I minatori di San José e la fiction istantanea

[Oggi, sulle pagine de L’Unità, compare un articolo di WM2 a proposito dell’instant fiction costruita sulla vicenda dei minatori di San José. L’articolo è piuttosto breve (ci avevano chiesto 4200 battute) e riesce solo ad abbozzare un discorso molto più vasto, che vorremmo invece sviluppare con voi. Intanto, eccolo qui.]

Il ritorno dagli inferi dei minatori di San José – raccontato in diretta su tutti i mezzi d’informazione del pianeta – ha prodotto un corto circuito nella memoria di molti italiani over 35. In un unico evento mediatico si sono fusi e confusi due episodi centrali per la storia della televisione italiana: Vermicino e il Grande Fratello. L’ansia vissuta davanti al teleschermo per la sorte di Alfredo Rampi dentro un pozzo artesiano e l’attesa dei fan per l’uscita dei concorrenti dalla casa di Cinecittà. Riflettori accesi e pulsione di morte: da un momento all’altro la capsula di salvataggio dei trentatré minatori cileni poteva incepparsi e trasformare “la festa in tragedia”, con il conseguente dibattito sul cinismo dei giornalisti, già sviscerato sessant’anni fa da Billy Wilder nel film L’asso nella manica.
Poi, visto che “tutto è andato per il meglio”, ci hanno informato che Florencio Avalos e compagni sono già stati contattati da diversi freak show, e che sulla loro vicenda si stanno avventando art director e sceneggiatori. Le instant fiction, infatti, sono l’ultima frontiera della produzione televisiva. Ci provò anche Canale 5, nel dicembre 2002, con Il bambino di Betlemme, ispirato all’assedio israeliano alla Basilica della Natività, occupata da decine di militanti palestinesi proprio nell’aprile di quello stesso anno.  E negli Stati Uniti, già vent’anni fa, girarono il film TV su Jessica McClure, anche lei caduta in un pozzo ma estratta viva nel giro di due giorni.
Molti, allora, storcono il naso, si fanno prendere dall’inquietudine: ma come? – domandano – prima le telecamere schierate, a modificare narrativamente lo svolgersi degli eventi, poi le notizie, raccontate al mondo secondo i dettami dello storytelling, e infine la mitopoiesi istantanea, versata sulla realtà prima ancora di farla decantare: non rischiamo l’indigestione di storie, la scomparsa dei fatti? Difficile rispondere, ma intanto le neuroscienze hanno dimostrato che il nostro cervello interpreta la realtà attraverso schemi narrativi, e in fondo l’unico modo che abbiamo per far parlare i fatti è quello di raccontarli e connetterli in un’unica trama. Le storie sono un nutrimento indispensabile per la nostra specie, sembra impossibile farne indigestione. Certo tra istant fiction, infotainement e gialli da prima serata, le buone storie sono sempre più assediate da quintali di monnezza narrativa. L’unica soluzione è munirsi di guanti, naso fino e competenze per distinguere i rifiuti tossici dal cibo commestibile. In altre parole: diventare tutti cantastorie, artigiani dello storytelling, bricoleur dell’immaginario.
Da cosa si riconosce una storia avvelenata? Prima di tutto, non sa usare i congiuntivi. Non per ignoranza grammaticale, ma perché non contempla l’eventualità, lo scarto imprevisto, l’ipotesi fantastica, quel cosa succederebbe se… che Gianni Rodari considerava fondamentale in qualunque narrazione. I racconti non ci servono soltanto per capire chi siamo, ma soprattutto chi saremmo potuti essere. Una buona storia lotta con tutte le sue forze contro l’illusione retrospettiva di fatalità, l’impressione che un avvenimento non si possa pensare in maniera diversa da “com’è accaduto” e che, al contrario, lo si possa sempre dedurre dalla situazione anteriore. Le storie sono mondi alternativi che ci aiutano a comprendere la realtà e non scopiazzature della realtà stessa. Una buona storia trasforma l’ordinario in straordinario; una storia indigesta addomestica ogni stranezza.
In secondo luogo, le storie al metanolo sono totalitarie: cercano in tutti i modi di apparire neutre, trasparenti, imparziali, quando invece non è possibile raccontare senza assumere un punto di vista, e occorre ricordarlo fin dalle prime righe. Se un racconto spaccia per totalità, visione dall’alto, la sua ineludibile parzialità, allora è tossico e bisogna assumerlo solo in piccole dosi, per avere fantastiche allucinazioni e vedere le mille alternative nascoste dall’autore sotto il tappeto. Come dice Paul Ricoeur, occorre esercitarsi a “raccontare altrimenti, ma anche lasciarsi raccontare dagli altri”.
La fiction istantanea, dunque, non è velenosa di per sé, ma quantomeno sospetta, poiché la fretta, la mancanza del giusto frattempo, privano il narratore di quel distacco dagli eventi che serve a metterli in prospettiva, cioè a orientarli verso il punto di fuga del futuro.
Così che il racconto di trentatré minatori intrappolati sottoterra non si riduca a un surrogato di reality show, ma diventi metafora di una via d’uscita – collettiva – dallo sfruttamento e dalla barbarie.

[La domanda è: da quali altre caratteristiche possiamo riconoscere una storia avvelenata? E quali competenze sono necessarie per distinguerla da una narrazione commestibile? Il laboratorio è aperto, anche se è sabato e molti computer restano spenti.]

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154 commenti su “I minatori di San José e la fiction istantanea

  1. le cattive storie ti rassicurano, ti mettono a sedere, ti agganciano alla poltrona e ti cantano pure la ninnananna, le buone storie ti mettono sempre in piedi e ti aprono la porta di casa; qualcuna ti dà pure un bel calcione nel sedere, se è buona sul serio

  2. Grande articolo. E ottima domanda. Gli spunti dell’assenza di congiuntivo e della neutralità apparente sono notevoli. Mi accorgo che, potenzialmente, *tutta* la cronaca giornalistica è veicolo di storia avvelenata (niente congiuntivo, fatti oggettivi).Provo a elencarne altre, vediamo se reggono alla prova: 1) i personaggi sono stereotipati, semplici, umani, e in... → [Continua a leggere]
  3. La “teoria del complotto” è una storia tossica peculiare, diversa da quelle che ci offre la cronaca quotidiana. Lì la tossicità è dovuta a quello che chiamerei “effetto sala degli specchi”: uno specchio riflette uno specchio che riflette uno specchio, all’infinito. E’ un dispositivo totalizzante perché l’autoreferenzialità è spinta al... → [Continua a leggere]
  4. […] I minatori di San José e la fiction istantanea […]

