Bengasi, di Augusto Genina, 1942
Ne abbiamo discusso tempo fa su Identica (contiene spoiler)
“Bengasi” e “Cirenaica” sono nomi che in Italia pronunciamo con troppa inconsapevolezza. E invece, prima di farlo, dovremmo lavarci la bocca col sapone. In Cirenaica gli abusi, le ruberie, le deportazioni di massa e i massacri compiuti dal nostro imperialismo sono a monte di una lunga catena di eventi che, serpeggiando, si allunga fino alle ultime 48 ore.
A Bologna, “la Cirenaica” è un rione della prima periferia est, diviso a metà da Via Libia, e chissà in quante altre città la toponomastica ricorda i tempi in cui la Libia era “nostra”.
Nel 1911 festeggiammo il cinquantenario dell’Unità d’Italia invadendo quelle terre; solo vent’anni dopo terminammo di “riconquistarle”; dieci anni dopo le riperdemmo (ma nel ’42 il film di Genina terminava con un auspicio che oggi è diventato un “what if”).
Durante il governo Berlusconi, con uno sconcio trattato, abbiamo trasformato la Libia nel gendarme/carceriere di migliaia di migranti, gente da fermare prima che attraversasse il Mare nostrum.
Appena l’anno scorso abbiamo festeggiato il centocinquantenario dell’Unità d’Italia – nonché il centenario della prima invasione – unendoci ai bombardamenti NATO, e in fondo tutto torna: nel 1911 la Libia fu la prima terra a essere bombardata dal cielo, e a bombardarla fummo noi. Erano ancora tempi lo-tech e le distruzioni avvenivano un po’ alla buona, coi piloti che lanciavano bombe a mano sui bersagli. Cento e uno anni dopo, a Bengasi arrivano i droni, lo ha annunciato Obama. I droni. Se non è progresso questo…
Ma non siamo gli unici a festeggiare gli anniversari e a giocare col numero 11: 11 settembre 2001, 11 settembre 2012, 11 anni. In Libia, tutta la merda riparte daccapo. Sempre. E l’Italia, come ha sempre fatto dal 1911, troverà il modo di sguazzarci.
Non solo abbiamo rimosso gran parte di questa storia (ben venga il finale di Bengasi a riassumerla in un’unica, potente immagine!), ma dedichiamo vie, parchi e sacrari agli sterminatori che allagarono la Libia di sangue.
Unire quel che appare diviso: ciò che succede ad Affile ha molto a che fare con ciò che succede a Bengasi. Non aver fatto i conti con quel che l’Italia fece a Bengasi ha prodotto lo scempio di Affile. Se non analizziamo lo scempio di Affile e non gli diamo la dovuta importanza, non capiremo nemmeno cosa ci lega, ancora e nonostante tutto, ai destini di Bengasi e della Cirenaica.
Aggiungiamo che i droni in questione per tutta l’estate hanno “invaso” i cieli della Sicilia e da li partono per le missioni nell’area mediterranea e mediorientale e abbiamo un altro tassello inquietante a dimostrare che tutto torna.
Un articolo del 12 giugno scorso su Peacelink già ne parlava: http://bit.ly/SeHuN6
E visto che giornali quali il Corriere della Sera scrivono cose di questo tipo – “deciso l’impiego dei «cecchini del cielo» senza pilota” – vale la pena leggere questo recente post di Mazzetta http://bit.ly/QZTXne
Qui “Il leone del deserto”, 1981, integrale e in italiano.
Con Anthony Quinn, Oliver Reed, Rod Steiger, Raf Vallone, Gastone Moschin, John Gielgud, Irene Papas.
Regia di Moustapha Akkad.
Consigliato vederlo subito prima o subito dopo “Bengasi”.
Il leone in gabbia. Storia e vicissitudini del film The Lion Of The Desert – di Claudio Tosatto, 2004 (PDF)
Mazzetta – Non c’è nessuna “rivolta islamica”
http://mazzetta.wordpress.com/2012/09/15/non-ce-nessuna-rivolta-islamica/
Ricordiamo che “Il leone del deserto” fu censurato (e lo è tutt’ora) in Italia perché “offensivo per le forze armate”. Perché in Italia raccontare la verità storica è un’offesa.
Non lo si ricorderà mai abbastanza… anche perché la stragrande maggioranza delle persone ne è totalmente all’oscuro. Su YouTube, in calce al video (lo abbiamo caricato noi, perché tutto intero non c’era) abbiamo messo una linkografia molto “basic”, ma da lì si può approfondire. Invito chiunque a scaricare il pdf proposto in uno dei commenti qui sopra “Il leone in gabbia”. E’ una tesi – credo di laurea specialistica, anche se non è indicato – che ricostruisce tutta la vicenda del film e della sua ricezione (o non-ricezione) in Italia.