Anteprima Stephen King: Notte buia, niente stelle

[WM1:] Sono reduce da un lungo tafferuglio, una lenta scaramuccia, una colluttazione durata sei mesi. Ho affrontato quattro novelle di Stephen King (in realtà tre romanzi brevi e un racconto lungo), cercando di rendere al meglio in italiano uno degli autori più “intraducibili” della letteratura nordamericana contemporanea.
L’antologia si intitola Full Dark, No Stars e non è ancora uscita nemmeno negli USA. In questi mesi sono stato tra i pochi al mondo ad avere tra le mani la bozza rilegata. Prima ancora era una risma di fogli A4, con tanto di annotazioni autografe dell’autore e, su ciascun foglio, la scritta verticale grigia “RALPH M. VICINANZA” (l’agente di King scomparso da pochi giorni a causa di un aneurisma cerebrale, RIP).
In Italia il libro uscirà tra un mese con il titolo Notte buia, niente stelle, e già su questo ci sarebbe un aneddoto curioso, un “appunto di traduzione”, ma ne parleremo a novembre.
La traduzione, come rimarca Umberto Eco nel suo Dire quasi la stessa cosa (2003), è sempre negoziazione: «per ottenere qualcosa, si rinuncia a qualcosa d’altro – e alla fine le parti in gioco dovrebbero uscirne con un senso di ragionevole e reciproca soddisfazione alla luce dell’aureo principio per cui non si può avere tutto.»
Tali “parti in gioco” sono numerose: il testo-fonte; la cultura in cui il testo è nato; il testo di arrivo; la cultura in cui verrà recepito; le consuetudini e norme redazionali della casa editrice; le aspettative dei lettori.
E qui c’è un nodo da sciogliere o da tagliare: per tanti anni, in Italia King ha avuto principalmente una voce, quella di Tullio Dobner.
Mi concedo un breve inciso. Si tende a scordarlo, ma un traduttore è un autore, perché deve re-inventare l’opera, ricostruirla dentro un nuovo sistema di simboli e riferimenti. Tradurre è un lavoro creativo, talvolta addirittura un evento fondante. Traducendo la Bibbia, Lutero forza la lingua, crea neologismi, inaugura registri; in pratica fonda il tedesco moderno. Ciascun traduttore, nel negoziare con le parti di cui sopra, compie scelte del tutto singolari: timbri, coloriture, connotazioni, spostamenti d’accento etc. Anche agendo col massimo rispetto per la “voce” dell’autore tradotto, ciascun traduttore valorizzerà risonanze diverse, perché ogni testo è polifonico, ogni testo è un’orchestrazione, e ogni traduttore ha un orecchio diverso.
Il mio orecchio è diverso da quello di Dobner. Eppure nella mia traduzione c’è anche Dobner, perché ho dovuto negoziare anche con lui, con le sue traduzioni. Spesso è accaduto in prima battuta, altre volte per l’indispensabile tramite degli editor di Sperling & Kupfer. Se un autore ha avuto per trent’anni quasi sempre la stessa “voce”, non si può non tenerne conto.  Soprattutto se tutti i libri di quell’autore sono collegati tra loro da mille riferimenti, eclatanti o tra le righe. In un racconto dell’antologia c’è un riferimento esplicito al ciclo della Torre nera, viene pronunciata una certa frase, e ovviamente l’ho riproposta verbatim nella traduzione di Dobner. Idem per certe scelte sui toponimi di Derry, città in cui si svolgono alcune tra le più importanti storie kinghiane, e che viene menzionata in svariati altri libri.
Avrei tante cose da raccontare, appunti da socializzare, curiosità sul lavoro svolto, ma non è ancora il momento. Stiamo ancora correggendo le bozze. E poi ci sono degli spoiler. Ne riparliamo a fine novembre. Ma non vi lascio a becco asciutto. Ecco, in anteprima nazionale assoluta, la “quarta” del libro.
Buona attesa, e un sentito GRAZIE a FloraSol Accursio, Sara Cavana, Gianni Biondillo, Lara Manni. Non sono certo gli unici che devo ringraziare, ma ho i miei motivi per cominciare da loro.
O la va o la spacca.
O la va o la spacca.
O la va o la spacca.

***

Io credo che dentro ogni uomo ne viva un altro, un estraneo, un Mestatore.

Frontespizio della bozza rilegata, ottobre 2010

Un agricoltore uccide la moglie e la getta in un pozzo. La sua colpa? Voler vendere un lotto di terra ricevuto in eredità. «La terra è affare dell’uomo, non della donna.» Siamo in Nebraska nel 1922.
Tess scrive gialli «rassicuranti», popolati da vecchiette che giocano ai detective. Una sera, viene aggredita e stuprata da un misterioso «gigante». Creduta morta e lasciata in un canale di scolo, sopravvive e medita vendetta.
Streeter, bancario malato di cancro, incontra il Diavolo nelle fattezze di un venditore ambulante. L’affare che conclude decide la sorte del suo migliore amico, colpevole di avergli rubato la ragazza tanti anni prima.
Due anni dopo le nozze d’argento, Darcy scopre che suo marito custodisce in garage un segreto. Un fiume di pazzia scorre sotto il prato fiorito del loro matrimonio. Che fare? Tirare avanti come prima o cercare una via d’uscita?
I quattro nerissimi romanzi brevi raccolti in questo libro parlano di donne uccise, seviziate o comunque «rimesse al loro posto». È in corso, nel nostro Occidente, una guerra contro «l’altra metà del cielo». La combattono maschi frustrati, impauriti, resi folli dalla perdita del loro potere. Come in Dolores Claiborne e altri capolavori, Stephen King esplora la psiche di donne forti che non accettano i soprusi e, quasi sempre, trovano la propria rivalsa. Che non coincide per forza con un «lieto fine».
Dopo i classici Stagioni diverse e Quattro dopo mezzanotte dalla prima raccolta sono stati tratti capolavori del cinema come Le ali della libertà e Stand by meNotte buia, niente stelle conferma ancora una volta lo straordinario talento del Re come scrittore di romanzi brevi.
Un King ai massimi livelli, per la prima volta tradotto da Wu Ming 1.

