Lo studioso di cinema e media Flavio Pintarelli, grazie a storify.com, ci offre una cronistoria critica in tempo reale – suddivisa in blocchi tematici – del modo in cui manifestanti in loco e mediattivisti sparsi in tutta Italia stanno usando Twitter per commentare la manifestazione nazionale No Tav in Val di Susa, aggirare la disinformazione “bipartisan” sul suo reale svolgimento e mostrare la brutale repressione messa in campo dal ministro di Nottingham e dai suoi rinoceronti.
Integrazione: una cronistoria più specifica, incentrata sul “dirottamento” dell’hashtag “#saldi” su Twitter, la mette a disposizione @akaOnir.
Se questa giornata mi ha insegnato qualcosa è che si possono passare giorni, settimane e mesi davanti ad un computer, ma si sperimenta e si innova sul serio la comunicazione quando ci si confronta con la realtà dei fatti.
Oggi abbiamo fatto un passo avanti importante nella comprensione di meccanismi comunicativi e su questo ci sarà da riflettere bene.
Mi pare che, una volta di più, sia crollato il mito della rete ontologicamente democratica.
A me pare che questo mito sia già crollato da molto tempo, anzi, per quanto mi riguarda, non è neanche nato. E mi chiedo come e se possa esserci ancora qualcuno che ci crede. La rete può essere democratica nell’uso che ne fanno di volta in volta i singoli, uniti, non esiste una Rete. Come non esiste Dio.
A casa ora. Mesi davanti allo schermo, pensando che lì esprimi. Lì, qui, subisci ma non ti arrendi. Ti trattano come un topo da scacciare con il fumo. Una prova tecnica di anni 10. Bello il tweet. Ma la rete è come il mondo, e questo mito della rete democratica è come il mito della violenza legittima, dei poliziotti oppure di noi come eroi. A me di essere un eroe polaroid non mi frega un tubo. Voglio vincere contro questa roba, voglio portarmi a casa una vittoria, non un’esperienza. Non esiste rete resistente senza esseri umani a comporla, senza esseri umani per le strade a difendere la terra. La rete è fatta di chi la compone.
@Giorgio hai perfettamente ragione. Mi permetto di fare per un attimo le veci dei Wuminghi (tarpatemi che sennò mi prendo troppa confidenza :D ): su twitter oggi c’è stata molta gente che ha scritto in diretta dalla valle e molta altra che ha fatto informazione da casa, come poteva. Nonostante ciò, sembra che il social network abbia preso dei provvedimenti per evitare che le notizie sulla manif avessero molta visibilità. Stava partendo una discussione che Wu Ming 1 ha invitato a dirottare qui, per non togliere posto alle notizie dalla e sulla valle.
Detto ciò, quello che dici è verissimo! Con me sfondi proprio una porta aperta.
Beppe Grillo, come al solito, ha sentito il bisogno di sparare la sua cazzata del giorno: i No Tav sono eroi. Non sono eroi cazzo, sono gente vera, che sa lottare!
L’eroe è quello a cui lanci i fiori quando parte, sperando che crepi onorevolmente in battaglia per poter narrare le sue gesta nei secoli. Ehnnò!
[…] alla segnalazione di GIAP diffondiamo un link […]
Una giornata all’insegna del parodosso.
Il prologo è stato una degna messa in scena delle migliori pagine sulla strategia della tensione made in italy (“aiuto arrivano i blecbloc si salvi chi può”), condito con prove empiriche riguardo la presenza di “nuclei paramilitari organizzati dediti alla violenza”: si sentiva parlare francese (molto strano a due chilometri in linea d’aria dalla Francia) e inglese.
I media mainstream si rimbalzavano i video rubati da youreporter, e tuonavano, tutti all’unisono, contro i violenti che non rappresentano il “vero” movimento noTAV che, guarda caso, risultava essere quello “pacifico” organizzato dagli amministratori locali, cioè dalla politica, e che (anche nell’organizzazione del percorso) era completamente slegato dal contesto creatosi nella Libera Repubblica.
Mentre i politici incominciavano la litania dei comunicati ansa, chi seriamente produceva informazione realtime erano varie radio antagoniste (Blackout ed Ondarossa in primis, GRAZIE!!!), pochi altri centri di controinformazione che riuscivano a coordinare il flusso delle notizie facendo collidere due mondi: quelli che stavano “fuori” con quelli che lacrimavano per il gas, ma che raccontavano la situazione in Val di Sherwood. Twitter ha funzionato da tessuto connettivo per l’intersezione, anche grazie al retweetting di informazioni tecniche per chi si trovava sul posto (accerchiamenti di camionette o quali numeri chiamare per il cibo), ma ad un prezzo: si è dovuto espropriare un hashtag e, a mio avviso, vanno verificate le cause della “scomparsa” dell’hash #notav.
Infine, se per uscire dal meccanismo perverso, che dipinge ogni lotta come un successo da attribuire alla “rete”, spersonalizzando e compattando la protesta di molti come se appartenesse ad una singola entità virtuale (per disinnescarla, cit. WM2), dobbiamo trovare il modo di creare nuove forme per narrare i fatti, direi che oggi le prove tecniche siano andate molto bene!
@adrianaaaa
sagge, sagge parole.
Chiamare eroe chi era a beccarsi il gas è il metodo migliore per idealizzare la lotta e allontanare le persone invece che unirle
Un saluto e un grazie a tutti anche qui. Sono molto contento di aver scoperto i wu ming e tutti voi. E’ successo solo un paio di anni fa, girovagando in rete, colpito molto da un intervento sui fantasmi semiotici (tu pensa, incontrarvi attraverso quell’intervento e non da subito per i romanzi!) che parla di un racconto di William Gibson (che non conoscevo). Grazie per tutto quello che fate, per le vostre analisi e per la vostra opera di “detecnicizzazione” dei miti. Se oggi i nervi sono stati saldi è anche grazie a voi; per quanto mi riguarda è soprattutto grazie a voi. Grazie di cuore.
P.s. Anche a me la cosa degli eroi ha fatto molto incazzare, proprio per i motivi che dite.
Che poi io piango anche adesso dalla rabbia, mica per i lacrimogeni (o per gli urticanti). Salire su per i sentieri, vedersi uniti e se qualcuno si fa male te lo porti dietro, se qualcuno va lento lo aspetti è una roba che a me fa venire gli occhi lucidi. Tanti settantenni arzilli che ti dicono “vi rallenteremmo, ma siamo con voi”. Tanti dei miei compagni pensavano al 1944, allo stare nei sentieri, a tornare in paese. E poi qualche comico che non fa più ridere che viene, ti dice che sei un eroe e tu non ti senti un eroe, ma uno stronzo (a sorry sack of shit, direbbe Palanhiuk).
sottoscrivo: non siamo eroi, ma gente di fibra robusta. Il nostro più grande merito è essercene accorti. Se saranno in molti a riscoprirsi muniti di tale fibra potremo cominciare un cammino di cambiamento profondo di questa società.
@ filosottile
(a mo’ di ringraziamento per la “diretta” di oggi)
@ “non eroi” di una giornata campale eventualmente in ascolto
– Ho davvero fatto tutto questo? – domandò infine Porcelletto.
– Be’ – rispose Puh, – in poesia… in una poesia … be’ sì, Porcelletto, l’hai fatto, perché la poesia dice che l’hai fatto. Ed è così che la gente lo sa.
– Ah! – fece Porcelletto. – Perché… m’era… m’era parso un po’ di paura di aver fatto in tempo ad averla. All’inizio. E la poesia dice: “Non aveva tempo di avere paura”. Ecco.
– Hai avuto paura solo dentro – spiegò Puh, – e per un Animale Molto Piccolo questa è la maniera più coraggiosa di non aver paura che ci sia.
Porcelletto sospirò di contentezza e cominciò a pensare su se stesso. Era CORAGGIOSO…
[A.A. Milne, La Strada di Winnie Puh, 1928]
Ronaterihonte mi ha detto.
Conosco i guerrieri dei boschi.
A volte sono necessari.
Essi non vanno esaltati.
Non di potere vanno ricompensati.
Nè di lusinghe, o consenso.
Allo stesso modo è ridicolo dire che sono stranieri.
Che vengono da lontano.
Tutti veniamo da lontano.
Il vicino è il compagno di un giorno. O di una vita.
Non è di loro che si deve parlare.
Essi esistono solo per un momento.
Poi svaniscono.
Delle ragioni della lotta.
Della necessità della resistenza.
Della possibilità di fare altro.
Dell’occasione di vivere in pace.
Se è la pace, che si vuole.
Si dovrebbe parlare. O tacere.
Mi ha detto Ronaterihonte.
L.
‘giorno,
volevo ringraziare tutte e tutti,
per il tentativo di informare circa gli eventi e i commenti postati finora (più che sentirmi d’accordo mi hanno fatto riflettere parecchio. grazie di nuovo).
per ora ho poco da aggiungere, mi limito a dirvi che
è molto strano tornare a casa e leggere/ascoltare/vedere i vari resoconti dei media. uno straniamento che prevedevamo in molt*, ma che è difficile da sopportare.
bisogna darsi da fare, mi sa.
saluti.
Permettetemi di dire un piccola, sgrammatica e approssimativa cosa.
A tutti quelli che fanno una gara nel condannare le violenze
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Chi usa, permette o dimentica l’uso di armi come i gas CS – vietate in guerra – NON può parlare di violenza/non violenza perché COMPLICE di violazioni di convenzioni internazionali.
Sarò disposto a parlare con voi di non-violenza e civiltà quando:
– Lotterete per vietare l’uso dei gas CS
– Lotterete per un numero identificativo per gli agenti dei reparti mobili, per togliergli l’impunità
– Lotterete per la sacralità, l’integrità fisica e psichica del fermato
ALLORA E SOLO ALLORA, IO PARLERO’ CON VOI.
A proposito dell’informazione Tv e giornali on-line, penso che chi c’era si sarà incazzato leggendo e ascoltando.
Io che non c’ero ero solo amareggiato e questo mi ha consentito di ragionare con maggior distacco, concedendo il beneficio del dubbio ai media, pensando che forse non hanno capito cosa è successo.
Davvero non hanno capito le ragioni profonde che stanno dietro alla protesta. Non le capiscono perchè sono abituati a ragionare con i ritmi della televisione. L’informazione è il loro lavoro e il loro lavoro è riempire uno spazio con notizie.
Non è solo un buco nella montagna è un modo completamente nuovo di prendere le decisioni.
Ma poi, l’avranno capito Maroni e Bossi che questo atteggiamento ha sdoganato le cariche di polizia e lo stesso atteggiamento anche nei confronti di chi chiede la secessione? Oppure pensano che ci siano rivendicazioni territoriali più degne di altre?
“Spuntò in piazza il comandante il corpo civico, grasso, iperteso e strabico, plantigrado sui suoi ciabattanti gambali, tutti i fregi rilucenti nella calante notte. Alzò una mano e disse con la più paterna delle voci: – Scioglietevi, ragazzi. Ragazzi date retta a me, scioglietevi. Non è un ordine, si capisce, è un consiglio da padre di famiglia. Tornate a casa, ragazzi -. Gli rispose una risata generale, di piena ilarità, appena percorsa da qualche vena di acredine, ma l’uomo traballò sotto di essa: il sant’uomo delle multe al football, il principe della polizietta urbana, frapponeva la sua divisa petty come uno stop a chi avrebbe decisamente sputato sulle greche dei generali.”
Chiedo ai commentatori valsusini se possono darmi un dato (che in realtà non è un dato, ma un’impressione): quanto ha fatto breccia, nella stessa Valsusa, il frame violenza/non violenza? Ovvero: quanti No Tav della valle sono incazzati coi “violenti che hanno rovinato la protesta pacifica”? In loco ci sono scazzi sul tema, oppure la valle è compatta ed è solo l’informazione mainstream a seminare la dicotomia?
Concordo a pieno, Grillo fa il suo show e non dice cose a caso. Sostenere la necessità degli eroi (nella realtà e non nel mito) e il modo migliore di disinnescare la partecipazione. Io non sono un eroe e non credo di poterlo diventare, se fosse una lotta per eroi mi chiamerei fuori. Ero là perchè è una lotta per persone, come ogni altra lotta.
@Paco
Se qualche giornalista mainstream in buona fede si fosse preso la briga di essere al presidio lunedì scorso non avrebbe potuto non capire, invece c’erano solo un paio di fotografi che hanno fatto 40 foto della stessa persona con lo stesso sasso per avvalorare le tesi dei loro giornali sulla ‘fitta sassaiola’ che avrebbe ferito 80 poliziotti.
Ci possono essere casi di buona fede come tu dici (io ci annoverrerei questo http://tv.repubblica.it/dossier/battaglia-no-tav/corrispondente-aljazeera-lacrimogeni-altezza-uomo/72021/70305) ma sono decisamente una minoranza.
@RobertoG
Davvero, io credo che abbiano guardato la Val di Susa con gli occhi di Genova.
Quello del black bloc è uno stereotipo, usato più o meno come l’eskimo o la Dyane (scusate i paragoni, sarà l’età) senza approfondire e cercare di capire i comportamenti.
Io sono davvero convinto che nel nuovo mondo globalizzato la TAV che va Lisbona a Kiev, per le merci, sia qualcosa di medioevale (per la parte AV, non per la parte T) e che i ragazzi ieri lottavano anche per me che vivo a Bologna. I giornalisti mainstream, oltre a non essere più abituati a racocntare le notizie (si limitano a rilanciare le agenzie) non sono più abituati a domandarsi cosa sta succedendo.
Concedetemolo, infine: la linea della TAV mi ricorda tanto la Lisbona-Leningrado di Bar Sport di Stefano Benni.
[…] Nervi #saldi in Val di Sherwood: cronaca di una giornata #noTAV […]
Intanto saluto tutti, questo è il mio primo post sul GIAP anche se seguo la newsletter da anni.
Una cosa che ho notato e che mi ha fatto molto incazzare è che i media mainstream hanno insistito per anni con l’impostazione: piccoli interessi particolari vs. interesse generale (declinato in maniera sempre più grande: il Piomonte, l’Italia, l’Europa intera). Ora invece per delegittimare la protesta di ieri sottolineano come i fermati fossero persone da tutta Italia; Repubblica: “Tutta gente che non c’entra nulla con la Val Susa” sottolineano polizia e carabinieri.
Quindi ora c’è stato uno slittamento: se prima chi si opponeva lo faceva per egoismo miope, ora si tratta di “professionisti della violenza” che girano il mondo perché gli piace scontrarsi con la polizia. Questo chiaramente rende più giustificabile la repressione.
Mi unisco alla richiesta di WM2: che si dice in val di Susa della giornata di ieri e di questa divisione fra buoni e cattivi?
Beh, quelli che non abitano la Val di Susa, saranno chiamati a pagare per la realizzazione della linea, senza avere nemmeno il ritorno degli eventuali benefici.
Anche a voler stare dentro al gioco che fanno i media, anche uno della Puglia ha diritto a dire noTAV, visto che sarà chiamato a pagarla.
Che cosa dicono quelli della Val di Susa dei ragazzi che hanno manifestato e hanno avuto atteggiamenti violenti?
Se ne avessero parlato male, se si fossero lamentati, se avessero preso le distanze, ce ne avrebbe già dato conto la stampa mainstrean.
Quindi si vede che non è avvenuto…
http://www.corriere.it/cronache/11_luglio_04/imarisio-ambiguita-inaccettabili_f688940a-a5ff-11e0-89e0-8d6a92cad76e.shtml
E’ da considerarsi come posizione del Corriere della Sera, visto che è in prima pagina?
Sono interessanti commenti (che non si possono linkare) non mi aspettavo tanta noTAV-itudine tra i lettori del Corriere!
Lunedì mattina quando scappando dai lacrimogeni siamo arrivati alla frazione Ramat le signore del paesino sono scese in strada a portarci dei biscotti. Ce n’era una che con una mano spingeva il passeggino e con l’altra ci offriva degli zuccherini. Non mi sembra che fossero tanto arrabbiate nè spaventate.
La centrale elettrica che è stato teatro di uno degli scontri è in fondo ad una valle strettissima, dal paese di Chimmonte ci si scende con una strada a tornanti, e ieri a tutti i tornanti era pieno di gente affacciata, credo di poter dire che tanti pensano che in linea di principio le pietre sarebbe meglio non tirarle, ma vista la situazione non credo condannino. Io personalmente trovo che alla centrale il lancio di pietre fosse più che altro inutile, i poliziotti erano lontanissimi e dietro una barricata, infatti nemmeno uno che si sia fatto neanche un graffio.
Giusto per contestualizzare, io sono un mezzo valsusino, nel senso che ci sono nato e cresciuto anche se ormai da più di dieci anni vivo a Torino
@wm2
Ieri ero alla manifestazione ma non sono della Val Susa. Il seguente link dà un’idea rispetto a quello che chiedi. Ho parecchi altri esempi ma sono di fretta e non posso scrivere ora. La mia impressione, comunque, è che tra la popolazione della valle il frame violenti/nonviolenti (tra i manifestanti) non ha ancora attecchito.
http://www.notav.info/news/evviva-i-black-bolck-guarda-video-reazione-popolare/
@ Paco & RobertoG
Non c’è da meravigliarsi che un minimo di obiettività di cronaca la esprima il corrispondente di Al Jazeera. Quello è un network di informazione. I cronisti dei network e giornali italiani sono sempre prima di tutto “opinionisti”, anche quando potrebbero limitarsi a raccontare quello che vedono.
Aggiungo che ieri è bastato che il corrispondente di Repubblica dicesse di aver sentito due ragazzi ai presidi parlare inglese fluentemente per produrre il lancio della notizia sui black bloc giunti da ogni dove. L’infiltrato, l’untore straniero, il virus esterno, la perfida Albione… Che cazzo di deja-vu (e mica soltanto di Genova, andrei assai più indietro nel tempo)!
@wm2
vivo a metà strada fra la Val Susa e Torino. Ieri ero a Chiomonte, con amici che abitano propriamente in Val Susa, e l’unica differenza che ho visto è stata quella fra chi se l’è sentita di spingersi in prima linea e rischiare sulla propria pelle, e chi no, ma lo spirito era lo stesso, il fronte comune, e fra chi ha attaccato il cantiere non c’era separazione tra, valsusini, notav storici e tutti gli altri venuti alla manifestazione.
A margine ringrazio @uomoinpolvere per l’opera di informazione via twitter. A volte causa scarsa visibilità dovuta al territorio non proprio semplice, arrivavano prima le sue notizie che i miei occhi, ma i due punti di vista dopo poco tornavano sempre a confermarsi l’uno con l’altro.
Ciao a tutti
scrivo qui questo commento ma potrebbe tranquillamentre stare sotto il post su SN e popolo della rete, lo sto covando da tempo e molte cose che avrei voluto dire sono per fortuna già state dette da altri …
Ma la giornata di ieri è stata il catalizzatore (grazie a #notav e alla lettura dell’ultimo numero della rivista n+1 da tempo rimandata) per scrivere almeno queste riflessioni
* molti degli strumenti che si utilizzano su internet possono essere piegati ed utilizzati in modi nuovi e per cui non erano stati pensati.
Le funzionalità di uno strumento nascono ed evolvono dall’uso che se ne fa, esempio classico è il forcone …
questo è chiaramente vero anche per il software (forse ancora di più, ma non sono ingrado di dirlo) un esempio credo efficacissimo è l’hashtag # su twitter.
e’ stata creata dagli utenti e *successivamente* integrata come funzionalità.
La stessa natura di twitter è cambiata grazie all’uso che se ne è fatto: inizialmente era molto più ombelico centrico,
la netiquette prevedeva proprio di postare i messaggi in terza persona ” pipcoman sta lavorando” “pipcoman legge una poesia”… molto impersonale e freddo.
twitter è stato trasformato dagli utenti dall’uso, da altri software (soprattutto quelli di search) in quello che è adesso. Questo è stato possibile dalla proprietà che ha sfruttato
il lavoro sociale per creare massa critica su cui guadagnare, ma questa estrazione di plusvalore tossica (come si diceva) ha permesso l’evoluzione di pratiche in se non tossiche, utilizzabili ed esportabili altrove.
* Sull’internet c’è tutto perchè non c’è niente, è tutto nei nodi. Questo è vero ma senza connessione siamo tagliati fuori (sia in modo volontario come in egitto, sia in parte in valsusa per questioni di carico di rete).
e’ qiundi importante che si inizi a ragionare anche su aspetti hardware dell’ambiente tecnologico internettiano. le nostre connessioni sono in mano a pochi (un numero infimo rispetto all’ambito software) e senza alternative …
In tempi *normali* tutto è lecito e anche il dissenso è garantito online, ma come fare in casi di censura o blocchi completi durante eventi e manifestazioni ? Dovremmo ragionare sulla costruzione di una rete
flessibile e sganciabile da quella globale (o riagganciabile); per esempio localmente con un banale software come http://daihinia.com/ . Su questo interessante un articolo “Le unghie della Talpa” (http://www.quinterna.org/pubblicazioni/rivista/29/le_unghie_della_talpa.htm) della rivista n+1
(TCP/IP on Packet Radio e antenna direzionale fai-da-te). La parola agli smanettoni …
[…] e incontrovertibile da parte di qualunque tentativo di falsificazione. Basta informarsi qui, qui, qui, qui e qui e qui e si potrebbe andare avanti all’indefinito. Eppure il Presidente della […]
Peraltro, nel comitato notav di Torino abbiamo una signora tedesca, sposata con un italiano, che vive in italia da almeno vent’anni ma ovviamente ha ancora un pieno accento tedesco. Non escluderei che possa essere la causa dell’affermazione che c’erano blac bloc tedeschi, vista la serietà dei giornalai italioti
@Wu Ming 2
Io ho visto piuttosto qualche traccia del frame pericolo/non pericolo. Non ho visto nessuno, ma proprio nessuno, condannare la “violenza” da parte dei manifestanti. La disparità di forza usata dalle due parti rendeva impossibile un pensiero del genere. Piuttosto c’era chi, soprattutto alcune donne, ricordo particolarmente una “mamma” molto preoccupata e affranta, che invitavano tutti a non scendere giù verso il fondo valle (verso la centrale) e di trovare qualche altro obiettivo o modalità di lotta che non implicasse scontrarsi con le forze dell’ordine (non per la violenza ma per il pericolo che ne derivava). C’era anche molta preoccupazione diffusa da parte di tutti per i bambini presenti: molti, moltissimi bambini, a poche decine di metri da scontri e lanci di fumogeni. Quando durante la marcia pacifica è giunta voce che alcuni compagni avevano ripreso la baita di Giaglione (non so se con la “violenza” o meno, e nessuno se l’è chiesto) tutti hanno esultato.
Quando la marcia pacifica si è divisa, poco dopo essersi ricongiunta con quella di Exilles (alcuni compagni avrebbero tentato di avvicinarsi alla maddalena passando dai boschi e dalle vigne, mentre il grosso avrebbe continuato a marciare verso l’assedio pacifico alla centrale) sono rimasto al bivio per diverso tempo, incerto sul da farsi. Durante tutto il tempo che sono stato lì, non ho sentito divisioni tra chi sceglieva una strada e un’altra. Non ho nemmeno sentito “consigli” o tentativi di convincere a fare una scelta o l’altra né da una parte né dall’altra.
Quando poi siamo arrivati all’assedio pacifico alla centrale, le forze di polizia erano divise in due e usavano gli stessi mezzi e la stessa forza contro di noi e contro di chi era passato dai boschi ed era arrivato a ridosso della maddalena. Molti di noi “cambiarono idea” (o forse semplicemente pensavano già di far così da prima, di avvicinarsi il più possibile con la marcia pacifica e poi di forzare dopo) aggirarono il blocco e si incamminarono per le vigne per raggiungere quelli alla maddalena, e anche lì nessuno che io abbia visto condannare questo gesto (che poi non era nemmeno violento) ma solo preoccupazione per il pericolo. A un certo punto poi anche giù alla centrale molti hanno cominciato a tentare di forzare il blocco e una barricata è venuta giù, i lanci di lacrimogeni sono diventati insostenibili, sono cominciate le cariche e le forze dell’ordine sono uscite dai confini che si erano date e hanno diviso in due la valle. Molti di quelli che erano rimasti di là, oltre il ponte, sul lato della maddalena, lo so per testimonianza diretta, erano persone totalmente pacifiche che volevano soltanto rientrare sul lato del paese di Chiomonte, per tornare a casa o per riunirsi ai loro compagni. Insieme a loro, in fondo valle, c’era anche chi invece lottava per forzare il blocco alla centrale. Le forze dell’ordine hanno avanzato il fronte e hanno impedito a chi voleva semplicemente rientrare di farlo, e hanno lanciato i lacrimogeni col cs a quattro per volta ad altezza d’uomo, verso tutti, indistintamente: verso chi provava a rientrare, verso chi si avvicinava alla centrale, e sempre, continuamente, verso di noi, verso il ponte e la strada verso Chiomonte, dove incredibilmente “l’assedio pacifico” continuava, con famiglie, bambini, anziani, giovani di tutte le età, che sono rimasti lì fermi a prendersi i fumogeni per ore, indietreggiando quando non ce la si faceva più e riscendendo quando si stava un po’ meglio.
