Su La Repubblica di oggi, il collega Giorgio Vasta recensisce Anatra all’arancia meccanica. Parla di “corroborante, vitale visionarietà”. Na li, na li (“troppo buono” in cinese; se andate in Cina, non rispondete mai “Grazie” a un complimento). Ecco la recensione:
NELL’ITALIA ANNI ZERO, L’ANIMA DEL PRESENTE
“Anatra all’arancia meccanica”, i racconti scritti dai Wu Ming dal 2000 a oggi.
Dai resoconti tragicomici del mondo cinematografico alla narrazione che prende le mosse dai fatti di cronaca: la scrittura che si confronta con quel decennio utilizza stili differenti
Per passare al setaccio il tempo presente occorre un crivello raffinato in grado di filtrare e rendere riconoscibili i diversi materiali che danno forma alla nostra contemporaneità. Ognuno dei sedici racconti che compongono Anatra all’arancia meccanica (Einaudi Stile Libero, con un testo introduttivo di Tommaso De Lorenzis) può essere considerato uno strumento di depurazione e rivelazione, ogni testo un diverso calibro e dunque una diversa selezione della sostanza di questi primi dieci anni del nuovo millennio. Scritti infatti in un arco di tempo che va dal 2000 a oggi, i racconti del collettivo Wu Ming si confrontano con qualcosa che, forse azzardando, potremmo chiamare mood in Italy, vale a dire il nostro stato d’animo nazionale (effetto anche di rivolgimenti internazionali), un mostro sentimentale che appare contrastato e sfuggente, molteplice e tendenzialmente psicotico.
Se dunque la scrittura sceglie di confrontarsi con la fisiologica patologia di questi anni diventando a sua volta proteiforme per intercettare e restituire il carattere sbriciolato dei cosiddetti Anni Zero, la lettura si farà perlustrazione di stili differenti, un confronto con forme espressive eterogenee: dai resoconti ferocemente tragicomici del mondo cinematografico ed editoriale italiano (in Benvenuti a ‘sti frocioni 3 e in Tomahawk), testi nei quali grottesco e dato oggettivo coincidono e la parodia è una distorsione minima rispetto a quanto è davvero accaduto, alla tonalità teneramente partecipe di Momodou, dove la narrazione muove da un fatto di cronaca e percorre a ritroso la miccia delle esistenze di chi in quel fatto di cronaca è coinvolto per chiarire che un cliché sociale è un luogo nel quale si pretende di semplificare la complessità dell’umano, passando per il racconto di un tentativo assembleare italiano frantumato e manicomiale, quando l’iniziativa politica soccombe a una miriade di distinguo (in Bologna Social Enclave), fino al passo mite e discorsivo di American Parmigiano, nel quale un’investigazione filologica sul formaggio reggiano è lo spunto per ricostruire logiche e bizzarrie delle politiche di protezione di un marchio, dimostrando che è possibile cavare senso anche dal caseario (e la narrazione questo fa: significa l’apparentemente insignificante).
Si potrebbe immaginare che in questi racconti il mutare delle forme sintattiche e delle scelte lessicali discenda dalla struttura plurale di Wu Ming; questo avrà un suo peso, ma l’impressione più forte è un’altra: Wu Ming sa che ogni retorica è una formalizzazione tramite la quale si prova a dire il mondo, un tentativo di farlo esistere, e sa che ogni retorica è una macchina stilistica che deve essere esplorata e collaudata, smontata, rimontata e sparigliata, ininterrottamente messa alla prova per rivelarne il funzionamento attraverso il funzionamento medesimo (o attraverso il suo incepparsi). Perché una comprensione profonda delle retoriche serve a far fronte a tutto ciò che è potere: serve a far fronte alle sue retoriche (in particolare il dittico composto da Pantegane e sangue e Canard à l’orange mécanique – dove Topo Lino e Anatrino si ribellano al proprio stereotipo pretendendo una libertà che il mondo Bizney/Disney non vuole loro riconoscere – è una travolgente e stravolgente contronarrazione del potere).
Anatra all’arancia meccanica è un mandato di comparizione recapitato alla realtà italiana, un inventario di codici fiammeggiante e malinconico, un’esplorazione del presente alla fine della quale ci rendiamo conto che il mood in Italy che da dieci anni assorbiamo e generiamo è un ibrido caotico, un tempo che nasce morendo: e che al potere, soprattutto quando è senile e snervato come in questo paese, va opposta una corroborante vitale visionarietà. Anche quella del racconto.
Su “Carta”, e partendo proprio da questa recensione di Vasta, Giuliano Santoro riflette su Anatra all’arancia meccanica:
http://bit.ly/gdP7pj
Lunga, articolata recensione di Anatra all’arancia meccanica, costruita sul parallelismo tra il libro e la Nona di Beethoven:
http://narrativeinfo.blogspot.com/2011/03/anatra-allarancia-meccanica-di-wu-ming.html
[…] questo articolo dal sito Wu Ming Foundation. Potete leggere qui il testo […]