Giap #9, VIIIa serie - Il Signor Ming - 5 aprile 2007
0. Preambolo per chi legge sul water
1. Il Signor Ming
2. Cosa c'è sul Livello 2?
3. Commenti, recensioni, materiali vari
4. La bandiera e la stretta del morso
5. Ecco chi ci diede la foto a Mestrino (PD)
6. Kai Zen, La strategia dell'Ariete [WM2]
7. Angela Davis, Autobiografia di una rivoluzionaria [WM1]
8. The Old New Thing: la data d'uscita definitiva
Prima di tutto chiediamo scusa: questo dispaccio contiene molti link, cosa fastidiosa per chi legge la newsletter su fogli A4, assittato sulla tazza del cesso (modalità preferita dalla maggior parte dei giapsters).
Non potevamo evitare: in questa fase Giap, coi suoi vari addentellati, è lo strumento ideale per raccogliere, accorpare e segnalare materiali e testi sparpagliati in giro (su manituana.com, su carmilla, su vari siti e blog).
Cercheremo di non limitarci ai nudi link, li correderemo sempre con nostre glosse e commenti, in modo da attenuare l'effetto "urticante".
Prima di iniziare, ricordiamo una frase di Philip Lacroix: "Quando tutto accade veloce, impara a essere lento".
IL SIGNOR MING
Dopo tutto l'impegno che abbiamo messo nel costruirlo e avviarlo alla rampa di lancio, è bello guardare Manituana dopo il decollo, sentire i commenti su come vola, su come le lamiere riflettono il sole, sulla scia che marca la traiettoria.
La classifica apparsa domenica scorsa sul Corriere della sera ci dava al settimo posto nella Top 10 generale e terzi in quella della narrativa italiana. Il periodo monitorato andava dal 19 al 25 marzo. Manituana è uscito il 20.
Correttamente, i compilatori della classifica del Corriere indicavano come autore "WU MING". 'Mbeh? Normale, no? Eh, no! Normale un cazzo, perché su altri giornali ci è toccato leggere: "MING - Manituana" o "MING, WU - Manituana". Capito? Come se "Wu Ming", invece che il nome intero di una band, fosse il nome e cognome di qualcuno. Mica per paragonarci, ma è come se anziché "Pearl Jam" uno scrivesse solo "Jam" o, tuttalpiù, "Jam, Pearl". Tra l'altro, anche fosse, i cinesi mettono prima il cognome ("Mao" è il cognome, "Zedong" il nome), quindi nella logica del classificaro si dovrebbe scrivere solo "Wu". Dice: forse è un problema di spazio nel colonnino. Maddechè? Anche con lo spazio in mezzo, "WU MING" è sempre più corto di "CAMILLERI". Fosse un problema di spazio, scriverebbero "CAMILL." (che comunque ha lo stesso numero di battute di "WU MING"). No, è che proprio non sanno chi siamo.
Questo per dire che, financo dopo tutti 'sti anni, rimaniamo un oggetto strano, che non si sa come maneggiarlo. E ciò, a sua volta, che significa? Significa che non stiamo in classifica grazie al nome "Ming" e al cognome "Wu", non stiamo in classifica per le nostre belle facce, non stiamo in classifica perché è uscita la pagina pubblicitària su Repubblica (che tra l'altro è uscita dopo), non stiamo in classifica grazie alla sagoma di cartone dell'indiano (pochi librai l'hanno messa in mostra). Stiamo in classifica grazie al "nocciolo duro" dei nostri lettori, i giapsters, la... guardia pretoriana :-) Stiamo in classifica grazie alla fiducia conquistata negli anni.
Nessun nostro libro è mai partito così, nemmeno Q. Speriamo che il buon giorno si veda dal mattino.
[Nota glasnostica: tiratura iniziale 45.000 copie, prima ristampa di 10.000 copie, una seconda ristampa imminente]
COSA C'E' SUL LIVELLO 2?
