Abbandonare le illusioni su Bologna, immaginare un nuovo tempo

[Giorno di sciopero generale. Oggi a Bologna, come in tante altre città, ci saranno cortei, comizi, blocchi stradali etc. Nelle stesse ore, Maroni viene a sostenere il candidato sindaco della destra (il leghista Manes Bernardini). Noi saremo per strada, e quando ci capiterà tra le mani un microfono o un megafono, leggeremo questo:]
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Nei giorni scorsi, qualcuno ha detto che Maroni, a Bologna, non è il benvenuto.
A noi pare il contrario.
La Bologna di oggi è la città che fa per lui. Il suo razzismo è lo stesso di molti bolognesi.
Per settimane, la città è stata invasa da manifesti elettorali leghisti che incitavano all’odio verso gli stranieri, rappresentati come laidi, mostruosi, prevaricatori. Un’iconografia da Terzo Reich.
Nella Bologna del mito – bonaria, ospitale, circonfusa del suo alone rossastro – quei manifesti non sarebbero durati un giorno. Ci sarebbe stata una levata di scudi generale, come se qualcuno avesse imbrattato le foto dei partigiani di fianco al Nettuno. Ma quella Bologna non c’è più, e forse non c’è mai stata. Un elettore bolognese su tre si esprime a favore del candidato sindaco leghista. L’è ‘d Bulåggna, al s’ ciama Manes, l’à da èser un brèv ragazól. E’ giovane, è simpatico, si capisce quello che dice.

La Lega raccoglie consenso, perché dice fuori dai denti quel che la panza gonfia di Bologna pensa da tempo. In città razzismo ed esclusione non sono dinamiche recenti. E’ un eterno sport bolognese inveire contro i fuori-sede, i «maruchèin», il casino, il degrado.
I razzisti ed nuèter fingono di ignorare che una parte consistente del benessere felsineo deriva dallo strozzinaggio degli affitti, dalla vessazione degli studenti fuori-sede, dal lavoro nero e dallo sfruttamento della precarietà. Infatti non contestano la presenza in città di soggetti ricattabili e salassabili, ma il fatto che questi vogliano in cambio qualcosa: tempi di vita e non solo di lavoro, diritti anziché ricatti, dignità di cittadini. «Cosa si sono messi in testa, ‘sti arabi, ‘sti negri, ‘sti zingari, ‘sti fuori-sede?»
C’è una Bologna che ritiene ogni inclusione una minaccia alla sua ricchezza.

Se in passato, soprattutto grazie alle lotte del movimento operaio, una parte di questa ricchezza veniva re-investita in servizi e garanzie sociali, oggi accade sempre meno. Le rette degli asili aumentano, i posti diminuiscono e le strutture vengono chiuse. Le biblioteche contraggono gli orari di apertura e hanno problemi di bilancio. Esternalizzare servizi pubblici alle cooperative (anche confessionali) è uno dei trucchi abituali per aggirare i diritti dei lavoratori. I servizi di prima accoglienza vengono tagliati e i dormitori sono in continua emergenza. Il trasporto pubblico è sempre più costoso, e questo colpisce i poveri e chi vorrebbe inquinare meno.
Oggi, in questa città, a chi non sa dove sbattere la testa tocca rivolgersi al parroco e alle mense della Caritas. Un poveraccio trova più facilmente l’aiuto dei volontari che dei servizi sociali.

I primi responsabili di questo sfacelo sono gli amministratori della ex-sinistra e – in una breve parentesi – quelli della giunta Guazzaloca. La china è stata discesa a grande velocità, fino al lugubre periodo di Cofferati (che oggi tutti, a cominciare dai suoi attendenti di allora, fingono di non avere mai conosciuto), allo scollacciato epilogo del Cinziagate e al commissariamento della città.

[Un inciso su Flavio Delbono: siamo convinti che il suo più grave misfatto non sia quello per cui si è dovuto dimettere, bensì la privatizzazione delle Farmacie comunali, nonostante il parere contrario espresso da tanti cittadini nel referendum consultivo. Era il 1999, Delbono era assessore al bilancio della giunta Vitali. Quell’operazione inaugurò lo smantellamento del welfare cittadino. Delbono ne fu il principale artefice, ma non certo l’unico: la responsabilità ricade su tutta la classe dirigente locale dell’allora PDS, oggi PD. Ma i media locali preferiscono non ricordare: parlare di gnocca è più divertente, e non rischia di svegliare il can che dorme.]

A completare il quadro, ciò che resta del welfare non è più percepito come un diritto per chi sceglie di vivere a Bologna, bensì come un privilegio riservato ai «bolognesi».
E chi sarebbero, i «bolognesi»? Per quanti anni bisogna vivere a Bologna, per essere considerati cittadini? A che distanza dalle Due Torri bisogna essere nati? Quanti quarti di «bolognesità» bisogna avere nel sangue?
Ecco perché quei manifesti razzisti non hanno suscitato né potevano suscitare alcuno sdegno, nemmeno ipocrita. «Prima i bolognesi», dicevano, e questo è un argomento condiviso.

A conti fatti, ci è impossibile vedere l’arrivo di Maroni in città come un gesto «profanatore». Piuttosto, è una consacrazione, il coronamento di un percorso che parte da lontano.
Il marone* oggi non è Maroni-a-Bologna. I maroni sono due: uno è Maroni e l’altro è Bologna.
In città, i motivi per incazzarsi e agire sono innumerevoli e sotto gli occhi di tutti, ma per liberare nuove energie creative e conflittuali non sappiamo immaginare altro modo che gettare alle ortiche gli ultimi residui di retorica su Bologna, il suo mito, il malconcio santino del «buon governo», e al tempo stesso ogni lamentela nostalgica o qualunquista.
Anni e anni, anni di cazzate tipo “isola felice” non han fatto che danni. L’Isola Posse All Star lo rappava già nel 1991.

Per troppo tempo la storia di Bologna è servita come tappabuchi, velo per nascondere ogni nefandezza, nella convinzione che qui siamo diversi.
Ci sono monumenti che si erigono e si venerano contro il passato, fingendo di celebrarlo.
Un passato fatto anche di battaglie per la liberazione delle classi subalterne, di grandi imprese collettive che in un giorno come questo, di sciopero generale, dovrebbero ricordarci che la lotta paga.
Si riparte da qui, non per ripetere, ma per ritentare in forme nuove.
E si riparte dal basso.

Una volta un tizio ha scritto:

«L’esigenza di abbandonare le illusioni sulla propria condizione è l’esigenza di abbandonare una condizione che ha bisogno di illusioni.»

Abbandonare le illusioni significa ad esempio ragionare sul fatto che Bologna si nutre soprattutto di terziario e cultura, ma non sa che farsene di grandi eventi, di nuove kermesses e passerelle. Perché la cultura non cala dall’alto: nasce dal basso, dalla vita vissuta, dagli incontri e dai flussi che attraversano le strade. Non è accaparrandosi per un anno il titolo di Capitale del libro che si incide sulla cultura cittadina, ma imparando a valorizzarla quotidianamente, creando e garantendo spazi per le relazioni, il sapere e l’interscambio di idee, cioè tutte quelle cose che producono ricchezza e creatività. E’ difendendo l’istruzione pubblica con le unghie e con i denti, dalla materna alla scuola secondaria. E’ impegnando l’università a lasciarsi vivere da chi la frequenta e la tiene in piedi con le proprie tasse, invece di vederla ridursi a un laureificio chiuso e provinciale. E’ guardando la cultura per ciò che è: produzione di ricchezza sociale, invece che lusso per i tempi di vacche grasse. Le vacche magre si possono nutrire a cultura? Certo che sì. O pensiamo forse di poter competere con la Cina sul terreno della manodopera dequalificata e sottopagata, come sembra credere l’attuale governo quando consiglia ai giovani di rinunciare a studiare per riscoprire il lavoro manuale? Va bene, il lavoro manuale è necessario… ma pagato quanto? E in quali condizioni? Quelle che impongono Marchionne o la Ducati Energia?

Abbandonare le illusioni significa partire da un dato di realtà: guardare tanto il peggio che avanza quanto ciò che ancora ci impedisce di cedere alla frustrazione. Perché sì, potremmo stare a lungo a discutere sulla tardività della convocazione dello sciopero generale di oggi e sul fatto che ormai in questo paese non esista più una qualunque controparte sociale o politica in grado di cogliere il messaggio lanciato. Ma noi preferiamo constatare ciò che è avvenuto: la città è stata bloccata da migliaia di persone. E se questo sarà servito anche soltanto a farci sentire per un momento meno soli, pur con tutte le innegabili differenze e conflittualità che ci distinguono, questa giornata non sarà stata vana nei tempi cupi che viviamo.
Forse arriverà il giorno in cui la voglia di resistere verrà meno e lascerà il campo alla rassegnazione. Ma certo non sarà stato questo 6 di maggio. Forse giungerà l’ora dei lupi, in cui l’idea di una convivenza diversa e possibile sarà definitivamente spazzata via da questa città, dopo che per anni è stata logorata e minata. Ma quell’ora non è adesso.
Oggi diciamo che la lotta non serve solo a ritardare la sconfitta, ma allude sempre a un tempo nuovo e a un popolo che viene. Perché ogni gesto o parola di resistenza, per quanto piccoli possano apparire, prefigurano qualcosa, aggiungono un tassello nell’immagine concreta di un altro avvenire.

* Marone. Italo-petroniano per “problema complicato”, “errore faticoso da correggere”, “situazione difficile da gestire”.
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242 commenti su “Abbandonare le illusioni su Bologna, immaginare un nuovo tempo

  1. In bocca al lupo per questa giornata di manifestazione e lotta per i diritti dei lavoratori.
    La politica populista del “soggetto nocivo” intossica le strade, ed è proprio con l’asfalto sotto i piedi che bisogna lottare per offrire un’alternativa. L’immagine del compagno con le maniche rivoltate (e il sedere in poltrona) non è più credibile.
    Noto con piacere la citazione all’Isola Posse All Stars, quando il giovane movimento Hip Hop italiano (anche se politicizzato) scendeva in piazza per raccontare una storia alternativa. Oggi anche questa “forma” di pensiero rischia di essere accaparrata dal populismo di estrema destra. Il 13-14 Maggio, Casapound organizza una Street Art Convention per quelli stufi del “diktat stradaiolo” e “per chi non fa chiacchiere sulla street mentality”.
    (a chi interessa, qui un’analisi semiologica dell’intera operazione: http://nexusmoves.blogspot.com/2011/03/lestetica-servizio-della-politica.html)
    C’è bisogno di intellettuali militanti: le dita sulla tastiera, i piedi in strada. E voi lo state facendo molto bene. Keep on struggling!

  2. Una delle prime cose che mi hanno insegnato di Bologna è il Liber Paradisus: la liberazione degli schiavi del 1256. Peccato che questa liberazione avesse il secondo fine di tassare nuove persone.
    Pensavo che questo doppio gioco fosse una voce di corridoio invece l’ho banalmente ritrovata su wikipedia (http://it.wikipedia.org/wiki/Liber_Paradisus):

    “In realtà la liberazione di tanti schiavi fu anche una mossa dettata da interessi economici: oltre ad una probabile miglior resa lavorativa dei servi, dopo la loro liberazione Bologna pianificava di sottoporre alle tasse migliaia di nuovi individui fino ad allora esenti.”

    In questo meccanismo ritrovo qualcosa di simile in quello che succede al giorno d’oggi

  3. Da troppo tempo vedo campagne elettorali che hanno come scopo “vincere” senza che ciò sia accompagnato da un “per fare cosa”.
    E’ rimasta la forma della politica (le organizzazioni dei partiti, le segreterie, le poltrone in Parlamento e a tutti gli altri livelli) ma non c’è più la sostanza. Non sono i leader che mancano, ma gli obiettivi.
    Se è vero che alcuni leader della sinistra del passato avevano maggiore incisività di quelli del nostro tempo, essi lo erano però per la capacità di sintetizzare la volontà del popolo e renderla chiara, comprensibile, semplice e concreta.
    Oggi l’obiettivo è battere Berlusconi (in tutte le sue forme e manifestazioni, anche quando si chiama Manes ed è un brev cinno) mentre invece dovrebbe essere, per esempio, dare un posto in asilo a tutti i bambini, anche a costo di farlo pagare a suon di ICI a tutti quelli che i soldi li hanno.
    Forse abbiamo bisogno di conflitto, molto di più di quanto non ce ne sia. Forse solo dal conflitto si riesce ad avere un potere contrattuale per ottenere qualcosa di più concreto che “battere Berlusconi”.
    Forse ci stiamo arrivando perchè non si vede una via di uscita.

  4. […] Abbandonare le illusioni su Bologna, immaginare un nuovo tempo, di Wu […]

  5. …”schiavi nella città più libera del mondo”, per andare a scavare ancora più indietro nelle canzoni. (Poi però toccherebbe pure chiedersi: schiavi di che – e di chi).

    Niente da dire – anzi, magari solo che a Milano e nei suoi dintorni, a questi scenari ci siamo arrivati 20 anni fa secondo me. E dopo 20 anni ancora non si vede l’uscita. Va bene allora, anche a Bologna “osare l’impossibile – osare perdere” ;) ma poi? Continuare a battagliare giorno dopo giorno, certo. Ma i giorni si accumulano e la fatica con loro. E in questi casi anche la piccola illusione che altrove si riesce ancora a fare diversamente, fa respirare. Rinunciarci è giusto, come tutto quel che dite su Bologna… ma da qui costa gran fatica.

    Non so se è utile, ma è proprio un sospiro di rassegnazione che mi viene da condividere.

  6. Ok condivido una parte della tua analisi, non quella in cui descrivi i bolognesi come vampiri assetati di soldi che vivono grazie al fatto di essere tutti proprietari (di seconde case?) che affittano ai fuori sede.
    Di proteste per i manifesti della Lega ce ne sono state eccome, ti giro due link qui sotto (trovati in 30 secondi facendo una semplice ricerca su google)… cosa si dovrebbe fare di più… dargli fuoco?

    http://bologna.repubblica.it/cronaca/2011/03/26/foto/taroccati_i_manifesti_della_lega-14135058/1/

    http://bologna.repubblica.it/cronaca/2011/04/16/news/strappati_manifesti_della_lega_su_una_vetrina_in_centro-15008606/

    P.S: i fatti magari mi smentiranno, ma credo che Manes a Bologna abbia poche speranze, non certo comunque quelle che descrivi tu. Potrà dirsi orgoglioso se andrà al ballottaggio ma non penso proprio andrà molto più in là.

  7. @ tsiotas

    Sugli affitti:
    qualcuno ha stimato che ogni anno gli studenti fuori sede domiciliati a Bologna paghino ai proprietari di case una cifra che vai dai 130 ai 150 milioni di euro. E’ una stima approssimativa, un calcolo esatto è impossibile perché molti affitti sono in nero. In ogni caso, è una cifra colossale, a cui andrebbero aggiunti tutti gli altri soldi che gli studenti spendono in città. Una città dove il costo della vita è altissimo.
    Quasi tutta l’economia di Bologna ruota intorno agli studenti. Se non ci fossero, la città sprofonderebbe. Il nostro testo non dice che i bolognesi sono tutti vampiri e proprietari di seconde case che affittano a studenti, ma che gran parte della ricchezza di Bologna si basa sul tartassamento di alcuni soggetti, in primis gli studenti fuori sede. Oggi un posto letto in camera tripla costa almeno 300 euro, e ci sono appartamenti di studenti con 6-7 inquilini. Significa che a Bologna ci sono strozzini che affittano appartamenti a oltre 2000 euro. Questi sono dati di fatto.

    Sul manifesto della Lega:
    il fatto che un manifesto come quello sia stato affisso a Bologna, a migliaia e migliaia di copie in tutti i quartieri, e soprattutto che sia *rimasto* affisso per lunghe settimane senza che la “società civile” bolognese o il “mondo della cultura” ne denunciassero *a gran voce* l’immaginario nazistoide è già il segno di una sconfitta epocale, di una degenerazione già avvenuta. Certo che qualcuno ha parlato, qualche associazione ha protestato, qualche cittadino ha scritto lettere ai giornali, ma ripetiamo: in altre temperie, un manifesto così non sarebbe rimasto sui muri un solo giorno.
    Tu citi due episodi, risposte date da piccoli gruppi di persone di buona volontà, ma si tratta davvero di un livello minimo. Se due o tre persone strappano i manifesti in via Nazario Sauro, e/o dieci persone aggiungono ai manifesti una scritta adesiva che ne denuncia il contenuto, noi ci congratuliamo con costoro, ma non possiamo astenerci dal dire che è poco, in una città che ha mezzo milione di abitanti effettivi e una reputazione come quella di Bologna. Reputazione alla cui altezza non vive più da tempo, ma tant’è.

    Su Manes:
    Forse non ci siamo capiti. A Bologna la Lega ha già vinto la sua battaglia. Non ha nemmeno bisogno di ottenere il sindaco.
    La Lega ha già vinto perché avere a Bologna un proprio uomo come principale antagonista del candidato di centrosinistra, è già uno “sfondamento” sul piano simbolico.
    La Lega ha già vinto perché è diventata l’ago della bussola del centrodestra, cioè il partito più importante della coalizione, scalzando il ceto politico “storico” ex-missino e berlusconiano.
    La Lega ha già vinto perché è quella che orienta la discussione in città.
    La Lega ha già vinto perché come partito otterrà comunque un buon risultato e disseminerà uomini nelle istituzioni territoriali come i consigli di quartiere, dove potranno esprimere il loro odio, additare capri espiatori, contestare qualunque progetto di inclusione e convivenza.

    La Lega ha già vinto la sua battaglia. Bisognerebbe riuscire a farle perdere la guerra.

  8. @ tsiotas

    A quanto scritto dal mio socio aggiungo che il discorso “prima i bolognesi” ha fatto breccia nella mente di moltissimi. Non so quanti di questi moltissimi andranno poi a votare per Manes, ma l’aria è quella ed è pesante (specialmente sui luoghi di lavoro).
    Riguardo ai manifesti, sì, è vero che ci sono stati alcuni sabotaggi creativi, e questo dimostra che c’è chi resiste alla barbarie. Ma il problema è che sia stato affisso con tutti i permessi del caso. Quel manifesto è razzista a tutti gli effetti: basta guardare le espressioni facciali e il look degli stranieri e confrontarle con quelle dell’anziano e del bimbo “bianchi”. Inoltre veicola un messaggio tendenzioso: pretende di far credere che gli stranieri non aspirano ad altro che a scavalcare gli indigeni nelle graduatorie per i servizi sociali. C’è un arabo rappresentato come una specie di perfido beduino che tiene in fondo alla fila il vecchio e il bambino. E’ un manifesto che istiga all’odio razziale. Non c’è molto altro da dire. Altro che bruciarlo, una roba del genere non dovrebbe proprio comparire sui muri di una città civile.

  9. Caro tsiotas,
    seconde case? Sì, proprio, e anche terze e quarte e quinte, se la cosa può interessare.
    Tutti? No. Ma un bel po’ sì. E ricordatelo bene, quando la rendita diventa prioritaria, questa scalza l’investimento produttivo. E qui arriviamo al punto.
    Su cosa investe bologna, da vent’anni a questa parte? Su cosa punta, che idea ha di sè stessa? Del suo futuro?
    Cosa cazzo si vorrebbe che accadesse qui nei prossimi vent’anni? Nelle ultime due decadi decine di città europee si sono del tutto riprogettate, trasformate, hanno scoperto nuove vocazioni o rielaborato quelle vecchie, e hanno investito su questo, garantendosi un futuro.
    Hanno fatto scelte, magari discutibili, forse sbagliate. Ma scelte.
    Qui sono vent’anni che si discute del degrado in piazza verdi e al pratello, e della piaga dei graffiti. Privi anche del senso del ridicolo.
    Il peggior sindaco della storia della città, che non è stato del bono, ma cofferati, la speranza bianca, che venne accolto come un messia, ha messo la pietra tombale, ha fatto perdere l’ultimo treno, che era pure in ritardo, sdoganando per sempre tutta la merda securitaria e priva di prospettive nella quale oggi sguazziamo senza remore. L’attuale candidato sindaco era uno dei suoi attendenti.
    L’unica verità è che all’impero del peggio tutto ciò che abbiamo da contrapporre è l’impero del niente.
    La lega ha già vinto? Certo che ha vinto, ha trionfato. L’agenda è la sua, il terreno, i temi sono i suoi. I nègher, la moschea, il degrado, i bolognesi…. Tu dici può andare al ballottaggio e poco più in là. E ti pare poco, scusa? Per un soggetto che fino a pochissimi anni fa non poteva nemmeno aprire una sede, e che ora si attesterà tra il quindici e il venti per cento, di partito non di coalizione. E non ci resta che attestarci sul vecchio adagio della bonomia di bononia, su i bolognesi in fondo brava gente. Ma cosa altro, dico io. Ma non ci basta proprio mai ?
    L’unica cosa peggiore del peggio è non riuscire nemmeno a vederlo.
    L.

