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Nicoletta Bourbaki

«Fiume o morte!» Nello straordinario film di Igor Bezinović, il racconto decolonizzante di una città aggredita

La locandina di Fiume o morte!

La locandina del film. Il trailer è qui.

[WM: Fiume o morte! di Igor Bezinović, fresco vincitore del Festival di Rotterdam, è un’opera extra-ordinaria sotto ogni aspetto. Il film ricostruisce la cosiddetta «Impresa di Fiume» del 1919-1920 da una prospettiva finalmente non italocentrica, mettendo in atto a sorpresa il «talking back» della letteratura anticoloniale e decoloniale: il rovesciamento del punto di vista, la contronarrazione, qui affidata alle memorie – familiari, d’archivio, urbanistiche, architettoniche – della città stessa, la Fiume/Rijeka che allora fu invasa.
Gabriele D’Annunzio e i suoi legionari agirono in avanscoperta, da punte di lancia dell’imperialismo italiano nei Balcani. Il blitz intendeva rimediare alla cosiddetta «vittoria mutilata» nella prima guerra mondiale. «Mutilata», perché alle trattative di Parigi il Regno d’Italia non era riuscito a prendersi tutte le terre ex-austroungariche a cui puntava. Mancavano all’appello Fiume e il Quarnaro (o Carnaro, come un tempo si diceva), nonché la tanto agognata Dalmazia.
A partire dagli anni Novanta è stato in voga rivalutare “da sinistra” o in senso “libertario” l’occupazione di Fiume. Di tali letture, nella puntuale recensione che oggi pubblichiamo, il gruppo di lavoro Nicoletta Bourbaki rileva l’infondatezza e l’angusto italocentrismo. L’ignoranza delle fonti non italiane è tutt’uno con l’indifferenza per gli abitanti di Fiume/Rijeka di lingua croata, ungherese, tedesca, ma anche italofoni contrari all’annessione. Non viene proprio alla mente, soggettività escluse a priori, tacitamente dichiarate inesistenti. Quel che provarono e subirono non ha importanza.
A essere rimosso dal quadro è l’aspetto imperialista e soprattutto razzista di quell’invasione. Per fare un solo esempio, ecco come si esprimeva D’Annunzio nella Lettera ai Dalmati, 1919:
«Il croato lurido s’arrampicò su per le bugne del muro veneto, come una scimmia in furia, e con un ferraccio scarpellò il Leone alato […]. Quell’accozzaglia di Schiavi meridionali che sotto la maschera della giovine libertà e sotto un nome bastardo mal nasconde il vecchio ceffo odioso…»
Contro gli odiati «s’ciavi» i legionari di D’Annunzio compirono aggressioni squadristiche e veri e propri raid, come quello contro il villaggio di Baška, sull’isola di Veglia/Krk.
Quando, tra grandi sospiri di sollievo dei fiumani, i legionari dovettero levare le tende, Fiume/Rijeka divenne una città-stato autonoma, ma durò poco. La fuga in avanti di D’Annunzio aveva anticipato le ulteriori espansioni a est dell’imperialismo italiano: nel marzo 1922 un colpo di stato di ispirazione fascista rovesciò la giunta autonomista di Riccardo Zanella e nel gennaio 1924 Fiume/Rijeka fu annessa all’Italia. Quanto alla Dalmazia, fu presa nel 1941, con l’invasione nazifascista della Jugoslavia. Che D’Annunzio, morto nel 1938, non poté vedere. Fece però in tempo a celebrare come coerente prosecuzione della sua «impresa» – e aveva ragione – l’invasione fascista dell’Etiopia.
Fiume o morte! talks back, ci rimpalla il discorso. Lo fa da Oltreadriatico e da angolature inattese, squadernando stereotipi e, soprattutto, lo fa collettivamente. L’effetto è vivificante.
In occasione dell’arrivo – ormai imminente – del film in diverse città italiane, la Federazione delle Resistenze sta organizzando iniziative e dibattiti. Consigliamo di tenere d’occhio il sito e/o il canale Telegram.
Buona lettura, buona visione, buoni incontri.]

di Nicoletta Bourbaki *

Il regista fiumano croato Igor Bezinović racconta che il suo film di imminente uscita intitolato Fiume o morte! documenta la prima volta in cui un saluto romano venne ripreso e impresso su pellicola. Era il settembre 1919, la scena si svolgeva nella città di Fiume/Rijeka e a tendere di fronte alla cinepresa il braccio destro nel saluto che appena tre anni dopo sarebbe diventato il marchio distintivo del fascismo italiano, e poi anche del nazismo tedesco, era il poeta e drammaturgo italiano Gabriele D’Annunzio. Prosegui la lettura ›

Ancora sui guasti causati dal mito di Norma Cossetto: la «livella» della memoria

Norma Cossetto e Milojka Štrukelj

Collaborazionismo e Resistenza… Occupazione nazifascista e guerra di Liberazione… Ma sì, dài, commemoriamole assieme. È tutta «memoria», no?

di Nicoletta Bourbaki*

A Gorizia in questi giorni sta andando in scena l’ennesimo episodio della saga «la memoria condivisa».

