L'Impero è in guerra con se stesso

Tutti d'accordo: con la globalizzazione si afferma un nuovo tipo di guerra. Il "primo conflitto del XXI° secolo" non sarà fra stati-nazione. Ma questo significa molto più di quanto ci si immagina.


di Roberto Bui (Wu Ming 1), 13-14 settembre 2001


1. "Occidentale" sarà Lei!

In questo favoleggiato "Occidente" che nessuno sa cosa sia ma che tutti gli aguzzini vogliono difendere, da un momento all'altro può scatenarsi un pogrom anti-arabo e anti-islamico. L'emergenza-terrorismo permette di gestire d'autorità la crisi dell'Impero. Crisi economica, di sovraproduzione, di legittimità. La "mano invisibile del mercato" ha l'artrite, e interviene il pugno di ferro.
Non c'è uno Scontro tra Civiltà l'una contro l'altra armate, bensì la crisi di un modello imperiale.

Tralasciamo il fatto che,
a rigore, la civiltà europea e il cristianesimo sono di origine non-occidentale.
La stragrande maggioranza delle lingue "occidentali" poggia su basi accadiche e sanscrite. Radici e desinenze delle parole che usiamo ogni giorno vengono dall'Anatolia o da quell'area turanica che gli USA si preparano a bombardare. Il cristianesimo nasce come eresia del giudaismo e ingloba elementi di culti gnostici, mitraici, orfici, zoroastriani etc. Tralasciamo tutto ciò e occupiamoci di processi meno remoti.

Oggi nessuno ha ben chiaro cosa significhi "Occidente". L'espressione non coincide con un preciso emisfero del pianeta, ma vorrebbe riferirsi a un insieme di caratteristiche religiose, giuridiche, politiche, culturali, estetiche.
Eppure è arduo dire cosa sia la "cultura occidentale". Nessun aspetto della "nostra" cultura è rimasto immune da contaminazioni e trasformazioni. Uno degli innumerevoli esempi possibili: esiste ancora una "musica occidentale"? No. Nel corso del XX° secolo la musica euro-americana è cambiata irreversibilmente sotto la spinta del blues e del jazz, con le loro blue notes e scale non-pentatoniche di derivazione africana.

Con la "globalizzazione" neo-liberista "Oriente" e "Occidente" si ri-dislocano a macchia di leopardo, sul pianeta e dentro le città. Avviene la stessa cosa per il "Nord" e il "Sud" del mondo: dove cerchiamo la stella polare o la croce del sud quando mettiamo a confronto l'esistenza della una ricchissima élite di un paese asiatico con quella dei clandestini cinesi schiavizzati in uno sweatshop di pelletteria del Nord-Est italiano? O quella degli "uomini-talpa" delle fogne di New York con quella di un cortigiano del Brunei?

L'affermarsi di questo "Impero del peggio" ha reso inservibili le vecchie categorie. Ci troviamo di fronte a contraddizioni e uno sterminato numero di paradossi. Ornitorinchi concettuali, "scherzi di cultura".

I musulmani italiani sono "occidentali"? O non lo sono più perché hanno scelto "un'altra cultura"? O sono "occidentali"... "collaborazionisti"?
La domanda è mal formulata: dovrei chiarire cosa intendo per "musulmani italiani". Anzi, cosa intendo per "italiani".
In teoria è "italiano" chiunque sia riconosciuto cittadino di questa Repubblica. Eppure definiamo "immigrati di seconda generazione" svariati connazionali nati e cresciuti in questo Paese. Nella definizione di una identità il "diritto del sangue" (camuffato da discorso "culturale") continua a prevalere sul "diritto del suolo": il linguaggio che usiamo tradisce la superstizione secondo cui sarebbe "italiano" (e, per traslazione, "europeo" e "occidentale") solo chi è diretto discendente di autoctoni . Ma nessuno può affermare, né tantomeno dimostrare, di non avere "immigrati" tra i propri avi. Mentre le migrazioni sono sempre esistite, l'autoctonìa è una pura invenzione: su questa Penisola si sono stabiliti etruschi, saraceni, normanni e decine di altri popoli, in un alternarsi di scorribande e invasioni. Al pari di milioni di miei connazionali, io ho remote origini etrusche. Gli etruschi, si sa, venivano dall'Asia Minore. Sono dunque un "immigrato medio-orientale di centesima generazione".

