Nel suo rapporto segreto sul magnetismo animale, Benjamin Franklin (1706-1790) fece notare che erano sempre gli uomini a magnetizzare le donne. Due secoli più tardi, l’antropologa Clara Gallini lo confermerà: «Nella mia esperienza di ricerca non mi sono mai imbattuta in donne magnetizzatrici di professione. Il “volere” della gestione del fluido fu sempre un “potere” maschile.»
Il punto di vista sulla questione lo offrì in modo fulmimante Georges Méliès (1861-1938): interpretando la parte di Franz Anton Mesmer (1734-1815) il padre del cinema fece apparire dalla tinozza magnetica alcune ragazze, per poi trasformarle… in altrettante oche! (Vedi il cortometraggio “Le baquet de Mesmer”, 1905)
Solo qualche magnetista illuminato osava mettere in discussione lo status quo.
Nell’Ottocento Lisimaco Verati (1797-1879) aveva eletto a proprio medico personale una donna, ritenendo che siccome le donne «posseggono le più cospicue e principali [qualità dei maschi], così parmi provato che la loro attiva capacità magnetica debbe emulare quella degli uomini.»
Joseph P. F. Deleuze (1753-1835) fu ancora più netto; nella sua lista di princìpi alla base del magnetismo animale, il 23° recitava: «le virtù magnetiche esistono in egual misura nello stesso grado nei due sessi.»
Se Alessandro Manzoni (1785-1873) leggeva i libri di Aubin Gauthier era anche per la meticolosità con cui il magnetista curava la lingua; sui suoi scritti si leggeva: «Quando abbiamo detto che la facoltà di magnetizzare esiste in tutti gli uomini […] abbiamo inteso parlare dell’uomo e della donna, perché infatti il sesso non cagiona differenza notabile nella forza magnetica, e le donne magnetizzano egualmente che gli uomini. L’azione magnetica delle donne è generalmente più dolce di quella degli uomini, e l’esperienza dimostra che non è meno salutare.» (Sfoglia qui i tre libri).
Lo scenario non cambia nell’ambito del magnetismo in forma teatrale, dove quasi sempre la figura femminile è stata subalterna a quella dell’illusionista: spogliata per sviare l’attenzione, oggetto di tortura per evidenziare il potere maschile sulla vita e sulla morte, taciturna assistente di uomini il cui ego non lascia spazio ad altri sul palcoscenico.
Se l’obiettivo della magia è di generare stupore, la strada più breve (ed efficace) è quella di mettere il mondo sottosopra: è qui che la secolare subalternità della donna offre uno straordinario spunto creativo. Cosa accadrebbe a capovolgere gli elementi in gioco e mettere al centro della scena un’illusionista di sesso femminile?
Una riflessione su questi temi non può prescindere da Marie Nozière, la donna parigina al cuore delle vicende raccontate da Wu Ming ne L’armata dei sonnambuli. Sarà intitolata alla «popolana vendicatrice che si oppose, ferri alla mano, al potere dei maschi e dei padroni» (come l’ha definita Alberto Prunetti qui) la prossima séance del Laboratorio di Magnetismo Rivoluzionario che andrà in scena a Torino mercoledì 28 gennaio 2015 alle ore 18 presso il Circolo Amici della Magia: il Laboratoire Marie Nozière sarà un’insolita presentazione del romanzo che vedrà sul palcoscenico – oltre a Wu Ming – una dozzina di artiste. Alcune di loro presenteranno dal vivo esperimenti di magnetismo: Silvia Agnello, esperta di magia matematica, coordina da anni il gruppo Pink Magic per mantenere in contatto le illusioniste di diversi paesi; Laura “Lilith” Luchino, tra le poche a praticare l’arte del trasformismo teatrale, ha scelto per sé il nome di una divinità simbolo del femminile che non si assoggetta al maschile; Gaia Elisa Rossi ha 14 anni ed è la Billy Elliot della magia: come il giovane ballerino voleva danzare in un mondo di donne, Gaia vuole essere un illusionista in un mondo di uomini. Quello di Nella Zorà sarà un ritorno, visto che la sonnambula ha già partecipato alle edizioni di Torino e Mantova del Laboratorio.
