#Bologna, la scuola pubblica, la suicidarietà della sinistra

La scuola parificata

 di Wu Ming 4 | Appunti intorno al referendum sul finanziamento delle scuole paritarie

1. PRENDERLA ALLA LARGA, OVVERO: PARADOSSI DI BASE

«Le cose viste dall’alto fanno sempre meno impressione.»
Per un pugno di dollari, 1964

C’era una volta la Sinistra, che pensava cose di sinistra e che sulla propria carta d’identità avrebbe potuto scrivere all’incirca questo:
«In politica, “Sinistra”  descrive una prospettiva o posizione specifica che accetta o appoggia l’eguaglianza sociale. Solitamente, ciò comprende una preoccupazione per quanti, nella società, siano svantaggiati rispetto ad altri, e il presupposto che esistano disuguaglianze ingiustificate (che la destra invece ritiene naturali o giustificate dalle tradizioni) che andrebbero ridotte o abolite.» [dalla voce “Left-wing” di Wikipedia]
La Sinistra – in tutte le sue varie correnti e sfumature – ha l’idea d’eguaglianza tra i suoi pilastri filosofici e culturali. Per questo ha sempre ritenuto fondamentale conquistare e garantire l’istruzione pubblica universale. Perché tutti avessero a disposizione gli strumenti di conoscenza basilari, perché potessero ottenere le nozioni e le capacità per affrontare il mondo e guadagnare consapevolezza di sé.

Non solo. Nel corso della sua storia – dalla Rivoluzione Francese in avanti – la Sinistra è giunta a concepire una scuola pubblica, laica, inclusiva, che garantisse la convivenza tra individui differenti per attitudine, provenienza, religione, situazione economica – con eguali diritti e parità di trattamento. Insomma la scuola come palestra di convivenza civile tra diversi.
Questa idea è radicata nella visione del mondo di Sinistra, che qui potremmo molto genericamente definire “socialista”, e si distingue dall’idea dell’istruzione pubblica concepita invece dalla visione del mondo che definiremo altrettanto genericamente “liberale”. Quest’ultima prevede che lo Stato debba sì garantire l’istruzione pubblica a tutti, ma accettando a questo fine anche l’apporto dei privati cittadini, liberi di organizzare la propria scuola e di vederla inserita organicamente nel sistema scolastico nazionale, purché soddisfi gli standard educativi stabiliti dall’autorità pubblica. In altre parole: nel primo caso lo Stato si impegna a costruire un modello scolastico pubblico uguale per tutti e a esso riserva le risorse finanziarie, mentre lascia liberi i privati di costituire scuole con denaro privato; nel secondo caso lo Stato stabilisce dei parametri in base ai quali, oltre a finanziare la scuola pubblica, riconosce e finanzia anche le scuole private, cioè che corrispondono a orientamenti specifici (siano essi pedagogici o confessionali).

Storicamente parlando, il primo modello ha generalmente trovato maggiore corrispondenza nelle società europee continentali, mentre il secondo in quelle anglosassoni.
Capita però di trovarsi in presenza di sistemi ibridi, in cui i due modelli si intersecano. E’ il caso dell’Italia. L’ordinamento scolastico repubblicano è stato improntato al primo modello fino al 2000, anno in cui la Legge 62 ha riconosciuto le scuole paritarie private come parte del sistema scolastico nazionale.

Questa legge ha almeno due caratteristiche curiose. La prima è che è stata varata da un governo di centrosinistra, e in particolare da un ministro dell’istruzione esponente di un partito di sinistra. La seconda è il plateale paradosso contenuto al comma 3, nel quale si afferma che

«le scuole paritarie, svolgendo un servizio pubblico, accolgono chiunque, accettandone il progetto educativo, richieda di iscriversi, compresi gli alunni e gli studenti con handicap. Il progetto educativo indica l’eventuale ispirazione di carattere culturale e religioso. Non sono comunque obbligatorie per gli alunni le attività extra-curriculari che presuppongono o esigono l’adesione ad una determinata ideologia o confessione religiosa».

Il paradosso consiste nel fatto che se per chiedere l’accesso a una scuola paritaria bisogna accettarne “il progetto educativo”, cioè “l’eventuale ispirazione di carattere culturale e religioso”, non si capisce come sia possibile poi essere esonerati dalle “attività extra-curriculari” di tipo ideologico o confessionale. Come se un genitore iscrivesse i figli a una scuola di orientamento religioso per poi chiedere l’esonero dall’ora di religione.
Tale paradosso è il frutto dell’ibridazione, appunto, tra la concezione laica e pubblica dell’istruzione e la concezione “sussidiaria”, che in Italia fa riferimento alla dottrina sociale della Chiesa cattolica, piuttosto che al liberalismo anglosassone.

Ma occorre ampliare l’analisi del paradosso, perché la faccenda è più complessa di così. Il problema non riguarda solo la laicità o meno di una scuola che riceve fondi dallo Stato. Nella scuola pubblica infatti è già possibile avvalersi dell’insegnamento della religione cattolica, a dimostrazione del fatto che lo Stato italiano, per motivi storici e culturali, considera importante, ancorché non imprescindibile, dare l’opportunità ad alunni e studenti di conoscere i fondamenti di quella particolare confessione religiosa.
E’ evidente quindi che chi sente il bisogno di una scuola paritaria di orientamento cattolico è invece interessato a una formazione più strettamente confessionale. Allo stesso modo qualcun altro potrebbe essere interessato a un altro tipo di formazione religiosa; o a un modello pedagogico diverso da quello offerto nella scuola pubblica, come ad esempio quello steineriano, o magari quello “personalizzato”, che prevede classi divise per genere: maschi con maschi, femmine con femmine. O ancora, un genitore potrebbe volere che i figli vengano cresciuti in base a determinate idee, valori etico-culturali che non vede rispecchiati nella scuola pubblica.