  10. @Luca siamo tutti d’accordo del degrado della vita pubblica bolognese degli ultimi 20 anni, non mi sembra che si stia facendo tribuna politica o che io abbia mai difeso qualche partito politico, quindi onestamente non capisco i toni da te utilizzati.
    La sinistra ha enormi responsabilità e colpe come quella della scelta di Cofferati fatta per motivi politici, utili più Roma che a Bologna.
    Nell’articolo contesto il ragionamento che i bolognesi possano essersi avvicinati ad una figura come Manes per i suoi meriti politici. Poi non pretendo che tutti siano d’accordo con me, rispetto la posizione di chiunque e non sono certo io ad avere la verità in tasca.
    Manes più che per meriti ha la possibilità di usare le carenze del suo stesso alleato di maggioranza (che comunque a Bologna ha sempre avuto difficoltà ad appoggiare dichiaratamente un candidato) e di una sinistra che ha deluso moltissimo (con Cofferati e Del Bono soprattutto).
    Che la Lega e il Pdl puntino tutta la loro campagna elettorale sulla presunta criminalità o sul fatto che l’immmigrazione sia un danno perchè rubano risorse sociali pubbliche non è una novità (anche le elezioni nazionali le hanno vinte sfruttando queste paure in maniera populista, grazie anche ai mezzi di comunicazione).
    Mi piace pensare (ma forse “mi illudo”) che i manifesti come quelli della Lega proprio possano avere un effetto contrario a quello voluto, proprio perchè siamo a Bologna dove queste strategie non attaccano.
    Le campagne elettorali si fanno su macro-spot, un buon governo invece è fatto soprattutto di scelte amministrative e sociali sul territorio che sono poco utili alla campagna elettorale perchè ognuno guarda al suo orticello e non è disposto ad accettare il fatto che ci siano investimenti per la collettività o per soggetti più bisognosi se per lui non c’è un tornaconto. Io in giro vedo tante promesse e tanti slogan che rimangono tali (senza un reale piano economico sottostante che rispetti i bilanci ridotti a secco). Mi sembra di sentire parlare le ragazze a Miss Italia che quando gli chiedono cosa vorrebbero, loro rispondono “la Pace nel Mondo”. Anche Manes e molti altri mi sembrano ragionare allo stesso modo, come se tutti i problemi che ci sono in Italia siano dovuti agli immigrati. Certo i problemi non sono le mafie, la corruzione politica, le tangenti, gli appalti truccati… no: l’Italia va male per colpa degli immigrati.

  11. @ tsiotas

    alle amministrative del 2008, la Lega Nord prese il 3,1%.

    Nel 2010, quando i bolognesi hanno votato alle elezioni regionali, in città la Lega Nord è arrivata all’8,6%, quasi triplicando la percentuale di due anni prima.

    Un sondaggio IPR di tre settimane fa dava la Lega Nord Bologna al 16,5%.
    Se questo dato verrà confermato nelle urne, in tre anni (2008-2011) il partito più razzista d’Italia avrà *più che quintuplicato* la proporzione di consenso esplicito in questa città.

    Potresti ri-formularmi il concetto “Siamo a Bologna dove queste strategie non attaccano”, ché non ho ben capito? :-/

  12. @tsiotas

    Non vivo a Bologna, e conosco poco la città, quindi la probabilità che quelle che seguono siano fregnacce è non trascurabile, in tal caso chiedo perdono.

    Sono molto perplesso da affermazioni del tipo: “la sinistra ha deluso”, sottintendendo che essa non sia stata all’altezza di una società in fondo in fondo ancora sana. Sembra quasi che la “sinistra” al governo della città sia stata una sorta di corpo estraneo, uno sconosciuto candidato a un esame di buon governo che ha deluso i propri esaminatori.

    A me il fatto che la sinistra abbia deluso sembra di per sè rivelatore: quella sinistra è, suppongo, espressione della città. E a sua volta, l’azione amministrativa della sinistra ha contribuito a forgiare gli umori e le convinzioni dei cittadini. Voglio dire, Cofferati sindaco ha fatto parlare di sè pressochè solo per sgomberi di “abusivi”, prese di posizione antilavavetri ecc. Si può immaginare che queste prese di posizione siano state fulmini a ciel sereno? O è più probabile che siano il frutto di un tessuto sociale già gravemente sfilacciato? E di più, si può immaginare che quelle prese di posizione non abbiano in qualche modo inciso anche sulle convinzioni dei bolognesi “di sinistra”, rendendole meno istintivamente ostili al razzismo dei leghisti?

  13. @ Michele

    ecco le risposte alle tre domande che chiudono il tuo commento:

    1. No, non sono stati fulmini a ciel sereno;

    2. Sì, erano il frutto di un tessuto sociale già gravemente sfilacciato;

    3. Sì, si può immaginare che le politiche autoritarie e distruttive di Cofferati abbiano *sdoganato* il razzismo e la vessazione dei deboli in una parte dell’elettorato tradizionalmente “di sinistra”. Durante quel mandato, alcuni – inascoltati – misero in guardia contro questo sviluppo.
    L’impressione è che prima di Cofferati, nella base dell’ex-PCI certe tirate contro “i naigher” si pensassero e magari si dicessero in privato, ma era infrequente sentirle in pubblico, erano percepite come sconvenienti. Se ti sentiva il segretario di sezione ti faceva una ramanzina. Poi Santoro fece una puntata sulla Bologna di Cofferati, i suoi inviati intervistarono un po’ di gente che lo Sceriffo l’aveva votato, e in diretta nazionale si sentirono robe da chiodi. Era l’annuncio di una nuova “disinvoltura”.
    Oggi sali sull’autobus, senti inconsapevoli abstract di vecchi articoli di Interlandi, ed è statisticamente ineludibile il fatto che molti di quei locutori votino PD.

  14. Il ripescaggio
    Schegge su Bologna, Cosferatu e l’Italia, 2005-2007
    http://bit.ly/mUrcCw

  15. “è statisticamente ineludibile il fatto che molti di quei locutori votino PD”

    Già (anche se non per molto: alla prossima sarà statisticamente ineludibile che abbiano votato Lega).

    Se posso abusare, vorrei porvi una domanda meno retorica delle precedenti: la risposta della città ai fenomeni migratori recenti è molto diversa da quella data a suo tempo all’emigrazione dal Sud Italia? Mi chiedo da tempo come sia possibile che luoghi già interessati da fenomeni migratori rilevanti (come il Nord Italia) solo ora generino un razzismo così sfrenato da diventare non solo manifesto politico ma principale fattore di successo di un partito. Cosa c’era in passato a tenere a freno queste pulsioni?

  16. @ Michele

    a Bologna una certa lagna contro “i maruchèin” (cioè i terroni) c’è sempre stata, ma non condizionava granché la politica e il discorso pubblico, rimaneva chiacchiericcio.

    Senza voler idealizzare un passato che era molto più contraddittorio di come viene dipinto, va detto che quando in città e nei dintorni c’era un welfare solido, unitamente a vincoli solidali di classe prima che di “etnia” (sarebbe a dire: le organizzazioni del movimento operaio avevano un ruolo egemone e strutture sparse sul territorio: le sezioni del PCI, le case del popolo, le cellule sindacali, le cooperative prima della loro definitiva involuzione etc.), gli umori erano diversi e sarebbe stato difficile far passare messaggi come quello del manifesto riportato sopra. Per dire: la retorica di quel manifesto ha come premessa i tagli alla spesa sociale degli ultimi decenni, ovvero la sensazione diffusa che il welfare non basti più per tutti, che la coperta sia corta.

    Insomma, se (un albero oggi e uno domani) disboschi il fianco di una collina, il terreno non assorbirà più le piogge, e il paese sottostante sarà a rischio di alluvioni e frane.
    In tempi di crisi, piove tutti i giorni.

  17. @Michele
    Penso che la differenza la faccia un po’ di vergogna, che “ai tempi” aveva ancora un suo significato.
    A volte mi sembra di parlare come mio nonno, verissimo, però credo che anche solo vent’ anni fa si stesse più attenti alle cose dette in pubblico.
    Oggi si può dire qualunque cosa senza incorrere nella censura del buonsenso. Nessuno ti addita più come cretino per il fatto di aver semplicemente detto una fesseria, nessuno ti chiede più il conto delle cretinate dette.

  18. Grazie per le risposte. E grazie anche per il post. La demistificazione che state tentando è piuttosto scoraggiante per chi vede Bologna e l’Emilia da lontano. Ti dici: “Se nemmeno lì…”. Ma mi rendo conto che prima di imbiancare bisogna passare la carta vetrata.

  19. La Lega sta sfondando in Emilia da anni. Bologna è solo l’ultimo luogo dove la Lega, finora in ritardo sugli altri capoluoghi emiliani, sta guadagnando terreno. Alle citate amministrative del 2008, le altre città della regione avevano dati come questi: Ferrara: Lega Nord al 15.03%. Rimini: Lega, al 14.26%. Parma: Lega al 14.64%. Il 15% era la soglia anche in province “rosse” come Reggio e Modena.
    Questo accade per vari fattori. Per la tendenza a considerare Bologna e l’Emilia come “roccaforti” elettorali – e solo elettorali. Per la predetta e (e infatti avvverantesi) saldatura tra parte dell’ex base elettorale del PCI con quella odierna della Lega: un dato che è sociale quanto politico. Per la colpevole tendenza a ignorare il razzismo dilagante già negli anni Ottanta, ampiamente diffuso nella base elettorale dell’allora PCI (storica l’inchiesta di Roberto Franchini condotta nel modenese, dall’illuminante titolo “Premesso che non sono razzista”. Roma: Editori Riuniti, 1991. Il libro si trova in un paio di biblioteche a Bologna e dintorni).Per lo svuotamento di senso di quell’accordo tra la politica locale, le istituzioni, il cittadino e il territorio noto come il modello emiliano (rimasto un esoscheletro vuoto, ma pronto a essere riempito da altri contenuti ideologici, ad esempio il territorialismo leghista: l’avvicendarsi di feste dell’unità vs. sagre localistiche e feste della lega è una metonimia perfetta di questo processo). Per la tendenza, collegata a tutte queste, a considerare la politica in questa regione come un terreno sicuro (comuni sicuri, collegi sicuri) e, in soldoni, come un serbatoio di voti.
    Questo non in alternativa, ma in aggiunta alle analisi specifiche fatte rispetto a Bologna nel thread, analisi che coinvolgono giustamente il degrado della vita politica cittadina e la sua ventennale riduzione a auto-celebrazione, cosferatu, il referendum delle comunali e quant’altro.
    Nel frattempo, la politica miope del centro-sinistra rischia di perdere (alle urne e, quel che è peggio, all’imbarbarimento collettivo) una “roccaforte” che detiene solo a parole.

  20. e’ proprio cosi’: il razzismo e la xenofobia attecchiscono in seguito alla rimozione del conflitto di classe. inoltre credo per una certa quota il razzismo sia la conseguenza e non la causa delle politiche restrittive sull’ immigrazione. infatti queste politiche creano (deliberatamente) una classe di lavoratori ricattabili, che sono costretti a lavorare a salari piu’ bassi e senza diritti. questo gap a sua volta mette in moto tutte le dinamiche al ribasso che ben conosciamo, e che coinvolgono anche gli “autoctoni”. a questo punto la lega indica negli immigrati la causa del peggioramento generale delle condizioni di lavoro, e il gioco e’ fatto: i lavoratori autoctoni chiedono misure restrittive sull’ immigrazione, e si innesca un perfetto ciclo di feedback. spetterebbe alla sinistra, ai sindacati, svolgere un’ opera pedagogica sui luoghi di lavoro, per spiegare questo meccanismo. “maestri, e non predicatori zazzeruti oggi ci sono necessari”.

  21. il mio ultimo commento riprendeva quel che ha scritto wm1 alle 3:24.

    scrivo da trieste, citta’ diversissima da bologna, ma certe dinamiche sono “universali”.

  22. @ tuco

    anche secondo me le restrizioni all’immigrazione non dipendono da razzismo, ma da calcolo, pure se la concorrenza al ribasso sul mercato del lavoro non mi pare una novità assoluta di questa ondata migratoria rispetto a quelle Nord-Sud degli anni ’50-’60. E’ senz’altro vero che i suoi effetti sono ora molto peggiori che in passato (ma questo vale in tutta Italia e non solo a Bologna) ma forse quello che è cambiato è il fatto che ora la torta, la ricchezza complessiva, si restringe, mentre all’epoca si espandeva. E quindi a nessuno veniva in mente di accusare i meridionali di rubare il lavoro. Di lavoro ce n’era a volontà.

    Mi convince invece molto il fatto che l’indebolimento e la perdita di egemonia delle organizzazioni del movimento operaio, a loro volta prodotti dalla rimozione del conflitto di classe, siano alla base dell’assenza di freni “collettivi” alle reazioni “de panza” a fenomeni come l’immigrazione. La “perdita di vergogna” che menziona Shark0 è più che altro perdita di gente che ti fa reingoiare gli insulti razzisti quando ti escono di bocca. Ad esempio, il titolo dell’inchiesta citata da Valentina è illuminante (“Premesso che non sono razzista”) anche nel senso che la gente sentiva comunque il bisogno di farla ‘sta premessa.

  23. @ michele

    io non direi che la ricchezza complessiva si sia ristretta. piuttosto si e’ ristretta la cerchia di quelli che la detengono.

    anche le possibilita’ di lavoro in realta’ non mancano, tanto e’ vero che abbiamo 5 milioni di immigrati in italia, che lavorano e, stando ai dati del sole24ore, producono il 10% del pil. il problema e’ che si tratta di lavoro pagato poco e non garantito, e quindi poco attraente per gli “autoctoni”. da qui la frustrazione degli “autoctoni” nei confronti dei nuovi arrivati.

    certo che non si tratta di una novita’. e’ una dinamica che e’ vecchia come il capitalismo: ne parlava gia’ engels a proposito degli irlandesi emigrati in inghilterra.

  24. Segnalo questa recensione di un libro documentato sulla Lega. L’autore del saggio in questione è Roberto Biorcio, attento studioso del fenomeno. Biorcio contrbuisce a demolire alcuni luoghi comuni. Come quello, ricorrente, della Lega che cresce perché “partito vero” come quelli del Novecento, e dei leghisti “radicati nel territorio”. http://www.carta.org/2011/03/il-doppio-gioco-di-bossi/
    La Lega, al contrario, vince perché è liquida e ipermoderna. E perché fiancheggiata dai quattrini, dalle tv del capo e dall’idiozia tatticista della sinistra (Cofferati e i suoi colleghi sindaci del centrosinistra come veri inventori delle “emergenze sicurezza” e delle ordinanze anti-lavavetri). Altro che salamelle e riti druidici…

  25. diciamo pure che l’ identitarismo localistico e’ perfettamente funzionale al turbocapitalismo globalizzato: rompe la solidarieta’ di classe, permette di importare in occidente le condizioni di lavoro dei paesi sottosviluppati (evitando la seccatura di dover delocalizzare la produzione) e fornisce un capro espiatorio su cui gli autoctoni possano sfogare la loro frustrazione.

    p.s. le sagre contano, eccome.

  26. Sono d’accordo: il localismo è funzionale al governo dei luoghi e al loro posizionamento dentro il mercato globale.
    Ma il senso comune che sta dietro al consenso alla Lega non nasce dai gazebo in Val Brembana, che peraltro sono molti meno di quelli che vorrebbero farci credere. E’ un’operazione ideologica che necessita i cannoni dell’industria mediatica, non le cerbottane della propaganda porta a porta…
    La Lega è il sintomo del disfacimento dei partiti tradizionali, non la prova della loro efficienza…

  27. @jimmyjazz, necessita di entrambi.

    poi non e’ che i partiti tradizionali si limitassero a organizzare sagre. me le ricordo bene, le sezioni del pci e le case del popolo, con le loro biblioteche e i compagni professori che davano ripetizioni di italiano o matematica ai figli degli operai. e al bar o alla festa de l’ unita’ si parlava del mondo, che so, del nicaragua, non di calcagnate di sotto o di lavorate brianza. il “miracolo” era riuscire a tenere insieme il locale e l’ universale. e’ questo che si e’ perso.

  28. Le sagre di paese sono il nuovo oppio dei popoli.
    Battute a parte gli elementi sono tutti sul campo: a Bologna e da tutte le altre parti le scelte politiche della “sinistra” (molto tra virgolette) non si distinguono da quelle delle altri parti politiche per inseguire una strategia idiota che afferma che così si recuperano i voti dei moderati, dando per scontato che l’elettorato tradizionale non avrebbe fatto mancare il proprio supporto.
    Si è ottenuto un triplice fallimento:
    1) l’elettorato moderato non ha votato a “sinistra”, perchè votare una copia se puoi votare l’originale;
    2) l’elettorato tradizionale di sinistra (senza virgolette) ha smesso di votare un partito che fa le stesse politiche della parte avversa;
    3) non esiste più quella identità di “sinistra” che faceva sentire al popolo delle feste dell’unità (a loro modo delle sagre di paese) un senso di appartenenza ad un progetto che aveva come obiettivo un modo migliore di vivere.
    A meno che l’obiettivo non sia “battere Berlusconi”.
    Mi immagino quando hai nostri figli spiegheremo che ci siamo giocati la scuola pubblica perchè la priorità era battere Berlusconi…

  29. @Michele: Il nostro obiettivo non è “passare la carta vetrata”, se questo significa “ripartire da zero”. Oggi la tabula rasa politica – anche con le migliori intenzioni – produce soltanto leaderismo. Ma per uno strano paradosso questa personalizzazione estrema coincide con la totale mancanza di personalità politiche di rilievo. A me non interessa nulla di votare qualcuno che è “come me”: io sarei un pessimo politico, incapace di mediare, incapace di rappresentare. Vorrei poter votare per qualcuno migliore di me, che sappia propormi quelle sintesi che io non sono in grado di fare.
    Gettare alle ortiche il mito di Bologna, quindi, non significa buttare il bambino con l’acqua sporca. Quel mito è nato grazie a una forza politica che aveva un’idea alternativa di società, un’idea precisa di città e la convinzione che molti aspetti del capitalismo fossero inaccettabili, pura barbarie.
    Oggi invece non c’è un’idea di città, non c’è un’idea di società e il capitalismo va benissimo a patto di garantire un po’ di diritti qua e là. Ciononostante, si vorrebbe che Bologna fosse ancora e sempre diversa, all’altezza della sua leggenda.
    Solo un po’ di sana disperazione può farci ritrovare la capacità di “non accettare” e la forza di pensare altrimenti, cioè i due aspetti dai quali bisognerebbe ripartire.
    Se la storia non è finita, allora non abbiamo nemmeno bisogno di un nuovo inizio: “basta” riprendere il filo, con armi più efficaci, di tanti utili tentativi di assalto al cielo.

