ho letto che i seggi erano 199. Da non bolognese, per le amministrative il numero è sempre quello? Nei precedenti articoli avete parlato proprio di un loro infelice posizionamento. Credo che anche questo fattore vada considerato, anche in relazione alle precedenti consultazioni, per smascherare una volta di più il tenore di certe dichiarazioni della “serie B” bolognese e italiana.

    • Erano meno della metà dei seggi normalmente predisposti a Bologna per consultazioni elettorali. Molti erano dislocati a cazzo di cane e segnalati ancora peggio. Per tutta la giornata di ieri sono state segnalate scorrettezze da parte del fronte del B e inadempienze (o qualcosa di peggio) da parte dell’amministrazione.

      Eppure hanno perso.

      • In questo modo il comune ha dimostrato ben poca capacità strategica. Da un lato hanno cercato di smuovere più persone possibile per votare B, dall’altro hanno reso difficile arrivare ai seggi, in modo da favorire solo coloro che erano mossi da una certa passione per la faccenda, era chiaro che, suore escluse, coloro che si sono impegnati per l’opzione A sarebbero stati più propensi al voto rispetto a chi voleva mantenere le cose come stavano, per interessi personali o meno.
        Vorrei anche far notare la differenza tra i siti ufficiali A e B, il primo è aperto ai commenti e alla partecipazione, il secondo era una sola pagina in cui, oltre a delle discutibili infografiche c’erano delle spiegazioni sugli errori del movimento A, nessuna idea e nessuna partecipazione.
        Il quorum, dal mio punto di vista, è una cosa irrilevante (e comunque non parliamo di cifre trascurabili), chi era interessato alla faccenda ha votato e tra questi l’esito è stato nettissimo. Questi tentativi posticci di portare l’astensionismo dalla loro parte effettuati da alcuni esponenti della giunta mi pare semplicemente ridicolo.
        Viva la disubbidienza se è per i diritti!

    • Anche nel ’97, quando si votò sulla privatizzazione delle farmacie comunali e sul progetto Bofill per la nuova stazione AV, i seggi erano circa 200. Però si votava per TRE giorni, non uno. E l’affluenza fu del 37%. Non so quanti ne fecero nell’84, per il famoso referendum sulla chiusura del centro storico alle auto (votò il 92% degli aventi diritto. Ma allora il PCI era tra i promotori…)

  10. ….50.000 persone di sinistra a Bologna contro il Pd e per la scuola pubblica. In considerazione, anche, dell’affluenza alle amministrative si tratta di una grande vittoria.
    Il Pd non mobilita più nessuno..certo come dice Luca sarà dura trasformare questo dato in una prospettiva politica , ma bisogna provarci.

  11. Ieri ho visto suore che voi umani non potete immaginare: novantenni trasportate a forza dalle suore più giovani, sgridate sorelle più giovani perché volevano arrivare al seggio in auto (“Noooo, ti ho detto che non si può, ci sono i tdays, il traffico è chiuso”), che impiegavano 5 minuti per salire con il loro deambulatore la rampa che le portava a votare, suore che dicevano che non votavano da vent’anni, ma oggi sì, che chiedevano al prete se avevano votato la cosa giusta, che chiedevano se avevano votato perché avevano quasi perso la vista e non vedevano se avevano barrato o meno la x.

    Suore, un sacco di suore: su repubblica 4 foto su 12 ritraggono una suora al voto, un terzo. Avercela fatta contro l’esercito delle sorelle schierate unite non è da poco.
    Ah, e ho visto veramente cosa voleva dire il boicottaggio del PD: sezioni diverse dalle solite sezione, gente male informata (troppa gente per poter dar colpa alla disattenzione dei singoli), poco personale, uffici elettorali con poco personale, informazioni sbagliate, liste elettorali aggiornate a cinque mesi fa.

    Festeggiare è giusto. Sacrosanto, direi.

    Ma c’è un dato che non emerge e dubito che emergerà nei prossimi giorni: l’età media di chi ha votato. La mia impressione (magari ero al seggio sbagliato, anche confrontandomi con altri, ne dubito) è che almeno due generazioni abbiano bucato: per quel che riguarda la fascia dai 18 ai 35 anni l’affluenza è stata molto bassa e devo ammettere che, prima dello scrutinio, questo dato mi aveva ammazzato.

    E’ un dato da spacchettare: ieri ero convinto che, semplicemente, le persone senza figli se ne fossero ampiamente fottuti del referendum e avessero lasciato semplicemente soli i propri coetanei.
    Sia chiaro, mi sembra che questo elemento ci sia tutto e ci sia, in alcune fasce generazionali una mancanza di solidarietà molto alta.

    Ma questa fascia di popolazione è anche quella che ha guidato il referendum sull’acqua e ha visto la politica sputargli sopra, che ha provato a spaccare alcune forme della politica istituzionale ed è stata sommersa, che ha provato coi movimenti e ha fallito, che ricorda, da fruitore, cos’è la scuola pubblica (penso ai licei) e l’università pubblica e non ne vuole più sapere.

    Secondo me questo è un dato pesante e va tenuto in conto

  12. Dimenticavo, ai detrattori del numero di affluenze va ricordato il loro entusiasmo quando, il giorno dopo le primarie bolognesi dichiaravano:
    – “è finito l’inverno del nostro scontento, comincia la primavera di Bologna”
    – “Un bel segnale per la democrazia, ad aver perso sono i detrattori delle primarie”
    – “La sconfitta dei detrattori delle primarie è assoluta”
    mentre e Repubblica parlava di “Affluenza da record”

    All’epoca ci furono 28 mila votanti.

    Se oggi qualcuno si permette di dire che “Ha votato una minoranza. Si è trattato di una battaglia ideologica che non interessa la gran parte dei cittadini”, alle primarie del PD chi aveva votato? Una scolaresca in gita?