Il 5 ottobre, nell’anniversario della morte di Norma Cossetto, davanti al Liceo Classico Dante Alighieri verrà inaugurato, per iniziativa dell’ANVGD [Associazione Nazionale Venezia Giulia Dalmazia], un pannello in cui  saranno illustrate le “vite parallele” di due ex allieve della scuola, definite «vittime di opposte ideologie».

La prima è appunto Norma Cossetto, «martire delle foibe»; la seconda è Milojka Štrukelj, antifascista e partigiana goriziana uccisa dai tedeschi durante un attacco a Cerkno nel 1944. Prosegui la lettura ›

Sull’«antifascismo» che intitola luoghi pubblici al collaborazionismo: il caso recentissimo di Carpi

Roberto Menia. Il 3 maggio 2024 era a Carpi, a intitolare a Norma Cossetto un giardino pubblico, accanto al sindaco «iscritto all’Anpi da quando aveva sedici anni». Clicca per leggere l’articolo di Nicoletta Bourbaki.

Accade da anni.

Accade anche in città e paesi le cui amministrazioni si dicono antifasciste.

Amministrazioni i cui sindaci e assessori, qualche settimana fa, si sono fatti riprendere mentre leggevano il famoso testo del nostro collega Scurati, al quale hanno aggiunto le loro parole di preoccupazione: le sorti della democrazia, il rischio di un ritorno del fascismo… In quella chiave hanno festeggiato il 25 Aprile, e affrontano la campagna elettorale.

Accade che quelle stesse amministrazioni intitolino luoghi pubblici a Norma Cossetto, che giustamente il gruppo di lavoro Nicoletta Bourbaki definisce «simbolo del collaborazionismo con l’occupante nazista».

Quanto appena citato è innegabile. Nel gennaio 1945, nella Trieste annessa de facto al Terzo Reich, le fu anche intitolata una brigata nera.

Se la vicenda che riguarda Cossetto è oggi percepita come bipartisan, espressione di una memoria «da condividere», è perché c’è stato un lungo lavorio. Prosegui la lettura ›

Gli incontrollati fantasy su Norma Cossetto, 5a parte | Cambiare le date per falsare la storia

Tutte le puntate dell’inchiesta
sul caso Norma Cossetto sono qui.

Danza macabra dei nazifascisti sulle rovine della Jugoslavia. Affresco nel Memoriale della battaglia della Sutjeska, Tjentište, Bosnia-Erzegovina.

di Nicoletta Bourbaki *

INDICE
1. Decenni di “ricostruzioni” a partire da una data sbagliata
2. Insurrezione
3. Giuseppe Cossetto e la colonizzazione «agricolo-militare» dell’Istria
4. Il razzismo antislavo che Sessi occulta
5. «Ripulire» l’Istria
6. Perché non vada come a Kanfanar
7. Il Terzo Reich inventa la propaganda sulle foibe

8. Il salto della decima quaglia
9. I padri della patria che celebra i «martiri delle foibe»

1. Decenni di “ricostruzioni” a partire da una data sbagliata

Alla fine della quarta puntata di quest’inchiesta abbiamo osservato che nei documenti presentati dalla famiglia Cossetto all’Università di Padova la data dell’arresto di Norma Cossetto risulta essere il 2 ottobre. Vediamo innanzitutto di descrivere che tipo di documenti sono e che cosa c’è scritto esattamente. Prosegui la lettura ›

Gli incontrollati fantasy su Norma Cossetto, 4a parte | Miti e bugie intorno a una laurea

Tutte le puntate dell’inchiesta
sul caso Norma Cossetto sono qui.

Concetto Marchesi (1878 – 1957), latinista, rettore antifascista dell’Università di Padova durante l’occupazione tedesca, deputato del Pci, membro della Costituente. Un’ossessiva diceria lo descrive come mentore di Norma Cossetto e promotore della sua laurea ad honorem postuma. Il collettivo Nicoletta Bourbaki – come avrebbe dovuto fare chiunque abbia scritto di questa vicenda – ha consultato i documenti d’archivio dell’Università di Padova, per vedere se le cose andarono davvero così. La risposta è stata un secco no. Ma quel no era solo l’inizio di una catena di ulteriori scoperte. Perciò, a distanza di cinque anni dalle prime tre puntate di quest’inchiesta, abbiamo deciso di pubblicarne altre due. Buona lettura.

di Nicoletta Bourbaki (*)

INDICE
0. Antefatto
1. La versione di Canfora: problemi di metodo
2. La versione di Sessi: quando «problemi di metodo» è un eufemismo
3. Allargando l’inquadratura tutto cambia
4. L’origine della leggenda (1983)
5. L’uovo di Colombo: leggere i documenti
6. La versione di Canfora (Slight Return)

Nel 2019 abbiamo pubblicato un trittico di articoli su Norma Cossetto.
Il primo era un’analisi critica storiografica e politica del film Rosso Istria, cofinanziato dalla Regione Veneto.
Il secondo una ricostruzione della genesi della narrazione “consolidata” su Norma Cossetto, una narrazione basata poco sulle fonti e molto su fantasie per niente innocenti.
Il terzo era una recensione del fumetto neofascista Foiba rossa e soprattutto del libro di Frediano Sessi Foibe rosse, per il quale abbiamo proposto la definizione di «oggetto narrativo male identificato». Due opere d’ingegno in teoria distanti sul piano culturale e politico, in realtà più simili tra loro di quanto si potrebbe immaginare.