  30. «L’impressione è che prima di Cofferati, nella base dell’ex-PCI certe tirate contro “i naigher” si pensassero e magari si dicessero in privato, ma era infrequente sentirle in pubblico, erano percepite come sconvenienti. Se ti sentiva il segretario di sezione ti faceva una ramanzina.»
    Forse in sezione, o in luoghi pubblici “ufficiali”: ma io, da meridionale arrivato a Bologna alla fine del 1980, mi son sentito dire (e non è stato un caso isolato) da militanti anziani del PCI di andare a criticare il sindaco di casa mia (che per inciso era del PCI), visto che venivo da un posto dove vendono i bambini. E al Pratello, negli anni del degrado (era tutto vero: venivano giù i muri e i soffitti, il Pratello era un luogo dove per davvero il cielo ti cadeva sulla testa) col mio affitto in nero ho arricchito uno strozzino che aveva intestate 22 utenze telefoniche, ma nessuna residenza, né l’auto o il canone tv, e che a sua volta contribuiva ad arricchire il proprietario di un tot di stabili ben conosciuti dagli idraulici che venivano a riparare caldaie fuori norma. E lo stesso discorso vale(va) per le stradine attorno alla “degradata” piazza Verdi. Insoma, comportamenti razzistici e pratiche da estorsione, nel privato come nel pubblico (vedi certe cooperative e certi locali legate al partito che hanno monopolizzato il mercato spegnando ogni filo d’ombra sul loro corpo pachidermico) erano ben diffusi: solo che avvenivano all’interno delle maglie del potere locale, un po’ come accade in Toscana, dove la Lega ancora non sfonda. Più che di mutazione antropologica profonda, parlerei di un tappo che è saltato e di schiuma che a Bologna non si riesce più a tenere nella bottiglia, altrove, ancora per un po’, si. E quindi non mi porrei il problema di rimettere la gazzosa finita in terra nella bottiglia, quanto di produrre una nuova bevanda, magari migliore. Vasto programma, come diceva De Gaulle.

  31. Da quel che si legge in giro, pare che durante il comizio elettorale per Bernardini di questa sera, le uscite più volgari e razziste siano uscite non dalla bocca di un leader delle “caccole” (il colore è lo stesso, per capirci) ma da quella del ministro dell’economia Tremonti (tra l’altro appena investito del ruolo di probabile “successore” dallo stesso Berlusconi qualche giorno fa).

    Comunque complimenti WM per l’analisi, assolutamente impeccabile.

    Dal mio punto di vista di veneto espatriato a Bologna ormai da cinque anni, ho sempre più l’impressione di tirarmi dietro una qualche sorta di maledizione… “scappato” da luoghi colonizzati fisicamente e mentalmente dall’incultura leghista, ora mi trovo a farci i conti in una città che credevo davvero “diversa”.

    Che non lo fosse, o che lo fosse solo in parte, ho imparato a capirlo un po’ alla volta. Lo strozzinaggio sugli affitti, la crescente intolleranza, la progressiva involuzione culturale (con i plenipotenziari locali intenti a maneggiare i loro costosi e sfarzosi giocattoli mentre, per dirne una, un teatro storico chiude i battenti), la fine del mito della “buona amministrazione” sono sotto gli occhi di tutti…

    E’ vero. La Lega ha già vinto. E ha già trionfato, purtroppo, la barbarie generale di cui le caccole e i loro leader sono la manifestazione più purulenta.

  32. @ Wu Ming 2
    chiarissimo e non posso che essere in sintonia con quello che dici. Più banalmente intendevo dire che mi rendo conto che è meglio abbandonare un’immagine falsa di Bologna e accettare (noi che non ci vivamo) l’inevitabile delusione, che preservare quell’immagine e impedirne un reale rinnovamento.

  33. Sì, è vero l’intellettuale tremonti, reduce dal lungimirante omaggio delle coste a chicchessia, solo l’ultima così per gradire, ha regalato alla città alcune perle di cui fregiarsi.
    “Rischiate che il prossimo sindaco qui si chiami Alì, magari Alì Babà. Il babà ce lo mette merola. Ah, ma è di napoli?”
    L.

  34. poi tremonti va a washington e dice:

    «In Italia ci sono 4 milioni di immigrati, tra cui moltissimi giovani che lavorano da mattina a sera e anche di notte». Il nostro è «un paese che offre lavoro a certe condizioni a certe persone, evidentemente non c’è domanda per questi tipi di lavoro da parte di altri. Bisogna piuttosto chiedersi che lavoro fanno gli immigrati».
    Il ministro ha invitato a domandarsi se il nostro sia «un paese in disoccupazione o in piena occupazione. Non mi risulta che tra i giovani immigrati ci sia disoccupazione, è tutta gente che lavora tantissimo». A chi gli chiede se sia il caso di chiudere all’immigrazione o se i giovani italiani debbano adeguarsi, Tremonti replica secco: «Escudo la prima ipotesi».

    http://www.ilmessaggero.it/articolo.php?id=146005

  35. Vorrei fare due precisazioni, di cui una un po’ pignola :) non me ne vogliate. Partiamo proprio da quest’ultima.

    1)
    @WM1
    “Oggi un posto letto in camera tripla costa almeno 300 euro”
    Perdonami ma questo è fuori dalla realtà. Più o meno a quel prezzo (diciamo tra i 300 e i 350) prendi una singola e neanche cattiva. E non fai neanche troppa fatica a trovarla. Parlo per esperienza diretta e indiretta (ho molti amici studenti e lavoratori fuori sede). E’ un po’ pignola perché il senso del tuo discorso non cambia. Per me è comunque una cifra astronomica. Però se dici “questi sono dati di fatto” mi sembra giusto dare i giusti dati.

    2)
    Da quanto scrivete, correggetemi se sbaglio, sembrerebbe quasi che i razzisti siano soltanto coloro che si arricchiscono sulle spalle delle stesse persone che “odiano”. Secondo me bisogna anche considerare il razzismo che dilaga tra i bolognesi meno abbienti (la solita lotta tra poveri). Mi è già capitato di discutere dei “problemi” legati a studenti e immigrati proprio con bolognesi che non hanno né attività commerciali né case in affitto. E mi sembrano anche molti. In questo caso non ho dati alla mano, quindi potrei anche sbagliarmi. E’ una mia supposizione. Bisognerebbe in effetti capire da chi è composto l’elettorato leghista. Anche se qui a Bologna il “razzista” può benissimo votare il PD (lo si vota ormai per tradizione). In fondo mi viene da pensare che chi ci guadagna da studenti e immigrati di sicuro non li vuole fuori dalla città.

    Comunque la Lega dilaga e ormai la parola d’ordine “lotta al degrado” (sdoganata dal sinistro Cofferati) regna sovrana. L’altro giorno ho letto su un volantino elettorale della coalizione di centro-destra che i principali problemi del mio quartiere (Saragozza) sono il degrado e la delinquenza. !?!?!? Per i non bolognesi specifico che il quartiere Saragozza è il “Parioli” felsineo. Penso che sia la zona più tranquilla della città.

  36. P.S.
    Ho appena letto una parte del post a cui avevo prestato poca attenzione. Ritiro la puntualizzazione numero 2 :)

  37. Chapeau per il post e l’intervento al presidio, davvero.

    Da ex studentessa fuori sede (oggi laureata residua) non posso che darvi ragione su tutto. L’opulenza indifferente e arrogante di una buona fetta di questa città è stata la cosa che più mi ha sconvolto quando sono venuta a viverci. La mia prima padrona di casa possedeva interi palazzi sparpagliati per il centro storico, che affittava agli studenti dopo ristrutturazioni tappabuchi e riciclando i banchi di scuola come scrivanie. Pretendeva 1700 euro per un appartamento in cui abitavamo in 6 (spese escluse, of course). E tra i padroni di casa questa è la norma, non l’eccezione. Persone vergognosamente ricche, ignoranti e prive di qualunque senso di responsabilità.
    Il razzismo nell’aria si taglia con il coltello e viene sparato a pieni polmoni ovunque. Il welfare è in buona parte affidato, tanto per cambiare, a studenti tirocinanti e volontari, che si sobbarcano una quantità enorme di magagne spesso senza avere le competenze necessarie (com’è capitato a me).
    Nonostante questo, vedere ieri l’enorme cartello “Finalmente Bologna” appeso sul palco della Lega in Piazza Maggiore mi ha spezzato il cuore.

  38. @ kulma,

    quella cifra non me la sono inventata. Come vedi, Adrianaaa ha appena scritto che in sei persone pagavano 1700 euro. Fanno 283 a testa. Spese escluse.

    Però hai ragione, come l’ho buttata giù io è un po’ troppo semplice. Avrei dovuto scrivere “almeno 200 euro” o “anche 300 euro”, e invece ho scritto un ibrido, “almeno 300 euro”, che al momento è un’esagerazione, ma vedrai che lo rimarrà per molto poco, e comunque non è fantascienza.

    Tu esageri nell’altro senso. Certo, essendo un mercato “a tiramento di culo”, è diversificato. Si trovano bazze, ci sono padroni di casa meno esosi (relativamente, s’intende!), poi dipende dalla zona etc. Però io attraverso la zona universitaria quasi tutti i giorni, perché sto lavorando in una sala studio del centro, e vedo gli annunci affissi alle bacheche.

    Anche on line si trovano senza sbattimento i prezzi che girano:

    “Annunci del nostro partner Easystanza.it · Affitto posto letto in camera tripla. 200€ ”

    “Offro posto letto in camera doppia (250euro comprese le spese) o in camera tripla (200 euro comprese le spese) libera da subito!”

    “Posto letto in tripla disponibile da subito! Affitto: € 235,00 Quartiere: Marconi/Saffi/Barca/S. Viola”

    “Si libera un posto in camera TRIPLA, per studentessa, 135 euro al mese più spese”

    Ora, già dover stare in camera tripla (e magari in un appartamento con altre 6 persone) è una roba allucinante: niente privacy, e il padrone di casa lucra sul disagio. Doverci stare a (oltre) 200 euro è un abominio.

  39. oltretutto se vivi in una doppia (per non parlare della tripla) e chi divide la stanza con te quella sera vuole fare all’amore, tu sei costretto a stare in piazza, dove pero’ ti impediscono di bere oltre un certo orario. se vuoi stare in compagnia e sei fuori casa devi andare in un locale e spendere soldi…

  40. @kulma: è vero che una singola si può trovare anche attorno ai 300, però solitamente sotto i 330 la stanza che ti affittano non è una camera da letto, ma magari uno sgabuzzino, un seminterrato senza finestre o un antibagno. Giuro, tutta casistica accumulata per esperienza.
    Mi sa che con “degrado e delinquenza” in Saragozza ci si riferiva al Pratello. La via che infanga il buon nome del quartiere eheh

  41. Tremonti secondo me resta uno dei personaggi più in cattiva fede e “pericolosi” dell’area politica che sta a cavallo fra PdL e Lega Nord. La sua apparente doppiezza (tra le uscite becere e vergognose sul “sindaco Alì” e la legittimazione della tendenza al ribasso nei salari causata dallo sfruttamento della manodopera immigrata) nasconde in realtà una losca coerenza, che si nutre di falsa competenza, anti-intellettualismo ostentato, spacconaggine pragmatistica… Tremonti è forse il volto peggiore e più arrogante di questo tipo di destra.

    Un’altra cosa ho imparato su Bologna, in questi anni. Oltre alle famose e spesso sopravvalutate cooperative (che forse, per come agiscono, sarebbe meglio ribattezzare “corporative”), ci sono altri “poteri forti” che hanno grande influenza sugli umori della città.

    La Curia è una di queste; e non a caso ha espresso personaggi come Biffi e Caffarra: due esponenti dello zoccolo duro di CL, che non hanno mai lesinato su uscite anti-islamiche e interventi a gamba tesa nella politica cittadina… e Bologna sarà certo “rossa”; ma è pure clericale nel midollo.

    Bologna, poi, dopo Torino e Roma è forse la città più massonica d’Italia. E il modo in cui vengono gestiti gli affari e i rapporti all’interno delle principali istituzioni ha non di rado i caratteri tipici della “cricca”, in cui tutti conoscono tutti e si scambiano favori e scortesie a seconda di qualche esoterico tiramento di culo.

    Insomma: a volte ho come l’impressione che gli aspetti positivi che tutti oggi rimpiangono, si riducano a poco più che un cortiletto in cui gli esimi “notabili”, bontà loro, ci hanno lasciato giocare.

  42. Mi inserisco da Milano, riguardo alla “questione” affitti:
    qui da noi, i 300 euro per un posto letto in camera doppia sono già stati superati da qualche anno. Credo che a Bologna sia solo una questione di tempo (e di convenienza, da parte dei padroni di casa, nel preferire le triple a 50 euro in meno per letto ma con tre sfruttati al posto di due). Fra l’altro, questo meccanismo di affitti e subaffitti, è arrivato a toccare anche gli inquilini stessi, studenti e non. Ogni tanto sento, da conoscenti (de sinistra, eh…) che hanno una stanza disponibile, perchè se ne è andato il precedente coinquilino, ragionamenti del tipo: “la affittiamo a una quota maggiore rispetto alla nostra perchè siamo qui da più tempo”. Personalmente mi fanno rizzare i capelli, sia perchè va in briciole ogni tipo di solidarietà fra sfruttati, sia perchè mi sembra una riproposizione da appartemento del localismo xenofobo della lega.

    Poi, da noi è vent’anni che si continua a ripetere la storia di “Milan col couer in man” (Milano con il cuore in mano) e intanto il vicesindaco festeggia il 500entesimo sgombero di un campo rom (credo che non ne esistano tanti in tutta Italia. Il dubbio che le persone siano sempre le stesse e quindi le soluzioni dovrebbero essere diverse è talmente logico da non sfiorare neppure la scatola cranica di un fascista). La mano non è sul cuore, è sul portafoglio ma di un altro…

  43. a proposito di affitti e immigrazione: per avere il permesso di soggiorno gli immigrati devono avere il domicilio in un appartamento che soddisfi dei “requisiti di abitabilita’” mooolto restrittivi: qui c’e’ un esempio:

    http://www.comune.monzuno.bologna.it/news/read.asp?newsID=227

    (ho messo il link a monzuno perche’ e’ l’ unica tabella che ho trovato in rete, ma regole simili sono in vigore dappertutto in italia. per inciso: se agli italiani venissero applicate regole di questo tipo io, mia moglie e i miei 2 figli saremmo stati irregolari per parecchio tempo)

    ho aiutato personalmente degli amici senegalesi a trovare appartamenti sufficientemente grandi, perche’ non perdessero il permesso di soggiorno. ovviamente i proprietari se ne approfittano, e sparano cifre pazzesche.

    queste regole sono fatte apposta per spingere nella clandestinita’ i lavoratori immigrati.

  44. @clettox e Wu Ming 1: ancora riguardo alla questione affitti. Qui a Bologna i prezzi non raggiungono ancora quelli di Milano (per fortuna) e probabilmente non li raggiungeranno per una semplice ragione: ci sono sempre meno studenti. La realtà è che qui gli affitti si stanno abbassando, anche se rimangono ancora oscenamente alti. Non ho dati a comprovare questa impressione, solo l’esperienza mia e dei miei conoscenti, quindi potrei sbagliarmi, ma la sensazione è che il picco si sia toccato qualche anno fa. Oggi l’università di Bologna perde studenti, quindi gli affitti si abbassano…e non è certamente una buona notizia.
    (Il fatto di far pagare di più gli ultimi coinquilini arrivati credo sia la norma ovunque…in casa mia no però :) )

    Bologna è immersa nello stesso trend del resto d’Italia: disimpegno, arrivismo, clientelismo. Strizza il tuo prossimo e fregatene. Solo che qui si cade da più in alto.

  45. @tuco

    E infatti *sono* spinti nella clandestinità, per un concorso di fattori in cui ogni istituzione fa la sua sporca parte.

    A proposito di senegalesi a Trieste, città che frequento abbastanza spesso, una piccola digressione non proprio OT:
    nel giro di pochi anni, alcuni giovani africani che prima vedevo vendere merci in strada o – semplicemente – vedevo per strada come qualunque altro passante, sempre per strada li ho ritrovati, ma a chiedere l’elemosina. Si avvicinavano, discreti, e con un’espressione sconsolata che significava: “Abbi pazienza, odio dover fare questa cosa, lo vedi anche tu che mi sputerei in faccia se potessi, ma non ho più alternative”, a voce bassissima (come per non farsi sentire dal Grande Altro) mi chiedevano un euro.
    Questo l’anno scorso.
    Giuro che prima di allora non avevo mai visto un senegalese (o camerunense, o centrafricano, o kenyota, insomma, uno dell’Africa sub-sahariana) chiedere l’elemosina. Li avevo sempre associati a un impiego, per quanto merdoso. La cosa mi ha colpito.
    Quest’anno, non li ho proprio più visti, nemmeno chiedere l’elemosina.

  46. @ Adrianaaa

    se gli studenti domiciliati in città sono in calo (anche se meno di quanto vorrebbe la logica, a me pare strano persino che continuino ad arrivare, immagino che sia ancora pienamente operante il Fantastico Mito di Bologna), forse una delle cause è che vivere a Bologna costa sempre di più. Quindi gli affitti sarebbero (moooolto relativamente) calati… perché la vita costa di più. Bel circolo vizioso :-/
    Comunque la città può perdere studenti ma non può permettersi di perdere gli studenti. Troverà qualche meccanismo compensativo, ovviamente merdoso.

  47. @wm1

    trieste fa male, almeno quanto bologna. alcuni anni fa gli africani che tenevano banco a ponterosso (con regolare autorizzazione) sono stati cacciati nei mercatini rionali (tipo san sergio), per far posto a bancarelle di prodotti “autoctoni” (cari come il kudic, che nessuno compra). l’ ultima e’ dell’ autunno scorso: vietato suonare in strada in tutto il centro. per qualche settimana ci siamo ritrovati in cavana ogni sabato per delle jam session coi suonatori ambulanti. poi ha prevalso la stanchezza, e ora in centro si sente solo il rumore del traffico. e potrei andare avanti per ore, ma non voglio invadere la discussione, che riguarda bologna. era solo per dire che quel che accade a bologna e’ uguale a quel che accade pressoche’ ovunque in italia.

  48. Qui c’è un video delle jam-session di protesta descritte da tuco:
    http://www.youtube.com/watch?v=4Z7lqhpxuZQ
    Confermo, ormai Piazza Cavana mette una tristezza…
    Chiuso OT su Trieste.

  49. @ Adrianaaaa e WM1

    gli affitti calano leggermente un po’ ovunque (per dire, anche a Roma, dove vivo, si trova roba a qualcosa in meno rispetto a un paio di anni fa): credo che in larga parte dipenda dal fatto che quelli che hanno smesso di crescere sono i prezzi delle case. I proprietari di case preferiscono affittare piuttosto che rischiare di vendere a un prezzo solo un po’ meno vergognosamente alto di qualche anno fa e questo fa aumentare l’offerta di case in affitto. A rigor di logica la cosa dovrebbe proseguire, non c’è nessuna ragione per cui i prezzi delle case debbano salire nei prossimi anni, ma sono certo che Tremonti tirerà qualcosa fuori dal cappello (tipo, un piano casa).

  50. @Wu Ming 1: non solo il costo della vita ha raggiunto un picco che rende questa città irraggiungibile per una fetta sempre più ampia di potenziali studenti, ma l’università ha perso molto del suo prestigio. L’ha perso sia in generale la formazione universitaria, sia in particolare – mi sembra – l’università di Bologna, che è, come avete detto benissimo, un laureificio con sempre meno credibilità. Eh il meccanismo compensativo non lo so quale potrebbe essere…puntare sui cinesi? (E’ una battuta ma anche un pò no)

    I padroni di casa potrebbero benissimo compensare smettendo totalmente di occuparsi della manutenzione delle case, per esempio (quelli che prima se ne occupavano). E scommetto che molti lo fanno.

  51. In merito alla “vittoria culturale” del leghismo segnalo questo:

    http://www.youtube.com/watch?v=x_p6auXrZCU&feature=channel_video_title

    Ironia della sorte, la “battuta” viene urlata dallo stesso palco dal quale, la sera dopo, Tremonti ha sciorinato le sue perle razziste; e applaudita non da un ristretto manipolo di fedelissimi militanti, ma da qualche migliaio di presunti alfieri dell’indignazione costruttiva, della politica “pulita”, del “rinnovamento”.

    Insomma: è stato proprio un bel weekend per Bologna! Un weekend che ha tutta l’aria di un’epifania.

  52. @ Don Cave

    su quest’ultimo episodio segnalo la lunga discussione in corso qui:
    http://gilioli.blogautore.espresso.repubblica.it/2011/05/08/ai-candidati-e-agli-eletti-del-m5s/comment-page-1/#comments
    Si sappia che, qui da noi, di fenomeni come Grillo e il “grillismo” si ha un’opinione fermamente negativa. La pensiamo come Giuliano Santoro, Rosa Mordenti e altri/e che si sono espressi/e qui:
    http://www.carta.org/2011/04/lodio-di-grillo/comment-page-1/#comments
    Dicendo questo perderemo dei lettori? Amen.
    Sappiano le truppe cammellate dei troll grillini, sturmabteilungen che ogni volta accorrono en masse e rovesciano insulti su chiunque osi criticare il loro santone, che su Giap la loro sarebbe fatica sprecata. I commenti sono pre-moderati, e certe schifezze non le facciamo passare.
    Chiuso l’OT su questo movimento carismatico-populista e il proprietario unico del suo logo.