A un certo punto, mentre ero risalito a prendere fiato, ho visto questa scena: manifestanti “pacifici” (che poi non è così: nessuno era pacifico, semplicemente c’era chi non era in grado o non era capace o non era pronto a prendersele, e io mi metto tra questi) che con un megafono e con tutto il fiato che avevano davano indicazioni a chi in fondo valle aveva superato il blocco e scappava con i poliziotti che l’inseguivano e soprattutto a chi in mezzo alle vigne provava ad avvicinarsi alla maddalena, sull’altro lato della valle, e magari non sapeva che dietro la macchia un gruppo di poliziotti stava aspettando che si avvicinasse ancora un po’ per lanciargli i lacrimogeni addosso.
Insomma: la divisione che si è creata a un certo punto non è mai stata violenza-non violenza, ma è stata semmai compagni in pericolo e compagni “al sicuro”, e quelli “al sicuro” hanno aiutato come potevano quelli in pericolo.
Ho anche altre cose da raccontare ma ho la testa molto confusa e pesante ancora. Spero di non essermi dilungato troppo.
Grazie per questi primi ragguagli, preziosi perché partono da quel che è accaduto e non da preconcetti sull’unità d’intenti del movimento No Tav. L’analisi di @uomoinpolvere sulla dicotomia pericolo/non pericolo mi pare la miglior risposta possibile per chi oggi, dall’esterno, accusa i “violenti” di avere guastato la protesta pacifica.
Aggiungerei a quel che dice uomoinpolvere che io (e come me penso molti altri) abbiamo abbandonato il lato della valle dove c’era la barricata perchè da dietro è arrivata gente che scappava dicendo che, sempre da dietro, stavano arrivando i poliziotti (era credibile perchè avrebbero potuto passare dall’autostrada che avevano chiuso al traffico). Siccome per togliermi da lì dovevo attraversare la zona dove sparavano ad altezza uomo (non solo 4 volte) non ho avuto il coraggio di restare per vedere se non si fossero sbagliati, come probabilmente era visto che poi i poliziotti da lì non sono arrivati e il fatto che lì ci fosse meno gente a loro è tornato utile.
Comunque è una conferma che la distinzione, a più livelli e non solo si/no, era sul tasso di paura e non di condivisione
Ancora sulla condivisione, riporto un pezzo di una mail che ho ricevuto
“E così pure non vi diranno che una spedizione di Carabinieri e Finanzieri è intervenuta nei boschi menando indiscriminatamente tutti quelli che incontrava, al punto tale che la stessa gente delle borgate rendendosi conto dell’abominio che era in corso si è rivoltata aggredendo a loro volta questi agenti fino a catturarne uno, imprigionandolo e privandolo della divisa e della pistola.
Questo agente è stato liberato non dai suoi commilitoni, ma dai ragazzi del centro sociale Askatasuna (proprio così!) che, per evitare il peggio si sono frapposti tra gli altri manifestanti e l’hanno riconsegnato, non illeso, ma almeno salvo, agli altri Carabinieri. Ma quei valligiani delle borgate hanno reagito ad un sopruso immotivato: ma con che diritto una divisa consente di
picchiare chiunque ti capiti vicino?”
@RobertoG
saluti compagno. Forse la gente da dietro scappava dai poliziotti che dall’alto del viadotto dell’autostrada lanciava oggetti e, a sentire alcuni, pisciava addosso a quelli sulla statale. Ma è solo un’ipotesi.
I lacrimogeni al cs spesso li lanciavano con dei marchingegni che ne sparavano 4 assieme (quando ho scritto 4 per volta intendevo questo), ma certamente ne hanno lanciati ben più di 4. Ne hanno lanciati migliaia.
Grazie delle testimonianze su ciò che è successo ieri, ora è importante che si facciano girare il più possibile perché la disinformazione è stata massiccia. E poi ci vorrebbero azioni diffuse che mostrino appunto che la TAV è affare di tutti, sia per lo spreco di denaro sia perché parte di un modello di sviluppo stupido e miope. Che cosa potremmo fare noi che siamo lontani dalla valle?
mi chiamo gigi, da tempo seguo giap ma solo ora mi sono deciso (leggi “ho trovato il coraggio” :-)) di postare un commento.
Non sono sicuro che postare qui un piccolo racconto (benché ispirato da questo thread) sia un’azione in linea con le finalità di giap. Qualora le cose stessero così, cancellate pure tutto senza problemi.
“IO STO CON LE MONTAGNE”
“Se dev’esserci violenza che violenza sia / ma che sia contro la polizia”
“Cazzo, non riesco a respirare” urla Massimo.
La nube dei lacrimogeni è diventata una cortina talmente spessa da rendere impossibile la comprensione di quanto sta accadendo.
Il fiume di persone che aveva costituito il troncone principale del corteo mattutino è ormai scomparso, lasciando la scena ai manifestanti pronti alla resistenza a oltranza.
Massimo non riesce a sfuggire ai gas che arroventano i bronchi e incendiano le mucose, ha perso di vista Vichi, sua moglie, ed è sempre più preoccupato per l’esito della giornata.
Le forze della polizia stanno accerchiando la zona e a breve non ci sarà tempo per distinguere tra pacifici e violenti.
Lacrimogeni, idranti e manganelli inizieranno a colpire indiscriminatamente qualsiasi cosa abbia la parvenza di un essere umano che non porta una divisa.
Qualche leader politico, parlando ai telegiornali dei principali network televisivi, dichiara la propria solidarietà alla polizia e firma in questo modo la condanna definitiva dei manifestanti; nessuno rivendicherà il ferimento ingiustificato dei cittadini coinvolti.
Nello stesso istante Massimo ripensa alle motivazioni che l’hanno spinto a risalire lo Stivale, alla partenza da Napoli per raggiungere le montagne del nord, al viaggio in treno su vagoni con temperature da altoforno, al figlio che la compagna Vichi porta in grembo.
Inizialmente non era molto favorevole al viaggio, pensava fosse assurdo andare a combattere per qualcosa di assolutamente lontano ed estraneo, mentre la sua città sprofondava trai i rifiuti e l’indifferenza dell’intera nazione.
Era stata Vichi a convincerlo, con la sua fermezza, le sua cocciuta insistenza e con la rivelazione che da lì a qualche mese qualcuno sarebbe diventato il padre di un figlio a cui garantire un futuro ricco di trenini giocattolo e montagne senza buchi.
Nel bosco, intanto, la situazione volge al peggio, il contatto tra i blocchi è avvenuto e si sente l’eco dell’intifada nostrana: nonostante volino pietre e vengano divelti cartelli stradali da usare come proiettili, la disparità di forze è palese, il successo dei manifestanti non consisterà nella vittoria della battaglia, ma nel protrarre l’assedio il più a lungo possibile.
Forse tra secoli i bardi del futuro non canteranno più di Stalingrado e della sua gloriosa resistenza, forse le contusioni, le ferite e le lacerazioni dei corpi dei manifestanti costituiranno il materiale mitico sul quale plasmare le future narrazioni di resistenza e di lotta.
Mentre l’eco della valle amplifica le urla strazianti dei feriti, Massimo continua la ricerca di Vichi, risale il versante fermandosi ogni tanto per rincuorare i più scossi dalla violenza della carica e per prestare soccorso a coloro che per disperazione si sono accasciati al suolo in preda a crisi respiratoria.
La memoria non può non tornare immediatamente a Genova, sono trascorsi dieci anni e sembra che nulla sia cambiato, la repressione del dissenso si è spinta oltre la realtà urbana, ha raggiunto anche le montagne incontaminate e sembra non volersi interrompere fino all’estinzione completa degli oppositori sull’intero suolo nazionale.
Lo Stato si appropria del territorio, in modo da gestirlo unicamente secondo i propri scopi neppure troppo intellegibili, il cittadino si trasforma in una variabile facilmente eliminabile.
Qualcuno avrà sicuramente stabilito statisticamente l’equivalente di gas necessario per dissuadere un manifestante, in un folle calcolo che possiede l’odore acre della carne bruciata portato dal vento spirante da Auschwitz.
Malgrado gli occhi brucino e le membra reclamino a gran voce una piccola tregua, Massimo si spinge fino alla linea dello scontro e, mentre si domanda se non sia egoista da parte sua pensare unicamente a recuperare la donna che ama mentre coloro che fino a poco tempo prima erano stati al suo fianco vengono massacrati, la vede.
Vichi sta urlando contro la polizia, non può lanciarsi nello scontro, teme che lo sforzo e le percosse possano nuocere alla vita che sta crescendo dentro di lei.
E allora urla, a perdifiato, incita i compagni a non mollare, presta soccorso ai feriti, si preoccupa per il marito.
Mentre Massimo cerca di raggiungerla, tutto d’un tratto le urla di Vichi cessano di risuonare per la vallata.
Massimo è sempre più vicino, ma la sagoma di Vichi è scomparsa; pensa che siano i suoi occhi a tradirlo e allora affretta il passo.
All’improvviso scopre che Vichi è riversa al suolo, giace sul prato, il volto sanguinante.
Un lacrimogeno deve averla presa in pieno viso.
Massimo controlla il battito, invoca aiuto, subito si avvicina un ragazzo inglese, dice di studiare medicina, o così almeno crede di capire, sono attimi concitati.
La comunicazione avviene in una lingua inventata, l’idioma della necessità, sembra che Vichi possa cavarsela, la ferita non è cosa da poco, ma guarirà.
Massimo alza lo sguardo e vede il cordone della polizia che avanza.
In quel momento il pensiero non tarda a tradursi in azione.
I tendini faticano a sostenere lo slancio di Massimo che si getta, proiettile umano, contro il blocco della polizia.
I politici, di ogni schieramento, lo condanneranno assieme ai Black Bloc di cui Massimo sapeva poco o nulla.
Alcuni ex-partigiani che avevano accompagnato i nipotini alla manifestazione rimpiangeranno di non poter essere stati compagni di battaglia del giovane manifestante.
Altri testimoni giureranno di aver visto a fianco di Massimo un ragazzo col passamontagna insanguinato e lo sguardo gentile.
Forse tra secoli i bardi del futuro non canteranno più di Stalingrado.
Di certo tra vent’anni il figlio di Massimo sarà in cima alle barricate.
@WM2
A breve spero di riuscire a caricare un filmato che ho fatto che penso sia abbastanza esplicativo della situazione. Un gruppo di persone che si dirige verso la centrale idroelettrica, dopo che il “fronte” stava vacillando per via dei numerosissimi lacrimogeni sparati. In questo filmato si vedono le persone attorno tra cui molti val susini che acclamano e incitano quelli che stavano andando in “prima linea”. Mi spiace solo di aver estratto la mia macchina fotografica troppo tardi e di aver ripreso solo la parte finale di queste ovazioni. Quando oramai per strada c’erano sempre meno persone in quanto ci si stava avvicinando al fronte e l’aria era satura di gas.
Per quel che riguarda la mia esperienza son stati i val susini a indicarci le vie di arrivo e di fuga, a darci i limoni, a indicarci le fontanelle, sempre disponibili a offrirci assistenza, a offrire cibo e a sostenere sempre e comunque.
Io non ho sentito nessuno lamentarsi per lo scontro che si era venuto a creare nonostante mi sia arrivata qualche voce in questo senso. L’argomento, quando ho avuto modo di parlare con dei signori del luogo, era sempre in secondo piano e tutti erano molto soddisfatti della giornata e della pressione creata sul cantiere.
Quello che ho trovato di straordinario ieri è stata la partecipazione di tutti e il sostegno incondizionato a qualsiasi persona coinvolta nella manifestazione. Nonostante non abbia vissuto il 14 dicembre a Roma mi è sembrato di cogliere delle analogie con quel che ho sentito e letto. Ovvero che anche chi non partecipava attivamente alle situazioni più dure comunque sosteneva e approvava e lo manifestava apertamente.
La messa in scena poi che stan mettendo in piedi i media che cercano ancora di tracciare una linea tra chi è il buono e chi è il cattivo è raccapricciante. Repubblica di oggi è un ottimo esempio in questo senso.
Non capisco se cerchino intenzionalmente di distorcere cosi tanto la realtà oppure se semplicemente non riescano a capire..
Questa storia del carabiniere preso, spogliato delle armi e “rilasciato” l’hanno raccontata anche a me. I feroci black bloc acchiappano un carabiniere, gli tolgono le armi per nuocere e poi lo resituiscono ai suoi. Loro invece prendono un ragazzo, lo massacrano di botte, gli rompono il naso e poi lo lasciano sanguinante sotto il sole per ore. Scusate la banalità.
@uomoinpolvere bellissimo il tuo commento, e mi sembra che la lettura che dai calzi a pennello anche ai racconti che ho ascoltato.
Solo per aggiungere una cosa, che mi preme dire subito, senza aspettare di essere pienamente lucido, perché ancora non ho sentito quasi nessuno parlarne.
Se c’è bisogno di una cosa, secondo me, è di continuare. La preoccupazione più grande, dopo il pericolo della situazione, ieri era “e domani? Domani, quando molti saranno tornati nelle loro case, riprenderanno i lavori?” Quello che è successo ieri è qualcosa di storico, e ancora devo metabolizzarlo. Ma la cosa più importante è che la lotta continui. Che trovi anche nuove forme, che diffonda il suo punto di vista, la sua conoscenza, ma soprattutto che continui. Secondo me è stato raggiungo un GROSSO risultato, forse davvero qualcosa di storico, ma i lavori alla maddalena oggi forse sono ripresi, almeno credo che sia così.
Un’altra cosa: io non mi sono fatto niente. Un po’ di mal di testa, gli occhi mi bruciano un po’, ma non mi sono fatto niente. Ho visto bambini e ultranovantenni vicino a me per quasi tutto il tempo. Certo a molti è andata meno bene, e non per colpa loro, ma c’era spazio per tutti, e bastava puntare un passeggino e rimanerci vicino per essere abbastanza sicuri che niente di veramente grave ti capitasse. C’erano manifestanti con la carrozzella e altri con le stampelle. E’ sbagliatissimo il frame degli eroi, per i motivi già discussi qui su Giap da voi moltissime volte. Ma non c’è bisogno nemmeno di essere coraggiosi. Forse nemmeno di avere la fibra robusta. La valdisusa è un paradiso terrestre, le persone sono veramente oneste, il prezzo dell’ottimo vino locale è incredibilmente basso, il pane è veramente buono, si sta bene, andateci, ve ne innamorerete subito, capirete subito appena messo piede fuori dal treno o dalla macchina perché è una lotta che ci riguarda tutti. E si può lottare senza mezzi, senza preparazione, basta un minimo di buon senso, ognuno chiede a se stesso e dà quello che può o si sente di dare. Con questo non voglio sminuire il sacrificio di chi le botte le ha prese e di chi si è preparato, soltanto ribadire e chiedervi di ribadire a tutti che la lotta e la valle sono aperti a tutti, ma proprio a tutti tutti.
@roy_montgomery
La rsiposta potrebbe sembrare semplice: spiegare. Solo che nonostante si abbiano dalla propria sia la ragione che una documentazione adeguata (per chi ne avesse bisogno http://www.notavtorino.org è un pozzo di documentazione, anche se non facilissima da ritrovare, ma è solo un indirizzo tra tanti) manca la disponibilità ad ascoltare.
Sabato mattina durante un volantinaggio in centro a Torino sono riuscito a parlare con una persona, già più disponibile di altre, ma il suo solo argomento era “se tutti lo vogliono mica si sbaglieranno” io gli parlavo di dati, di fatti, e lui rispondeva con questo mantra. Purtroppo non penso sia un caso isolato, c’è un sacco di gente che preferisce credere invece che pensare.
Comunque penso che, specialmente in questo momento, i soldi siano un argomento molto sentito. Far capire che non è vero che i soldi li mettono nè i privati nè la UE (lo so che sarebbero comunque soldi nostri, ma far capire questo è fuori della mia portata), che da li verrebbe al massimo un 5%, probabilmente potrebbe spostare gli equilibri. E se c’è una possibilità di farlo è adesso, nel quarto d’ora di notorietà del NoTav
@knes
purtroppo qualcuno che si lamenta degli scontri, anche nel fronte notav, lo si sente, anche se finora ho sentito lamentele solo da gente fuori Valsusa
@uomoinpolvere
La penso come te, ma per quello che dicevo a knes potrebbe non essere facile.
UomoInPolvere aveva già fatto capire ieri twittando in diretta come ci fosse “fecondo mescolamento tra presidio pacifico e comapgni nei boschi”. Ho usato il suo tweet per rispondere ad un urticante tweet *in cattedra ed in poltrona* del direttore di Europa, tal Menichini.
http://twitter.com/#!/akaOnir/status/87526696462450688
Mi pare di capire che con tutte le profonde differenze tra ieri e il 14 dicembre (non fosse altro per il suicidio della data scelta – “la grande scadenza” – dal movimento #nogelmini di cui si è parlato varie volte in questa sede) in comune tra le due giornate ci sia una generale empatia tra coloro che hanno usato modalità diverse di protesta e lotta.
Di Pietro sta pavimentando la strada del suo futuro politico(da sostituto di Fini)sulle teste dei No Tav. Ancora una volta si dimostra quanto la classe politica e i media siano irrimediabilmente staccati da ciò che accade veramente.
http://www.agognomico.it/index.php?option=com_content&task=view&id=290&Itemid=9
[…] e incontrovertibile da parte di qualunque tentativo di falsificazione. Basta informarsi qui, qui, qui, qui e qui e qui e si potrebbe andare avanti all’indefinito. Eppure il Presidente della […]
@ marcolfo
sacrosanto!
Una cosa, però: quando proponete un link, non… lasciatelo solo. Aggiungete due righe in cui spiegate di che si tratta e perché pensate che gli altri lo debbano cliccare.
Rileggo i tweet e rimetto in gioco i miei ragionamenti. Il rifiuto del frame dell’eroe mi sembra necessario, e anche i suoi corollari. L’uomo coraggioso, l’uomo forte o chissà che altro. Anche la fibra dura. In realtà, per quel che mi riguarda, ho fatto quel che mi sembrava necessario. Non mi sento coraggioso, forte, di fibra superiore. Mi sento soltanto uno che lotta per quel che pensa sia giusto, alla fine un normalissimo uomo. La tecnica della disumanizzazione da un lato e della esagerazione di alcune caratteristiche è un artificio teorico che serve a toglierti le caratteristiche pregnanti dell’essere semplicemente un essere umano. E poi il parlare di Black bloc questa volta mi sembra davvero poco credibile. Se altre volte ho avuto nella mia vita la netta impressione che qualcuno avesse manovrato la piazza, stavolta non mi sembra sia successo. Infatti hanno subito parecchio. La popolazione della Valsusa è molto combattiva, e poi il fatto che la gente venisse da fuori non mi stupisce, e nemmeno mi spaventa. Mi rallegra l’idea che qualcuno si faccia magari 200 chilometri per venire a dire che questo non è il suo modello di vita. Se mi faccio 200 chilometri per vedere un concerto è normale, se me ne faccio altrettanti per esprimere le mie idee sono un delinquente. O magari sarò un banditen.
Della politica mi preoccupa tantissimo l’impossibilità dei partiti di sinistra di raggiungere gli argomenti di una parte del suo elettorato. Se in Piemonte governa la lega è perché la Bresso ha perso voti confluiti ai grillini per via del TAV.
Eppure si deve capire secondo me (a breve) perché il PD si schiera a favore perdendo preferenze. Non lo dico con malizia, ma con voglia di capire. Fino a dove hanno le mani in pasta? Quanto ci guadagnano? In termini di credibilità ben poco, ma in termini di soldi?
Ah. Chiomonte sembrava una piccola repubblica partigiana, con tanto di mercatino e cantine aperte. Io ci andavo da bambino in gita ogni mese (lì o Exilles) e sono posti magnifici, delle perle di pietra incastonate fra parentesi verdi.
Ciao Wu Ming II, non sono della valsusa pero’ c’ero e conosco alcune persone del posto – poche per la verita’. Le persone piu’ anziane non sono affatto entrate nella dicotomia violenza vs rabbia “contenuta”, sono franche, senza filtri e ti chiedono: “ti sembra giusto questo? perche’ ci trattano cosi’? alla fine per forza che la gente si difende”. “La gente” parlano come una comunita’, non c’e’ differenza tra chi e’ residente e chi viene da fuori, anzi sono contenti che ci siano tanti giovani. Le differenze e la diffidenza emergono quando parlano degli infiltrati della polizia: “Arriva uno tutto visto che fa finta di fare una gita poi va in un angolo e telefona.. non siamo mica scemi, si vedeva subito che non e’ uno di noi!!”. Il “noi” include i manifestanti senza precisazioni di sorta e non un Q qualunque.
A Genova era tutto diverso. L’indignazione era diffusa ma tale da sembrare che i fatti fossero accaduti a casa di altri ed era maggiore il sollievo alla ripartenza dei manifestanti. Gli abitanti della valsusa invece se ne fregano dei forestieri, se ci sono meglio, si muovono come una comunita’ e si mettono alla testa delle manifestazioni non le subiscono o evitano, hanno sviluppato una rete di solidarieta’ che ridicolizza twitter e tutti gli altri media. In un paio di ore mettono assieme 100 persone per difendere un presidio, ieri in 10 min e’ arrivato un tipo in scooter dal nulla a portare via un ragazzo ferito. Forse hanno trovato gli appunti partigiani dei loro genitori o nonni che noi (o almeno quelli che conosco io) hanno smarrito.
Eroi? da vivo nessuno e’ un eroe, a titolo precauzionale meglio continuare a chiamarli ribelli.
Su Grillo: non e’ il subcomandante Marcos, non e’ un intellettuale ma piace alla gente semplice perche’ e’ diretto e questo mi piace, come comico poi fa sempre la sua porca figura (secondo me).
Dopo anni e anni dal primo magico incontro e’ stato un piacere finalmente colloquiare anche se dentro questo box.
buona fortuna
p.s.
thomas muntzer starebbe coi #notav?
@ MikeSchirru
Thomas Muentzer stava già coi NoTav nel 1524.
Su Grillo non mi ripeto, ma prima o poi andrà scritta una sintesi di tutte le analisi fatte nelle discussioni qui su Giap.
Anche nello spezzone proveniente da Giaglione, arrivato sotto il viadotto dell’autostrada, al presidio della casetta sull’albero per intenderci, non ci sono state “lamentele”, o almeno io non ne ho registrate. Certo è che nessuno se n’è andato sdegnato da quanto stava accadendo, anzi lo sdegno era tanto, ma tutto diretto verso gli agenti che si divertivano a tirare sassi e sputi dal ponte dell’autostrada, oppure giocando al tiro al piccione con i manifestanti. Uno dei primi feriti è stato un pensionato di Rivoli sulla settantina, si trovava, a mani nude e viso scoperto, vicino alle reti del cantiere per provare a fare pressione insieme ad altre decine e decine di persone quando è stato colpito alla coscia, aveva un buco del diametro di un lacrimogeno. Questo per dire che, chi più chi meno protetto, ad “assediare” il cantiere c’è andato un popolo (umini e donne, giovani e anziani, bambini compresi, http://www.notav.eu/article5404.html), a maggioranza originario della Val Susa (questa è anche la rivendicazione dei comitati notav fatta in conferenza stampa oggi, http://www.notav.info/news/guarda-il-video-della-conferenza-stampa/).
E’ banale, però credo sia importante ringraziare the dustman, giorgio, roberto, rui e tutti per i racconti e le riflessioni.
Persone che sanno rendere questo luogo speciale, dove l’esperienza viene elaborata in tempo reale e diventa patrimonio problematico e collettivo da mettere in comune, pronto a essere rimesso in gioco. Subito.
Contributi di valore molto elevato.
Voglio solo fare una piccola precisazione, e poi rimettermi totalmente in ascolto.
A Genova, dieci anni fa, moltissimi manifestanti, migliaia, dovettero la propria incolumità ai genovesi.
Credo che molti possano confermarlo.
In particolare il sabato, giorno dopo l’omicidio di Carlo, genovesi appostati ovunque ai margini delle strade, moltissimi anziani, indicarono a migliaia di persone vie di fuga e percorsi che giammai avrebbero trovato da soli, per sfuggire alla caccia all’uomo e alla mattanza.
Ricordo un incredibile serpentone di migliaia di schiene arrampicarsi su delle scalette strettissime per scavallare una collina e sottrarsi a una tenaglia di reparti che aveva ormai chiuso un grande spezzone di corteo da ogni lato.
Ricordo sguardi e indicazioni brevi, secche, senza smancerie e piene di solidarietà. E non voglio dimenticarlo.
I genovesi che in quei giorni non abbandonarono la città, sanno bene cosa successe lì. E sapevano anche da che parte stare.
L.
P.s.
Confermo.
Thomas Muentzer, dopo aver fondato i Comitati NoPAV (Principi ad Alta Voracità), aderì subito a quelli NoTAV.
L.
grazie dei vostri racconti, e grazie alla comunità che lì, in montagna, sta difendendo anche noi, “gente di pianura” (o, al massimo, di mezza collina…)
la montagna e la lotta… c’è da riflettere…
[…] dimenticato di dire che cosa metto qua! Metto questo e questo rendendo questo post una copia di quest’altro. E’ un furto? Una perdita di tempo o semplicemente una ulteriore strada, un […]
[…] e incontrovertibile da parte di qualunque tentativo di falsificazione. Basta informarsi qui, qui, qui, qui e qui e qui e si potrebbe andare avanti all’indefinito. Eppure il Presidente della […]
Complice il decennale che si avvicina, Genova 2001 è il termine di paragone più immediato per Val Susa 2011.