  5. @blepiro provo ad agganciarmi al tuo discorso sui personaggi. Gli stereotipi non sono di per sè malvagi, anzi. Possono catturare l’attenzione del lettore. Il problema è come li si usa: gabbie pregiudizievoli che avvelenano il racconto o punti di partenza a cui va rotta la crosta per guardare cosa... → [Continua a leggere]
  6. @belpiro provo anche io ad agganciarmi ad alcuni dei tuoi punti. L’empatia verso la vittima non è di per sé un fatto negativo, anzi, mi sembra sia uno degli strumenti più “autentici” che l’infotanement usa: il problema potrebbe risultare, invece, da un uso strumentale (cioè per affermare qualcosa di specifico)... → [Continua a leggere]
  7. C’è un altro fenomeno interessante su cui forse varrebbe la pena soffermarsi. La retroazione della fiction istantanea sugli eventi stessi sopra i quali si innesta. Essa irretisce i suoi stessi protagonisti, ne produce altri, è capace di modificarne il corso. San Josè. Senza la narrazzione planetaria, la mediatizzazione globale dell’evento,... → [Continua a leggere]
  8. @ub: hai ragione. La difficoltà del definire condizioni formali passa anche nell’equilibrio tra sintesi e precisione. Come dici tu, “stereotipo” non è per forza male: le narrazioni vanno avanti da sempre sugli stessi tòpoi. E’ proprio l’uso strumentale a cui fa riferimento sleepingcreep quando parla, giustamente, di empatia come qualcosa... → [Continua a leggere]
  9. io dico che già era stato fatto http://www.rassegnastagna.com/2010/09/12/los-33-il-reality-piu-famoso-del-mondo/questo è quello che già era stato percepito, in qualche modo iniettato, nella realtà. Il resto è sovrastruttura commerciale, il fatto che ci sia o non ci sia, può essere irrilevante. Il focus è nel durante. Mentre la narrazione si svolge, nel quotidiano... → [Continua a leggere]
  10. Una storia mi pare tossica quando tutt* fanno a gara per raccontarne la “verita’”. Quando tutt* fanno a gara per raccontarla, semplicemente. Una storia buona — potenzialmente — e’ quella che nessuno ha voluto raccontare — prima della prima narrazione.

  11. Il giochino che suggerisce Blepiro è molto interessante: rovesciare meccanicamente le caratteristiche elencate in New Italian Epic. Vediamo cosa può venirne fuori.1. Predominanza di cinismo e disincanto. 2. Punto di vista frontale. 3. Disgiunzione tra complessità e fruibilità: se c’è l’una non c’è l’altra e viceversa. 4. “Fatalismo” e determinismo:... → [Continua a leggere]
  12. Aggiungo (rovesciamento della “Morte del Vecchio”):

    8. Rifiuto di elaborare il lutto per la perdita del passato e del futuro.

  13. Tra una cattiva ed una buona storia passa sicuramente una differenza, e forse è proprio il concetto stesso di “differenza” a decidere della “bontà” della narrazione: una storia “cattiva” sarebbe perciò una storia senza “differenza”, una storia in qualche modo univoca, che non lascia spazio a del possibile, al congiuntivo... → [Continua a leggere]
  14. @WM1 analizzare la centralità della TV mi sembra un punto fondamentale: la TV rende spesso impossibile ritagliare un “frattempo”, anche peggio dello scorrere dei commenti in questo (o di qualunque altro) blog: tutto sommato, posso andarmi a prendere un caffé, farmi un giro o farmi una nuotata, e quando torno... → [Continua a leggere]
  15. Una buona storia sviluppa le risorse interiori del lettore/spettatore gettando luce sul futuro poiché nutre fantasia e razionalità. Sceneggiare morbosità significa non mettere la parola ‘fine’ al termine della storia; vuol dire far entrare gli spettatori in un vortice di inutili discussioni. Parole al vento che non forniscono mattoni alle... → [Continua a leggere]
  16. scusate se esco dall’ambito letterario per tornare al problema di partenza:http://www.youtube.com/watch?v=cecdSkML-xQil prodotto venduto è lo stesso, si spiegano da soli anche il perché.Ma solo sul tg3 hanno intervistato il capo del sindacato dei lavoratori della miniera in questione? Lui ha spiegato naturalmente di essere felice per i compagni tratti in... → [Continua a leggere]
  17. * …se solo una su sette…

  18. Una domanda che mi viene spontanea è se si farà altrettanta caciara per i 16 poveracci che sono rimasti sotto una miniera in Cina.

  19. @WM1: ecco.. il rapporto con il passato e con il futuro è statico – come molti elementi dei commenti qui sopra evidenziano.La mancanza di Storia, nel senso di appiattimento in un eterno presente, mi pare una delle caratteristiche. Una buona storia indaga la genesi o il momento mutageno di qualcosa.... → [Continua a leggere]
  20. Il punto mi sembra proprio che sia nel rapporto tra passato e futuro, sia in quel che riguarda la Tv ed il suo meccanismo, sia per quel che riguarda i soggetti più in generale: il futuro discende dal passato, perchè è proprio grazie a quel passato-mai-stato-presente (“virtuale”) che si origina... → [Continua a leggere]
  21. Sui fatti di San José mi ha colpito la drammatizzazione televisiva e la costruzione mediatica del “leader” dei minatori, che esce per ultimo. Come se anche (e soprattutto) le situazioni di emergenza siano fatte apposta per ribadire ed enfatizzare la figura del leader, dell’eroe standard, a scapito del fatto che... → [Continua a leggere]
  22. Uhm… Quindi Blepiro ha avuto un’intuizione feconda. *Rovesciando* le caratteristiche osservate nei libri poi descritti con il nome di comodo “New Italian Epic”, si ottiene… ciò che dà a tutte le “storie tossiche”, anche diverse tra loro, un’aria di famiglia.[En passant, lo chiedo a chi è filosoficamente più “quadrato” di... → [Continua a leggere]
  23. @WM1 dipende dal paradigma di riferimento. Ad ogni modo: quest’operazione mi sembra dialettica, nel senso che hai preso un elemento A (il decalogo del NIE) opponendolo ad un oggetto B (l’instant fiction). In questo modo ne hai ottenuto una definizione dell’oggetto B che parte da una opposizione ad A. La... → [Continua a leggere]
  24. Roberto, è impressionante. Indirettamente, questo rafforza il caratteri del NIE che hai individuato. Sembra che, a livello più o meno conscio, gli autori NIE abbiano cercato delle strategie anche formali per opporsi alla narrazione dominante, creando modalità alternative di narrazione. In un certo senso, non siamo noi che facciamo... → [Continua a leggere]
  25. Provo a mettere sul tavolo un’ulteriore considerazione. Al termine del suo pezzo, davvero stimolante, Wu Ming 2 auspica che il racconto dei minatori non si riduca a un “reality show”, quale narrazione velenosa per antonomasia (aggiungo io, il pezzo è più sfumato). In questo senso il “reality” potrebbe tranquillamente essere... → [Continua a leggere]
  26. @ Simone:
    Credo che l’ipotesi in via teorica non basti. Per fare una distinzione come quella che suggerisci avremmo bisogno di esempi di reality “positivo” o “non avvelenato”. A me non ne vengono in mente, ma non sono un buon osservatore della tv, magari all’estero ne esistono.