  53. @ WM1

    Non intendevo aprire un OT sul tema, e infatti mi sono ben guardato anche solo dal nominare e il movimento, e il leader. Non meritano più pubblicità di quanta già non ne abbiano. Tanto meno dopo questa battuta infame, degna del peggior populismo da bar – e che per giunta non è né la prima, né sara l’ultima di analogo tenore.

    Quel movimento ha avuto però un boom di consensi alle ultime tornate elettorali a Bologna, in Emilia e un po’ ovunque nel Nord Italia. Come dire: un’ulteriore conferma del fatto che il leghismo, inteso come indice di regressione culturale generalizzata, trascende abbondantemente la Lega.

  54. @ Don Cave,

    l’OT non lo hai aperto tu, l’ho aperto (e subito chiuso) io :-)

  55. Vi mando un piccolo contributo alla causa.
    Ecco un breve video che ho realizzato dal titolo “RESISTENZA ENIGMISTICA”: http://www.vermidirouge.com/photo.php?id=4050

    Perdonatemi questo piccolo “spam”, ma riesco a esprimermi meglio così.

  56. Questa lettera l’ho inviata al commissario Cancellieri a fine giugno, non ho mai ricevuto risposta.

    Gentile commissario Cancellieri,
    le scrivo questa lettera perchè la questione del giardino di Via del Piombo non è mai stata trattata pubblicamente.
    Un gruppo zelante di bravi cittadini ha pensato che la trattativa politica può essere condotta privatamente e in maniera sotterranea, convinta che pestare i piedi ai “potenti” sia controproducente.
    Uno strano concetto che produce un effetto negativo, influenzando un rapporto di comunicazione che dovrebbe essere diretto ed immediato.
    Comunque, nonostante i recenti, ambigui divieti e le ultime multe (comminate nei giorni scorsi a due frequentatori del giardino), questi cittadini continuano ad incontrarsi assiduamente e forse con maggiore costanza nel giardino pubblico di Via del Piombo.
    Dopo varie discussioni all’aria aperta, questo improvvisato comitato di cittadini, di cui sono parte, in quanto direttamente coinvolta, si è trovato spontaneamente d’accordo su un unico fondamentale punto: nessuno di noi è disposto a rinunciare a questo spazio vitale per noi e per i nostri cani senza una vera, valida, accessibile alternativa. Se per alternativa si intende il “giardino Lunetta- Gamberini” o i “giardini Margherita” respingiamo convintamente questa proposta. E’ solo una facile scappatoia per non affrontare il problema nella sua portata politico- civica. I due giardini sopraccitati sono lontani dalle nostre abitazioni e, spesso, chi lavora dispone di pochissimo tempo per affrontare un vero e proprio “viaggio” per raggiungere lidi lontani. Non vogliamo “emigrare” solo perchè si ritiene “impossibile” trovare una soluzione.
    Alla Politica chiediamo questo: di affrontare il problema.
    Nella notissima Via del Pratello un residuale comitato di abitanti interferisce periodicamente ed ormai da anni, indiscriminatamente, nella pianificazione delle attività commerciali, io non ci trovo nulla di strano, mi pare anzi un’ espressione di grande democrazia.
    Ma come è possibile che la legittima richiesta di quiete notturna e la legittima richiesta di divertimento, in una città che struttura buona parte della sua economia sul mercato degli affitti in nero agli studenti, in una città che dagli studenti trae linfa vitale, come è possibile,ripeto, che queste due legittime pretese si traducano in uno scontro privato fra cittadini, costretti ad infinite liti notturne e diurne su problemi di convivenza civile? Come è possibile che spesso vengano ascoltate solo le ragioni di chi chiede in maniera esasperata, arrogante e violenta, fingendosi agnello, di restringere le libertà di tutti?
    Come è possibile che nel giardino pubblico di Via del Piombo un invisibile gruppo
    di abitanti, con cui noi non abbiamo mai avuto un contatto diretto, sia riuscito ad ottenere un’ordinanza ancora più restrittiva di quella precedente? Le strade di accesso ai canali di comunicazione istituzionale sono uguali per tutti… Eppure qualcuno, con poche e “sagge” parole, esercita un maggiore peso sulle decisioni di oscuri funzionari pubblici. Come è possibile che ci sia impedito non solo entrare col cane al guinzaglio, ma addirittura di entrare?
    Quasi quotidianamente, ai proprietari di cani capita di essere aggrediti verbalmente da cittadini che si improvvisano tutori dell’ordine e della legge, fantasticando di violazioni degli stessi. La cosiddetta “tolleranza” delle differenze o diversità non esiste.
    Un grande poeta italiano diceva :“ la tolleranza, sappilo, è solo e sempre puramente nominale. Non conosco un solo esempio o caso di tolleranza reale. E questo perchè una “tolleranza reale” sarebbe una contraddizione in termini. Il fatto che si “tolleri” qualcuno è lo stesso che lo si “condanni”. La tolleranza è anzi una forma di condanna più raffinata. Infatti al “tollerato” – mettiamo al negro che abbiamo preso ad esempio – si dice di far quel che vuole, che egli ha il pieno diritto di seguire la propria natura, che il suo appartenere a una minoranza non significa affatto inferiorità eccetera eccetera. Ma la sua “diversità” – o meglio la sua “ colpa di essere diverso”- resta identica sia davanti a chi abbia deciso di tollerarla, sia davanti a chi abbia deciso di condannarla. Nessuna maggioranza potrà mai abolire dalla propria coscienza il sentimento della “ diversità” delle minoranze. L’avrà sempre , eternamente, fatalmente presente. Quindi – certo – il negro potrà essere negro, cioè potrà vivere liberamente la propria diversità, anche fuori – certo – dal “ ghetto” fisico, materiale che, in tempi di repressione, gli era stato assegnato…” Con questa citazione mi preoccupo di definire il carattere universale di questo problema che non riguarda solo la “minoranza” a cui appartengo e la “diversità” che esprime, ma anche tutte le altre a cui idealmente sento di appartenere e soprattutto la ferma determinazione che mi spinge a chiedere di essere riconosciuta ed accettata perchè desiderosa di una vita “differente”. In questo particolare momento storico, ogni diversità, perfino avere un cane!!!, costituisce una “deviazione”.
    L’esagerata preoccupazione nutrita nei confronti della maggior parte degli animali, ma specialmente dei cani, è frutto di una propaganda che si serve di “astuti” stratagemmi per sviare l’attenzione dalle questioni principali.
    Ma vogliamo ampliare ancora di più il ragionamento: chi è titolare di diritti in questa città? Come mai vengono riconosciuti diritti solo a chi, facendo molto rumore per nulla, manifesta una gelida e ristretta visione della vita sociale? Come mai in una città dalla storica e monumentale tradizione democratica, persino avanguardista, l’attenzione è concentrata su problemi marginali di ordine pubblico che agli occhi di tutti vengono trasformati in veri e propri mantra ad uso e consumo di una classe dirigente incapace di affrontare temi come quello del lavoro e della casa? Perchè si deve, sempre, rinunciare a qualcosa? Perchè in Italia, sia da destra che da sinistra, passa il messaggio che i sacrifici prima o poi saranno ripagati e nell’ attesa di questo magnifico paradiso ci viene tolto il terreno sotto i piedi?
    Perchè l’amministrazione della cosa pubblica è incapace di trovare soluzioni ai problemi pratici della vita di tutti i giorni? E’ solo una questione di soldi oppure il cinismo arrogante della nostra classe politica vuole abituarci a suon di botte all’obbedienza cieca, quella che non ha bisogno di spiegazioni per le privazioni che sopporta?
    Si pone quindi una questione di democrazia: alle cosiddette “minoranze” non spetta alcun diritto solo perchè minoranze?

    S. e il suo amato cane Scoobydoo.

  57. E’ da un po’ di giorni che rifletto su sto post e sulla discussione che ne è nata. Premetto che non mi esprimo sulla situazione bolognese perchè la conosco solo da turista, da “spettatrice” e tramite qualche compagno bolognese. La cosa che -invece- ho notato e mi preme sottolineare è che, almeno da quello che dite, la situazione bolognese mi pare l’esatto negativo di quella napoletana (Che io invece vivo sulla pelle).
    Nel senso, che, se da una parte c’è il mito della Bologna bella, buona, rossa a tutti i costi, che non è la realtà, o almeno, non è tutta la realtà, dall’altro c’è il mito cattivo di Napoli sporca, camorrista e piena di munnezza (A cui ovviamente non fanno che contribuire puntualmente i media e i vari Saviano). E le due cose, mi sembrano per niente diverse, mi sembrano entrambe effetti, quadri diversi, del “leghismo” di cui sopra. (Dove per “leghismo” non si intende solo il pensiero diretto di “Quelli-della-Lega-ed-elettori”, ma la mentalità generale che ad essi sottende).
    Dove di Bologna si dimentica il brutto, di Napoli si dimentica il bello, si dimentica che c’è anche qualcosa per cui lottare e si sottolinea che “fa tutto schifo”, spingendo la gente a perdere la speranza ed emigrare – magari a Bologna. (Per fare un esempio, il primo che mi viene in mente, un esempio musicale, la stessa Current TV, che è una televisione di informazione che personalmente reputo più decente di altre, ci abboffa di documentari sui neomelodici, come se a Napoli esistessero solo quelli e non realtà come i 24 Grana, Meg, e simili) Non voglio fare la negazionista, assolutamente. La munnezza ce l’abbiamo, la camorra pure. Però non c’abbiamo solo quello.

    Scusate l’OT, mi sono un attimino fatta pigliare la mano dal sonno e dal tema, probabilmente.

    Notte :-*

  58. Ma poi, quella Bologna lì, quella di Bar Sport di Stefano Benni, quella dell’Antonio Sarti di Loriano Macchiavelli è mai esistita?
    Non sarà una proiezione dei ventenni di ogni epoca, quella di pensare di aver vissuto la Bologna migliore, specie ricordandola a quarant’anni?
    Mi è capitato tra le mani un libro che si intitola “Fatti nostri”. Fu scritto nel 1977 a più mani da parte di coloro che facevano parte dell’area dell’autonomia e che erano stati coinvolti a vario titolo nei fatti del marzo di quellì’anno.
    Le conclusioni sono emblematiche: si denuncia come nel 1977 ci fossero affitti esosi per posti letti in edifici fatiscenti, come ci fosse l’emarginazione nelle periferie degli immigrati del sud e come il costo della vita fosse insostenibile.
    Forse dovremmo ricominciare a chiamarla con il suo nome: lotta di classe.

  59. @ Paco

    io credo che il “modello bolognese” messo a punto negli anni ’50-’60 sia stato prima colto alla sprovvista, poi progressivamente messo in crisi ed eroso da una delle conquiste del ’68, cioè *l’università di massa*. E’ negli anni ’70 che c’è “l’invasione”, e ben presto si manifesta l’esistenza di due Bologne, due mondi che vivono in simbiosi ma sono destinati a comprendersi sempre meno: quello dei bolognesi e quello dei fuori-sede. Il ’77 è l’evento che sancisce la spaccatura. Negli ultimi 35-40 anni, le istituzioni cittadine (che sono espressione della società bolognese) non hanno saputo dare risposte a questo problema, che è stato lasciato al “mercato”, cioè alla libertà di sfruttamento e tartassamento. Anzi, si è fatto ben di peggio: si è data una risposta repressiva a ogni soluzione “autogestita” di problemi come la casa e gli spazi di socialità. Sgomberi, sgomberi e ancora sgomberi. Ordinanze proibizioniste. Vessazioni continue.
    Questa miopia ha gradualmente spento la vitalità della città. L’apice di questa tendenza l’abbiamo toccato con Cofferati, ma ripeto, l’inizio (inavvertito) della crisi va cercato nella Bologna di quarant’anni prima. C’è chi sostiene che i problemi siano iniziati con la giunta Vitali, ma è il classico caso in cui quello che sembra l’inizio è in realtà la metà del percorso.

  60. @Wu Ming 1
    la fine della possibilità di spesa data negli anni ’50-’60 da parte delel amministrazioni locali, è stato un altro elemento che ha segnato la fine del modello bolognese…
    ciò che è stato fatto in quel ventennio, è diventato – a torto o ragione – impossibile sucessivamente… Gli amministratori che hanno seguito Dozza non hanno più potuto applicare quel modello di governo della città e non sono stati in grado di inventrarne un altro…

  61. @Paco

    Sul fatto che il mito sia datato e persistente, così come le politiche urbanistiche bieche fatte di cementificazione, quartieri ripuliti a turno e calci nel culo ai non rappresentati, è evidente.
    Basta guardare – come hai fatto tu – alle critiche che si sono ripetute pur attraversando ere distanti.
    Ti posto questa, avrà 15 anni: http://bit.ly/jAwmtR
    Dunque il post titola “Abbandonare le illusioni…”.

    Tuttavia è un fatto anche che i mutamenti continuano in peggio, al ribasso, nel segno della ignorante e “nuova disinvoltura” citata da WuMing 1 e di una caricatura del postmoderno che non fa più ridere

    (in cui si dice tutto e il suo contrario già nelle premesse, in cui Tremorti si prende l’analisi marxiana ma è più fascista di Storace ma è più pragmatico di D’Alema, in cui si cita sineddoticamente tutto alla cazzo e il cazzo per tutto).

  62. L’università è un di cui, non è certo tutto il problema.
    Bisogna tenere conto che c’è stata un’epoca in cui, a Bologna, la capacità di produrre reddito tramite il lavoro rendeva marginale la produzione di reddito tramite la rendita del capitale (in questo caso quello immobiliare).
    Con la riduzione progressiva del potere di acquisto che si è avuta dal 1993 in poi (anno in cui viene abolita la scala mobile) il capitale si concentra e diventa più forte e può imporre le proprie stragtegie e i propri interessi.
    In tutto questo l’istituzione universitaria si è ritirata nel suo castello di spocchiosa superiorità culturale, lasciando che gli altri si gestissero i problemi pratici.
    E questo è avvenuto (lo sappiamo bene a Bologna dove le società più grosse per capitalizzazione e per reddito sono HERA, Granarolo e IGD. IGD sta per immobiliare grande distribuzione ed è la società che coop ha creato per farci confluire i propri immobili) più con il controllo che con il consenso della sinistra.
    L’università si è comportata di conseguenza, preoccupandosi più del controllo del potere (mi ricordo la battaglia a fine anni ottanta tra il massone Roversi Monico e l’opus dei Marchetti per la corsa al rettorato), che della sua funzione accademica.

  63. […] come Wu Ming ha espresso questo concetto nel migliore dei […]

  64. Quando è il niente contro cui devi lottare, non hai più niente contro cui lottare. Non lo lotti più per niente. Perchè per niente non si lotta.
    Ha ragione da vendere wuming1 quando dice che non è affatto vero far risalire i problemi all’epoca della giunta Vitali.
    Anzi, è proprio il contrario. Lì i problemi sono finiti.
    Mi spiego.
    Vitali, grande statista di destra, è stato l’ultimo a proporre una visione della città e un modello per amministrarla.
    L’adagio recitava più o meno così: il pci è morto, il comunismo pure, semo diventati tutti assessori, che dovemo fa’? Privatizziamoci pure il buco del culo!
    E allora vai: la sanità, le farmacie! e perchè, l’atc no? certo, che scherzi avanti il prossimo. sì, dài, la cultura, l’intrattenimento, famo i parchi fighetti, li concerti e i motoshock! io voglio fa’ la stazione a quattro piani e tre corsie, me la fai fa’? Hai voglia! E er centro? Lo damo alle banche, ‘e finanziarie, i giapponesi. E l’Università? ‘A decentramo, a Pianoro, a Ozzano, a Brisighella, a Fanculo.
    Erano gli early nineties. Era una visione, merdosa, ridicola e nociva. Ma era una visione.
    In quella temperie si formò, con indubbi limiti, una generazione che contrastò quel modello. E non erano solo giovani, non erano solo studenti, non solo fuorisede. E’ stato l’ultimo mix sociale e culturale che la città si è concessa. Anche perchè, in quegli stessi tempi cominciava un’altra immigrazione e i maruchein diventavano veri, perchè venivano da rabat e da sfax. E sono nate esperienze, dentro quella temperie, storie ed esperienze di tutti i tipi, che nessuno deve mitizzare perchè avevano limiti di tutti i tipi, anche clamorosi, contro i quali ci si è andati anche a schiantare. Ma c’era un ambiente, un mondo, dentro cui vivere, e provare a produrre qualcosa. E c’era, appunto, un modello di merda da combattere.
    E’ solo per questo che c’erano concerti a due sacchi tutti i fottuti giorni della settimana, e si facevano assemblee in università ogni volta che ti tirava il culo, e radio e librerie autogestite, e addirittura etichette discografiche, che a pensarci adesso pare una follia, con distribuzione nazionale.
    Tutto senza una cazzo di lira.
    La stragrande maggioranza dei tecnici che lavorano in tutti i settori dello spettacolo si è formata allora, e lì. E grafici, e informatici e programmatori, e giornalisti e scrittori e questi cazzi e pure quegli altri.
    Perchè un mondo, pure di merda e pieno di limiti è comunque meglio del Niente.
    Non è nostalgia, che mi ha sempre fatto cagare, chè i bei tempi non ci sono mai stati, è solo incazzo.
    Scusate.
    L.

  65. @Luca: esattamente faceva così: “Lo sai che ho sempre disprezzato l’elogio dei “bei tempi”, che in realtà non ci sono mai stati. Ma questa mollezza che ci circonda, proprio non la sopporto”. Mi è servita per la tesi, Giovanna. :D

  66. @WM1 su Trieste
    solo per confermare che fino a pochi anni fa i senegalesi vendevano, magari delle schifezze, ma non accettavano soldi come elemosina, contraria alla loro cultura. Ora temo che la fame abbia spazzato via questa forma di rispetto della propria dignità….

  67. […] Dal sito di Wu Ming, presenti oggi in occasione di Time Out! segnaliamo il loro intervento sullo sciopero: Abbandonare le illusioni su Bologna: immaginiamo un nuovo tempo […]

  68. A botta calda.

    Mentre scrivo, ci sono ancora 30 sezioni da scrutinare. Al momento, Merola sembra evitare di strettissima misura il ballottaggio.
    Se il dato sarà confermato, a Bologna assisteremo già domani ai festeggiamenti più mesti: viva la merda più secca, puzza meno! Il meno peggio scaldicchia i cuori.
    “Almeno non abbiamo il sindaco leghista”, si dirà. Ma il problema non è mai stato quello: che Bernardini non sarebbe diventato sindaco, lo dicevano già i sondaggi, dove sarebbe la sorpresa? Già il sondaggio IPR Marketing del 19 aprile scorso, a cui alludevamo nel post del 6 maggio e che io citavo più nel dettaglio nel thread, dava Merola al 51% e Bernardini al 33%. Mentre scrivo, Merola è al 50,5%, Bernardini al 30,3%. Almeno per quanto riguarda il duello tra i due candidati principali, in un mese non si è spostato granché.

    Ma le facce (e che facce!) e le percentuali rischiano di occultare i processi reali che hanno luogo in città.
    In questa tornata elettorale si votava in 15 comuni capoluogo di provincia. In 13 comuni la Lega cala; a Torino cresce ma poca roba; Bologna è l’unico in cui cresce parecchio. Magari meno di quanto sperasse (o sparasse), ma comunque parecchio. Rispetto al 2009, quasi triplica il numero dei voti (da 6000 e rotti a 18.000 circa).
    Se lo vediamo nel complesso, il dato peggiora: circa 60.000 bolognesi hanno votato per un leghista come sindaco. Una cosa che fino a pochi anni fa sembrava fantascienza. Ma attenzione, il punto non è che abbiano votato Bernardini perché credevano in lui (alcuni elettori di centrodestra lo hanno fatto obtorto collo), bensì che a Bologna la *principale* opzione alternativa al centrosinistra fosse egemonizzata e guidata da una forza *esplicitamente*, schiettamente razzista. E’ stata perforata una membrana.