Stephen King, acclamato genio della letteratura internazionale, vive e lavora nel Maine con la moglie Tabitha, a sua volta scrittrice. Le sue storie da incubo sono clamorosi bestseller che hanno venduto 350 milioni di copie in tutto il mondo e hanno ispirato registi famosi come Stanley Kubrick, Brian De Palma, Rob Reiner e Frank Darabont. Nel 2003 gli è stata assegnata la National Book Foundation Medal per il contributo alla letteratura americana e nel 2007 l’associazione Mystery Writers of America gli ha conferito il Grand Master Award. Le sue opere sono tutte pubblicate in Italia da Sperling & Kupfer.
www.stephenking.com

«A mio parere l’ultima novella della raccolta è, dopo Il corpo, il racconto più bello che King abbia mai scritto. Questa antologia è un crescendo, inizia con un buon racconto, prosegue con un ottimo racconto, si rilassa con un buon racconto breve, culmina con un racconto vertiginosamente bello.» Wu Ming 1

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68 commenti su “Anteprima Stephen King: Notte buia, niente stelle

  1. […] Wu Ming 1 (Roberto Bui) ha condiviso su Giap! alcune considerazioni sulla sua opera di traduzione di Full dark, no stars di Stephen King. Nei mesi scorsi la scelta di cambiare traduttore per King passando da Tullio Dobner a Roberto Bui aveva acceso diverse polemiche (anche su Medeaonline), come promesso ritorniamo sull’argomento. Potete trovare l’anteprima di Bui a questo indirizzo: http://www.wumingfoundation.com/giap/?p=1410 […]

  2. Andrea, ma perché mi chiami continuamente “Roberto Bui”? Tecnicamente sì, mi chiamo anche così, ma se le mie cose le firmo con un nome d’arte, a rigore si dovrebbe usare quello. Se entri in libreria e chiedi di ordinare un romanzo di Alberto Pincherle, devi proprio trovare il commesso/libraio erudito e sveglio, altrimenti nisba, perché sul computer (giustamente) i libri sono attribuiti ad “Alberto Moravia” :-D

  3. […] un grazie e ricambio con uno ancora più grande. Wu Ming 1, come sapete, ha tradotto il nuovo libro di Stephen King, Notte buia, niente stelle, che uscirà […]

  4. @Wu Ming 1
    ma perché mi chiami continuamente “Roberto Bui”?

    Eh, la mia esperienza (di fan) è che è difficile capire come chiamarvi.

    Per esempio voi riferite l’uno all’altro con il nome (o per soprannome, ne vogliamo parlare di quando hai
    scritto
    “Catta urge un nuovo post”!? sorbole, lo chiamavamo così al liceo tra Perle e Porci ;-), però volete che gli altri vi chiamino per pseudonimo.

    Questo è giusto, immagino che tua figlia non ti chiami WM1!, però genera confusione in noi altri.

    Mi è rimasto impresso durante la presentazione di Altai (audio dell’incontro) all’Auditorium Parco della musica di Roma, 26 marzo scorso); uno di voi si riferisce a WM2 e dice (più o meno): “Giovanni ha detto” e la presentatrice prosegue e dice: “..il libro Guerra agli Umani è di Giovanni” e lui la corregge subito: “E’ di Wu Ming 2!”
    ?-)

    Per capire il significato dello pseudonimo per me è stato illuminante quello che hai scritto su Anobii
    qui il thread(bisogna registrarsi):
    “io firmo sempre tutto “Wu Ming 1”, anche le traduzioni, perché non è un semplice “nick” bensì il nome d’arte che segnala e dichiara la mia partecipazione a un progetto culturale preciso.”(grassetto mio).

    Da allora mi viene più naturale, e lo sento più giusto, chiamarvi con lo pseudonimo.

  5. Diciamola così: nella conversazione non c’è nulla di male se si usa il nome anagrafico (o, in casi estremi in cui si cazzeggia, anche un nomignolo), ma quando si attribuiscono opere, si fa riferimento a scritti e prese di posizione pubbliche, si fa i conti con la funzione-autore che esercitiamo, usarlo non ha molto senso. Se un libro è firmato “Wu Ming 2”, lo si recensirà come libro di Wu Ming 2. Se poi nel corso della rece, per inciso, si dice che Wu Ming 2 all’anagrafe si chiama “Giovanni Cattabriga”, non è un problema perché i nostri nomi non sono segreti. Purché rimanga un “aside”, un inciso, appunto.
    Nei mesi scorsi ho più volte visto scritto sul web che “il prossimo traduttore di King sarà Roberto Bui”. No, il traduttore di King è Wu Ming 1. Roberto Bui è il papà di Matilde Bui etc. A combattere contro il Joker c’è Batman, non Bruce Wayne :-)

  6. Mi viene in mente: quanto sono odiosi quelli che scrivono di De André, della sua musica, della sua vicenda artistica, chiamandolo insistentemente “Faber”? Tra l’altro, questa cosa irrita tantissimo chi lo conosceva di persona. In un’intervista, qualche tempo fa, Bubola ha spiegato che erano in pochissimi intimi a chiamarlo Faber, e lui si sarebbe stranito e infastidito nel sentirsi chiamare così fuori da quella cerchia di affetti. Quindi, se Bubola o chi altri, ricordandolo o raccontando un aneddoto, lo chiama “Faber”, va benissimo, ma se uno scrive “gli indimenticabili dischi di Faber” (e questo purtroppo è l’andazzo), mi sembra non vada bene per niente.

