di Wu Ming 5
Ed ho aspettato che la notte arrivasse
e che la luna illuminasse un muro
ed ho scritto grande come il mio cuore
una scritta che spiccasse sul sole.
Klaxon, Libero
Siamo nati al centro del Novecento. Abbiamo sempre cercato di spingerci fuori, più lontano, più in alto di quel punto: ora dobbiamo esercitare il massimo dell’impegno, affilare una disciplina efficace, per non ritrovarci uomini del secolo scorso. Occorre imparare di nuovo, riprendere in mano i libri, riportare il culo in strada. Quest’epoca costringe all’efficacia, perché il tempo manca: se non comprendessimo bene questo punto, tradiremmo il lascito umano, spirituale e intellettuale di Valerio Marchi.
Il primo disco che comperai furono i Ramones. Mi piaceva il rumore sordo delle chitarre, i pezzi che andavano da un punto all’altro con precisione, diretti come frecce, l’attitudine di quella gente ritratta in copertina, solo pochi anni più anziana di me, il bianco e nero, quattro tizi appoggiati a un muro. Attraverso il punk rock compresi che il disagio urbano, lo stimma sociale che ti si incolla addosso perché vieni dalla parte sbagliata della città, dagli strati sociali non alti & non medi poteva essere coltivato, appuntito, affilato e reso un’arma retorica, un punto di vista efficace. Allora mi misi addosso un paio di occhiali che non mi sono più levato: cambiano le diottrie e la montatura, ma il mondo oltre le lenti è sempre quello.
Dopo ci furono la musica nera, lo ska, il reggae, il soul; e l’idea di stile, declinato con precisione, con attenzione marziale. Io venivo da lì, da quelle strade di una Bologna trascorsa, e Valerio Marchi non fece fatica a incontrarmi. Una volta mi raccontò della prima volta che aveva visto gli skinheads, a Londra, in un anno che poteva essere il 1977 o il 1978, e mi chiese se ricordavo il perché ero diventato skin.
Dal tetto del condominio di Valerio potevamo guardare attorno. Era un giorno di inizio estate, più o meno come questi. Io non avevo una risposta precisa a quello che mi aveva chiesto. Era una sensazione lontana, ma ancora chiara, in fondo al cuore e al cervello, e risuonava con quello che vedevo: una città che non era la mia, ma che avrebbe potuto esserlo. La periferia di Roma: la sua estensione, la sua profondità abissale, le altezze.
Mi venne in mente un pezzo dei Klaxon, Libero. Un sogno urbano, un’esperienza che molti di noi hanno fatto, e che ci vede vagare in una città appena distorta, sovrapponibile a quella del tempo di veglia, ma più appagante, più bella.
La nostra idea di libertà era dentro una città, era il sogno di una città diversa. Ne parlammo a lungo, cercando di capire l’uno dalle parole dell’altro che cosa ci spingesse in strada, quale malessere cercassimo di colmare.
Finimmo per parlare della conoscenza del territorio attorno a casa, simile a quella che avevano i bambini della nostra generazione, quelli che stavano in strada dieci ora di fila, quelli che conoscevano palmo a palmo le vie, i cortili, ogni albero, ogni nascondiglio, ogni scorciatoia, e, più importanti di tutti, i buchi nelle reti: ogni luogo una storia, un connotato affettivo, un carattere.
Questa conoscenza Valerio l’aveva trasportata sulla metropoli, che è l’unico luogo in cui pensavamo valesse la pena vivere.
Ora che il tempo passa, la nozione della gravità di quest’assenza è precisa. Il lascito di Valerio è imponente, dal punto di vista intellettuale, umano, stilistico. Ma non occorre essere intimiditi, non serve il timore reverenziale. Quello che Valerio ha lasciato dietro di sé è esattamente come lui: un amico spirituale che pone problemi, che indica direzioni, che interroga il presente, che ti porta a guardare da vicino i luoghi del reale, del conflitto che non si estingue e non si estinguerà.