Altre maghe saranno presenti in spirito: Julia Garrett, Lulu Hurst, Salomè Simon, Minerva. La voce narrante sarà quella dell’attrice Eleonora Frida Mino, autrice e protagonista dello spettacolo Per questo! che racconta la storia di Giovanni Falcone. I reading saranno affidati a Manuela Grippi, tra le protagoniste di Ferite a morte di Serena Dandini (a Bruxelles) e dell’edizione torinese della pièce teatrale Finché morte non ci separi, entrambe dedicate al femminicidio.
Per una sera, grazie alla loro magia, il mondo si arbalta.
I posti sono limitati, è necessario prenotare scrivendo a mariano.tomatis@gmail.com
⁂
Poche ore dopo, alle ore 21, Luigi “Yamunin” Chiarella presenterà il suo Diario di zona presso la Libreria “Il ponte sulla Dora” (via Pisa 46, Torino). All’incontro interverranno Wu Ming 1, Stefano Jugo (alias il “bot” di Einaudi Editore su Twitter) e Mariano Tomatis. Svariati gli ospiti a sorpresa.
Per una sera il mondo non s’arbalta. Può darsi che quella di portare in scena delle donne sia in questo caso una scelta inedita, ma che debba costituire un motivo d’orgoglio a me suona piuttosto avvilente.
Prima di questo post ti veniva in mente un solo nome di illusionista donna?
Quasi sicuramente no.
Non ti veniva in mente perché le illusioniste non trovano quasi mai canali e spazi per lavorare, anche quando bravissime e superiori ai colleghi maschi.
Non trovano canali e spazi perché una illusionista è perturbante, nel vederla permane “qualcosa che non va”. La sua stessa pretesa di salire sul palco come “mago” anziché come “valletta” sovverte il ruolo assegnato da secoli (se non da millenni) alla donna nel frame dello spettacolo di magia: ruolo diversivo quando va bene (la donna discinta distrae l’attenzione dai trucchi del falso superuomo); ruolo sacrificale, vittimario, “masochistico” quando va male. Ogni sera i maghi mettono in scena l’apologia del femminicidio, come raccontato molto bene da Mariano nel suo video «Donne a metà»:
Se questo succedesse – e a tali livelli di incancrenimento! – in qualunque altra disciplina artistica, in qualunque altro settore delle arti e della cultura, apriti cielo! Nella magia, nemmeno ce ne si accorge… :-(
Il Laboratoire Marie Nozière è un tentativo di mettere in collegamento, tramite l’Armata dei Sonnambuli, il ruolo fondamentale delle donne nella Rivoluzione francese con la natura intrinsecamente sovversiva di uno spettacolo di illusioniste, e con la contestazione pratica delle illusioniste che vogliono superare l’asimmetria e gerarchia di genere nel mondo della magia.
Io intuisco il valore aribaltante dell’iniziativa nel campo dell’llusionismo, ma capisco anche l’avvilimento. Purtroppo il tono del post è molto patronizing, la donna raffigurata nella foto non ha un nome, è solo un “lei”, le donne che dite mettere al centro dell’iniziativa sono in due parentesi. Io non ci ho capito molto.
Sarà una questione di pratica e di abitudini del mondo della magia, ma mettere delle donne su un palco così a me pare attrazione da circo.
Poi saranno le illusioniste a dire la loro. Io lo preferirei.
p.s. a parte Hudini, Silvan e Mariano Tomasis (e per ragioni di consumo culturale diverso) io non sarei in grado di nominare illusionisti maschi.
Beh, la donna nella foto per noi un nome ce l’ha, è nel titolo del post e dà il nome al laboratorio.
Io capisco che, visto che a dare la notizia sono dei maschi, possano scattare queste reazioni, e sono comprensibili, ma mi sembra davvero scorretto nei confronti di Silvia Agnello, Laura Luchino, Gaia Elisa Rossi e Nella Zorà usare espressioni come “mettere delle donne su un palco così”. Salgono sul palco da sole, il laboratorio è interamente gestito da loro, voci maschili non ce ne saranno.
L’utilizzo delle parentesi è elencativo.
(Ehm, è Tomatis, non Tomasis, e Houdini, non Hudini…)
P.S. Rinnovo l’invito a guardare il breve documentario «Donne a metà».
Mannaggia! allora non conosco nessun nome di illusionisti maschi.
E avevo capito che la presentazione: “vedrà sul palcoscenico – oltre a Wu Ming – una dozzina di artiste.”
Wu Ming 1 farà il “valletto”, quello a cui si chiede di scegliere una carta, quello che tutto il pubblico prende per il culo, questi ruoli così insomma.