  13. I miei due cent: io mi sono attivata per questa battaglia davvero all’ultimo, quando ho sentito che c’era bisogno di rappresentanti nei seggi. Quindi non ho vissuto tutta la campagna ai banchetti, i volantinaggi e via dicendo. Posso dire quello che ho visto ieri al seggio e tra le persone che conosco.
    Innanzitutto, come è già stato detto, questo è un grandissimo risultato. La potenza di fuoco per il B era enorme, e vi assicuro che da quella parte si sono giocati davvero tutte le carte che avevano, che erano moltissime: dagli appelli apocalittici degli ultimi giorni fino ai tentativi di ostacolare il voto. In quale altro modo si possono chiamare la scelta della data (così a ridosso dell’estate) e il sistema bizantino di assegnazione dei seggi, per cui se non ci fossimo stati noi del comitato il 70% delle persone non avrebbe saputo dove andare a votare? Le forze contrarie al referendum hanno cercato allo stesso tempo di mobilitare il più possibile la loro base (ricorrendo ad argomentazioni terroristiche come “centinaia di bambini resteranno in mezzo a una strada!!” o paranoiche tipo “vogliono toglierci la libertà di culto” – giuro, sabato in piazza c’era un frate che andava dicendo cose del genere) e di rendere il voto più complicato. La mia impressione è che abbiano cercato di rincorrere all’ultimo minuto (forse sollecitati proprio dalle scuole cattoliche, e ovviamente anche dalla grandissima campagna pro-A) un referendum che all’inizio avevano deciso semplicemente di boicottare. Sia chiaro, la rincorsa si è svolta a bordo di un jet – con tanto di festa finale in Piazza Maggiore l’altro ieri, a poche ore dall’apertura dei seggi, appelli battenti della stampa e via dicendo – mica a piedi.
    Il risultato ai seggi è stato il caos, e se non ci fosse stata l’auto-organizzazione dei sostenitori dell’A, muniti di stradari, vi assicuro che i dati sull’affluenza sarebbero dimezzati. Il paradosso estremo è stato che persino il sindaco è venuto a ringraziarci per il lavoro che stavamo facendo, anche se ho il dubbio che non avesse capito chi fossimo. Peccato che poco dopo i sostenitori del B ci abbiano costretti a smettere (sì, a smettere di aiutare la gente a trovare il seggio nel quale votare). A quel punto siamo stati noi a fornire gli stradari alle sezioni e all’impiegata all’ingresso, altrimenti gli elettori non avrebbero potuto ottenere indicazioni se non girovagando per le sezioni o aspettando i tempi del call center. Questo per dire che indire un referendum non basta, bisogna anche spendere tutte le proprie forze per far funzionare sta benedetta democrazia, e per farlo ci vuole l’auto-organizzazione. E questo dovrebbe anche rendere ancora meglio l’idea di quanto è grande questo risultato. Si sono giocati tutte le carte che avevano, con mezzi economici, politici e mediatici immensi, ma l’opzione A ha vinto lo stesso e l’affluenza è stata comunque buona, fatto che non sarebbe stato possibile senza il lavoro dei volontari nel giorno del voto.
    Detto ciò, le riflessioni più meste: al seggio ho visto soprattutto 1) persone anziane 2) famiglie. Ovvero persone che tradizionalmente vanno a votare sempre e persone direttamente interessate dal quesito. Ragazzi attorno ai 20, per esempio, ne ho visti ben pochi. Quelli che in larghissima parte hanno votato M5S alle ultime elezioni non sono stati in grado di fare un ragionamento politico su questo referendum, andando un pochino oltre il pensiero “non ho figli, non mi riguarda”. E ovviamente non appartiene solo a loro questa mentalità, ho sentito anche diversi quarantenni dire la stessa cosa. E’ un bel problema, il solito, lo sappiamo. Credo inoltre che in una città ancora largamente PD molti abbiano preferito voltare la testa dall’altra parte e farsi il pomeriggio al mare, piuttosto che ragionare su questa questione e sugli ordini dati dal partito. Bel problema anche questo, la corda non si è ancora spezzata del tutto. Però è vero che tanti elettori del PD hanno votato A, come dimostrano i risultati nei quartieri storicamente più “fedeli alla linea” e questo è incoraggiante. Di certo il PD oggi si sente mancare parecchia terra sotto i piedi e il referendum ha scoperto molte carte e distrutto parecchie illusioni. Tuttavia non sono ancora bolliti del tutto, e questo perché non basta che si mostrino in tutta la loro disonestà. Anni e anni di instant book e prime serate sulle infamie della Casta hanno solo aumentato la disillusione e portato alla ribalta partiti che si fanno una bandiera della loro incapacità di ragionamento politico. Non basta puntare il dito contro le loro immoralità, bisogna contrapporgli forze e risultati concreti. Che è quello che hanno fatto il Comitato Articolo 33 e i sostenitori dell’A, che prima che aver vinto nel quesito referendario, hanno battuto i giganti dal punto di vista politico e persino organizzativo, e il tutto senza l’aiuto di grandi strutture (e neanche medie, dato che Sel e M5S in pratica non si son visti). E’ proprio questo che ci vuole.

    • Scusa, cosa significa esattamente “i sostenitori del B ci abbiano costretti a smettere”? Spero di aver capito male io, ma se ho capito bene è una roba gravissima, che grida vendetta al cospetto di… (di chi?)

      • Diciamo che alcuni strani figuri – che guarda caso non votavano al nostro seggio – ci hanno creato attorno un brutto clima.

        • era il seggio di via Pietralata, giusto? Confermo. Quando è arrivato il “personaggione” c’era mia moglie a cui prima era toccato anche stringere la mano a Merola. Io sono arrivato a dare il cambio nel pom. Agli osservatori del Comitato è stato vietato di utilizzare il LORO portatile per dare informazioni agli elettori. E poi obbligati a smettere di dare informazioni. Abbiamo prestato il ns. computer al pres di seggio. Ogni dieci elettori almeno 6, 7 non avevano un’idea di dove dovevano votarel

  14. Il mio commento e quello di plv si sono incrociati, e vedo che abbiamo avuto le stesse impressioni :)

    • L’ho notato anche io. Mi sa che abbiamo più o meno la stessa età.
      Anche se nel tuo commento noto una certa assenza di suore. Un sacco di suore

  15. […] Así comenta Wu Ming el resultado del referéndum: “El ejército de Jerjes ha sido detenido […] Organización desde abajo y compromiso ciudadanos sobre asuntos importantes, sobre decisiones claves. Esta es la demostración de que “se puede hacer”. Una victoria épica, otro referéndum mítico para reconstruir la izquierda italiana. […]

  16. Un grande risultato, checché ne dicano i poteri forti cittadini e nazionali e i loro emissari politici. Nel quadro del crescente astensionismo, il fatto che 85.000 persone ieri si siano espresse, e che 50.000 abbiano detto chiaro e tondo che la scuola pubblica va difesa, è un dato che non possono permettersi di ignorare.