Noi siamo ancora qui, e proviamo con i nostri mezzi a continuare quel che Valerio Marchi ha interrotto troppo presto.
***
VALERIO: IL TUO SAPERE, LA NOSTRA VITA
Roma via dei Volsci giovedi 1 e venerdi 2 luglio 2010
Dibattiti, video, DJ set per ricordare Valerio Marchi
(Storico, skinhead, ultrà della Roma, studioso del conflitto,
fratello dei ragazzi di strada)
1 LUGLIO: ORE 18.00 DIBATTITO
“Skins & Punks: storie ed aneddoti dalle sottoculture”
Introduce: Duka (Scrittore)
Intervengono:
Marco Philopat (Scrittore, giornalista, editore)
Wu Ming 5 (Scrittore e musicista)
Guido Caldiron (Giornalista e scrittore, esperto di destre europee radicali)
A seguire proiezione dei video:
“Goodbye Skinhead Girl” di Sharon Woodward
“L’estrema destra Europea” intervista a Valerio Marchi
“Video in memoria del Patata”
Durante la giornata e a seguire DJ set:
Bravi Ragazzi San Lorenzo
Manlio & Melody Roots
2 LUGLIO: ORE 18 DIBATTITO
“La Controcultura Ultrà fra antagonismo e repressione”
Introducono:
Emanuela Del Frate (Giornalista)
Marco De Rose (Responsabile della Libreria Internazionale, sociologo di strada e militante del gruppo ultrà Rebel Fans Cosenza)
Intervengono:
Lorenzo Contucci (Avvocato, webmaster del sito asromaultras.org)
Claudio Dionesalvi (Insegnante, media-attivista e ultrà del Cosenza)
Andrea Ferreri (Ultrà del Lecce, autore del libro “Ultras: i ribelli del calcio”)
Matteo Zangrando (Sociologo di strada e militante del gruppo ultrà “A sostegno di un ideale Veneziamestre”)
Paolo Foca (Fedayn Roma)
Tonino Torello (Curva Est Ternana)
Vincenzo Abbatantuono (Scrittore, ultrà juventino, curatore di ultrasblog.biz)
Antonio Argentieri (ultrà del Catanzaro curatore del sito terramara.it)
E numerosi altri rappresentanti di varie realtà ultrà nazionali.
A seguire proiezione dei video:
“Corteo: No alla Tessera del tifoso
“Football” intervista a Valerio Marchi di Margine Operativo
“3°Memorial Amici Scomparsi” de Gli Ultimi della Classe
“Presa della parola” video contro la repressione ultrà, autoprodotto da ultrà romanisti
(il progetto Nonplusultras ha autoprodotto anche il libro: “Barcollo ma non mollo”)
“La controcultura ultrà con il Sud Ribelle” di Marko RebelFans Cosenza
“El stadio del Bae” dell’associazione Futbol Rebelde
Video Autoprodotti d’archivio inediti
“Cucs: le immagini del tifo dello storico gruppo di ultrà della Roma
Durante la giornata ed A seguire Dj set:
Bravi Ragazzi San lorenzo
Manlio & Melody Roots
In entrambe le giornate saranno presenti gli autori dei video.
Durante l’iniziativa in funzione: Trattoria, Birreria, Stand gastronomici, Infoshop Libreria Internazionale e materiale autoprodotto.
Libreria Internazionale San Lorenzo, Savoirfaire Roma,
Spazio Sociale 32, Associazione culturale Volsci 33, RASH Roma, Patria Socialista, Indieco San Lorenzo, ESC atelier occupato.
GLI AMICI DI VALERIO
Nabat, Tempi nuovi (5’40”)
Nabat, Tempi nuovi (5’40”)
Ci manca Valerio, e tanto. A me manca la sua libreria pugliese, “La capa gira”, così insolita e fuori luogo per un contesto piccolo piccolo come quello in cui era nata. Mi mancano i consigli letterari, i suggerimenti e le chiacchierate infilate tra le pagine di un libro. Inutile dire che quella libreria non c’è più, e che quel vuoto difficilmente verrà colmato.