Silvan l’hai scritto giusto però! :-)))
Davvero, io intuisco l’importanza della sostanza. Osservavo come la forma in cui è presentata l’iniziativa non le rende giustizia. Secondo me. E Georgessa.
Eh, lo so. E avete ragione. Solo che non è facile, trovare la forma giusta, il tono giusto. Anzi, rasenta l’impossibile. Per un maschio, porsi il problema della contraddizione di genere e cercare di scriverne (anche quando si tratta “solo” di dare una notizia), significa oscillare tra due ruoli odiosi: quello del “magnanimo” (il patronizer, appunto) che dall’alto del proprio privilegio maschile concede la propria attenzione di maschio alla questione, e quello del “sensibile”, il “maschio femminista” che si mette in discussione ogni giorno, che combatte coi propri automatismi ecc. Ooooooh, ma che bravo che è, sono talmente rari i maschi così…
Quest’ultimo ruolo, per me, è persino più odioso, perché pungola il narcisismo: guardatemi, che bel pavone che sono! Sono un maschio ma so fare anche la ruota “femminista”! Venghino, siore, ecco il pavone non sessista! Oh, ma mi vedete come sono sensibile, e come soffro nel rendermi conto di essere un oppressore? Credete che sia facile, da maschi, mettere in discussione millenni di condizionamento? Ci vuole un’anima mica da poco!
È una contraddizione nella quale si resta avviluppati, non è questione di “buona volontà” ma di relazioni di potere.
La butto là, ma forse potremmo cominciare a dire che il ruolo di femminicida vs salvatore di pulzelle ci sta sul cazzo pure a noi :-)
…e David Copperfield dove lo mettiamo?
non vi ricordate che fa sparire aerei da dentro un hangar, attraversa la muraglia cinese e fa sparire pure la statua della libertà?
oltre al pubblicitatissimo e comodissimo (per entrambi), sul piano della public relation, love affair con la Shiffer, la modella più famosa del periodo?
tra l’altro mi chiedevo come mai Tomasis non lo ha mai citato nei suoi precedenti post (ammeto però di non aver cercato sul suo sito…)
Copperfield è agli antipodi della poetica di Mariano e dei maghi che Mariano segue, studia e divulga: gigantismo, superomismo, trucchi non replicabili fuori da uno studio televisivo… È quel genere di magia “fuori-scala” entrata in crisi l’11 settembre 2001. Quelli hanno fatto sparire due grattacieli tra i più alti del mondo, nessun Copperfield poteva competere su quel terreno.
Naturalmente, vale per tutti gli ambiti artistici: quel giorno la realtà fissò un limite in prossimità del quale la hybris dell’artista appariva ridicola, e il “gigantismo” di certe opere d’arte diventava nanismo.
Sembrò accorgersene subito – un po’ sotto shock, un po’ rammaricato di non poter competere su quella scala – Karl-Heinz Stockhausen, che si espresse in modo certamente intempestivo, ancora nel pieno dell’isteria. Le sue parole furono strumentalizzate, gli furono ritorte contro, esecuzioni di sue partiture furono annullate etc.
Ecco cosa disse in quella conferenza stampa di Amburgo pochi giorni dopo l’attacco al World Trace Center:
«What happened there, is – now you must all reset your brain – the greatest work of art ever. Those spirits accomplished in one act something that in music we could not dream of; there are people who rehearse like crazy for ten years, totally fanatically for one concert and then die. That is the greatest work of art in the whole cosmos. Imagine what has happened there. People who are so completely focussed on one performance, and then 5000 people are chased into resurrection, in one moment. I would not be able to do that. In comparison, we as composers are nothing. Imagine that I could now create a work and all of you would not only be amazed, but you would drop down on the spot, you would be dead and reborn, because it is simply too insane. That is what many artists also try to do, to go beyond the limit of what is thinkable and possible, so that we wake up, so that we open ourselves for another world […] That was a crime because the people did not consent. They did not come to the “concert”. That is clear. And nobody announced to them, you could get lost. But what happenened there spiritually, this jump out of the realm of safety, of self-evidence, of life, that also happens a little bit in art sometimes – or it is nothing.»