  7. Sono alle prese con il mio primo romanzo di Stephen King in assoluto: ‘Desperation’. Una storia travolgente, riesce a tenermi in continua tensione incuriosendomi sempre più, l’ho rivalutato in continuazione: prima l’ho creduto un classico film horror americano, poi un libro troppo sfacciatamente cristiano con continui rimandi alla providenza divina… ma in realtà mi sbagliavo è molto di più, penso che i caratteri sopracitati vadano semplicemente riferiti al contesto in cui King è sempre vissuto. Detto questo, contando che il libro ancora non l’ho finito, è noto il motivo per cui tanto son stato attirato da questo articolo! Dato che ora mi interessa oltre a leggere qualcos’altro di King, leggere qualche altra sua ‘diversa’ traduzione.

    @Wu Ming1 credo tu abbia parlato di ‘formulazione di responsabilità’ motivo per cui gli scritti che firmi devono essere attribuiti al tuo ‘nome di battaglia’ quanto non al ‘nome di battesimo’ :P (perdono vengo da un esame di biblioteconomia!)

  8. quando questa mattina presto ho acceso il telefono è come primo contatto fuori dal mio letto ho ricevuto questa notizia è stato come se si formasse un nodo tra la mia contemporaneità e il mio passato di lettore…
    per tutti i miei teen years sono stato un accanito lettore del Re e ho divorato quasi tutta la sua produzione da Carrie fino al Gioco di Gerald… con un livello di fissa tale da portarmi a coinvolgere nella lettura dei suoi lavori persino tutti i miei vari professori di italiano al liceo…
    poi lo ho abbandonato! senza mai rinnegare quelle letture, anzi continuando a sostenerne il valore letterario e la fascinosità del mondo kingiano quando mi capitava di parlarne con qualcuno, ho comunque smesso di leggerlo… un po’ perchè piano piano avevo scoperto un sacco di altre cose e un po’ perchè forse inconsciamente mi sono fatto coinvolgere e condizionare da tutta la pippa dei ghost writers e compagnia bella (anche se mi sono concesso un’eccezione per On writing… e pure se ho sempre un po’rosicato di aver lasciato la torre nera dopo il terzo libro!) …
    beh!, stamattina è stato bello scoprire che i miei gusti di adolescente si prendevano a braccetto con i miei gusti di giovane adulto e che forse leggerò un altro libro del Re.

  9. @ samoa
    a mio parere, i libri di King degli ultimi dieci anni sono il vertice della sua produzione. Soprattutto Cuori in Atlantide e La storia di Lisey sono due capolavori. E quest’antologia che sta per uscire contiene tra le sue cose migliori nella produzione breve.
    Sono in diversi autori “di massa” ad avere ghost writers. King, proprio lui, no. Ha intorno persone che gli danno consigli, a cominciare dalla moglie; ha dei lettori “di prova”; ha degli editor con cui collabora alla revisione. Proprio come tutti gli altri scrittori, noi compresi :-)

  10. @ WM1

    io ho sempre pensato che le sue cose migliori fossero IT e Stagioni diverse, ma sono felice di scoprire che anche tra quello che mi sono perso ci sono cose altrettanto (e forse) più belle…
    credo invece che la falsa credenza di un King che usa ghost writers sia semplicemente alimentata dalla sua quasi sterminata prolificità come autore (date un occhiata su wikipedia alla sua produzione… fa impressione! http://it.wikipedia.org/wiki/Stephen_King)

  11. @ samoa

    beh, King scrive praticamente *tutti i giorni dell’anno* a parte due o tre feste comandate (e anche quando è in viaggio prende appunti).
    Giocoforza, in una produzione tanto vasta, ci sono anche opere meno meritevoli. Eppure, pur pubblicando a quei ritmi, è riuscito a tenere alto il livello, regalandoci molti libri memorabili.

  12. Scusate, sarò innocent, ma trasecolo:
    “Sono in diversi autori “di massa” ad avere ghost writers”
    E chi, di grazia? Qualche nome?

  13. @ Sir Robin

    i due casi più noti, perché conclamati e addirittura *dichiarati*, riguardano Robert Ludlum e James Patterson.

    Robert Ludlum è morto nel 2001, ma “Robert Ludlum” (cioè una factory che usa il suo nome e cognome) continua a sfornare romanzi, scritti seguendo uno schema precostituito. I romanzi di “Robert Ludlum” sono praticamente indistinguibili da quelli di Robert Ludlum. La distinzione che fa la Wikipedia inglese è molto sottile, se non proprio di lana caprina:
    «Subsequent to his death, books written by other authors have carried the phrase Robert LudlumTM on their covers, thus asserting the name Robert Ludlum as a trademark. The actual author (not technically a ghost writer) is identified inside.»
    “Technically not”, but actually yes :-)

    James Patterson ha firmato una sessantina di romanzi, ma sotto il suo nome (scritto cubitale) c’è molto spesso, in caratteri ben più piccoli, quest’aggiunta: “con [nome cognome]”, ad esempio: “James Patterson with Michael Ledwidge”.
    Anche in questo caso, cito dalla Wikipedia inglese:
    «[Patterson’s] prolific output is partially owed to the relationship he has with his many co-authors who share an authorship credit on the cover. The authors, in their agreement with Patterson, have agreed not to disclose the terms of their working relationship, including how much involvement Patterson has on each co-authored book.»