Ricordiamo che chi ha finito il libro ha a disposizione il Livello 2 di manituana.com, aperto la mattina del 30 marzo scorso. Finora si è registrato un centinaio di persone.
Ci raccomandiamo: NON entrate nel Livello 2 se non avete già finito il libro; NON affrettate la lettura del libro per poter entrare nel Livello 2. Quando tutto accade veloce, impariamo a essere lenti.
Sul Livello 2 troverete:
La sezione "Personaggi", dove raccontiamo il percorso umano, politico e militare di alcuni protagonisti e comprimari (realmente esistiti) negli anni successivi alle vicende narrate nel libro, e fino alle loro morti;
La sezione "Officina", dove si risponde alla sempiterna domanda: "Come si fa a scrivere un romanzo in cinque?". Capitoli espunti dalla penultima stesura del romanzo (per far capire come ragioniamo in quanto editor di noi stessi), discussioni (e litigi) via e-mail, stralci delle riunioni ascoltabili in mp3;
La sezione "Diramazioni", dove proponiamo ai lettori alcuni spunti narrativi, buchi da riempire, storie da completare, sperando che qualcuno abbia voglia di documentarsi, scrivere e mandarci racconti (a scanso d'equivoci, i diritti rimangono a voi);
La sezione "Conversazioni", che ospita riflessioni, sentimenti, ragionamenti e scervellamenti su Manituana. Spedite via e-mail e pubblicheremo. Tutti i post sono commentabili. Sul Livello 2 il libro lo hanno letto tutti, quindi se ne può discutere in libertà, senza alcuna preoccupazione di spoiler, nessuna sorpresa da rovinare;
La sezione "Mappe", molto più approfondita della sezione "Luoghi" del Livello 1. Abbiamo sovrapposto alle immagini satellitari di Google Earth alcune mappe d'epoca che non compaiono tra quelle già disponibili nel programma: Londra 1744, Montreal 1766 e il territorio delle Sei Nazioni, cartografato da Guy Johnson nel 1771;
La sezione "Segnalibri", cioè una bibliografia/linkografia selezionata dal corpus delle fonti che abbiamo utilizzato. Una pagina utile a chi desidera approfondire il periodo storico, i contesti, gli eventi etc.
COMMENTI, RECENSIONI, MATERIALI VARI
Nelle ultime due settimane sono apparsi, su carta e su web, diversi testi interessanti: riflessioni sul nostro progetto transmediale, prime recensioni del romanzo etc. Alcune cose le abbiamo segnalate la settimana scorsa, qui proponiamo una vera e propria mini-rassegna ragionata.
E' stata senz'altro una bella sorpresa la pagina dedicata a Manituana dal quotidiano L'Unione Sarda il 24 marzo scorso: intervista, recensione, lunga nota biografica. Tutto fatto molto bene. Si può leggere il PDF su manituana.com oppure su wumingfoundation.
Sul suo sito personale, il collega Giuseppe Genna ha pubblicato un lungo intervento su letteratura e rete, nel quale parla di manituana.com, del suo progetto MEDIUM e di alcuni precedenti (il sito di Free Karma Food e quello di L'anno luce). L'articolo - oltre a contenere alcuni link a tradimento, che abbiamo trovato esilaranti - si sviluppa da questo nucleo discorsivo:
...fare uscire il libro dal libro... evidenziare che il romanzo è soltanto un accidente rispetto a una sfera di possibilità che costituiscono l’immaginario da cui il romanzo cartaceo viene emergendo. Si trattava, cioè, della presa di coscienza che il romanzo è una realizzazione accidentale della narrazione. La narrazione è qualcosa di più vasto del romanzo: essa viene evocata dal romanzo, non viene affatto esaurita. Il potere delle storie non coincide con le storie singole: è potere, potenza immaginifica, e le storie singole ne sono consustanziate e lo irradiano. Può fare sorridere che si arrivi ora, nel 2007, grazie a uno strumento non propriamente accademico quale è la Rete, a rendere visibile questa intuizione che ogni scrittore autentico ha sempre coltivato, di cui è sempre stato consapevole. Eppure proprio il Web, per le sue caratteristiche intrinseche, di coralità e proposta comunitaria, è il mezzo che mancava...