Infatti la mia domanda nasceva anche dal ricordo di quelle giornate: prima, durante e dopo Genova ci furono estenuanti discussioni su come portare in strada la contestazione, con blocchi separati a seconda della “modalità” preferita, e poi critiche incrociate, scazzi, social forum in frantumi. Per questo volevo capire se in Val Susa ci fossero sintomi di una dinamica di quel tipo, innescata dal frame “violenza/non violenza” (anche perché devo dire che almeno un valsusino incazzato con gli “sfascisti” io l’ho sentito, ci siamo scritti, e volevo appunto capire quanto il suo risentimento fosse diffuso).
Inoltre, credo, non bisogna confondere la solidarietà di strada con un sostanziale accordo sulle pratiche. L’anziano montanaro (o la vecchietta genovese) che ti indicano la via di fuga quando hai i poliziotti alle calcagna, non è affatto detto che condividano, con quel gesto, tutto quel che hai fatto e detto fin lì. Diciamo che non ti condannano, che non ti considerano un criminale (perché a un criminale gli farebbero lo sgambetto) però non è nemmeno detto che non ti biasimino. Magari sei un coglione, ma un coglione che rischia la pelle o le botte, e allora intanto ti danno una mano.
[…] Continua su Wu Ming Foundation […]
Su https://www.youtube.com/user/globaltvproject trovate tutta la serie di video che compongono la conferenza stampa dei comitati notav.
Tutti i singoli interventi sono in linea con quanto detto sopra, all’opposto però noto che su fb cominciano a circolare post scritti e rilanciati da giovani della valle che invece prendono fortemente le distanze dai gruppi più “decisi”, soprattutto quelli provenienti da fuori, in nome di una non-violenza senza se e senza ma, pur ammettendo che dall’altra parte i poliziotti fossero a maggioranza violenti (e i video non mancano) almeno quanto i manifestanti oggetto della critica.
In questi interventi, per ora sporadici, ma di ragazzi che partecipano da anni alla protesta, si chiede ai comitati notav di prendere posizione contro le violenze di ambo le parti. Risposte a tal proposito non ce ne sono ancora, ma presumo che la questione sarà oggetto di dibattito nelle assemblee del movimento.
Infatti io non sono assolutamente tranquillo da questo punto di vista, temo che ci saranno pezzi di movimento che prenderanno le distanze, bisogna anche darsi da fare per impedirlo, prima ancora che per organizzare altre azioni.
Purtroppo tra chi non capisce e chi capisce ma pensa che per ‘la causa’ si debbano sacrificare i più radicali. E poi ovviamente ci sono i ‘non violenti totali’ che hanno un’altra dignità ma in questo momento sono comunque un problema da questo punto di vista.
Stasera il mio comitato ha una riunione, spero che fughi i miei timori, ma non ne sono convinto.
Discorso a parte, a proposito di ‘black bloc’
http://www.notavtorino.org/documenti/monica-da-exilles-3-7-11.htm
Non è certo una novità e non penso che sia un fatto determinante, però è sempre meglio tenerlo presente.
Mi e’ venuto naturale il paragone con Genova per un duplice motivo: la violenza della repressione e il ritorno di fiamma mediatico che spero riporti a galla le tante verita’ al posto dell’unica menzogna condivisa dai media.
Secondo me a Genova (e parlo da genovese) oltre alla solidariera’ di strada non c’e’ stata la partecipazione del valsusa. Le persone distribuivano acqua dai balconi, hanno permesso ai manifestanti di entrare negli androni dei palazzi ecc.. invece domanica non c’erano le persone, c’era la gente della valle che non aveva intenzione di seguire gli avvenimenti come spettatore piu’ o meno neutrale ma era ben decisa a guidare la protesta.
Sempre a Genova c’erano vari gruppi che avevano la presunzione di decidere spostamenti, percorsi, azioni da intraprendere. Ad esempio il corteo lungo il budello di c.so gastaldi e’ stato un grosso errore che i genovesi avrebbero evitato se avessero avuto il giusto peso all’interno del movimento. In valsusa non e’ arrivato nessuno da fuori a dare ordini, ne’ Grillo ne’ altri. Lungo il percorso c’erano i valsusini a dare indicazioni, nei punti di raccolta c’erano sempre i valsusini coi nervi #saldi a dare consigli, aggiornare sullo stato della situazione e organizzare la pressione sul cantiere.
Forse dal 2001 ad oggi qualche passo in avanti e’ stato fatto.
Dimenticavo: tante persone sono letteralmente scappate da Genova durante la settimana del g8, i negozi erano chiusi e le strade deserte. Altro che condivisione della pratiche..
Neppure a me, per quella che è stata la mia esperienza, pare che la dicotomia violenza/non-violenza abbia fatto presa fra i valsusini.
Sul sentiero di bosco che da Ramats scendeva verso la Maddalena ogni tot c’era una persona del posto che dava consigli e aiuto, e teneva i contatti con chi stava fuori.
Quando, verso il tardo pomeriggio, chi stava nel bosco si è trovato bloccato fra due fuochi, con sotto la polizia che sparava lacrimogeni ad altezza d’uomo e sopra la GdF ad aspettarci (la storia riportata da RobertoG è arrivata anche a me), una “guida” locale si è offerta di condurci attraverso un altro sentiero per evitare il blocco dei finanzieri. Poi i finanzieri se ne sono andati e siamo riusciti a risalire senza problemi.
La stampa mainstream sta dicendo le solite cazzate di sempre. E agli scettici e agli scandalizzati che fanno a gara a condannar i “violenti” non mi verrebbe che rispondere: “la prossima volta venite pure voi… vi fidereste più di Repubblica o dei vostri occhi?”.
@ RobertoG
il mio modesto, empiricissimo parere (o almeno, il mio sentore) è che in Italia non si svolga alcuna manifestazione “tesa” e cruciale senza che le forze dell’ordine ci infilino dentro agenti provocatori e infiltrati. Gli infiltrati ci sono *sempre*, e non è nemmeno una cosa dei tempi recenti. Secondo me succede da almeno quarant’anni, e quindi non mi stupirebbe apprendere che c’era qualche infiltrato pure l’altro giorno a Chiomonte.
Però gli infiltrati possono essere più o meno determinanti, a volte possono essere scarsamente influenti, a volte non contare un cazzo.
Se come si vede in certi video, le persone (ehm) “normali” applaudono i tentativi di forzare un blocco;
se le persone “normali” soccorrono i presunti Black Bloc;
se una dimostrante pacifica tiene un sermone agli sbirri e a un certo punto elogia la maggiore preparazione militare degli “insurrezionalisti”:
http://youtu.be/dDvoAphoDgE
Ecco, se succede tutto questo, a me sembra che eventuali infiltrati siano stati *scavalcati* nelle loro intenzioni e lasciati indietro.
La “violenza” che i media in queste ore demonizzano e condannano non è quella di pochi infiltrati, che se c’erano hanno avuto poco peso. Sì, la descrivono così, delirano sul Black Bloc (sbagliando l’ortografia e tirando in ballo una tattica di piazza specifica che in Italia non si vede da anni), ma in realtà stanno stigmatizzando una pratica di massa, che non ha conosciuto alti steccati tra le varie componenti del movimento. Almeno a quanto ho letto nelle ultime 48 ore, e di resoconti ne ho letti un bel po’.
A proposito di agenti provocatori, ri-posto qui il video bellissimo in cui si vedono gli Indignados di Barcellona sgamare e isolare un gruppetto di sbirri infiltrati, finché la polizia non è costretta a soccorrerli e scortarli via. E’ successo il 15 giugno scorso:
Avere un’idea chiara di quanti fossero d’accordo con pratiche dure e quanti non lo fossero mi sa che è un’impresa ardua. Probabilmente poi per sentire le voci che si dicevano scontente della piega che aveva preso la manifestazione si doveva andare lontano dalle zone calde.
In ogni caso i NO TAV direi che han messo in secondo piano la questione violenza/non violenza e han fatto delle dovute precisazioni sull’argomento: http://www.notav.info/news/guarda-il-video-della-conferenza-stampa/
Personalmente credo che la questione violenza/non-violenza sia irriducibile a qualunque schema o presa di posizione etico-ideologica che pretenda di porsi in termini assoluti. Si può praticare la più strenua non-violenza ed essere poi “infiltrati” da provocatori o semplicemente attaccati, provocati, e di conseguenza messi nella necessità di difendersi. Molto dipende anche da chi ti trovi di fronte, perché a seconda delle circostanze e opportunità storiche, culturali, politiche, etc. i comportamenti possono mutare. Negli anni Quaranta, Gandhi consigliò agli europei di stendersi in massa sui binari delle ferrovie per impedire ai nazisti di spostare truppe e armamenti, ma è probabile che non avesse ben chiaro cosa i nazisti sarebbero stati disposti a fare pur di portare a termine il loro disegno (gli ebrei e i rom europei se ne sarebbero accorti di lì a breve).
Tuttavia questo discorso non elimina l’eventuale rilevanza delle scelte tattico-strategiche che un movimento può darsi “a monte”. Gli indignados spagnoli hanno messo tra i “minimos” condivisi da tutti la scelta di non praticare forme di attacco alle forze dell’ordine. E’ pur vero che in Plaza Catalunya, appunto, hanno dovuto ricorrere all’autodifesa e alla pressione di massa per ricacciare via la polizia che bastonava la gente a terra (e questo dimostra quanto dicevo nella premessa e l’ineludibilità del diritto all’autodifesa), ma alla base di quel movimento resta un’opzione determinata, individuata come tatticamente efficace in questa fase, in quel contesto. In effetti è più difficile innescare sugli indignados la trappola nella quale oggi, in Italia, si vogliono chiudere i valsusini, riproponendo le solite teorie del complotto blackblochiano et similia. Per altro, devo dire che il video linkato da WM1 dimostra da parte loro una lucidità e un sangue freddo ammirevoli: individuazione degli infiltrati (per altro con facce e fisici molto espliciti), isolamento dei medesimi, sputtanamento. Chapeau.
Questo per dire non già “bisogna fare come gli indignados”, dato che ogni lotta ha caratteristiche particolari e diverse caso per caso, ma semplicemente che la questione, piaccia o no, in qualche modo rimane sul tavolo. Il movimento altermondialista di dieci anni fa inventò i cortei “tematici”, distinti sulla base delle pratiche dichiarate, all’interno di una “cornice” condivisa. A Genova però proprio quell’idea venne mandata gambe all’aria e, in un certo senso, si ritorse contro di noi, perché le forze dell’ordine in divisa e in borghese operarono affinché gli spezzoni tematici si sovrapponessero e cortocircuitassero uno con l’altro, così da poter fare di ogni erba un fascio e produrre un fall out entropico in cui agire come volevano. Ecco, per disinnescare le trappole (o almeno per provare a farlo), oggi forse c’è bisogno di uno sforzo immaginativo ulteriore. E di… “nervi saldi”, molto più che di “ribassi”. Scusate il facile gioco di parole.
Questo video l’avete visto? Pare che la Guardia di Finanza tirasse cose da un cavalcavia…
http://youtu.be/W31TyClM2Fs
@finni
se guardi il link Caravan un po’ sopra trovi molto più di un ‘pare’
A proposito di diritto alla difesa durante le manifestazioni, è importante ricordare una cosa: i giudici del processo di appello contro in manifestanti che a Genova sono stati accusati di devastazione e saccheggio “hanno assolto i manifestanti che reagirono alla carica dei carabinieri al corteo autorizzato delle tute bianche lungo via Tolemaide, [quelle che portarono all’omicidio di Carlo Giuliani] venerdì 20 luglio, perché esercitarono *una sorta di diritto di resistenza di fronte a un’aggressione ingiustificata e illegittima*. (E anche in questo caso non è stata aperta alcuna inchiesta: i responsabili di quella carica non sono stati chiamati a risponderne sotto alcun profilo, né penale, né professionale.)” (da Guadagnucci – Agnoletto, L’eclisse della democrazia, Feltrinelli 2011)
@ Roberto, WM e altri
In momenti come questi, il problema diventa la rappresentanza politica (in senso stretto) dei movimenti, che per loro stessa natura vanno su binari e velocità diverse da quelle delle rappresentanze dei partiti nelle istituzioni.
Lo scontro fisico è una sorta estrema ratio, quando si giunge al punto in cui più nessuna istanza viene presa in considerazione e “il potere” (politico & economico) decide di sacrificare il locale per l’interesse economico.
E’ in momenti come questi, dove dopo che tante energie sono state spese ci si chiede: e adesso?
Se non con Beppe Grillo, con qualcuno bisognerebbe imbastire un discorso di rappresentanza politica, quella che Vendola dice che muore acausa della violenza, ma a cui nessuno sembra riuscire o essere interessato a dare voce.
La domanda, come dopo Genova, è la stessa: e adesso?
Think global, make local va bene come slogan, ma c’è un livello, un punto di non ritorno che è quello in cui vengo prese le decisioni ed è a quel punto del sistema che bisogna arrivare per bloccare l’ingranaggio.
Ma come?
@wm4
nell’ultima assemblea prima allo sgombero di lunedì mattina si era deciso di opporre una resistenza che non prevedesse un attacco diretto alle “forze dell’ordine” (pietre & bastoni, per intenderci), ma quando hanno iniziato a bombardarci di gas e ad aggredire con le ruspe le barricate e la gente che ci stava sopra, sarebbe risultato ridicolo urlare di non lanciare pietre, come si era fatto per le due ore precedenti. Credo che fosse quello che tu sopra hai chiamato l’ineludibilità del diritto all’autodifesa.
Per la manifestazione di domenica si è cercato di creare i presupposti per cui le pratiche non fossero escludenti. L’intenzione era di fare in modo che chiunque potesse avere il proprio spazio, dai bambini alle signore, dagli anziani ai ragazzi più incazzati, così che nessuno si trovasse suo malgrado in situazioni spiacevoli. Credo che, se non del tutto, in massima parte si sia riusciti nell’intento.
Da domenica sera, come potete immaginare, nei nostri paesi non si parla d’altro, la reazione più comune è “i giornali e i telegiornali sono vergognosi”, prima ancora di un giudizio sugli scontri. Non mi pare che il frame violenza/non violenza abbia fatto breccia, per lo meno non fra le decine di persone con cui ho parlato in questi due giorni. Fra i molti che erano su, pochissimi mi hanno detto di essere amareggiati per la piega che hanno preso gli eventi, la maggior parte si facevano carico della giornata assumendosene la responsabilità. Anche perchè da queste parti è piuttosto evidente che la violenza è in primo luogo quella di chi vuole imporre militarmente un’opera devastante e inutile.
Da parte mia sono totalmente d’accordo quando dici che c’è bisogno di uno sforzo immaginativo ulteriore per sfuggire alle trappole di cui è disseminato il nostro presente e il nostro futuro. Spero riusciremo a immaginarci qualcosa e a saltare via dalle tagliole come domenica saltavamo su e giù per i muretti a secco.
Sir bis Virano, il subdolo sceriffo e i suoi stupidi scagnozzi sono decisi a farci fuor, ma urca urca tiruleru oggi splende il sol! Grazie a tutt*
@WuMing2
ciao, entro solo ora nella discussione poichè i giorni precedenti sono stati alquanto caotici. Inizio con il presentarmi, sono Rebecca, una delle redattrici del sito http://www.infoaut.org, abito a Torino e come redazione del sito sopracitato da molti anni seguiamo e facciamo parte del movimento notav.
ci siamo seguiti parecchio a vicenda in questi giorni, grazie e a dispetto di twitter.
Scrivo per rispondere alla tua domanda in merito alle reazioni in valsusa sulla dicotomia violenza-non violenza. tutto il tentativo da parte del mainstream di far passare questa separazione tra “buoni” e “cattivi”, tra “violenti” e “non violenti” in valsusa non ha fatto altro che esasperare ulteriormente gli animi. il movimento notav ha risposto, unanime e compatto, con una conferenza stampa, che nella giornata di ieri, ha di fatto rivendicato in toto la giornata di domenica, ribadendo a gran voce il diritto all’autodifesa e ricordando che il movimento è totalmente solidale con tutti gli arrestati perchè (e qui cito una valsusina) “non hanno fatto altro che esprimere la nostra rabbia e la nostra determinazione a difendere non solo noi stessi, ma questo mondo in cui viviamo e il futuro per chi verrà dopo di noi”.
Il movimento si è dimostrato coerente e compatto nella giornata di domenica, e lo ha ribadito a gran voce nella conferenza stampa del giorno successivo.
A conferma di ciò,vi invito a guardare i video della conferenza stampa, che trovate qui:
http://www.infoaut.org/blog/prima-pagina/item/2015-la-risposta-notav-nessun-black-bloc-resistenza-popolare
@wm1,
onestamente non avevo dubbi che il tema dell’infiltrato fosse una cosa in cui la band crede. In Q l’occhio di Carafa, e poi in ogni altro romanzo è un tema che ritorna (se ho fatto uno spoiler, cancellate).
Ovviamente potevano esserci provocatori, così come sono convinto che ve ne fossero nel presidio sino a lunedì. Detto ciò, sono convinto che non abbiano contato nulla o quasi nell’economia della giornata. Ci fossero o meno, di sicuro non lo sapremo mai. Se a Genova mi sembra abbiano contato molto nel gioco delle parti, qui poco, almeno durante gli scontri.
***
Sono stupito positivamente della tenuta della conferenza stampa. La distinzione violenti/non violenti è ciclicamente uno dei migliori modi per rompere i movimenti. Stavolta (per ora) il movimento NOTAV e i suoi rappresentanti non si sono fatti prendere dalla foga dello scaricare il barile nel pozzo dell’altro, e non hanno prestato il fianco alle rotture (invocate a gran voce dai politici, che non vedono l’ora di rompere tutto e fare il treno ad alta spesa pubblica, dove noi mettiamo il formaggio e loro fanno i sorci.
Stavolta, almeno per ora, li hanno fregati. Aspettare il prossimo round.
@ Roberto
L’episodio che citi esemplifica in effetti quello che volevo dire.
In via Tolemaide, a Genova, il 20 luglio 2001, si dovettero respingere i carabinieri che caricavano il corteo. Chi era nello spezzone di testa non ebbe altra scelta, dato che si ritrovò “a panino”, con diecimila persone dietro (la via era del tutto tappata) e i carabinieri davanti che caricavano. E come si sa quello squadrone stava seguendo un gruppo di famigerati “black bloc” che poco prima aveva attraversato la via sul percorso del corteo più grosso. La decisione “incomprensibile” (si fa per dire, of course) fu quella di attaccare il corteo a freddo da una via laterale, in un pezzo di percorso autorizzato. Dicevo appunto: sovrapposizione, cortocircuito, imboscata/provocazione. E purtroppo in quel caso anche il morto.
Ad ogni modo, nonostante il clima del decennale porti a istintivi raffronti, l’esperienza della Val di Susa è tutt’altra cosa. Sia sul piano delle pratiche, sia su quello della composizione sociale. Poi, ovviamente ci sono il contesto storico e quello territoriale (perfino paesaggistico) che fanno la differenza. Personalmente, lo dico senza piaggeria, ritengo quella della Val di Susa l’esperienza di lotta più interessante oggi in Italia. Per chi la anima e per le questioni nevralgiche, “glocali”, che intercetta.
@ WM 4
Perfettamente d’accordo su quanto dici riguardo alla Val di Susa (differenza del contesto rispetto a Genova, esperienza di lotta più interessante oggi in Italia).
Ho voluto citare quella sentenza perché comunque si inseriva nel discorso riguardo all’autodifesa, al di là delle differenze di contesti, soprattutto se guardiamo a questi dieci anni: dal G8 del 2001 la repressione di polizia è stata praticamente l’unica risposta a ogni dimostrazione di disagio e conflitto sociale (studenti, migranti, Tav, rifiuti… sono i primi che mi vengono in mente). La politica si è ritirata dalla funzione che dovrebbe esserle propria e ha messo davanti il poliziotto come unico referente con il cittadino (qualcosa di simile, con parole migliori, lo scriveva Genna su Carmilla).
In una situazione di questo tipo, in cui ogni problema sociale è (solo) una questione di ordine pubblico, un pronunciamento di giudici come quello verso i manifestanti che reagirono alla carica dei carabinieri può essere anche un precedente interessante e utile, in termini di giurisprudenza.
@ Giorgio1983
Beh, non e’ tanto questione di “credenza” quanto di conoscenza dei precedenti, e prima di Q viene la realta’ a cui il romanzo si ispira. Nella storia dei movimenti le vicende di infiltrazione sono riscontrate e documentate. In Italia e altri paesi, in alcune occasioni, gli infiltrati sono usciti con nomi e cognomi, deponendo anche in processi. E riguardo agli agenti provocatori, ci sono foto di agenti travestiti da manifestanti che sparano in piazza il giorno dell’uccisione di Giorgiana Masi. Il programma Cointelpro dell’Fbi per infiltrare e distruggere le Pantere nere e’ verita’ storica. Nei mesi precedenti Piazza Fontana gli anarchici milanesi furono infiltrati. Strane cose accaddero a Genova etc. Ma, come dicevo e come anche tu pensi, questo c’entra poco con i fatti valsusini dell’altro giorno. Se c’erano agenti provocatori, appunto, avevano poco da provocare. Almeno cosi’ mi sembra.
Di ritorno da Chiomonte domenica sera ho iniziato a riflettere sulla giornata trascorsa, e ancora non ho capito che cosa penso. Da un lato gli scontri sono stati una consegunza forse inevitabile del livello di militarizzazione del cantiere (o forse/anche una risposta a quella militarizzazione), e sono stati portati avanti da una piccola minoranza dei manifestanti ma con l’appoggio o almeno con la tolleranza di gran parte degli altri, valsusini compresi. Dall’altro lato mi chiedo: sono serviti a qualcosa? Si poteva pensare di raggiungere l’obiettivo di riconquistare l’area del cantiere, vista la proporzione e il livello di determinazione delle forze in campo? Se invece l’obiettivo era simbolico, tipo mandare un segnale deciso alle istituzioni, si è riusciti a raggiungerlo? Insomma, il destinatario del messaggio l’ha ricevuto? E ancora, non avrebbero potuto esserci strategie diverse? Non ho risposte, al momento.
Dal frame violenza/non violenza mi sembra difficile uscire, almeno a livello mediatico. Anche se non fosse volato nemmeno un sasso e se la polizia avesse caricato a freddo il corteo pacifico i giornali avrebbero parlato di “scontri”, riportando le veline della questura. Forse il buon ministro secessionista non avrebbe usato il termine terrorismo, ma nella sostanza credo che il racconto mainstream della manifestazione sarebbe stato simile.
Non sono mai stato un sostenitore dello scontro, anche quando ero più giovane e fesso, né tantomeno l’ho mai praticato, però non vuol dire che ritenga un certo grado di violenza giustificato in determinate situazioni (per esempio per l’autodifesa). Solo credo che si debba sempre cercare di avere ben chiara la strada che si sta percorrendo, e l’utilità di quello che si sta facendo. In questo credo che il movimento no tav abbia accumulato sufficiente esperienza e capacità per saper decidere da sé, e per disinnescare le trappole. Personalmente auspicherei che l'”assedio al cantiere” non fosse l’unico frame utilizzato, anche per evitare quella sindrome da zona rossa che ben abbiamo sperimentato a Genova, giusto dieci anni fa, con esiti non proprio esaltanti.
@wm1,
il crede non era ironico, per la carità. Dopo la lettura di New Thing mi sono andato a cercare notizie su internet a proposito del Black Panther Party. Le operazioni di infiltrazioni perdurano tuttora, secondo me anche in alcune delle rivolte subsahariane. Il problema, rispetto all’epoca in cui viviamo, è che ormai per manovrare certe informazioni è virtualmente difficilisimo non lasciare un lato scoperto. Se prima si parlava di supposizioni, o di teorie da supportare con prove difficilmente elaborabili.
Ora ci sono migliaia di video, foto. La diffusione è così capillare che la lotta si è spostata sul controllo del media più che sul contenuto. In questo il montaggio gioca una parte minima: facilmente un montaggio artefatto viene scoperto (le conferenze stampa ridicole con le false armi di Genova, la statua di Saddam con la finta folla esultante). Non è la rete in sé, ma la possibilità di accesso ai documenti che rende alla bufala le gambe molto corte. Poi ci sono i giochi di forza (repubblica.it ha in un’ora i contatti che notav.eu ha in molto più tempo), ma è anche vero che non si può più dire a coloro che si lamentano di certe cose che sono dei complottisti. Semplicemente li si deve ignorare. Solo che ignorare gente che sa usare i media molto bene può divenire un problema.
Il problema è decisamente semplice, a tal punto: come cucirò loro la bocca?