    A Bologna, poi, questo dato si interseca con altre situazioni che stanno mettendo in difficoltà tanto la Giunta, quanto il consorzio di potere che rappresenta: il parere dell’Autorità di Vigilanza sui Lavori Pubblici che di fatto pone una bella “x” rossa sul People Mover; la mobilitazione delle insegnanti contro il passaggio della gestione delle scuole all’ASP unica; le agitazioni fra i lavoratori del trasporto pubblico, TPER, ATC Sosta e Coopertone, che stanno scoperchiando un autentico vaso di pandora; la più volte confermata “linea dura” contro gli spazi sociali autogestiti e la risposta da parte di questi a sgomberi (Bartleby) e “ridimensionamenti” (XM24); la vocazione violentemente repressiva manifestata da Coop Adriatica durante le lotte dei facchini alla Centrale Coop di Anzola; le lotte per il diritto alla casa a fronte delle centinaia di immobili comunali lasciati vuoti, degli enormi spazi demaniali abbandonati in attesa di destinazione (presumibilmente speculativa) e di un consumo di territorio fra i più alti d’Italia…

    Il PD si sta sgretolando, e non è escluso che faccia la fine del PASOK in Grecia. Neppure nelle sue roccaforti tradizionali è più garantito, e proprio per questo sarà molto interessante vedere il risultato delle comunali a Imola. Sudditanze internazionali, inciuci nazionali e porcherie locali si intrecciano nel definire la road-map di una progressiva ma inesorabile erosione di consensi.

    Tuttavia, lorsignori potranno continuare a fregarsene di tutto questo fino a che non si troveranno ad affrontare l’unica prova che temono veramente: quella delle urne. E a Bologna – a meno che la giunta non cada prima – non se ne parla fino al 2016.

    Per questo, sarebbe interessante capire una buona volta cosa intende fare SEL, che non potrà certo continuare all’infinito con la sua linea ambigua e contraddittoria “di lotta e di governo.” Perché i consiglieri vendoliani si coprirebbero semplicemente di ridicolo se, dopo essersi spesi per il referendum e dopo aver festeggiato per il successo, ora non andassero ad esigere il rispetto dell’esito in Giunta e in Consiglio! Anche a costo di far cadere l’amministrazione Merola, se necessario. Perché se la battaglia la si deve fare anticipando già che, qualsiasi decisione prenda la Giunta, si confermerà comunque la fiducia, quanto vale non farla neppure.

    Come sempre, le mobilitazioni che nascono nella società, sotto la pressione delle condizioni materiali e ispirate da alcuni principi fondamentali da difendere (difesa del pubblico, dei diritti, del welfare), accrescono le contraddizioni degli organismi di potere e delle istituzioni borghesi. Il che da’ anche un’idea precisa di quale sia l’unica direzione che la sinistra può percorrere per ricompattarsi e coagulare intorno a sé un nuovo fronte ampio di opposizione sociale: non quella delle alchimie governiste, né quella del perenne riciclo di gruppi dirigenti fallimentari sotto le insegne di questo o quel “personaggio”; ma, semplicemente e banalmente, quella che parte dalle lotte e dalle contraddizioni reali.

    • Molto contento di questo risultato, ho spinto alcuni conoscenti a votare A e spero di aver fatto nel mio piccolissimo la mia parte.

      Purtroppo a Imola al primo turno ha vinto il PD, che ha evitato il ballottaggio proprio grazie al determinate contributo di una lista composta da ciellini, protonotai, focolarini, azionisti cattolici, diaconi, frati, suore e annessi che risponde al rutilante nome di “Fornace Viva”.
      Mentre a Bologna si dava un segnale a questa congrega a Imola gli aprono le porte della città.

      Scusate lo sfogo.

      • Per completezza, aggiungerei che la coalizione che sostiene Manca va appunto dai cattolici di Fornace Viva (1.300 voti raccolti, 4,39%) alla riedizione in salsa locale di una Federazione della Sinistra che tutti ormai credevamo defunta e seppellita (731 voti, 2,5%). Passando, ovviamente, per l’immancabile SEL (721 voti, 2,4%).

        C’è davvero chi, dagli errori del passato, non impara mai nulla…

        • La Fornace Viva è stata determinante, senza di loro il ballottaggio sarebbe stato assicurato. Dopo la spaccatura di Sel e l’abbandono di Zucchini, la coalizione di Manca era innegabilmente sotto al 50%.
          Adesso in città si vocifera già di un assessorato alla Fornace per scuola o sanità o addirittura entrambe. Vista la forte componente ciellina di quella lista ho già i brividi. Scusate l’OT, è l’ultimo.

  17. […] o il cardinale Bagnasco, presidente della Cei. Infine, si dovrebbe aggiungere l’osservazoine, come fa oggi Wu Ming, che i 50mila sì “sono esattamente la metà dei voti che Virginio Merola ha preso nel 2010, […]

  18. Al tg si è sentita l’illuminante risposta dei perdenti “chi non è andato a votare era evidentemente contro il referendum”, quante speranze ci sono che l’esito venga rispettato?

    Ps. Ricordo un articolo di WM1 su “300”, curiosa la scelta dell’immagine dell’articolo……..

    • Proprio perché a suo tempo WM1 ha decostruito quel film sequenza per sequenza, oggi ci concediamo il lusso (uno dei pochi) di reciclarlo in chiave autoironica. Del resto, conoscendoci, mi pare difficile equivocare.

      • I miti vivono di vita propria, e non basta un brutto film per cancellarne la potenza. Nella narrazione originaria delle guerre greco-persiane, ad esempio, è mirabile il discorso di Artabano, zio di Serse e unico tra i suoi consiglieri ad avere l’ardire di dissentire dall’idea di muover guerra ai Greci. Lo si legge in Erodoto, VII, 10 [qui], e i dirigenti del PD dovrebbero inciderselo a fuoco sulla pelle, parola per parola, per espiare la propria stoltezza: “Perché il dio ama umiliare tutto ciò che si esalta. Ecco perché anche un grande esercito è annientato da un esercito scarso”.

  19. Per i reduci della triste campagna d’inverno targata PD, i temi fondativi (una volta scontati e pleonastici) diventano l’ultima spiaggia. Nel nebbione fitto e maleodorante, nessuna verità è più verificabile e tocca tornare a schierarsi su acqua, scuola e sanità pubbliche, aborto, coppie di fatto e questione morale. Se la generazione di comunisti che ha ricostruito il paese nel dopoguerra e ha instaurato (proprio nella prospera Emilia Romagna) l’unico modello di socialismo che abbia veramente funzionato dai tempi di Carlo Marx, si sedesse intorno a don Gallo per farsi raccontare le ultime dal nostro sventurato paesello, si sbellicherebbe dalle risate. Dopo averlo sentito affermare che il PD porta le suore ai seggi per votare contro la scuola pubblica, chiederebbe a s.Pietro di sottoporre il santuomo all’etilometro. E accertata la incontrovetribile lucidità del Nostro, diventati improvvisamente seri, cercherebbero di capire se si tratta dello stesso partito che, in mano a loro, nei remoti anni settanta, si gloriava di aver messo a disposizione dei Cittadini di Reggio Emilia l’asilo pubblico più bello del mondo.