In calce al testo di Genna, uno speciale sullo stesso argomento tratto da Chips & Salsa, l'inserto del Manifesto dedicato a rete e tecnologie. In un box su manituana.com, Nicola Bruno scrive: "Sarà pure una storia dalla parte sbagliata della Storia, ma di certo è dalla parte giusta del web.
Sul blog Clownsblog, quella che finora ci sembra la recensione di Manituana più densa e completa. Si vede che chi l'ha scritta ha davvero letto il libro, ci ha pensato e rimuginato sopra, e prima di scrivere ha seguito diverse piste (vedasi quella che porta al film The Prestige, e qui ritorna la metafora dello scrittore come illusionista, illustrata in una risposta a L'Unione Sarda, vedi sopra).
Tre recensioni che mettono l'accento sull'inversione del punto di vista storiografico. La prima è di Nero, ovvero il 50% del collettivo di scrittura R.S. Blackswift, autori del romanzo Monocromatica (Colorado Noir, 2007). Tra le altre cose, Nero scrive:
Siamo abituati ad associare profondamente la rivoluzione d'indipendenza americana con la rivoluzione francese, a collegarle all'idea di una rivoluzione contro la tirannia monarchica e per l'avvento degli uomini liberi. Ritrovarti al centro di una storia che riporta questa visione propagandata con forza da anni e anni di studio della storia classico nelle scuole italiane, sui giornali, nella nostra cultura "mainstream", a quello che è, ovverosia una storia di guerra, di culture che scompaiono, di uomini che distruggono quello che temono o quello che bramano, è uno shock culturale abbastanza forte da strapparti dalla tua quotidianità e calarti nella narrazione.
N.B. Nei commenti in calce, Nero e il nostro amico Claudietto, due che si conoscono da una vita e hanno occupato lo stesso centro sociale, giocano come due bambini: "Indovina chi sono?", "E chennesò?", "Indizio: mi nominano sul tale numero di Giap", "Mumble, mumble...", "Eddài, che è facile!", "Ah, cazzo, ma sei tu!!!". Ma andate a cagare... :-)
La seconda, più breve, è apparsa sul blog Ricambi Riciclati, ecco uno stralcio:
La rivoluzione americana, i miti fondativi della nazione, vengono ribaltati, eviscerati, e con il sangue che scorre nelle vene di quell'America viene scritta una narrazione nuova. Un effetto collaterale della storia dei manuali viene messo al centro, ribaltando prospettive e mitologie.
Si gioca con luoghi comuni, in un immaginario già definito (indiani e americani ci accompagnano sin dall'infanzia) che viene scombinato e ricategorizzato.
La terza è apparsa sul blog Seishin Dojo, e contiene un'immagine che abbiamo trovato molto bella:
La narrazione è ambientata in un periodo storico di cui molti di noi sanno poco credendo di sapere tanto, e sopratutto la storia è vista e vissuta “dall'altro lato”, da quello dei perdenti, dei senzavoce, degli ultimi, di coloro di cui – per dolo o colpa – la Storia con l'iniziale maiuscola si dimentica o fa finta di dimenticarsi, come di un parente scomodo capitato all'improvviso in una festa di famiglia.
Una recensione apparsa su Iniziativa a firma di Igor Jan Occelli, oltre a un finale amaricante che dà da pensare, contiene questo passaggio:
...Le parole. Quelle dette e quelle lasciate cadere nel vuoto. Sono queste che si fanno segni in grado di raccontare mondi [...] Gli aggettivi, i termini, le mezze frasi, non sono mai lasciate al caso. Uno scopo preciso le anima: quello di trasportare il lettore nel passato in cui l'azione si svolge.