Sono stato solo una volta alla libreria “La Capa Gira” di Polignano e quella è stata l’unica volta nella quale ho visto e scambiato qualche parola con Valerio, scomparso pochi giorni dopo. Avevo letto qualcosa di lui e della sua “anomala” libreria e avevo deciso di visitarla insieme a mia moglie. In libreria c’eravamo noi, Valerio e una donna che, presumo, fosse sua moglie. Ricordo che gli sguardi si sono spesso incrociati, che Valerio ha sorriso quando ha notato il mio interesse per le pubblicazioni sul calcio ed i tifosi inglesi e, ne sono sicuro, era pronto ad “assistermi” nella consultazione dei testi, ma, forse per non sembrare invadente, non è intervenuto, nè io, forse per timidezza, ho sollecitato il suo intervento. Ma sapevo che sarei tornato in quella libreria e avrei scambiato “quattro chiacchiere” con Valerio su temi a lui, ma anche a me, cari. Purtroppo, ciò non è avvenuto: Valerio è scomparso e, con lui, è scomparsa la sua libreria. Mi ricorderò di lui e parlerò di lui a coloro che non lo conoscono. A ricordarmi la libreria, oltre ai libri che ho comprato quel giorno, c’è il sacchetto di carta con l’adesivo della libreria (col disegno del tre-ruote) che conservo gelosamente.
Sono passati quattro giorni dall’iniziativa dedicata a Valerio Marchi e ancora ne sono letteralmente “piena”. Valerio era un libraio, è vero, lo si può definire anche sociologo o storico, ma era, per me, soprattutto un intellettuale di strada. Ho divorato i suoi libri e ogni volta che li rileggo ne scopro nuove sfaccettature, apprezzandone la semplicità e la chiarezza. E il suo modo di parlare a tutti, evitando di salire su quei piedistalli intellettuali che tanto allontano le analisi dal reale che pretendono di narrare e spiegare. Valerio Marchi ha vissuto a lungo sulla strada, e sulla strada, in mezzo alla sua gente, meritava di essere ricordato. Skins, punks, ultras, teppisti, scrittori, lettori, randagi metropolitani, “coatti” di quartiere, soggettività conflittuali di ogni tipo ed età. “Una folla di Franti”. Era questa la gente di Valerio, la stessa che si è riversata davanti alla sua prima libreria, in via dei Volsci a Roma. Un’alchimia di soggettività talmente diverse che ancora oggi non smetto di stupirmi dell’armonia che hanno saputo generare. Sono materialista, ma devo dire che è un miracolo se mi ritrovo qui, seduto al fianco di uno del Catanzaro. Un miracolo che solo Valerio poteva far accadere. E’ più o meno questo il tono di uno degli ultimi interventi della giornata, dedicata alla controcultura ultras, e rende bene l’idea dell’atmosfera che regnava. Immagino che non tutti abbiano vissuto nello stesso modo questa insolita convivenza, ma so che in tanti ci siamo scoperti a guardarci negli occhi trovando affinità immediate quanto inaspettate. Una sensazione forte, che mi è rimasta letteralmente appiccicata addosso. Scrive bene Wu Ming 5, ricordare Valerio non vuol dire solo riprendere in mano i libri, ma anche “riportare il culo in strada”, proprio lì, dove nascono ed esplodono le conflittualità.
“Sono materialista, ma devo dire che è un miracolo se mi ritrovo qui, seduto al fianco di uno del Catanzaro.”
This is pure Dionesalvi :-)
colpito e affondato, era lui:-)
Come ho letto e riletto i libri di Valerio, ora penso e ripenso alla due giorni. E, in particolare, alle emozioni che mi ha dato sentir leggere la lettera scritta da lui, e fino a ora mai pubblicata, che Anna, la moglie, ha regalato ai presenti. Non so definirla diversamente se non dicendo che la trovo di una bellezza inaudita e spero solo che tutti possano avere la possibilità di leggerla. E’ una lettera agli e sugli ultras, è vero, ma Valerio quando scriveva e parlava nn lo faceva solo con qualcuno, ma con tutti coloro che hanno vissuto e vivono sulla strada il conflitto.