Chi vuole salvare in corner le categorie di "Occidente" e "occidentalità" afferma che "Occidente" significa anche e soprattutto un sistema "democratico e liberale". Sulla carta (le costituzioni formali etc.), lo Ius Soli prevale sullo Ius Sanguinis.

Fingiamo per un attimo che sia davvero così, anche nella costituzione materiale. Fingiamo che il razzismo non sia una delle più importanti forze all'opera per mantenere l'attuale divisione del lavoro, in Europa e nel resto del mondo. Dunque un cittadino italiano figlio di arabi, con nome arabo e di religione musulmana, è italiano a tutti gli effetti. Fin qui tutto bene. Al limite, mi potrò spingere fino a definirlo "europeo". Ma chi mi seguirà se affermo che costui è "occidentale"? A quel punto le argomentazioni si faranno involute, piene di paralogismi e sofismi: rientreranno dalla finestra elementi di Ius Sanguinis camuffati da discorsi sulla cultura e l'identità europea, si travestirà la Kultur da Zivilisation, etc.

Esistono dunque europei e americani "non-occidentali". Negli Stati Uniti la political correctness (chissà che fine farà adesso!) ha creduto di rimuovere il problema accostando le nazionalità: "Arab American" etc. Ma su quale delle due nazionalità cade l'accento? In tempi normali, si direbbe che cada su "American". Senz'altro oggi cade su "Arab". Mentre scrivo, in tutti gli USA si registrano aggressioni e intimidazioni. Dove non li si attacca, comunque li si guarda con diffidenza, perché non è chiaro da che parte schierarli nello "Scontro tra Civiltà".
Si teme che l'ornitorinco morda. C'è chi propone di bastonarlo preventivamente.


2. Now you know what it feels like

A caldo, Henry Kissinger dice che la risposta all'atto di guerra contro World Trade Center e Pentagono sarà "proporzionata", non si tratterà di una semplice "rappresaglia".
Kissinger è stato cervello e mandante di omicidi politici e colpi di stato. Il più famoso, curiosamente, ebbe luogo un 11 settembre. Martedì scorso era il 28esimo anniversario della presa del potere da parte di Pinochet. Nel frattempo, il generale non ha ricevuto alcuna risposta "proporzionata", anzi, ha ottenuto di poter morire nel suo letto.
Due giorni dopo, Edward Luttwak dice che vanno riconsiderate una volta per tutte le "priorità" e che nel rispondere all'attacco non ci si deve preoccupare troppo di "danni collaterali" e vittime civili.
Luttwak è stato il teorico e l'istigatore di diversi colpi di stato. Ci scrisse sopra una vera e propria "guida", Tecnica del colpo di stato (Longanesi, Milano 1979).
E' anche grazie alle "priorità" dell'Impero (e ai "danni collaterali" provocati in giro per il mondo) che oggi forze oscure, mafie de-territorializzate, banche e servizi segreti, esotici miliardari con le mani in pasta dappertutto possono contare su un vero e proprio esercito di disperati e fanatici disposti a fare i kamikaze.