Da un lato dunque si lavora all’edificazione di una scuola pubblica pluralista, aperta a tutti, e si continua ad affermare come valore positivo la capacità di condividere spazi e momenti di vita, di apprendimento e confronto, tra individui diversi per formazione e provenienza sociale, senza che debbano necessariamente condividere la stessa “ispirazione di carattere culturale o religioso”; dall’altro lato si includono nel sistema pubblico istituti che non applicano il medesimo principio. Si potrebbe dire che mentre la scuola pubblica va nella direzione dell’interculturalismo, le scuole private paritarie realizzano il multiculturalismo. Il condizionale però è d’obbligo, perché in realtà, considerando che la stragrande maggioranza delle scuole paritarie in Italia è d’ispirazione cattolica, ciò che si realizza è l’assegnamento di una fetta sempre più grossa dell’istruzione pubblica (attualmente il 26%) alla scuola monoconfessionale.

Va detto che l’opzione privata paritaria si basa su un’idea molto accattivante: quella che ogni famiglia possa avere un servizio scolastico pubblico tarato sulle proprie esigenze. Ciò che si vorrebbe avere a disposizione è una scuola che alla differenza prediliga l’identità (etica, culturale, religiosa, di censo). E questa garanzia dovrebbe fornirla lo Stato attraverso i finanziamenti e l’integrazione di tali scuole nel sistema d’istruzione pubblica. L’intenzione è quella di mettere i figli a contatto non già con l’alterità e la molteplicità, ma con un contesto che confermi e rafforzi senza dubbio il bagaglio culturale della famiglia. Invece di uno spazio aperto, laico, diversificato, si vuole uno spazio delimitato e sicuro. Uno spazio privato non già accanto, bensì all’interno del sistema pubblico.
Integrando questa pretesa nel sistema scolastico pubblico, attraverso la sussidiarietà, lo Stato italiano disfa con una mano quello che costruisce con l’altra.
Ecco il paradosso vero – ed enorme – dell’attuale sistema ibrido.

Il paradosso esplode quando, complici i tagli statali alla spesa per l’istruzione pubblica e il “patto di stabilità”, capita ad esempio che la scuola dell’infanzia non sia più garantita a tutti. In quel caso, quando i bambini e le bambine che avrebbero il diritto di frequentare la scuola pubblica restano fuori, qualcuno inizia a chiedersi perché in un frangente del genere si debba continuare a finanziare allo stesso modo la scuola privata paritaria, mentre si riducono i fondi a quella pubblica, e non si debba invece fare esattamente il contrario.
Si pone, com’è evidente, un problema di scelte politiche, che a loro volta chiamano in causa visioni diverse della scuola, della formazione, e forse anche del vivere associato.
E’ quello che sta succedendo a Bologna, la città in cui viviamo. L’episodio è tanto più interessante perché accade qui, in un luogo dove l’istruzione pubblica ha una fortissima tradizione.


2. BONONIA FELIX

«Cominciò dunque una battaglia che nessuno si aspettava; venne chiamata Battaglia dei Cinque Eserciti, e fu tremenda. Da un lato, Orchi e Lupi Selvaggi; dall’altro, Elfi, Uomini e Nani.»
Lo Hobbit, 1937

Dopo la mannaia dei tagli alla scuola pubblica calata dagli ultimi governi, il sistema delle scuole comunali e statali in città inizia a scricchiolare forte. Molti plessi scolastici sono costretti ormai a richiedere in maniera organica un obolo volontario alle famiglie per coprire alcune spese basilari; il personale scolastico scarseggia; gli incastri e le turnazioni tra i docenti per garantire la copertura dell’orario sono sempre più acrobatici; le rette di nidi e materne aumentano.
Si può dire che in una città abituata a uno standard alto nei servizi e nell’istruzione per l’infanzia, il vaso è traboccato quando, un mese fa, alla ripresa dell’anno scolastico, quattrocento bambini sono rimasti senza posto alla scuola materna. Taglia e taglia, finisce che qualcuno resta fuori, e la libertà di scelta di un genitore si riduce a tenere i figli a casa oppure iscriverli a una scuola privata paritaria aderendo al “progetto educativo” che passa il convento (è il caso di dirlo), pagando pure di più.

Non ci voleva un genio per capire che si sarebbe arrivati a questo. Bastava leggere le tendenze demografiche, migratorie, economiche in atto da anni.
Non c’è da meravigliarsi dunque se a fronte di tutto questo, nel 2011 è nato un comitato di cittadini che chiede di potersi pronunciare su un particolare aspetto delle politiche dell’amministrazione: i finanziamenti alle scuole private paritarie.
Ai tagli alla scuola pubblica calati direttamente o indirettamente dall’alto non è corrisposta una diminuzione della quota di finanziamento comunale alle scuole private, che anzi nel corso degli anni è aumentata. Attualmente ammonta a poco più di un milione di euro annui.
Il comitato di cittadini in questione, che si chiama Comitato Articolo 33, ritiene che i bolognesi dovrebbero esprimersi su questo con un referendum consultivo.
In particolare, i promotori del referendum credono che se i soldi scarseggiano, sia più utile – oltre che più conforme all’articolo 33 della Costituzione, appunto –  investirli tutti nella salvaguardia degli standard della scuola pubblica, piuttosto che in quella privata paritaria.

Quando c’era ancora la Sinistra, un’argomentazione del genere non avrebbe destato alcuna sensazione, anzi, sarebbe stata considerata l’ABC della grammatica politica.
Oggi non è così. Cosa resti di quella visione di sinistra, al di fuori dei libri di storia e delle memorie di chi l’ha conosciuta, è difficile dirlo se ci si guarda intorno. Un trentennio di offensiva liberista e neoconservatrice ha scavato solchi profondi nella psiche collettiva, ha plasmato menti, atrofizzato cervelli, accomodato coscienze, saldato interessi. Al punto che forse proprio la battaglia in difesa dell’istruzione pubblica potrebbe diventare la cartina al tornasole per capire chi ancora riesce a fare riferimento a una cultura e a una visione del mondo di sinistra e chi invece si è perso nei meandri del disastro che abbiamo alle spalle e che ha prodotto il baratro su cui ci troviamo.