  20. La battaglia referendaria di Bologna deve fare “scuola”! E’ necessario estendere il quesito a tutti quei comuni che finanziano le scuole paritarie e magari portarlo al livello nazionale. Ricordo a tutti che ogni anno lo stato eroga non uno ma centinaia di milioni di euro; per il corrente anno scolastico ben 223 per il sistema integrato delle scuole paritarie, in pieno barba al famoso “senza oneri per lo stato”. La situazione si è aggravata proprio negli ultimi tre lustri con i frutti avvelenati dell’Ulivo targato Luigi Berlinguer. Autonomia, dimensionamento e tagli sono stati portati avanti da tutti i ministri che gli sono succeduti, fino alla mannaia della Gelmini che non solo ha tagliato i fondi, ma anche cattedre e personale. Il tutto nel silenzio assoluto dei sindacati confederali. Tanto per intenderci, senza voler generalizzare, nel mio liceo, dove sono RSU, i primi da combattere sono Cgil-Cisl e Uil intenti a conservare e dividere le poche molliche lasciate alla scuola.

  21. Dopo una dozzina d’anni di fedele frequentazione di Giap (dai tempi della newsletter, quindi), mi azzardo a scrivere un commento per la prima volta.

    Ho dei dubbi sulla faccenda del ricostruirsi della sinistra reale a partire da alcuni temi fondativi, una cosa che mi sembra in varie forme andate elaborando da un po’.
    Il mio dubbio è: la contraddizione di fondo non rimane quella marxiana? Borghesia vs Proletariato, e soprattutto Proletariato vs Stato borghese? (Attenzione, uso volutamente termini vetero, conscio che il loro contenuto è di una complessità frattale, ma si fa per sintesi).
    Ovvero, non è che conducendo sacrosante, eroiche, imprescindibili, eccetera lotte parziali si finisce con il credere che lo Stato esistente è potenzialmente utilizzabile da altre classi con altri fini?
    La fantastica battaglia di Bologna ha agito su una contraddizione, aprendo dolorose lacerazioni nella cotenna dell’Avversario, ed è chiaro che, se mai si potrà ricostruire una sinistra come espressione di una politica indipendente delle classi subalterne, sarà anche attraverso lotte come queste.
    Ma non, e qui mi arrovello, se nel frattempo queste lotte parziali cominciano a diventare il fine e non il mezzo. A meno che, per carità, non si stabilisce che la socialdemocrazia à la Bernstein aveva ragione, o l’avrebbe oggi, comunque, e che lo stato, il sistema o quello che è, in effetti è riformabile. A quel punto una sinistra centrata su una serie di valori e impegnata su battaglie parziali andrebbe benissimo.

    • Però io distinguerei i piani: difendere le conquiste sociali che i passati cicli di lotte hanno inscritto nella costituzione materiale di questo Paese non significa negare che lo stato sia il comitato d’affari della classe al potere, il tutore fintamente neutro del suo dominio e il gendarme che reprime i suoi oppositori. Lo stato è certamente tutto questo, ma non è solo questo: sotto la spinta del conflitto sociale ha dovuto incorporare aspetti e garantire – obtorto collo – diritti che ai padroni stavano e stanno sulle palle e che da trent’anni cercano di annullare con ogni mezzo. Difendere questi diritti non vuol dire tout court “difendere lo stato” (nell’accezione che il termine ha in ambito marxista), ma difendere i risultati delle lotte, difendere gli spazi di libertà e di manovra, difendere il retaggio di un tempo in cui i movimenti, giocando sulla paura della rivoluzione che attanagliava la borghesia, erano in grado di strappare terreno all’avversario. E magari da quel retaggio farsi ispirare, e poi partire al contrattacco.

      • Perfetto. Mi sembra di capire che condividiamo il principio che chi non sa difendere le conquiste passate non sa ottenerne di nuove. E fin qui tutto bene. I miei dubbi vertono però sempre sui principi attorno cui aggregarsi e aggregare: devono limitarsi a battaglie difensive e/o parziali e ai valori che sottendono; o devono chiarire l’orizzonte cui tendono, la rivoluzione per essere chiari, il rovesciamento dei rapporti di potere attuali?
        Alla fine parliamo dei dubbi politico/morali di chi è cresciuto (ho 40 anni e rotti) nella pratica politica rivoluzionaria del trotskismo ortodosso nei decenni della “morte del comunismo”, ripetendosi a vicenda che il “compito storico” di noi quattro bolscevichi era non adattarci all’arretramento generale della coscienza politica del movimento operaio ma custodire la fiaccola (sembra una citazione da The Road) del pensiero e della pratica rivoluzionaria da consegnare alle generazioni future, in età più favorevoli al contrattacco di cui parli.
        A causa di questo retaggio, quando mi impegno in un qualche comitato sorto attorno ad una qualche battaglia (migranti, inceneritori, ponte sullo stretto, antirazzismo), da cane sciolto quale sono adesso, sento lo spiritello di Trostkij che mi accusa di capitolare alla coscienza piccolo borghese.

        • Da trostkista a trotskista… ;-)

          L’obiettivo resta *sempre* quello della rivoluzione. Però, come dice anche WM1, la difesa delle conquiste del movimento operaio è un punto sul quale non si può transigere. In questo senso, il vero rivoluzionario, da un certo punto di vista, è anche il miglior riformista: perché legge il significato delle riforme e delle conquiste parziali in termini dialettici, ossia da un lato come frutto della lotta che va difeso; dall’altro come qualcosa che sotto il capitalismo è necessariamente instabile, parziale e costantemente sotto minaccia, e che può quindi essere reso stabile e permanente solo attraverso la rottura rivoluzionaria con il sistema capitalistico.

          Dopo di che, compagno, considera anche che ci troviamo ad operare in una delle fasi più difficili da sempre per il marxismo rivoluzionario, e nella vera e propria “traversata nel deserto” che ci attende da qui ai prossimi anni non possiamo permetterci né di far troppo i preziosi, né di fare i duri e puri costi quel che costi; uno, perché ogni mobilitazione presenta sempre aspetti contraddittori e diversificati (le lotte operaie “pure” esistono ancora, ma non possiamo limitare la nostra azione a quelle soltanto); due perché altrimenti rischiamo – e rischieremo sempre di più – di essere visti come degli inguaribili settari.

          Da marxisti e da rivoluzionari, secondo me, dobbiamo intervenire attivamente nelle lotte e nelle mobilitazioni che ci sono, consapevoli dei loro limiti così come delle loro potenzialità; senza opportunismi, ovviamente, e sforzandoci di promuovere, anche al loro interno, una consapevolezza rivoluzionaria – che significa, concretamente, difendre l’idea che solo il superamento del capitalismo può davvero garantire i diritti che difendiamo, e lavorare affinché queste lotte si uniscano con le lotte “tradizionali” nel mondo del lavoro, facendo proprie le rivendicazioni, le prospettive e le forme di intervento del movimento operaio.

