Intervista apparsa alla sezione "kwlibri" di kataweb.com il 28 marzo 2002:

WU MING Poetica d'un anonimo
di Massimo Merletti


La trasformazione dello pseudonimo, da Luther Blissett, irridente e beffardo, a Wu Ming (anonimo), indica paradossalmente, ma neanche poi troppo, un passaggio ad un libro più sentito, quello uscito adesso per Einaudi con il titolo "54", più emotivamente impegnativo?

No. Il nostro primo romanzo "Q" non era meno emotivamente impegnato dei successivi "Asce di Guerra" e "54". Anzi, forse "54" è il romanzo più arioso e divertente che abbiamo scritto. "Q" era un romanzo drammatico, tragico. "54" usa allo stesso modo l'epos, ma lo fa con maggior spregiudicatezza e leggiadria. Firmare con lo pseudonimo Luther Blissett il nostro primo romanzo è stato il modo di accomiatarci dal progetto Luther Blissett, a cui ci eravamo dedicati per cinque anni insieme a molte altre centinaia di persone sparse per il mondo. Dopo il nostro suicidio come Blissett, abbiamo fondato Wu Ming, un'officina, o se si preferisce un collettivo, di scrittori, che prosegue l'impresa cominciata con "Q".

"54" è nato nel maggio del 1999, durante i bombardamenti Nato sulla Jugoslavia. Che cosa vi ha spinto a scrivere, qual è stata la fonte d'ispirazione primaria, la rabbia, l'amarezza, la frustrazione, o piuttosto lo sdegno verso una forma di politica non condivisibile?

Non ci sentiamo né frustrati né amareggiati. Anzi, l'uscita di "Q" e l'inizio della stesura di "54" nel 1999 hanno coinciso con l'esplosione del movimento di Seattle. Significa che mentre scrivevamo, siamo riusciti a captare il vento nuovo che cominciava a spirare nel mondo. Abbiamo respirato l'aria che respiravano tutti e in parte l'abbiamo riversata nei nostri romanzi. Questo ci ha dato forza e voglia di proseguire, ci fa sentire parte di una comunità planetaria in movimento. Anche se la situazione storica si fa sempre più critica, siamo convinti che il pianeta e chi lo popola possa sempre reagire con un sano istinto di sopravvivenza e di lotta.

In questi quasi tre anni, se e come è cambiata la trama, o il vostro atteggiamento nei confronti della scrittura del romanzo?

La trama è cambiata molto in corso d'opera. Si parte da un'idea iniziale, poi facendo le ricerche storiche negli archivi e sui libri, si scoprono piste e spunti imprevedibili. Inizialmente la trama doveva ruotare intorno al delitto Montesi, il primo scandalo di droga, sesso e politica della storia italiana. Poi, via via che lavoravamo alla scaletta, ci siamo accorti che la trama stava prendendo una forma diversa e alla fine Wilma Montesi si è ritrovata sullo sfondo, lasciando il passo ad altre storie. Un sacco di avvenimenti di quell'anno non hanno trovato spazio nella nostra storia, anche se all'inizio volevamo includerli. Quando devi far funzionare un plot, sacrifichi sempre qualcosa alla tenuta della trama e alla scorrevolezza della lettura. E ciononostante "54" è un vero puzzle di sottotrame e storie. Lo dimostrano i nove epiloghi che chiudono il romanzo.

Quali sono i vantaggi e gli inconvenienti di scrivere in cinque?


Prendi la fantasia, l'abilità, e il tempo di lavoro di uno scrittore, moltiplica per cinque e avrai la risposta alla prima metà della domanda. Prendi i proventi di uno scrittore, dividili per cinque e avrai la risposta alla seconda metà.

"54" è un romanzo a varie velocità: fumettistico, cinematografico, letterario. Ma è soprattutto il romanzo della nostalgia...

Forse, ma non per noi. Tra l'altro è molto difficile avere nostalgia di un'epoca in cui non si era presenti. Non abbiamo scritto "54" con lo sguardo di chi rimpiange i bei tempi andati. I bei tempi non sono mai esistiti. Ogni epoca contiene già in se stessa la propria negazione e il proprio superamento. Abbiamo scelto il 1954 arbitrariamente, pensandolo come un remoto punto d'origine del presente. Avremmo potuto scegliere il '53 o il '55 e forse non sarebbe cambiato tanto. In "Q" scegliemmo il 1517. Resta il fatto che lo scenario degli anni '50 ci affascinava e ci offriva dei personaggi eccezionali per le nostre storie.

Volendo interpretarlo come una grande allegoria "54" potrebbe essere anche un canto di scontento e sdegno nei confronti della politica. Una sinistra che sembra impotente, ed un "televisore" che dovrebbe essere elemento di progresso se utilizzato correttamente...

C'è indubbiamente una forte critica alla politica di quel tempo, che poi ha partorito la politica del nostro, anche grazie al fatto che alla fine la televisione si è riusciti a farla funzionare. Ma appunto, non è che prima si stesse tanto meglio. Forse più che un'allegoria, "54" è un canto in favore delle possibilità infinite della Storia, addirittura delle coincidenze e delle casualità che possono cambiarne il corso. Incluso il corso delle nostre storie personali. La frase con cui il romanzo si chiude dice esattamente questo.

Come sta, secondo voi la letteratura e più in generale la cultura italiana?

La letteratura dà finalmente segnali di ripresa dopo anni in cui non si era visto niente di interessante. Pensiamo soprattutto alla rinascita della letteratura di genere che nella seconda metà degli anni Novanta si è imposta sulla melassa minimalista. Il gusto di raccontare storie sta cominciando a riprendere piede. Per quanto riguarda la cultura più in generale, siamo messi male. Il paese reale è forse anni luce avanti rispetto ai propri intellettuali. Di fronte a tutto quello che sta succedendo nel mondo è difficile trovare un intellettuale disposto a spendere qualche parola significativa, a prendere una posizione netta, a esporsi. Ci toccano piuttosto quelli come Baricco, che ostenta la propria ignoranza rispetto a eventi epocali come la globalizzazione o appuntamenti cruciali come la contestazione al G8 di Genova, e su questa ignoranza ci scrive un libro. Per alcuni illustri colleghi verrebbe da citare la frase con cui Karl Kraus definiva il lavoro dei giornalisti: "Non avere un pensiero, ma saperlo esprimere". E sinceramente anche la riscoperta dell'impegno da parte di Nanni Moretti & company ci sembra davvero velleitaria, tardiva e poco chiara. Ma davvero questi pezzi da novanta pensano che la sinistra possa essere rifondata difendendo i tribunali? Noi continuiamo a pensare che si possa ricominciare solo dalle lotte sociali e ci sembra che almeno tre milioni di persone la pensino come noi.

Quali sono i vostri modelli letterari?

James Ellroy, Elmore Leonard e i narratori di genere statunitensi. Paco Ignacio Taibo II, Daniel Chavarria e la scuola del nuovo romanzo totale latinoamericano. Per "54" abbiamo saccheggiato anche gli scrittori noir francesi, come Le Breton, Manchette, Izzo.

Un libro che consigliereste sempre e comunque?

"American Tabloid", di James Ellroy.