  27. Vorrei riprendere il discorso sull’empatia verso la vittima, perché mi sembra centrale. Quest’empatia, come s’è detto, può essere usata strumentalmente nelle storie tossiche: molte narrazioni costruite per giustificare interventi umanitari sono nate in questo modo. Quello della vittima, d’altra parte, è uno dei ruoli fissi della narratologia classica. Eppure... → [Continua a leggere]
  28. @Wu Ming 4 Non posso spingermi più in là di una semplice ipotesi teorica da non scartare a priori, perché anche io non mi sono mai messo a studiare i “reality”, benché da tempo mi ripeto che sarebbe opportuno farlo. Però, ecco, mi chiedo se non si debba almeno porre... → [Continua a leggere]
  29. @Simone: sugli aspetti positivi di certi reality hanno scritto ottime pagine sia Jenkins (il capitolo intitolato “I guastafeste di Survivor” in Cultura Convergente) sia Steven Johnson (“Tutto quel che ti fa male ti fa bene”). Il limite di queste analisi, però, è che si concentrano solo sugli aspetti cognitivi e... → [Continua a leggere]
  30. @Wu Ming 2: sì conosco bene i due testi, e concordo con il tuo giudizio. Sul voyeurismo invece non sarei così netto: è un elemento essenziale del piacere estetico e non è detto che automaticamente deresponsabilizzi chi vede. Ma sarebbe una discussione enorme. Evocavo il reality per capire non tanto... → [Continua a leggere]
  31. @ WM1 Non so se sia “dialettica”, perché la parola stessa è infida. Se la usiamo per dire che ogni cosa ha più di un aspetto, e più di una possibilità, allora sì: nel senso, mi viene da dire, di Adorno e Mao (e anche del Professore, ma…). È che... → [Continua a leggere]
  32. “un mondo così, insomma” è riferito al mondo narrato dal reality minerario, a scanso di equivoci

  33. Interessantissimo post, come sempre, e con commenti altrettanto interessanti, vorrei anzi definirli spalancanti. Credo si sia già detto molto e molto bene qui sopra, e non avendo una tv da 7 anni (lo so, è sbagliato) non ho nessun contributo da dare sullo specifico televisivo. Vorrei solo aggiungere una breve... → [Continua a leggere]
  34. Penso che ci sia un discrimine abbastanza preciso dato dalla “libertà del fruitore”. Nelle storie, che Blepiro etichetta come OGM (mi piace l’assonanza con gli organismi mutanti da laboratorio!), mancano spazi di libertà: c’è IL buono, IL cattivo, LA vittima, LA causa, IL finale, ecc. Tutte le interpretazioni ammissibili (e... → [Continua a leggere]
  35. A un certo punto bisognerà riassumere questo thread, raggruppare e sintetizzare le varie “caratteristiche” proposte, e farne un nuovo post.

  36. @WM1 Concordo con Girolamo sulla questione “dialettica”, ma non sono ferrato in filosofia. Forse è una questione di traduzione, di trasformazione. Mi viene in mente il saggio di WM2 nel NIE: forse il vostro testo funge da agente di trasformazione sulla sensibilità narrativa di chi l’ha letto e così facendo... → [Continua a leggere]
  37. Insomma, tagliando i fagiolini riflettevo che comunque c’è da fare i conti, nella pratica, con un dispositivo. Ecco quel che volevo dire.

  38. @WM1: gli appunti per una sintesi li sto prendendo io. Nel fine settimana sono assediato dai pupi e ho poco tempo per commentare attivamente. Però leggo e mi segno proposte e categorie in un file a parte.

  39. Perfetto!

  40. @WM1: sì, dovete prendere il commentarium e distillarne un post.@simone: la penso come WM4. Reality “sani” non ne vedo, e probabilmente è un limite costitutivo, ontologico. Anche in questo caso, narrazioni alternative sono quelle che mimano il reality con fini parodico-satirici. Mi viene in mente “L’isola dei cassintegrati” ( http://www.isoladeicassintegrati.com/... → [Continua a leggere]
  41. Certo un reality sul “dietro le quinte” di Fitzcarraldo, con Jagger che va nel confessionale e racconta gli scazzi tra Herzog e Kinski… Boh, forse ne verrebbe fuori una roba interessante. Voglio dire che i “making of” sono potenzialmente dei buoni reality.

  42. @WM2
    a questo proposito mi viene in mente il trailer di Dogville con le interviste agli attori che scleravano e dicevano che Von Trier era completamente pazzo… quello mi sembrò un esperimento molto interessante di decostruzione del cinema e del reality.

    http://www.youtube.com/watch?v=b2RyA_7cnzg

  43. @WM2 e sleepingcreep: interessante. Però ho delle resistenze, in questo caso, a parlare di reality. Caratteristica fondamentale di tutti i reality televisivi è la selezione, la gara, il “ne resterà soltanto uno”, in genere associato a votazioni dal pubblico. Se si toglie questo elemento, non è diverso da una particolare... → [Continua a leggere]
  44. @blepiro capisco le resistenza. In effetti, forse ci converrebbe focalizzarci sul fatto che non esiste “reality” che non sia “reality show”: quanto è elemento del “reality” e quanto dello “show” in quello che critichiamo? cioè, esiste una narrazione autonoma “realitystica” che nella sua “spettacolarizzazione” non venga avvelenata?(ovviamente, mi tengo per... → [Continua a leggere]
  45. Credo occorra provare a distinguere reality tv da reality show, quale forma di reality tv o sottogenere. E’ chiaro che si tratta sempre, in una certa misura, di “spettacolarizzare” la realtà e non semplicemente di restituirla. Ma una certa spettacolarizzazione è parte del processo di esposizione televisiva come ricordava... → [Continua a leggere]
  46. @simone e sleepingcreep: grazie, adesso mi è più chiaro :)