      • P.s. Mi sa che questo non è il posto giusto per chiederlo, ma come funziona la faccenda degli avatar? Non sono riuscito a caricare neanche un’immaginetta da 6 kb e rotti!

  22. Lo straordinario risultato referendario ci invita naturalmente ad aprire in modo più pressante una fase costituente che abbracci le diverse realtà scolastiche del Paese. Ma soprattutto ci permette di comporre, in modo più organico e profondo, il “quadro” politico/economico che ha informato (e continua a farlo) la trasversalità di schieramento dei “signorB”. Costoro addirittura sono andati ben oltre il tentativo di pestaggio vandalico dell’art.33. Il comune denominatore che impasta e tiene insieme monopoli di stampo confessionale, pressioni extraterritoriali e convinta (esigua?) formazione politica è una “minestra riscaldata” di neoliberismo americano e ordoliberismo tedesco. L’endorsement di Prodi, il malcelato “cerchiobottismo” della Carrozza (di III classe) devono tenere in piedi le promesse che l’ex-ministro “notaro” Grilli aveva formalizzato (vedi “Nota Integrativa al Disegno di Bilancio per l’anno 2013 e per il triennio 2013/2015” con stucchevole premessa di razionalizzazione della spesa, ma, al contempo, con un travaso pianificato al comparto formativo privato), pena la perdita di credibilità internazionale. Stessa linea benedetta nel DPR sul nuovo sistema nazionale di valutazione con la “forzatura” a firma del prof. Giarda al Senato il 23 gennaio 2013 ([…]”Si fa presente che il provvedimento riveste carattere di particolare urgenza, in quanto l’Unione europea ha posto, come condizione per l’accesso ai fondi strutturali nel prossimo settennio, l’esistenza di un sistema nazionale di valutazione in materia di istruzione e formazione e, pertanto, ulteriori ritardi, potrebbero essere interpretati come una grave inerzia”). Questa è, diciamo, la faccia rinnovata dell'”economia sociale di mercato”. L’altra faccia (complementare) è quella che muove il “sempreverde” Giorgio Vittadini & company (vedi:http://www.statistica.unimib.it/utenti/lovaglio/16.pdf), che fa il paio con il suo “amico” Piero Cipollone (presidente Invalsi autore di questo “candido” pamphlet per i signori della Banca d’Italia: http://www.bancaditalia.it/pubblicazioni/econo/quest_ecofin_2/QF_53/QEF_53.pdf); e questa è la faccia più filo-americana ( per intenderci, quella costruita dai vari Theodore W. Shultz, Gary Becker, Mincer).
    Al continuo nutrimento dell'”homo oeconomicus” (interfaccia tra più concorrenza=modello della competizione nelle e tra le scuole e investimento in capitale umano=”divenire rendita del profitto”), bisogna opporre, in definitiva, un “frame” diverso, meditato, costruito con le lotte, con un sapere collettivo, a partire, anche, da questa domenica storica.

  23. Stamattina, andando a scuola, ho sentito la notizia del 59% per l’opzione A dalla radio ed ho urlato di gioia. Arrivata in aula insegnanti ho controllato su internet e mi sono imbattuta in una rassegna stampa vergognosa che parlava solo di un grande flop (cit.La Stampa). Sono bastati i titoli di pochi articoli a stroncare sul nascere l’entusiasmo dei colleghi che avevo riunito attorno al monitor. Il senso critico è a zero, lo spirito di corpo e la solidarietà idem, la voglia di mettersi in gioco in prima persona e di lottare per produrre dei cambiamenti dal basso è più unica che rara, ci si limita a lamentarsi. Questa è l’Italia, la patria degli ignavi, come dimostra anche l’affluenza alle urne bolognesi. Ciò che non tocca i gretti e immediati interessi personalistici viene percepito sempre come qualcosa di estraneo e poco interessante, manca la visione di insieme. La propaganda di regime contribuisce, ovviamente, a creare e a mantenere questo stato di cose. Bisogna resistere e, come dice giustamente WuMing, ripartire da 50.000.

  24. Ho votato e fatto votare “A”. Ma il 28% di votanti, comunque la si rigiri, è oggettivamente troppo poco perchè le istanze degli “A” possa essere portata avanti in sede di politica comunale.
    Va bene l’astensionismo generale, va bene l’aver lottato contro un sistema potentissimo, va bene che erano tematiche che non interessavano a tutti , va bene tutto ma il 28% di votanti è dannatamente troppo poco e non serve a nulla nascondersi dietro ad un dito.
    Il Pd avrà buon gioco nel servirsi di questo 28% e tutto rimarrà come prima.

    • E chi si nasconde? Può darsi che non accada nulla, come prevedi tu. Tuttavia bisogna considerare che la classe dirigente cittadina ha appena dato la più clamorosa prova di debolezza mai vista a Bologna. E l’ha data platealmente, davanti alla nazione. E’ ovvio che ora tirano a spargere melassa su tutto e a far passare il tempo, però non dormono certo sonni tranquilli. E non è che sappiano nemmeno che pesci pigliare. Può pure essere che il risultato referendario venga emarginato, ma lo scossone c’è stato (faccio presente che il Sindaco ha sempre detto che avrebbe vinto la B e che prima del voto il Corriere della Sera riportava indiscrezioni dal Pd, sul fatto che il quorum virtuale per loro sarebbe stato ottantamila votanti). Io scommetterei sul fatto che le cose non saranno identiche a prima. Cinquantamila che hanno disobbedito agli ordini di partito e di parrocchia non sono un’inezia. E se hanno disobbedito una volta, potrebbero farlo anche una seconda. Vedremo.

  25. il problema è che qui si riparte sempre e non si continua mai.
    Abbiamo fatto referendum, proteste, occupazioni, manifestazioni… ogni volta si reinizia tutto da capo. Ogni volta non si riesce a mantenere un movimento, a farlo crescere e soprattutto a trasformarlo da locale a nazionale. La partecipazione civile è un impresa politica usa e getta e rimarra tale, finchè personalita di spessore (tra i quali vedrei bene degli ottimi scrittori bolognesi) non prendano il coraggio a due mani per fondare un partito di sinistra (quella vera) finalmente fondato su solide ideologie. Quello che manca oggi in politica è la politica e quella ce la potete ridare solo voi intellettuali come appunto è successo a Bologna e con il referendum sull’acqua e con le proteste ai tagli all’istruzione e con le battaglie femmineste. Vi aspettiamo da almeno 20 anni… e siamo molti più di 50.000!

