Cosa fa un filosofo nella casa dei pazzi? Audio della «Serata Foucault»

Clicca per ascoltare Séquence, composizione di Jean Barraqué del 1955, su versi di Friedrich Nietzsche scelti da Michel Foucault.

Il 28 ottobre 2011, al Bartleby di Bologna, abbiamo presentato la nuova edizione italiana del libro di Michel Foucault Storia della follia nell’età classica (Rizzoli, 2011). Si tratta di un evento importante, perché per la prima volta il testo è pubblicato in Italia in versione integrale, coi due capitoli misteriosamente “saltati” nelle edizioni precedenti. Il merito è del curatore Mario Galzigna (filosofo, epistemologo clinico e storico della psichiatria), che ha anche reinserito la prefazione di Foucault del 1961. Al Bartleby, Galzigna ha catturato e tenuto per quasi tre ore l’attenzione di una sala gremita. E’ stata una grande serata, e siamo felici di proporne qui la registrazione divisa in quattro parti, ciascuna delle quali arricchita da un sommario. Cogliamo l’occasione per ringraziare chi ha reso possibile l’iniziativa, con particolare riferimento ad Alessio e Loris.
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Dioniso, Alte Museum, BerlinoWU MING 1 – INTRODUZIONE: NIETZSCHE E FOUCAULT NEL LABIRINTO. DAI “BIGLIETTI DELLA FOLLIA” ALL’HISTOIRE DE LA FOLIE
WU MING 1 – INTRODUZIONE: NIETZSCHE E FOUCAULT NEL LABIRINTO. DAI “BIGLIETTI DELLA FOLLIA” ALL’HISTOIRE DE LA FOLIE– 22:57

Séquence
di Jean Barraqué – Friedrich Nietzsche, i Ditirambi di Dioniso – Nietzsche a Torino – I “Biglietti della follia”: A Umberto I, Cosima Wagner e August Strindberg (che risponde) – Il “Lamento di Arianna” – Il labirinto – Cos’è Nietzsche per Foucault – Dal rapporto con Barraqué alla permanenza in Svezia – Il bìos di Foucault e le “esperienze-limite” – La “grande ricerca nietzscheana”: l’Oriente, il sogno, i tabù sessuali, la follia – Nessuna “cesura” tra i due Foucault – Breve sinossi di Storia della follia nell’età classica – La parola a Galzigna.

MARIO GALZIGNA – LETTERATURA E FOLLIA NELLA “SCATOLA DEGLI ARNESI” DI MICHEL FOUCAULT
MARIO GALZIGNA – LETTERATURA E FOLLIA NELLA “SCATOLA DEGLI ARNESI” DI MICHEL FOUCAULT – 54:25
Autoritratto di ArtaudIl mio incontro con Foucault in Rue Richelieu – Contro la postura del discepolo e l’effetto-scuola – Foucault usato dagli infermieri: dare il primato alle pratiche – La “boite à utiles” – Omosessualità, cosa ci vuoi fare? – Né storico né filosofo – Le voci della follia quando parla direttamente – Foucault e Lacan: il culo e la navigazione a vapore – Fontolatria, malattia senile della storiografia – Le due confische della follia: confisca concettuale e confisca istituzionale – Il lungo silenzio classico – Il nipote di Rameau – La follia si riafferma nella letteratura – La schizofrenia di Artaud e la “rottura del significante” – Finnegan’s Wake – La rottura del campo tonale in musica, l’astrattismo in pittura – Lacan non capì un cazzo di Artaud – Le “coscienze in extremis” (Susan Sontag) – I tagli alla prima edizione italiana di Storia della follia nell’età classica – L’anti-prefazione del 1972 – Il coraggio della verità e la “vita filosofica” – I cinici e lo “scandalo vivente della verità” – Come Foucault evitò l’effetto-scuola – Le discipline sono una variabile dipendente del problema – Il “lirismo argomentativo”, Yves Bonnefoy e i “professorini” – “Chiamerò deserto…” – La letteratura e l’indicibile.