  47. Interessante la domanda sulla possibilità di un reality non tossico. Penso che un reality non tossico sia un controsenso. Se non è tossico, se non crea dipendenza, non credo che possa funzionare come prodotto televisivo. E la televisione, non penso sia un luogo dove si produce un racconto non... → [Continua a leggere]
  48. Fino all’arrivo sul piccolo schermo di “Hill Street giorno e notte” si pensava che la fiction televisiva dovesse necessariamente presentare narrazioni non troppo articolate, composte da episodi con una sola linea narrativa. Poi le cose sono cambiate, ed oggi ci troviamo di fronte alla nuova serialità americana che ha dato... → [Continua a leggere]
  49. Precisazione: io penso che la televisione (che oggi si è staccata dal televisore) sia il media narrativo per eccellenza.

  50. ops, il “medium…”

  51. Tornando alla domanda iniziale “cosa distingue una buona storia da” (discussione interessantissima).Una buona storia parla anche di te che la ascolti, non necessariamente perchè hai vissuto un’esperienza simile, ma perchè qualcosa nella sua complessità ti tocca, e dà parole a quello che finora non ne aveva ancora. Una storia velenosa... → [Continua a leggere]
  52. @simone Anni fa (circa 12) Silvano Agosti mi chiese: ma a te non interesserebbe accendere la TV e poter vedere in diretta cosa accade a Mosca o Parigi? La domanda resta valida e ora direi che non siamo più nel regno dell’ipotetico. E’ così: accendo la TV e sono in... → [Continua a leggere]
  53. @ Simone RegazzoniC’è una differenza tra fiction televisiva e reality. La differenza è il meccanismo narrativo che si va a innescare. La fiction si dichiara tale ab origine, mentre il reality, come dice la parola, pretende di essere realtà, o almeno di scimmiottarla, flirtando col giornalismo o con il rotocalco... → [Continua a leggere]
  54. Dando un’occhiata alla pagina di wikipedia sui reality show (http://en.wikipedia.org/wiki/Reality_show) viene da pensare che, in effetti, qualcosa di buono si potrebbe fare anche con questa categoria, per esempio nei sottogeneri “Ricerca di un lavoro”, “Sport” e “Esperimento sociale”. Chissà… Il discorso sulle pause, i silenzi, il frattempo è comunque fondamentale.... → [Continua a leggere]
  55. Sulla categoria di “spettacolo” sono pienamente d’accordo con Simone. Non è nemmeno una categoria, a dire il vero. E’ una parola passepartout al cui significato Debord allude senza mai definirlo, a dispetto delle apparenze e degli “effetti” persuasivi ottenuti grazie allo stile. “Spettacolo” è volta per volta un quasi-sinonimo... → [Continua a leggere]
  56. @ Wu Ming 4, in linea di massima concordo, le tue perplessità sono attualmente anche le mie (anche io ho pensato subito alle Twin Towers: là dove il reale era troppo forte, oltremodo traumatico la narrazione ha preso il sopravvento sulla regia). Concordo anche sulla necessità del “frattempo”: non si... → [Continua a leggere]
  57. Scusate i refusi, non è serata…

  58. Ecco il docu-reality.
    http://www.digital-sat.it/new.php?id=23671

    Mi lascia perplesso, dovrei farmi ancora un’ idea su questo genere di reality… Si può salvare dalla sua “tossicità” il raccontare storie come queste?

  59. @ superpu
    direi proprio di no, anzi, quella porcheria mi sembra la quintessenza del “tossico”…

  60. A proposito del raccontare in tv e al cinema vorrei ricordare il lavoro e la teoria della Monoforma di Peter Watkins, un regista che ha provato a raccontare in maniera diversa.“La Monoforma è pensata per intrappolare – per catturare e trattenere l’attenzione del pubblico per periodi prolungati di tempo –... → [Continua a leggere]
  61. @ Sergio,
    maybe. E comunque a Londra (e anche altrove in UK) ci torneremo nel 2011, ormai siamo degli aficionados.

  62. penso che la televisione, anche quella dei buoni telefilm di grande respiro possegga una caratteristica tossica di natura selvaggiamente subdola. I protagonisti di questi telefilm, anche i personaggi più positivi, ma anche quelli la cui ambiguità è fondamentalmente la storia stessa (es. Dexter) mostrano una caratteristica comune: ci danno la... → [Continua a leggere]
  63. […] ragiona sui totalitarismi narrativi: «Da cosa si riconosce una storia avvelenata? Prima di tutto, non sa […]

  64. Due note. Nel libro (pessimo) di Filippo La Porta da poco uscito per Bollati Boringhieri (“Meno letteratura, per favore!”) c’è un paragrafo del terzo capitolo dedicato al “reality book”. Tra pochi giorni, come sicuramente sapete, uscirà JAST di Ghinelli, Rudoni, Sarasso che si presenta come il primo serial tv... → [Continua a leggere]
  65. Questo mi sembra un esperimento interessante, “24hoursBerlin”

    http://moreintelligentlife.com/node/2050

    80 telecamere a Berlino che girano per la città, da cui scaturisce un documentario lungo 24 ore.

    Certo, come si diceva, c’è la preparazione, il montaggio, il racconto, il frattempo.

  66. bella la direzione espansiva di questo commentario.

    @simone: posso chiederti, in breve, cosa è un reality book? Per La Porta, ma non solo (ho come l’impressione che lui viva in un universo parallelo, non mi interessano le opinioni dei klingoniani)

  67. In completo ritardo. Una storia di successo celebra solitamente la normalità, a svantaggio di una atipicità dei personaggi. Prendiamo 300: alla fine i suoi protagonisti sono eroici perché si comportano da veri (?) spartani. Ovvero il vero eroe è colui che riesce a essere normale. In questo mi sembra... → [Continua a leggere]
  68. Mi aggancio alla discussione a partire dall’affermazione di WM4 a proposito dell’11 settembre. Io non sono molto d’accordo quando dici che in quell’occasione ” la narrazione ha preso il sopravvento sul mezzo e sulla regia”. Per me è successo proprio il contrario, l’11 settembre il mezzo televisivo si è... → [Continua a leggere]
  69. @ Giorgio: in che senso “una storia di successo”? Noi qui si parlava di “buone storie” vs “storie tossiche”, con un’analisi che definirei est/etica. La dimensione economica in termini di vendite o di diffusione finora non l’avevamo presa in considerazione.