Sul numero della rivista XL appena uscito in edicola, il collega Marco Philopat firma un divertente e delirante articolo su Manituana, intitolato "Quando gli indiani crearono il punk due secoli prima". Ecco uno stralcio:
...gli autori descrivono una banda extralegale di strada che con archi e frecce terrorizza la grassa e opulenta Londra del XVIII secolo: i Mohock, figli di poveracci che si pitturano le chiome lanciando il loro grido di guerra. Ma allora gli indiani metropolitani e i punk hanno avuto degli antenati, pensavo nel mio delirio. Forse dietro la sigla Wu Ming si nascondono i cinque rappresentanti della nuova nazione irochese! [...] Ho preso il treno e ho raggiunto i Wu Ming per propormi come rappresentante della sesta tribù...
LA BANDIERA E LA STRETTA DEL MORSO
Due curiose mini-polemiche, l'una discreta e contenuta, l'altra un piccolo polverone (o una sparatorietta a salve), si sono sviluppate in rete negli ultimi giorni.
La prima controversia riguarda l'immagine di copertina di Manituana, realizzata dal nostro amico Andrea Alberti di Chia Lab. L'osservazione che alcuni fanno, in genere senza intento malevolo, è: "La bandiera britannica raffigurata in copertina è anacronistica perché c'è la croce di San Patrizio, che fu inserita soltanto nel 1801, dopo l'entrata ufficiale dell'Irlanda nel Regno Unito".
Dunque: ci sono almeno tre errori, nella linea di ragionamento che porta a muovere questo rilievo.
Il primo consiste nel ritenere l'immagine di copertina un'immagine "d'epoca", settecentesca, o comunque "settecenteggiante".
Il secondo consiste nel guardare a un'immagine simbolica e astratta cercandovi correttezza filologica.
Il terzo consiste nel ritenere che la bandiera stilizzata sia la Union Jack di oggidì.
Nell'ordine: l'immagine di copertina non ha niente di settecentesco, non può essere collocata in un preciso contesto temporale, pre- o post- la tale data o la tal'altra. Non è un'immagine d'epoca, ma un'immagine stilizzata e astratta, che si riferisce a oggi più ancora che a ieri. Il lembo di vessillo su cui l'indiano poggia i piedi, staccato dal resto della bandiera come se partisse alla deriva, ha un preciso significato, che dovrebbe risultare chiaro a lettura finita.
In ogni caso, la bandiera non è una Union Flag post-1801: la crux decussata della bandiera di St. Patrick... non c'è. E' solo un gioco di bianchi e di neri. Nel quadrante inferiore destro c'è soltanto il bianco, senza strisce sovrapposte. Come ha scritto WM1 rispondendo a qualcuno:
"Insomma, ragazzi, un po' di fiducia: dopo anni e anni di studio per scrivere questo romanzo, concedeteci che almeno la storia della Union Jack e delle sue versioni l'abbiamo presente. Tanto che nella brochure circolata presso i librai, come copertina provvisoria, figurava la Grand Union Flag che i Continentali sventolarono nel periodo 1775-77".
La seconda controversia è più strana, e ci lascia perplessi, ancorché divertiti.
Da qualche parte nella rete si contesta con grande acribìa una singola frase, anzi, un frammento di frase contenuto nel cap. 1 di Manituana. Ad un certo punto descriviamo un cavallo come "fremente sotto la stretta del morso". Incredibile dictu, c'è chi ha dedicato diverse pagine di blog - con relativa lunga sequenza di commenti e l'intera voce "Morso" di Wikipedia ricopiata per buona misura - a sostenere che non sappiamo scrivere, poiché il morso non "stringe", bensì preme. Oibò! Cazzo!
Immaginate la reazione se avessimo scritto che un personaggio "bevve un bicchier d'acqua". Come si fa a bere un bicchiere, se è solido? Un bicchiere si accosta alle labbra, ma quello che bevi è il suo contenuto. E poi un bicchiere non è "d'acqua": è di vetro, e contiene acqua.
Compiti a casa
1) Studiare la figura retorica nota come "metonimia", e in particolare il tipo "causa per l'effetto e viceversa" (es. "sentire le campane" anziché "sentire il suono prodotto dalle campane").