DOMANDE E INTERVENTI + GALZIGNA: “COSA FA UN  FILOSOFO NELLA CASA DEI PAZZI?
DOMANDE E INTERVENTI + GALZIGNA: “COSA FA UN FILOSOFO NELLA CASA DEI PAZZI?- 37:53

Clozapina, compresse da 100 mg.Loris – Breve domanda di Wu Ming 2 – Pino De March – Galzigna: la resistenza in manicomio – Atemporalità dell’inconscio e cronometria della seduta analitica – La camicia di forza chimica: il neurolettico come “assolutore simbolico della relazione” – Dall’esperienza negli SPDC: “pillole e pedate in culo” la mattina, inchieste sulla famiglia il pomeriggio – Tragedia della frammentazione psichica – La nosografia insegue i comportamenti, ma questi le sfuggono – La dipendenza da Internet – Mi hanno cacciato da una chat sadomaso – Dialoghi della “Sala cancro”: i quadri a olio di Marco – Foucault e Basaglia – Non basta distruggere l’apparato di potere.

DOMANDE E INTERVENTI + ELEMENTI DI STORIA DELLA MALINCONIA + IL DISPOSITIVO
DOMANDE E INTERVENTI + ELEMENTI DI STORIA DELLA MALINCONIA + IL DISPOSITIVO – 49:01
Deleuze e Foucault (al centro, sullo sfondo, Sartre)Don Cave: confisca della follia e rivoluzioni borghesi – Galzigna: invarianza transtorica e trasformazione – Come cambia la malinconia nella storia – Bellerofonte, The Anatomy of Melancholy, quando finisce un amore – Domanda di Wu Ming 1: società disciplinare e società di controllo – Scrittura del folle e controllo – Domanda sui rapporti Deleuze-Foucault – Wu Ming 1: Nietzsche e la gioia dell’incontro Deleuze-Foucault – La pantofola sul davanzale – Deleuze e Bob Dylan – Galzigna: il concetto di dispositivo – Il rischio dell’approccio di Agamben: la genealogia diventa genesi – Il dispositivo non è la Struttura: soggetto costituito e soggetto costituente – L’invenzione di stili di libertà – A sorpresa, Sartre – Alessio: sulle scritture dei folli (o meglio, le scritture dai manicomi giudiziari) – Le categorie di Lombroso in letteratura – “Il Policlinico della delinquenza” – Usare Foucault per capire la soggettività migrante – Galzigna: dispositivi specifici che tendono a universalizzarsi: imperialismo della diagnosi (un aneddoto dai Balcani) – Conclusioni e saluti.

 

 

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13 commenti su “Cosa fa un filosofo nella casa dei pazzi? Audio della «Serata Foucault»

  1. Grazie davvero, contributo inestimabile!

  2. Ficooooooo! Grazie grazie

  3. Thanks, ho il programma per la mia serata ;)

  4. grazie mille! come detto su Twitter, io mi metterò giù a studiarlo approfonditamente, pro-tesi (anche se vedere en passant un “Lombroso” comparire tra le domande citate, mi inquieta, minchia! )

  5. Mario Galzigna nel terzo file audio afferma “Quello che soffre mentalmente produce resistenza”.
    Secondo me rischiamo di scivolare in una visione “romantica” della follia.
    Nella fase attuale di capitalismo avanzato il sintomo da tratto che particolarizza il soggetto, diventa tratto che lo costituisce come identico, appartenente a una comunità omogenea(anoressiche, bulimici, tossicomani…); da tratto particolare che resiste al programma d’integrazione della civiltà (come ai tempi di Freud) ad insegna che universalizza il soggetto rendendo possibile la sua integrazione (anche se segregativa) nel programma globalizzato della civiltà.

    Dunque il sintomo come inclusione, non resistenza

    La clinica contemporanea è una “clinica della neosegregazione”, rispetto alla segregazione classica, studiata da Foucault, che si struttura sull’esclusione centrifuga del diverso, del deviante,..si struttura per un adesione eccessiva alla norma sociale per la via di un movimento centripeto.

    Per esempio nella clinica delle Anoressia vediamo che il corpo magro si trasforma in idolo, si feticizza (per rimanere a tema con un post di qualche settimana fa).
    Lacan direbbe che il corpo dell’anoressica non si costituisce come luogo dell’Altro, ma è un corpo fabbricato autisticamente dal soggetto. Il corpo anoressico anziché nutrire il desiderio dell’Altro, nutre sterilmente sé stessa.

    L’anoressia è governo disciplinare del corpo, il corpo anoressico è un corpo totalmente asservito.

    Altro paradosso dell’anoressia contemporanea: la scelta dell’anoressia avviene a partire dall’esigenza di una differenziazione, di un rifiuto del conformismo dell’universale, ma questa differenziazione ricade in realtà in una nuova massificazione.
    “Le anoressiche sono seriali, identiche le une alle altre, anonime, cloni di uno stesso stereotipo di bellezza…”

  6. @ Juice

    poco dopo il passaggio che citi, Galzigna parla della follia e della frammentazione psichica in termini di “tragedia”, di enorme sofferenza, proprio per mettere in guardia da visioni romanticheggianti.

