[WM1] Settimana intensa: arriva in libreria Cantalamappa, Wu Ming 2 marcia in direzione Nordovest e io torno da una lunga dérive a Nordest.
Sul sito di Internazionale trovate la prima puntata di un testo a cui lavoro da mesi e per il quale prendo appunti almeno dal 2013, dai mesi del tour di Point Lenana.
Si tratta di un reportage narrativo, o meglio, di un racconto-inchiesta su come si vive, celebra o non celebra il ricordo della prima guerra mondiale nel Nordest d’Italia, dove l’avvicinarsi del centenario – inizio ufficiale il 24 maggio, in perfetta concomitanza con le elezioni amministrative in Veneto – evoca spettri e memorie sepolte.
Il viaggio copre tutto il Nordest: Veneto, Trentino, Alto Adige, Friuli e Venezia Giulia.
Sono le terre del fronte, del grande carnaio, delle insubordinazioni e delle decimazioni, delle deportazioni dei civili, dei campi profughi, dell’espansione dell’imperialismo italiano.
Sono le terre ex-asburgiche annesse nel 1866 (Veneto e Friuli) e nel 1918 (le zone ex-«irredente», le borderlands di Trentino, Alto Adige e Venezia Giulia)
[Gli ultimi due, come si vedrà sono toponimi da prendere con le pinze.]
Le zone oggi «redente», che subito dopo l’annessione e durante tutto il Ventennio subirono una dura italianizzazione forzata, sono un osservatorio privilegiato per capire le continuità tra la Grande guerra, il fascismo e le tare che ancora ci portiamo dietro, imperterriti.
In generale, il rapporto tra tutto il Nordest e la Grande guerra è fatto di contraddizioni rimaste sottopelle. La crisi e l’austerity degli ultimi anni le hanno fatte riaffiorare, riattivando e dando forza a vecchi discorsi.
Non è un caso né un capriccio della storia se in quei territori si manifestano varie forme di austronostalgia (per uno scherzo della storia oggi traslata in filo-putinismo) e indipendentismo.
Di tutto questo nel resto d’Italia si conosce pochissimo, è una storia in gran parte rimossa, misconosciuta, e quel poco che si racconta – per ignoranza o malafede – è spesso raccontato male. Ogni volta il Paese rimane stupito quando in quelle terre si manifestano fenomeni strani, spiazzanti. I “mediatori culturali” tra la cultura delle borderlands e quella del resto d’Italia sono drammaticamente pochi, e non sempre gettano luce sulle contraddizioni giuste.
Tutto questo mentre si accumula tensione. Di sicuro qualcosa scoppierà.
Sono molto legato al Nordest. Sono nato e cresciuto pochi chilometri a occidente del delta del Po, dove la parlata emiliana si protende verso quella veneta e ne raccoglie suoni e cadenze. Dalle mie parti si usano interiezioni come «ciò» e «dio can». Le terre di là dal fiume mi hanno sempre attirato e le frequento con intensità da un quarto di secolo. Aggiungo che la mia compagna è triestina e da anni la Venezia Giulia è la mia seconda terra.
Il racconto è diviso in tre parti, tutte illustrate dai disegni di Manuele Fior.
La prima puntata si intitola «Fantasmi asburgici». Apriremo i commenti su Giap dopo la pubblicazione della terza. Buona lettura.
P.S. Sulla Grande guerra stiamo anche scrivendo un libro collettivo che, se tutto fila liscio, dovrebbe uscire alla fine dell’anno.