    • Non sarei così fiducioso negli intellettuali. Il Comitato Articolo 33 ha raccolto le firme di una sfilza impressionante di pezzi da novanta. Ma quando si è trattato di muovere il culo per venire a Bologna a metterci la faccia e le parole, hai visto qualcuno? Solo Moni Ovadia e Paolo Flores D’Arcais.
      Detto questo, magari ti va di leggere il nostro prossimo romanzo. Non so. Sono tre settimane che devo scrivere due capitoli che mi sono stati assegnati. Proverò a farlo oggi. E non sono nemmeno certo di riuscirci. Mi sono ripromesso di farli trovare pronti al ritorno dei due soci che domani vanno in missione promozionale nel Regno Unito.

      • Pochi intellettuali hanno un impegno civile che vada al di là di firmare una petizione. Credo che la partecipazione sia scomparsa con l’ideologia di sinistra. La vera rivoluzione oggi non è l’antipolitica, vero minimo comune denominatore di pdl pd e m5s, ma la politica degli ideali, che a sprazzi riemerge dalla base e che viene sistematicamente ignorata dalle dirigenze. Servirebbe una dirigenza o movimento o quello che vi pare, per dare maggior durevolezza a questi sporadici risvegli della partecipazione politica civile.
        P.S.
        Non vedo l’ora di leggere il prossimo vostro romanzo. Buon lavoro!

  26. La vittoria di Bologna fa ben sperare, mentre le amministrative non hanno dato grandi emozioni, a mio parere. A Messina la sfida è rimandata, per garantire la doppia preferenza (una maschile e una femminile, ha senso poi?) le elezioni sono slittate al 9 e 10 giugno. Non ricordo se ne avevo parlato, ma il M5S in città ha rischiato di andare in crisi a causa di un candidatura dal basso, che loro *per non-statuto* non hanno potuto appoggiare. C’è allora il paradosso che molti attivisti avrebbero votato volentieri Renato Accorinti, pacifista, antimilitarista, storico primo no-pontista della città, una vita di battaglie per la città. Una candidatura che si trova nel solco delle battaglie per i beni comuni, sostenuta anche dai ragazzi del Teatro Pinelli, altra bella novità in città. Io ci spero, e non sono sola… Qui ne parlo: http://sweepsy.wordpress.com/2013/05/27/cambiare-messina-dal-basso/

  27. A Roma non è una sconfitta per il PD, ma l’emorragia di voti sembra inarrestabile:
    http://emanueledolce.blogspirit.com/archive/2013/05/28/il-voto-di-roma-e-un-disastro-per-il-pd.html

  28. A tutti i giapster:
    Come dobbiamo reagire a tutto questo? Bologna ci insegna, è vero, che “si può fare”, che si può mandare un messaggio importante (messaggio che avrà delle conseguenze, ma che probabilmente non verrà ascoltato direttamente), allo stesso tempo però a livello nazionale non trovo un corrispettivo di queste spinte popolari.
    Il PD è allo scatafascio, con o senza queste elezioni, e se anche stesse bene non sarebbe una soluzione: di difendere i diritti, o anche solo di essere un partito di sinistra, non ha la voglia o le capacità.
    Quindi in cosa dobbiamo sperare? Del M5S si può disquisire a lungo ma non dà molti risultati. Nei giovani di OccupyPD (forse l’unico sistema immunitario che ha limitato l’emorragia di voti)? Ma non sarà un errore imperdonabile quello di rimanere attaccati al PD, con quello che rappresenta?
    Anche perché io, personalmente, mi sono stancato di aspettare un partito-Godot, e anche lottare per gli ideali come si è fatto a Bologna cambia le cose ma poco alla volta mentre il tempo stringe.
    A Bologna da 30 sono diventati 50.000, quindi le persone le si riesce a far muovere se si lotta per qualcosa di buono.
    Onestamente fremo dalla voglia di impegnarmi in prima persona, ma da solo è difficile, e non saprei se muovermi verso una rivoluzione o una politica, né quanto riuscirei a muovere da solo.
    Un’ultima breve analisi la vorrei fare sul Grillo, voi gli avete attribuito un ruolo di “pompiere” in un vostro celebre articolo, visione che condivido fortemente; nella situazione attuale, però, in cui anche il M5S si è lasciato inghiottire dalle logiche di partito, questo valore non può essere addirittura acuito? Mi spiego, tante persone hanno votato M5S sperando in una sorta di rivoluzione politica, il fatto di aver scoperto di aver indirizzato male (perché in questa direzione non si è andati) le loro energie potrebbe portare a un grado di disfattismo e rassegnazione ancora più marcato?

    Scusate per questo sfogo da giovanotto infervorato e per il post un po’ confuso, forse pure un po’ OT, ma confido che avrete un po’ di comprensione.

  29. […] il commento a caldissimo di ieri mattina, ecco la nostra riflessione sull’esito del referendum di Bologna. Sul sito di […]