Alcune "banalità di base":
nel 1978 e nel 1982 Israele, con l'appoggio incondizionato da parte degli Stati Uniti, invase prima il Sud del Libano poi l'intero paese, bombardò la capitale Beirut, uccise ventimila persone di cui l'80% civili, distrusse gli ospedali, praticò sistematicamente la tortura and so on. Sono accertate le responsabilità israeliane (in particolare del primo ministro Menahem Begin e del ministro della difesa Ariel Sharon) nelle ecatombi nei campi palestinesi di Sabra e Chatila, 15-18 settembre 1982: i miliziani falangisti controllati da Israele massacrarono metodicamente più di duemila civili, tra cui donne, vecchi e bambini. Sharon si giustificò parlando di "duemila terroristi". Oggi vediamo all'opera la stessa logica da pogrom, ma su scala globale.
La Risoluzione 425 del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite (marzo 1978) intimava a Israele di ritirarsi dal Libano immediatamente e senza condizioni. Israele la ignorò, come ignorò due successive risoluzioni dall'identico contenuto.
L'occupazione del Sud del Libano è durata ventidue anni, finché le difficoltà del governo Barak e - soprattutto - la resistenza degli Hezbollah non hanno causato il ritiro delle truppe israeliane. Poi ci si sorprende della facilità con cui gli estremisti islamici fanno proseliti.
Se esistono "stati canaglia" [rogue states], Israele è senz'altro tra i primi della lista per il numero di invasioni militari, attentati eseguiti in altri paesi, violazioni del diritto internazionale e dei diritti umani.
Ma nella lista "ufficiale" dei rogue states figurano solo i nemici di comodo dell'Impero, spesso ex-pupilli, creature della CIA apparentemente sfuggite al controllo.
E' grottescamente evidente la logica dei due pesi e delle due misure: nel 1990, pochi mesi dopo l'invasione USA di Panama (2000 civili morti nei bombardamenti), l'occupazione del Kuwait da parte del figlioccio rinnegato Saddam Hussein fu considerata un atto gravissimo contro la "democrazia", benché in Kuwait di quest'ultima non vi fosse traccia. Di contro, c'era un bel po' di petrolio.
Contro l'Iraq fu scatenata una grande offensiva militare che costò la vita a 200.000 civili. Durante quell'"operazione di polizia internazionale" si sperimentarono i proiettili all'uranio impoverito, più tardi usati anche in Jugoslavia. Centinaia di generazioni future continueranno a subire le conseguenze di questa follia.
Dalla fine della guerra, l'embargo imposto dagli USA, i continui bombardamenti anglo-americani nelle
no-fly zones e la contaminazione dell'ambiente hanno provocato un numero incalcolabile di decessi. Nel Marzo 1999 una delegazione di sette Premi Nobel per la Pace visitò l'Irak. Ecco un estratto del loro resoconto:
<<Le esistenze di ventitrè milioni di cittadini iracheni sono state devastate dalla guerra del golfo, dalle sanzioni economiche di USA e ONU e dai continui bombardamenti USA/UK nelle "no-fly zones" settentrionali e meridionali. Tutto va in rovina: l'economia, le infrastrutture, il morale, la sanità, l'istruzione, la difesa militare e le telecomunicazioni. Secondo l'UNICEF oltre un milione di civili iracheni sono morti da quando sono state imposte le sanzioni nell'agosto 1990, e ogni mese muoiono 6000 bambini a causa della malnutrizione e di epidemie prevenibili. Oltre un milione di bambini sotto i cinque anni sono denutriti. L'acqua è talmente contaminata che i contagi non si fermano mai. Qualunque rimedio medico è reso inutile dalla contaminazione.>>
Qualche mese fa (marzo 2001) ha fatto scalpore la distruzione, da parte del regime dei Taliban afghani, delle due antiche statue di Buddha di Bamiyan (III°-V° secolo a.C.). Si è parlato di un attentato alla storia e alla cultura, ma quando gli USA bombardarono le vestigia di una civiltà millenaria, si lamentò solo un pugno di archeologi. Ecco l'opinione di Giovanni Pettinato, professore ordinario di assiriologia all'università La Sapienza di Roma e direttore della rivista Oriens Antiquus:
<<Gli statunitensi hanno battezzato la loro operazione Desert Storm. Ma altro che deserto! In Iraq ci sono oltre 10 mila siti archeologici, perlopiù ancora da scavare. La ziggurat di Ur porta i segni degli spari. Le voragini aperte dai missili hanno fatto affiorare quasi ovunque statue o tavolette. I clandestini vi si sono subito tuffati. Ma un censimento completo dei danni non è mai stato effettuato.>>

Nell'agosto 1998, in pieno "Sexgate", Bill Clinton fece bombardare il Sudan con decine di missili da crociera Tomahawk, mossa di dubbia legittimità costituzionale. Il principale bersaglio era un impianto farmaceutico. Secondo gli USA era di proprietà di Osama Bin Laden, e in realtà produceva armi chimiche. Secondo altre versioni, era proprio un impianto farmaceutico, e conteneva una buona metà delle scorte di medicinali dello stato africano. Si contarono decine di morti e feriti. Tutti civili. Molti governi protestarono. L'ONU avviò un'inchiesta, che gli Stati Uniti riuscirono a bloccare. Chi se ne ricorda più?