E c’è una frase che non riesco a togliermi dalla testa: definisce la curva (la Sua curva) come “un’agenzia di conflitto divertito”. Un concetto che Valerio, a mia memoria, non aveva mai usato prima e che, secondo me, è fondante del nostro essere, anche del mio che ultras non sono.
Il piacere, il divertimento, l’amore, la condivisione… se non perseguissimo collettivamente anche questi obiettivi
la carica conflittuale si esaurirebbe, perché non avremmo un modello di vita altro da proporre.
Lottare, resistere, sarebbe solo sacrificio, retaggio di una cultura cattolica che ci vorrebbe tutti martiri silenziosi…
Ancora una volta, grazie Valerio.
Ecco Riccardo che legge l’inedito di Valerio, la lettera agli ultras:
http://www.wumingfoundation.com/suoni/Wu_Ming_5_legge_Valerio_Marchi_Roma_2luglio2010.mp3
La metteremo anche nel podcast.
valerio ha lasciato in ognuno di noi qualcosa…la due giorni che abbiamo organizzato con sacrifici e passione, riuscendo a fare dell’eterogeneità il cavallo di battaglia dell’iniziativa, è STATA UNA GRANDE VITTORIA. la cosa più interessante è che interagendo con la “strada”, con il luogo privilegiato di chi vive per resistere, per divertirsi, per stare insieme agli altri…siamo riusciti a superare davvero gli steccati sociali che ci circondano.
ed è proprio la strada che unisce tutti noi…ribelli senza tempo, ultras, teppisti creativi, antagonisti, compagni….aveva ragione valerio quando diceva che anche dietro le lotte ci vuole uno scopo ludico…è come dire: la nostra allegria vi seppellirà!
la forza delle controculture sta nelle sue differenze, nella volontà di restare autonomi ma lottare insieme agli altri che subiscono, in egual modo, le nefandezze di un fottuto sistema di potere incentrato sulla logica del profitto.
“siamo un popolo di sognatori…per questo siamo invincibili!”
…e l’anno prossimo, se ancora tutti noi lo vorremo, arriverà il festival sociale delle controculture…ancora rigorosamente in strada, dedicato a Valerio ed a tutti i ribelli che infuocano la società!
ULTRA’: ULTIMO GRIDO DI LIBERTA’!
REBEL FANS COSENZA KAOS CULT
…BELLA VALE’!
@manu
Credo che il valore profondo della due giorni sia proprio l’aver messo in risonanza la vita quotidiana, la strada, la prospettiva ideale, la passione e la condivisione. La semplice gioia di esserci, di essere vivi, per strada, ancora una volta a testa alta. Io ho provato emozioni profonde, che sono insolite, dato che da molti anni coltivo il distacco come valore. Quello che era in strada a San Lorenzo rappresenta per me l’ambito più originario di tutti: gli skinheads, i rude boys, gli ultras, beh, quelli sono e restano la mia gente. Mi ha colpito il livello degli interventi, l’attenzione di tutti, la consapevolezza che quello che si diceva erano pezzi della propria vita, era la realtà. Per parafrasare ancora Claudio Dionesalvi: io sono materialista, e non credo che esista una vita dopo la morte, però è vero che l’energia delle persone vive nelle menti come ricordo, e può ispirare cose molto alte. Il ricordo di Valerio, la sua energia emotiva e intellettuale, ha saputo richiamare, ispirare e motivare moltissime persone. Questa è l’unica forma di immortalità possibile, e in questo senso Valerio è qui con noi, e ci rimarrà.
@ tutti quelli che hanno partecipato all’inizativa, e specialmente ad Anna, Manu, Philopat, Marco, il Duka.