  30. Io non riesco, compagni, a capire cosa ci sia di positivo nel risultato di questo referendum. Alla semplice domanda “volete che i soldi vadano alla scuola pubblica o a quella privata” solo il 16% degli aventi diritto, degli interrogati, ha risposto che voleva darli alla scuola pubblica. Il restante 84% o vuole che vadano alle private o non è convinto che sia giusto darli alla scuola pubblica. È un disastro. Perché con questi risultati non c’è nessuna possibilità che il milione di euro torni alla scuola pubblica anzi, è probabile che aumenti (per carità, sarebbe probabilmente stato lo stesso se avesse votato il 95% e 70% avesse votato A, ma almeno avrebbe significato che gran parte delle persone è con noi). Perché le condizioni erano estremamente avverse, come mai forse per un referendum in questo paese. E stiamo parlando solo di un semplice referendum. Il nostro obiettivo dovrebbe essere superare il capitalismo e costruire il socialismo e per fare questo dovremo convincere MOLTO più del 16% delle persone e lo dovremo fare in condizioni 100 volte peggiori di quelle affrontate dal Comitato referendario. Credo proprio che questo referendum non porterà a niente. Ma proprio niente di niente, zero.
    Due anni fa c’erano stati altri referendum, che avevano convinto molte più persone a stare dalla parte giusta, c’era un terreno estremamente più favorevole di oggi (il centrodestra cominciava a perdere le amministrative, in molti comuni dei centro-sinistra IdV-FdS facevano ottimi risultati fino ad eleggere il sindaco di Napoli), il PD stesso aveva avuto un sacco di problemi ad appoggiare il referendum e visti i risultati delle amministrative non poteva dirsi al sicuro. Oggi, nonostante il PD governi con Berlusconi ormai da un anno e mezzo, nonostante l’acuirsi della crisi, nonostante l’esplosione dei Grillini, nonostante il disastroso comportamente post-elettorale (specie nella gestione dell’elezione del Presidente della Repubblica) il PD non solo è ancora il primo partito a livello nazionale, ma continua a vincere anche a livello locale! In questi ultimi tempi avevamo individuato due elementi che avrebbero potuto segnare la rinascita di un movimento di sinistra: scommettevamo sulla pasokizzazione del PD in seguito al prolungato governare col CDX e sulla frantumazione del M5S al momento dello scontro con la realtà che presenta temi divisivi per questo partito. Il PD abbiamo visto che non ha subito alcuna pasokizzazione e che le perdite del M5S non sono avvenute sui temi che speravamo noi e che comunque hanno riguardato solo minimamente persone di sinistra, tanto è vero che a Roma, dove il M5S ha perso metà dei voti, abbiamo visto un 10% ad Alfio Marchini (!) a fronte di un 2% a Sandro Medici che era pure alleato col Partito Pirata (che ho votato) uno dei maggiori indiziati a prendersi i voti persi dal M5S.
    Nel frattempo abbiamo un PRC dove si parla di nuovo di “sinistra senza aggettivi”, dove neanche le opposizioni interne hanno la forza di tentare l’assalto al cielo, un PdCI da lungo tempo relegatosi ad “arreggimoccolo” di altri partiti, PD in primis, Sinistra Critica e PCL che si limitano fare comunicati al grido di “costruiamo qualcosa” i primi e “venite da noi che siamo i più bravi e i più rivoluzionari” i secondi. I piccoli comitati che ogni tanto sorgono in basso, le assemblee, i collettivi di studenti e di lavori non hanno spesso altro orizzonte che “tenersi il culo al caldo”, perché se l’azienda disloca vogliono solo che ne arrivi un’altra (o si disperano se il CDA si dimette, come se il CDA servisse a qualcosa) e se passa la riforma della scuola non mi formano abbastanza da trovare un lavoro. Quei pochi che invece provano a mettersi insieme direttamente in nome dell’anticapitalismo fanno spesso la fine di Lotta Comunista, seduti in poltrona ad aspettare che la rivoluzione scoppi da sola, oppure si sciolgono in pochi mesi perché Bordiga prima del ’43 sì ma meglio quello del ’22, no meglio Trotzky del ’19 perché nel ’21 ormai era andato, zitti tutti che l’unico che aveva ragione era Stalin che tornerà a mangiarsi tutti voi kulakkioni traditori.
    Vabbeh, tutta questa manfrina per dire: freniamo gli entusiasmi. Questo referendum non segna alcun avanzamento da parte nostra, segna solo l’ennesima sconfitta da cui imparare qualcosa (ma non ho ancora capito cosa).

    • E’ proprio la premessa del discorso a essere sbagliata:

      “Il restante 84% o vuole che vadano alle private o non è convinto che sia giusto darli alla scuola pubblica.”

      No, il restante 84% si divide tra un’infima minoranza che ha seguito le direttive di PD e Curia ed è andata a votare B, e una vasta maggioranza che non ha risposto alla forsennata chiamata alle armi ripetuta a tamburo battente da tutti i poteri costituiti in città. Hanno fatto l’impossibile per convincere la gente ad andare a votare B per fare la “prova di forza” e schiacciare i pochi incoscienti che avevano osato sfidarli. Merola ha persino detto che “la riscossa del PD partirà dalla vittoria della B al referendum”. Ebbene, hanno FLOPPATO, e di brutto. Trattandosi di Bologna, dove il PD è il partito di maggioranza, è chiaro che a non aver ascoltato gli ordini di PD e losca compagnia è stata proprio una grossa fetta della base del partito. E un’altra fetta ha votato A. Come scriviamo su Internazionale, il grosso dell’armata persiana ha disertato, lasciando l’esercito di Serse a prenderle (e prenderle secche!), e Serse cerca di spacciarla per una sua vittoria, senza riuscirci minimamente. Qui non si tratta di “trionfalismi”, ma di saper leggere un dato alla luce dei rapporti di forza, in città e non solo. Certo che per superare il capitalismo bisogna convincere più del 16% delle persone, ma se permetti, questo 16% è molto di più di quello che da anni racimola la cosiddetta “sinistra radicale” anche sommando i consensi di tutti i partitini che la compongono. Questo 16% al PD di Bologna crea grossi problemi. Quei 50.000 che hanno votato A lo hanno fatto CONTRO il PD e contro Merola. Di quei 50.000 – metà dei consensi con cui Merola è stato eletto sindaco – il potere politico locale dovrà tenere conto, e infatti in appena 24 ore i toni stanno cambiando, perché lo spavento c’è e noi che abbiamo orecchie dappertutto (nel senso che abbiamo un’intelligence, per quanto informale) lo sappiamo bene. Non è un trionfo, ma se uno dice che è una sconfitta vuol dire che si è abituato a crogiolarcisi, nelle sconfitte.

      • Boh, sarà che avendo cominciato ad interessarmi seriamente di politica da intorno al 2007 ho scarsissima dimestichezza con la parola “vittoria” e magari non riesco a riconoscerla, non sono sicuro che gli oltre centomila che non hanno votato siano andati contro gli ordini di Merola. Mi pare più probabile che neanche sapessero del referendum (io osservo da fuori, ma se ricordo bene anche voi vi siete lamentati dell’oscurantismo sul referendum). Io sinceramente una dichiarazione come quella di Patriarca del PD (“I dati sull’affluenza al referendum a Bologna dimostrano che ha votato una minoranza. Insomma si è trattato di una battaglia ideologica che non interessa la gran parte dei cittadini.”) non riesco a smontarla. E non riesco neanche a spiegarmi come far interessare la gran parte dei cittadini a queste battaglie.

        • Per andare “contro” un ordine basta non obbedire. Questo è successo, e i motivi sono diversi. Perché ascrivere tutto l’astensionismo al menefreghismo individualistico? Nell’astensionismo c’è una forte componente di stanchezza da consultazione, di delusione dopo tante batoste, di sfiducia in se stessi, di disprezzo per la politica. Li abbiamo sentiti, i discorsi: “Non hanno fatto niente dopo il referendum sull’acqua, figurarsi questo che è solo consultivo”. Quella gente sapeva del referendum, ma è stata sopraffatta dall’amarezza. Bisogna fargliela superare. Ancora un’altra categoria di astensionisti (e anche questi discorsi li abbiamo sentiti) è composta da quegli elettori del PD che non se la sono sentita di votare contro la linea del loro partito ma allo stesso tempo non erano convinti che tale linea fosse giusta. L’astensione è stata un tentativo mal concepito di “salvare capra e cavoli”. Insomma, il quadro è composito, dentro quell’astensione ci sono interi mondi, non regaliamoli allo sconfittismo, né tantomeno all’altra parte.