Nella primavera 1999 la NATO combattè contro la Jugoslavia una guerra vigliacca fatta senza mai toccare il suolo, troppo in alto per le contraeree, con nessun rischio da parte di chi attaccava. Come già in Iraq, si registrarono "danni collaterali", morti di civili colpiti nelle case o sui mezzi di trasporto, e contaminazioni ambientali come risultato del bombardamento di impianti chimici, farmaceutici etc. In quell'occasione fu coniato l'orrido ossimoro "guerra umanitaria". Il labile pretesto era la "pulizia etnica" in corso nella regione del Kosovo, con la minoranza serba intenta a perseguitare e uccidere la maggioranza albanese. Il numero delle vittime fu gonfiato fino all'inverosimile. Le scaramucce tra le due etnie erano veramente poca cosa a paragone, per esempio, del secolare sterminio del popolo kurdo attuato dalla Turchia (alleato degli USA). Inoltre, la NATO sostenne l'UCK, formazione nazionalista compromessa con la mafia albanese, coinvolta nel traffico d'armi e droga e zelante nella persecuzione della minoranza serba.

E come non mettere in conto tutti i morti causati dall'Accordo WTO sulle Barriere Tecniche al Commercio, dalle politiche del Fondo Monetario Internazionale, dall'ideologia neo-liberista che oggi mostra la corda?
Non c'è da sorprendersi che più di tre miliardi di persone siano oggi potenziali nemici degli Stati Uniti e diventino oceanico "brodo di coltura" per il nichilismo e il terrorismo. Non c'è nemmeno da sorprendersi che qualcuno si sia rallegrato per l'attacco al Pentagono e alle Twin Towers. "Si può fare!" è il lugubre messaggio di cui sono destinatari. Dopo tanti "civili di serie Z" annientatii da sofisticate tecnologie di morte, tocca a "civili di serie A" essere uccisi da bombe ready-made, dai loro stessi aerei di linea.