E’ interessante notare quale confine la campagna referendaria abbia tracciato tra (e dentro) le forze politiche cittadine.
Tra coloro che si dichiarano fermamente contrari al referendum si contano:
– l’amministrazione comunale e in primis il Sindaco (il quale l’anno scorso, al presidio contro i tagli alla scuola pubblica, affermava che prima di ogni decisione in merito di finanziamenti ci sarebbero state “modalità di partecipazione” e oggi attacca i referendari accusandoli di essere demagogici);
– il principale partito di maggioranza (PD);
– i partiti di centrodestra (che hanno promosso un comitato anti-referendum);
– la Curia e le associazioni cattoliche;
– la FISM (Federazione Italiana Scuole Materne… Cattoliche);
– i vertici della CGIL, la CISL, la UIL;
– entrambi gli assessori di SEL (una dei quali, ex-candidata di SEL alle primarie del centrosinistra cittadino, attivista cattolica, l’anno scorso appoggiò il referendum, per poi fare dietrofront giusto l’estate scorsa)

Tra i sostenitori del referendum troviamo invece:
– i partiti minori della maggioranza (i consiglieri di SEL, IdV);
– la Federazione della Sinistra;
– il Movimento 5 Stelle;
– il PCdL;
– la FLC-CGIL (che è tra i promotori);
– la FIOM-CGIL (idem);
– l’USB;
– i Cobas;
– i CUB;
– la Chiesa Metodista;
– l’UAAR (Unione degli Atei e degli Agnostici Razionalisti);
– svariate associazioni politiche o legate al mondo scolastico (genitori, insegnanti, lavoratori precari del settore).

Da una parte troviamo istituzioni, Chiesa, parrocchie, forze politiche di centrodestra, apparati di partito e sindacali; dall’altra cittadini autorganizzati (di varia provenienza, tra cui anche esponenti del PD), lavoratori, partiti e sindacati minori, o singole categorie sindacali.
Cartina al tornasole, dicevamo.
E aggiungiamo che la cittadinanza bolognese sta rispondendo positivamente alla chiamata: in poche settimane è già stata raccolta più della metà delle firme necessarie per indire il referendum.
E’ chiaro che per qualcuno il referendum è come fumo negli occhi, almeno quanto è chiaro che questa vertenza si combatterà a sinistra. Ovvero tra le macerie psichiche e politiche della Sinistra che fu.

Che ci sia o meno sproporzione di forze

3. FUOCO DI FILA

«Ma Osgiliath si trovava fra di loro, e fu abbandonata, mentre le ombre ne occupavano le rovine.»
Il Signore degli Anelli, 1954

A conti fatti è interessante passare in rassegna le argomentazioni con le quali i detrattori “di sinistra” del referendum attaccano i suoi promotori.

La prima accusa al referendum è che sarebbe “ideologico” e il quesito “fuorviante”; di conseguenza non promuoverebbe una “vera democrazia”, bensì “ginnastica ideologica” [Assessore alla Scuola del Comune di Bologna].
La sintassi del quesito in effetti non brilla per chiarezza (come del resto in quasi tutti i quesiti referendari):

«Quale fra le seguenti proposte di utilizzo delle risorse finanziarie comunali, che vengono erogate secondo il vigente sistema delle convenzioni con la scuola d’infanzia paritaria a gestione privata, ritieni più idonea per assicurare il diritto all’istruzione delle bambine e dei bambini che domandano di accedere alla scuola dell’infanzia?
a) utilizzarle per le scuole comunali e statali
b) utilizzarle per le scuole paritarie private.»

La formula è involuta, ma in definitiva ci viene chiesto di esprimerci su quale sia la “più idonea” tra due opzioni rispetto al diritto all’istruzione dei bambini: finanziare la scuola pubblica o quella privata paritaria.
E’ chiaro che se per qualcuno credere nel primato della scuola pubblica è una posizione ideologica allora sì, il referendum e il quesito lo sono, almeno quanto lo è la Costituzione della Repubblica Italiana, che all’articolo 33 recita:
«…Enti e privati hanno il diritto di istituire scuole ed istituti di educazione, senza oneri per lo Stato.»
Se per certi amministratori ispirarsi ai principi costituzionali è essere “ideologici”, e chiamare in causa la cittadinanza per dare un parere d’indirizzo sulle scelte dell’amministrazione non è vera democrazia, questo la dice lunga su quale idea di politica e di democrazia costoro condividano.

La seconda accusa mossa ai promotori è che il referendum costerà cinquecentomila euro all’erario comunale. Come a dire che con i tempi che corrono questo sì sarebbe un vero spreco di risorse. Da che se ne deduce che per qualcuno è meglio dare ogni anno due volte quella cifra agli istituti privati piuttosto che investirla per fare esprimere la cittadinanza su un tema di interesse generale. Forse è questo che si intende per “vera democrazia”.
Ad ogni modo il Comitato Articolo 33 ha suggerito di accorpare il referendum alle prossime elezioni politiche per abbattere i costi (cosa che si potrebbe fare con una piccola modifica al regolamento comunale). Non resta che auspicarsi che i “veri democratici” abbiano il coraggio delle proprie idee davanti agli elettori.

Tra i detrattori del referendum c’è poi chi (il segretario del PD bolognese) ricorda che il milione di euro dato alle scuole convenzionate private equivale soltanto al 3% del bilancio che il Comune spende per la scuola e che quella cifra consente a 1.736 bambini di avere un posto in una scuola privata convenzionata, alleviando i costi all’erario pubblico, che altrimenti dovrebbe spendere molti più soldi. Il discorso è chiaro: le scuole paritarie – per lo più confessionali – vanno benissimo perché ci tolgono i bambini dalle spese. Questo è l’unico argomento che conta. L’idea di garantire a tutti la scuola materna pubblica non è nemmeno più una priorità politica. Dopodiché è interessante la metafora utilizzata: chiedere ai bolognesi se preferiscono le scuole materne pubbliche o quelle private paritarie sarebbe «come chiedere a un bambino se vuole più bene alla mamma o a uno zio lontano».
Indicativo il paragone tra la cittadinanza e un infante, incapace di riflessione e intenzione politica. Chi discute invece nel merito delle cose ha ben presente che il vero nodo non è economico (va detto che non sarebbe certo il taglio dei finanziamenti comunali a mandare in rovina le scuole paritarie, le quali appunto hanno altre fonti di finanziamento: private, regionali e statali). Questo è emerso chiaramente durante il dibattito pubblico svoltosi il 12 ottobre scorso all’Hotel Europa tra promotori e contrari al referendum. Una cosa su cui entrambe le parti si sono trovate subito d’accordo è che in questa faccenda i soldi non sono la questione più importante e che il nodo vero è la scelta per il modello di scuola, che sta a monte dei finanziamenti.
Detto questo bisognerebbe anche chiedersi chi sia lo “zio lontano”.
Ecco qua un ritratto con un po’ di biografia:


Il potere destituenteVademecum sulle scuole private paritarie (pdf)

Ci si potrebbe chiedere ad esempio:
quanti di quei 1.736 bambini sono stranieri?
L’1,8%, contro il 17,3% nella scuola pubblica. E’ evidente che moltissimi stranieri emigrati a Bologna non possono permettersi le rette della scuola privata paritaria, oltre probabilmente a non condividerne l’impostazione confessionale.
Quanti di quei bambini sono diversamente abili?
Lo 0,7%, contro il 2,1% nella scuola pubblica. E’ chiaro che una scuola paritaria deve accogliere i bambini “certificati”, come stabilisce la legge del 2000, ma se non ha le strutture adeguate o le risorse sufficienti, non ne potrà accogliere che una percentuale minima né si potrà obbligarla ad accoglierne di più.
Quanti tra quei bambini non sono cattolici?
Manca il dato, ma il presentimento è che sia una percentuale possibilmente ancora più bassa delle altre due.
Insomma non è poi così difficile capire a chi volere più bene in un’ottica di salvaguardia del pluralismo e del diritto, anche senza bisogno dei rimbrotti degli zii vicini un po’ suonati…

… e anche delle zie. Secondo una consigliera regionale dello stesso partito di maggioranza il referendum sbaglia bersaglio: non bisognerebbe chiedere al virtuosissimo Comune di Bologna di cambiare indirizzo rispetto al sistema scolastico integrato pubblico-privato, bensì domandare allo Stato centrale di farsi carico dell’aumento delle sezioni scolastiche.
Risulta difficile capire in base a quale principio di schizofrenia politica chiedere una certa linea di condotta allo Stato sarebbe cosa buona e giusta, mentre chiederla al Comune no. Dovremmo cioè protestare contro il governo centrale perché taglia i fondi alle scuole pubbliche e agevola le convenzioni con quelle private, mentre lodiamo il Comune che dà vita a «un virtuoso esempio di sussidiarietà”, applicando alacremente la legge stessa. Si chiede un maggiore intervento statale mentre si porta a modello la sussidiarietà realizzata dal Comune! Siamo al trionfo del biconcettualismo.

Ma ai referendari viene imputato addirittura di aggravare la situazione della scuola. L’ultima accusa – lanciata dal Segretario della Camera del Lavoro – è che il referendum non risolve il problema dei quattrocento bambini rimasti fuori dalle liste scolastiche, «perché se avrà effetti saranno su tempi medio-lunghi, mentre l’emergenza è ora». Per cui «l’attenzione va concentrata su questo problema e non su polemiche per un appuntamento ordinario».
Siamo all’assurdo. Accusare un referendum consultivo su un aspetto della politica amministrativa di non risolvere l’emergenza del momento è un nonsenso logico. Mentre è vero che volere affrontare seriamente l’emergenza potrebbe essere lo stimolo per iniziare a porsi il problema in una nuova prospettiva politica, strutturalmente diversa. Del resto, garantire a quei quattrocento bambini l’accesso alla scuola pubblica e laica è comunque compito dell’amministrazione e dello Stato. Tant’è che il Comune sta cercando di arrabattare una soluzione parziale per gli esclusi, aprendo sezioni supplementari a mezza giornata. Dovrebbe essere proprio un frangente come questo a far riflettere sull’opportunità, in prospettiva, di tenersi il milione di euro annuo stanziato per le scuole convenzionate, lasciando che queste reperiscano i fondi altrove, visto che ne hanno la possibilità.


4. ODONTOIATRIA

«You one ugly motherfucker!»
Predator, 1987

Eppure, a forza di battere là dove il dente duole, la lingua finisce per dire la verità. Il coordinatore di giunta (PD) afferma con chiarezza in Consiglio Comunale che «le scuole paritarie sono una realtà del nostro sistema dal 1995». Ribadisce l’intenzione della Giunta di proseguire il percorso intrapreso, nella convinzione che sia «il modo migliore per potere affrontare le problematiche che riguardano le famiglie bolognesi».

Eccoci al nocciolo della questione. Si parla di “sistema”. Dunque la sussidiarietà è ormai accettata come sistemica, perché è considerata la soluzione “migliore”. E non da ieri. Se la legge dello Stato che parifica le scuole private è del 2000, ciò significa che l’amministrazione comunale bolognese ha agito con almeno cinque anni d’anticipo rispetto alla legge nazionale, quindi sulla base di un indirizzo politico-economico autonomo e condiviso. En passant ricorderemo che, in quei ruggenti anni Novanta, a Bologna la stessa amministrazione privatizzò le farmacie comunali, rinunciando a un incasso di due miliardi di lire all’anno. Era ben prima che finissero i soldi, prima della crisi e dei tagli. Alla fine, gira e rigira, è sempre alla politica che si torna. E alle scelte d’indirizzo.
Dice bene una fuoriuscita dalla compagine del primo partito di maggioranza:

«dietro l’affermazione che “non ci sono i soldi e bisogna far quadrare i conti” appare in controluce, ma chiarissima, una vera e propria visione strategica di questa Amministrazione, per la quale pubblico e privato appaiono come identici, dotati di medesima natura e principi fondanti. Usando la pesantezza della situazione economica, il Comune sta accelerando sulle scelte di privatizzazione e quindi sulle prospettive che riguardano il futuro del sistema di welfare cittadino.»

Ecco perché i piccoli timonieri bolognesi sono così scocciati e rabbiosi contro questo referendum. Mica perché pensano che dovranno prenderne sul serio i risultati – hanno già detto che per loro non è “vera democrazia” -, ma perché se passasse aprirebbe contraddizioni, farebbe cadere in contraddizione, farebbe cadere certi paraventi lessicali e retorici. Già adesso ci fa capire che i trent’anni che abbiamo alle spalle non sono trascorsi invano. Chi si è rassegnato è diventato organico a un certo stato delle cose, a una certa tendenza, e messo alle strette lo rivendica. Qualcuno si azzarda ancora a chiamarlo “riformismo”, ma è soltanto un modo ipocrita di mascherare la resa psichica e politica all’avversario.

Troppo tardi per cambiare rotta

«Troppo tardi per cambiare rotta.»