Ciao a tutti,
sono nuovo del blog e l’ho sostanzialmente scoperto grazie a domenica. Sono di Pescara e ho 27 anni, laureato in storia, domenica sarei dovuto essere in quel della valle ma ahimè ragioni di salute mi hanno fatto saltare l’appuntamento all’ultimo. Peccato perché ritenevo (e ritengo) la battaglia NoTav una lotta miliare per diversi aspetti, come peraltro sottolineato da Gigi Righetto ieri, ma credo che ci sarà modo di rifarsi…
Ho letto tutti gli interventi e i temi trattati sono parecchi e tutti importanti. Credo però che fondamentale sia il frame violenza/nonviolenza.
E’ evidente che esso sia creato ad arte dai mainstream e dai partiti per creare attorno al movimento un clima di ostilità e di distacco che lo isoli e lo porti poi alla morte (fu fatto così negli 70, è stato fatto così a Genova). Credo però che piuttosto con Genova, il riferimento vada preso sul 14 dicembre. Anche lì i mainstream provarono a criminalizzare parlando di black bloc, di anarco-insurrezionalisti e quant’altro. Anche lì si provò ad utilizzare il frame violenti/nonviolenti e a spaccare il movimento. Eppure non funzionò. Non funzionò con la gente comune che continuò ad esprimere non solo una vaga solidarietà, ma una vera approvazione (ricordo benissimo il 22 dicembre la gente in fila in tangenziale a Roma che ci applaudiva nonostante avessimo bloccato tutto), non funzionò nel movimento che rispose compatto rivendicando nell’interezza la giornata del 14 (gli studenti che da Santoro).
Ecco questa volta vedo la stessa cosa. Ripeto la mia percezione e a distanza (e parecchia) ma l’impressione è che qualcosa nel frame si sia rotto e che, in generale, si creda poco alle invenzioni della stampa. Basti guardare le pagine facebook di Repubblica e del Corriere, sommerse di commenti che chiedono verità. In più ascoltando la conferenza stampa dei valsusini c’è una netta rivendicazione di tutta la giornata di domenica, esattamente come gli studenti avevano fatto dopo il 14 dicembre.
Insomma secondo me, a differenza di Genova (dove le ambiguità nel GSF furono troppe e palesi), 10 anni non sono passati invano (considerando quanto influiscano la situazione sociale ed economica e la crisi del sistema politico che nel 2001 era nel pieno del suo splendore).
@ Paco
La tua domanda sulla rappresentanza politica di certe istanze è ovviamente “la” domanda. Ovvero: la questione drammatica sul piatto. Per “drammatica” non intendo disperata o disperante: mi riferisco piuttosto all’accezione primaria del termine, connessa proprio al piano della rappresentazione scenica. Rappresentazione e rappresentanza sono collegate, non solo etimologicamente. A una data rappresentazione delle lotte corrisponde una data rappresentanza politica. Basta leggere Repubblica per rendersene conto, o le dichiarazioni dei dirigenti del centro-sinistra in merito all’esito dei referendum e alla lotta in Val di Susa. Invece di vedere la connessione tra la vittoria del referendum sull’acqua pubblica e sul nucleare e la lotta dei valsusini, si crea una cesura, si separa ciò che è unito, lo si rappresenta come totalmente disgiunto anche se il legame sarebbe naturale. Su una questione si pretende di capitalizzare politicamente (perché si suppone ci sia il margine per farlo); l’altra invece deve essere cancellata, stigmatizzata, messa a tacere. La Val di Susa è l’innominabile, perché lì insistono tutte le questioni in ballo oggi nel Paese che prescindono da Sir Berlus (urca, urca, tirulero!). Ecco quindi che dai finti localisti della Lega, a Bersani, al Presidente della Repubblica, la definizione di terroristi, eversivi, etc. viene condivisa, ancorché con diverse gradazioni. Perfino nei confronti di chi pretenderebbe di tentare nuove strategie “esternentriste” nel centrosinistra la Val di Susa viene sbandierata come discrimine, vedi le dichiarazioni di Chiamparino all’indirizzo di Vendola che suonano così: “Vuoi fare le primarie con noi? Allora non puoi stare con i valsusini”. In ballo c’è ovviamente un modello di sviluppo, la decrepita ideologia sviluppista, positivista, “PILista”, rispetto alla quale in Italia si fatica da sempre a produrre un pensiero critico di qualche impatto (pensa che mi viene ancora in mente la distinzione pasoliniana tra “progresso” e “sviluppo”…). Eppure, se dovessimo ragionare in termini epocali, non credo ci siano dubbi sul fatto che questa sarà la questione del secolo.
Non credo che esista una risposta alle tue domande (“e adesso?”, “Ma come?”), se non nel divenire stesso delle lotte, che rappresentano già – “rappresentano”, appunto – ed esperiscono la comunità che viene. Del resto, personalmente dubito fortemente che potrà essere questa classe politica, in una qualsiasi delle sue propaggini, a fornirle interpretazione e rappresentanza.
Domenica c’ero anche io in Valsusa. Vorrei provare a raccogliere l’invito ad immaginare lanciato qua e là nel corso della teleconversazione.
Una cosa mi ha spaventato a morte di tutta la giornata: è saltato uno schema di conflitto, o di rappresentazione del conflitto. L’idea sostanzialmente non violenta (senza trattino) dell’avvicinamento pacifico e della pressione di massa, utilizzata dai movimenti sin dagli anni ’90, lo schema “tute bianche”, si è dissolta tra i fumi dei lacrimogeni.
Ho partecipato a più di uno scontro simile nella mia vita, e devo dire che non mi era mai capitato di subire il lancio dei lacrimogeni *prima* dell’iniziativa del corteo. Alla Centrale Elettrica, davanti ai cancelli, i gas sono partiti non appena abbiamo incominciato con quattro corde a tirar giù delle recinzioni. Quelle che si vedono nelle foto, col filo spinato, a buona distanza dalla polizia e dai cancelli veri e propri (dietro ai quali, in ogni caso, stavano ancora altri cancelli e poi un’orda di camionette).
Era un’azione puramente simbolica, senza alcuna proiezione strategica reale; dietro ad essa lo schieramento militare non era neanche lontanamente infiltrabile o destabilizzabile.
Nel momento in cui abbiamo cominciato a tirar le corde, sono venuti giù i lacrimogeni e gli urticanti. Non me l’aspettavo, o meglio si, ma immaginavo – come consueto – che ci fossero degli spazi entro i quali si potessero trovare delle forme di rappresentazione del conflitto pacifico e di massa, includenti, capaci di incutere paura perchè fondate sulla forza della partecipazione. Le sassaiole ovviamente non fanno parte di ciò, ma se buttano 1000 lacrimogeni ad altezza uomo non c’è avanzamneto a mani alzate che tenga.
Ho molta paura. Perchè temo che se lo schema è questo, e funziona!, dobbiamo da subito scervellarci a trovarne defaillances e possibili crepe. Immaginare un altro modo per stare in piazza che non siano le pietre.
Vorrei aggiungere un’altra riflessione. Leggevo che si discuteva di rappresentanza. Credo che sia una questione cruciale perché è evidente che il movimento abbia bisogno di un salto di qualità. A fronte di questo si presenta però un quadro difficile da affrontare. Tralasciando gli interessi bipartisan (che secondo me fungono da corollario) vi è un motivo molto più profondo che va tenuto in debito conto nel momento in cui si discute di rappresentanza: la crisi del partito politico così come l’abbiamo conosciuto (e già io me ne tiro fuori essendo del 1984) nel novecento, crisi che a sua volta discende dalla crisi della società di massa che aveva permesso la nascita dei grandi partiti. Una crisi che in Italia è così evidente tanto da essere sottolineata dal fatto che negli ultimi anni i grandi movimenti (l’Onda, il Notav e i referendum) sono stati assolutamente apartitici. E non di quell’apartitismo grillino che è populismo sostanzialmente impolitico, ma di un apartitismo fortemente politicizzato ma che non trova sbocco proprio perché non ha ancora strutturato una forma per essere rappresentato.
E secondo me la sfida è proprio questa: individuare una nuova forma, un “novello principe” (per citare Gramsci) capace di intervenire in modo incisivo nella società.
@maxmagnus
Io credo che il limite della manifestazione di domenica sia stato precisamente quello, ovvero che una buona parte di ciò che è successo, lanci di pietre compresi, era nelle previsioni delle forze dell’ordine. La percezione che ho avuto è stata che avessero immaginato che ci sarebbero stati tentativi di entrare nel cantiere, e che avessero stabilito di non lasciare che ciò accadesse, nemmeno sul piano simbolico. L’aspetto forse non previsto è stato il fatto che il movimento, o almeno una gran parte di esso, si assumesse la totale responsabilità della giornata, e che non “isolasse i violenti”.
Ora il problema è che fare dopo, come spostare il conflitto da un piano per così dire militare, di riconquista di un territorio sottratto alla comunità (che è poi quello che si cercò di fare anche a Genova), a uno diverso, magari più simbolico e sicuramente più sorprendente. Cosa peraltro che il movimento no tav ha fatto e continua a fare, a partire da quando se ne andavano in giro a far ascoltare la registrazione del fracasso prodotto dal passaggio di un TGV.
@wm4
Non sottovaluterei il problema della mancata rappresentanza, che peraltro credo sia comune a tutta l’Europa. In soldoni: ciò che fa problema non è l’assenza o quasi di no tav nelle istituzioni di livello maggiore, quanto il fatto che un’intera classe politica abbia totalmente perso la capacità di ascoltare la società (non solo i movimenti) e di immaginare orizzonti diversi. Il fatto che parole come crescita e sviluppo siano dei feticci intoccabili, e non solo o non tanto per convinzione ideologica, quanto perché proprio non riescono a immaginare la possibilità che esistano paradigmi diversi.
Io lavoro per un’istituzione pubblica, e mi rendo conto tutti i giorni o quasi che la classe dirigente, politica e tecnica, parla una lingua che non ha più quasi nulla a che fare col reale, e ancora meno col futuro. Per esempio: se si parla di partecipazione loro capiscono costruzione del consenso, quando va bene, se non addirittura una semplice trasmissione unilaterale delle informazioni (“per decidere come fare questi giardini pubblici potremmo coinvolgere gli abitanti del quartiere, chiedere loro di cosa hanno bisogno, coinvolgerli nella progettazione” “Figo! La partecipazione è una parola bellissima e io sono di sinistra! Facciamo così: prepariamo un bel volantino, ma bello davvero, in cui spieghiamo che cosa abbiamo deciso di fare”…).
C’è ovviamente della malafede, ma anche della vera e propria incomunicabilità. E visto che questa classe politica e dirigenziale è cosa data, prima o poi il problema di parlarci bisogna affrontarlo.
@ Paolo Z.
Non intendo affatto sottovalutare il problema della rappresentanza. La situazione “linguistica” e percettiva è in effetti quella che descrivi tu, a mio avviso. Per parlare quindi, si può parlare, ma perché possa darsi dialogo bisogna anche che qualcuno ti voglia ascoltare e sia in grado di capire quello che dici. Se devo essere sincero, non credo che certe teste possano cambiare, non a sessant’anni. Servirà forse una nuova generazione per avere qualche speranza di instaurare un dialogo che possa avere qualche chance. E non è detto che sia sufficiente.
Per chi è interessato, il mio piccolo 3 luglio è su Tumblr, sul quale sono tornato momentaneamente per l’occasione.
http://uomoinpolvere.tumblr.com/post/7271109680/la-mia-piccola-giornata
@ Paolo Z.
Per specificare: il mio pessimismo si fa più relativo riguardo agli eventuali amministratori locali, che potrebbero essere più vincolati a raccogliere istanze che nascono dal basso. Insomma, è chiaro che anche in un quadro per nulla consolante, si possono e si devono fare tutti i distinguo possibili.
@paco @w4
i movimenti ora in corso sono tanti ma come si diceva in altri post e qualche mese fa sono divisi e in qualche modo montematici. cioe’ magari c’e’ solidarieta’ tra gruppi e le persone partecipano a piu’ proteste ma siamo sempre a parlare di notav studenti precari ecologisti anti nucleare anti discariche nodalmolin acqua etc anche se e’ chiaro a molti (vorrei dire a tutti ma …) che quello contro si lotta e’ lo stesso ed e’ sempre la stessa lotta. il primo passo, la prima risposta al che fare? forse puo’ essere (applicando il metodo gtd :-) ) chiamarci allo stesso modo, non mi viene un modo piu’ semplice per dirlo.
@Paolo Z.
Quello che mi ha colpito è stata la totale chiusura di ogni spazio di conflitto possibile che non fossero i lanci di pietre. Detta così è lapidaria; ma per i torinesi come me salta all’occhio la differenza rispetto a Venaus (2005), soprattutto nella gestione della piazza da parte della polizia.
Il Ministero degli Interni ha scelto una strategia differente – non una tattica, si badi – e credo che questo prescinda dal fatto che si sapesse o meno quelle che erano le intenzioni del movimento (d’altronde quando ti chiami l’assedio nazionale… le cose succedono; a me non piace la dinamica del Grande Assedio; e poi niente era stato tenuto nascosto, così come a Venaus). La scelta era di tenere tutti il più possibile lontani grazie ai lacrimogeni. E presidiare coi carriarmati un pezzo di territorio.
Ciò mi spaventa – ma stimola, perchè significa che dobbiamo reinventare forme, parole, pratiche. Ma non ho la minima idea di come nè dove nè quando. Credo che la partecipazione di massa sia la chiave, ma poi? Che immaginario? Quale incisività? Che spazi di trattativa vogliamo prendere? Quali di questi siamo disposti ad utilizzare?
@tuttiquellicheriflettonosulla “rappresentaza”
mi permetto di segnalare tre link da archivista:
http://www.wumingfoundation.com/italiano/Giap/giap18bis.html
http://www.wumingfoundation.com/italiano/Giap/giap18ter.html
http://www.wumingfoundation.com/italiano/Giap/giap18quater.html
@ WM4 e tutti
Il problema della rappresentanza è “il problema” non solo dell’Italia. Provando ad essere generosi, si può dire che la crisi abbia sorpreso e scompaginato i piani della politica che era avviata alla preparazione di un cocktail che prevedeva un terzo sviluppo, un terzo stato sociale, un terzo corruzione.
Quando l’economia di mercato si è rivelata per quello che è, è emersa la corruzione, si è assottigliato lo sviluppo (leggisi PIL) e si è dovuto tagliare il walfare.
Tutto ciò è stato talmente repentino che ha impedito, qualora ne avessero mai avuto voglia, alla rappresentanza politica di trovare (almeno) dei sistemi di lettura dell’esistente per poter proporre dei modelli per ripristinare l’equilibrio del cocktail, in modo che la massa possa sentirsi sufficientemente protetta e sicura nell’esistente da non andare alla ricerca della libertà (riproponendo lo schema del finale di 1984).
La politica, intesa come casta, vive ad un altro livello rispetto al popolo (moltitudini non mi piace) per questo non può capire le esigenze della gente della Val di Susa, come quelle delle proteste della scuola a Bologna, delle donne di “se non ora quando” e così via. Più ancora che i temi etici, fatica a capire quelli economici, perchè parla di questioni che non li riguardano.
Un progetto politico dovrebbe partire dalle esigenze delle persone, non da quello che il bilancio di un Governo si può permettere. E non stiamo parlando di un Rolex a tutti, ma stiamo parlando di istruzione per tutti e sanità per tutti, di tutela dell’ambiente, di ripartire dalle esigenze locali e di mettere il PIL sullo stesso piano di altri indicatori della qualità della vita.
Tutto questo lo sta facendo, a modo suo e in modo (per me) poco condivisibile solo Beppe Grillo. Bersani si è accodato alle vittorie referendarie, come a quelle amministrative, non le ha guidate. Ha avuto fiuto politico, non lungimiranza.
Ora il bivio è: o sparire, come è successo ai movimenti di Genova, rientrati nell’alveo dopo la battaglia, o farsi protagonisti come successe a Lotta Continua o Democrazia Proletaria che si fecero strutture politiche. Anche col rischio di creare una formazione politica da zerovirgola, ma a questo punto non si può più delegare.
Visto che siamo alle “puntate precedenti” e ci stanno leggendo anche molti nuovi arrivati, è ora del periodico ripescaggio di SPETTRI DI MÜNTZER ALL’ALBA. Tutti i non-nuovi arrivati sono liberi di dire “Cheppalle!!!” :-)
Si tratta della nostra autocritica sui giorni di Genova scritta a partire dall’estate 2008 (l’Anno dell’uscita di Luca e dei Grandi Ripensamenti) e diffusa nel marzo 2009, in occasione del decennale del nostro romanzo d’esordio intitolato Q.
Questo è il testo con cui è divenuta esplicita una riflessione fino a quel momento rimasta implicita o allegorica (cfr. il romanzo di WM2 Guerra agli Umani, non a caso un romanzo sulla TAV in Appennino!) sull’Assedio, la Dinamica Unica Imposta etc. Riflessione che, come si vede, è tuttora in corso e non riguarda certo solo noi.
http://www.wumingfoundation.com/italiano/Giap/giap6_IXa.htm
Però secondo me quel che è successo l’altro giorno non era il solito, velleitario Assedio (“Assediamo i palazzi del Potere!”, “Assediamo la zona rossa!”). Come abbiamo scritto nel nostro primo tweet dedicato all’evento, c’era una comunità da anni sotto assedio (i Valsusini) che annunciava un rovesciamento e si dichiarava assediante.
È la quarta volta che la leggo ma più che “che palle” mi viene complimenti per la riflessione e l’autocritca!!!
Ieri con @tigella ho parlato proprio di ciò di cui state discorrendo ora. Per quanto mi riguarda, la vedo come WM4, su rappresentanza e rappresentazione. Questa classe politica non ci rappresenterà, e non solo perché è vecchia e non può cambiare. Ma perché vuole prima di tutto *governare* la crisi, non sconfiggerla alla radice. Non vuole essere *radicale* nel senso che gli dà, per esempio, Zizek. Perché il frame della crisi è in fondo molto comodo per governare. C’è la crisi: ti becchi questo e quello, e zitto, che c’è la crisi, non si può far altro.
Dopo la giornata di domenica anche a me e’ venuto spontaneo pensare alle comunita’ zapatiste del chiapas: entrambi, notav e indios, prima di tutto vogliono essere riconosciuti come cittadini a pieno titolo.
La lotta prende forma nei luoghi di residenza e da esigenze concrete, si basa sulla pazienza e la caparbieta’, non ci sono leader da prima pagina.
Anche in Valsusa i forestieri, cosi’ come a Citta’ del Messico le tute bianche, sono stati “impiegati” per il loro entusiasmo e per avere una eco maggiore: le regole devono essere chiare perche’ per i locali si tratta di una questione di sopravvivenza.
Alla lotta Notav pero’ mancano ancora Don Durito, il vecchio Antonio e il giovane Antonio, la Comandante Ramona .. pero’ ci possono mettere una pezza i Wu Ming creando l’epica della valle che resiste in risposta alla rivoluzione senza volto: Valdo di Lione o Thomas Muentzer? Cary Grant o “Geni Bocia”?
@mikeschirru
probabile che serva un’epica, ma non di una sola valle … magari di una classe. intera.
@ MikeSchirru
la nostra autocritica del 2009 riguardava proprio questo: l’essere stati dei “tecnicizzatori”, degli apprendisti stregoni dei miti di lotta. Rispetto a dieci anni fa, la nostra prassi mi sembra significativamente diversa. Oggi, da scrittori, riflettiamo sulle lotte (e sulle cornici narrative e concettuali in cui vengono inscatolate) insieme a tante altre persone. Siamo compagni di strada dei movimenti, e contribuiamo a raccontarli, ma senza rimettere in piedi la baracca di allora, cioè il laboratorio specialistico pieno di alambicchi fumiganti e beaker ribollenti di pozioni mitologiche…
Anche quando proponiamo una narrazione di riferimento, come l’allegoria robinhoodesca dell’altro giorno, lo facciamo stando attenti, mettendo dei “disclaimer”, accompagnando la cosa con riflessioni e precisazioni, cercando di far vedere (come si auspicava Furio Jesi) che non si tratta di Mito (narrazione più grande di noi, extra-umana, che affascina e irretisce) bensì di “materiali mitologici”, materiali che vengono lavorati grazie a tecniche etc.
Ocio Mike che hai appena tirato la giacchetta a un commando ninja.
Però oggi il mito non è tecnicizzato, non sono stati alchimisti a crearlo nei loro laboratori.
Credo stia nascendo spontaneamente, frutto del desiderio collettivo.
Non ci si identifica in lotte, in uomini, in battaglie.
Si desidera cambiare radicalmente.
Il mito forse è rappresentato proprio dal cambiamento.
In un certo senso è il futuro, un futuro migliore, che ritorna a essere mito.
Probabilmente neanche questo è privo di rischi. Però, magari, è più genuino del mito nato in laboratorio.
E credo ci avvicini di più a quelle lotte, a quegli uomini e a quelle battaglie mitizzate in passato.
@ Paco
Uhm… personalmente credo che la riflessione sulle nuove forme della politica meriti uno sforzo immaginativo in più dell’ennesimo partito da zero virgola. E’ probabile che proprio questa sia una questione cruciale del tempo che viviamo.
@uomoinpolvere: grazie dell’avvertimento!
@wumingX: grazie per la rilettura for dummies dell’autocritica, in effetti mi rendo conto di non avere compreso a fondo il disagio che puo’ incontrare un apprendista stregone nel costruire miti che inaspettatamente possono rivelarsi trappole per altri. Altra conseguenza e’ la proliferazione di consumatori abituali di miti. E allora forse e’ meglio rimanere concentrati sul proprio specifico, la narrazione umana nel vostro caso.
Ho letto qui proprio tutto, non ho potuto andar su domenica ma twitter mi ha portato lì (grande @uomoinpolvere, meglio di tutte le tv del mondo ;)
Qualche considerazione sparsa e confusa, anche leggendo (solo dopo, non domenica) i media di regime.
1. tutte le cronache di chi c’era concordano, aggiungo alle altre quella di Mercalli http://goo.gl/1ktJ9 perché mi pare che qui non ci sia ancora.
2. en passant, qui la foto di una dei quattro arrestati, la ragazza: http://goo.gl/JJtf4 Didascalia: “è stata soltanto perquisita”. No comment.
3. qui La Stampa http://goo.gl/vqldZ racconta la conferenza stampa dei comitati NoTav, in modo quasi neutrale e stranamente discordante con *tutti* gli altri articoli e opinioni dello stesso giornale sull’argomento (mi chiedo perché, quasi mi preoccupo).
Infine in breve un pensiero mio, certo non originale ma che mi martella. E’ vero che, per quanto tantissima, la gente NoTav (chi c’era e chi avrebbe voluto e chi la pensa in quel modo) è comunque una minoranza. Ho l’impressione che tale minoranza stia subendo sempre più non solo dai politici e dai media, ma anche dagli “altri” (condomini, colleghi, persone comuni) un trattamento in fondo non molto diverso da quello riservato alle minoranze sotto il fascismo. Un popolo mediamente ignorante, male educato e peggio informato vede con fastidio e insofferenza chiunque dimostri con le opinioni e i fatti il loro comodo essere pecore e complici. So che non ha molto senso parlare di “popolo”, unificare il molteplice, ma chiedo il beneficio dell’eccezione dal momento che i molteplici si unificano volontariamente e volentieri nel ripetere a pappagallo ciò che gli viene propinato.
Gli argomenti razionali e pesanti, i numeri, le buone ragioni e il buon senso non fanno alcuna presa (Luca ha consigliato Lakoff qui sopra qualche giorno fa, l’ho cominciato e già non mi stupisco più di questo).
Ma mi chiedo: non sarà che il problema della rappresentanza sia in realtà un falso problema, dal momento che la maggioranza quella è (“tamarreide”…!) ed è già rappresentata benissimo? Felice dei suoi poliziotti che saccagnano i “terroristi”?
Mi rendo conto che questa è una posizione cruda, snob, al limite razzista e quindi di destra, infatti me ne vergogno e lo confesso qui per espiare ;)))
Ma essendo torinese e quindi parlando molto del Tav con le persone “normali” che ho intorno (che in massima parte ne parlano come di una rottura di coglioni!) la sensazione è esattamente questa, e non so razionalizzarla e ricondurla, e non so che farci. E voi?
ho riletto il mio primo commento e mi scuso per la fastidiosa sciatteria. l’ho postato di fretta per non perdere il momento e in mobilita’. provo a integrare e chiarire anche se nelle stesse condizioni. perdonatemi
70000 persone non sono (solo) il movimento notav. la valsusa ha chiamato e *qualcuno*, associazioni singoli presidi, ha risposto; domani lo stesso *qualcuno* compresi i valsusini si mobilitera’ per un altra (?) causa e prendera’ un nuovo nome.
sto tagliando veramente troppo conl’accetta ma sento che a fianco del che fare sia importante anche chiedersi chi siamo ? e non per contarci ma per trovarci vicini
Ciao a tutti. Sono nuovissimo in Giap.
Nei vostri commenti ci sono tantissimi spunti interessanti. Sarebbe bello raccoglierli in un qualche testo per capire meglio questo dopo 3 luglio. La manifestazione l’ho seguita su internet dalla Colombia retwittando i racconti dal campo. Non vorrei ripetere cose gia’ dette e mi limito a due spunti forse un po’ generali. Non vivo in Italia da alcuni anni e per forza di cose mantengo una prospettiva ibrida esterna/interna con ampia possibilita’ di dire cazzate!