3. Il babau e la mafia islamica

La globalizzazione dello sfruttamento implica la globalizzazione della rappresaglia e dell'influenza di chi incanala la disperazione. Questo coacervo di umori e interessi, sezione di capitale trans-legale e deterritorializzato che vive in conflitto e in simbiosi con l'Impero e i suoi servizi di intelligence, esprime un'avanguardia. L'avanguardia di quanti - per ragioni diverse, alcune "nobili" alcune abiette - si oppongono all'Impero e sognano che le tre Roma (Washington, New York e Los Angeles) subiscano quello che subirono Baghdad, Beirut etc.
La stessa rappresentazione degli "stati canaglia" è superata e consolatoria, come ha detto Michael Hardt:
<<...bisogna abituarsi all'idea che si sta entrando in una era diversa nella storia del mondo, in cui il concetto stesso di guerra è cambiato. Non sarà più come quelle combattute fra imperialismi in ritardo di fase. E' una guerra che avviene al di fuori di uno spazio territoriale definito, il suo teatro è il mondo. Una guerra in cui il nemico ha sempre un profilo sfrangiato....>> (Il Foglio , 13/09/2001)
Profilo sfrangiato. Il nemico è qualcosa di più di una "Internazionale del Terrore". E' una sorta di mafia islamica (si badi bene: dico "islamica" come direi che Totò Riina è "cattolico"). Essa intrattiene con l'Impero un rapporto molto simile a quello di Cosa Nostra con lo Stato italiano: concorrenza e collaborazione, rappresaglie e accordi, Prefetti di Ferro e servizi "deviati". Alcuni esponenti dei rispettivi campi si sparano e si fanno saltare in aria, mentre altri si baciano in fronte.
E' un'articolazione di rapporti complicata e difficilmente descrivibile. Basta una parola fuori posto per andare fuori strada, scivolare nelle solite "teorie del complotto" in cui sembra che tutto, ma proprio tutto, venga deciso a tavolino. Anche questa è una consolatoria riduzione della complessità del reale: se il nemico è tanto onnipotente da prevedere l'intero corso degli eventi, non devo farmene una colpa se non riesco a contrastarlo. [C'è gente come Guy Debord e i situazionisti che di questo approccio paranoide e preventivamente sconfittista fece una vera e propria arte. L'estasiata descrizione delle manovre nemiche toccava vette di sublime poesia.]
Subito dopo gli attacchi di martedì scorso ho sentito diverse persone ipotizzare che "gli americani si sono attaccati da soli" e altre facezie. Non dobbiamo essere grossolani e imprecisi, non è il momento.
Di sicuro l'Impero cercava, aspettava il casus belli . Come preconizzava Sbancor il 25/08/2001:
<<Per l'establishment imperiale  si tratta di restituire al capitalismo internazionale l’ultima chiave per poter uscire da un ciclo recessivo che si annuncia lungo. Questa chiave si chiama *Warfare*.  Il Warfare non necessariamente è guerra, anche se ogni tanto qualche guerra è pur necessaria per smaltire le scorte d’armi e giustificare i nuovi investimenti. Il Warfare è un complesso militare industriale e di intelligence ed insieme una politica economica. La possibilità di iniettare liquidità nel sistema mirata direttamente ad investimenti in tecnologia che possono perpetuare la supremazia imperiale.  Da un punto di vista economico il warfare è molto più efficace del welfare.  E’ più selettivo, permette di distribuire i soldi fra gli amici,  stimola l’innovazione tecnologica, evita politiche sociali imbarazzanti, ha minor impatto sull’inflazione e indirizza la domanda del III° mondo verso un prodotto, come le armi, che assicura la sopravvivenza agli wasp (white anglosaxon protestant),  dimostrando inoltre l’inutilità delle politiche di aiuto a un terzo mondo barbaro e crudele. Il warfare va continuamente alimentato da visioni geopolitiche. L’America, almeno dal tempo di Bush senior, sta cercando di superare un ostacolo psicologico: la sindrome del Viet-Nam  che gli impedisce di far funzionare sul serio il Warfare . Ci è quasi riuscita con la guerra del Golfo e con il Kossovo.  Dove potrà provare una prossima “guerra”?
La Palestina  è la miccia. Sempre accesa. Chi ha provato a spegnerla ha fatto una brutta fine, come Rabin. Quanto è lunga la miccia e fino a dove può bruciare? La polveriera non è in Medioriente. Il Medioriente al massimo è la seconda parte della miccia. La polveriera è in un punto imprecisato delle frontiere  della cosiddetta area “turanica” (Iran, Afghanistan, Tagikistan, Khirghisistan, Azerbaijan, Uzsbekistan, Pakistan.)>>