    Sul sintomo che oggi costituisce il soggetto come identico, incasellato in una categoria omologata, è verissimo, ma mi sembra che il discorso di Galzigna sulla nosografia, sulla pretesa universalizzante dei dispositivi nosografici (“imperialismo della diagnosi”), dica proprio questo. Solo che, “foucaultianamente”, Galzigna si concentra sul funzionamento dei dispositivi che, trattando il sintomo in un certo modo, producono quel risultato e costituiscono quei soggetti. Tu prendi il discorso da un altro coté, ma descrivete la stessa situazione. Insomma, ci si può arrivare sia partendo dal culo, sia dalla navigazione a vapore :-)

    Anche sulla natura “centrifuga” della segregazione odierna mi sembra che Galzigna dica cose importanti, ad esempio quando parla dei neurolettici, o del folle che, anche senza essere internato fisicamente, è internato nel dispositivo perché descrive se stesso con le parole e le categorie della psichiatria.

  7. @ juice

    In questo periodo una “task force2, come viene chiamata, appositamente organizzata sta lavorando sulla redazione del DSM V.Qualche settimana fa a Bologna c’è stato un incontro con Allen Frances, uno psichiatra che che aveva fatto parte della task force per il DSM IV e che si dice ora molto critico sul nuovo DSM V.
    Sembra che con il nuovo DSM, causa l’allrgamento e la modifica di alcune in dicazioni lì iserite, circa il 50% della popolazione (almeno del mondo cosiddetto occidentale) troverà posto nelle categorie diagnostiche del manuale statitistico. Allora è vero che le persone che manifestano un sintomo vengono incluse dalla odierna società capitalistica ma, forse la domanda da porsi è: per fare che?
    L’anoressica viene falsamente inclusa nella società: se vuoi l’anoressica viene sfruttata.
    Così come si parla, a livello della produzione, di catena di montaggio diffusa, allargata, così anche nella psichiatria la strada che si sta prendendo, anzi che si è già presa, a discapito di quel che solitamente si dice, è quella dell’estensione del “manicomio”: Armando Bauleo, uno psicoanalista marxista argentino diceva che il problema, e ciò contro cui è più difficile lottare, non è tanto il manicomio concreto, materiale, esterno, quanto l’idea del manicomio che è presente in chi sta fuori da quelle mura..

  8. @Juice
    La critica che lasci intravedere è quella classica rivolta a Foucault da tanti (solo per restare in Italia pensiamo a Jervis), è stata ripresa e analizzata anche da R.Bodei nell’introduzione a “Il Lascito Foucault”. Qui, forzando un pò il discorso, Bodei affermava che il grande rischio era quello di mitizzare la follia, di fatto, condannando al silenzio il folle ridotto a “grande escluso” dall’insieme comunità. Eppure questa lettura non coglie nel segno. A Foucault (come da lui stesso più volte affermato, pensiamo alla chiacchierata con D.Trombadori, sempre per restare in casa) non interessa discutere dell’oggetto “follia” in senso medico-patologico. Come ben colto implicitamente da Lucio Russo (in “le illusioni del pensiero”, ed Borla) la “follia” per Foucault è “l’assenza del testo”, il “totalmente Altro” rispetto alla “ragione” riconosciuta e accettata nel suo procedere argomentativo dalla comunità. Il tema della “follia” a Foucauult interessa per indagare negativamente la ragione, le sue possibilità, i suoi possibili “giochi di verità”, il suo strutturare i processi di assoggettamento. In tale ottica da “la storia della follia” a “il coraggio della verità” l’indagine foucaultiana non ha smesso di interrogare i procedimenti attraverso i quali la “ragione” produce assoggettamento, soggetti e, possibili, controcondotte. Sicuramente il “folle” in Foucault smette di essere il “grande escluso”, il malato, ma non in nome di una “romanticizzazione” della patologia quanto in nome di un’analitica che si preoccupa di mostrare la contingenza delle identità sociali, dei processi attraverso i quali “ragione” costituisce i soggetti, i saperi, le verità.