    A scanso di equivoci: il problema non è la Lega *di per sé*, il “devasto” non è meramente partitico/politico. Il devasto è sociale, la Lega è solo uno dei sintomi: anche se dovesse perdere tutti i suoi voti domani, in città c’è stata comunque una mutazione, la composizione sociale è cambiata, le piaghe sono andate in suppurazione e certi enunciati sono ormai più che sdoganati. E sia chiaro: non è stata la Lega a sdoganarli, bensì le politiche allarmistiche e securitarie delle ultime amministrazioni di centrosinistra. E solo un ingenuo o uno che si è svegliato dal coma dopo 15 anni può pensare che il centrosinistra d’ora in avanti proponga misure molto meno razziste di quelle della Lega. Il razzismo istituzionale non è una “degenerazione”, una cosa che una minoranza cattiva impone a una maggioranza buona: il razzismo istituzionale non fa che riflettere quello sociale. A Bologna come in qualunque altro posto, il razzismo non cade dal cielo: è un principio regolatore del mercato del lavoro, ed è tanto più indispensabile quanto più il lavoro è nero o precario. Finché non si aggredirà questo nodo di problemi, non si potrà sperare di sconfiggere il razzismo. E qualunque politica demagogica, xenofoba e da guerra-tra-poveri avrà facile presa, Lega o non Lega. Tra l’altro, le posizioni di Grillo su migranti e “clandestinità” non sono molto diverse da quelle di tutti i populisti di destra d’Europa.
    Non è la politica a essere “cattiva”, è il corpo sociale a essere pieno di tossine.

    Ora come ora, dal punto di vista strettamente politico, Bologna appare stretta tra l’inerzia del grigiore continuista (il solito blocco di potere conferma la sua fiducia a un centrosinistra privo di idee), un canagliume che non si vergogna più di manifestarsi e un’antipolitica superficiale che offre falsi bersagli e scorciatoie (i grillini al 9%).

    C’è ben poco di cui rallegrarsi, insomma, per lo “scampato pericolo”, perché il vero disastro non solo non è scampato, ma ci siamo già dentro da tempo.
    Anche perché altrove si registrano interessanti segnali di sfaldamento di un regime (o di “snervamento”, per citare quel pazzoide di Pennacchi poco fa a RaiNews24).
    Vuoi vedere che, a furia di blaterare (per decenni!) di Bologna come laboratorio avanzato, in questo momento siamo alla retroguardia, in situazione arretrata? :-P Mah.

  69. Mah io sono combattuto tra due osservazioni diverse una che lancia un po’ di ottimismo e una che ha un ombra di pessimismo.
    Sono portato a pensare che la fatica del centrosinistra e il risultato della lega (unito a quello di grillo) non si leghino tantissimo al corpo sociale ma forse piu` a una stanchezza verso la classe dirigente. Io non sono di bologna e non vi ho mai vissuto, quindi non la conosco bene. Pero` conosco bene Carrara e Pisa. Realta` in cui gli stessi gruppi (centrosinistra) sono al governo della citta` da una vita (Carrara piu` di Pisa). Quando va avanti cosi` le cose si incancreniscono un po’ per forza di cosa e alla fine non fa bene al sistema. Ora, io a votare a destra non ce la faccio fisicamente, pero` un sistema come quello in cui viviamo senza ricambio affoga.

    L’osservazione pessimista invece riguarda lo spostamento dell’elettorato anche popolare e operaio verso la lega. Penso che nel passato, anni 50, 60 anche 70, semplificando parecchio molti operai e contadini non proprietari votassero PCI non solo per un senso di giustizia sociale e solidarieta`, ma anche (spesso?) per una convenienza collettiva si ma che veniva vissuta in modo personale. Voti al PCI voleva dire turni migliori in fabbrica, stipendi migliori, compensazione per i mezzadri quando veniva venduta la terra che lavoravano e cosi` via. Tutte cose giuste e collettive, che pero` per chi faceva parte di quelle categorie erano anche un miglioramento personale. Ecco, credo che ci fosse un approccio diciamo egoista al comunismo/socialismo. Vorrei dire egoista senza dare connotazioni negative alla parola. Ecco magari in questi anni parte di quella base sociale vede che votare a sinistra non migliora piu` le sue condizioini di vita e pensa (sbagliando) che la lega le difenda…

  70. @ pedrilla

    il “ricambio”, a Bologna, a suo tempo non portò proprio a nulla, né impartì alcuna lezione. Quando nel ’99 Guazzaloca vinse le elezioni, noi (allora Luther Blissett Project) scrivemmo questo:
    http://www.lutherblissett.net/archive/435_it.html
    “Che la sinistra cittadina sia finalmente costretta a inventarsi qualcosa”, scrivevamo.
    Beh, dodici anni dopo, possiamo ben dire che non si è inventata un cazzo :-)

  71. […] sulla situazione bolognese. Da Giap! Tags: Ave Mary, Elena Gianini Belotti, Michela […]

  72. Ieri sera sono andato a dormire prima dei dati definitivi. Stamattina al risveglio ho acceso la radio come sempre e ho ascoltato un po’ di cose. Una particolarmente mi ha colpito: i cori in Piazza Maggiore di ieri sera, anzi, un coro preciso, “Chi non salta è leghista”. Non so chi ci fosse in piazza, non so a cantare fosse solo la base o anche la classe dirigente. Ma, per quanto possa essere una piccola osservazione, che senso cantare “chi non salta è leghista” per un partito come il PD che da anni porta avanti politiche sicuritarie ovunque, nel tentativo di fare concorrenza alla destra? Lo percepisco come un simbolo, una contraddizione, non un dato politico rilevante, ma: ok, non siete leghisti, però? Non è certo un coretto che smarca da politiche che puntano sempre a colpire i marginali e a chiudere gli spazi e le città sulla base di ondate di paura (spesso costruite ad arte). Ha ragione Wu Ming 1: anche questo ha preparato quel 10% alla Lega, che più di 20.000 cittadini bolognesi hanno votato. Nel vero disastro ci siamo già da tempo, niente di più vero.

  73. E io invece che sono di Bologna e a Bologna ci sono vissuto per tutti i 43 anni che ho vi posso assicurare che qualcosa è cambiato.
    Badate bene, non è che Zangheri o Imbeni, i sindaci che avevamo negli anni 70 e 80 organizzarsero dei rave per le strade, solo che quando qualcun’altro li organizzava, non si mettevano di traverso con la questione della “legalità”.
    Coffferati si è fatto promotore di una “politica per i vecchi” e visto che siamo la città più longeva d’Europa forse è anche comprensibile e ha modellato una città a misura, ritmo e cultura a dimensione di pensionato.
    Ma se l’amministrazione si è comportata coerentemente con quello che era (un sindaco pensionato) non è che dal mondo della cultura, dell’università, della musica siano arrivati slanci e proposte. Manca un po’ di coraggio e un po’ di entusiasmo, che deve venire da chi oggi ha ventanni, non da parte di chi ne ha più di quaranta come me.
    Voglio pensare che politicamente stia cambiando qualcosa perchè socialmente è cambiato qualcosa. I lavoratori precari, le famiglie che pagano gli asili, le tasse che non calano, i costi della politica che non calano, spostano voti.
    Pennacchi, da ex operaio, ieri sera faceva un paragone con l’acciaio. Proprio come l’acciaio sottoposto a tensioni eccessive, anche il tessuto sociale si sta snervando. Prima o poi si arriverà a rottura. Vedremo quale sarà la parte più numerosa quando si andrà a votare.
    Per ora, Bossi e Burlosconi che non capiscono cosa sta succedendo è già un buon segnale. Un motivo per essere ottimisti.

  74. @ paco

    sì, che “a Bologna qualcosa è cambiato” stiamo cercando di spiegarlo da mo’. Nel corso degli anni la città si è chiusa su se stessa, è implosa, è arrivata a una sorta di triste e incattivito equilibrio termodinamico. E non è colpa della “politica”: tutte le istituzioni locali, a partire dall’università, si sono sedute, anzi, spaparanzate. E, ribadisco, la politica rispecchia la società.

    Su tutto questo influisce anche, e parecchio, lo “spopolamento selettivo” della città: un sacco di gente se n’è andata. Come rappa Caparezza: “Non te ne accorgi, ma da qui se ne vanno tutti”. Uno non se ne accorge, perché li vede ancora qui… durante il giorno. Ma la sera tornano nei comuni circostanti, dove si sono trasferiti perché Bologna costava troppo, e dove hanno preso residenza e quindi votano. Tornano a Castenaso, a Budrio, a Ozzano, a Castelmaggiore, a Zola Predosa etc. Spesso questa gente è relativamente giovane, ha messo su famiglia da non molti anni. Chiunque di noi ne conosce svariati. Ed è quella parte di popolazione che forse avrebbe potuto fare da “cuscinetto” tra le due Bologne l’una contro l’altra armate: quella sempre più invornita e reazionaria, e quella di chi viene vessato e perseguitato. Mi sembra che la demenziale operazione anti-writer dei giorni scorsi riassuma perfettamente come siamo messi: un’ideologia perbenista/securitaria inventa false emergenze per criminalizzare ed emarginare chi (letteralmente) non si rassegna al grigiore e al silenzio dei muri.

    Per ora, purtroppo, il presunto “vento da Milano” che sferza, tende e “snerva” la costruzione (che non è la costruzione berlusconiana: Berlusconi è solo l’attuale tenutario dell’immobile), a Bologna soffia poco. Siamo anzi, se non ci si ferma alla superficie, in controtendenza. Non a caso siamo l’unica città in cui la Lega cresce, più che triplicando i voti.
    [En passant: se non ho capito male, ieri siamo stati la città con la più alta percentuale di astensionismo. L’astensionismo è il secondo partito dopo il PD: ha il 27%]

  75. @wm1, a trieste 44% di astenuti

  76. @ tuco

    nemmeno quel record siamo riusciti ad avere :-/

  77. @tuco
    Alla Provincia però, non al Comune.

    @WM1
    La tua analisi è ineccepibile, quello che volevo dire è che c’è stato troppo poco “conflitto culturale” nei confronti di queste amministrazioni.
    Bologna è stata sempre un contenitore di intelligenze che venivano da ogni dove (i tuoi bolognesi se esistono, cantava Guccini) e venivano proprio perchè trovavano un substrato adatto a far crescere la propria arte (anche quella manifatturiera, non solo quella in senso stretto).
    Si ricorda la Bologna di Pazienza o di Tondelli, ma non erano bolognesi.
    Alle ordinanze che vietavano di bere la birra fuori dai locali, sono state date risposte blande e rifuggendo dallo scontro.
    Voi stessi scegliendo di fare le presentazioni di Manituana in tutti i Comuni della Provincia tranne che a Bologna vi siete alla fine, sfilati, evitando di “alzare il livello dello scontro”. Non che abbiate mai fatto mancare le vostre critiche, ma ribadirle alla Feltrinelli di Piazza Ravegnana, forse avrebbe avuto un impatto diverso che alla biblioteca di Pianoro o all’ITC di San Lazzaro.
    Ma è il senno di poi…

  78. @ paco: al comune, al comune. si votava sia per le provinciali che per le comunali.

    a trieste si e’ passati dal “no se pol” al “no go pel cul”

  79. @ Paco

    beh, non è che per Manituana boicottammo Bologna “lemme lemme”, “in sambo”: spiegammo il motivo, spiegammo che era un atto di protesta. A parte che le presentazioni alla Feltrinelli di P.zza Ravegnana non le facevamo manco prima, va comunque detto che poi le presentazioni a Bologna (e anche affollate) le abbiamo fatte, come abbiamo presentato libri altrui, fatto incontri pubblici all’università, tenuto seminari… Magari bastasse questo…

  80. @ Paco

    Dal 2004 al 2008 noi abbiamo deciso di protrarre uno sciopero degli eventi in città e percorrere il perimetro, i comuni della cintura, proprio per segnalare il nostro rifiuto delle politiche messe in atto dalla giunta Cofferati. Il messaggio era: noi non ci stiamo, noi non ci siamo. Scelta discutibile quanto vuoi, ma non sono convinto che fare una presentazione alla Feltrinelli anziché alla biblioteca di San Lazzaro o Rastignano avrebbe prodotto più effetti. Per altro, va detto che in quei quattro anni la serrata degli eventi venne proclamata dal sindaco stesso, che calò una cappa plumbea sulla città. Di fatti non furono certo molti gli inviti che ricevemmo da Bologna in quel periodo, anzi, a dire il vero, quasi nessuno. Ci siamo riaffacciati solo nel 2008, dopo l’annuncio della non ricandidatura di Cofferati, quando gli studenti dell’Onda ci hanno invitati all’Università.

  81. @ tuco

    traduco per chi non ha dimestichezza coi dialetti veneti:

    NO GO PEL CUL

    Letteralmente: “non ce l’ho per il culo”;

    Sciogliendo un poco: “non mi passa neanche per il culo”.

    Espressione con cui il triestino esprime scarsissimo interesse per qualcosa o zero intenzione di fare qualcosa.

  82. Aggiungo una piccola chiosa su quanto detto da WM1 a proposito dell’inchiesta contro i writers che citava sopra. Oltre a svariati ragazzini, sono stati coinvolti anche artisti e muralisti di fama conclamata. Gente che fa mostre in giro per il mondo, conosciutissima da anni, in passato ingaggiata dal Comune stesso per affrescare muri e vecchi capannoni nelle aree dismesse della città. Questi si sono visti piombare la polizia in casa, hanno subito perquisizioni, sequestro di materiale, e potrebbero essere incriminati.
    A forza di creare finte emergenze e martellare i maroni per convincere la gente che i veri problemi in città sono le scritte sui muri, le merde di cane, gli schiamazzi notturni, e non già il traffico asfissiante, il trasporto pubblico, lavoro & affitti in nero, esodo urbano, chiusura degli asili nido, etc. etc., si arriva a un tale livello di provincialismo mentale, che porta a voler arrestare gli ultimi artisti ancora attivi in città. A Berlino fai una mostra, a Bologna ti mandano la polizia a casa.
    Fanno venire voglia di scrivere il prossimo romanzo su un muro.

  83. In ogni caso, e molto oltre le mie attese, questo giro di voto è importante. Il pd per me merita una sola riga. Così com’è vince soltanto contro nessuno. E infatti.
    Mentre milano e napoli sono fatti grossi, e penso vadano letti insieme. Attenzione, il voto di napoli non vale meno di quello meneghino. e sorprende assai.
    Per prima cosa: i casalesi, e gli altri, non sono più quelli di una volta. esplode anche il controllo criminale sui voti.
    Seconda: credo sarebbe sbagliato sovrapporre di pietro a de magistris. Per età, lingua, cultura. Ha le sue ombre, ma ha imbroccato alla grande la campagna elettorale, e la sua affermazione vale quella di pisapia. forte coinvolgimento giovanile, grossa partecipazione in rete e sulla strada. parole d’ordine impensabili a napoli, per uno sfondamento di massa, fino a un momento fa. su tutte, quella sui rifiuti.
    no discariche no inceneritori. prende un voto disgiunto clamoroso, in pratica da tutte le parti, e omogeneo in tutti i quartieri cittadini.
    si tenga conto che fino a poche settimane fa si dava per scontata la vittoria pdl con il 60%. il 38 è una debacle assoluta, una catastrofe come a milano. soprattutto sulle macerie del pd locale.
    può vincere. anche se a partenope nelle prossime due settimane accadrà di tutto.
    Altra considerazione: il cosiddetto terzo polo non esiste.
    il voto scappa da tutte le parti, ma lì non ci finisce nemmeno per sbaglio. cani morti che solo la casta ha interesse a rianimare.
    da ieri notte c’è un’unica certezza. comincia la breve e letale stagione di faide e regolamenti di conti dentro la destra.
    ovunque.
    il satrapo marcescente non merita il finale shakespeariano, ma le lame guizzeranno veloci e si faranno rosse. in tutte le direzioni. da oggi, in quelle stanze tutti sono cospiratori, e il nemico si trasferisce in pianta stabile dentro il palazzo, dietro ogni tenda.
    azzardo che la ruzzola possa essere ben più rapida di quanto si immagini. e gli esiti assai imprevedibili.
    credo che vedremo cose interessanti. e che bisognerà fare molta attenzione.
    il meteorologo dice: estate torrida.

  84. scusate, ultima cosa. anche la sardegna va guardata. dove è il referendum sul nucleare a trascinare le elezioni e non viceversa. ben oltre il 70 a votare e il 98 di sì. non una cosa scontata direi.
    L.

  85. Secondo me c’è un solo dato nazionale in queste screziate elezioni amministrative: la strategia comunicativa del berlusconismo, basata su un mix di miracoli annunciati come avvenuti e di volgarità fascistissime, non funziona più. Questo accomuna Milano a Napoli.
    Per il resto: vincere a Milano, tenendo incrociate tutte le dita e cercando di lavorare perché accada, è fondamentale non solo dal punto di vista simbolico: CL è l’unica cosa che, con la sua struttura organizzativa, può sostituire il ruolo carismatico del lato B della politica italiana: e togliere a CL la cassa milanese (finanziamenti alle scuole private, cooperative, gestione dell’Expo 2015, ecc.) è una cosa enorme.
    Poi, ogni realtà ha una sua storia da raccontare. Io non trovo nulla di positivo nelle vittorie del PD di Torino e Bologna, perché in ambedue i casi vince un partito che non ha saputo né voluto fare autocritica o segnare una discontinuità rispetto alla gestione del potere degli ultimi anni. Anche a Napoli e Milano, a dire il vero, non è successo: ma lì la discontinuità, positiva o negativa che sia, è stata creata dagli elettori.
    Resta il fatto che, per toglierci qualche sassolino dalla scarpa, non è affatto vero che la corsa al centro paga: la favola del Pisapia estremista, o l’appoggio dei centri sociali a De Magistris, non hanno certo penalizzato i due candidati. A scanso di equivoci: per me De Magistris è un Cofferati 2.0, con buona pace di Grillo, Casarini e Flores D’Arcais, e non so se l’avrei votato: Merola e Fassino no di sicuro, Pisapia si. Però le parole di Luca , che sa di Napoli (e non solo) più di me, mi fanno riflettere, e quindi sospendo il giudizio e aspetto di vedere cosa succede a Napoli.
    Pochi gg fa ho partecipato a Bologna a un incontro sulla scuola con Gianluca Gabrielli e Bruno Moretto: una cosa organizzata da insegnanti, che di solito non funziona e invece per una volta è andata bene. Nel pomeriggio era arrivata voce che avrebbero fatto un intervento (non richiesto) alcuni candidati “di sinistra” al consiglio comunale “sensibili alla scuola”, e la cosa è stata accolta con un notevole fastidio non solo da me, ma anche dagli altri organizzatori: e infatti gli interventi, a parte Pieralisi (che non si è qualificato come candidato, ma ha semplicemente detto come molto belle sulla scuola) non ci sono stati, e un passaggio della Frascaroli in sala non è stato notato più di tanto: la realtà era che in quella situazione molti non votavano per Merola, proprio perché venivano da una realtà di lotta.

  86. giro,
    non mi sbilancio nemmeno io sulle qualità e le reali intenzioni politiche di de magistris. semmai, si vedrà.
    provavo a segnalare una dinamica, che forse da qui non si coglie del tutto, su alcuni equilibri della città. che comunque il dato di questo voto mette in forte discussione, e nel caso poi lettieri dovesse perdere al ballottaggio ancora di più.
    per il resto, al momento e credo per un bel po’ bologna è periferia e irrilevanza.
    “Volete voi, miei prodi, che la città diventi nel 2014 capitale mondiale, ma che dico galattica, del videogioco? Noi, nel nome di pacman, lo giuriamo!”
    Esticazzi!
    L.

  87. Condivido pienamente l’analisi di WM1 che concentra l’attenzione sul nodo doloroso da affrontare, ristabilendo una cronologia dei processi sociali: la politica ed i suoi meccanismi sono il riflesso di una società travolta dalle regole imposte da questo mercato degli schiavi, da qui scaturisce con violenza il vero razzismo. E forse Bologna, tradizionalmente irregimentata in una democrazia di facciata, esprime meglio di tutte le contraddizioni tipiche di questo mercato. Proprio qui il rispetto delle regole diventa una brutale forma mentis, veicolo di incasellamento in un fasullo regime democratico o che così si propaganda. Forse un dato trascurato in queste elezioni è il “peso politico” esercitato dallo schieramento vendoliano. E’un fenomeno che ho vissuto sin dal primo momento con un certo sospetto, ed un conseguente fastidio. Il leaderismo carismatico proposto da Vendola si specchia suo malgrado nel suo contrario, cioè nel modello che combatte, eppure credo abbia inciso in maniera decisiva. Però oltre all’estetica della politica contano i contenuti… mi chiedo dunque a quale fascino abbiano ceduto alcuni elettori. Perchè anche questo è un dato che richiede un’interpretazione, anche qui, a Bologna.