<http://www.wumingfoundation.com/italiano/Giap/SbancorGiap.html>

Dopo la contrastata elezione di Bush e lo scoppio della bolla della new economy, è probabile che un clima di lassismo e fatalismo strumentale si sia impadronito degli USA. Non occorre chissà quale complotto, né avere basisti ai livelli più alti: basta lasciare che tutto vada in vacca, non sostituire la lampadina fulminata. Si allenta un controllo lì, si privatizza ed esternalizza un servizio di vigilanza là, non si pone rimedio al calo di professionalità determinato da un turn-over annuale del 400%... Si attendono gli eventi, insomma. Si attende l'occasione per un'uscita guerrafondaia dalla recessione e dalla crisi. Però non c'è dubbio che questo evento ha superato le aspettative.
In base all principio del "cui prodest" (utile ma un po' troppo tipico di un vecchio mondo in cui c'erano schieramenti definiti), di certo all'esecutivo Bush non prodest, almeno per il momento. Il presidente è in piena, nera crisi di legittimità, giornali e TV lo spellano vivo, d'ora in poi la sua strada sarà ancora più in salita di prima.
Nessun governo si farebbe da solo una cosa del genere, e certo gli USA non si colpiscono da soli il Pentagono, non si umiliano mostrando al mondo braghe di tela screziate di merda, non ci hanno mai tenuto a farsi vedere deboli e pigolanti come sono apparsi nelle 48 ore dopo gli attacchi.
La rappresaglia non può suonare un'ottava più bassa, dev'essere all'altezza, non "telefonata", ed è un problema. E' un problema perché nessuno - in primis l'unione europea, (che ha il medio oriente sotto le chiappe) e gli stessi alleati degli USA nei quadranti a rischio - vuole farsi trascinare in un conflitto globale, alla cieca.
Si dice: "i servizi non potevano non saperlo". Dipingiamo i servizi più efficienti di quanto siano, in realtài non sono un blocco omogeneo e monolitico, ci sono lotte tra correnti, tra agenzie, tra paesi e tra lobbies trasversali a quei paesi. Per non parlare delle vere e proprie infiltrazioni. Anche questa è purissima globalizzazione, compresenza di Nord e Sud e reversibilità dei loro rapporti: gli estremisti islamici sono uomini della CIA, ma probabilmente è vero anche il contrario: alcuni agenti CIA sono uomini degli estremisti islamici.
In un altro senso, si può dire che gli USA se lo sono fatti indirettamente da soli.
Per decenni hanno finanziato e sostenuto l'integralismo islamico in chiave anti-sovietica e anti-panarabista. Bin Laden, come già Noriega e Saddam, ha lavorato con la CIA. Ma se Noriega era solo uno sgherro facile da manovrare e rimuovere, e Saddam solo il dittatore di uno stato-canaglia, Bin Laden è una figura innovativa, sfuggente, presidente di una vera e propria multinazionale:
<<...imprese e aziende agricole in Sudan; investimenti tra Mauritius, Singapore, Malaysia e le Filippine; interessi in business così diversificati come diamanti in Tanzania, automobili a Dubai, una flotta peschereccia in Kenya, legname in Turchia, frutta in Tagikistan, lapislazzuli in Uganda; perfino l'import di materiale di precisione dagli Stati Uniti, di trattori dalla Slovacchia,di telefoni dalla Germania, di uranio dal Sudafrica, di biciclette dall'Azerbaigian, di camion dalla Russia...>> ( Il Foglio, 13/09/2001)
N.B. Stati Uniti. Turchia. Germania.


4. We are the world

Hollywood marcirà sui mulini a vento dell'eternità
Hollywood coi suoi film ficcati in gola a Dio
Sì, Hollywood avrà quel che si merita.
Allen Ginsberg, "Morte all'orecchio di Van Gogh", 1958


Come scrivono Negri e Hardt, questo impero ha tre Roma: Washington per la politica, New York per l'economia e Los Angeles (Hollywood) per lo spettacolo.
Le prime due sono state colpite fisicamente, la terza è stata spiazzata, le sue profezie realizzate e un intero filone campione d'incassi (l'action movie catastrofico) necrotizzato . Lo hanno scritto un po' tutti, in questi giorni, evocando films come True Lies, Godzilla, Armageddon, Independence Day , The Siege (in Italia: "Attacco al potere"). Tuttavia, in quei film ci sono cose più interessanti della mera distruzione di New York.
True Lies e molti altri film (cfr. i B-movies con Chuck Norris, Delta Force etc.) sono indiscutibilmente film razzisti e diffamatori nei confronti degli arabi. Anche dinosauri ed extraterrestri appaiono come metafore del nemico esterno e dello Scontro tra civiltà: gli alieni di Independence Day non comunicano mai, si limitano a distruggere. Godzilla è la barbarie assoluta, per il solo fatto di riemergere dalla preistoria nega tutto il percorso della civiltà occidentale. Il nemico non ha intenzione di parlare, perché non crede al dialogo o perché non ha le corde vocali. Poiché non vuole parlare, possiamo bombardarlo senza chiedere il permesso a nessuno.
Al contrario The Siege è un film molto liberal, a tratti è retorico fino all'intollerabile ma denuncia la tentazione di modificare la Costituzione e applicare una sorta di legge marziale in nome della lotta al terrorismo. E' molto attuale e sarebbe interessante proiettarlo prima o dopo un'assemblea di movimento.
La cosa che più mi ha colpito di Armageddon è lo sciovinismo che diventa universalismo. L'America coincide con l'intero pianeta e viceversa. Mentre gli americani si preparano a fermare l'asteroide, gli altri popoli (cioè noi) ascoltano la radio, attendono e pregano. Sul pianeta siamo solo comparse.
L'attacco alle tre Roma ha reso molto difficile proseguire su questa strada. L'avanguardia pazzoide e nichilista delle "comparse" ha dimostrato di poter uccidere diecimila persone in meno di un'ora, usando un brevetto di pilota e un coltello in ceramica. Finora nei film di Hollywood quest'arte di arrangiarsi era patrimonio esclusivo del John Wayne di turno. Ora tutto cambia.
Questa guerriglia aerea sta alla guerra "chirurgica" dei cieli di Baghdad e Belgrado come la guerriglia di terra sta alla guerra campale. Basso budget, massimo impatto, media consciousness, i 18 minuti tra un aereo e l'altro servono a far accendere le telecamere.
Certo, ci vuole Dio, o chi per lui. Ci vuole l'aspettativa della vita ultraterrena. Da questo punto di vista, Independence Day era una metafora azzeccata: gli USA vengono attaccati da veri e propri extraterrestri.