  9. @Juice:
    è fuori di dubbio che alcuni collettivi antipsichiatrici (soprattutto di matrice anarchica e tendenzialmente di impostazione artaudiana) facciano il gioco di segno contrario ma di senso uguale rispetto allo status che contestano: si passa dal paziente-cavia al paziente-simbolo, dal paziente strumentalizzato a scopi medico/scientifici al paziente strumentalizzato e idolatrizzato a scopi di lotta sociale, fatto puro simbolo e spersonalizzato (che fa tanto concetto del folle come illuminato dagli dei/portatore di verità di alcune religioni pagane precristiane). Del resto, lo stesso Laing (il mio adorato Laing!), alla fine è critico su questa visione romantica della pazzia liberatrice, portatrice di verità ecc. ecc. ecc. Tuttavia, non è questo il caso, per i motivi che riportano WM1 e sentieri erranti.

    Per il resto, il pezzo sul farmaco come” assolutore simbolico di relazione” è da ripetere continuamente come un mantra. Tuttavia, a questo proposito, riprendo un mio commento di qualche tempo fa: http://www.wumingfoundation.com/giap/?p=5152&cpage=1#comment-7731 Il problema è a monte (oltre che a Monti – perdonatemi, è l’idiozia da febbre).
    Se già all’università (studio medicina, sto per laurearmi o almeno spero e punto a una specialistica in psichiatria per chi non lo sapesse) ci indicano la farmacologia praticamente come unica via, come puro Vangelo, relegando il resto a qualche passaggio vaghissimo (se non addirittura deridendolo) come facciamo? Io la vedo nera, nerissima.

    Quanto al DSM V. Secondo me (anche se il mio libro la relega tra gli “altri punti in discussione del nuovo DSM” facendo, di contro, un pippone sul concetto di spettro) la chiave di tutto, il punto di svolta della psichiatria è la questione neuroscienze. In un certo senso è una svolta negativa perchè incentiva la farmacoterapia e anzi, la legittima come unica via possibile (se adesso qualcuno ancora si pone il problema del “farmaco come assolutore di relazione”, poi no). In un altro senso, invece, è una svolta positiva perchè sicuramente riduce, dal punto di vista diagnostico, i margini di errore. Una buona via per il futuro sarebbe tentare di mediare le tendenze ma ripeto, visto lo stato attuale dell’insegnamento della medicina in generale (e della psichiatria in particolare) con professori che -giuro!- a lezione portano Dr. House come modello di medico da imitare, la vedo veramente veramente nera.

  10. @ Juice
    Foucault nella Storia della Follia – e molto più esplicitamente negli Anormali e nel Potere Psichiatrico, nella prima metà degli anni ’70, quando riprende in mano il suo “vecchio” libro – non parla solo di esclusione, ma anche di inclusione della follia. Come sempre, si tratta di processi storici. La data simbolica del “Grande Internamento” è il 1657, quella della nascita di uno stile di ragionamento scientifico che trasforma la follia in malattia mentale e poi in anormalità è il 1793, data che segna l’ingresso nella modernità scientifico-psichiatrica. Da qui in poi Foucault descrive dispositivi di integrazione, o meglio smette comletamente di porsi il problema dell’esteriorità di una presunta follia originaria rispetto ai meccanismi di produzione del soggetto (normale e anormale). Secondo me una delle grandi innovazioni di Foucault è proprio l’aver mostrato che anche il soggetto anormale è prodotto dai dispositivi di potere/sapere, e che il “marginale” è un mito da cui bisognerebbe liberarsi in fretta. E questo è *superattuale*.

    Poi, non scordiamoci che uno degli obiettivi della Storia della Follia era epistemologico. Come ha sintetizzato Georges Canguilhem, il “relatore” della tesi di Foucault: l’origine dello sguardo oggettivo della ragione sulla follia, così come sull’anormalità, ha a che vedere con la paura. Questa paura sociale e politica della follia è una prima messa a distanza che permette al discorso scientifico si mettere a fuoco la follia e la devianza come oggetto. Questa messa a distanza che permette la formazione di un oggetto scientifico è una delle lezioni più radicali del libro.

  11. Vabbe’, se rileggessi i commenti prima di postarli eviterei i refusi. Pardon

  12. @eveblisset
    Sul potere del farmaco, mi è capitato di confrontarmi con una specializzanda in psichiatria, che come per scrollarsi un pò di colpe di dosso, mi ricordava come fossero le persone per prime a richiedere i neurolettici.
    In una società dominata dalla cultura del benessere dove l’imperativo sociale è godere, i soggetti reclamano una “pillola magica” per qualsiasi cosa, piuttosto che affrontare, magari inciampando, la propria divisione.
    La colpa, diceva Lacan, è di cedere sul proprio desiderio.

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