    Almeno “Ludlum” e Patterson sono (quasi) onesti :-) Ma il fenomeno è molto più diffuso di così.

  14. terrific!! quando si dice “autore collettivo” :-)
    anche voi, allora: ognuno di voi è il ghost writer onesto degli altri 3 …

    però, avrei anche una domanda da n00b:
    tradurre “full dark, no stars” con “buio pesto, niente stelle” è un errore? E’ meno evocativo o non rimanda, per capirci, a “Era una notte buia e tempestosa…”?

  15. Stephen King è stato uno scrittore fondamentale per me durante l’adolescenza (bè a dire il vero continuo a considerarmi adolescente pure oggi che ho 26 anni, ma lasciamo stare)
    Quest’estate ho letto The Dome e l’ho adorato. Trovo che sia il suo libro più esplicitamente “politico” come contenuti, oltre forse a Cuori in Atlantide per la tematica del Vietnam.
    Attendo con ansia la nuova uscita. Non avendo letto i libri della Torre Nera (causa il io non-amore per il fantasy) non potrò cogliere i riferimenti a questa saga che sono contenuti nel secondo (ma informandomi ho scoperto che ci dovrebbero essere citazioni anche nella prima novella di Cuori in Atlantide e in Colorado Kid e anche in altri romanzi), ma pazienza!
    Sono certo che la traduzione di un kinghiano affezionato come Wu Ming 1 sarà ottima.

  16. @ Sir Robin

    “buio pesto” è un registro troppo basso.
    Al contrario, “Nero profondo” (che è come avevo proposto di tradurlo io, un’altra volta spiegherò il perché) è stato giudicato troppo alto :-)
    La Sperling ha scelto “Notte buia”.

  17. @ Paolo1984
    i riferimenti alla Torre nera sono nascosti praticamente in tutti i libri di King. A volte sono solo piccole citazioni en passant, altre volte (come in “Low Men in Yellow Coats”, il romanzo breve che apre Cuori in Atlantide) sono parte integrante della trama. Ma il bello è che anche in quest’ultimo caso, non è indispensabile aver letto l’eptalogia per godersi la narrazione. Non è facile conseguire un simile risultato!

  18. Io leggendo “Mondo senza fine” di Ken Follet
    http://it.wikipedia.org/wiki/Mondo_senza_fine_%28Ken_Follett%29
    (ogni tanto mi dedico anche a queste letture) ho avuto la netta sensazione che fosse stato scritto a più mani. Ma magari si è trattato di un’impressione derivante dalla traduzione, o forse è stato tradotto a più mani, succede anche questo, vero? (ci sono i ghost-traslators?) :-)

    @WM1
    credo che siamo in molti a voler curiosare nella “stanza di lavoro” del traduttore, ma aspetteremo pazientemente fino a novembre.
    Una cosa al volo, però: quando dici che King è uno degli autori più “intraducibili” della letteratura nordamericana contemporanea, ti stai riferendo ad aspetti prettamente tecnici (che so, slang) o proprio a “framework mentali” (non mi viene in mente un’espressione più precisa, sorry) diversi?

  19. @ Bocio
    entrambe le cose. La prosa è irta di giochi di parole e altre “amenità”, e nelle storie sono importanti riferimenti *americanissimi*, aspetti e fenomeni della pop culture che a volte non hanno corrispettivi qui da noi.

  20. Quindi, alla fine, il libro esce a Novembre. Non vedo l’ora!
    Sono essenzialmente due i motivi per i quali attendo con ansia questo libro:

    1- Ovviamente per “vivere” le storie.
    2- Sono molto curioso per la traduzione. Sono sicurissimo che sarà fenomenale!!!

  21. Bel pezzo wm1.
    Io King l’ho perso a metà degli anni 90. Forse è il momento per riprenderlo, completare l’eptalogia e riscoprirlo anche un po’ =D

  22. Ti ringrazio di cuore per le parole sul lavoro di tradurre, questo equilibrismo tra visibile e invisibile, quest’accogliente resistenza; aggiungerei le volte in cui tocca negoziare con sé stessi – e non sono necessariamente le negoziazioni più indolori.
    Una sola, divorante curiosità (due: ma per l’altra dovrò aspettare fine novembre): quali percorsi hanno portato Full Dark, No Stars a diventare Notte buia, niente stelle, invece di (per esempio) Buio fitto, niente stelle?
    Grazie.

  23. @UtoFia

    la scelta del titolo spetta alla casa editrice. Io l’avrei intitolato: “Nero profondo e niente stelle”. Nemmeno quella sarebbe stata una resa letterale, ma mi sembrava estrarre dal titolo un riferimento implicito, nascosto (magari non consapevolmente), e anche giocare con una consuetudine della traduzione kinghiana in Italia. Abbiate pazienza, ne parlerò nei miei appunti di traduzione, a novembre :)

  24. Io avrei lasciato il titolo originale in inglese, sinceramente, dato che, a mio parere, suona meglio. Ma il titolo, in fin dei conti, non ha importanza, l’importante è il contenuto!

    Una domanda: Ma uscirà a fine o inizio Novembre? Non ditemi fine, vi prego XD

  25. Veramente, che la scelta del titolo spetti alla casa editrice è solo abitudine, prassi invalsa, non stabilita da alcun contratto. Troppo spesso rinunciamo a insistere, convinti che aver ricevuto l’incarico di tradurre il libro – la cosa – implichi necessariamente abdicare da qualsiasi decisione su come quel libro si chiamerà – sul nome della cosa. Ci imponiamo metaregole e ci persuadiamo che siano regole, mentre quello che non è proibito è permesso.