Così torniamo all’affermazione iniziale: il caso bolognese diventa una cartina al tornasole, e scoperchia la realtà che sta sotto le belle frasi. La realtà è che la tendenza all’equiparazione di pubblico e privato, in atto a Bologna da metà anni Novanta, è in buona sostanza condivisa, al di là della mera contingenza economica. Ma se la tendenza è inarrestabile, allora quel milione di euro è destinato ad aumentare. La sussidiarietà, vale a dire la penetrazione del privato nel pubblico, avanzerà lentamente e inesorabilmente. E se la risposta a chi dice: «Fermiamoci, cambiamo rotta» è «Non si può», allora significa che la politica è già morta, che la quota d’interesse privato nella mentalità di chi guida la nave è già oltre il 50% – con buona pace del segretario del PD. Ma soprattutto viene da chiedersi: se la rotta è una sola, e dunque il pilota è automatico, cosa ci stanno a fare in plancia i timonieri? A farci firmare una delega in bianco per cinque anni e a darci degli “ideologici” se chiediamo di pronunciarci su come andrebbero spesi i soldi delle nostre tasse?
Questo ceto politico dovrebbe iniziare a rendersi conto che tra la sussidiarietà e la suicidarietà il passo è più breve di quello che può sembrare.
C’era una volta la Sinistra, dicevamo…


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71 commenti su “#Bologna, la scuola pubblica, la suicidarietà della sinistra

  1. Gli attacchi, questi sì sistematici, all’idea stessa di “pubblico”, iniziano sempre con il colpire i più deboli, e partono dalla scuola dell’infanzia. Sta succedendo ovunque. Ma per fortuna c’è chi si organizza.A Napoli so che, grazie a molte mamme e papà, sta succedendo questo: http://genitoriroccojemma.wordpress.com/p.s. va notato che, leggendo le... → [Continua a leggere]
  2. Gran pezzo. Che da un caso locale fa capire molte cose a livello generale del perché tra tutte le misure che hanno riformato la scuola pubblica italiana questa insistenza sul finanziamento della “libera scelta” delle famiglie di soluzioni private sia stata un’aggressione morbida alla libertà delle persone e alla laicità... → [Continua a leggere]
    • E’ una buona domanda. Il problema, per come lo vedo io, è che una scuola privata deve comunque ricavare una parte consistente delle entrate direttamente dagli utenti, il che esclude di fatto tutti quelli che la retta non possono pagarla, e se la abbassi tropo non ci campano gli insegnanti.... → [Continua a leggere]
      • Sono le stesse domande che si pongono molti. Però in altre epoche le esperienze di mutuo soccorso (anche dal punto di vista dei servizi) sono state un’ancora fondamentale per le classi meno abbienti e per sottrarre al giogo dei servizi forniti a pagamento dagli aguzzini e dai padroni ampie fette... → [Continua a leggere]
        • Provo a immaginarmi concretamente cosa sarebbero oggi le “scuole del popolo” in Emilia, magari affiliate alla LegaCoop, se qualcuno avesse pensato di fare “la versione compagna” delle scuole private cattoliche… e rabbrividisco.

          Facciamo invece la battaglia per la Scuola pubblica, laica, pluralista, di massa e non diamola già per persa.

          • Io mi domando sempre perchè spesso sembra che facendo una cosa non si può fare anche un’altra (il piano B come dire) . Quantomeno ci si può pensare, direi.

            • Be’, perché molto spesso (non sempre) facendo il piano B si finisce per non fare il piano A.Esempio pratico: se a Bologna esistesse una “Scuola Progressista Parificata” da che parte si schiererebbe in questo referendum? Per togliere i finanziamenti alle parificate o per tenerli?Ma del resto sto parlando in astratto,... → [Continua a leggere]
    • Il piano B in questo caso potrebbe distruggere il piano A. La difesa di Piazza Maggiore prevede che ci possano passare tutti, comodamente e gratuitamente, non per niente “La scuola è di tutti”. La tua ipotesi è di dividerla in aree in modo che solo i cattolici possano entrare in... → [Continua a leggere]
  3. Precisazione forse superflua: le scuole Waldorf (Steineriane) in Italia non sono parificate (almeno quelle di cui sono a conoscenza io). Il programma non può assolutamente essere assimilabile a quello comtemplato dai prog. min. , a meno che non si stavolgano alcuni principi basilari di tale pedagogia/filosofia.@Blicero mi ppongo la stessa... → [Continua a leggere]
  4. Bel pezzo.C’è però un elemento di contesto sul quale vale secondo me la pena ampliare un attimo la riflessione.La deriva neoliberista e neoconservatrice risponde sicuramente a degli inupt ideologici e “culturali” che sono stati inoculati sottopelle negli ultimi venti/trent’anni, e che sono stati introiettati dalla quasi totalità del ceto politico.... → [Continua a leggere]
    • Ad usum dei twitterari, ti replico in nido :-)E’ vero quello che dici a proposito degli interessi che entrano in gioco e spingono le amministrazioni locali a subordinarsi ai poteri economici. Ho dato per implicito questo aspetto nel mio pezzo, perché volevo piuttosto sottolineare una deriva culturale, per tracciare un... → [Continua a leggere]
      • Ai sostenitori dell’homeschooling e della famiglia iperprotettiva (ovvero castrante) farei vedere Dogtooth, un bel film greco di pochi anni fa. Un caso estremo, ma che ben esemplifica i pericoli che esistono in nuce a ogni nucleo familiare. Per quanto riguarda l’articolo, basterebbe sostituire “Italia” a “Bologna” e il gioco è... → [Continua a leggere]
      • a proposito dell’homeschooling (cui io sono ipercontraria), poco tempo fa c’è stato questo scambio secondo me interessante su feministe; http://www.feministe.us/blog/archives/2012/09/25/homeschooling-not-always-the-answer/ come in tutto il blog (feministe), anche nei commenti a questo post a tante buone argomentazioni è mescolata anche tanta robaccia, ma dà un’idea vivida della pratica stessa, almeno recente,... → [Continua a leggere]
      • Va anche detta un’altra cosa, secondo me. Mia madre lavora da trent’anni nella scuola pubblica dell’infanzia, e ogni volta che ne parliamo mi conferma che negli ultimi anni c’è stato un cambiamento significativo nella percezione che hanno le nuove generazioni di genitori sulla funzione educativa della scuola. La scuola dell’infanzia,... → [Continua a leggere]
        • qui secondo me fai un discorso importantissimo, probabilmente uno dei piu’ importanti e urgenti al momento nel dibattito femminista e non solo relativo all’infanzia e al ruolo pubblico e all’ “agency” delle donne. è vero tutto: 1) è vero che c’è stato uno shift nel modo di percepire la... → [Continua a leggere]
    • annotazione solo parzialmente ot: la privatizzazione dei servizi (anzi dei poteri statali) investe p. es. anche il mondo giustizia; la scarsità di risorse e l’aumento esponenziale dei costi per l’accesso fa diventare sempre più appetibile la soluzione privata, ora non più solo arbitrale, anzi resa obbligatoria con la mediazione (con... → [Continua a leggere]
  5. giusto! (in riferimento allo scambio suscitato sopra da blicero; scusate, ma i commenti nidificati cosi’ per le discussioni su giap mi pare che proprio non vadano)la mia impressione è che davvero ci cia bisogno di uno spazio del genere (uno spazio di sopravvivenza nel disastro delle strutture pubbliche per la... → [Continua a leggere]
    • Scusami, Dzzz, ma perché dici che i commenti nidificati “non vanno”? Avresti potuto benissimo mettere il tuo commento come replica dentro quel sotto-thread, c’era il bottone “reply”, visibilissimo e funzionante, sotto ogni intervento. Libera di mettere i commenti dove ti pare (anche se così si genera una dispersione e gli... → [Continua a leggere]
      • lo so, stavolta avrei potuto farlo senza problemi tecnici, ma ho avuto un moto di stizza e non ho voluto piu’. mi scuso, ma ribadisco l’insofferenza. :)e quanto a twitter.. io non ho voglia di incoraggiare né lo strumento né le pratiche che promuove; pero’, puramente per amor di giap,... → [Continua a leggere]
        • Beh, la nuova lista dei commenti recenti (“nuova” per modo di dire, è lì da luglio) è navigabile. Si può scorrere all’indietro e di nuovo in avanti, virtualmente fino all’origine del flusso. Mi sembra una soluzione molto più avanzata e “usabile” del menu a tendina.Sulle implementazioni, ti ho già chiesto... → [Continua a leggere]
          • ok, grazie delle info. sono stata abbastanza sconnessa ultimamente, è vero che ho guardato sbadata il sito.
            e poi (anche se non sono d’accordo sull’interazione colla modalità twitter) quello del “vedere la radio” è un colpo basso.. meltdown, bzzzz, G-O