Durante la guerra coloniale in Algeria il mago Robert-Houdin faceva apparire palle di cannone dal cappello invece del più classico coniglio e torturava con le scariche elettriche gli spettatori arabi come ad Abu Ghraib: http://www.marianotomatis.it/blog.php?post=blog/20150113
Sulla sua autobiografia si legge che il colonnello de Neveu gli affidò l’incarico di usare la magia per distrarre l’opinione pubblica algerina usando queste parole: “En occupant l’imagination degli algerini, impedirete loro di sollevare intorno alla nostra campagna assurde questioni che potrebbero intralciare l’impresa.” Interessante il verbo “occupare” accanto alla parola immaginario…
Accolgo la nota sulle parentesi per rilanciare al rialzo: sono io stesso curioso di scoprire cos’abbia ciascuna in pentola, e nelle poche righe che ho aggiunto spero di far venire l’acquolina in bocca anche ad altri.
Ora è molto più chiaro per me e più interessante.
Grazie :-)
(Saint Just, abbi pazienza, devo solo dire grazie.)
L’ultimo post di Wu Ming 1 (a cui, non so perché, WordPress non mi consente di rispondere direttamente) coglie perfettamente il senso della mia obiezione, e ringrazio Evangeline per avere indirizzato la discussione su questo punto mentre io me la dormivo.
Io non sono propriamente una vostra lettrice, più che altro perché la mia curiosità di lettrice mi conduce a privilegiare altro rispetto alla narrativa, ma seguo da sempre con interesse il modo in cui vi muovete nel panorama letterario, editoriale e della comunicazione. Ho recepito da un po’ un interesse da parte vostra nei confronti del “femminile” (lascio eventualmente articolare a voi come si debba intendere) e mi aspettavo di vedere spuntare qualche iniziativa in questo senso; ora mi chiedo come potrà essere gestita questa difficoltà pressoché inevitabile del paternalismo, che è sempre dietro l’angolo.
Personalmente forse in questo caso avrei trovato più efficace proporre la presenza di illusioniste donne senza inquadrarla a priori in una cornice di dichiarata eccezionalità: ovvero, se il fatto che la scena sia dominata da donne costituisce una notizia, lasciare che siano altri a rilevarla come tale e a chiedervene conto. Un modo di procedere che implica sicuramente una minore visibilità degli intenti e che potrebbe richiedere più tempo perché si colga il valore della proposta, ma dai e dai… Del resto, non penserete mica di fermarvi qui? ;)
Aggiungo che il commento di Tuco non mi pare peregrino :) e che no, non avrei saputo fare nomi di illusioniste donne, tant’è che mi ero già affidata a San Google per una rapida esplorazione della faccenda
http://www.ranker.com/list/famous-female-magicians/reference
Non sono convinto che la cornice tratteggiata evidenzi uno stato di eccezionalità assoluta. Un po’ di hype da baraccone non manca (“Venghino venghino, siore e siori”) ma alle affermazioni lapidarie di Franklin e Gallini – e all’esplicito sessismo di Méliès – fanno da contraltare le timide aperture da parte di alcuni magnetisti dell’epoca, che elenco come eccezioni meritevoli di qualche interesse. Lo scenario aveva (e ha) una certa complessità, ed è qui che metterà il dito la presentazione del romanzo – ma lo sta facendo sin d’ora questo commentario in coda al post.
“La moglie del mago” è l’appellativo che Daniela Montieri ha scelto per sé e per il proprio blog, in cui racconta – dal punto di vista femminile – cosa significa vivere accanto a un illusionista: una lettura curiosa perché inverte il classico punto di vista. E’ qui: http://www.lamogliedelmago.com/
@Mariano Tomatis “Non sono convinto che” ecc): lo riconosco; quel che mi suona avvilente nei passaggi citati è che hanno il sapore di una concessione, e questo semplicemente per via del fatto che ad affermare lo status di parità (o di superiorità) delle donne rispetto agli uomini sono sempre uomini, in virtù della propria autorità o autorevolezza, e qualsiasi donna che abbia un minimo di consapevolezza non potrà fare a meno di notarlo. Questo è un impasse che, come già detto, è radicato in rapporti di potere che sono storicamente e culturalmente determinati. (Peraltro io stessa sto tralasciando tutte quelle altre identità di genere non incluse nel modello binario; la questione potrebbe farsi molto più complessa.)
intendiamoci però, da parte mia farvi le pulci non vuol essere un esercizio di critica fine a sé stesso; è che ho motivo di aspettarmi qui risposte interessanti. Più in generale, potrei porre la questione in questo modo: se il problema è quello di fare sì che le donne, o anche tutte le persone che non si identificano come uomini cisgender, possano godere di uno spazio di espressione più ampio in un contesto attualmente dominato da uomini, ciò richiede necessariamente che questi uomini “si facciano da parte” riservando loro una quota del proprio potere? E se questo è un passaggio inevitabile, si può compiere evitando il rischio del paternalismo?