Mi sembra di percepire un cambiamento importante. Mi riferisco ad una maggiore compatezza del movimento data da una riscoperta del territorio. In Val di Susa c’e’ stata e c’e’ una partecipazione vera e radicale che compatta le persone grazie al legame con la terra. Questo credo sia una cosa importantissima per capire la distinzione Violenza/non violenza e pericolo/non pericolo. In Val di Susa si e’ detto semplicemente ‘la terra e’ nostra e non la dovete toccare’ per citare in italiano una canzone dei briganti lucani. Questa credo sia la piu’ grande motivazione cui si possa aspirare. Questo porta solidarieta’, adesioni, comprensione e scusatemi se mi abbandono, la vittoria!
Credo poi che il 3 luglio abbia sancito, per quanto mi riguarda, definitivamente il fallimento del vecchio giornalismo. Come ho letto anche sul fatto quotidiano semplicemente occorre riconoscere che la notizia da ultima ora, o l’ansa non funziona piu’ in questi contesti. Ora l’informazione e’ prodotta in tempo reale da cellulari, macchine fotografiche, tweets. Questo sancisce sempre a mio parere, da un lato, la necessita’ di esserci sul serio per poter informare (cioe’ in rete e camminando o in internet a raccogliere catologare segnalare etc.). Dall’altro e qui i Wu Ming sono i maestri, mostra un sempre piu’ rapido movimento verso forme di narrazione collettive e participative che producano informazione di alta qualita’ pero’ dal basso. Ormai abbiamo tutti gli strumenti per fare meglio di televisioni e giornali semplicemente perche’ siamo in tanti, molti di piu’ di una qualsiasi testata giornalistica, ci serve forse solo un po’ piu’ di marketing (scritto con brivido sulla schiena). Per esempio, non so cosa pensate di questo articolo pero’ la voce di Benedetta Argentieri sul corriere mi sembra una piccola ma bella vittoria politica del movimento. Come dire ‘l’informazione siamo noi’ alle grosse lobby editoriali lassu’ in alto.
Sono un ‘pessimo ottimista’ pero’ da fuori credo che l’Italia si stia muovendo sul serio e in una bella direzione mantenedo i nervi saldi.
hasta la victoria :-)
http://www.corriere.it/cronache/11_luglio_04/corteo-exilles-manifestanti_0c8bbb7a-a61d-11e0-89e0-8d6a92cad76e.shtml
@ WM4
Marxisticamente parlando, oggi il controllo del potere passa attraverso il controllo dei centri decisionali, quelli politici in particolare, che possono scardinare la supremazia del capitale.
E’ necessario togliere dal tavolo organizzato dal “fascino discreto della borghesia” la politica per portarla al tavolo pasoliniano del sottoproletariato.
La lotta di trincea da dentro alla pancia del mostro, come se fossimo in una Berkley permanente, sfinisce prima di tutto noi che la dobbiamo combattere.
La terza via, quella di realizzare 10 100 1000 comunità di elfi che abbandonano il mondo al suo decadimento è solo un altro modo di autoesclusione, come in passato si è visto.
Non vedo altre alternative.
Un anno fa, quando sono stato in Val Susa, a Sant’Antonino, per presentare Il sentiero degli dei, ho ricevuto molti regali. Tra questi, un libro, a cura del Comitato Spinta dal Bass e dello Spazio Sociale Libertario Takuma. Si intitola Fuochi nella notte e racconta il lungo inverno di lotta del 2010, con cronache dai presidi, cronistorie, documenti, testimonianze. In esergo, subito prima dell’indice, c’è una frase di Marcela Serrano: “Il desiderio di raccontare è un impulso umano, un impulso carico di umanità. In alcune tribù raccontare storie viene considerata una salvezza possibile”.
Immagino che anche adesso, dopo un altro anno di lotte e dopo la giornata del 3 luglio, i No Tav valsusini abbiano una gran voglia di raccontare, e di farlo insieme. Alcuni commenti e video raccolti qui e in tanti altri spazi lo dimostrano. Io credo che sia venuto il momento di andare oltre la raccolta, l’antologia di documenti, la collezione di testimonianze. Mi chiedo se non sia pensabile, per la Val Susa che si oppone alla Tav, una scrittura collettiva, ampia, articolata, che utilizzi una lingua e un tempo diversi da quelli di un semplice comunicato. Immagino un esperimento sul genere di “Lettera a una professoressa”: il metodo esiste già, forse basta solo ammodernarlo un po’, adattarlo alle esigenze locali. Una “Lettera all’Europa dalla Val Susa in lotta”, oppure nemmeno in forma di lettera, non è necessario. Un testo che non sia solo cronaca, ma che raccolga i pensieri e li trasformi in una voce sola. Magari esiste già, e sono soltanto io che non me ne sono accorto. Se esiste, mi piacerebbe leggerlo. Se non esiste, anche.
anche a me piacerebbe leggerlo/sentirlo/guardarlo questo racconto. Ci pensavo proprio l’altro giorno: quando nel 1994 a Napoli abbiamo fatto un inchiesta di controinformazione su degli scontri in cui hanno maciullato la gamba ad un compagno ci abbiamo messo quasi un anno, siamo andati a casa dei fotografi, dei giornalisti e poi in tipografia per stampare.
Oggi, un lavoro simile sarebbe molto diverso. Innazitutto le fonti, etorogenee ed eterologhe (tweet di 140 battute di gente che era a casa, webradio che rimandavano le news che ricevevano via sms), l’idea dell’hashtag intrecciata ai sospetti di censura (v caso Infoaut), oltre ai micro post di chi c’era. E poi multi media: video di 40 secondi senza commento, video con voci stupite (guarda quello che lancia i sassi!) – guardate per capire veramente cos’è la presa diretta. Poi rivedere gli stessi video montati e commentati. E poi i racconti del giorno dopo, il confronto con chi c’era ma che non si conosce ma si riconosce in un altro spazio/tempo. E poi il confronto con i media ufficiali, anche per capire cosa si vede da fuori. Un lavoro titanico…
Concordo a pieno con le analogie rispetto al 14 dicembre. Per noi forse dopo l’ultimo mese di presidio era inevitabile andare a tentare di riprendere la Maddalena, però credo che oggi sarebbe idiota pensare di riprovarci. Dobbiamo cambiare terreno, su quello il vantaggio è tutto loro.
Riguardo al frame violenza/non violenza, in valle mi pare non abbia attecchito, nella sua periferia purtroppo temo di si. Sono reduce da una riunione del comitato in cui si è a lungo discusso su questo punto, e ace ne siamo andati senza aver trovato un punto comune. Insomma, aspettiamo a rallegrarci.
@maxmagnus
A mio avviso il differente comportamente della polizia rispetto a Venaus 2005 ha una spiegaazione semplicissima. A febbraio 2006 in valle ci sono state le olimpiadi, sapevano di non poter tirare troppo la corda, se fossero adesso non credo che si potrebbero svolgere. Purtroppo questa è una cosa che mi sembra che in val di Susa fino a domenica non si fosse capita.
un saluto a tutt*, mi chiamo gigi.
L’altro giorno ho provato a pubblicare un commento e l’istante successivo il sito è andato “giù”.
Oggi ci riprovo, postando in maniera più ortodossa, sostituendo il pippone con un link molto più agile.
http://www.carmillaonline.com/archives/2011/07/003954.html#003954
E’ chiaro che senza i dibatti seguiti su Giap questo racconto non avrebbe mai visto la luce.
@wm2
Nel mio breve racconto ho cercato di unificare la mole di notizie e di immagini (da osservatore esterno, purtroppo domenica non ero in Piemonte); sono d’accordo che un lavoro collettivo avrebbe una portata e una potenza maggiore.
Vista da lontano, la vicenda della Val Susa è una commedia – solo infernale purtroppo – poiché “può essere definita polisensa.” In senso letterale, è la storia di un buco che si vuol fare e che, se si lascia il progetto nelle mani degli attuali controllori, si aprirà come una voragine ad inghiottire le persone che in essa Valle vi abitano, condannandoli in eterno. Allegoricamente, questo buco mostra la destinazione verso cui decenni di pervicace abolizione dell’attenzione al benessere collettivo a favore di interessi monetari privati hanno condotto il nostro disgraziato angolo di mondo. Moralmente, il traforo della Val Susa è la auto-denuncia dello svuotamento delle anime che hanno l’incarico di amministrare la nostra quotidianità, e solo quella. Infine, anti-anagogicamente, questo buco rappresenta l’incatenazione dell’anima terrena alla servitù del denaro dei pochi, in una contro-mistica che imprigiona chiunque, anche lorsignori, vi si trovi, volente o nolente, a prender parte. Attraverso, letteralmente, la montagna, nessuna redenzione.
@ gigihendrix
tranquillo, l’altroieri il sito non è andato giù per colpa tua :-) C’è stato un problema di server, una cosa che normalmente si risolve in un batter d’occhio, ma il nostro referente era via. Il tuo commento è riapparso insieme a tutti gli altri, tre-quattro ore dopo, ed è stato letto. Comunque hai fatto benissimo a mandarlo a Carmilla.
@WM2
proprio in questi minuti il coordinamento dei comitati No Tav della Valsangone (ai quali faccio riferimento anche io) ha inviato a tutti gli altri comitati la proposta di chiamare l’assemblea che si svolgerà stasera a Bussoleno “Assemblea del racconto”. Possibile che sia un primo passo.
Qui la testimonianza per intero già citata da @RobertoG al commento 36.
http://www.notav.eu/article5408.html
@pastrocchio
non so se il “vecchio giornalismo” si stia rendendo conto che sta perdendo il treno…
Mi chiedo se l’articolo che hai linkato oppure questo di oggi su La Stampa http://goo.gl/cjtNo che scomoda Ceronetti siano già dei tentativi maldestri di metterci una pezza, di difendere in qualche modo la Tradizione Giornalistica dall’assalto dei peones dei blog e di youtube.
Oppure se siano il sintomo del fatto che i lettori che non credono più siano già massa critica, e che sia già necessario giocare il tutto per tutto per non perderli, a costo di dispiacere sponsor, mandanti e padrini… troppo ottimistico e troppo ingenuo, vero?
Questo mi ricorda che viviamo in un paese ridicolo. Ma quali armi micidiali? Sono i petardi che la gente spara a capodanno! E poi io molotov non ne ho vista volare una. Di arma micidiale mi sembra ce ne fosse una: il gas.
Però non ce lo avevano i manifestanti.
A me ricorda le conferenze stampa ridicole dopo e prima di Genova. Magari fanno fare carriera anche ai capi di questa volta. Perché a certa gente da queste parti si garantisce sempre un futuro radioso.
E allora vogliamo parlare del Ministro dell’Interno che parla in conferenza stampa di bottiglie molotov che contengono ammoniaca?
Da esperto della materia, vi assicuro che l’ammoniaca non si compra se non si ha il patentino per i gas tossici (quella effettivamente potrebbe anche esplodere). L’ammoniaca che si usa a casa per pulire e che si compra al supermercato (presumibilmente, se fosse stata proprio ammoniaca, di questo tipo si sarebbe trattato) è in soluzione acquosa, cioè parte acqua e parte ammoniaca, quindi non brucia.
L’unica cosa che brucia un po’ sono gli occhi, giusto se uno non ha la maschera antigas.
Il ministro parlava e tutti i (supposti) giornalisti a riportare la notizia senza sapere di cosa stavano parlando.
@Giorgio1983: non solo gli si fa far carriera, ma guarda dove si decide di mandarli proprio in questo periodo http://www3.lastampa.it/torino/sezioni/cronaca/articolo/lstp/407280/
“Mortola a capo della Polfer di Torino – L’ex numero uno della Digos di Genova, condannato in secondo grado per i fatti del G8, dirigerà il compartimento da tempo vacante. L’ira del sindacato: «Si doveva attendere la Cassazione»”
E nell’inverno 2009-2010 quando in val di Susa ci dovevano essere i sondaggi per la TAV indovinate che incarico aveva il nostro amico?
Vice questore di Torino. E i risultati si sono visti
http://notiziegenova.altervista.org/index.php/te-lo-nasondono/813-pestaggio-notav-la-drammatica-testimonianza-di-marinella-alotto
e questo per sondaggi che in valle non sono durati mai più di una giornata
@ Giorgio1983
si tratta dell’ennesimo servizio di Massimo Numa, un provocatore mediatico che da anni ormai cerca di esacerbare gli animi. La sua azione è trasparente: scrive un tot di cazzate assurde e aspetta che il tutto possa trasformarsi in una questione di ordine pubblico. Qualche settimana fa era venuto su alla Maddalena, quando poi è stato riconosciuto e rispedito a casa (con le buone) ha scritto che gli “insurrezionalisti” gli avevano sfasciato la macchina. Due o tre giorni prima della manifestazione assicurava che il 3 luglio ci sarebbe stata anche l’ETA (!) fra i manifestanti. Quest’ultimo articolo, dietro sollecitazione del team legale del movimento, è stato rimosso dal sito e non è andato su carta, ma Numa imperterrito – evidentemente il suo comportamento è gradito alla direzione del giornale – continua sullo stesso filone. A mio avviso bisogna disinnescare la rabbia che suscitano le sue uscite e rispondergli su un altro piano.
sempre @Giorgio1983
A proposito del mio “fibra robusta” mi rendo conto di essermi espresso male: ovviamente non intendevo dire che i valsusini abbiano fibra più robusta di altri, ma che le persone che in questi anni hanno lottato contro l’alta velocità hanno avuto modo di scoprire che gli esseri umani possono essere più “tosti” di quanto i potentati ci vogliono far credere.
In ogni caso, concordo con te il frame dei valsusini eroi allo stato attuale è inutile e populista. La lotta al TAV è puntuale e globale al medesimo tempo: riguarda sì un treno, ma soprattutto un modello di sviluppo economico aberrante. Ci serve gente come noi per combattere tutto ciò, gente determinata e consapevole. Gli eroi restino a Hollywood.
@Tutti, a proposito di infiltrati
Alla barricata della centrale elettrica almeno un infiltrato c’era e l’abbiamo visto in tanti: un giovanotto che poco prima che cominciasse il lancio di lacrimogeni, con il suo vistoso zainone vermiglio, ha superato le reti ed è stato accolto a braccia aperte dai poliziotti.
@RobertoG
Se non ricordo male, la carica nella quale fu massacrata la signora Marinella partì in seguito al lancio, da parte dei manifestanti, di PALLE DI NEVE. Armi notoriamente micidiali. Ma Spartaco Mortola è un uomo d’onore.
Ragazzi, mozione d’ordine:
nelle ultime ore ci si è fatti un po’ prendere la mano. Siamo dovuti intervenire varie volte, contattando gli autori di diversi commenti (in seguito “rivisti” nella forma, chiaramente lasciando il contenuto invariato), per spiegare una cosa molto semplice:
se su Giap qualcuno scrive che il tale giornalista è “un noto terrorista”, e che il tale ministro è “un pirla”, e che il tale commissario di polizia è “una testa di cazzo”, non fa che fornire banali appigli per querele o peggio, con scomodamento della polizia postale e varie rotture di coglioni. Rotture di coglioni che poi toccano a noi.
Non diamo facili pretesti. Dobbiamo essere bravi a dire le stesse cose, *e finanche di peggio*, senza fare il gioco di chi sta monitorando le discussioni on line in attesa di una scusa.
Come cantano gli Impact: “Non c’è pace per noi / loro lo sanno / e aspettano nascosti / il nostro passo falso”
http://youtu.be/pGbDHCnLKCc
La radicalità senza intelligenza e autodisciplina si risolve solo in sfuriate. Che sono comprensibili, vista la rabbia di fronte a certe menzogne di stato, ma strategicamente sono controproducenti e retoricamente suonano deboli.
Ma in realtà (da torinese) pensavo proprio al soggetto in questione. Il signor Spartaco è l’applicazione della lezione su 300, a cominciare dal nome. Però alla fine Sparta, se non ricordo male, non se la passò proprio stupendamente. Anzi, la figura che ho in mente è da sempre quella di guerrieri un po’ ottusi, abilissimi in campo, magari nettamente superiori, un po’ pasticcioni fuori.
Mi chiedo da sempre quale sia il criterio che muove le carriere. Ogni volta sembra davvero che in Italia più la si combina grossa, più si sale in vetta a un paese che sprofonda letteralmente ogni giorno. Fai quasi fallire una municipalizzata? te ne diamo un’altra! Fai diventare una scuola una macelleria messicana? ti diamo un incarico chiave!
E’ per quello che io sono parte dell’Italia peggiore, perché non ne ho ancora combinata una del genere. Sennò sarei a fare il direttore di qualche dipartimento governativo, almeno.
@knes
riguardo al tuo commento:
http://www.wumingfoundation.com/giap/?p=4614&cpage=1#comment-6755
Ti riporto una testimonianza:
Ecco, io mi trovavo in mezzo proprio a quel gruppo di ragazzi bardati che da Ramats, dopo le peripezie mattutine, scendeva alla centrale per dare un aiuto a chi aveva subito decine di lanci di lacrimogeni in seguito a un simbolico tentativo di assedio alla recinzione.
Credo che non ci siano parole per descrivere quanto ti dia la carica passare tra 2 ali di folla che ti incita, tra applausi e vecchiette della valle che gridano “fategli il culo…” mentre sai che dopo poco rischierai di farti male, e seriamente come testimoniano i feriti da lacrimogeni ad altezza uomo e pietre tirate dalla polizia…
Di solito, quando fai cose come questa ti senti addosso gli sguardi di disapprovazione, di paura, di angoscia delle persone “normali” che hai intorno… questa volta invece lo capivi subito che era diverso: negli occhi della gente che ci guardava stranita, uomini, donne, ragazzini, anziani potevi scorgere soltanto il sollievo di vedere qualcuno finalmente in grado di tenere testa a quegli aguzzini che li avevano intossicati con il gas CS e la speranza che qualcuno potesse riaccendere quella battaglia che per loro, sprovvisti di protezioni e totalmente disabituati al pericolo e alla violenza, era già persa in partenza. Tra i ventenni e i trentenni di questa folla, infine, forse l’arrivo di questa massa nera così diversa e così determinata è riuscita a infondere il coraggio di tornare a sfidare i gas tossici e gli oggetti pericolosi che volavano, spingendoli a riprovarci. Dopo una, forse due ore di battaglia non si può più continuare, l’aria è irrespirabile e molti cominciano a cedere, sopraffatti dai veleni e dalla stanchezza. Si decide di ripiegare, ma l’idea di avere con sé un’intera valle è già una vittoria. Gli intrusi, gli indesiderati non sono i cosiddetti “black bloc” arrivati da chissà dove, ma sono gli sgherri inviati dal governo, che senza rispetto danno fuoco ai boschi con i loro lacrimogeni, calpestano le vigne con i loro scarponi, distruggono i raccolti e i prati con le loro camionette, ma né loro né la TAV, se mai riusciranno a farla, potranno mai umiliare questa valle che non abbassa mai la testa!
Con tutto l’affetto per i Valsusini conosciuti in questa giornata campale e per i ragazzi feriti, intossicati o arrestati.
@gigihendrix
Caruccio il racconto!
Peccato per il sottotitolo sulla polizia che non ho capito cosa c’entri con il racconto….
Secondo me poteva andare cosi’..
ore 9:30 – 2000 agenti in tenuta anti-tutto sotto il sole, un elicottero che rimbalza tra Giaglione e Chiomonte. E’ il ronzio che diventa colonna sonora unica della giornata
ore 9:30 un po’ piu’ in la’ – 70000 persone si preparano all’assedio, cappuccino & briosche, pipi’ fatta
ore 10 – hanno inizio le danze, la tensione sale, inizia la marcia di avvicinamento al fortino
ore 12 – dei manifestanti si sono perse le tracce
….
ore 18:30 – i manifestanti tranquilli tornano a casa: “Abbiamo vinto noi” mostrando 4 porcini da 1kg l’uno
Cosa avrebbero detto i media?
@Charlie Shropshire
La citazione dagli Erode è una provocazione.
La stessa provocazione che un ministro fa nel dire che i manifestanti si sono resi colpevoli di tentato omicidio, mentre chi ha ucciso per davvero in situazioni analoghe lo ha fatto per legittima difesa.
@Paco
Sacrosanto. Panzane a tutto spiano. Vogliamo parlare di quella divertentissima delle “Bombe carta foderate di bulloni”?
L’hanno mostrata eh! In conferenza stampa: tavolata di reperti che manco la Diaz il giorno dopo.
Era un raudi infilato in un bullone per dargli il peso necessario a un minimo di lancio.
Sempre sopra le righe, e non imparano mai la lezione.
Carne da barzelletta.
E’ un vero piacere avere Franti che commenta su Giap. Lui è uno che di simili panzane se ne intende: dopo il G8 di Genova ne catalogò e decostruì tante.
Ben ritrovato, compagno.
E se qualcuno non lo conosce, legga qui:
http://www.magzine.it/content/g8-di-genova-parla-lautore-della-controinchiesta
@MikeSchirru
C’è chi scendendo verso la Maddalena non c’ha pensato due volte. Peccato per la conservazione sotto il sole a picco e “leggermente” affumicata, però… caccia grossa.
http://www.caferebeldefc.org/wp-content/uploads/2011/07/03072011052.jpg
@gigihendrix
Ah ecco gli Erode (mai sentiti ma non sono un intenditore di punk) …Infatti era l’unica cosa che mi usciva da gugol….
Riguardo alla provocazione: non è un po’ come scaricare merda sul più debole? La maggior parte di quei poliziotti sapra’ a mala pena leggere e scrivere.
Non sarebbe piu’ utile organizzarsi per assediare Maroni?
Forse banalizzo un po’ troppo la cosa….Vabbe’ a presto.
Ehi, un benventuto coi fiocchi :)
Grazie. Un appunto sul link che fornisci, ultimo paragrafo è da brivido, non si capisce un tubo. Sembro uno che imputa ai “provocatori” l’esito di quella giornata. Nah.
Manco per niente, sarebbe andato esattamente tutto uguale. Sia allora come oggi, ci sono giornate in cui i “provocatori prezzolati” rubano lo stipendio, non riuscendo a determinare nulla che non sarebbe accaduto ugualmente.
@ Charlie Shropshire
La storia del poliziotto che non sa né leggere né scrivere ed è costretto a fare quello che gli viene ordinato senza capirne il motivo è una panzana.
Non è obbligatorio sparare lacrimogeni ad altezza d’uomo, anche se a ordinarlo è il presidente della repubblica.
Prova poi a sostituire “m*rda” con “manganellate” e allora il senso della tua frase si capovolgerà all’istante.
@ Franti
vero, immaginavo che fosse una sintesi un po’ troppo precaria di quel che pensi al riguardo. Il resto dell’intervista però è abbastanza buono, è una rapida e decente introduzione “for Dummies” al lavoro che faceste nella prima metà degli anni Zero. Abbiamo bisogno di sintesi (anche migliori di quella linkata, ovviamente!), di “riassunti delle puntate precedenti”, perché oggi ne ha bisogno una nuova generazione.
@gighendrix
Mhhh mi sa che sei piu’ giovane di quanto pensassi….
Mai stato in uno stadio tra gli anni ’80-’90? Fumogeni ad altezza uomo sono ordinaria amministrazione.
Di che ti meravigli?
Anzi, tante delle cose messe in pratica sia a Genova che oggi in Val di Susa, vengono dalle esperienze della celere con i vari movimenti ultras.
Il poliziotto non e’ costretto a fare, ma comunque non e’ quello il punto; probabilmente gli piace anche farlo: dico che non vale la pena prendersela con chi non ha strumenti critici per fare diversamente. Come convincere un leghista a non avere paura di un nord-africano: tempo perso o dedizione di una vita.
Mi dispiace ma personalmente non sopporto e non supporto questa guerra tra poveri mentre chi la scatena se ne sta in televisione. Non per cavalcare il pasolinian pensiero dei poliziotti quali “veri proletari” ma semplicemente perche’ non lo considero un vantaggio strategico quello di picchiare gli sbirri.
@Charlie Shropshire
Mi permetto di consigliarti la lettura di questo pezzo di Genna: http://www.carmillaonline.com/archives/2011/07/003951.html che forse avrai già letto di tuo.
Verso il fondo dice: “Il crollo delle maschere e la diffusione transnazionale delle notizie stanno testimoniando che si compie una facile profezia in Italia, al di là di ingiustificati entusiasmi primaverili: la gente si è rotta i coglioni e, se si rompe i coglioni, non è che si confronta con il televisore – va direttamente dall’unico possibile rappresentante che lo Stato di Cose può schierare di fronte ai cittadini oggi, cioè il Poliziotto. Questo atto è testimoniato. Inizia di un totale inizio una lunghissima battaglia, che è in realtà una guerra, anzi: più guerre. Si incendiano zone sovrapposte del vivere civile: le lotte per l’ambiente, per la dignità della vita, per i diritti inalienabili di un’etica universale, per l’uguaglianza, per l’abbattimento dei filtri all’informazione diffusa.
Ogni inizio segna una fine. Oggi terminano in Italia gli anni Ottanta e Novanta e Zero Zero – compiendo quella trasformazione che ha in piazza Alimonda a Genova il cominciamento autentico e sanguinario di questo inizio.”