    • Intervengo un attimo sulla Svezia perché in realtà il nuovo piano educativo per la förskola considera, come dice la parola stessa, quest’istituzione una vera e propria pre-scuola, con obiettivi specifici per gruppi d’età, rendendola, se pur con enormi differenze, simile alla scuola dell’infanzia italiana. Nel linguaggio comune si dice ancora... → [Continua a leggere]
      • si’, e infatti anch’io usavo dagis in senso dispregiativo, perché per la mia esperienza molte förskolor fanno cacare, sono semplicemente posti dove i bambini (da 1 a 5 anni) vengono buttati e abbandonati a sé stessi, nel mezzo di liti, risse, incoltura pedagogica diffusa, carers che ruotano alla velocità della... → [Continua a leggere]
      • temo di aver cannato un commento (o è in moderazione?). ribadivo che: 1) dicevo appunto dagis e non forskola perché questo la maggior parte degli asili svedesi che ho visto (=abitato e aiutato a funzionare) e di cui ho notizia ‘dall’interno’ sono: dei day care, non certo delle scuole per... → [Continua a leggere]
        • Sì, ora ho capito cosa tu volessi dire. Credo che la mia risposta invece sia dovuta alla mia piccola, ma sinor estremamente positiva, esperienza di förskola (pubblica), che contrapponevo invece ad altre esperienze svedesi di anni passati e di narrazioni di dagis privati tutt’ora esistenti…Riguardo al... → [Continua a leggere]
  6. Adesso il mio problema è che voglio rispondere a tre interventi, due dei quali si trovano in un “nido”, mentre l’altro no. Mi tocca dire: cazzi vostri, andateveli a cercare. [Questo è solo per dire che io sono contrario alla nidificazione fin da quando è stata proposta, ma la mia... → [Continua a leggere]
    • Io mi pongo sempre nell’ottica di chi usa Twitter per seguire le discussioni che portiamo avanti qui. Adesso se uno vede su Twitter il link al tuo commento e clicca, farà una fatica boia a ricostruire gli scambi, proprio perché Dzzz ha risposto in un punto diverso del thread, e... → [Continua a leggere]
      • @ wu ming: grazie per la lista! (e certo, immaginavo che ci fossero dietro donne, e presumibilmente femministe); ma secondo me è suicida non chiamarsi e contarsi piu’ esplicitamente come tali; proprio perché probabilmente almeno in parte si eviterebbero errori fatti e rifatti in passato.(per wu ming 1) riassunto... → [Continua a leggere]
    • @WM4 mi correggo, scopro oggi che alcune scuole Steineriane sono parificate (es.: http://www.rudolfsteiner.it/elementari_medie.html ), cosa questo comporti in termini pedagogici non ne ho idea. Per il resto, mi dispiace ma riesco a seguire a singhiozzo (e non per la nidificazione!).