  70. @ blepiro: io non ho la minima idea di che cosa sia un “reality book”, e anzi devo dire che la formula mi piace poco, molto poco: anzi, la abolirei subito; vista la nostra discussione mi limitavo a segnalare che qualcuno, La Porta, aveva coniato questa formula per dire, banalmente,... → [Continua a leggere]
  71. @ Flavio, ma è successo fin da subito, questo? Oppure la regia mediatica è riuscita a ri-incanalare una situazione inizialmente selvaggia? A me sembra che la ri-composizione di quelle immagini in una narrazione “finalizzata” sia iniziata non in tempo reale e in presa diretta, ma dopo uno scarto di qualche... → [Continua a leggere]
  72. @WuMing1: poni una domanda assai interessante e dai una risposta che mi sembra convincente. Accennavo a Derrida, proprio in questo senso. Così come la diretta è sempre una differita, anche nel caso specifico la regia è venuta dopo. Ma questa situazione è inevitabile, costitutiva del mezzo televisivo, non credo basti... → [Continua a leggere]
  73. @ Flavio: trovo difficile parlare di “regia” fin da subito, in questo senso l’evento dell’11 settembre è stato almeno doppio. Il primo evento è quello che è accaduto quando ancora non c’era “sapere” rispetto al reale traumatico che irrompeva, ma solo una narrazione aperta, dispersa, molteplice, attorno a un buco... → [Continua a leggere]
  74. Solo per chiarire: non ho parlato di rottura di un dispositivo, ma, più modestamente, di un formato (nel senso proprio di format televisivo).

  75. Noi non “ricordiamo” più l’11/09.
    Ricordiamo il 12. La sua ricodificazione. E il 13. La sua soluzione. Dopo 48 ore si sapevano già nomi e cognomi di tutti i “colpevoli”.
    Sacrosanto, ci sono minuti e minuti di immagini mai più mostrate. Quella diretta è stata davvero selvaggia.
    L.

  76. @Simone: sono d’accordo con te. Va detto, però, che la distanza tra il primo ed il secondo momento dell’evento è stata brevissima (l’arco di poche ore), e questo per il mio giudizio è un fatto determinante. Hai ragione anche sul termine “regia” (l’ho usato con troppa leggerezza), non solo è... → [Continua a leggere]
  77. E’ vero Luca, non ricordiamo l’11, abbiamo quasi solo il ricordo di copertura codificato del 12. E tuttavia credo che l’11 si sia incistato in noi, grazie alla narrazione reality del primo evento. C’è da rendere grazie alla tv per questo, lo dico seriamente. Di fronte a Ground Zero, a... → [Continua a leggere]
  78. @Wu Ming1: generalizzazione mia (sorry).
    @luca: noi ne ricordiamo una versione. Solo quella, sempre quella, anche quando ne celebriamo gli anniversari. Il cinema ha provato raccontare versioni alternative (11’09”01), e la letteratura? Avete qualche esempio di narrazioni letterarie alternative all’11/09?

  79. @ wm1solo perché hai citato Dinoi: per me il suo libro è difficile, almeno adesso, e con una sola lettura, fatta tempo fa. Però io non capisco quel “sembra un film”; cioè lui dice “per lo spettatore televisivo”. Io di tv ne ho vista molta, adesso di meno. Ma non... → [Continua a leggere]
  80. @ paperinoramone,
    è indubbiamente una lettura non facile, ma ti ricompensa di (quasi) tutta la fatica. Anch’io l’ho letto tempo fa, ma prima o poi voglio tornarci sopra, e in quell’occasione chissà, magari riuscirò pure a risponderti :)

  81. @paperinoramone: forse posso risponderti io (con Marco ho discusso la mia tesi di laurea ed ho seguito i suoi corsi quando stava lavorando al libro). Il passaggio che non capisci si riferisce non tanto alla reazione dello spettatore singolo, quanto al simulacro di reazione collettiva che era stato messo... → [Continua a leggere]
  82. Manhattan era già stata attaccata varie volte in diversi film che predatano di pochi anni l’11 Settembre. Su tutti, “Godzilla” e “Attacco al potere” (quest’ultimo anticipò nel 1998 molto di quel che accadde dopo).

  83. @ flaviopintarelliintanto grazie; poi penso che darò un’occhiata in casa tua. Mi ricordo che alle superiori mentre stavamo guardando matrix la prof o chissàchi disse che i terr.sti erano stati ispirati da. Ma chissà come c’è arrivato Zizek a noi, a quel tempo :-).poi dico una vera stronzata. Un collettivo... → [Continua a leggere]
  84. @simone: grazie. Sono d’accordo con te:reality book è da cestinare. Un problema in meno :)Sull’11 Settembre “senza filtro”: quindi un possibile “reality non tossico” potrebbe essere qualunque tipo di filmato (o narrazione) imprevisto, un evento improvviso che irrompe nella scena, una discontinuità a cui la “regia” non sa far fronte.... → [Continua a leggere]
  85. Simone.
    Sono d’accordo. Molto.

    Butto lì una cosa sulle riflessioni precedenti.
    Secondo me Annozero è un reality. Lo è diventato.
    Con dinamiche anche interessanti.
    L.

  86. @paperinoramone: in effetti, i WM sul sito di Manituana rilasciarono una registrazione di una loro riunione, come esempio concreto del loro lavoro di scrittura. Però un reality non glielo auguro :D

  87. david foster wallace:[…] Ma il fatto è che le signore di Bloomington sono, o cominciano a sembrare innocenti. Nella stanza c’è quella che colpirebbe molti americani come una inconsueta assenza di cinismo. A nessuna delle presenti viene in mente neppure una volta di notare che forse è un po’ bizzarro... → [Continua a leggere]
  88. io mi ricordo lo scazzo via mail, ma che c’è anche l’audio?

  89. @paperinoramone: sei il benvenuto.
    @luca: annozero un reality? in che senso?