        • “I dati sull’affluenza dimostrano” che l’amministrazione comunale ha fatto di tutto per sopprimere il voto e non ci è riuscita. Hanno rifiutato l’accorpamento con le Politiche, che avrebbe risparmiato vagonate di soldi ma avrebbe complicato la vita alle mafie del B; hanno ristretto la votazione ad un solo giorno, una domenica di fine maggio, sperando che la gente pensasse alla Riviera invece che alla Politica; hanno volutamente affrontato la logistica con leggerezza, tirando freccette sulle cartine geografiche per decidere dove mettere i seggi; hanno abusato del gerrymandering, sparpagliando elettori ai quattro angoli della pianura… tutto pur di non dover fare i conti con (orrore!) la propria base, che è sempre stata fondamentalmente contraria a questo elemento dell’accordo di potere del ’94 che creava l’Ulivo.

          I cittadini ai referendum comunali consultivi scorporati da altre elezioni votano poco; quello sulle farmacie si tenne per tre giorni e raggranellò un misero 8% extra, eppure la gente “toccata” era molta di più, e non c’era ancora il clima di sfiducia e sfinimento rispetto alle meccaniche partitiche che oggi domina anche a Bologna. Come dicono i Wu Ming, quei 50mila voti sono tutti “sinistri”, e senza quelli il merolone non passa; già così, se ora non sterza di brutto, il caro Virginio di fatto è ineleggibile e deve cominciare a cercare un lavoro nelle coop per il 2016. È un dato pesante, per chi tiene allo scranno. Il fatto che Merola non sia riuscito in sostanza a trainare nessuno dei suoi è un’umiliazione anche personale: dalla posizione di “popolare sindaco di Bologna con ambizioni nazionali tra i renziani”, il Virginio oggi si vede rigettato in “burocrate emiliano senza appeal e con scarsa base politica”, l’inferno amministrativo da cui lo scandalo Delbono l’aveva inaspettatamente proiettato sotto i riflettori. E insieme a lui i vari Donini e compagnia, per i quali comunque cambia poco perché erano già sulla graticola da febbraio.

    • @ Cernunnos

      Chiedo scusa se rispondo OT (cioè, In Topic ai tuoi OT, non nel merito del referendum di Bologna ma in merito alla tua analisi della situazione generale). Mi pare che sbagli prospettiva. Non è corretto parlare di mancata pasokizzazione del PD in questo modo e mischiare mele e pere. In Grecia il contesto è molto diverso: è nato un partito o meglio un “polo” di partiti a sinistra del Pasok che sono riusciti a formare una coalizione (Syriza) e ottenere importanti risultati, per quanto non certo a fare la rivoluzione. In Spagna con le dovute differenze sono successe cose già più simili alla Grecia che non all’Italia.
      In Italia per tanti motivi questo processo non si è innescato e si è ristretto sempre più lo spazio necessario alla nascita non solo di una via “riformista” all’alternativa/rivoluzione, si è ristretto fino di fatto ad annullarsi pure lo spazio di opposizione dentro le istituzioni e quello di rappresentanza e tutela interne delle opposizioni esterne. I motivi, ripeto, sono tanti. Le “scelte” (o meglio: i cincischiamenti interessati) di parte della sinistra (intendo: i partiti a sinistra del PD) al momento della nascita del governo Monti non sono state di sufficiente netta rottura col PD. Ma pure i movimenti credo abbiano le loro responsabilità. E la posta in gioco era (ed è, sarà) certamente più alta che in Grecia. Ciò che conta è che questa serie di concause ha fatto sì che si arrivasse a questa situazione, che non è rosea ma non è nemmeno di “paese pacificato”. Il PD, che è l’argine ultimo del sistema, ha perso parecchi voti, anche quando ha “vinto” (Marino ne ha persi 250mila rispetto a… Rutelli!) Ci sono scontri in piazza quasi ogni giorno. Ci sono occupazioni, sgomberi e ri-occupazioni quasi ogni giorno, nelle più importanti città italiane. Certo, se possibile evitano di parlarne in TV e sulla home di repubblica.it :-) Certo, da qui a una “situazione rivoluzionaria” ci sono parsec da attraversare. Ma smettiamola anche di credere all’auto-rappresentazione di questo stato di cose.
      Ne so poco, troppo poco della situazione di Bologna ed è facile dire castronerie, ma mi sembra che quello che è successo è invece un fatto importante. Gli “A” sono tanti, in una situazione come questa. Sono abbastanza da mettere in crisi il PD, il PD di Bologna, in una fase in cui il PD è un argine tutto crepato e rattoppato male, e gli A spingono proprio su quelle crepe e rattoppi. Quell’assenza di spazi che dicevo giocherà un ruolo importante quando l’argine salterà. Sarà dura.

    • Potremmo discutere all’infinito di cosa significa “vittoria”, ma non è questo il punto. Il punto è, come molti hanno già sottolineato, che il risultato del referendum:

      1) acquisce tutta una serie di contraddizioni nel governo cittadino di Bologna così come nella base del PD e nella stessa Giunta; in questo, come dicevo in un altro intervento, la contesa sui fondi alle private si allinea a tutta una serie di fronti di lotta, di conflitto, di messa in discussione dell’esistente che, al di là di tutto, fanno ben sperare;

      2) considerato che un comitato di 30 persone, appoggiato da associazioni, qualche piccolo partito e qualche sigla sindacale, è riuscito comunque a mobilitare 50.000 persone nonostante tutti gli ostacoli frapposti, il risultato da un’indicazione del fatto che le lotte che partono su temi specifici hanno tutta una serie di “plus” da non sottovalutare, nonostante limiti, ambiguità e contraddizioni; di sicuro, riescono a coagulare il malcontento molto più facilmente delle forme tradizionali di rappresentanza; quindi, in definitiva, bisogna starci dentro e lavorarci dentro.

      Come dicevo in risposta ad un altro compagno: essere rivoluzionari non vuol dire fare a gara a chi è più radicale, più settario, o a chi enuncia in modo più elegante e magniloquente la necessità della rivoluzione. Significa capire, in ogni singola fase, qual è il modo milgiore per e quali sono i terreni più adatti in cui portare avanti una prospettiva di rottura con il sistema capitalistico.

      Siccome la fase in cui ci troviamo è *disastrosa*, non ci si può prendere il lusso di ignorare il lavorio delle contraddizioni, che passa anche attraverso risultati come quello di domenica a Bologna, in nome di un rivoluzionarismo puramente astratto o nell’attesa messianica del nuovo soggetto politico; bisogna intervenire in quelle contraddizioni, tanto più che non si tratta affatto di compromettersi con pasticci elettorali (l’errore che continua a fare Rifondazione, per esempio), ma di prendere parte a processi di lotta e mobilitazione che nascono dalla società e in cui la ricerca di qualcosa di “nuovo” a sinistra scavalca di gran lunga le alchimie di apparato.

  31. […] approfondire quello che è successo domenica scorsa a Bologna vi rimandiamo a questo articolo di Wu Ming, che riportiamo di […]