Sinceramente non capisco che cosa intendi. Io sono certamente un pivello, e prima di domenica non ero stato testimone diretto di scontri di questo livello e portata. Ma penso che quello che è successo sia qualcosa che rimette in gioco tutto. Il punto non può essere prendersela o meno con i poliziotti: il punto non sono solo i singoli poliziotti in carne ed ossa. Il punto è che quei poliziotti sono tutto ciò che resta dello stato. E non resta niente. Non resta più niente. Lo stato non c’è più. Decine di migliaia di persone si sono fermate e hanno rinunciato per evitare un massacro; dall’altra parte non c’era una legge, per quanto dura o ingiusta.
Io sono un pivello; non lo so da quant’è così. Non so se fosse così già a Roma a dicembre, o a novembre, o più indietro, a Genova, o più indietro ancora. O se è sempre stato così. Non so che cosa è cambiato, se è cambiato qualcosa. Ma penso che dovremmo interrogarci un po’ di più su cosa è cambiato tra di loro, e non soltanto sulla nostra presunta violenza o non-violenza.
Sono un pivello, e quindi magari ho detto solo castronate. Se c’è una domanda che mi rimbalza in testa è: come fare a evitare dei morti, tra di noi, come fare a evitare il sangue che avevano l’aria di cercare, senza smettere di lottare. Mi preme molto di più capire come ci difenderemo, come torneremo vivi a casa, senza per questo restarci chiusi tutto il tempo, che non sapere se possiamo assolverci o meno del lancio di una pietra o di un petardo.
Una mia amica una volta diceva “una squadra che si allena, prima o poi vuol giocare una partita”. I poliziotti non avevano per le mani i lanciafumogeni per caso, sono addestrati a fare quel lavoro e se ti alleni, prima o poi vuoi giocare una partita.
Adesso basta, però, chiamare in causa Pasolini ogni volta che c’è uno scontro con la Polizia. Pasolini faceva molte considerazioni nella poesia su Valle Giulia, ma era il 1969 ed era un’altra Polizia ed erano altri studenti. Quelli di architettura a Roma erano davvero figli di papà che giocavano a fare la rivoluzione. Oggi come oggi, se guardiamo chi ha lo stipendio migliore e tutele sociali migliori tra un Poliziotto e un laureato, non so se Pasolini scriverebbe ancora quelle parole.
Questa storia di Pasolini e gli sbirri (evocata però da Charlie soltanto di sghimbescio, lo dico giusto per precisare) ha veramente scasssato il cazzo… Nell’opera di Pasolini, anche in scritti successivi a quei versi, ci sono *ben altri* giudizi sulla polizia e sulla mano armata dello Stato, ma guardacaso non li si cita. Solo pochi mesi dopo Valle Giulia, Pasolini occupò la Biennale Cinema e si prese le manganellate, e certo quelle manganellate non evitò di condannarle perché gli sbirri erano “proletari”. E quando fece il direttore responsabile di “Lotta continua”, stava forse dalla parte della polizia contro il movimento? Purtroppo Pasolini è stra-citato, ma regolarmente a sproposito.
E anche in quella poesia Pasolini dice che comunque i poliziotti erano dalla parte del torto e gli studenti dalla parte della ragione. Quella, anzi, è la premessa. Dato per scontato questo, si lancia in quella specie di analisi sociologica sui poliziotti proletari e gli studenti borghesi. Che però, pur nella sua confusione e ambiguità (lui stesso li definì “brutti versi” e ci tornò sopra con considerazioni critiche che non ricorda mai nessuno), *non assolveva in alcun modo* la repressione.
@ uomoinpolvere
Non c’è nessun dopoguerra, non c’è nessun dopoguerra.
Gli stolti chiamavan pace, il semplice allontanarsi del fronte.
La Polizia è Stato. La Politica è stato.
Lo scontro non è tra tizio che fa il poliziotto e caio che manifesta, come si vuol far credere, non è uno scontro tra bene (il poliziotto) e male (il manifestante) è uno scontro tra due idee diverse di società. E’ scontro sociale.
@ Charlie Shropshire
Ribadisco: la citazione è una provocazione, serve a creare un’atmosfera e a preparare il finale per quello che è e rimane un racconto, non una dichiarazione programmattica.
Continuo: non ho MAI scritto che “considero un vantaggio strategico quello di picchiare gli sbirri”. E’ come se avessi alluso a Rick Deckard e tu sostenessi che non consideri un vantaggio strategico quello di uccidere gli androidi.
Per la giovane eta: nel luglio 2001 avevo 13 anni e ti assicuro che sono bastati per farmi capire un paio di cosette
Il problema che riscontriamo in Italia (ma non solo) in questi anni sta andando ben oltre una questione di elettorato, minoranze o classi sociali: alcuni la chiamano casta, altri cinicamente affermano che non è altro che la politica.
Su quest’ultima affermazione io non sono d’accordo, non solo filosoficamente o filologicamente, bensì perchè un altro mezzo – nuovo ed al di “sopra” della realtà concreta – ci ha mostrato che il pensiero del popolo è ben diverso, anche in termini di maggioranza democratica, da quello che mass media e affini ci vogliono far credere.
Premettendo che il rispetto delle idee altrui per me non prescinde dal rispetto e dalla consapevolezza che questi hanno dell’ambiente/abitanti che li circonda, credo che sia venuto il momento di smetterla di “lamentarsi” di pagare cose per le quali non siamo tenuti a contribuire. Tanto più se – con 4 centisimi in più sulla benzina – dobbiamo finanziare le cause di una guerra che noi, non violenti, non abbiamo voluto. O finanziare gli stessi lacrimogeni che ci puntano contro. Gli stessi progetti che noi cittadini liberi non vogliamo.
Loro vivono di soldi, mangiano esclusivamente mazzette di banconote, se le scambiano durante le pause pranzo come noi chiediamo una sigaretta ai nostri colleghi.
E’ inutile una retorica “rivoluzionaria” se noi non sappiamo accedere a una rivoluzione e guardiamo sempre malinconicamente agli scontri del ’68 o l’assalto alla bastiglia di un secolo e mezzo fa: quella è storia.
Una nuova rivoluzione si fa con nuovi metodi, loro banchettano con i ricavati del petrolio e delle guerre, con migliaia di euro ogni giorno. Noi dobbiamo trovare il sistema di fargli saltare in aria – metaforicamente s’intende – il tavolo da pranzo dal quale mangiano i nostri sforzi, le nostre speranze e la nostra libertà che loro, come re mida postmoderni, convertono puntualmente in banconote.
Non parlo di anarchia, parlo di un qualcosa che, concretamente, si avvicinerebbe a una sorta di “sciopero delle tasse” al fine di strozzare il ramo marcio del sistema lì dove si nutre.
@simonquasar
mi permetto di risponderti io visto che sono stato io a invitarti a spiegarti qua da twitter. Quindi, stringendo, “concretamente” come dici tu, proporresti uno sciopero fiscale come forma di lotta “alternativa” a tutte le altre che implicano scontrarsi con la polizia? Una sorta di auto-sottrazione dal campo.
Non mi intendo di scioperi fiscali ma mi sembra una forma abbastanza destrorsa di lotta, e con dei limiti notevoli. Innanzitutto taglia fuori tutti quelli il cui reddito dipende dallo stato, e tutti quelli che un reddito semplicemente… non ce l’hanno!
Al di là dei (per me grossi) limiti in sé di questo tipo di tentata “sottrazione di sé”, temo che ci siano limiti anche per altre lotte che praticano la stessa strategia. Per fare un altro esempio tragicamente recente: uno può anche “lottare” da dietro uno schermo di computer, tirare giù i server di mezzo mondo, delle multinazionali e degli enti governativi varii (non so ottenendo di preciso cosa, ma non sono un tecnico), uno può fare questo e quello senza scendere in piazza: ma la polizia, la finanza, la postale, può bussare alla porta e portarlo in galera in qualsiasi momento. Sei sicuro che abbandonare il campo come unica strategia sia la strategia migliore? Considerato che loro non hanno limiti di campo, che se te ne resti sempre chiuso in casa, un giorno sarà lì che verranno a prenderti?
Analisi di classe per i poliziotti. A me sembra piu’ importante capire perche’ gli operai del cantiere hanno bruciato il camper NOTAV, oppure spiegarci perche’ non riusciamo a comunicare con alcuni settori storici che devono far parte di certe lotte. Per quanto si possa essere vicini umanamente al poliziotto, lui e’ addestrato a eseguire ordini e lo scontro in certi contesti e’ semplicemente inevitabile perche’ il poliziotto in quei contesti rappresenta il potere egemonico che si nasconde sotto la parola ‘Stato’. Il precariato ha cambiato le prospettive e fatto tornare gli studenti in ‘prima linea’ nelle lotte di piazza. L’operaismo italiano che abbiamo esportato in tutto il mondo negli anni 70 grazie per esempio a Tony Negri, oggi dov’e’?
Credo che qui ancora una volta la chiave sia internet. Il precario e’ per definizione un individuo errante che vive nell’instabilita’. Siamo tutti precari ma non ci riconosciamo. Accanto a valutazioni materiali e’ importante considerare la classe dal punto di vista dell’esperienza del quotidiano, nell’intimita’. C’e’ un bel libro di Sennett forse un po’ datato che credo in Italia sia tradotto come ‘L’uomo Flessibile’ che cerca di spiegare il precariato dal punto di vista della solitudine e dell’incapacita’ di azione. Ora internet e il semplice retweet supera tutto questo. I miei sensi e la mia alienazione possono convergere in un’azione collettiva semplicemente manifestando il mio stato d’animo, il mio volerci essere. Questo ha un potenziale rivoluzionario secondo me.
In Italia ci sono tutti i fuochi di un cambiamento importante che non sia solo NO CAV, come dice il PD. La questione Fiat e la lotta della FIOM. Il movimento studentesco che si compatta intorno ai ‘non violenti’ [perche’ secondo me noi siamo i non violenti]. La rinascita del locale, da Susa a Vicenza, per passare all’immondizia di Napoli, Aquila e il ponte sullo stretto. Solo citandone alcuni. Il punto non e’ coordinare queste proteste ma potersi solidarizzare seguendo come in Val di Susa quelli che sono da tempo sul campo. Le proteste stanno semplicemente sbocciando da sole perche’ la gente e’ stanca.
[@nat] bisogna credere nel popolo, perche’ il popolo sa (come mi dicono in colombia). secondo me c’e’ massa critica in Italia!
Sì, ma loro se la giocano con la nostra questione che è appunto il reddito, usano la nostra arma – che è il nostro bene – contro di noi, per non parlare del fatto che molti – io incluso – si ritrovano con un reddito schiacciato e diminuito rispetto a quello che dovrebbe essere la nostra rendita per volontà di questi artefici.
Come la polizia ti bussa alle porte, in piazza ti spara contro – e questo si è visto tre giorni fa. Qual’è la differenza?
Io non la vedo come un abbandonare il campo, bensì ciò che non si da in pasto a loro andrebbe direttamente reinvestito nelle nostre cause civili e democratiche.
E poi, il tutto diviene una questione di numeri: le forze dell’ordine sono una percentuale bassa rispetto al totale della popolazione. Non sono infinite. Se la maggioranza del popolo la pensa come noi, chi vince? Il 20% dei politici e zombie di stato o i cittadini?
E’ anche un discorso di resistenza di lotta, non di passeggiate e tantomeno di scrivere facili parole dietro alla sicurezza dello schermo: il reale è il reale, il virtuale è un’altra cosa.
Se tutto questo è utopia, perchè poi la gente se ne frega, allora sì: sarò il primo a fare i bagagli, ma non per via dello “stato”, ma per i miei concittadini.
Noto che la discussione si è spostata…
Charlie Shrosphire tira in ballo gli stadi. E a ragione. Negli ultimi 20 anni gli stadi e il mondo delle curve sono stati un laboratorio di pratiche di repressione sia poliziesca che mediatica. Insomma il cliché dei black bloc ha un suo preciso riferimento: l’ultras (detto per inciso, strano non li abbiano tirati in ballo) sbattuto come mostro in prima pagina in ogni occasione buona pur di imporre un certo modello comportamentale. Ma non solo: come si diceva più sopra la polizia si è allenata per anni negli stadi. E non solo negli anni 80 e 90 ma anche negli ultimi anni. Vi invito a leggervi i resoconti qui sopra di Napoli-Roma del 10 giugno 2001 (un mese prima di Genova):
http://www.asromaultras.org/0001napoliroma.html
Guardate cosa fa la polizia ai romanisti a Formia…Bolzaneto?
Potrei aggiungere episodi visti con i miei occhi (eh già sono tra quei pazzi…) nel corso degli anni. O potremmo parlare di Gianluca di Napoli colpito nel 2006 in pieno volto da un lacrimogeno prima di Pescara-Napoli e finito in coma…
Ora devo scappare ma aggiungerò qualcosa sulla questione scontro con la polizia perchè credo che lo scontro frontale non porti da nessuna parte (e l’esperienza del mondo ultras ne è testimone)…
@gigihendrix
Gigi non volevo essere offensivo riguardo all’eta’ eh… Ho solo reagito un po’ impulsivamente ai “fumogeni ad altezza uomo”. Argomento, a mio avviso, impropriamente usato per enfatizzare la “violenza” degli sbirri: sappiamo benissimo che lo fanno piu’ o meno da quando esistono i lancia-fumogeni (se cosi’ si chiamano).
Grazie a @uomoinpolvere della segnalazione, leggero’.
E infine: per carita’! Il pippozzo su Pasolini non volevo neanche prenderlo! Dunque grazie anche a WM1 per averlo precisato. Avrei fatto meglio a scrivere che semplicemente non condivido l’accanimento verso gli sbirri quando sono noti nomi, cognomi e ragioni sociali dei responsabili.
Mi permetto di divagare un attimo.
http://www.youtube.com/watch?v=eVX0VT9ldwo&feature=player_embedded
Qui Bersani ribadisce il concetto tutto Italiano di ecologia: se una cosa è in galleria, non si vede, dunque non modifica la natura e il paesaggio.
L’intervento di Wu Ming 2 a Verbania qualche settimana fa è stato premonitore direi.
@uomoinpolvere
Ho letto, ma sinceramente prendi in considerazioni diversi e tanti aspetti. Mi ha colpito quando hai scritto che i poliziotti sono tutto cio’ che rimaneva (in quel contesto ovviamente) dello stato. Suppongo tu intenda a livello simbolico visto che a loro si frapponevano dei cittadini intenti appunto a dimostrare che un Stato c’e’.
Piu’ pragmaticamente tentavo solo di dire che sarebbe il caso di pensare ad azioni diverse da quelle contro gli sbirri perche’ si’, lo hanno sempre fatto (l’esperienze ultras, come diceva anche freetought, ne e’ un esempio) e no, non abbiamo motivo di pensare che cambino, ergo: perche’ continuare?
Semmai mi chiedo come si facciano ad organizzare azioni che vadano a colpire (si’ a colpire) i mandanti e non la loro vigilanza armata.
@Charlie
quindi tu cosa proponi? Che cosa intendevi per “assediamo Maroni”? Maroni è il ministro degli Interni, immagino ci siano diversi poliziotti intorno a lui :-). Ammesso che Maroni sia davvero il primo dei responsabili. Mi risulta difficile fare dei nomi e cognomi di “responsabili” come sostieni tu. Responsabile è tutto un sistema. Di cui facciamo parte pure noi. Se passiamo alle personalizzazione dei problemi secondo me si prende una brutta piega, e questo del tutto indipendentemente al fatto che si usi o no “la violenza”. (Detto questo non è che voglio assolvere Maroni eh, che è, già solo per ruolo, credo il più “responsabile” per ciò che riguarda la sicurezza oggi in Italia. Ma non è che prima di Maroni le cose andassero tanto meglio, o che senza di lui cambierebbero.)
Il punto per me è una doppia riduzione, tutta concertata dall’alto, una doppia messa nell’angolo della lotta: la lotta politica è ridotta a lotta contro la polizia; la lotta contro la polizia è ridotta a un gioco al massacro su chi è più pronto al sangue. Il punto imho è uscire da questo doppio angolo. Soprattutto dal secondo dei due. Per quanto mi riguarda è la continuazione del discorso su rappresentanza e rappresentazione che faceva Wu Ming 4. Se è dal divenire stesso delle lotte che dobbiamo partire, perché non c’è una rappresentanza “già pronta” che possa accogliere le istanze delle lotte, dobbiamo fare in modo che queste lotte divengano, e perché divengano dobbiamo fare in modo che non diventino un macello senza per questo farle finire.
Se questa è Medina viene da chiedersi da che parte sia Damasco.
Sono d’accordo sul fatto che la rappresentazione gioca un ruolo chiave in tutto questo, anche sulla possibilità che si crei una rappresentanza, e applaudo alla proposta di Wu Ming 2 e all’iniziativa di 140nn (http://l40nn.altervista.org/blog/blog/2011/07/05/chi-cera-e-ne-ha-scritto-cerchiamo-testimonianze-dalla-manifestazione-notav/?utm_source=wordtwit&utm_medium=social&utm_campaign=wordtwit). Detto questo ci vorranno anche le lotte in sé, e si preannuncia secondo me un periodo molto duro, in cui ci sarà sempre più esigenza di lotta, e abbiamo già visto con quali mezzi e con quale logica sono pronti a contenerle.
Un paio di giorni fa, il compagno tumblero Nipresa postava questo stralcio di wikipedia: “Although described as a non-lethal weapon for crowd control, many studies have raised doubts about this classification. As well as creating severe pulmonary damage, CS can also significantly damage the heart and liver. […]
Use of CS in war is prohibited under the terms of the 1997 Chemical Weapons Convention, signed by most nations in 1993 with all but five other nations signing between the years of 1994 through 1997. The reasoning behind the prohibition is pragmatic: use of CS by one combatant could easily trigger retaliation with much more toxic chemical weapons such as nerve agents.”
Io ho l’impressione che il motivo per cui si è bandito il CS nelle guerre è lo stesso per cui è stato usato domenica: se nelle guerre si vuole evitare un gioco al rialzo, da noi forse un gioco al rialzo è proprio quello che ci si augura. E’ soltanto la mia visione da pivello paranoico alla sua prima manifestazione “dura”? Se fosse così sarei felice di sbagliarmi.
@Charlie Shropshire
Non avevo letto il tuo ultimo commento prima di scrivere il mio ultimo.
Sinceramente, non mi sembra proprio che il movimento No Tav sia ossessionato dallo scontro con la polizia, o che qualcuno, l’altro giorno, vedesse nella polizia il nemico principale. Il movimento vuole fermare il progetto e i lavori in corso, la polizia gioca al massacro. Dove sarebbe la logica fallace dello scontro per lo scontro?
@BillyElliot:
Magari avessi il dono della premonizione. Purtroppo l’equazione “percorso in galleria = scelta ecologista” l’ho già sentita ripetere mille volte, e la TAV tra Bologna e Firenze (74 km di galleria su 78 totali) è lì a dimostrare tutta la falsità di quell’assunto, che la dice lunga su una certa idea di paesaggio, di ambiente e di ecologia.
D’altra parte, lo stesso Bersani considera una vittoria delle Regioni Rosse il fatto che la TAV da BO a FI sia stata fatta senza grosse contestazioni.
L’intervento al Festival LetterAltura di Verbania ce l’ho registrato e lo metteremo in audioteca tra qualche giorno. Qui c’è un’intervista che ho fatto in radio con Marco Casa, lo stesso giornalista che mi ha affiancato al festival.
http://goo.gl/T1Oux
Intorno al minuto 5:00 ho avuto più o meno la stessa “premonizione”…
Il movimento NOTAV della Val di Susa non è “ossessionato dallo scontro con la polizia”, è esasperato però dall’occupazione militare che ormai va avanti da anni e non solo nella repressione della manifestazioni (il giorno dopo lo sgombero del presidio a la maddalena un blindato dei carabinieri diretto a Chiomonte ha travolto e ucciso una pensionata; a molti agricoltori della zona della maddalena viene impedito di raggiungere campi e vigne per poter lavorare). Forse anche per questo, il frame violenza-nonviolenza (buoni/cattivi) stavolta non ha funzionato bene. Cmq, è in corso l’assemblea a Bussoleno, per chi volesse seguirla può farlo in streaming: http://www.ustream.tv/channel/notav1
@BillyElliot
Bersani e’ fuori dal mondo. Qualcuno gli ha parlato degli inerti? Mi fa veramente incazzare. Qui da noi, al confine con la Slovenia, stanno progettando un TAV che dovrebbe percorrere 24km in galleria sotto il Carso. L’ impatto sarebbe devastante: ci sono migliaia di grotte una piu’ bella dell’ altra, e un fiume sotterraneo protetto dall’ Unesco. Non so se saremo in grado di opporre resistenza. A partire dagli anni ’50 il nostro territorio e’ stato usato come una discarica. In una grotta ci sono ancora centinaia di tonnellate di petrolio, sversate nel 1972 dopo l’ attentato di “settembre nero” ai depositi di carburante, e tutti se ne fregano. E mentre i politicanti farneticano di TAV, in venti anni non sono stati in grado di costruire un collegamento ferroviario di 5km per unire Trieste a Koper.
@ rui
quel che dici e’ chiarissimo, la mia domanda pero’ derivava dalla piega che ha preso la discussione. A leggere certi commenti, sembra quasi che il movimento vada dissuaso dal considerare la polizia il problema primario. A me pare che il movimento sappia meglio di tutti noi che la polizia e’ un problema eccome, ma un problema subordinato, perche’ la militarizzazione e’ imposta a tutela dei profitti di chi ha voluto avviare quello scempio. Si chiama movimento No Tav, non movimento per fare il culo agli sbirri. Poi, se ho capito male la piega di cui sopra, me ne scuso…
@tuco
Ehi, sei sul tratto prima del mio. Io sono nel pezzo tessera-trieste. Avevano due strade: farla correre a fianco dell’autostrada o della ferrovia esistente, molto sopra il livello del mare, oppure sul tracciato basso, molto più lungo e in larga parte al di sotto del mare, in zona di bonifica a ridosso della laguna.
Propendono per la seconda, e sembra che passerà sopra ai canali che Gino Donè Paro percorreva a remi per esfiltrare gli aviatori alleati verso il sommergibile che li attendeva appena al largo.
Questo prima che andasse a Cuba ad insegnare a Ernesto Guevara come si smonta un fucile, e prima che saltassero entrambi dal Granma sulle mangrovie puttane.
Penati.
Ebbene, uno si chiederà, che differenza c’è tra tracciato alto e basso? C’è, e si misura nei milioni di metri cubi di inerti e cemento necessari per il terrapieno/piloni.
Più sotto sei sul livello del mare e più alto sarà il terrapieno. Più movimento terra, più business per camorra e lega delle cooperative.
Tutto un togli e metti. Da te toglieranno, da me metteranno. Ma non dritti, a zig zag, dove costa di più. Addirittura qualche svitato pensa di farla correre sotto il mare, e giù battiti di mani degli industriali.
Questi deficienti vanno fermati, cercando di pagare il prezzo minore possibile, ma vanno comunque fermati.
@wm1
Era solo per dire che a causa della militarizzazione, il giochetto delle forze dell’ordine come vittime dei cattivi estranei al movimento non ha funzionato, ed è anche quanto sta emergendo dall’assemblea: solidarietà a tutti i feriti e agli arrestati, e “Questi deficienti vanno fermati, cercando di pagare il prezzo minore possibile, ma vanno comunque fermati”, con blocchi, presidi, gruppi d’azione diretta non violenta, fiaccolate, cordoni umani per accompagnare i vignaioli (sono alcune delle proposte che stanno uscendo).
Ma infatti il tirare la roba agli sbirri è assolutamente secondario. Se si fossero tolti da davanti al presidio e non fossero intervenuti, probabilmente nessuno avrebbe loro torto un capello. Testimonianza di questo è il comportamento tenuto successivamente. Al rientro dalla manifestazione due camionette stazionavano vicinissimo alla stazione, dove la stragrande maggioranza dei manifestanti si è diretta per tornare a casa. Nessuno ha tirato sassi, a quel che ne so, o nemmeno insulti. Erano lì, in pochi e poco difendibili. Ma ripeto, nessuno aveva voglia di andare a pestarli per la gioia di farlo. Erano semplicemente il braccio armato che impediva l’accesso al cantiere, mi sembra anzi che quelli che non vedevano l’ora di fare a botte erano proprio loro, i blue bloc. Testimonianza è il fatto che i fumogeni li han tirati subito, non hanno aspettato cariche particolari.