  90. Sui tempi del passaggio dal “primo” evento reale 11/09 al “secondo evento” costruito, forse ha ragione Flavio: sono più rapidi di quanto si possa pensare. Però ci terrei a tenere anche il primo evento e a capire come ha funzionato lì la tv. Nonostante tutto quello che è venuto dopo,... → [Continua a leggere]
  91. @ tuco
    qui c’è DFW che legge “The View from Mrs. Thompson’s House”:

    Vm
    P
    d

    @ paperinoramone
    sul “Livello 2” di manituana.com, nella sezione “Officina”, ci sono svariati mp3 coi momenti più interessanti di alcune nostre riunioni di lavoro (tutte del 2005, se non ricordo male).

  92. @ wm1

    grazie, piu’ tardi me lo ascolto con calma

  93. a proposito della miniera di san josé, e della regione di atacama in generale:
    http://www.pagina12.com.ar/diario/sociedad/3-155225-2010-10-18.html

    come si vede, di storie ce n’è una quantità, a cercarle.

  94. ma è da paura!!! ( in questo momento sono il re dei bimbominkia )@ lucaannozero in effetti ultimamente fa un po’ strano, poi San Toro parla sempre di spettatori, e quando si è messo a cantare Gaber ho dovuto cambiare canale. E quando ci sono le vignette di Vauro lasciano... → [Continua a leggere]
  95. Certo che il termine ‘evento’ già parla da sé, ma mi pare anche dalle discussioni che si sono accavallate che sia impossibile ricostruire l’evento e il ricordo dell’evento dell’11 settembre in senso cronologico. Forse può aiutare considerarlo in senso cairotico, cioè legato all’occasione, alla qualità del momento, a qualcosa che... → [Continua a leggere]
  96. Credo che una delle caratteristiche delle storie velenose possa essere la saturazione, un eccesso di spiegazione che oblitera la possibilità di nuovi significati. L’idea di storie velenose o tossiche, anche nella scelta dei termini, rimanda al deposito/sedimentazione di scorie non bonificabili/elaborabili, forse il rifiuto di elborare il lutto per... → [Continua a leggere]
  97. Touché. Per storia di successo intendevo storia tossica, ma ripensandoci anche quelle di Orson Wells erano di successo. Quindi ritiro il successo. O meglio, diciamo che il lato economico è evidentemente importante (abbasso la complessità della storia, vendo di più) ma non basta. Una storia semplice può non essere tossica... → [Continua a leggere]
  98. @Simone: i due momenti non possono essere separati. La potenza del secondo non potrebbe dispiegarsi senza il primo a fargli da garante.Sono anche d’accordo con te sul fatto che l’11 settembre non sia stato come vedere un film. Piuttosto il cinema ha funzionato come un immaginario al quale la narrazione... → [Continua a leggere]
  99. “Se si pensa un momento a queste tue parole l’11 settembre non è poi molto diverso dall’ontologia fotografica come la pensano Barthes e Bazin.” Però, Flavio, la maggior parte di quelli che seguono la discussione non coglie questi riferimenti. Io stesso non so in cosa consista l’ontologia fotografica di Bazin.... → [Continua a leggere]
  100. @ Flavio: non se se sia impossibile separarli, sicuramente è difficilissimo, e senza dubbio il secondo evento costruito non è meramente posticcio, ha forza perché attinge al primo, è una narrazione che riscrive l’Urtext dell’11. Per questo funziona bene e non si lascia banalmente demistificare o decostruire: occorre una contro-narrazione... → [Continua a leggere]
  101. Lasciamo pure stare il riferimento a Bazin, che avrebbe sicuramente parlato di “pornografia”, centrando il punto.

  102. Per chi non mastica il tedesco (non lo mastico nemmeno io ma so quattro parole in croce): “Urtext” = testo che precede tutto il resto. In tedesco il prefisso “ur” indica qualcosa di primigenio, di originario.

  103. @ Giorgio: Forse il nostro testo che più si avvicina all’istant fiction è Momodou, anche se ci sono circa 5 anni di frattempo tra l’episodio reale (l’uccisione di Mohamed Khaira Cisse) e il racconto che abbiamo scritto. Lì, per esempio, adottammo una polifonia di punti di vista e un montaggio... → [Continua a leggere]
  104. Vorrei riprendere il commento di axolotl, più sopra. Dice:“A proposito delle competenze per distinguere una storia non velenosa, rubando una metafora di Scaparro sul gioco propongo una mia ipotesi di risposta. Credo che una storia commestibile presupponga che tra la storia ed il fruitore della stessa esista la possibilità di... → [Continua a leggere]
  105. Ripescando dagli appunti che sto prendendo, via via che il commentario procede, vedo che già qualcuno aveva scritto che una storia tossica è “senza crepe”, qualcun altro ha detto “senza pause e silenzi”, e poi ancora la questione del “gioco”, come spazio tra gli elementi, ma anche tra il fruitore... → [Continua a leggere]
  106. @WM2: occhio, che il liscio e lo striato sono forse l’inverso :D

  107. Provo a spiegare, terra terra, la boutade reality-annozero. Già da parecchio ormai, il format annozero dura tutta la settimana, al di là della sua messa in onda il giovedì. Si tratta di una sorta di Santoro True Life Show. Chi lo attaccherà questa settimana? Andrà in onda? Il premier riuscirà... → [Continua a leggere]
  108. @WM2, mi fai pensare che probabilmente il liscio e lineare sono la quintessenza dell’artefazione e al tempo stesso l’effetto di realtà supremo.