  7. Innanzitutto, complimenti per l’articolo. Colui che nella stessa pagina cita Sergio Leone, Tolkien e Predator non potrà che avere la mia stima imperitura.Detto questo, vorrei fare un appunto generale alla questione. Sulla quale, premetto, sono assolutamente d’accordo con Wm4. Ma. Nel momento in cui ci si batte giustamente per evitare... → [Continua a leggere]
    • Però qui si sta parlando soprattutto di scuola per l’infanzia. E sotto questo aspetto c’è da dire che in Italia non esiste pressoché altro posto al di fuori delle scuole materne ed elementari in cui individui di provenienza culturale e sociale così diversificata si ritrovano alla pari, nello stesso posto,... → [Continua a leggere]
      • Sì, proprio a questa scuola mi riferisco. E’ l’unica che conosco da vicino se non da dentro. Assolutamente vero quanto dici, riguardo alle possibilità offerte dalla scuola dell’infanzia e dalla primaria come luogo di socializzazione per individui appartenenti a diverse realtà. Ma la scuola ha anche una valenza pedagogica altrettanto... → [Continua a leggere]
      • “in Italia non esiste pressoché altro posto al di fuori delle scuole materne ed elementari in cui individui di provenienza culturale e sociale così diversificata si ritrovano alla pari, nello stesso posto, a condividere la vita formativa. Per di più in un’età della vita fondamentale per la crescita della personalità”(wuming4)... → [Continua a leggere]
    • @ Ekerot. Sono un po’ stupita di leggere queste cose. Ammetto la mia ignoranza in materia perché vivo all’estero e non ho figli, quindi sarà come dici tu . Ma ho due nipotini appena usciti dalla scuola materna (pubblica in entrambi i casi) e sia loro che i genitori ne... → [Continua a leggere]
  8. Secondo me gente che cerca di costruire “isole felici” dentro la disastrata situazione esistente, senza però scendere a compromessi con la logica del principio di sussidiarietà né costruire ghetti, esiste già.Si tratta delle migliaia e migliaia di insegnanti di sinistra che, tra mille difficoltà e dribblando direttive ministeriali e deficienze... → [Continua a leggere]
  9. L’analisi di Wu Ming 4 è davvero interessante. Come contributo alla discussione vorrei sottolineare il fatto che in realtà potrebbero esserci delle prospettive alternative per considerare il tema, oltre a quella del paradosso all’interno della sinistra. A mio avviso si tratta in realtà di una contrapposizione fra chi vuole difendere... → [Continua a leggere]
    • Giusta osservazione la tua. Però in Italia quel tipo di lieberalismo lì, quello anglossassone, non ha mai attechito granché. Da noi appunto la sussidiarietà è invocata da chi vuole entrarci eccome dentro lo Stato, e il più possibile, e prende soldi da ogni ente pubblico. La nostra tradizione politica vede... → [Continua a leggere]
      • per non parlare poi del fatto che tanti argomentano che la genealogia del liberalismo sia tutt’altro che liberale.. in quest’articolo che ho pescato a caso e letto solo in diagonale (mi scuso), per esempio, si sostiene che il neoliberalismo è stato generato, direbbe deleuze, inculando gramsci :Dhttp://www.globalexchange.org/resources/econ101/neoliberalismhist (spero... → [Continua a leggere]
  10. A questo link c’e’ una tabella che spiega le ragioni (in soldoni) delle paritarie che ritengo occorra smontare: http://www.scuolelanave.it/73-Perch%C3%A9_la_Nave/Il primo commento dell’insegnante all’articolo a quest’altro link: http://cronachelaiche.globalist.it/Detail_News_Display?ID=20206 è molto significativo e fa emergere un aspetto non sviluppato da Wu Ming4, la precarizzazione degli insegnanti delle paritarie, riassumo: le scuole paritarie... → [Continua a leggere]
  11. duole dirlo, per qualcuno, ma l’attuale condizione della scuola italiana ha un’origine nelle scriteriate riforme uliviste, dall’autonomia della Bassanini, ai finanziamenti alle private, passando per il tentativo di concorsone per i professori più meritevoli dell’allora ministro Berlinguer. Ai 200 milioni regalati ai diplomifici private, spesso cattolici, si aggiunge la... → [Continua a leggere]
  12. L’analisi affrontata dall’articolo è molto interessante. Vorrei permettermi di soffermarmi su un tratto forse secondario (ma forse no) dell’articolo. A proposito della costruzione retorica “non ci sono più soldi quindi..” o “c’è la crisi quindi..” ritengo che bisognerebbe una volta per tutte vivisezionare il meccanismo linguistico e ideologico che sta’... → [Continua a leggere]
    • Grillo dice e continuerà a dire tutto e il contrario di tutto, inglobando argomenti di estrema sinistra, di estrema destra, di estremo centro, alternando lotte sensate a cazzate, proponendo politiche libertarie e autoritarie, keynesiane e ultraliberiste, attivando frame solidali e frame razzisti a seconda dei casi e dei soggetti. La... → [Continua a leggere]
  13. Posto che sono d’accordo con l’articolo nella maniera più assoluta (i soldi pubblici vengano stanziati per la scuola pubblica), mi trovo però nel mondo della scuola sempre a parlare di difesa di baluardi democratici e mai di costruzione di una scuola che trovi il giusto posto nella società. Insomma ormai... → [Continua a leggere]
    • Ti rispondo con le parole di uno che oltre a lavorare nella scuola pubblica, ci ragiona sopra e ne scrive da molto tempo, Girolamo De Michele, il quale parla di crisi nell’educazione. “Perché ‘nella’, e non ‘della’? Perché la scuola è all’interno di un più vasto sistema educativo, che è... → [Continua a leggere]
      • Chi iscrive i propri figli alla scuola paritaria? Boh! Ma sicuramente anche qualche genitore che ha paura di fare giocare, studiare, vivere, condividere pezzi di vita i proprio figli assieme ai diversi: religioni diverse, status sociale diverso, provenienza diversa ecc. Questi genitori hanno paura che i propri stessi figli tornino... → [Continua a leggere]
        • @ erbamate

          quel servizio c’è sempre stato :-) Però è vero che è riservato a chi ha lasciato almeno un commento, bisognerebbe estenderne la portata. Ad ogni modo, qui sotto c’è scritto: “Voglio ricevere via email i commenti successivi al mio”. Clicca prima di pubblicare il tuo prossimo commento.