  88. @Girolamo
    Il fatto che Cicchitto, Lupi e compagnia ragliante insistano a dire che la vittoria di Pisapia e quella di De Magistris sono una sconfitta del PD, mi viene da pensare che invece sia stata una scelta lungimirante di Bersani, al contrario di quello che avrebbe voluto Veltroni (andare da soli) o D’Alema (allearsi con i cadaveri di Fini-Rutelli-Casini).
    Sì, è vero che il centrosinistra ha vinto presentandosi più come sinistra che come centro, ma c’è da dire che nella società, oggi, c’è una grossa fetta che si sente nuovamente proletariato (anche se non si definisce così).
    La politica (cit. WM1) è lo specchio della società e la società oggi è composta da ampie fasce che non si sentono rappresentate dal modello berlusconiano.

  89. @WM
    Ricordo bene quella stagione per aver condiviso con voi alcuni di quei momenti tra il 2004 e il 2008 e conosco bene i motivi delle vostre scelte e quello che si fece nelle giornate di Bologna capitale europea della cultura, con prese di distanza anche da parte di Loriano Machiavelli e Stefano Benni oltre a voi.
    Però mettere i piedi nel piatto, rompere i maroni al sindaco e imporre una politica “non per pensionati” sarebbe stato importatnte.
    Sia chiaro: detto col senno di poi!

  90. Su Napoli, da Campana, concordo en plein con Luca. Da beneventana, nello specifico, sebbene io non sia troppo contenta dei risultati elettorali (Si riconferma la giunta PD, ma il sindaco è un ex mastelliano che ci voleva piazzare sotto il culo una megacentrale a Turbogas, che è stato agli arresti per una storia di appalti e consulenze illegali e un sacco di altra roba che non sto qui a elencarvi), ho notato un altro fattore importante e che da abbastanza speranza per il futuro: la caduta di Mastella, non solo a Napoli, dove ha fatto il flop (E speriamo mantenga la promessa del suicidio!) ma pure qua, nella sua roccaforte.
    Nelle elezioni scorse questa stessa giunta, PD, ha vinto ma sostenuta dall’UDEUR e da Mastella, raccattando quindi tutti i voti ovvi dei Mastelliani. A sto giro, invece, la coalizione con Nardone sindaco (Che ha avuto pure un sacco di pubblicità a favore da Saviano, che l’ha definito uno dei migliori politici in Campania e blahblahblah) e Mastella & Viespoli come supporters, ha fatto il flop. E il flop di Mastella, se a Napoli era praticamente scontato, qua non lo era per niente.

    Quanto a Bologna, una domanda sia a voi WM che a quelli che della situazione bolognese sono più “esperti” di me. Stamattina discutevo con mio padre sul 9,5 % di Grillo. Come va interpretato, secondo voi, come dato? Come volontà di cambiamento male indirizzata e condizionata dalla visione (Secondo me totalmente sbagliata) di Grillo come “eroe rivoluzionario”, “innovatore”, ecc ecc ecc, o come consapevole scelta di condivisione di alcune tematiche simil-leghiste (Vedi la Xenofobia) mixata con la volontà di mantenersi più o meno a sinistra? O ci sono ancora altre chiavi di lettura?

    Baci! :-*

  91. Provo brevemente a rispondere a Eve B. Grillo e i grillini fanno una cosa che ha tipicamente un grande successo in tempi di crisi: danno soluzioni facili a problemi complessi. La casta ruba? Mettiamo il consiglio comunale in diretta streaming su internet.
    Inoltre fornisce anche un senso di appartenenza easy, di cui molti sentono il bisogno. E’ così a Bologna com’è dappertutto. Qui, probabilmente, rispetto a altre zone c’è in generale un maggiore coinvolgimento dei cittadini nella politica, per tradizione diciamo, e i grillini raccolgono tutti quelli che hanno voglia di impegnarsi e hanno bisogno di slogan spiccioli. la xenofobia, anche qui, è qualcosa che c’è (come giustamente dice il post) e l’atteggiamento un pò ambiguo e un pò no dei grillini sull’argomento è indicativo. La xenofobia è una risposta semplice a un problema difficile. Non si azzardano a gridarla a gran voce (anche perchè in questo modo raccolgono anche un po’ di voti di gente anti-leghista, e ne conosco tanti che li hanno votati) però non la negano neppure.

  92. I grillini hanno un argomento più forte di tutti: se nella politica ci fossero meno soldi, allora ci sarebbe meno potere e meno interesse ad occupare poltrone.
    Si può dare loro torto?

  93. @ EveB

    per rispondere alla tua domanda servono alcune premesse, e così ne approfitto per riversare qui un po’ di appunti, scritti e no. Magari questo commento diventerà il nucleo di un futuro testo più dettagliato e articolato.

    La chiave è la questione del “Né destra, né sinistra”.

    Il più delle volte, quando qualcuno dice di sé “Non sono né di destra né di sinistra”, il vero e unico bersaglio polemico della frase è l’essere di sinistra.
    “Non sono né di destra né di sinistra”, novantanove volte su cento, significa soltanto: “Non sono di sinistra”.

    Infatti quella frase al negativo è un refrain tipico dei fascisti (tanto che secondo lo storico Zeev Sternhell è la frase-chiave per capire genesi e autorappresentazione del fascismo), ed è piuttosto facile usarla come cartina di tornasole per sgamare i cripto-fascisti.

    Il prefisso “cripto-” deriva dal greco, e lo si usa per qualcuno che nasconde (di solito male) la sua vera natura. Nel caso in oggetto, però, allude anche a un “parlare cifrato”, decrittando il quale si trova l’animus fascista / qualunquista / poujadista etc.
    Occhio soprattutto alle metafore: ad esempio, per un fascista il nemico è sempre “liquido” e informe (fiumana, marea, melma etc.)

    [Molto utile, come vademecum, il pamphlet Il secco e l’umido di Jonathan Littell, che popolarizza e applica a un caso specifico quel che Klaus Theweleit ha scoperto sulla mentalità fascista: il fascista si descrive sempre come impossibilmente *asciutto*, le metafore che usa per descriversi fanno sempre riferimenti allo stato solido della materia, e ha sempre una forma certa, con contorni netti e riconoscibili, mentre gli altri sono amorfi, informi, sbavati, “il-limitati” etc.]

    Un’altra metafora che rivela il cripto-fascista è quella dell’assedio subito: ci stanno invadendo, ci stanno assediando.
    In realtà anche questa ha a che fare con la dicotomia “solido”/”asciutto” vs. “liquido”/”bagnato”: l’invasione è un’alluvione, è un tracimare, qualcosa che viola un confine etc. Qualcosa che spesso viola il nostro mondo entrandovi *di nascosto* (il “clandestino”).

    Perché i partiti e movimenti che procurano allarme e alimentano paure sull’immigrazione si concentrano così ossessivamente sui barconi, su Lampedusa, sugli “sbarchi”, nonostante negli ultimi dieci-venti anni la maggior parte dei cosiddetti “clandestini” sia entrata in Italia via terra (con visto turistico etc.)?
    Forse perché il campo semantico “marittimo” (l’acqua che circonda il nostro paese, le onde, la sconfinatezza del mare) permette di tenere attivato il frame dell’invasione “liquida”: ad arrivare è una “marea” di immigrati etc.

    Su Twitter abbiamo dato un ironico “compito a casa”:

    «Trovare esempi di “nemico liquido” e metafora dell’assedio/invasione nella prosa di chi dice “Non sono né di dx né di sx”. A cominciare dai post (e commenti!) su beppegrillo.it e dai commenti lasciati dai pasdaran “grillini” ovunque il guru venga criticato.»

    E abbiamo anche messo in guardia chi si accingeva all’opra:

    «Quel che uno dice di se stesso conta poco. E’ più importante quel che rivela di sé quando descrive gli altri.»

    Infatti, bisogna tenere presente che il modo in cui i grillini descrivono se stessi trasuda di quella retorica dei “processi dal basso” che il grillismo ha avuto in dote dai movimenti altermondialisti e in seguito “ri-incorniciato”.
    In un suo articolo, Favia (personaggio che noi ricordiamo con un cartello al collo: “LUTHER BLISSETT E’ QUI”) è addirittura ricorso al concetto deleuzo-guattariano di “rizoma” per descrivere come funziona il “Movimento 5 Stelle”.

    [Favia da ragazzino costeggiava la controcultura bolognese. Ha orecchiato qualche parola e adesso la usa come pezza d’appoggio.
    C’è un “piccolo” dettaglio: Grillo è proprietario unico del logo e del nome “Movimento 5 Stelle” e decide lui insindacabilmente chi possa usarlo. Un “percorso obbligato” tipico di una struttura “arborescente”, cioè l’opposto concettuale del rizoma.
    Del resto, tempo fa persino Fare Futuro parlò di “patria rizomatica”, usando l’espressione a cazzo di cane.]

    Questa retorica autoreferenziale e auto-elogiativa è utile a chi voglia analizzare i discorsi “grilliani” e “grillini” solo se la si legge in relazione a come costoro descrivono i loro *nemici*.

    Ovviamente, molti cripto-fascisti non sanno di essere tali. E si indignano se qualcuno lo insinua. Sono come omosessuali “in the closet”. Di solito si difendono da quest’accusa… attaccando la sinistra, “i pregiudizi della sinistra” etc.
    E va tenuto presente che ormai da decenni non c’è discorso razzista che non sia fatto in nome dell’antirazzismo. Negli anni Settanta-Ottanta la Nouvelle Droite francese di Alain De Benoist diede una parvenza di dignità teorica al nuovo “razzismo differenzialista” (cioè culturale anziché biologico) e lo chiamò… “antirazzismo differenzialista”.

    Il suggerimento è: partire dai post dove si parla di immigrazione. Il blog di Grillo offre alcune “perle”:

    I confini sconsacrati

    Il tabù di Napolitano

    Un clandestino è per sempre

    Buon lavoro a tutt*.

    Tutto questo per provare a rispondere alla tua domanda:
    come va interpretato il voto al M5S da parte del 9% degli elettori bolognesi? Cito:
    “[Va interpretato] come volontà di cambiamento male indirizzata e condizionata dalla visione (Secondo me totalmente sbagliata) di Grillo come “eroe rivoluzionario”, “innovatore”, ecc ecc ecc, o come consapevole scelta di condivisione di alcune tematiche simil-leghiste (Vedi la xenofobia) mixata con la volontà di mantenersi più o meno a sinistra?”

    Per quel che vale una risposta empirica: ho constatato di persona, parlando con amici che volevano votare il candidato sindaco del M5S, che di certe orribili posizioni di Grillo (e di come funzioni il rapporto tra quest’ultimo e il movimento) non sapevano niente. Davvero, cadevano dalle nuvole. Eppure è gente che si informa. Alcuni di loro volevano usare il M5S per il voto disgiunto, cioè votare quel candidato per protestare contro la decisione da parte della sinistra (SEL e FdS) di appoggiare Merola, ma per il consiglio comunale avrebbero votato comunque una lista di sinistra.
    Una parte del voto al movimento era sicuramente composta da elettori di questo tipo.
    Poi c’è gente che “si è rotta i coglioni” o se ne fotte della politica e che se non ci fosse stato il M5S si sarebbe astenuta (scelta a mio modo di vedere più condivisibile), gente che vota i grillini perché li identifica con Grillo che è un personaggio famoso, e poi sicuramente gente che, semplicemente, ci crede.
    Il problema che vedo non è certo l’eventuale malafede di chi vota, bensì la creazione di uno spazio “né di destra né di sinistra” in cui trova posto tutto e il contrario di tutto. Mi preoccupano le violente oscillazioni e trasformazioni di enunciati che hanno luogo in quello spazio. Mi preoccupa il vicolo cieco in cui tante persone, a mio avviso, si stanno infilando. Mi preoccupano la ricerca di scorciatoie, l’aizzamento della collera contro il falso bersaglio dei “politici”, l’uso di Internet come pulpito da telepredicatore. Mi preoccupa il fideismo che vedo in molti fans dell’ex-comico diventato demagogo.

    NOTA/DIGRESSIONE

    Esistono circostanze e nicchie di discorso in cui il concetto di “sinistra” è messo in discussione… da sinistra, in quanto insufficiente, inadeguato, eccessivamente inscritto in una rappresentazione parlamentare o para-parlamentare.
    Io stesso penso che “sinistra” non basti a descrivere le mie posizioni, nel senso che trovo necessario aggiungere precisazioni e qualificazioni. Io non sono semplicemente “di sinistra”: io mi riconosco in un phylum di idee rivoluzionarie e di lotte per l’uguaglianza che attraversa i secoli; penso che la specie umana – previa una rottura radicale nella temporalità in cui siamo immersi – debba avviare la fuoriuscita dal capitalismo; penso che l’obiettivo da realizzare sia la società senza classi etc. etc.
    Però, è chiaro che se devo semplificare e voglio evitare di aprire troppe parentesi, non ho problemi a dire che sono di sinistra.

    Anche Serge Quadruppani, che pure rifiuta la “sinistra” (per i motivi appena detti, peraltro analoghi a quelli più volte esposti da Alain Badiou, o da alcuni anarchici), comunque reintroduce il concetto dialetticamente – l’Uno che diventa Due! – quando dice:
    “Ci sono due modi di non essere di destra né di sinistra: un modo di destra, e uno di sinistra”.

    [L’ennesimo inciso: anche George Lakoff critica la rappresentazione destra-sinistra, perché fa pensare che le persone siano allineate l’una l’accanto all’altra, su un’unica fila, e che si possa procedere con continuità da “quello più a destra” a “quello più a sinistra”. Invece, dice Lakoff, la realtà è multilineare e multidimensionale, il modo in cui si formano le nostre idee è complesso etc.
    Il difetto della critica di Lakoff è che in essa non c’è posto per la storia. Lakoff in questo è tipicamente americano, il suo mondo è tutto “sincronico”, limitato al presente. Il concetto di “sinistra” può essere capito solo con un approccio “diacronico”, cioè storicizzante (“Storicizzare sempre!”, intima Fredric Jameson, con tanto di punto esclamativo, all’inizio del suo capolavoro L’inconscio politico). Un approccio che ne ripercorra la genealogia e le trasformazioni. “Sinistra” è qualcosa che discende i fili del tempo in un certo modo, viene da un certo posto nel passato dove si è lottato e vuole andare in un certo posto nel futuro dove si lotterà. ]

    Insomma, ci sono casi in cui il concetto di “sinistra” è criticato per la sua *insufficienza* da punti di vista che si sono formati nel phylum della sinistra rivoluzionaria.
    Un mio amico usava dire: “Io non sono di sinistra: sono comunista!”
    Quest’attitudine, però, non è in alcun modo riassumibile nella frase “Io non sono di destra né di sinistra”, che anzi, riassume l’attitudine contraria: chi la usa afferma di non porsi “né di qua né di là”, quindi afferma l’equivalenza e l’indistinguibilità tra diversi percorsi e diverse storie, e quindi “getta tutto nel mucchio”. Così fa scomparire il conflitto primario – quello che a cui i concetti di “destra” e “sinistra” continuano ad alludere, anche se più flebilmente che in passato, cioè la lotta di classe – in nome di surrogati, diversivi, conflitti sostitutivi, come quello tra la “ggente” e i “politici”.

  94. in realta’ la xenofobia non e’ “una risposta semplice a un problema difficile”. la xenofobia e’ proprio la chiave di volta dei rapporti di produzione in europa nel ventunesimo secolo. il ciclo e’ questo:

    leggi discriminatorie verso gli immigrati –> creazione di una classe di lavoratori ricattabili –> concorrenza al ribasso sul costo del lavoro –> peggioramento delle condizioni per tutti (compresi gli autoctoni) –> incazzatura degli autoctoni verso gli immigrati –> xenofobia –> leggi discriminatorie verso gli immigrati –> e si ricomincia da capo

    la xenofobia e’ il punto in cui si esercita la spinta che fa ripartire il ciclo. per rafforzare il sentimento xenofobo sono utili sia le campagne mediatiche su casi singoli (uno stupro) o collettivi (i tunisini a lampedusa), sia la cosiddetta “riscoperta delle tradizioni locali” (che nel 90% dei casi sono inventate di sana pianta).

    per spezzare il ciclo occorre agire dentro le istituzioni, per cambiare le leggi, e simultaneamente nei posti di lavoro, sui giornali, nei blog, in strada, dappertutto, per spiegare il meccanismo, ristabilire la verita’ del conflitto di classe, e modificare la percezione che gli italiani (gli europei) hanno dello straniero.

  95. utilissime le note di wm1 sul criptofascismo.
    A proposito di quanto siano periciolosi e di come succhino qualsiasi cosa avvenga, guardate Il Fatto Quotidiano come classifica l’insorgenza spagnola:
    http://www.ilfattoquotidiano.it/2011/05/18/democracia-real-anche-la-spagna-ha-i-suoi-grillini/111958/

  96. Il titolo del Fatto Quotidiano è obbrobrioso.

  97. Vi copio qui la mail di un’amica:

    ——

    Nel giornale Público c’è un articolo che tenta di “proporre” come modello agli Indignados il M5S di Grillo.

    La grande maggioranza dei commenti dice che:
    a) non hanno modelli ne sentono il bisogno, si bastano da soli
    b) i modelli sono l’Islanda e Nordafrica
    c) L’Italia ha smesso di essere un punto di riferimento tempo fa

    Los ‘indignados’ españoles tienen un modelo a seguir en Italia
    http://www.publico.es/internacional/376762/los-indignados-espanoles-tienen-un-modelo-a-seguir-en-italia

  98. e invece un mio amico – che oltretutto sta a barcelona – mi segnala questo…
    Beppe Grillo: Sono a Barcelona, in Plaza Catalunya, dove centinaia di giovani, qui come a Madrid e in altre città spagnole, stanno organizzando una protesta spontanea. “Democracia real ya!” è il loro motto. Già che ci sono spiego loro cosa abbiamo fatto in Italia col MoVimento 5 Stelle.

  99. Speriamo che in Spagna, forti della distanza (anche critica) e di una situazione non bloccata/plasmata dal berlusconismo, sappiano vedere il personaggio per quel che è.

  100. è una situazione paradossale.
    comunque dai, in spagna non hanno avuto il gabibbo :)

  101. ho appena letto il post di grillo intitolato “un clandestino e’ per sempre”. e’ molto interessante il modo in cui, partendo dalla denuncia dello sfruttamento di cui sono vittime gli irregolari, giunge alla conclusione che bisogna fare di piu’ per respingerli. parte da un elemento di verita’, che colpisce la sensibilita’ di chi in qualche angolo dell’ anima e’ capace di pensare pensieri di sinistra. ma poi salta tutti i passaggi intermedi del ciclo che ho descritto qui sopra, e crea un cortocircuito con l’ istinto animale di “difesa del territorio” che si trova in qualche altro angolo dell’ anima di quelle stesse persone. e’ *esattamente* la stessa cosa che fa la lega “sul territorio”: un’ operazione molto piu’ pericolosa dei comizi di borghezio con la bava alla bocca.