2) Rinvenire il suddetto tipo nella frase contestata.
3) Ripigliarsi.
4) Quando tutto accade veloce, imparare a essere lenti.
ECCO CHI CI DIEDE LA FOTO A MESTRINO (PD)
[ Sullo scorso numero di Giap ricordavamo un piccolo episodio avvenuto dopo una presentazione a Mestrino, provincia di Padova, nel 2003. Un tizio ci allungò una foto: "un paio di stivali di gomma e tre libri gonfi e deformi, come capita ai libri infradiciati quando si asciugano. Lettere luterane di Pasolini; Le voci del bosco di Mauro Corona; infine, Q nell'edizione de I Miti". Erano i libri sopravvissuti all'inondazione di casa sua. Donataci la foto, il tizio s'era dileguato. Non sapevamo il suo nome, né avevamo alcun contatto. Di recente ci è presa la curiosità di sapere qualcosa di più su quell'inondazione, da qui l'appello su Giap, al quale Rocco Menna, così si chiama, ha risposto il giorno stesso. Noi ricordavamo la Valtellina, e invece era Pordenone. Ecco il suo racconto.]
Chi vi diede quella foto
Quanti possono vantare una descrizione di sé fatta da uno dei propri scrittori preferiti?
"Si avvicina uno, ci racconta la storia per sommi capi, ci lascia la foto in regalo e se ne va".
Quello sono io, già perfettamente inquadrato dalla prima apparizione!
Ero alla presentazione dell'antologia Giap! con un paio di amici, una bella serata che cominciò con un giro di telefonate ed una veloce pizza lungo il viaggio d’andata verso Mestrino. L’incontro fu caratterizzato da un problema elettrico che rese la serata “unplugged” e ci costrinse ad accerchiare i ragazzi per poterli ascoltare, l’atmosfera si fece così più intima e si placarono un poco anche le temibili ed agguerritissime orde di zanzare. Alla fine, salutai i Wu Ming ed in cambio dell’agognato “timbro” sulla mia copia di Giap!, gli allungai la foto.
L'alluvione a cui si riferisce la foto è in realtà quella del 26.11.2002 nella città di Pordenone. Una città ed una data fanno sicuramente una storia ed in questo caso una della quale non parlo e non ho mai parlato molto volentieri, che si innescò bruscamente nella mia vita ed in quella della mia famiglia con conseguenze determinanti.
In quella giornata innaturalmente afosa, il fiume della città si ingrossò talmente tanto ed in breve tempo, da rompere l’argine proprio nel centro storico prendendosi gioco delle improvvisate e a quel punto ridicole protezioni che avevamo preparato, le porte delle stanze da noi sigillate non fecero che contribuire ad aumentare la pressione dell’acqua che quando trovava sfogo, produceva dei terribili spostamenti d’aria che ho bene impressi nella memoria e che potevo sentire al piano rialzato dell’abitazione.
Lì c’eravamo rifugiati e lì speravamo di essere protetti anche nella peggiore delle ipotesi, ma qualche ora più tardi fu un mezzo anfibio della protezione civile a caricarci e portarci all’asciutto, noi e cane al seguito.
Di tutto quell'evento mi piace ricordare il lunghissimo elenco di amici che arrivarono ad aiutare, pulire, confortare. Forse è vero che gli oggetti nella vita non sono nulla, ma passammo molto tempo a selezionare quelli ancora utilizzabili, quelli irrimediabilmente danneggiati e quelli che comunque per qualche motivo, dovevamo conservare.
Quell'immagine regalata a Roberto del Wu Ming mi sembrò simbolica, si materializzò davanti ai miei occhi: i libri di tre autori sensibili, combattivi e consapevoli delle tragedie presenti e passate del nostro Paese erano lì davanti a me, gonfi, maleodoranti ma le loro copertine erano di un lucido che sembravano patinate di fresco: decisi di fotografarli.