Proviamo a riformularla così: quando non esistono o non si trovano testimonianze dirette di soggettività e resistenza femminile (e ancor più transgender), bisogna scavare nelle pieghe e controluci di quelle maschili: vagliarle criticamente, decostruirle, interrogare i dettagli, i lapsus, i non-detti, le dichiarazioni di principio, qualunque cosa riveli le tracce della contraddizione di genere e della lotta.
Ad esempio, nel post c’è scritto che Verati (classe 1797!) aveva come medico curante (medico magnetista, si intuisce) una donna. All’epoca, questo era *eccezionale*, nel senso proprio del vocabolo. Questo mi interessa e mi intriga: chi era questa donna?
E allora, anziché fermarmi alla premessa problematica (cioè che Verati è un maschio ed è lui a parlare *per* le donne), mi viene il desiderio di trasformare il problema in opportunità, di andare oltre e approfondire, di trovare la storia di questa donna che lo curava.
Il link fornito nel post può essere il primo passo del percorso.
Una dichiarazione di curiosità e interesse come questa secondo me è molto più rilevante di qualsiasi altra premessa. Per voi sarà probabilmente un fattore implicito, ma nel nostro contesto culturale può costituire già di per sé un fatto “eccezionale” e credo meriti di essere posto in risalto.
Grazie per lo scambio e per i link. Conoscevo già “Donne a metà”, il blog di Daniela Montieri è molto interessante :)
Grazie a te!
E a Evangeline!
Mi preme solo aggiungere che ho sentito (nelle tracce di varie vostre presentazioni) e letto (nelle interviste) di come avete raccontato del vostro interesse per i personaggi femminili “senza voce”, delle vostre motivazioni, delle difficoltà e delle critiche che avete incontrato, e l’ho apprezzato molto. Perché è tutt’altro che scontato che individui dotati per nascita dei requisiti che consentono l’accesso a una condizione che è effettivamente di privilegio intraprendano un percorso di ricerca che può influenzare il contesto culturale nel senso di una limitazione di quegli stessi privilegi. Per conto mio, quindi, più ne parlerete e più la faccenda si farà intrigante ;)
perdonatemi se vado totalmente (o quasi) fuori thread, ma leggendo i commenti vorrei chiedere se potete consigliarmi alcune letture sul femminismo recenti (per intenderci gli ultimi 5-10 anni). Ultimamente mi sono accorto di essere rimasto indietro sugli sviluppi del femminismo moderno e vorrei, in quanto uomo, farmi un’idea più chiara su come si è evoluto il dibattito sull’argomento.
Da quello che ho letto mi sembra che georgessa sia abbastana informata, ma ogni link/libro è benvenuto. Come uomo oltre i 30 anni che si considera in primis marxista (in senso stretto) considero tutti gli esseri umani uguali (indipendentemente da sesso, razza o religione), vorrei sapere quali sono i temi e gli obiettivi che il femminismo contemporaneo (aggiungo che fino al 2008 ero abbastanza informato, dato che frequentavo alcune ragazze che partecipavano a collettivi femministi).
Scusate ancora se vi rubo questo spazio, ma sento il bisogno di approfindire questo argomento.
http://www.universitadelledonne.it/femmin-a-parole.htm
http://marginaliavincenzaperilli.blogspot.it/p/pubblicazioni.html
https://sites.google.com/site/quaderniviola/
https://www.youtube.com/watch?v=50vP0xoOFbg
Per quel che riguarda la sfera della rappresentazione di sesso e magia una buona lettura è “Promethea” di solito Alan Moore: è una sorta di libro sacro in forma di fumetto (illustrato splendidamente tra l’altro) che affronta le implicazioni tra immaginazione, magia, arte e quotidianità.
Mi sorprende che il nome di Alan Moore non sbuchi fuori più spesso in questo blog: il suo “From Hell” ha parecchi punti di contatto con “L’armata dei sonnanbuli” e, leggendo “L’arte di Stupire”, credo che anche Tomatis conosca bene le sue opere.