  102. un altro personaggio che si muove in modo simile a grillo e’ un certo eugenio benettazzo (quello del signoraggio e delle scie chimiche). leggete che roba:

    http://www.eugeniobenetazzo.com/razza_che_ramazza.htm

  103. Sull’assenza di democrazia interna al M5S e sul probabile pantano di contraddizioni in cui si troverà a breve, leggete qua:

    http://espresso.repubblica.it/dettaglio/grillini-prime-spaccature/2151562

  104. scopro adesso che benettazzo tiene una rubrica sul blog di beppe grillo.

    il prossimo sara’ david icke?

    http://it.wikipedia.org/wiki/David_Icke

  105. Prima di tutto, ringrazio WM1 per la risposta meravigliosa.
    Poi, riflettevo sulla questione criptofascismo & grillini.
    Qualche giorno fa, non so dove, vidi la presentazione che Grillo ha fatto a Milano, di Mattia Calise, con una spropositata insistenza (Ma che del resto faceva già da prima) sulla questione “Evviva i giovani! Votiamo i giovani!” ecc. ecc. ecc. Un mio amico lo ha definito “atteggiamento qualunquista”. A me, invece, peggioancora, ha ricordato e ricorda qualcosa tipo “Giovinezza al potere”. Fascismo. Neanche tanto cripto. (E poco fa mi hanno girato pure quest’altra bella roba qua: http://generazioneavversa.blogspot.com/2011/05/come-difendo-il-fascista-il-movimento-5.html )

    Questa questione, secondo me, è direttamente collegata sia a quello che diceva Adrianaaaaa (Non so se ci ho azzeccato col numero di A! :P) che alla questione “destra e sinistra”. Nel senso. Esiste, di fatto, l’esigenza di svecchiare la politica. Grillo, ultrasemplifica questa esigenza complicatissima e che merita una luuunga analisi, con il semplice svecchiamento anagrafico (E anche in questo caso, non riesco a capire se il richiamo di cui sopra al fascismo, sia una cosa voluta e -in un certo senso- “mascherata” o un processo involontario, onestamente).

    Veniamo alla questione “destra e sinistra” che come dicevo, secondo me, si ricollega alla questione dello “svecchiare la politica”.
    La domanda che mi faccio spesso è “Nel 2011, i concetti -storici- di destra e sinistra, sono ancora validi?”. La risposta (Magari sbagliata) che mi do è “Si, ma vanno riadattati”. Nel senso che, a livello partitico, i concetti di destra e sinistra sono praticamente inesistenti, se non addirittura capovolti, il modello “partitico” sta arrivando al collasso (o ci è già arrivato), quindi la sinistra, quella che bene o male intendiamo più o meno tutt* noi per sinistra a livello ideologico/culturale, è nel movimento e solo nel movimento. Dove per movimento, non si intende ovviamente il grillismo, che è una contraddizione in termini perchè parla di riappropriazione della politica e poi si basa sui diktat di un guru, di un singolo “accentratore”, ma i collettivi, l’associazionismo und similars. In Nordafrica, e adesso in Spagna, non mi pare che ci siano guru, ma collettivizzazione di movimenti (Con figure di riferimento, è chiaro, anzi è necessario, ma nessuna più significativa di un’altra, e comunque non accentratrici).

    Da noi, IMHO, se il movimento decide di invertire i passaggi, ovvero, si inserisce nel sistema politico PRIMA di lottare per cambiarlo, con l’idea stronzissima delle “Lotte dall’interno”, il movimento fallisce.

    (Scusate la lungaggine e scusate se in alcuni passaggi sono stata probabilmente poco comprensibile, ma la sinusite m’attanaglia! Baci :-*)

  106. Se non c’è differenza (percepita o reale che sia) tra destra e sinistra la colpa è essenzialmente della sinistra che ha inseguito quello che “voleva la gente” (è abbastanza qualunquistico come concetto?).
    Il tentativo di mettere tutti d’accordo da Fini a Vendola ha fatto sì che inseguendo la forma sia sparita la sostanza.
    La sinistra mi aspetterei che avesse come principi della propria azione di governo (o per lo meno delle proprie proposte politiche) la tutela delle scuola pubblica, dell’ambiente, della sanità pubblica, del lavoro (sicurezza & retribuzioni) più tutta una serie di altre cose.
    Se così non è, la colpa è della sinistra, non di Grillo.

  107. Un interessante intervista sulla Casaleggio Associati, la società di spin doctors che ha costruito l’immagine e la comunicazione di Beppe Grillo e del suo movimento.

    http://soundcloud.com/paolo-perini/chi-c-dietro-a-beppe-grillo-e?utm_source=soundcloud&utm_campaign=share&utm_medium=facebook&utm_content=http%3A%2F%2Fsoundcloud.com%2Fpaolo-perini%2Fchi-c-dietro-a-beppe-grillo-e

  108. @paco: qui nessuno dice che i partiti italiani di sinistra hanno fanno bene il loro mestiere e hanno ben rappresentato la sinistra. Finché Grillo chiama il PD “PDmenoL”, posso anche ridere e posso pure essere d’accordo. E’ quando dice “noi non siamo né di destra né di sinistra” oppure “destra e sinistra sono la stessa cosa” che sento scendere un brivido lungo la schiena.

  109. @ Eve B.

    La questione del giovanilismo a cui fai riferimento è particolarmente rilevante. L’argomentazione su cui Grillo ha incentrato quest’ultima campagna elettorale è sostanzialmente questa: io candido ventenni e trentenni “illibati”, che non si sono mai sporcati le mani con la politica, quindi chi li vota può stare certo di votare gente pulita, mentre degli altri c’è poco da fidarsi.
    Ora, la prima cosa che dovremmo chiederci è chi sono costoro e quale esperienza hanno. Non mi riferisco all’esperienza politica nelle amministrazioni o nei partiti (quella che si vantano di non avere), ma all’esperienza tout court: lavorativa, di lotta, di organizzazione dal basso dei movimenti, etc. Perché per fare qualunque cosa non basta essere “puliti”, bisogna anche saperla fare e avere idea del come. Le battaglie che Grillo ha fatto proprie (acqua, energia, rifiuti, costi della politica, etc.) sono di gran lunga pre-esistenti e indipendenti da lui e dal suo movimento e non mi sembra proprio che i candidati del M5S siano stati cercati nella galassia di chi le pratica da tempo. Il tratto generazionale ha prevalso su tutto. C’è gente in Italia che lotta da anni contro il nucleare e per le energie alternative; ci sono i comitati che hanno raccolto le firme per il referendum sull’acqua pubblica; le organizzazioni che hanno avviato la sensibilizzazione sull’uso della carta eco-sostenibile; così come ci sono i movimenti studenteschi e giovanili, i centri sociali, etc. che fanno da sempre politica dal basso a costo zero; e via dicendo. Ma non è con questi che Grillo dialoga, non gli interessa. La rappresentazione che fornisce, appunto, è quella della fantomatica e generica ggente contrapposta alla casta. Da detta ggente vengono pescati uomini nuovi, con zero esperienza, zero storia, e zero idee chiare (il candidato bolognese del M5S non sapeva nemmeno chi fosse stato il sindaco Dozza, cosa che sa perfino uno studente fuorisede). E se anche potessimo essere certi che questi uomini nuovi non si lasceranno “corrompere” dalla politica, di sicuro non sappiamo quale visione generale delle cose del mondo li accompagna, e se ne hanno davvero una. Se a questo si aggiungono l’oscillazione del leader su materie come l’immigrazione, il suo silenzio su questioni epocali come le politiche del lavoro, o le problematiche di genere, che pure attraversano il paese in maniera pesante, e ancora l’equazione indifferenzialista tra destra e sinistra, be’, il margine di incertezza e ambiguità risulta evidente.

  110. @WM2
    Sia chiaro che la mia non era una attestazione di stima nei confronti di Grillo e nel M5S, quanto piuttosto una considerazione in merito al fatto che sta mettendo il dito nella piaga dei difetti della sinistra.
    Anche io ho pensato subito nel 2005, dall’epoca dei meet-up che desse risposte banali a problemi più complessi.
    @WM4
    Dire che non c’è differenza tra destra e sinistra è il marchio di fabbrica del qualunquismo.
    Siamo sicuri che non ci sia differenza, diciamo tra Vendola e Giovanardi?

  111. mi giungono pezzi di racconto dalla spagna. alcuni dicono che grillo sarebbe stato cacciato dall’agora di barcelona. altri suggeriscono per per le nostre piazze oggi grillo è come i fratelli musulmani per i ribelli egiziani: sta con te ma sai che è dannoso.
    a me pare evidente che grillo, e la struttura di marketing che gli sta dietro, ha lanciato una sfida di egemonia ai movimenti. andando a barcelona – e quindi cercando di far rappresentare dai media tricolori anche un moto non italiano come “grillino” – il capo-comico ha deciso di monopolizzare qualsiasi cosa avvenga nelle piazze e nelle strade.
    tutto ciò che protesta ma non gli appartiene è marginale e ideologico. così vorrebbe. neanche la nike o i jeans levis, che pure hanno mangiato la cultura di strada, avevano osato tanto. ma qui è ancora più grave: questo si propone come soggetto politico!!!

  112. Ragà,
    ma che aspettate?
    Perdonate l’insolenza, però so che qui siete in tante/i che venite a dare almeno un’occhiata, e non ce la faccio ad astenermi. Se vi muovete, grillo se lo porta via l’acqua in cinque minuti. E mica solo lui.
    Fatemi capire: c’avete paura che siete pochi? che non vi viene dietro nessuno? ve lo giuro, non esiste.
    E poi, anche se fosse? che cambia, che c’avete da perdere? ricominciate pari pari da dove stavate prima, ma con un po’ d’orgoglio in più.
    Guardate che basta uno. Fidatevi.
    Dite che uno è poco? che da solo s’annoia?
    Ok, avete ragione. Due allora, fate una telefonata. Una sola.
    Mo’ ci sono pure le belle giornate, fa caldo.
    Basta un materassino. Un sacco a pelo. ‘Na canadese, se siete fidanzati.
    Battezzate uno slargo, una piazzetta qualunque in centro della vostra città.
    C’andate, v’accomodate, e scrivete a pennarello sopra un cartoncino: Rimango un po’ qui.
    Se s’avvicina qualcuno e chiede: Quanto? potete rispondere: non lo so, non ho ancora deciso. Però per adesso sto qua. Anche perchè non ho alternative. Anche perchè m’hanno messo nella merda, e non m’hanno manco avvertito.
    Pensate che debba essere una grossa organizzazione a lanciare questo segnale? una struttura già forte e organizzata a fissare l’ora X?
    vi giuro che vi sbagliate. non è mai stato così. Mai.
    Sono sempre arrivati dopo. Sempre, da quando i movimenti sociali esistono.
    I movimenti cominciano sempre da uno. Più uno.
    Non bisogna chiedere il permesso a chicchessia.
    Portatevi un cuscino. Un libro. ‘Na bottiglietta d’acqua.
    Non vi serve altro.
    Lo so. V’hanno convinto che è inutile. Che non serve a un cazzo. Sono balle. Puttanate, perchè hanno paura. Proprio di voi.
    E se anche solo vi servisse a sentirvi un po’ meglio?
    Dài. C’è il sole, fa caldo. state un po’ all’aria aperta.
    Sì, un parco sarebbe meglio ma non è il caso.
    Serve una piazzetta in centro, dove passa un po’ di gente.
    Poi, se per caso qualcuno venisse a farvi compagnia, se vi doveste all’improvviso trovare un po’ stretti, vi spostate in una piazzetta più grande.
    E’ una cosa tranquilla, non vi preoccupate. Non c’è bisogno che preparate grandi discorsi. Semmai, sempre a pennarello su piccoli cartelli ci potete mettere: mi sento solo. cerco amici. venite a farmi compagnia. rimaniamo un po’ qui a parlare dei problemi che c’abbiamo. vediamo di risolvere qualcosa insieme.
    Guardate fuori dalla finestra. Non c’è motivo di rimanere chiusi.
    Io vi vengo a fare visita di sicuro.
    Così mi consolate un po’.
    L.

  113. A mio avviso sarebbe carino applicare le categorie che Eco, in un articolo miracolosamente chiaro, illustra come tipiche del fascismo. L’articolo si chiama “fascismo eterno”, è leggibile qui:
    http://www.megachip.info/modules.php?name=Sections&op=printpage&artid=41
    Sarebbe decisamente interessante applicare ai grillini queste osservazioni. Da molto tempo sostengo che i commenti sotto i video di Grillo sono fascistoidi. E l’ho forse già lasciato scritto in giro per il sito dei wu ming, ma questo non importa poi granché ai fini dell’analisi. A mio parere sarebbe bene comprendere che il modo in cui viene inquadrato l’attivista grillino, e l’articolo di Eco fornisce un bel punto di partenza!

  114. a questo punto potrebbe essere utile fare un elenco degli argomenti portati da grillo a sostegno delle sue posizioni xenofobe, e smontarli uno ad uno:

    provo a buttare giu’ qualche appunto:

    1) l’ italia e’ un paese sovrappopolato e non puo’ permettersi di ospitare nessuno. falso: i dati demografici dimostrano che senza gli immigrati la popolazione sarebbe in calo, e concentrata nella fascia di eta’ over 50, con effetti immaginabili sul sistema previdenziale.

    2) non possiamo permetterci di mantenerli. falso. o meglio, doppiamente falso, nel senso che la falsita’ non sta nel “non possiamo permetterci”, ma nel “mantenerli”. i dati macroeconomici dimostrano che gli immigrati sono l’ 8% della popolazione, e producono il 10% del pil (fonte: sole24ore). chi mantiene chi?

    3) la presenza di clandestini e’ causata dalle politiche troppo liberali. falso: la presenza di clandestini e’ causata dalle politiche troppo restrittive, che non permettono agli immigrati di entrare nel paese e cercare un lavoro in modo legale.

    4) le politiche liberali favoriscono la lega. falso. sono le politiche restrittive e securitarie a favorire la lega, perche’ da un lato sdoganano un certo modo di pensare, dall’ altro spingono fuori dalla legalita’ molte persone, esasperando e talvolta creando dal nulla situazioni di conflitto.

  115. Stamattina, su una radio bolognese, Radio Città del Capo, ascoltavo un’analisi dei flussi di voto.
    Pare che a Bologna i grillini abbiano pescato soprattutto tra gli elettori giovani del PD delusi. In effetti, se ci pensiamo, l’elettorato più giovane del PD bolognese non è abituato a lottare, ha sempre avuto la pappa pronta e al massimo è sceso in piazza per gli appuntamenti comandati del partito o del sindacato. Le esperienze di autorganizzazione sono sempre nate a sinistra del partitone e gli elettori bolognesi le hanno sempre guardate con diffidenza. Del resto non voterebbero nemmeno per i comunisti della Federazione della Sinistra, perché li associano al vecchio, al passato, etc. Dopo Cofferati, dopo Delbono, dopo Consorte, dopo anni di merda ingurgitata, arriva Grillo con la sua pseudo-autorganizzazione, con l’incazzo ostentato contro la casta, etc., e i candidati con le facce pulite. I “sinistrati” più giovani abboccano. O meglio, vengono tentati, perché in realtà hanno forti resistenze culturali ad affidarsi a un comico. Se in realtà si manifesta una formazione politica di sinistra dall’aspetto nuovo, post-moderno – vedi SEL – la tendenza rallenta e si inverte. Pare infatti – sempre a quanto dicevano alla radio – che il travaso di voti dal PD al M5S sia stato controbilanciato da un riflusso dal M5S alla lista Frascaroli appoggiata da SEL (che è soprattutto voto per Vendola, più che per la lista in sé). E questo spiega la parità raggiunta dalle due liste, che insieme raccolgono il 20% dei voti. Pare che SEL abbia recuperato voti anche dall’IdV, che infatti a Bologna ha floppato (c’è gente di sinistra che in passato aveva votato Di Pietro per protesta, ma che non avrebbe mai abboccato all’esca di Grillo, e a ‘sto giro ha votato Vendola). Il dato importante è che tendenzialmente il voto bolognese ai grillini è voto “di sinistra”, ancorché malriposto, confuso, e annacquato di qualunquismo. Se ci aggiungiamo l’1,5% della FdS, abbiamo oltre un quinto dell’elettorato bolognese a sinistra del PD, anche se sparso attraverso liste inaggregabili. Ora c’è da sperare che questa tendenza venga letta correttamente e possa mettere in crisi la rincorsa verso il fantomatico “centro moderato”, che in realtà, in questi tempi di vacche magrissime e crack politico-istituzionale, è soltanto un punto geometrico astratto.

  116. @WM4
    Insomma sono elettori che si apettano che qualcuno dica qualcosa di sinistra.

  117. @ Paco
    Eh già… Del resto, come segnalava l’articolo de L’Espresso che linkavo ieri, se non già i militanti, almeno parecchi elettori del M5S ai ballottaggi voteranno per il centro-sinistra, disattendendo le indicazioni del guru. Per altro, il fatto che per Grillo il vero contendente di bacino elettorale sia SEL è dimostrato dai suoi reiterati quanto gratuiti attacchi a Vendola, cioè uno che guida una forza politica del 4%.
    Aggiungo che se, come auspica Luca qui sopra, in Italia si manifestasse un movimento sociale vero, come sta accadendo in Spagna, tanto per dire, sul modello maghrebino, lo pseudo-movimento di Grillo sparirebbe in un quarto d’ora. Quando nell’autunno-inverno scorso a tenere banco erano gli operai della FIOM, gli studenti anti-Gelmini, o le donne, il M5S è rimasto oscurato e soprattutto afasico, perché su certe questioni, che hanno più direttamente a che fare con i rapporti di lavoro, di genere, le prospettive di vita, Grillo non può pronunciarsi, non ha nulla da dire.

  118. @WM4
    Un paio di considerazioni.
    La prima: così come al primo turno, anche al ballottaggio si domostrerà che i voti non sono di proprietà di nessuno. O almeno non tutti e se lo sono in minima parte. Non ci sono più apparati di partito in grado di andare a prendere a casa gli elettori per portarli al seggio. Quello che succederà sarà che a vincere sarà lo sfinimento e molti voteranno contro Berlusconi. Qualunque sia il suo candidato.
    La seconda: la macelleria sociale di 3 anni di governo, se non una reazione, ha creato una nuova classe proletaria. E’ quella che subisce i tagli (asili, scuole, università, sanità) e la crisi economica (perdita del lavoro, cassa integrazione, precariato). Questo non l’ha capito nemmeno la Lega che si meraviglia dei risultati. Dovrebbe chiedersi perchè quegli operai che l’avevano votata alle ultime elezioni perchè si erano visti recapitare un CUD con tasse più alte dopo i provvedimenti del governo Prodi, ora dovrebbero farlo ancora. Forse che il tanto sbandierato federalismo ha portato meno tasse, più lavoro o stipendi più alti?
    Con un pizzico di marxismo è facile capire perchè il ceto medio non ha votato PDL e Lega, perchè non ha più la stessa consistenza numerica che aveva 3 anni fa.

  119. L’esegesi della retorica grillina è cosa buona e utile.
    Mi permetto però di insistere su un punto.
    Solo i movimenti reali lo spazzeranno via. La decostruzione pratica della sua lingua “da capo”, lo svergognamento della semantica semplicistica e “verticale” avrà luogo solo nelle strade.
    Quando gli verrà imposto di stare in piazza o in una discussione come qualsiasi altro, se ne ha voglia, e non sempre sopra un fottuto palco con un microfono, o di andarsene a fare in culo se non ne è capace.
    Solo questo interromperà l’incessante monologo ego-populista, e renderà ridicolo il suo brand come qualunque altro brand quando pretende di imporsi a ciò che in nessun caso gli appartiene.
    Altrimenti l’ambiguità continuerà a prolungarsi, sempre più perniciosa.
    L.

  120. Non avevo visto gli ultimi commenti di wm4 e paco.
    sarebbero bastati a rendere superfluo il mio.
    L.

  121. @ Luca:
    Il tuo commento di prima (Quello sullo scendere in piazza) è sacrosanto. Veramente sacrosanto.

  122. premetto che non vivo a bologna ma a milano e che sono stato fuori dall’italia tutti i 90’s un po’ degli zero. la mia impressione e’ che i voti di milano e bologna siano diametralmente opposti perche’ a bologna il voto a merola era comunque un voto conservatore al quale non esisteva una valida alternativa e li’ grillo ha avuto un grande successo come paladino dell’antipolitica mentre a milano pisapia e’ riuscito a coinvolgere moltissime persone rispetto al passato. Per assurdo a bologna e’ stato piu’ evidente il processo di privatizzazione della politica mentre a milano e’ quasi resuscitato un effetto partecipativo in queste votazioni e grillo ha preso solo il 3 %.
    Detto questo secondo me grillo e’un sottoprodotto della privatizzazione della vita politica e in molti casi e’ alternativo solo all’astensione e alla scheda bianca. E sono d’accordissimo con @luca nell’affermare come l’esegesi della retorica grillina sia utilissima per analizzare le cazzate madornali, che spesso grillo propugna, come democrazia che viene dal basso. l’analisi di @tuco sulla xenofobia sarebbe da insegnare nelle scuole imho.