  109. @blepiro: sì, bisognerà cambiare terminologia ;-). Però la storia che invecchia, con le sue rughe vs la storia che vuole sembrare giovane, mi fa pensare alla differenza che aveva tirato fuori maurizio vito, diversi commenti fa: le storie tossiche sono quelle che tutti si affannano a raccontare, mentre le buone... → [Continua a leggere]
  110. A proposito di reality/fasullity e storie tossiche, accettando il rischio di OT, non posso non segnalare quanto sentito cenando: 1. Sarah (con zii, zie, cugine, ecc.) il cui cadavere viene stuprato e “destuprato” in diretta o poco meno; giallo in diretta dove il pubblico è invitato a televotare il colpevole2.... → [Continua a leggere]
  111. Di “crepe nelle quali potersi infilare per raccontare” avev(am)o già cominciato a parlare a proposito di calciatori “fondatori di discorsività”, quindi mi trovo d’accordissimo… (Anche in quei commenti si trova forse qualcosa di utile a questa discussione) Frequento il linguaggio dei libri molto più di quello della TV, quindi chiedo... → [Continua a leggere]
  112. @danae la butto lì tenendo sempre bene a mente la lezione di pasolini sulla TV come medium di massa , quindi non democratico (cfr il link a you tube che ho postato qualche commento fa), dico che la Televisione è il luogo in cui più difficilmente c’è la possibilità di... → [Continua a leggere]
  113. @ Francesco i-Q“reato di lesa maestà, narrazione irrispettosa, giornalismo di inchiesta? … Ma tra le tre cose c’è veramente una differenza sostanziale?”No, Report al livello dei reality proprio no. La differenza c’è eccome, se per Annozero il dirscorso può reggere per il lavoro della Gabanelli mi sa che sei fuori... → [Continua a leggere]
  114. Sorry: evidentemente mi sono spiegato male: la domanda su un’eventuale differenza riguardava queste tre cose “reato di lesa maestà, narrazione irrispettosa, giornalismo di inchiesta” non i tre punti elencati. IL fatto che in entrambi i casi rientrasse il tre è una pura coincidenza… cabalistica forse, ma casuale! ;-)

  115. Quello che intendevo dire è che si risponde ad un’inchiesta giornalistica seria (che per ciò stesso è se non lesa quantomeno messa in dubbio della maestà e narrazione irrispettosa) con una sorta di “reality” nel quale si addita la diffusione di informazioni e dubbi come propaganda ed attacco ingiustificato. Non... → [Continua a leggere]
  116. Appunto lessicale: più che liscia o ruvida, gli aggettivi migliori potrebbero essere materico / anodino. L’uno esprime la pluralità di superfici, l’altro l’inconsistenza di carattere della narrazione.

  117. Domanda: non è che sbagliate l’impostazione riguardo alla questione del “ritardo”? Provo a spiegarmi meglio: la Televisione mi sembra che consista specificatamente nell’assenza del ritardo: la televisione è il “video” in “tempo reale”. Il “tempo reale” non ha ritardo, ma la questione è appunto questa: le immagini televisive non possono... → [Continua a leggere]
  118. Ma infatti, normalmente non c’è nessun “ritardo”. Può accadere (molto di rado) che un evento dirompente (e gli eventi davvero dirompenti sono rari) produca lì per lì una… eccedenza di immagini, che poi la natura stessa del mezzo normalizzerà. La TV ha tutto il tempo di digerire, metabolizzare, trasformare tutto... → [Continua a leggere]
  119. Si, ma il punto è che non bisognerebbe concettualizzare la telvisione con le stesse categorie che si usano per il cinema: la televisione non può essere pensata come mezzo che lavora fuori dalla “durata”, non si può pensare alla Tv (secondo me) come strumento di una rappresentazione. Perciò non sono... → [Continua a leggere]
  120. Non mi convince del tutto dire che il tempo della televisione è *il* tempo della società. Non credo che nella società ci sia un tempo solo, ma una molteplicità di tempi sincronizzati o sfasati tra loro. La cultura ha tempi di sedimentazione diversi, e anche la vita ha delle fasi.... → [Continua a leggere]
  121. Si, perfettamente, ma ci eri riuscito già prima. Il punto che ci tengo a sottolineare però è un’altro, ossia che la temporalità del “corpo sociale”, nel senso anche di collettività, è irrimediabilmente scandito da chi questo tempo lo accompagna e lo modifica costantemente, ossia la televisione. Che poi ci siano... → [Continua a leggere]
  122. […] In questa vicenda l’attenzione dei media è stata molto importante, qualcuno ha parlato di instant fiction, in ogni caso speriamo che quando l’attenzione si spegnerà su questa specifica vicenda, […]

  123. Posso dire che, secondo me, avete toppato di brutto.Nessuno in Italia ha potuto vedere l’uscita dei minatori dal tunnel. Nessuna tv ha mandato la diretta (preferendo altre schifezze), nessuno ha fatto trasmissioni speciali la sera stessa… Per il pubblico italiano (piccole eccezioni ultra informate a parte), questo non è stato... → [Continua a leggere]
  124. @ mic, non capisco il senso del tuo commento… In rete era possibile assistere alla diretta dell’emersione dei 33 minatori. Il fatto che la TV italiana non l’abbia trasmesso, non significa che l’evento non sia esistito tout-court, e il fatto che il pubblico televisivo italiano non l’abbia visto in diretta... → [Continua a leggere]
  125. Eh, mi sta che stai “toppando” tu, Mic. Per mesi ci hanno parlato tutti i giorni dei minatori cileni, ce li hanno mostrati nel loro buco, ci hanno aggiornati sui lavori, sull’arrivo di parenti e preti, sulle loro richieste, sulle loro lettere alle famiglie etc. Ore e ore e ore... → [Continua a leggere]
  126. Ecco, appunto. Non era nemmeno vero che non ci fosse stata la diretta.