@simonquasar
una differenza è cha in casa sei da solo, in piazza con gli altri, e in tanti ci si difende meglio
Invece sono daccordo con te riguardo al ‘colpirli nel portafoglio’, ma non con uno sciopero fiscale (che volendo forse si può anche fare, ma non come fulcro dell’azione) anche e soprattutto perchè i principali responsabili di questo non sono i politici ma i loro mandanti, gli imprenditori. E allora ti si deve colpire nel portafoglio stando in piazza. Per esempio, se nella stragione sciistica si impediscono per un sabato gli atterraggi a Caselle, quanti milioni di eruo ci smenano gli imprenditori notav dell’altra val di susa per le settimane bianche annullate da oligarchi russi e ricchi inglesi? E se a singhiozzo si blocca l’accesso alla reggia di Venaria, quanto ci rimette in turismo Torino? (sono solo i primi due esempi che mi vengono in mente, in zone vicino a me, ma penso se ne possano fare tantissimi)
Scusate, sono dovuto intervenire, contattando l’autore di uno degli ultimi commenti ed “emendando”, perché poteva fornire l’appiglio a una querela per diffamazione o calunnia nei nostri confronti. Si attribuivano a qualcuno specifici reati penali e si diceva apoditticamente che una certa ditta è mafiosa. Questi non aspettano altro. Poi magari la causa la perdono, ma intanto ci fanno spendere migliaia di euro e sprecare un sacco di tempo. Querele e cause civili si fanno soprattutto per intimidire. Per favore, quando abbiamo la tentazione di scrivere asserzionirisquées, cerchiamo di dire *le stesse cose* ma in modo che siano il meno attaccabili possibile, circostanziando, linkando, attribuendo a fonti terze che siano solide etc. In questo modo saremo *più* radicali ed efficaci, non meno.
E badate che parliamo per esperienza, ci siamo già passati.
Mi permetto di linkare un articolo che rende piuttosto bene l’idea della giornata di domenica… è uno dei pochi articoli obiettivi e decenti in mezzo a tutto lo schifo che hanno prodotto i vari quotidiani, inclusi quelli di “sinistra”… stranamente è del Corriere.
http://www.corriere.it/cronache/11_luglio_04/corteo-exilles-manifestanti_0c8bbb7a-a61d-11e0-89e0-8d6a92cad76e.shtml
@franti
A proposito di zig-zag: questo e’ uno dei progetti presentati per la zona di Trst (tutto vero):
http://bora.la/wp-content/uploads/2010/04/trieste-divaccia.jpg
Questa e’ la “controproposta”:
http://bora.la/wp-content/uploads/2010/03/percorso.jpg
(anche se in realta’ c’e’ poco da ridere)
Ieri sera a Bussoleno, in quello che ormai è stato ribattezzato PalaNoTav, si è data una risposta intelligente alla domanda “e ora che facciamo?”
La decisione di aderire alla fiaccolata indetta dalla FIOM per questo venerdì a Torino è secondo me lungimirante. In questa fase è più importante che mai continuare il lavoro di allargamento della partecipazione, intrecciando la nostra lotta con le altre lotte che muovono critiche radicali a questo sistema economico.
Su un piano ancora più concreto, è fondamentale provare a spiegare a un sempre maggior numero di persone che se partiranno i lavori, istruzione, sanità e ogni altro servizio di pubblica utilità verranno sacrificati sull’altare dei profitti di pochissimi.
Inoltre spostarsi a Torino è importante per altri due motivi: il primo è quello di andare a portare il nostro dissenso sotto i balconi di Fassino, uno dei mandanti delle violenze di lunedì 27 e domenica 3 (http://bit.ly/q0xORn) e il secondo avvicinarsi a un luogo in cui il progetto AV prevede una delle sue più mostruose aberrazioni, il tramezzino di Corso Marche (http://bit.ly/oLw8ou).
Prima di tutto una domanda a chi ieri era al’assemblea: per caso è stato confermato il camping che era stato annunciato alla conferenza stampa?
Detto questo condivido questo articolo di Info Aut che sottolinea alcune cose dicevo nel primo post: e cioè che alcuni frame classici dei mainstream si stanno rompendo e questo proprio a partire dal 14 dicembre (che in questo riveste un’importanza frse sottovalutata).
http://www.infoaut.org/blog/editoriali/item/2030-il-racconto-del-babau-non-funziona-pi%C3%B9
Segnalo anche quest’altro articolo che propone una diversa chiave narrativa: Teutoburgo, i barbari e le versioni di parte romana. Interessante (anche se dimentica Tacito).
http://www.carmillaonline.com/archives/2011/07/003957.html
Quanto alla polizia non volevo dire assolutamente che il movimento notav volga in quella direzione, ci mancherebbe. Ma avevo avuto l’impressione dal tono di alcuni posts che qualcuno potesse averlo pensato.
Non a caso sono stati citati gli Erode (in una canzone che guarda caso si chiama “Frana la curva”) e non a caso si è individuato nel poliziotto “ciò che rimane dello Stato”. Attenzione: il 2 febbraio 2007 a Catania il movimento ultras si suicidò proprio per questo tipo di ragionamento (ovviamente aldilà di tutti i limiti e le differenze tra i due movimenti e aldilà delle tante, troppe manipolazioni mediatiche seguite a quell’evento).
Bello il vostro pezzo postato da WM1 sugli errori di Genova. Sul mito ce ne sarebbe da dire, come ce ne sarebbe da dire sulla funzione “mitica” che le giornate di Genova hanno lasciato in tutti…
@WM4
pensandoci ora, a mente fredda, credo che il tuo suggerimento, utilizzare la cornice narrativa della leggenda di Robin Hood, sia illuminante. Al contrario, credo che la metafora dell’assedio possa in tempi relativamente brevi sclerotizzarsi e sclerotizzare un movimento che fino a questo momento è stato in grado, appunto, di muoversi e sorprendere. Penso che se riusciremo a cambiare prospettiva i prossimi passi saranno più chiari ed efficaci.
@FreeTought
non si è fatto cenno alcuno al camping
@ filosottile
A dire il vero è stato il mio socio WM1 a lanciare il frame “sherwoodiano” :-)
Io ovviamente avrei puntato su un altro riferimento letterario: la Contea, gli Ent, la guerra tra la foresta e Isengard, etc. etc.
Ma pur essendo un inguaribile tolkieniano, credo che il contesto “Robin Hood” sia immediatamente recepibile da chiunque, quindi più efficace.
@WM4
ricordando la chiusa delle tue su considerazioni su “Il ritorno di Beorhtnoth” ero convinto che fossi stato tu. Poco male, in fondo siete una squadra.
Anch’io ho cercato nel Signore degli Anelli la metafora adatta alla situazione, ma una compiuta secondo me non c’è, bisognerebbe andare a ritagliare di qua e di là e comporne una nuova. Che ne dici?
@WM1
diamo al popolo ciò che è di Cesare e a Wu Ming1 ciò che è di Wu Ming1 ;-)
@RobertoG @filosottile
Mi pare che stiate ponendo due approcci antitetici.
Colpirli nel portafoglio bloccando aeroporti e venarìe ;) secondo me corre il rischio di rendere il movimento “antipatico” alle persone comuni che ancora non hanno preso posizione. Alla stregua dello sciopero dei TIR, per intenderci. La chiave che dà @filosottile della partecipazione alla fiaccolata di domani sera volge invece nella direzione di “farsi dei nuovi amici”, e credo che ora e qui questo sia più importante. Unire, non dividere.
A dire la verità ho anche parlato con amici del posto che sostengono che questo aspetto non conta, che l’appoggio dall’esterno vale per chi lo dà molto più che per chi lo riceve, in pratica che è un privilegio partecipare alla lotta (su questo concordo). Che per fermare l’opera bastano e devono bastare i locali, che sarà comunque impossibile farla contro la volontà della valle. E questo io non lo so valutare.
Tornando sul discorso di colpirli nel portafoglio la vedo dura, stando in piazza o meno. “Gli imprenditori” è una categoria talmente sfumata oggi che ritengo quasi impossibile individuare le “ragioni sociali” da colpire. Come colpisci le mafie o le coop rosse nello specifico? (tanto è lì che si va a parare, no?). Forse le parole, le immagini e i racconti possono contare più dei soldi. I soldi sono il *loro* terreno di gioco, non credo che sia una partita da giocare.
Ultima cosa: mi fa un po’ di tristezza veder comparire l’argomento ultras in questa discussione. Considero il calcio professionistico un Male, e il tifo calcistico una forma grave e criminogena di tossicodipendenza. Non ci vedo nessun rapporto con la sacrosanta protesta NoTav. Con tutto il rispetto.
@FreeTought e filosottile
Se non ho capito male il campeggio sarà dal 15 al 30.
@wm2
A proposito di galleria=ecologia. Oltre all’interferenza col le falde (cosa che in valle grazie all’autostrada e alla centrale di pont ventoux già conosciamo bene), alla enorme mole di inerti (che gli stessi progettisti dicono contenere amianto e uranio) e al loro problematico trasporto, c’è una ulteriore questione per quanto riguarda il tunnel di base. Sotto il massiccio dell’Ambin si raggiungono temperature molto elevate, anche 50/60 gradi, e la galleria dovrà essere raffreddata artificialmente con un conseguente enorme dispendio energetico. Ecco cosa scrive a proposito Mario Cavargna, uno dei tecnici che in questi anni ci ha dato le conoscenze per opporci consapevolmente all’opera:
“In più va ancora calcolato l’enorme consumo energetico richiesto dal raffreddamento del tunnel per portare a 32°C l’ambiente caldo di roccia profonda che arriva a superare i 60°C. I 20 MW termici necessari secondo il progetto preliminare, presentato ad agosto 2010, corrispondono al
consumo annuo di 175 milioni di kW/h. Sommati ai 12-15 milioni di kW/h necessari alla ventilazione dei 120 km di gallerie, questi bastano a rendere passivo il bilancio energetico del tunnel di base, anche nelle ipotetiche condizioni di pieno utilizzo.”
(Cfr. Altre 150 brevi ragioni tecniche contro il tav in Val di Susa, http://www.pro-natura.it/torino/pdf/150ragionitav.pdf)
@filosottile
Anche a me sembra un’ottima iniziativa “allargare il fronte” a Torino cercando di intercettare ed includere altre lotte. In particolare quella della FIOM rimasta praticamente unica voce sindacale dissonante (almeno tra i “confederati” poi ci sono anche i COBAS). Anzi sarebbe interessante leggere qualcosa di piu’ approfondito in merito allo sfascio dei sindacati, forse peggiore di quelli dei partiti.
Avete suggerimenti in merito? Magari ne avete gia’ discusso in passato.
@ filosottile
Ritagliando in qua e in là, sì, si può trovare. Ma in mezzo ci sarebbe da recuperare la riflessione epocale che la vostra lotta investe in pieno: quella sui modelli di sviluppo. Altrimenti si rischia di cadere nel giochino ideologico progressisti versus conservatori. Dato che non si tratta tanto di “salvare gli alberi” o il “piccolo mondo antico” della valle incantata, quanto di mettere in discussione un’ideologia sviluppista e “dromolatra”, proprio una vicenda come quella della TAV in Val di Susa sarebbe un’occasione interessante per riprendere in mano il proto-ecologismo tolkieniano, che metteva in relazione la fine della vivibilità ambientale con l’idolatria per la Macchina. Ma non intendo andare OT: in questo thread ci sono già un mare di commenti ;-)
‘Ma in mezzo ci sarebbe da recuperare la riflessione epocale che la vostra lotta investe in pieno: quella sui modelli di sviluppo.’
Ora sarà pure ot, e allora se non ora, quando volete, come volete, ma sì, assolutamente.
*A voi grazie*
Users militanti:
gli uni online dai monti,
j’altri offline dal matrix.
A voi grazie.
Keep on strugglin’
Ieri non ero all’assemblea, e quindi devo basarmi su notizie di seconda/terza mano, però questo articolo
http://www.ilfattoquotidiano.it/2011/07/07/val-susa-il-movimento-no-tav-si-interroga-sulle-prossime-mosse/143677/
sembra confermare i miei timori. La val di Susa ha rifiutato il frame violenti/nonviolenti, la sua periferia c’è caduta in pieno.
Spero che qualcuno presente ieri sera possa dirmi che il giornalista ha avuto le allucinazioni.
@RobertoG
Il resoconto, benché molto stringato, è piuttosto fedele. Ho però che la tua lettura sia un po’ fuori fuoco. nel frame violenti/non violenti non ci è caduto nessuno. La discussione piuttosto è stata sul che fare e sul cosa non fare ora. Mi pare che Perino (valsusino doc), Lele Rizzo e Cancelli, sebbene in termini più sfumati abbiano indicato la stessa dierzione proposta dai comitati della Val Sangone.
In ogni caso, cerchiamo di non cadere nell’aprioristico dogma che la valle è un monoblocco, il movimento no tav ha costruito la sua forza e la sua unità proprio grazie alla sua variegata composizione.
Non mi pare che in quell’articolo scrivan nulla di che. Mi sembrano più che altro intenzioni per il futuro.
Da quel che ho capito nell’assemblea di ieri non c’è stata nessuna condanna sulla violenza utilizzata ma si è discusso se serva o meno. Visto l’enorme schieramento di uomini e l’incredibile utilizzo dei media tutti atti a criminalizzare i blecbloc forse non han tutti i torti.. Proseguire con la via dura mi sembra poco funzionale. Io poi ho la sensazione che se in valle la tensione non cali si rischiano episodi spiacevoli più gravi di quelli già avvenuti.
Penso che escogiteranno nuove forme di protesta e di resistenza per fermare i cantieri e sanno che non son soli e che a un loro cenno si raduneranno altre decine di migliaia di persone per risollevare l’attenzione mediatica e per continuare a ribadire il concetto che questa opera non la si vuole.
Segnalo questo gustoso articolo sull’utilizzo dei lacrimogeni comunque: http://www.ilsecoloxix.it/p/italia_e_mondo/2008/12/22/ALwNHDJC-fumogeni_pericolosi_bandisce.shtml
@RobertoG
Non ho capito a chi/cosa ti riferisci quando dici che la periferia (del movimento o della valle?) è caduta nel frame violenti/non violenti. A me pare anzi che l’assemblea nel suo complesso abbia condiviso due punti fermi: la solidarietà con feriti e arrestati (dunque una presa in carico collettiva del livello di scontro, pur con alcuni ovvii distinguo) e la necessità di rilanciare il movimento andando anche oltre la metafora dell’assedio. Mi è sembrato saggio (= una scelta strategica condivisibile) non limitarsi a proporre di riprendere il cantiere con la forza – se così fosse stato allora sì che il movimento avrebbe rischiato di mettersi in trappola da solo. Questo perché mi sembra che una cosa venga fuori chiaramente dalla giornata di domenica: le reti che circondano il cantiere non si possono toccare, almeno in questo momento, senza che dall’altro lato piovano tonnellate di lacrimogeni o peggio. In questa situazione non vedo che tre alternative: 1) si cerca un’azione nonviolenta di massa, con il rischio più che concreto che qualcuno si faccia male sul serio; 2) si ripete lo schema di domenica, solo con più gente, più determinata e più preparata, ma anche in questo caso vedo rischi seri per la salute (oltre che un definitivo schiacciamento nella cornice di cui sopra); 3) ci si sbizzarrisce nel trovare altre strade, da quelle simboliche (ovvero trasferire l’assedio dal piano della forza a quello per l’appunto simbolico) a quelle legali, da forme di disobbedienza ad azioni sparse in molti luoghi (in valle e altrove, a cominciare da Torino).
@knes
Dato che a quanto ho capito hai assistito alla battaglia della centrale elettrica, volevo chiedere cosa ne pensi della testimonianza e dell’articolo del Corriere che ho postato…
L’alternativa alla battaglia (quale che sia la forma, violenta o nonviolenta) sulle questioni di principio, che seguono lo schema “devono decidere gli abitanti della valle” è quella di entrare nel merito di quello che si sta facendo.
Per esempio una via di lotta potrebbe essere quella di utilizzare gli strumenti che la legge mette a disposizione per stare addosso alle imprese che eseguono i lavori contestando ogni più piccola inosservanza normativa (quelle sulla sicurezza del lavoro, quelle ambientali, quelle sui contratti di lavoro, quelle sull’inquinamento dell’aria, del terreno o dell’acqua) presentando esposti a raffica ad ogni ente ASL, ARPA, Provincia, ciascuno per la propria competenza, denunciando finanche alla magistratura gli eventuali mancati interventi da parte delle imprese. Assemblare competenze tecniche, ambientali e legali e usare la rete, i filmati e le immagini per avere pareri.
Mi scuso ho cliccato su Leave a reply prima di aver terminato il post…
Ciò che volevo aggiungere è che da queste scene (su Youtube gira anche un video di gente “comune” che applaude a una carica contro le forze dell’ordine assistendovi dall’alto…) si capisce di più quanto sia forte il legame tra i manifestanti “non violenti” e quelli che hanno preso diciamo più alla lettera il concetto di assedio. Questa saldatura deriva sì dalle lotte fatte insieme negli anni tra valligiani e centri sociali torinesi e non, ma sicuramente è stata resa ancora più forte dalla militarizzazione dell’area e dai soprusi che polizia e carabinieri hanno perpetrato nelle 2 giornate di resistenza della settimana scorsa…
Detto questo, ritengo che effettivamente la discussione su quanto possa essere efficace o meno (e non eticamente o moralmente giusto, si intende) l’uso della violenza sia un punto importante nella battaglia della Val di Susa. Se da un lato i violenti scontri sono stati un mezzo per avere i riflettori puntati e per dimostrare che l’astuzia può essere un pericolo per lo strapotere fisico delle FdO, dall’altro sono costati parecchio in termini di feriti e arresti. Certo le sfilate pacifiche non possono bastare, tuttavia credo possa essere opportuno ragionare su metodi di lotta anche radicali e non pacifici ma che non comprendano lo scontro frontale. Che ne dite?
Leggendo l’articolo mi era sembrato che da parte dei comitati della valsangone e di alcuni altri come Vaccaro ci fosse una presa di distanze. Ora che mi dite che mi sono sbagliato sono più tranquillo.
Quanto al portare la protesta altrove perchè alla Maddalena abbiamo visto che alle nostre condizioni non si ottiene niente sono daccordissimo, è da lunedì che lo ripeto in ogni discussione, in particolare il Tour mi sembra un ottimo obiettivo
@Paolo Z.
per periferia intendevo la periferia della valle. Voleva essere più che altro una nota ironica perchè ci includevo Torino e normalmente è la valle ad essere considerata periferia di Torino
@knes
Ma questo benedetto gas CS dell’articolo qualcuno lo produrrà pure, no? Vorremo mica perdere posti di lavoro, licenziare, ridurre le famiglie sul lastrico?
;-)))
Rispetto al discorso di @filosottile su corso Marche (molto più su, ci ho messo un po’ a ritrovarlo), qualche dettaglio per capire cosa sarebbe questo mostro
http://www.notavtorino.org/documenti/cso-marche-puntata2-2007-2008.pdf
Sì credo anch’io possa essere molto utile portare la protesta altrove e non solo nella valle (anche se è necessario contrastare in qualche maniera i lavori), tra l’altro sia le istituzioni che le imprese coinvolte nella costruzione della linea TAV hanno sedi che possono essere oggetto delle pressioni e proteste più varie e variegate.
@whiteriot si ho assistito alla battaglia della centrale e ho filmato la carica del gruppo di persone vestite di nero, ho detto che l’avrei messo su youtube e ancora non l’ho fatto, pardon.
L’articolo che hai linkato mi sembra forse il migliore che abbia letto su un media di grosso livello. Quantomeno riporta solo quel che ha visto senza esprimere un giudizio e senza inventarsi nulla o almeno io non ho fatto caso ad errori di nessun tipo.
Per i metodi di lotta sono un po a corto di idee. Sicuramente devono continuare ad andare avanti piantando grane legali e con pacifiche marce, direi che in quello son già bravissimi e andranno alla grande, son d’accordo che però debbano iniziare a escogitare anche altri sistemi per bloccare questi lavori.
Comunque riconosco un merito alla nostra informazione main stream: con le sue vergognose bugie è riuscita ad attivare un movimento tutto dal basso che sta utilizzando internet per rinarrare gli avvenimenti e che si introduce viralmente in una moltitudine di spazi che fino ad ora non si erano mai o quasi occupati dell’argomento. Forse dovremmo ringraziarli :)
@Paco
Ottima impostazione. Tampinarli, sottoporre i cantieri a monitoraggio continuo da lontano, imboscare telecamere sui versanti intorno, andare in tanti a rompere le balle dagli enti e dai comuni pretendendo di visionare le documentazioni pubbliche degli appalti, fare ostruzionismo, intasare, denunciare.
Pubblicare eventuali materiali probanti sulla rete *prima* di fare le denuncie e gli esposti, a garanzia che non spariscano: metodo Wikileaks.
Essere in tanti, in troppi, il più possibile anonimi, per evitare ritorsioni sui singoli.
Ad esempio mi pare (chiedo conforto a chi sta sul posto) che l’appalto per le recinzioni oggetto dell’assedio di domenica sia stato affidato tramite “gara ristretta” ad una ditta i cui titolari hanno avuto trascorsi con la legge.
Uno di costoro la settimana scorsa ha avuto un diverbio con un gruppo di NoTav, e stando ai giornali il diverbio si è trasformato in rissa e successivo ricovero dell’impresario. Probabilmente sarebbe stato più strategico far clamore sulla parte losca della faccenda anziché cadere nella trappola dello scontro fisico, ma parlo da fuori quindi posso sbagliarmi.
Qui sotto alcuni link per spiegare quanto sopra. Si tratta di notizie parzialmente tratte dai giornali nazionali, quindi beneficio d’inventario.
http://goo.gl/SDLu0
http://goo.gl/H7teZ
http://goo.gl/WIj8m
http://goo.gl/Pe1gz
Di più ancora.
A genova c’era il gruppo dei legali del Social Forum presente (chiedo supporto a WM su questo), ma oggi abbiamo la rete. Possiamo creare un network di professionalità che possono dare supporto a chi è sul campo può contrastare l’operato nei cantieri e dei cantieri puntando non più su “questioni di principio”, ma su “questioni di merito”. Serve il tecnico in grado di esprimere un giudizio sul cantiere, ma anche il legale che suggerisca come e dove presentare una denuncia.
Un documento viaggia veloce sul web, come le foto e i filmati e il giorno dopo potrebbe essere già pronto per essere presentato senza che nessuno si sposti dalla propria città.
Io avevo in mente un network di insurrezione popolare in grado di usare il web e di conoscere le leggi per difendere la valle (oggi, domani chissà) contro il sopruso. Mettere in rete le conoscenze a favore dei movimenti.
piccola rassegna stampa sulla famiglia Lazzaro, proprietaria di Italcoge
http://www.notavtorino.org/documenti/rass-stam-flli-lazz-1992-2005.htm
Mi viene da aggiungere una piccola riflessione: oltre alla dicotomia violenza/non violenza c’è un’altra cornice di senso nella quale si continua a chiudere l’opposizione al tav, ovvero la contrapposizione interesse locale/interesse generale. A chi scrive in questo spazio appare ovvio che la costruzione del tav sia una questione che ha una valenza generale (in termini di modello di sviluppo, di ideologia delle grandi opere etc.), però ho la sensazione netta che per gran parte dell’opinione pubblica il problema sia visto come una questione locale: i valsusini non vogliono che l’alta velocità passi sul loro territorio. Il tutto con esiti paradossali: il movimento viene etichettato come affetto dalla sindrome NIMBY, salvo poi gridare allo scandalo per il fatto che alla manifestazione di Chiomonte ci fossero veneti, romani, addirittura francesi! [la frontiera è a meno di 10 km in linea d’aria da Chiomonte…]. Come dire: voi siete degli egoisti incapaci di pensare alle sorti magnifiche e progressive, ma se gente da fuori viene a darvi manforte vuol dire che vi fate strumentalizzare dai professionisti della violenza.
Se proprio una sindrome c’è, è la sindrome NOPE, Not On Planet Earth, e questa sindrome per fortuna sta contagiando altre persone in giro per la penisola (e non solo). E se questo è vero, credo sia necessario che contro il tav ci si mobiliti anche in altri posti, sia per esprimere solidarietà sia soprattutto per far circolare informazioni.
@Paco
Il tuo concetto di “insurrezione popolare” mi pare che ribalti completamente le prospettive perché in realtà agisce con la legge e per la democrazia, contro i rappresentanti dello Stato che agiscono contro gli interessi dello stesso e in quanto tali sono: *traditori* (amministratori, politici, forze dell’ordine, ecc.). Una volta i traditori venivano fucilati alle spalle, con disonore. Noi non vogliamo questo ma solo perché siamo migliori di loro.
Ma se vogliamo buttarla in grande, si tratta di riprenderci lo Stato che è roba nostra, che siamo noi. E non credo che in questo senso sia roba di destra (lapidatemi se sbaglio ;-).
I terroristi sono loro.
@ nat
l’insurrezione popolare deve per forza usare l’arma della violenza?
Considera questo un neo leninismo, nel quale l’insurrezione non deve passare “per forza” dall’uso della violenza.
Sì, l’insurrezione popolare della parte migliore della società usa le regole che ha creato lo stesso sistema che combatte, perchè se l’etica non si può imporre per legge, allora nemmeno la legge è antietica intrinsecamente.
Credo che quanto scritto da WM4 colga nel segno il senso della battaglia notav. E’ evidente che tale lotta ha debordato da ciò che era inizialmente ed è diventata simbolo della lotta per un diverso modello di sviluppo che non sia quello rappresentato dalla cementificazione e tecnicizzazione forzate. Ecco penso che sia questo il motivo per cui il notav sta mobilitando così tante persone che, altrimenti, difficilmente si mobiliterebbero per semplice solidarietà.
