Il ragno e la città

di Wu Ming [Wu Ming 5]

I muscoli dell'eroe sembrano contrarsi e distendersi appena sotto il rosso e il blu del costume. Nessuna pelle, solo tessuto colorato e fibre veloci, potenti. L'eroe scala il muro in vetro e acciaio come un insetto, poi lancia una sorta di tela dai polsi e vola, skyline vertiginoso sullo sfondo, fino a connettere l'edificio di fronte, mentre un fiume d'automobili e umani scorre caotico al di sotto. L'eroe è coraggiso; i poteri che sfoggia incredibili. Tanto l'eroe quanto le nemesi svariate che permettono il trascendimento, il riscatto e la catarsi sembrano in preda a una crisi di logorrea. Ogni azione di combattimento è sottolineata da commenti, minacce, sarcasmi, rivendicazioni, mentre la battaglia si snoda sempre più folle e veloce. L'eroe è potente, intenso, appassionato, problematico. Impossibile non amarlo.

Nel 1974 avevo dieci anni ed ero troppo piccolo per tutto. Troppo piccolo per i jeans attillati, le camicie eleganti e i commerci sessuali di mio fratello e dei suoi amici. Troppo piccolo per la musica nera: in quegli anni il Philadelphia Sound separava con una linea difficilmente valicabile "noi" e gli "altri". "Noi", cioè quelli che avevano dato un senso all'esistenza: "noi", in altri termini, era una nozione che mi escludeva. Temo che non fossero solo questioni anagrafiche: dovevo adattarmi a essere contato tra "gli altri", i miei coetanei, perduti nei mid Seventies italiani, convulsi e incomprensibili. Solo molti anni dopo ho capito che cosa stesse realmente accadendo.
La realtà, del resto, non aveva il potere di appassionarmi. Ero un nerd costretto a vivere in un quartiere popolare, completo di occhiali e aria timida, rancorosa. Andavo troppo bene a scuola per essere in qualche modo benvoluto. Ci provavo, cercavo di giocare a calcio meglio che potevo, ascoltavo alla radio le canzoni alla moda - vulè vu cuscer avec mua, donna felicità, ma qualcosa testimaniava la mia estraneità. Avevo cominciato a leggere l'Uomo Ragno, in quegli anni.

La storia di Peter Parker è segnata da una triplice tragedia. L'ignavia del neonato Supereroe costa la vita allo zio Ben, l'uomo che insieme a zia May lo ha tirato su. I genitori, agenti del governo, sono morti anni prima in una misteriosa missione: seconda tragedia. Terza tragedia, e determinante: il Peter Parker originario è un nerd. Tagliato fuori dalla vita sociale a causa dell'aspetto fisico e dell'insana predilezione per lo studio, e certo per via dell'abbigliamento insignificante. Un po' come il sottoscritto del 1974.
Nel primo quadr della prima avventura dell'Arrampicamuri (Amazing Fantasy n.15, agosto 1963) il nostro proietta sul muro un'ombra inquietante. Serve a far capire ai lettori che P. P. non è quel che sembra. Almeno, non solo. Un'ombra in costume, circondata da una ragnatela. Ma come possono sospettare, i tronfi membri della "in" crowd studentesca locale? "Quel topo di biblioteca non distinguerebbe un cha cha cha da un walzer. Fa da tappezzeria per professione!". Peter Parker è un emarginato. Perché, Perché non lo accettano, in nome di Dio?
Andiamo, P.P. Guardati allo specchio.
Prima lezione morale dell'Uomo Ragno al pubblico degli Stati e del Mondo Libero: chiunque può essere un eroe. Una lezione che non ho mai dimenticato, per quanto mi riguarda.