5. Il movimento deve difendere il suo spazio vitale

Il movimento globale è stato una delle con-cause della crisi di legittimità del turbocapitalismo. Da Seattle a oggi, il "Pensiero Unico" non è più tale. Con la nostra irruzione, sono scomparsi dall' agorà i vari Chicago Boys, Friedman (tanto Milton quanto Alan), i tardivi emulatori della Reaganomics e del Thatcherismo, i liberisti cyber-fricchettoni di Wired che vaticinavano "un lungo boom" (trentennale) basato sulla Rete e i titoli NASDAQ... Nei mesi scorsi costoro sono stati sostituiti da Naomi Klein, Jeremy Rifkin, José Bové, Susan George, Vandana Shiva, Walden Bello etc.
C'è chi l'aveva scritto e detto nelle assemblee:
"Il prossimo passaggio della crisi è la guerra".
"E' in arrivo una tempesta di merda".
Il movimento è accomunato dall'opinione e dalla sensazione che "un altro mondo è possibile". Tuttavia, credo di poter individuare nel movimento due diversi approcci, o "macro-componenti". La prima ha fiducia nella linearità del processo, pensa che con l'esercizio della "buona volontà", dài e dài, estendendo le reti di solidarietà già esistenti a colpi di volontariato e consumo critico, si potrà sostituire l'altro mondo a quello vecchio. La seconda vede il medesimo processo, ma lo pensa più in termini di crisi, tracolli, soprassalti, scarti dalla norma, "catastrofi" nel senso di René Thom (spazi creati da discontinuità).
Durante la nuova, strana guerra che sta per scoppiare, noi dobbiamo continuare a lavorare, non dobbiamo sbracare, dobbiamo essere all'altezza della sfida. La guerra non copre tutto l'orizzonte.
Col Warfare tamponeranno le falle, ma ne apriranno delle altre. Dobbiamo cacciare il liberismo nella pattumiera della storia, accanto ad altre consimili superstizioni (se ti fai le seghe diventi cieco etc.).
Il mio amico Leo Mantovani ha riassunto in modo efficace (benché greve) la differenza tra l'avanguardia nichilista e il movimento solidale e libertario delle moltitudini: "Questi qui accoltellano le hostess, noi invece le vogliamo chiavare!". Questo è il punto: per noi i corpi non sono solo vettori di sacrificio, micce pronte a esplodere, masse scagliate contro un obiettivo. I corpi siamo noi, sono io , quello che mettiamo in gioco nel contatto, nel progetto, nel desiderio. Il nostro essere comunità non ha nulla a che vedere con gli eserciti, le cosche o le gangs. E' questa la nostra forza. Usiamola.

Nel frattempo, non mi metterò l'elmetto in testa, non sarò arruolato a forza nell'esercito dello Scontro tra Civiltà. Mi opporrò alla guerra e griderò contro i pogrom ovunque essi abbiano luogo.

Siamo noi l'asteroide. Non è poi così facile fermarci.