L’anno successivo, intorno al 10 febbraio, Luca Casarotti – che, oltre a essere uno studioso di diritto romano e un musicista, fa parte del nostro gruppo di lavoro ed è il presidente dell’ANPI di Pavia – è stato attaccato dal giornalista Gian Micalessin per aver criticato la distribuzione istituzionale nelle scuole del fumetto Foiba Rossa. Ne abbiamo parlato su Medium, nella nota I veleni del Giorno del Ricordo (nei media e nella scuola).

Micalessin, prevedibile come può esserlo un giornalista che scrive per un giornale che si chiama «il Giornale», ha utilizzato contro l’Anpi quella che i cossettologi considerano l’arma fine di mondo: la storia della laurea ad honorem concessa a Norma Cossetto  dall’Università di Padova nel 1949, per volontà, così dice la vulgata, del prof. Concetto Marchesi, latinista di fama, personalità di spicco dell’antifascismo padovano durante l’occupazione tedesca, e padre costituente nelle file del Partito comunista italiano.

Questa storia – in alcune varianti Marchesi è anche indicato come relatore di tesi di Norma Cossetto – ci è sempre sembrata molto strana, così abbiamo deciso di approfondirla. Prosegui la lettura ›

La morte, la fanciulla e l’orco rosso, di Nicoletta Bourbaki. Finalmente in libreria l’inchiesta storica sul “caso Giuseppina Ghersi”

Copertina di La morte, la fanciulla e l'orco rosso

Clicca per vedere la copertina completa, con quarta e bandelle (pdf).

Arriva oggi in libreria il saggio d’inchiesta storica del collettivo Nicoletta Bourbaki La morte, la fanciulla e l’orco rosso. Il caso Ghersi: come si inventa una leggenda antipartigiana (Edizioni Alegre).

Il testo che segue non è una recensione, ma è più di una semplice segnalazione. Potremmo definirlo un «invito ragionato alla lettura».

Nel settembre 2017 l’improvviso clamore mediatico-politico suscitato dalla storia “riemersa” della giovane Giuseppina Ghersi – uccisa a Savona nell’aprile 1945 – lasciò perplessi noi Wu Ming e soprattutto insospettì Nicoletta Bourbaki, il gruppo di lavoro sulle falsificazioni e manipolazioni storiche nato su Giap.

Da allora Nicoletta ha condotto ricerche approfondite, ricostruendo la genesi – o per meglio dire, la fabbricazione – di quella storia.

La morte, la fanciulla e l’orco rosso è il risultato di un’inchiesta durata cinque anni. Con questo libro, Nicoletta sottrae un episodio della guerra di liberazione allo sciacallaggio, restituendolo alla storiografia.

Il libro ha due citazioni in esergo. Una ve la lasciamo scoprire; l’altra è di Primo Levi, tratta dal racconto «Ferro», in Il sistema periodico (Einaudi, 1975):

«Fu ucciso, con una scarica di mitra alla nuca, da un mostruoso carnefice‑bambino, uno di quegli sciagurati sgherri di quindici anni che la repubblica di Salò aveva arruolato nei riformatori.»

Qui Levi ricorda la morte dell’amico Sandro Delmastro, partigiano di Giustizia e Libertà in Val Pellice e nel cuneese.

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Nascita della foibologia. Come una fantasia di complotto antipartigiana è divenuta verità di Stato

Tomaso Montanari

Tomaso Montanari

In questi giorni gli attacchi delle destre a Tomaso Montanari – che ha tutta la nostra solidarietà – hanno riportato in auge (per una volta fuori stagione, cioè lontani dal 10 febbraio ) la querelle sulle foibe. In rete molte persone hanno linkato le inchieste e ricerche apparse su Giap nel corso degli anni, soprattutto a opera del gruppo di lavoro Nicoletta Bourbaki.

A lungo siamo stati davvero in pochi a contrastare – sfidando l’assurda accusa di «negazionismo»* – la narrazione “foibologica”. Narrazione risalente alla propaganda dell’occupante nazista in Istria, poi ripresa e rifinita negli atelier del neofascismo postbellico e divenuta storia di Stato a metà degli anni Zero del XXI secolo, con l’istituzione del Giorno del Ricordo.

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