    • Intervengo nella discussione con un po’ di ritardo, ma l’argomento mi sta particolarmente a cuore. Per sette anni ho lavorato all’interno della scuola come “esterno”, cioè come educatore per una grande SCRL (Società Cooperativa) di Firenze, che svolge in appalto per il Comune un servizio di assistenza educativa individuale per... → [Continua a leggere]
      • Rispondo a @WM4 e @polpettide, e implicitamente a Girolamo. Leggendovi nei giorni scorsi mi sono trattenuto da un commento forse un po’ estremista o quantomeno estremo. Oltre alle ragioni che avete detto, la scuola pubblica (in seguito La Scuola, sottinteso pubblica) oggi e qui mi pare che sia vista abbastanza... → [Continua a leggere]
  14. […] dilungarmi in analisi rimando ad un bello e approfondito articolo di Wu Ming 4 sulla questione che consiglio a tutti e tutte di leggere con […]

  15. Grazie del post, sui giornali la vicenda viene generalmente trattata con poche righe ma il caso è emblematico.
    Ora non vorrei andate OT ma vi segnalo questo post:

    http://ilbipolare.blogspot.it/2012/10/il-mostro.html

    per rinfrescarci la memoria riguardo alle privatizzazioni già fatte e già “andate a male”…

  16. Un pezzo davvero intenso, intelligente e ben documentato: mi permetto di farti i complimenti. Premetto che quello dell’istruzione non è un tema in cui sono ferrato (e su cui ho idee ancora abbastanza confuse, o quantomeno “in formazione”), ma “oso” ugualmente fare qualche commento. Prima di tutto, concordo nell’analisi sul... → [Continua a leggere]
    • Mi piacerebbe che ti rispondesse qualcuno che di pedagogia e insegnamento ne sa più di me. O qualcuno che conosce bene il pensiero di Ivan Illich.Io posso dirti quello che penso. In una risposta più sopra ho citato un libro di Girolamo De Michele di un paio d’anni fa: “La... → [Continua a leggere]
      • WM4 ha scritto: “Ho comunque il presentimento che lo scopriremo presto, perché mano a mano che il pubblico si ritira e il privato avanza, gli standard si abbasseranno (eccetto quelli per i più abbienti, ovviamente) e chi resta fuori dovrà o rassegnarsi a una scuola pubblica in stile americano, oppure…... → [Continua a leggere]
    • tra le varie cose che faccio, insegno italiano agli stranieri. Ho quindi un po’ di esperienza “in classe”. Provo a mettere in ordine qualche idea che mi sono fatta. Non mi sembra poi così strano che una visione “liberale” determini una prospettiva “individuale” dell’apprendimento. Se il mio obiettivo deve essere... → [Continua a leggere]
      • @ danaeProvo a declinare il problema di cui parli. Innanzi tutto chiarirei un punto, anche rispetto a quanto scriveva Claudio Testi più sopra: “pubblico” non è sinonimo di “Stato”. Lo Stato è un sistema di istituzioni, strutture formali, meccanismi, che garantiscono l’ordinamento di una determinata società in base a determinati... → [Continua a leggere]
        • Il concetto di comunità (cristiana) viene spesso usato in chiesa dai parroci di fronte ai fedeli, non è un caso che le scuole private o paritarie siano per la maggior parte confessionali. La scuola pubblica dovrebbe essere “propaggine” di quella comunità che si riconosce nei principi della Costituzione, non mi... → [Continua a leggere]
          • @ erbamatesenza offesa per la tua amica, ma secondo questa logica, se uno potesse permettersi di pagarsi le cure in una clinica privata, di mandare i figli alla scuola privata, e di stipendiare la vigilanza privata, dovrebbe essere un esente totale. Cioè, praticamente i ricchi sarebbero esentati dal pagare le... → [Continua a leggere]
            • dalle mie parti (non geografiche di luogo, ma di pensiero) si parafrasa: “ognuno per se miseria per tutti.” … ;-)

      • Ciao Danea, parole moto belle: sono certo che i tuoi allievi ti apprezzeranno come insegnante. Riguardo alla tua ultima osservazione sul pubblico, mi permetto di riportare un lungo brani di Illich da “Descolarizzare la società” (ho aggiunto i maiuscoli)“Un buon sistema didattico dovrebbe porsi tre obbiettivi: assicurare a tutti quelli... → [Continua a leggere]
    • Salve, non conosco Illich direttamente( studiato solo su manuali…), ne mi ritengo un esperto pedagogo :-) Comunque: per le problematiche poste da Claudio Testi nel suo primo post, sarebbe forse utile ricorrere all’etimo di due parole che spesso vengono usate come sinonimi: “insegnare” ed “educare”. – In-segnare, indica un movimento... → [Continua a leggere]
      • Premetto la mia ignoranza in materia, ma credo che una risposta alle critiche di Ilich sia nella pedagogia di Paulo Freire. Ma anche se su questo punto mi sbaglio, credo sia essenziale dire che la scuola come concetto non è negativo in sè, anche se lo è in moltoi modi... → [Continua a leggere]
  17. Comunque bisogna dire che sia l’assessore Pillati che Donati su una cosa hanno ragione: il Comune segue la legislazione nazionale e l’intento è semplicemente quello di tagliare i costi cedendo quote ai privati. Si tratta di un’involuzione grottesca ma scontata in fin dei conti: non solo non sono politici di... → [Continua a leggere]
    • Non vogliono essere politici e anche come “tecnici” lasciano molto a desiderare. Dell’assessore Pillati secondo me andavano chieste le dimissioni. Credo che qualcuno l’abbia anche fatto, forse la Lega, non ricordo. Se un assessore alla Scuola non è nemmeno capace di farsi dare dall’anagrafe comunale il numero di bambini nati... → [Continua a leggere]
  18. […] delle classi dirigenti, la radicalizzazione del conflitto, la sinistra, la scuola, i sogni, i soldi, il futuro, il web, Riccardo Luna, l’avventura l’arsura e la […]

  19. Una buona notizia:

    oggi il Comitato Articolo 33 ha consegnato in Comune a Bologna le 13.000 firme raccolte per l’indizione del referendum (il 150% di quelle necessarie). Ora la battaglia sarà per convincere il Comune a risparmiare denaro pubblico, accorpando il referendum alle prossime elezioni politiche.

  20. […] Per chi si fosse persa la puntata precedente, indispensabile per capire pregresso e contesto, è QUESTA. Eccoci ad aggiornare sugli sviluppi e a ribadire un punto di […]

  21. […] private. Bologna sarà, almeno a rigore di calendario, uno dei primi campo di battaglia (si veda qui e qui). E’ bello che vi dichiariate per la difesa della scuola pubblica. E’ un vero […]

  22. […] Sinistra italiana abbia abbondantemente perso la bussola davanti a questo dualismo. Si tratta di un articolo lungo, ma ben strutturato ed esauriente. Io sarò più sintetica: non sorprendiamoci se il PD […]