Dopo una settimana, ho provato a fare un punto, ma non è che abbia trovato un vero e proprio filo rosso intellettuale. Ho bisogno di ancora tempo. Però vi racconto le ore immediatamente successive, perchè sono il sequel, la conseguenza di Roma.
Tornato a Bologna, riposo un paio d’ore e poi parto con i Nabat per un posto vicino a Modena che si chiama Spilamberto, dove un tempo c’erano i punk, e adesso c’è un festival. Suoniamo dopo un band indie. Salgo sul palco e penso alle strade di San Lorenzo, ai volti delle compagne e dei compagni. Penso per l’ennesima volta a Valerio. Eccomi qui, sul palco. Lunga vita ai ribelli Oi!
Il rumore che produciamo è lo stesso di trent’anni fa. Solo più consapevole, meglio diretto. Il rumore delle grosse arterie di periferia, dei cosiddetti stradoni. Il rumore di via Stalingrado. Il rumore della ferrovia, colto dal ponte della Bolognina. L’odore che manda la nostra musica è ancora quello. Asfalto bagnato. L’umido delle cantine. Piscio e birra.
Poi, all’ultimo pezzo, l’amplificatore mi lascia. Come il Vox AC30, il Fender Blues DeVille “ha un gran suonazzo” , “fa una gran tubana”(questo è il gergo dei rocker bolognesi, fermo agli anni ’70, specie per quelli della mia età!), ma non è affidabile.
Questo vuol dire qualcosa, lo sento. Perché scelgo amplificatori poco affidabili? Perché scelgo di camminare sempre sul filo di un rasoio?
Così il giorno dopo mi sveglio di buon’ora, e scelgo di camminare per ore, in una lunga deriva urbana. Serve a chiarire le idee. Perché scelgo amplificatori poco affidabili, e perché non riesco a dare voce a quello che provo ora? Taglio la città addossata ai colli, da San Ruffillo alla Croce di Casalecchio. Cammino, mi impregno di rumori, gas di scarico, esalazioni d’asfalto bollente, odore di gomma: tutto molto simile alla musica dei Nabat. Guardo la città dal punto di vista più basso, quello di chi si muove a piedi. Mi muovo con una gran voglia di apprendere e di conoscere, perché questo posto che è Bologna, in realtà, non lo conosco più. Valerio mi ha tirato su la fotta della strada. Passando, cerco di capire i contesti, le dinamiche, i volti. Cerco nella testa parole da scrivere per segnare i due giorni di Roma, e trovo solo vecchi versi di vecchie canzoni. Che altro c’è da dire? Le nostre vite sono connesse dalle scelte che abbiamo fatto, da un’affinità originaria, siamo ancora qui, convinti che è possibile cambiare qualcosa, persino adesso, persino in Italia, nella decadenza stolida di luoghi come Bologna, nel consunto impero della merce, in questo tempo dove governa la paura.
Mandavano un documentario sulle skinhead girls, venerdì scorso in Via dei Volsci. Ho pensato che il mondo sarebbe peggiore senza lo stile che abbiamo contribuito a creare, senza la rabbia che abbiamo saputo affilare e senza l’orgoglio che in molti hanno saputo mantenere. Guardo Anna e glielo dico, quello che sto pensando. So che lei capisce. Se Valerio fosse qui, sarebbe il punto di partenza per una lunga analisi. O forse solo per una pacca sulla spalla e una bevuta.
Sarà perché non brucio di passione per il calcio o forse perché mi bastava lottare da lunedì al sabato con i miei coetanei razzisti e destrorsi dell’ITIS Scalfaro tifosissimi del Catanzaro che non sono andato a vedere una partita al Ceravolo e non ho mai preso in considerazione il movimento Ultras.
Per me gli ultras giallorossi cercavano lo scontro con la polizia, la gdf, solo per misurarsi; si definivano ribelli (ricordo un gruppo: south rebels) ma alla fin fine ammiravano la divisa. Molti di loro dopo il diploma ha fatto “domanda” nei carabinieri, polizia, gdf, esercito.