  127. Su “The Greatest Show on Earth”….reality scritto, diretto, prodotto e trasmesso nel Nuovo Mondo l’ 11 settembre 2001.Oltre alla tossicità si potrebbe aggiungere un pò di sana video-sostanza: il NIST (National Institute of Standards and Technology) recentemente e a malincuore dopo una causa legale persa e sotto il Freedom of... → [Continua a leggere]
  128. Capisco le obiezioni, ma sottolineo che non è indifferente il fatto che i media tradizionali abbiano preferito altro ai minatori e che abbiano ignorato l’evento più “spettacolare” (la “seconda nascita”, ecc ecc). L’opinione pubblica (quella che si nutre di informazione TV) è il futuro pubblico della fiction. Perché gli è... → [Continua a leggere]
  129. Boh, io non capisco quale ragionamento tu voglia introdurre. E’ chiaro che è stata una scelta, il palinsesto è sempre deciso, non si decide da solo. Ma esistono anche scelte fatte a monte che non si possono ri-discutere in tempi brevi, perché c’è lo show col conduttore strapagato (magari cognato... → [Continua a leggere]
  130. A me pare che uno dei problemi fondamentali nella continua riproposizione di storie tossiche stia nell’occultamento dell’operazione di scelta e selezione che le produce. Si trasmette l’impressione che sia “naturale” la riproduzione della storia, quando essa è invece l’effetto di particolari gerarchie di valori. A questo proposito, non credete che,... → [Continua a leggere]
  131. @ macondo: tutt’altro che OT! Il calderone postmoderno, la bella notte dove tutti i gatti sono bigi, è una grande incubatrice di tossine. Quando si decreta che tutto vale allo stesso modo, la merda e il cioccolato, si ottiene come risultato che niente ha più sapore, salvo poi invocare magari... → [Continua a leggere]
  132. …a me questa vicenda, oltre che Vermicino, ha ricordato Marcinelle. (Immagino che qualcuno di voi avrà visto «Italiani cìncali», dell’ITC Teatro di San Lazzaro.)La questione distanza/”dimensione del frattempo” somiglia a discorsi teorici che si fanno riguardo la comicità (ci vuole uno scarto di spazio/tempo, altrimenti le battute non funzionano…cfr. il... → [Continua a leggere]
  133. Forse un po’ in ritardo, ma vorrei riprendere il discorso sulle caratteristiche delle storie velenose e sulle competenze per distinguerle. Nel mio post precedente avevo parlato di “saturazione” per poi proseguire con delle riflessioni/analogie sul gioco, ma credo di non averlo spiegato a sufficienza. Credo che una storia per non... → [Continua a leggere]
  134. Una bella coincidenza. Una contaminazione possibilmente anti tossina, una cosa che mi e’ venuta in mente rileggendo tutti i posts e che ho pensato di aggiungere al commentario. Spero non sia troppo tardi. “L’universo e’ fatto di storie, non di atomi” e’ una famosa citazione di Muriel Rukeyser,... → [Continua a leggere]
  135. @dude
    Le storie tossiche hanno qualcosa delle soap opera, quindi.

  136. @ yamunin Si. Che altro e’ stata, e’ e probabilmente sara’ quella chilena se non una soap opera sceneggiata nei minimi dettagli da professionisti della comunicazione.http://en.wikipedia.org/wiki/Chilevisiónhttp://en.wikipedia.org/wiki/Sebastián_PiñeraE’ la sceneggiatura di una bella soappona con tutti gli elementi del “mondo cosi’ ” a cui faceva riferimento girolamo qui’ :http://www.wumingfoundation.com/giap/?p=1480&cpage=1#comment-2020Per la cronaca: Pinera,... → [Continua a leggere]
  137. @dude: mi puoi chiarire in che senso “le storie tossiche hanno bisogno di serialita’, devono essere continuamente riproposte”. Perché mi pare che qui dobbiamo distinguere tra la serialità di Sandokan e di certe fiction di alto livello narrativo e la ripetitività di una soap come “Beautiful” o “Sentieri”. Vorrei capire... → [Continua a leggere]
  138. @ WM2 Serialita’ come precisi tu, nel senso di riproposizione continua, martellante di una falsa verita’. In particolare il lieto fine. La realta’ dei fatti, o i diversi punti di vista sull’accaduto completamente obliterati. Se …”l’unico modo che abbiamo per far parlare i fatti è quello di raccontarli e connetterli... → [Continua a leggere]
  139. “le storie tossiche hanno bisogno di serialita’, devono essere continuamente riproposte”

    Succede, se alla ripetizione non si associa la differenza ;)

  140. Tg1 delle 13.30, servizio di apertura sulla rivolta della munnezza. I primi minuti sono tutti dedicati a un tizio, isolato, che spernacchia i poliziotti, poi sale su un Ulivo (!) e brucia la bandiera italiana. Allora mi viene in mente che una forte tossina narrativa si annida nell’uso dei dettagli.... → [Continua a leggere]
  141. La risposta di WM2 ha messo in moto uno strano meccanismo: collegando “la parte con il tutto” ad antiche memorie liceali, ma non ricordando il nome della figura retorica, sono andato a cercarlo ritrovando la sineddoche Sfogliando però la definizione delle varie figure, in cerca di quella che mi interessava,... → [Continua a leggere]
  142. @ Francesco-iQ,ecco, poni un bel problema… Intanto perché le figure retoriche sono innumerevoli, e di varie tipologie, e poi da sempre (da Aristotele in poi…) sono argomento di studio per linguisti, letterati, e persino psicanalisti. Quindi non si può semplificare: uso/abuso delle figure retoriche = narrazione tossica (cioè, semplificare non... → [Continua a leggere]
  143. Per tornare a un minimo di concretezza propongo un giochino basato sull’applicazione dei modelli di storie a diversi tipi di scrittori.Mi viene in mente un modo “a-tossico” di narrare, obliquo, che si potrebbe attribuire (ed è stato attribuito) a Wu Ming e ad altri scrittori italiani. (Vedi NIE).Mi viene in... → [Continua a leggere]
  144. Bisognerebbe fare un’analisi distinta per ogni figura retorica, cercando di capire in cosa consista l’uso tossico che ne viene fatto. Una buona sineddoche, ad es., non sceglie una parte *qualsiasi* per rappresentare il tutto. I due elementi devono stare tra di loro in una relazione saliente rispetto al contesto: il... → [Continua a leggere]
  145. “Se nascondo il “tutto” dietro a un dettaglio portato in primo piano, chi mi ascolta penserà di trovarsi di fronte a una sineddoche, e darà per scontato che la relazione parte/tutto sia significativa. Le figure retoriche attivano nel cervello meccanismi automatici di interpretazione. Molte le decrittiamo in maniera inconsapevole ed... → [Continua a leggere]
  146. sto pensando alla bandiera bruciata a Terzigno… Non so se possiamo considerarla una vera e propria sineddoche. Cioè, non penso che chi ha incentrato il servizio su quella “parte” avesse intenzione di usarla per raccontare “il tutto”. Credo che l’intenzione sia stata, piuttosto, quella di sviare l’attenzione dello spettatore dalla... → [Continua a leggere]
  147. @danae Non una “vera e propria” sineddoche, ma – almeno secondo me – una “sineddoche televisiva costruita” si. Nel senso che prendendo una immagine specifica e sfruttando il meccanismo “naturale” dell’interpretazione della sineddoche, si può fare in modo che venga letta come tale e quindi che il tutto assuma la... → [Continua a leggere]
  148. […] di Wu Ming, una lunga e interessantissima discussione su storytelling e instant fiction. Da leggere qui, sul post e nei commenti. […]

  149. […] che questi espedienti abbiano perso la loro efficacia narrativa). C’è un interessante articolo dei Wu Ming con un laboratorio nei commenti ancor più stuzzicante da questo punto di vista. Ad […]