    (E comunque sì, nella soverchiante maggioranza dei casi il titolo non lo decide chi traduce, e chi legge troppo spesso non lo sa. “Nero profondo e niente stelle” privilegia riferimenti nemmeno troppo nascosti; e quando privilegi un aspetto hai già negoziato – e deciso – il sacrificio di un altro, in questo caso il ritmo. Forse ripristinando la virgola – “Nero profondo, e niente stelle” – il registro “alto” [sic] sarebbe stato “abbassato” dal tono, vicino a “Stai fermo, e niente storie”?)

    Libro e appunti di traduzione: doppia attesa, doppio sogno :)

  26. Quando ho scritto che “il titolo lo decide la casa editrice”, intendevo proprio S & K. Esistono regole non scritte, consuetudini che cambiano da una casa editrice all’altra, questioni anche di “etichetta”. In Einaudi le mie traduzioni di Elmore Leonard hanno tenuto tutte quante il titolo originale inglese, su mio suggerimento (prontamente accolto), ma casa editrice che vai, usanza che trovi, e al mio esordio con un team nuovo, ero io a dover essere rispettoso di come funziona. Del resto, è pure giusto che la parola finale su un titolo la metta la casa editrice, che spende i soldi per acquisire i diritti, far tradurre, stampare e lanciare il titolo. Diverso il discorso per il testo vero e proprio: su quello il traduttore ha ogni diritto e ogni dovere di puntare i piedi per difendere le sue scelte, se è convinto che siano giuste.

  27. Beh, su titoli di intricata traduzione come questo posso anche capire, mi lasciò un po’perplesso l’amputazione di “Under the Dome” in “The Dome”… ma pazienza.
    Che dire? Speriamo che novembre arrivi in fretta perchè con poche piccole anticipazioni hai già aperto un quadro niente male e per quanto l’autore (in versione tradotta) mi piaccia assai in tutte le salse, nei racconti brevi a volte dà il meglio di sè

  28. @ Raven
    più o meno a metà novembre, credo.

  29. Io ho scoperto il Re proprio con il ciclo della Torre Nera, che ho trovato semplicemente fantastico. Aye.
    Al maestro che richiama il Medio-Mondo anche in quest’ultima fatica, dico grazie.

    E agli amanti del metal segnalo “Touched by the crimson king” dei Demons & Wizards, dedicato in buona parte a Torre Nera e dintorni (un assaggio http://www.youtube.com/watch?v=QNPLnq2JroY)

    E poi c’è la serie di fumetti editi dalla Marvel, splendidi: http://www.paninicomics.it/web/guest/search_product?search=la+torre+nera

    L’uomo in nero fuggì nel deserto e il pistolero lo seguì…

  30. @Wu Ming.

    Grazie! =)
    Lo attenderò con ansia!

  31. riguardo ai racconti brevi di King, mi ricordo in particolare di avere apprezzato “the fog” che apre la raccolta “Scheletri”; il finale è molto particolare e potrebbe essere sindacabile ma è un bell’esercizio “alla KIng”, la tensione non cala mai per un numero considerevole di pagine. mi sembra che l’ultimo film tratto dai suoi lavori sia stato proprio questo ma non ho avuto occasione di vederlo.

  32. […] avermi concesso la riproduzione del testo, per il quale vi rimando anche all’anteprima della quarta di copertina qui, sul sito di […]

  33. @WM1: Arrivo un po’ tardi :) Hai ragione, è giusto rispettare la tua scelta di usare uno pseudonimo, chiedo venia. Mi aggiungo anche io alla querelle sul titolo: perché non “Notte buia e senza stelle”?

  34. @ Andrea,

    non riesco a parlare del titolo senza “spoilerare” almeno un poco. Cosa che in linea di principio è sempre sbagliata, e sarebbe addirittura imperdonabile un mese prima dell’uscita! :-) Abbiate pazienza.

  35. @WM1: Il “tototitolo” è solo un divertimento di noi futuri lettori di “FDNS”, non ti preoccupare ;) Dovresti aprire un sondaggio e delle scommesse!

  36. A chi mi ha scritto in privato: la scelta della foto di “Dobner” è uno scherzo basato su una citazione. Una specie di indovinello auto-ironico. Il senso si coglierà leggendo Notte buia, niente stelle :-)

  37. solo per scrivere “mi piace”, visto che non siamo su Fb e non posso cliccare sul pollice in alto :)

  38. @Andrea Cattaneo: ma stai per caso parlando di “NBNS”?
    ^__^

  39. @Sir Robin: Ma no, parlavo del Fraud Detection and National Security! ;-)

  40. Ho letto solo il recente “The Dome”, questo non fa certo di me né un esperto né un appassionato. Ma da buon giapster non vedo l’ora di leggere quest’ultimo lavoro di WM1. :-)

  41. Voyager “a casa del Re”?
    Speriamo li accolga a schioppettate.
    http://bit.ly/d23poc

  42. …anche semplicemente per come hanno scritto il suo nome… “Sthefen King” :-)

  43. Salve, un sincero augurio di buon lavoro a Wu Ming 1 per il suo nuovo incarico di traduttore di Stephen King. Ho letto in lingua originale di “The Dead Zone” e concordo con Wu Ming 1 sul fatto che la lingua di King e’ musicale, fluida, come un “divenire” di stampo filosofico, ed inoltre la sua scrittura e’ molto cinematografica, elemento che apprezzo molto perche’ aiuta il lettore nel visualizzare le vicende. Il titolo “Full Dark, No Stars” mi ricorda vagamente la canzone “Heavy Clouds, No Rain” di Sting, un musicista non molto apprezzato da Wu Ming 1, del quale ricordo al riguardo un commento: “Prince mi fa schifo ma almeno ha qualcosa da proporre, ma Sting…l’e’ ‘n deficient” (1988, Liceo- Ginnasio Ariosto, pausa durante le due ore di educazione fisica).