Non sono mai andato oltre questa constatazione.
Grazie al libro “Il derby del bambino morto” posso riconoscere la mia superficialità di lettura di un fenomeno che è molto di più, che è meta-politico come scrive Valerio.
Grazie Valerio.
PS: durante gli anni universitari a Cosenza (città che amo a differenza di Catanzaro) ho riso con i miei amici rossoblu del fatto che fossi (secondo loro) “unu togo ppè essa unu ‘i catanzaro”.
oggi è un giorno particolare: sono passati 4 anni dalla scomparsa del buon Valerio..un vecchio swkinheads, un ultras old style, un motore creativo di controcultura e passione, una figura importante per il percorso valoriale di molti di noi…di quelli che in un modo e nell’altro, seppur sguazzando in un mare di contraddizioni, hanno deciso di vivere in maniera “antagonista” in questa fottuta società di benpensanti e falsi moralisti.
Valerio ha spezzato delle catene, o ancora x parafrasare Claudio D., Valerio ci ha aiutato a scavalcare quei “muri” che troppo spesso ci dividono: sono i muri, le barriere dl potere costituito, costruite ad arte dai menestrelli di corte e dai giullari dei padroni, sono i preconcetti, gli stereotipi, le divisioni all’interno del “movimento”…sono le cose che non ci fanno andare avanti, che ci arrestano la corsa verso la Libertà, verso la Vittoria.
E Valerio Marchi, a distanza di 4anni dalla sua prematura scomparsa ha fatto ancora un miracolo: in quei due giorni, 1 e 2 luglio, ci ha unito, ci ha messo insieme, in strada, nella piazza reale, nel coacervo fobico delle diversità, ci ha unito, ha unito sigle e persone distanti per precorsi e propensioni, unendole simbolicamente e concretamente per quella che oggi chiamiamo “condivisione dei saperi”. Cosa sarebbe una forza controculturale se restasse rinchiusa nel suo “ghetto”? cosa saremmo noi ultras se continuassimo a “cantarcela” da soli?La soluzione o il problema?….Bisogna “uscire dal ghetto e rompere la gabbia” per aprire percorsi nuovi, per”creare ed autorganizzare la nostra rabbia”, per confrontarci e crescere, per continuaread imparare sbagliando ed a sbagliae imparando. Nella società di oggi, nel regno del controllo e della repressione, nella civiltà del grande fratello, in questo contesto che si ciba di ondate scuritarie e di “moral panic”, nella spettacolarizzazione del “folk devils”, oggi più che mai una sfogliata ai libri di Valerio mi è servita per trovare delle vie d’uscita, forse non delle vere e proprie risposte, ma delle spiegazioni, dei cerchi concentrici che si aprono e si chiudono logicamente. E’ la voglia di stare insieme, di divertirci, di pogare ancora sulla pista, di spingere ed entrare senza biglietto, di saltellare sui nostri gradoni delle curve, di caricare ed alzare le nostre barricate, di rispecchiarsi nel fuoco che brucia le città del potere…E’ la rabbia che scorre nelle nostre vene, è l’ultimo sorso dolciastro di un campari con gin, è l’amaro che scende, sono i brividi che salgono: è la nostra esistenza, fieri e allegri, combattivi e nichilisti, ma non apatici ed arrendevoli!
siamo e saremo il sangue nelle arterie delle metropoli, il vino rosso nelle botti delle cantine umide, la sciarpa al collo legata stretta ed indissolubilmente…nell’anima, nel corpo, nel cuore ribelle di un sognatore!
GRAZIE VALERIO: IL TUO SAPERE E’ LA NOSTRA VITA!
VIVERE ULTRA’ VIVERE, PER CONTINUARE A R-ESISTERE!
Tristezza perchè non ci sei più col tuo classico vocione da romanaccio, gioia per i semi tuoi sparsi che da teneri virgulti diventeranno possenti sequoie.
Grazie di tutto Valè, un abbraccio.