Rividi ancora Wu Ming successivamente in un’altra memorabile serata a Spilimbergo: parlammo, senza presentarci, di come stava andando il loro libro in UK e del fatto che io stavo a Notthingam in quel periodo.
Ora, a ferite rimarginate, mi ritorna in dono l'unica copia di quella foto.
Rocco Menna - giapster
Birraaroundtheworld.splinder.com
KAI ZEN, "LA STRATEGIA DELL'ARIETE"
Il 16 marzo scorso Wu Ming 2 ha recensito su L'Unità il libro dei nostri "cugini" Kai Zen, La strategia dell'Ariete (Mondadori Strade Blu, 2007), giunto in libreria pochi giorni prima di Manituana. La recensione ora si trova su Carmilla.
Ricordiamo che Kai Zen è un collettivo di quattro narratori, nato nel 2003 a seguito del progetto "Romanzo Totale 2002", da noi curato sul portale xaiel.it. Da quel laboratorio uscì il romanzo breve Ti chiamerò Russell (Bacchilega, 2003). In seguito Kai Zen ha curato molti altri progetti di scrittura collettiva e comunitaria.
La strategia dell'Ariete, romanzo di cui molto si è vociato negli anni della sua stesura, e che per molto tempo ha avuto come titolo di lavoro Al-Harìth, ha già attratto sugli autori l'attenzione e il rispetto di molti prestigiosi intellettuali. In calce alla pagina MySpace dedicata al libro, si vedrà che tra i loro amici figurano Carmelo Bene, Philip K. Dick, Aleister Crowley, Nikola Tesla, James Joyce e Samuel Beckett! :-)
ANGELA DAVIS, "AUTOBIOGRAFIA DI UNA RIVOLUZIONARIA"
[WM1:] Qualche tempo fa mi chiama il collega Christian Raimo, che lavora alla Minimum Fax. Mi dice che stanno per ripubblicare l'autobiografia di Angela Davis, titolo che da trent'anni diserta le librerie del Belpaese. Siccome ho scritto New Thing e diverse altre cose sulla cultura afroamericana, e siccome per i minimifaces ho già scritto una prefazione (quella alla raccolta di scritti di Lester Bangs), in quel di Piazzale Ponte Milvio pensano che forse sono la persona giusta per re-introdurre il libro nel Belpaese. Mi va? Oh, yeah. Le ultime bozze di Manituana sono corrette, e ho un po' di tempo a disposizione prima di gettarmi con gli altri WM su manituana.com. La postfazione la scriverà Luca Briasco, la prefazione spetta a me. Bentornata, Angela.
Rileggo il libro e mi metto a scrivere. Poi succedono diverse sfighe, cazzi vari, malintesi, il telefono non è lo strumento più adatto per capirsi in certi frangenti, Christian sussulta quando mi produco in sfrigolanti bestemmie. Insomma, per un motivo o per l'altro la cosa non va in porto, non è colpa di nessuno e tutti amici come prima.
Io però il testo l'ho scritto, mi piace, e me l'hanno pure pagato. Non mi faccio dare soldi in cambio di niente, non è nella mia indole, e il libro merita una discussione, Angela merita attenzione critica.
Indi ragion per cui, prendo il testo, lo riporto alla sua primeva selvatichezza e lo propongo come saggio/recensione su Carmilla, dove infatti ora si trova, per la gran gioia di tutti quanti.
THE OLD NEW THING: LA DATA D'USCITA DEFINITIVA
Stavolta non possiamo sbagliare: la compilation The Old New Thing, curata da WM1 per l'etichetta Abraxas, uscirà ai primi di maggio. Ricordiamo brevemente di cosa si tratta: cofanetto di 2 cd + libro (88 pagine, 190x137,5), campionario/remix del jazz più radicale degli anni Sessanta, quello dell'etichetta ESP, musicisti come Sun Ra, Albert Ayler, Giuseppi Logan, Milford Graves, Marzette Watts etc. Selezione brani e saggio introduttivo: Wu Ming 1. Missaggio: i grandissimi Pankow. |