Un supereroe nerd. Che vive nel mondo reale e che si muove in una New York riconoscibile, concreta. Cemento e vetro e acciaio, potenziale Ground Zero. Supereroe con superproblemi: la definizione è diventata una formuletta. Ma la concettualizzazione di Stan Lee, o chi per lui o con lui (l'intera faccenda è controversa) è geniale. Ribaltare il mito di Superman. L'Uomo Ragno ha una vita privata. Vive conflitti interiori. Non si limita a correre dietro ai criminali e a batterli senza pietà. Cerca di capirli, addirittura. Vedi il rapporto controverso con Lizard o Goblin, e quello freudiano con Octopus. L'Uomo Ragno si interroga. L'Uomo Ragno vacilla. Cade. L'Uomo Ragno incarna un Bene problematico. L'Uomo Ragno ha amici che cadono nel tunnel della droga e ragazze che lo lasciano o muoiono - pensate a una Lois Lane che muore o che smette di amare il transfuga dal pianeta Krypton: impossibile. L'Uomo Ragno è umano. Forse è solo un Meglio rispetto alla malignità delle infinite nemesi. Costretto nella bidimensionalità della pagina, l'Arrampicamuri è nondimeno un personaggio a tutto tondo, incavi, anfratti e orifizi compresi. Niente Kryptonite e altre stronzate. I problemi dell'Uomo Ragno sono altri. I problemi dell'Uomo Ragno sono molto simili ai tuoi. A parte il fatto di dover fronteggiare uomini lucertola, mafiosi forti come un elefante, galeotti che si trasformano in sabbia, esseri da altre dimensioni e robot omicidi, certo.
Questo non vuol dire che si possa impunemente sovrapporre la coerenza dell'universo letterario del ragno al caos e alle convulsioni del nostro piano di realtà. Occorre fare attenzione.


II.

Il mio angolo di visuale sul mondo del Ragno - infinitamente più soddisfacente di quello che ero costretto a vivere - è certo divenuto più ampio. Critico. Le opinioni che esporrò possono apparire feroci: sono anni che non intrattengo un rapporto continuativo con Peter Parker, e l'ultima storia che ho letto, quella sull'11 settembre, mi è sembrata ignobile. Ma non fatevi ingannare dalla retorica che Wu Ming predilige. Non ho mai smesso veramente di amare il Ragno. A dispetto dei suoi stessi sogni.

Che si riducono a uno, fondamentalmente. Il sogno della middle class americana, quello che sembra perpetuarsi di generazione in generazione a dispetto dei contraccolpi, delle accelerazioni e delle tragedie della storia. Conformarsi; essere un volto tra la folla. Tra la folla, ma popolare. Popolare ha un'accezione diversa, oltreoceano. Barbecue, birre con gli amici, baseball, mogliettina affettuosa, risparmiare per il college dei figli e tutte le altre stronzate. Ciò che redime lo squallore dell'American way of life è una tautologia: il fatto di essere americano, appunto. Questo basta.
Ma l'adesione di P.P. a quegli ideali è difficile. Saranno i poteri di ragno, oppure una latente carica di irregolarità, o chissà cos'altro: oltre che all'americano medio (che pare riassumere il concetto di umano, semplicemente) Peter Parker assomiglia in modo sospetto al figlio dell'altra America, quella eroica davvero, quella di Walt Whitman, di Kerouac, di James Brown, Muhammad Ali o Malcolm X. Più di ogni altro personaggio in costume, l'Uomo Ragno sembra votato a una grave, irredimibile schizofrenia. La malignità e la grandezza dell'America sono uomini in carne & ossa. L'Uomo Ragno è l'epitome della condizione dell'Homo Americanus?
L'Uomo Ragno ha sogni così piccoli perché il costume è troppo attillato. Le ragnatele servono a proiettarsi oltre la propria ombra.

Difficile non avere la sensazione che il mondo ti stia scoppiando sotto il culo, al giorno d'oggi. Non occorre essere un intellettuale, un analista politico e nemmeno un autore militante (qualunque cosa significhi) per avvertire la sensazione in modo distinto e urgente. Ogni era cosmica ha i suoi eroi, e il 1974 è un'era cosmica molto lontana.
L'Uomo Ragno era un eroe solare, a dispetto del tratto espressionista e manicheo di Steve Ditko. Fondamentalmente inadatto allo spirito tetro dei nostri tempi. Questo è il momento di Ghost Rider, di Cable: eroi o antieroi che hanno fatto del conflitto e della violenza una sorta di orizzonte metafisico. Già il Punitore aveva preannunciato la tendenza. Certo, l'Arrampicamuri si è sempre mosso tra le quinte di una metropoli quasi-reale. Ma l'Uomo Ragno che fronteggia impotente la tragedia dell'implosione all'interno del nostro tempo storico, l'Uomo Ragno tra le macerie fumanti delle Twin Towers e gli eroici pompieri di NYC ha qualcosa di innaturale. Di definitivamente incredibile. Dentro l'universo del Ragno la cronaca è inverosimile. Il Dottor Destino che piange è una trovata miserrima. Vale quattro soldi.
Forse noi lettori colti-smaliziati-europei non siamo il pubblico di riferimento per storie del genere. Gli eroi in costume si aggirano da estranei nella plumbea iperrealtà della cronaca. Dove eravate? La domanda echeggia puntuale. Ma la risposta è semplice. Gli eroi non sono mai stati qui. Il vostro mondo non li merita.