  44. Che memoria, Michele! :-) Non ricordavo quel commento (che tecnicamente non era “di Wu Ming 1” ma di Roberto, dato che nel 1988 Wu Ming 1 non c’era). Negli anni a venire ho rivalutato Prince (i cui album degli anni ’80 oggi piazzo ai massimi livelli del pop), mentre la carriera solista e la vicenda umana di Sting mi sembrano avere in gran parte confermato il mio giudizio di allora. Qualche mese fa ho letto una sua lunga intervista su “Musica Jazz”, e ne usciva per l’ennesima volta come un gigantesco pallone gonfiato.

  45. @ WM1: (nessun’offesa se non puoi rispondere per non spoilerare)

    Io nel titolo ci sento sia un bellissimo ritmo/assonanza, sia un gioco di parole su “full moon, no stars”… Per cui, le mie prime due scelte sarebbero «Notte nera, niente stelle» (sai com’è, una volta che abbiamo fatto “notte buia”…) e «Plenibuio, niente stelle» [ma il giorno in cui una casa editrice ti lascia un neologismo del genere nel titolo di un inedito di un autore da milioni di copie… :)]

    Grande rispetto per l’apprezzamento per «La storia di Lisey» :) Mentre lo leggevo, l’idea di Boo’ya Moon mi era parsa “telefonata” – forse perché l’eco è “sussurrata” nelle produzioni precedenti di King, ed esistono molte suggestioni del genere nella tradizione (entheos, bla). Però invece rimane impressa. Ora è uno dei suoi romanzi che amo di più, e che mi trovo, chiacchierando, a citare più spesso. Insieme a «Cose preziose» (altro titolo sulla cui traduzione ci sarebbe da discutere!). Per questo, non hai idea della curiosità, quando dichiari: «dopo Il corpo, il racconto più bello che King abbia mai scritto». Aaaaaahhhhh! (<– è un urlo di trepidazione)

    PS: in «On writing», King racconta di non si alzarsi *mai* dalla scrivania prima di aver completato la propria "dose quotidiana" di scrittura (1.000 parole). E chicche come: «Non siete tagliati per fare gli scrittori, se non siete disposti a scrivere ogni giorno dell'anno, compresi il giorno di Natale *e* il vostro compleanno» (citazione non testuale, non ho il libro sottomano). Cmq ci credo, che non abbia bisogno di ghostwriter! :)

  46. Brividissimi quando si parla di traduzioni…. un argomento di cui vorrei parlare per ore… la cosa che più mi ha emozionata qui è stato il discorso su Dobner.. moooolto mind teasing quello di corpacorpare anche il fantasma del traduttore precedente…

  47. Per anni, abbiamo letto King tradotto da Tullio Dobner. E il suo lavoro, almeno per me, è sicuramente di alto valore. La sfida di WM1 è ardua, ma sono stato immensamente felice di leggere (e in qualche caso rileggere in veste del tutto nuova e più consona) i libri di Elmore Leonard da lui curati per Einaudi. Sospetto anche che, una volta ricevuto l’incarico, Robbo (né Wu Ming 1 né Roberto Bui, tiè!) non si sia fatto scrupolo di tenere sequestrata in casa la sua famiglia per paura che anche solo un’innocua virgola di quelle benedette bozze trapelasse all’esterno. Mesi di angherie, di durissime privazioni. La piccina assente da scuola. La spesa fatta ordinando solo via telefono/internet. E la faccenda, temo, andrà avanti fino al giorno dell’uscita del volume! Il viaggio delle parole di King verso i suoi lettori, mediato dalla sensibilità di un kinghiano puro si prospetta dunque interessante. Ultimo appunto:
    S
    P
    O
    I
    L
    E
    R
    per l’occasione, il frontespizio recherà la dicitura: “Traduzione di Wu King 1” :)

  48. “Brividissimi quando si parla di traduzioni…. un argomento di cui vorrei parlare per ore” [Monica Mazzitelli]

    Concordo, un tema affascinante. A parte il testo di Eco citato da WM1, cosa si può leggere di interessante sul tema?
    Io segnalo questo testo di Ilide Carmignani:
    Gli autori invisibili. Incontri sulla traduzione letteraria.
    Besa, 2008, 176 pagg.
    http://www.libreriauniversitaria.it/autori-invisibili-incontri-traduzione-letteraria/libro/9788849705454

  49. @ Bocio

    un testo interessante sul tradurre è, a mio parere:

    George Steiner
    Dopo Babele
    Garzanti 1994
    ISBN 881167751-3

  50. @ nick

    grazie, cercherò di procurarmelo.

    Cito dal libro della Carmignani una riflessione sull’attività di traduzione di Renata Colorni (traduttrice dal tedesco, vincitrice del Premio per la Traduzione Centro
    Europeo per l’Editoria – ECSTRA 2008)

    “per fare questo lavoro al meglio è necessaria una vera e grande devozione per la letteratura e la capacità di dimenticarsi di sé, ma anche di ritrovare una proprio piccola, orgogliosa e un po’ perversa capacità autoriale. è un percorso da montagne russe: scendere fino in fondo nell’occultamento di sé per farsi invadere dalla voce di un altro, farsene permeare, ma poi cercare nella profondità di se stessi un modo per restituirla”.

  51. Il sito promozionale di FDNS:
    http://www.fulldarknostarsbook.com/
    Saluti da Londra! Il mini-tour sta andando più che bene.