@f.s. grazie, credo che qualche giorno su me lo farò.
Infine segnalo questo file audio sull’assemblea di ieri.
http://ia600505.us.archive.org/28/items/ValDiSusa7Luglio/110707valdisusa.mp3
Segnalo questo link…parrebbe che la corte dei conti avesse bocciato il Tav nel 2008…
http://www.corteconti.it/controllo/opere_pubbliche/gr_opere_infrastrutture_trasporti/delibera_25_2008_g/
Questo è un vero e proprio laboratorio sovversivo: in poche settimane avete (re)inventato l’hasthag hijacking e ora avete inventato il DDOS amministrativo :D
[…] e incontrovertibile da parte di qualunque tentativo di falsificazione. Basta informarsi qui, qui, qui, qui e qui e qui e si potrebbe andare avanti all’indefinito. Eppure il Presidente […]
@knes
Sicuramente il filmato deve essere molto interessante soprattutto se si vede la singolarità della gente “normale” che incita la carica, è obiettivamente un fatto che non capita spesso, dato che generalmente i manifestanti pacifici tendono a stigmatizzare o temere la violenza delle frange più estreme, evidentemente la misura era colma e soprattutto era più grande la paura delle forze dell’ordine e dei loro lacrimogeni rispetto al timore che può incutere qualsiasi scheggia impazzita che rimane pur sempre “amica”… Di solito questo aspetto viene scordato da chi va in piazza privo di intenzioni bellicose.
Alla giornalista del Corriere di sicuro questo aspetto non è sfuggito, è comunque poi da apprezzare un tentativo di fare una cronaca priva di giudizi su manifestanti e poliziotti.
Concordo pure io sulla necessità di escogitare sistemi nuovi e ingegnosi per bloccare i lavori, dato che le sfilate pacifiche non servono a nulla e che lo scontro frontale comporta dei rischi troppo alti e, per quanto condiviso da molti valsusini (e non), è comunque un metodo che si presta a facili strumentalizzazioni. Anch’io, purtroppo, non ho al momento idee che possano essere illuminanti, confido tuttavia nella fantasia e nella determinazione della gente che porta avanti questa lotta estenuante da 20 anni.
Per quanto riguarda l’atteggiamento dei media mainstream, bisogna dire che, come tu giustamente osservi, le bugie esagerate e (soprattutto) i tentativi di mostrare una violenza a senso unico esaltando l’operato delle forze dell’ordine stanno avendo un effetto contrario a quello sperato, provocando inoltre una reazione di massa da parte di chi era presente, pacifico o meno, causando l’inondazione del web di filmati e foto che dimostrano quanto non fosse poi così impeccabile il comportamento degli omini col casco blu (o nero, o verde).
Facendo le debite distinzioni, mi ricorda un po’ ciò che si è messo in moto durante la campagna elettorale per l’elezioni comunali di Milano… Gli attacchi folli e disperati degli esponenti del PdL contro Pisapia, come l’accusa di furto d’auto o le patetiche trovate tipo “Zingaropoli” hanno messo in moto una reazione devastante da parte di migliaia di utilizzatori di internet, che si sono prodigati a sbeffeggiare gli esponenti della destra e a ironizzare anche sul candidato sindaco del centrosinistra, dandogli un volto più umano e simpatico. Rischio di scrivere una banalità, ma mai come di questi tempi, grazie alla sua diffusione ormai pressoché totale tra la popolazione, il web è diventato uno strumento eccezionale per far emergere la verità e soprattutto per smascherare le falsità che chi comanda cerca di farci bere…
Se possibile lascio il link ad un mio articolo sugli scontri del 3 Luglio che ha preso spunto anche dalle testimonianze degli utenti di questo blog. Si parla di come interrogare le immagini e svelare quelle che Zizek chiama “menzogne mascherate da verità”.
Grazie ancora per il vostro contribuito e keep on strugglin’
http://nexusmoves.blogspot.com/2011/07/menzogne-mascherate-da-verita-cosa.html
Sempre a proposito di panzane sui #notav , questa è proprio bella: http://goo.gl/KXkEe
Bobo “Stupor Mundi” Maroni insiste con la storia delle molotov all’ammoniaca, primo passo verso il terrorismo.
Nessuno tra i poliziotti che lo circonda ha ancora avuto il coraggio di spiegargli la questione. Temo sia troppo tardi, la spiega farebbe emergere di colpo la principale caratteristica del ministro con gli occhiali iniettati di sangue: non avere la più pallida idea di quello che sta dicendo.
>>Per eventuali sodali del ministro che cascassero qui.
Usando le parole giuste e senza che lui capisca che gli date del pirla, con tatto spiegategli che _pare_ che i vapori di “ammoniaca” di un qualsiasi detergente casalingo (l’ammoniaca pura non è disponibile facilmente ed è impossibile maneggiarla durante uno scontro) NON siano filtrati dalle maschere antigas, o cmq contribuiscano ad intasare + rapidamente i filtri. Un po’ come la polvere degli estintori che, essendo molto fine, intasa appunto i filtri.
Ecco spiegata, dite a Maroni, la presenza degli estintori nelle manifestazioni. Rilassatelo, magari pensava chissà che cosa.
Quindi – introducete l’argomento con grazia – cosa succede se, per dire, un plotone di celerini dopo aver bombardato con decine di lacrimogeni una determinata area, carica per sgomberarla?
Succede che, se i manifestanti hanno sparso al suolo il detergente contenente una piccola quota di ammoniaca prima di scappare, i suddetti poliziotti sentiranno una volta arrivati nell’area in questione un friccicore agli occhi e, svegli come sono, penseranno in prima battuta che i filtri non filtrano più. Si toglieranno la maschera, per cambiare il filtro o per panico, e nel farlo respireranno un po’ dell’aria pestilenziale che hanno loro stessi creato, appena appena mitigata da profumi di limone e agrumi sparsi.
Non è karate, è judo. E’ varechina “gentile”.
Non è terrorismo, è prendere per il culo.
Maroni, cazzo, sveglia!
Giusto per la precisione, la varechina (gentile o no) è ipoclorito, non ammoniaca.
Il concetto non cambia: l’ammoniaca al 100% non si usa praticamente nemmeno in ambiente industriale, perchè a quelle condizioni fai secca la gente.
Quando da piccolo entravo in bagno che mia mamma aveva pulito il water e c’era quel fastidioso e pungente odore di ammoniaca, non pensavo di avere a che fare con una prototerrista noTAV!
si, corretto, ipoclorito.
Era per giocare sul nome di un prodotto reclamizzato, rassicurando l’eventuale beota pronto a bersi la panzana.
Il danno che può fare una bottiglia di detergente all’ammoniaca o varechina (Maroni, provare a dargli fuoco no, eh) è grossomodo quello che fa una bottiglia di rosolio.
Il danno lo fa il contenitore, non il contenuto.
Sennò tanto vale definire, come faceva Dario Fo verso la fine del quaternario, una bottiglia vuota “molotov scarica” e una bottiglia di latte “molotov caricata a salve”.
Le panzane non dicono quasi nulla dell’oggetto su cui insistono, ma invece tantissimo sul target a cui sono destinate o per cui sono state progettate.
Pensa al miglioramento avvenuto in questi dieci anni: dalle sacche di sangue infetto alle molotov all’ammoniaca.
Di poco, ma è innegabile che c’è stato un miglioramento.
Un’osservazione che vuole essere provocatoria, in quanto mi ritrovo anch’io pienamente negli argomenti no-tav: spulciando i commenti per il web e dalle dichiarazioni politiche recenti (vedi Bersani) ci si richiama spesso all’istituto della democrazia come giustificazione del progetto TAV. Per cui si dice che la faccenda è stata discussa a lungo, si sono corrette alcune cose ma, in ultima analisi, in democrazia non sempre è possibile accontentare tutti e capita che le forze politiche al governo, alla regione in buona parte delle istituzioni del territorio siano Pro-tav, per cui l’eventuale stop del cantiere costituirebbe un precedente in cui una minoranza decide sulle sorti della maggioranza. Seppure il discorso faccia acqua in certi punti, infatti le elezioni ci sono ogni cinque anni e può capitare che su certi temi le condizioni mutate portino la cittadinanza a cambiare idea, unito al fatto che il bipolarismo porti a dovere scegliere il meno peggio sacrificando alcune posizioni personali, alla fine se si è in democrazia è legittimo che la forza che è al governo decida cosa fare (sempre che non sia contrario alla costituzione, ma non credo questo sia il caso). Come rispondere così a queste argomentazioni?
Ricollegandomi poi al discorso grillo nei post precedenti, da quello che ho letto in giro mi è parso di capire che il movimento 5 stelle sia stata l’unica forza con un seguito considerevole ad opporsi al progetto TAV. Mi chiedevo così se fosse possibile vedere nel breve termine e, allo stesso tempo, auspicabile l’eventuale nascita di forze politiche che si facciano portavoce a livello di governo di tutti quelli che oggi vengono definiti movimenti, associazioni esterni alla sfera politica come l’acqua, No-tav e via dicendo. E’ un bene cioè che queste istanze siano rimaste formalmente al di fuori della sfera amministrativa, o si può sperare nella nascita di un partito che faccia valere queste richieste a livello politico, senza però sfruttarle per proprio tornaconto come grillo, che ha fatto proprie battaglie già in corso da tempo e appunto in questo modo esterne a possibili benefici elettorali? ed è proprio possibile attecchire sulla maggioranza senza cadere nella sua demagogia e slogan, in modo da riuscire a portare avanti questi temi?
PS. mi scuso in anticipo se alcuni fatti non sono corretti, ho cercato di riportare quello che leggevo in questi giorni in giro per la rete e nel caso faccio subito mea culpa.
Due dettagli a caldo sulla fiaccolata notav (ché io sono quello dei dettagli, sono un cronista da dettagli, mi farò assumere a Studio Aperto quando Mediaset verrà nazionalizzata).
Poco prima di arrivare al corteo io e mio fratello ci fermiamo davanti a un bar, lui ci entra e io resto fuori. Arriva una ragazza valsusina che riconosce davanti al bar alcuni amici suoi, e dice loro che sta andando alla manifestazione. Loro la salutano e lei li abbraccia forte uno a uno. Gli amici sembrano un po’ stupiti di tanta dimostrazione d’affetto, lei spiega che lo fa perché è da sola, ha paura, e dice: “Ho paura che ci picchiano di nuovo anche stasera.” Loro sembrano ancora più stupiti e cercano di tranquillizzarla. Poi si allontana verso la piazza, io aspetto mio fratello che intanto esce, mi volto per vedere se lei c’è ancora ma non la vedo più. Lì per lì stranamente non ho paura, mi dico “no, non può essere, stavolta non ci picchiano”.
Poi per tutta la manifestazione non vediamo neanche un uomo in divisa. E la fiaccolata procede senza nessun incidente, nessun atto di vandalismo, nessun eccesso. Nemmeno alla fine, in piazza Arbarello, non ci sono forze dell’ordine, giusto un paio di vigili a bloccare il traffico in fondo alla piazza. Ventimila persone radunate in tre giorni senza nessun media mainstream che ne abbia parlato, e tutte e ventimila con i nervi molto #saldi. Nonostante tutto. Nonostante il fatto che solo cinque giorni prima invece le forze del disordine abbiano picchiato e gasato e arrestato e torturato. Nonostante la paura.
P.s.: Agli “amici” di quella ragazza: la prossima volta accompagnatela.
@gr
La protesta No Tav è vecchia di almeno quindici anni. La prima manifestazione nazionale, a Firenze, fu nel marzo ’95. In quel momento, quella protesta costituiva una grande opportunità per la democrazia, perché dava ai “decisori” l’occasione di spiegarsi, di far capire 1) perché consideravano quell’opera di “interesse nazionale”e 2) come avrebbero risarcito un interesse locale che veniva messo in secondo piano. Ebbene, quell’occasione non è stata colta. Quelle due spiegazioni non sono arrivate. Politici e opinionisti hanno ripetuto per anni che la TAV si deve fare perché si deve fare, non c’è alternativa. Nel frattempo gli anni passavano e molte previsioni dei No Tav si avveravano puntualmente. Devastazione in Mugello e traffico merci tra Francia e Italia in calo costante rispetto alle previsioni dei Pro Tav, basate sull’economia di fine anni Ottanta. Quindi, secondo me, è sbagliata la premessa: la TAV non è stata decisa in maniera democratica. Primo, perché la comunità locale non ha avuto risposte, è stata scavalcata a pié pari. Secondo, perché una decisione, in vent’anni, può rivelarsi sbagliata e se non si torna indietro allora significa che le ragioni per sostenerla non sono l’interesse nazionale o altre fate morgane.
Credo che il movimento No Tav della Val Susa stia appassionando tanta gente anche perché mette in evidenza il gravissimo deficit di democrazia che ci troviamo a fronteggiare.
@ WM2 e tutti
Quella delle opere pubbliche, specie quando sono così imponenti e impattanti come la TAV sono e saranno sempre oggetto di forti discussioni. E’ necessaria una lungimiranza per guardare quale utilizzo sarà fatto di ciò che si va a realizzare, che richiede gli occhi del futuro remoto. Quando fu realizzata la tangenziale di Bologna, l’allora sindaco (credo fosse ancora Dozza) venne preso per matto. Si sarebbero spesi tanti soldi per un’opera ridondante (ancora non si parlava di impatto ambientale).
Al momento i parametri economici fanno ritenere la TAV ridondante e non si vede in futuro quale motivo le merci dovrebbero fare la Lisbona-Leningrado di Bar Sport, quando la produzione manifatturiera avviene prevalentemente in Cina, India, Vietnam, Corea, Brasile e in futuro, probabilmente, in Africa.
Col tempo abbiamo anche acquisito il concetto di “uso del territorio con moderazione” in quanto “risorsa limitata”. Tutto questo fa pensare che la TAV in Val di Susa, nella forma in cui si intende realizzarla, sia per lo meno ridondante.
Ma il tema dovrebbe essere un’altro, come ben esprime Genna nel posto che avete loggato. Il tema è quello di un nuovo modello di sviluppo.
Il PIL è solo un parametro di sviluppo che tiene conto della produzione di ricchezza. Poco conta che chi l’ha pensato abbia preso il nobel per l’economia, anche un ministro dell’economia argentino l’ha preso l’anno prima che i titoli di stato del suo paese diventassero carta straccia.
Se il parametro del benessere e dello sviluppo tenesse conto delle aree verdi? O della qualità dell’aria?
Se al lavoro ci vado in bicicletta in 5 minuti sto meglio che se ci vado in macchina in 1 ora, ma il PIL cresce di più nel secondo caso.
Non è una semplice modifica da apportare ad un progetto a seguito di un dibattito collettivo, è un radicale cambiamento di prospettiva, quella necessaria e non possiamo certo aspettarci che con una tavola rotonda tra enti e cittadini si riesca a realizzarla.
Per quello che riguarda la “rappresentanza dei movimenti” anche io l’avevo immaginata. Giustamente WM4 mi ha risposto che serve di più che un altro partito da zerovirgola. E’ vero, ciò non toglie che molti movimenti sentono la necessità della rappresentanza. Probabilmente il futuro è un network di esperienze movimentiste, una lega dei movimenti popolari, una rete dei popoli insorti, che agisce localmente e si organizza globalmente grazie alle connessioni rese possibili da internet, mettendo in comune esperienze e conoscenze, perchè con una mail o una videoconferenza si possono organizzare attività, creare documenti e progetti, senza che sia necessari spostare fisicamente le persone. Più produzione di idee, più tempo libero e meno spostamenti.
@Paco: in Bhutan hanno sostituito il PIL con l’indicatore della Felicità Interna Lorda. Magari possiamo prendere esempio, anche rispetto a quanto dici tu.
http://it.wikipedia.org/wiki/Bhutan#Approccio_allo_sviluppo
Forse questi appunti sulla fiaccolata arrivano fuori tempo massimo. Ho bisogno di prendermi tempo per lasciar sedimentare le cose, un piccolo parziale resoconto lo scrivo solo ora. Spero possa aiutare:
Ieri sera sono stato alla fiaccolata No TAV a Torino. Mi son ritrovato ieri a stare in strada a fare presenza contro la Tav non solo perché da qualche anno ho la residenza in Piemonte, non solo perché a Torino ho formato la mia famiglia, ma perché sento davvero la Val di Susa un bene anche mio, un bene comune e porca puttana non si può stare a guardare. Immagino non sia stato cosa da poco organizzare una manifestazione in soli 3 giorni e avere una risposta attiva, partecipata, consapevole di 20.000 persone. A sarà dura!
Chi da mesi invoca il morto a ogni manifestazione in questo paese anche ieri ha avuto pochi appigli per far leva sulla presunta violenza dei manifestanti e poca soddisfazione. Mi auguro gli scoppi il fegato quanto prima.
Grazie a un incrocio di tweet e sms ho incontrato uomoinpolvere e (tralasciamo il momento Carramba che sorpresa!) subito abbiamo iniziato a ragionare insieme sulla fiaccolata sulle iniziative e sull’aggressione del 3 luglio e siamo arrivati a una conclusione: ci stiamo opponendo alla crisi, a questo governo, a questa classe di potere che ci vuole chini e impauriti.
Genna ha scritto che ormai oggi l’unico rappresentate dello stato è il poliziotto, ieri erano ben celati dietro una assenza apparente e questo Stato di cose, ormai putrescente, ha dato prova di saper rispondere sempre allo stesso modo: violento, arrogante, bugiardo.
Lo so che su Giap sfondo una porta aperta ma credo sia giusto scriverlo che è stata una bella esperienza. Non solo per dire no alla TAV ma per condividere una lotta che accomuna e dopo l’aggressione del 3 luglio porta alla radice conflitti che da mesi attraversano in lungo e in largo questo paese.
Si è avvertita una tranquillità di fondo innanzitutto sulle ragioni della protesta, nonostante la giusta rabbia post aggressione. La tranquillità di sapere che anche se mediaticamente la lotta No Tav stanno cercando, in modo disperato, di spostarla dalla parte del torto si sta facendo la cosa *giusta* per tutt*. Ieri in strada c’erano persone non solo della Val di Susa, c’erano molti torinesi nonostante la pioggia, e i vari eventi legati a Traffic. Anche ieri famiglie, bambini, donne e uomini di tutte le età.
C’era un gruppo di suonatori di tamburi, da un camion arrivava potente il suono della musica sparata da altoparlanti e in testa al corteo c’era una banda di ottoni che, a un certo punto, comincia a suonare “bella ciao” , che sicuramente non è niente di nuovo per quanto sempre benvenuta, e la differenza è stata l’assenza della sguaiatezza, una lezione di stile se vogliamo, nel suonare e cantare le parole di una canzone sentita giusta e necessaria e alla fine l’applauso è esploso forte, così come forte è risuonato ancora l’applauso dopo le parole di solidarietà espresse ai ragazzi incarcerati e torturati.
Ieri ho sentito parole e suoni *veri*, un’epifania sonora in centro a Torino lungo tutto il corteo: A sarà dura!
L’augurio finale è stato che mille libere repubbliche della maddalena sorgano in tutta Italia.
Ps:
Molto istruttiva la lettura di questa pagina in cui vengono elencati tutti gli articoli della costituzione che sono stati violati in Val di Susa con il benestare dell’intera classe politica:
http://www.notav.eu/article5432.html
Saluti al compadre yamunin che ho incontrato piacevolmente alla fiaccolata. Ben poche cose sono felici come incontrarsi così. Spero anch’io di non essere “fuori tempo massimo”: d’altronde la lotta notav è ben lontana dall’essere finita o a un punto morto, quindi non vedo perché dovremmo essere fuori tempo. Ah, e grazie per il link agli articoli violati: mentre li elencavano ero intento a twittare e me ne ero perso qualcuno. Sono davvero troppi.
Scrivo per portarvi all’attenzione questo breve video che ho fatto col cellulare del gruppo di percussionisti-danzanti:
http://www.youtube.com/watch?v=wYEbSNRgKrg
Lo slogan “Siamo Tutti Quanti Black Bloc” ripetuto più volte e da più parti in questi giorni nel movimento (all’assemblea di bussoleno da una madre autoproclamatasi tale, nei discorsi finali in piazza vittorio dopo la fiaccolata) è espresso qui secondo me al meglio. Secondo me merita di essere analizzato.
I media hanno fatto per anni, da Genova in là, grossa disinformazione sul termine “black bloc”, che come hanno ricordato bene i Wu Ming su twitter qualche giorno fa, identifica(va?) una pratica, e non un gruppo, ed escludeva proprio gli scontri con le forze dell’ordine, ma mirava obiettivi (simbolici?) dell’ “impero” in contesti cittadini, attaccandoli durante manifestazioni di piazza. Lo spostamento semantico del termine “black bloc” (di cui è segno anche il diffondersi della grafia errata “black block”) è qualcosa che pare irreversibile. Mettersi lì a riavvolgerlo sembra un’impresa titanica; sembra ormai “accettato” da tutti, persino da molti che contestano la stessa disinformazione che c’è stata a riguardo.
Il movimento notav non si è curato di ciò. La sua battaglia semantica è avvenuta tutta dentro questo “errore”. La rivendicazione “siamo tutti quanti black bloc” allo stesso tempo rimane dentro la retorica di regime e la sfancula brillantemente. Da una parte c’è lo sbeffeggio alla “sucate”: le vostre accuse sono ridicole, guardateci, vi sembriamo black bloc? Dall’altra, sottotraccia, ma non troppo, c’è la rivendicazione vera e propria: attenzione, voi condannate il radicalismo, tentate di dividerci in estremisti e moderati, ma noi siamo *tutti quanti* pronti a sostenere la linea radicale, perché siamo tutti quanti realmente radicali, al di là delle pratiche con cui lo esprimiamo. E forse c’è ancora dell’altro: in quelle piume rosa, in quella danza gioiosa e disordinata, c’è un altro messaggio ancora: non vogliamo pratiche escludenti, siamo *tutti quanti* black bloc perché tutti possiamo esserlo, e la nostra lotta non ha bisogno di commandos.
Forse sono solo io che ci ho visto troppe cose. Ma è stato davvero coinvolgente essere lì, e ho visto ballare e scandire il ritmo e intonare gli slogan a persone diversissime, di tutte le fasce d’età. E’ stato un momento molto includente.
@uomoinpolvere
Forse dire “siamo tutti quanti black bloc” equivale a essere tutti zapatisti nel Chiapas, o in Palestina dare democraticamente la maggioranza a Hamas fottendosene del fatto di mettersi il mondo contro, o forse proprio per quello. Se ti chiudono nell’angolo, fanculo al mondo.
Nel tardo autunno del 2003 ho partecipato per la prima volta a una marcia No-Tav, era una Bussoleno – Susa, se non ricordo male.
Da allora sono avvenute molte cose: la battaglia del Seghino, la presa di Venaus, la farsa dell’Osservatorio, le variazioni progettuali, la grande manifestazione dei 40000 a Susa, i presidi per le trivelle, le prime manifestazioni promosse dai comitati della Val Sangone, il presidio a La Maddalena, lo sgombero di fine giugno e la grande manifestazione del 3 luglio.
Ho vissuto in prima persona quasi tutti questi avvenimenti, e in ognuno di essi, anche nei momenti di crisi o di rabbia o di sconforto, ho ritrovato quel sapore avvertito per la prima volta a quella marcia del 2003, fatto di ferma determinazione e composta allegria. Si tratta di un sapore che conquista e avvince, e che per essere creato necessita di un lungo lavoro. Il lavoro che tante persone nei comitati in questi anni hanno fatto.
In questi giorni lo si è detto in tutte le salse: il TAV è un progetto assurdo, combatterlo significa proporre un altro modello di sviluppo e difendere i beni comuni. Tutto vero. Ma c’è una cosa che questo movimento qui da noi sta facendo: sta stanando le persone, le sta facendo uscire di casa, le fa riunire, le fa mangiare insieme, le fa discutere, talvolta litigare, ma le mette in condizione di desiderare di mettere le proprie conoscenze a disposizione degli altri.
Io, forse non solo per fattori anagrafici, non ho mai partecipato a una cosa così potente.
@yamunin: “Grazie a un incrocio di tweet e sms ho incontrato uomoinpolvere”
Non vorrei andare OT, ma mi incuriosisce un po’ questo pezzo. A sbobinare i tweet pensavo vi conosceste già :)
@clem131
In un certo senso sì: ci conoscevamo già ma non di persona.
:-)
In un altro Thread Wu Ming 1 ha scritto ” È la risonanza Renè, è la cazzo di risonanza! “. Ecco, questo. fine OT
[…] Quando pubblicammo il pezzo su Fanciullacci linkato poco sopra, sul loro forum VivaMafalda, le tartarughe-minchia di CasaClown non la presero tanto bene, et pour cause! […]
[…] alla classica tag #notav la parola nervi #saldi, nel giorno in cui nel paese cominciavano i saldi.(http://www.wumingfoundation.com/giap/?p=4614), l’effetto è incredibile (se si considera l’impatto comunicativo), la rete fornisce […]
[…] liberi e democratici. Ricordiamo che il “dirottamento” di massa dell’hashtag #saldi – se ne è parlato in un recente post di Giap – è nato dal sospetto (tuttora perdurante) che su Twitter fosse in opera una sottile censura […]