  52. Sulla traduzione consiglio vivamente anche Il mestiere di riflettere. Storie di traduttori e traduzioni – a cura di Chiara Manfrinato e con racconti di Federica ACETO, Susanna BASSO, Rossella BERNASCONE, Emanuela BONACORSI, Rosaria CONTESTABILE, Federica D’ALESSIO, Riccardo DURANTI, Luca FUSARI, Daniele A. GEWURZ, Giuseppe IACOBACI, Eva KAMPMANN, Chiara MARMUGI, Anna MIONI, Daniele PETRUCCIOLI, Laura PRANDINO, Anna RUSCONI, Lisa SCARPA, Denise SILVESTRI, Andrea SIROTTI, Paola VALLERGA, Isabella ZANI. (Isbn 978-88-6003-078-8; Azimut – http://www.azimutlibri.com).

    E’ del 2008, e sappiamo con quale rapidità il mercato della distribuzione mastichi e sputi, ma con queste indicazioni non dovrebbe essere impossibile trovarlo.

  53. E’ ufficiale, Notte buia, niente stelle uscirà il 23 novembre.

  54. Caro collega,
    anche se di tutt’altro settore e vista l’atmosfera me ne rallegro, le rammento, o le segnalo, visto che sembra non esserne a conoscenza, che esiste un codice deontologico anche nel nostro mestiere, non solo dettato dal buonsenso, ma anche regolamentato: http://www.aiti.org/codice_deontologico.html, articolo 17. Sono sconcertato dal suo atteggiamento e incredibilmente ben impressionato dalla signorilità dimostrata dal suo collega predecessore. Ho dovuto “negoziare”, scrive. O, ma si è mai preoccupato di quante negoziazioni siano state fatte in precedenza e saranno fatte in futuro. Forse io sono traviato lavorando in un settore dove la negoziazione è all’ordine del giorno, ma nessuno si è mai sognato di essere così subdolamente arrogante nei confronti di un collega. Le auguro, sempre da collega, di non doversi mai un domani ritrovarsi in una situazione tanto sgradevole come quella che ha creato lei per invidia o senso di inferiorità o che so io, non si capisce bene perché . Buon lavoro e auguri. Rikkart.

  55. Mi lascia (come suol dirsi) “alquanto perplesso” il commento lasciato dall’anonimo “collega” traduttore (ancorché “di tutt’altro settore”).
    Ho infatti scritto che la traduzione *in genere* è un lavoro di negoziazione, non la mia in ispecial modo. Tutto il lavoro di traduzione è lavoro di negoziazione, lo è sempre e comunque, e ho elencato quali siano le “parti” in causa, citando un lavoro teorico di Umberto Eco in cui parla delle *sue* traduzioni (nel senso: quelle che ha fatto lui e quelle che conosce in quanto autore tradotto).
    Ho reso omaggio al traduttore precedente, Tullio Dobner, per cui non vedo in cosa questo post “violi” l’art. 17 del codice linkato. In questo post non vi è nemmeno alcuna critica alle sue traduzioni.
    Ma tant’è. Mi attendevo mal di pancia e provocazioncine. La prima è arrivata, altre seguiranno. Il tentativo di mettermi contro Dobner è già stato fatto qualche mese fa. “Divide et chiagni et fotti” è il motto nazionale. Si sappia: è un gioco che a me non interessa.

  56. L’articolo 17 del codice deontologico Aiti (associazione italiana traduttori e interpreti) dice che: “Il traduttore e l’interprete devono mantenere sempre nei confronti dei colleghi un atteggiamento di cordialità e lealtà, al fine di rendere più serena e corretta l’attività professionale.
    Devono astenersi da ogni attività o forma di pubblicità che possa arrecare danno o pregiudizio ad altri colleghi. In particolare non devono esprimere critiche sui colleghi per il loro operato, né ingenerare la convinzione della superiorità o convenienza delle proprie prestazioni”.
    Non entro nel merito del caso che riguarderebbe l’operato di Wu Ming 1, non conosco bene l’Aiti ma, leggendo il regolamento e il codice deontologico, mi sembra come norma la 17 sia piuttosto vaga e opinabile. In linea di massima è condivisibile per buon senso, ma come è possibile verificare che sia stata violata? Il commento di Rikkart è forse “l’avvertimento” previsto all’art. 28 del regolamento dell’associazione? Nel caso lo stesso Rikkart avrebbe commesso una doppia violazione del regolamento in primo luogo formale (l’avvertimento deve avere la forma di una lettera semplice non quella di un commento a un blog), poi scavalcando la Presidente Nazionale dell’Aiti che, se non capisco male il regolamento, dovrebbe essere l’unico soggetto autorizzato a inviare un avvertimento. Sulla signorilità di Tullio Dobner è più che evidente e non credo ci siano dubbi a riguardo: mi pare inutile ricordarla qui se non con l’intenzione di contrapporla a un presunto atteggiamento ostile e contrario di Wu Ming 1 (e qui si potrebbe riaprire il discorso dell’art. 17…).

  57. ciao a tutti
    non sono una traduttrice e leggo poco in lingua originale
    però leggo abbastanza e mi piacciono in particolare Foster Wallace, King, Muraklami Haruki, di cui in qualche caso ho recensito on line un libro…
    ma mi chiedevo se magari mi si potesse chiarire un dubbio che mi è venuto leggendo l’ultimo King

    A un certo punto King nomina un film di qualche tempo fa, The Brave one, che da noi uscì col titolo Il Buio nell’anima. La protagonista del racconto si immedesima nella protagonista del film e, a un certo punto dice di se: “Sono la Donna Coraggiosa”
    Ora il traduttore ha ritenuto di tradurre anche il titolo, per cui quando si parla del film è Il Buio nell’anima, ma poi si perde del tutto il richiamo, che King ha amorevolmente costruito, quando lei pensa a se stessa come La Donna Coraggiosa. Ora mi chiedo non sarebbe stato meglio mettere il titolo originale nella traduzione, salvo poi mettere una nota con il titolo italiano, mantenendo così il gioco dell’autore??
    grazie in anticipo a chi mi darà il suo parere

  58. @ Carmilla

    è un classico esempio di “negoziazione”, in cui, purtroppo, qualcosa si finisce per perdere. Di contrappeso, a volte qualcosa si acquista (come nel caso segnalato da Brendon nell’altro post qui su Giap, lo “Speciale” sul libro).

    Le norme redazionali e il fatto che la Sperling & Kupfer non usi le N.d.T. a pie’ di pagina non consentivano di tenere il titolo in lingua originale (con traduzione/spiegazione in calce) e quindi di riprendere poi il riferimento. E i titoli di film e libri di cui ci sono versioni italiane vengono in genere indicati con il titolo noto in Italia.
    Nella mia prima stesura avevo tenuto il titolo in originale, ma il limite di cui sopra ha portato a scartare la proposta.

    Nel tradurre Elmore Leonard per Einaudi (dove si usano le N.d.T.), in casi simili, il riferimento l’avrei tenuto più “filologico”.

    Ora “la Donna Coraggiosa”, anziché uno stretto richiamo al titolo di un film, è una sorta di figura archetipica con cui Tess si identifica (e con cui, del resto, si identifica anche la Jodie Foster di The Brave One).

  59. E se si tenesse il gioco tutto in traduzione, nel caso in cui la protagonista invece di dire di se’ “Sono
    la Donna Coraggiosa” direbbe “Sono quella col
    buio nell’anima” (oppure piu’ semplicemente “Ho il buio nell’anima”)??

  60. Attenzione: spoiler

    @ Carmilla,

    sarebbe stato un bell’escamotage dal punto di vista strettamente tecnico, ma improprio sul piano dei contenuti.
    Quella dichiarazione (“Io sono la Donna Coraggiosa”) Tess la fa subito dopo essersi detta: “Ora o mai più”. Lo dice per farsi coraggio, quindi il riferimento al coraggio doveva rimanere. Subito dopo, la sua percezione si sdoppia:
    – la Donna Coraggiosa è determinata a vendicarsi e quindi pensa solo a uccidere;
    – Tess invece si accorge che qualcosa non quadra.
    Perché il coraggio non basta, serve anche la razionalità. Ed è uno dei livelli su cui si svolge il surreale “dialogo filosofico” accanto alla portiera aperta, a cui partecipano Tess, un cadavere e un personaggio di romanzo, e che poi prosegue in auto, tra Tess e il GPS. L’autocritica che si fa Tess è di avere agito “come un giustiziere da film”.
    Se avessi cambiato il riferimento, e messo: “Sono quella col buio nell’anima”, l’intero passaggio avrebbe cambiato senso.

  61. L’ho già postato nell’altro spazio, ma questo mi sembra più seguito:
    “Salve, sono un “viaggiatore” e durante i viaggi leggo. King mi piace molto, mi tuffo e mi immedesimo nell’ambiente descritto come un invisibile spettatore. Attendevo con ansia il nuovo libro e mi aspettavo che uscisse il 9-10 Novembre in contemporanea con gli States. E invece no. L’ansia mi ha spinto a chiedere spiegazioni all’editore, ma ho trovato un muro di gomma. Che fossi abituato male!? A mia memoria usciva in contemporanea se non addirittura qualche giorno prima. Comunque l’ho finalmente acquistato ed ho iniziato la lettura con curiosità, visto il nuovo traduttore.”

  62. No, in realtà, è più seguito quell’altro :-)
    Questi sono quasi tutti commenti di un mese fa, di quando il libro doveva ancora uscire. Il post più adatto per proseguire la discussione è lo “Speciale”. Anche i vari aggiornamenti, news etc. li segnaliamo di là.

  63. attenzione spoiler

    è chiaro che la faccenda non è facilissima
    però la mia sensazione è che lei non fosse del tutto consapevole, e che quindi le scissioni in atto fossero molteplici
    nel senso che lei non era già più la Donna Coraggiosa
    quando si trovava vicino allo sportello, almeno così è parso a me, ovviamente, e che il personaggio dei romanzi fosse l’antitesi della Donna Coraggiosa…

  64. @ Carmilla

    infatti, dopo che si accorge dell’errore (che poi in realtà, ehm…), Tess non è già più la Donna Coraggiosa. Anzi, si accorge di quanto pericoloso sia il “trip” della Donna Coraggiosa. Ma mentre si dice “ora o mai più”, lei è pienamente dentro quel trip, e io ho preferito rimarcarlo.

  65. ok
    grazie:-)

  66. Grazie a te!
    Per altri dubbi, meglio continuare qui:
    http://www.wumingfoundation.com/giap/?p=1910

  67. Mi sono scordato di dire una cosa importante:

    dove io ho tradotto “Io sono la Donna Coraggiosa”, Tess non diceva “I am the Brave One”, citando espressamente il titolo del film. Diceva: “I am the Courageous Woman”, che è il titolo *sbagliato* del film, quello che lei comunica al commesso di Blockbuster, che poi la corregge e le dice che il vero titolo è “The Brave One”.

    In italiano io ho tradotto l’equivoco così: Tess chiede di noleggiare “Il buio nella mente” (che è un film davvero esistente), e il commesso la corregge, dicendole che il titolo è “Il buio nell’anima”.

  68. […] che per la prima volta non viene tradotto nell’edizione italiana da Tullio Dobner, ma da Wu Ming 1 (al secolo Roberto Bui), il quale, a dire il vero e nonostante il vespaio di polemiche, compie un […]