  123. Ciao,
    sembra che qualcuno sia dello stesso parere di luca:
    su twitter si sta diffondendo l’#italianrevolution

    Sembra sia partito dalla Spagna come invito a tutti i paesi europei e al mondo intero giustamente :-)

    molti sono i ? che accompagnano i tweet, ma ci sono già appuntamenti in diverse piazze d’italia e il web 2.0 facilita l’organizzazione (non linko chiaramente nessuna pagina fb, ma anche lì c’è già movimento)
    Qui c’è anche un msg di Anonimous: http://anonops-ita.blogspot.com/2011/05/condividete-questo-messaggio.html?spref=tw

  124. http://www.enricoberlinguer.it/qualcosadisinistra/?p=3638

    Grillo con entusiasmo si paragona alla Lega prima maniera, quella dove Bossi sembrava uno statista, che però poi si è spaparanzato sui soldi (ah, allora è quello che rende pericolosa in Italia la Lega, i soldi).
    Sulla candidatura di Calise a Milano (basta che siano ziovani) tradisce uno dei suoi semplici e appetibili slogan da stadio: deve abitare dove si presenta.

  125. Sull’#italianrevolution qualcuno su twitter ha già osservato che in Spagna prima vanno in strada e poi inventano l’hashtag, qua da noi prima si fa l’hashtag e poi nulla…
    Sul nulla non siamo sicuri ancora, ma c’è comunque da riflettere…

  126. Mah, sarà stato un refuso. Perchè all’epoca bossi sembrava forse più uno stagista. Ma vabbè, non stiamo a sottilizzare.
    Aggiungo una cosa.
    Non è necessario il numero legale. Non bisogna contarsi prima su twitter, o su quel cazzo di fb. Anzi.
    Si può arrivare alla spicciolata. belli tranquilli, che non si deve fare a pacche con nessuno. saccapelomuniti, un bel sorriso stampato in faccia, e una bella idea in testa. Mo’ mi prendo un po’ di vacanza. Come diceva un bellissimo post poco addietro: un tempo diverso.
    Quello che non funziona più è il corteo, la manifestazione old-style. Concentramento alle 16.00, percorso…. e a casa.
    I cordoni, lo striscione, gli sbirri, la baruffa…no, no. E permettetemi, pure il flash mob, la biciclettata, e la gita al centro commerciale.
    Qua non è più questione di sensibilizzare.
    E non c’è più un quadro condiviso, nè di regole nè di vita.
    Che è appunto da ricreare.
    E per farlo c’è bisogno di cambiare passo. E Tempo.
    E dunque bisogna raccogliere le disponibilità, le attenzioni, quando e dove e come è possibile per ciascuno.
    Bisogna occupare in permanenza lo spazio pubblico, e fisico, perchè chiunque venga quando può, e si informi e porti il proprio contributo. Bisogna che ragazzi/e dormano per terra in strada perchè anziani/e vadano a trovarli di giorno e gli portino un panino una coperta o un libro, e poi tornino a casa sereni. E così una maestra delle elementari, o un impiegato, che va tranquillo al lavoro e sa che siete lì, e dopo passa, viene a informarsi, a fare due chiacchiere. A rincuorarsi un po’.
    La piattaforma è una sola. La convivenza civile. La fine di un potere troglodita e gutturale. La fine del nemico alle porte. La fine dell’inganno economicista.
    Della solitudine.
    L.

  127. Brava sweepsy. non avevo visto.
    L.

  128. @luca e @sweepsy
    Forse il tono leggero del mio commento non lo faceva trasparire, ma sono molto scettico anche io.
    Non solo sembra la solita convocazione, il solito sciopero del venerdì (cazzo ma uno sciopero di martedì !!!???) come dice luca, ma da proprio l’idea dell’appuntamento fighetto e trendy (dai facciamo come in europa), nei luoghi e negli orari dell’aperitivo milano style.

    Poi forse la vedo così perchè sono cinico, ho poca fiducia, la conosco la nostra situazione, la malinconia (cit.) che ci fa trascinare le gambe. Hai voglia ad accendere la carbonella con tutta quella legna annacquata (cazzo una metafora liquida !!!), magari questo è solo un altro fiammifero che si spegne o magari servirà ad asciugare un altro pò all’aria e al sole della piazza, prima che finisca per marcire del tutto.

    I modi non non sembrano quelli giusti e spesso questo basta per finire nel posto sbagliato, però non è detto :-)

  129. Luca, ri-amen! Veramente ri-amen. Condivido parola per parola.

    Quanto alla questione #italianrevolution, un po’ di riflessioni maturate stamattina. Da una parte, quella “criticista” condivido in pieno quello che dice Sweepsy, e mi spaventa il fatto che girava la voce che come primo punto del manifesto volevano mettere “Mandiamo via Berlusconi”. Na roba da popolo viola che mi ha fatto venire un’amarezza immane, na roba da “Italietta confinata e confinante” pure nell’eventuale “idea rivoluzionaria”, tra molte virgolette.

    Dall’altra parte, però. A) Secondo me, già che se ne parli, è una gran cosa. e B) Mi stanno TERRIBILMENTE sulle ovaie quelli (Anche gente vicina ai movimenti) con cui sto parlando di questa cosa e mi rispondono “Eh, io sono disilluso, in Italia tanto la gente non si sveglierà mai e non farà mai niente”. Per tornare al discorso di Luca, dannazione, se continuiamo a ragionare con l’ottica che “La gente non fa niente”, a partire con lo scoraggione, è ovvio che non si faccia niente. La gente siamo noi. La chiave sta nel “Fare, o aspettare che qualcun altro, la fantomatica gente faccia e aggregarsi? (E poi lamentarsi se il fantomatico qualcun altro non fa)”.

    Vediamo se resta solo su Twitter o meno. Però, a non farlo restare solo su Twitter, proviamoci noi per primi, no?

  130. @ pipcoman
    Non è questione di farsi chissà quali illusioni, secondo me. Nel suggerimento di Luca non ve n’è alcuna.
    Anche in Spagna le proteste sono all’insegna dell’antipolitica, che poi non è altro che la crisi della rappresentanza. “Non ci rappresentate”, dice il loro slogan. Ed è chiaro che anche senza guru e grilli parlanti di mezzo, la piega che può prendere un’iniziativa del genere non è prevedibile. Ma in questo momento io non me la sento di stare troppo a sottilizzare, sinceramente. Siamo già al grado zero della politica, siamo alla pre-politica o alla paleo-politica e muovere il culo è comunque meglio che lasciarsi morire. Non ho idea se il terreno in Italia sia fertile per un evento generalizzato di quel tipo, però se qualcuno sta proponendo di provarci, starei a vedere cosa succede prima di sputarci sopra. Qui a Bologna credo che si stiano dando appuntamento per domani sera in Piazza Nettuno… Vediamo.

  131. @ EveB.
    ci siamo incrociati, dicendo cose molto simili.

  132. Ucci ucci, sento forte odor – absit iniuria, ovviamente – di popolo viola, Mascia, comitati BoBi etc. etc.
    E l’odore di Grillo già si sentiva :-(

    Mi auspico davvero che #italianrevolution non sia solo un nuovo nickname per la solita solfa che va avanti da anni, e non sia solo una vetrina per gli stessi tre o quattro leader e leaderini, perché così la catena scende subito… Una volta tanto, vorrei rimanere di stucco, essere sorpreso da qualcosa che trascende il tran tran di politica vs. antipolitica etc. Non il solito populismo che fa momentanea bella figura su Facebook e poi scompare, ma un Evento.

  133. Io ho trovato quest’articolo del fatto ( http://www.ilfattoquotidiano.it/2011/05/19/italian-revolution-e-la-primavera-europea/112311/ ) che dice che le iniziative partono dai siti del popolo viola, ma non so se sia la verità o se stiano semplicemente cercando di metterci sopra il loro cappello.
    Ho letto le rivendicazioni dei ragazzi in spagna, e hanno in effetti a che fare solo con il problema della rappresentanza. Però si tirano in ballo BCE, FMI, Commissione europea e via dicendo. Siamo ad anni luce da “Abbasso la Casta”, “mandiamo via Berlusconi” e “viva Travaglio”, mi sembra.

    Detto questo, quoto in pieno tutto quello che hanno detto Luca, Eve B e Wu Ming 4.

  134. scusate se riporto ancora alcuni dati pallosi (poi la smetto, a questo punto mi trovo piuttosto ot). ho letto sulla colonnina dei tweet qui a fianco alcune considerazioni sul fatto se l’ italia sia sovrappopolata o meno, questione sollevata da grillo. grillo fa il confronto con la francia. perche’ la francia? perche’ gli serve a confermare le sue affermazioni. se avesse preso come termine di paragone la germania, il suo discorso sarebbe saltato. su wikipedia si trovano questi dati:

    germania: 80milioni su 255mila kmq, cioe’ 225ab/kmq
    italia: 60milioni su 300mila kmq, cioe’ 200ab/kmq

    (il giappone ha 343 ab/kmq)

    provate ad andare su google maps, scegliete l’ opzione “satellite”, togliete le etichette, prendete un punto a caso in italia, e ingrandite: a parte le conurbazioni di roma, milano, napoli, firenze e poche altre, e la galassia della pianura veneta, vi accorgerete che l’ italia e’ piena di spazio libero.
    si puo’ obiettare che il territorio italiano e’ montuoso, mentre quello tedesco e’ pianeggiante. pero’ al giorno d’ oggi ci sarebbe la possibilita’ concreta di “ripopolare” la collina e la montagna, senza costringere all’ isolamento e alla miseria chi vi abita. si tratta di scelte politiche di gestione del territorio (non nel senso leghista) e di modello di sviluppo. di queste cose si discute molto qui a trieste, ora che la caduta dei confini ha posto in termini nuovi il problema del rapporto tra la citta’ e il suo hinterland (e i veti degli opposti nazionalismi hanno impedito che in 20 anni si costruisse un collegamento ferroviario di 5km per unire trieste a koper/capodistria).

  135. mi siedo nello stesso cerchio di EveB, Luca, Adrianaaa e WM4, andrò a vedere che succede qui a Torino, ma nel frattempo ho visto questo: http://twitpic.com/4znj5i/full

  136. Si, la cosa puzza, ma con Wu Ming 4 mi unisco all’idea di non «stare troppo a sottilizzare, sinceramente».
    Che poi in queste cose si va sempre un po’ con l’accetta e si fa del nostro meglio per affinare la mira di chi colpisce a minchia.

    Mi piace che in un impeto internazionalista nei tweet spagnoli il tag #italianrevolution si accompagni a #spanishrevolution e #globalcamp.

  137. Tuco,
    uno spazio di sicuro spopolato si trova nella testa del famoso Marchese, stavolta non interpretato da sordi. i tre neuroni si sentono soli un casino, e pare che lì ci sia anche un gran freddo.
    Poi,
    sul senso di ragno e l’olfatto di wm1 direi che non ci sono dubbi, ed è chiaro che la cosa andrebbe aggirata per allagamento, per delegittamazione nei fatti a costoro di assumere qualunque delega, attraverso l’impedimento (questo sì legittimo!) a montare nessun fottuto palco.
    Nessun fottuto palco. Può sembrare una fisima mia, ma è importante, perchè senza il piedistallo molti stronzi se ne vanno via subito. che ci stanno a fare.
    In ogni caso è vero, che te lo dico a fare, l’inquinamento preventivo c’è, ed è anche questo che alimenta lo scetticismo.
    L.

  138. La pianto con metafore di legna bagnata che si asciuga, che tanto non sono capace e non non mi faccio capire.

    Non voglio passare per quello che è scettico a prescindere, tanti segnali mi portano a pensare male di questa mobilitazione (come anche di quella spagnola) , ma VOGLIO credere che possa invece servire a qualcosa o che possa essere contagiata da qualcosa di diverso da un movimento viola. Già il fatto che si sottolinea la fratellanza con gli avvenimenti tunisini, egiziani, spagnoli potrebbe limitare le tendenze xenofobe e favorire un sano internazionalismo.

    Quindi viva la worldrevolution, e come diceva mia nonna piutost che gnint l’è mei piutost

  139. Condivido pienamente Luca. Riprendendo le riflessioni sulla recente manifestazione no ponte a Messina faccio le stesse considerazioni. Bandiere si bandiere no, corteo, grande concerto e tutti a casa con la coscienza lavata. Lavata pure dalle idee e dalle proposte. Si era parlato di bloccare il giro d’Italia, azione eclatante e che magari avrebbe attirato l’attenzione, visto che un corteo decimato rispetto a 5 anni fa fa poca notizia (ancor meno di un corteo di 20000 persone, già poco interessante per un media mainstream) ma non si è fatto nulla. Perché la filosofia è esserci, come sempre, ricontarsi, possibilmente scoraggiarsi, rendendosi conto di essere sempre di meno e soprattutto non disturbare. Io me ne sono andata neanche finito il corteo perché ho visto quel che dovevo vedere, ho tastato il polso della gente (cogli amici del M5s si faceva volantinaggio sui referendum nelle adiacenze del corteo) e ho raccolto le mie conclusioni. Il ponte se non si fa non sarà merito nostro. Io a bloccare il giro ci stavo, pure alle cariche e a tutto quello che avrebbe comportato. D’altronde le trivelle continuano a spuntare e nessuno va a disturbarli. Suppongo che la prossima manifestazione la si farà ad agosto, giusto per confermare il trend negativo.

    Scusate, probabilmente ho divagato…

  140. forse sono ingenuo, ma condividendo la fisima di Luca ho twittato questo:
    #italianrevolution non andiamo in piazza come pubblico. Non montiamo palcoscenici. Non ascoltiamo comizi. Conosciamoci e parliamo.

  141. pipco,
    che te devo dì? sei il mio twitterman di fiducia!
    L.

  142. [scusate se lo posto qui, spero di non sviare troppo l’attenzione dalla discussione. se non è il posto giusto cancellatelo pure o copiatelo da un’altra parte. adesso vado in plaça catalunya… :-) ]

    On 15thMay 2011, around 150,000 people took to the streets in 60 Spanish towns and cities to demand “Real Democracy Now”, marching under the slogan “We are not commodities in the hands of bankers and politicians”. The protest was organised through web-based social networks without the involvement of any major unions or political parties. At the end of the march some people decided to stay the night at the Puerta del Sol in Madrid. They were forcefully evacuated by the police in the early hours of the morning. This, in turn, generated a mass call for everyone to occupy his or her local squares that thousands all over Spain took up. As we write, 65 public squares are being occupied, with support protests taking place in Spanish Embassies from Buenos Aires to Vienna and, indeed, London. You probably have not have read about it in the British press, but it is certainly happening. Try #spanishrevolution, #yeswecamp,#nonosvamosor #acampadasolon Twitter and see for yourself. What follows is a text by Emmanuel Rodríguez and Tomás Herreros from the Spanish collectiveUniversidad Nómada.

    IT’S THE REAL DEMOCRACY, STUPID

    15THMay, from Outrage to Hope

    There is no doubt that Sunday 15thMay 2011 has come to mark a turning point: from the web to the street, from conversations around the kitchen table to mass mobilisations, but more than anything else, from outrage to hope. Tens of thousands of people, ordinary citizens responding to a call that started and spread on the internet, have taken the streets with a clear and promising demand: they want a real democracy, a democracy no longer tailored to the greed of the few, but to the needs of the people. They have been unequivocal in their denunciation of a political class that, since the beginning of the crisis, has run the country by turning away from them and obeying the dictates of the euphemistically called “markets”.

    We will have to watch over the next weeks and months to see how this demand for real democracy nowtakes shape and develops. But everything seems to point to a movement that will grow even stronger. The clearest sign of its future strength comes from the taking over of public squares and the impromptu camping sites that have appeared in pretty much every major Spanish town and city. Today––four days after the first march––social networks are bursting with support for the movement, a virtual support that is bolstered by its resonance in the streets and squares. While forecasting where this will take us is still too difficult, it is already possible to advance some questions thatthis movementhas put on the table.

    Firstly, the criticisms that have been raised by the 15thMay Movement are spot on. A growing sector of the population is outraged by parliamentary politics as we have come to known them, as our political parties are implementing it today––by making the weakest sectors of society pay for the crisis. In the last few years we have witnessed with a growing sense of disbelief how the big banks received millions in bail-outs, while cuts in social provision, brutal assaults on basic rights and covert privatisations ate away at an already skeletal Spanish welfare state. Today, none doubts that these politics are a danger to our present and our immediate future. This outrage is made even more explicit when it is confronted by the cowardice of politicians, unable to put an end to the rule of the financial world. Where did all those promises to give capitalism a human face made in the wake of the sub-prime crisis go? What happened to the idea of abolishing tax havens? What became of the proclamation that the financial system would be brought under control? What of the plans to tax speculative gains and the promise to stop tax benefits for the highest earners?

    Secondly, the 15thMay Movement is a lot more than a warning to the so-called Left. It is possible (in fact it is quite probable) that on 22ndMay, when local and regional elections take place in Spain, the left will suffer a catastrophic defeat. If that were the case, it would be only be a preamble to what would happen in the general elections. What can be said today without hesitation is that the institutional left (parties and major unions) is the target of a generalised political disaffection due to its sheer inability come up with novel solutions to this crisis. This is where the two-fold explanation of its predicted electoral defeat lies. On the one hand, its policies are unable to step outside a completely tendentious way of reading the crisis that, to this day, accepts that the problem lies in the scarcity of our resources. Let’s say it loud and clear: no such a problem exists, there is no lack of resources, the real problem is the extremely uneven way in which wealth is distributed, and financial “discipline” is making this problem even more acute every passing day. Where are the infinite benefits of the real estate bubble today? Where are the returns of such ridiculous projects as the airports in Castellón or Lleida, to name but a few? Who is benefiting from the gigantic mountain of debt crippling so many families and individuals? The institutional left has been unable to stand on the side of, and work with, the many emerging movements that are calling for freedom and democracy. Who can forgive Zapatero’s words when the proposal to accept the dación de pago1was rejected by parliament on the basis that it could “jeopardise the solvency of the Spanish financial system”? Who was he addressing with these words? The millions of people enslaved by their mortgages or the interests of major banks? And what can we say of their indecent law of intellectual property, the infamous Ley Sinde? Was he standing with those who have given shape to the web or with those who plan to make money out of it, as if culture was just another commodity? If the institutional left continues to ignore social movements, if it refuses to break away from a script written by the financial and economic elites and fails to come out with a plan B that could lead us out of the crisis, it will stay in opposition for a very long time. There is no time for more deferrals: either they change or they will lose whatever social legitimation they still have to represent the values they claim to stand for.

    Thirdly, the 15thMay Movement reveals that far from being the passive agents that so many analysts take them to be, citizens have been able to organise themselves in the midst of a profound crisis of political representation and institutional abandonment. The new generations have learnt how to shape the web, creating new ways of “being together”, without taking recourse to ideological clichés, armed with a savvy pragmatism, escaping from pre-conceived political categories and big bureaucratic apparatuses. We are witnessing the emergence of new “majority minorities” that demand democracy in the face of a war “of all against all” and the idiotic atomisation promoted by neoliberalism, one that demands social rights against the logic of privatisation and cuts imposed by the economical powers. And it is quite possible that at this juncture old political goals will be of little or no use. Hoping for an impossible return to the fold of Estate, or aiming for full employment––like the whole spectrum of the Spanish parliamentary left seems to be doing––is a pointless task. Reinventing democracy requires, at the very least, pointing to new ways of distributing wealth, to citizenship rights for all regardless of where they were born (something in keeping with this globalised times), to the defence of common goods (environmental resources, yes, but also knowledge, education, the internet and health) and to different forms of self-governance that can leave behind the corruption of current ones.

    Finally, it is important to remember that the 15thMay Movement is linked to a wider current of European protests triggered as a reaction to so-called “austerity” measures. These protests are shaking up the desert of the real, leaving behind the image of a formless and silent mass of European citizens that so befits the interests of political and economical elites. We are talking here of campaigns like the British UKUncutagainst Cameron’s policies, of the mass mobilisations of Geraçao a Rascain Portugal, or indeed of what took place in Iceland after the people decided not to bail out the bankers. And, of course, inspiration is found above all in the Arab Uprising, the democratic revolts in Egypt and Tunisia who managed to overthrow their corrupt leaders.

    Needless to say, we have no idea what the ultimate fate of the 15thMay Movement will be. But we can definitely state something at this stage, now we have at least two different routes out of this crisis: implementing yet more cuts or constructing a real democracy. We know what the first one has delivered so far: not only has it failed to bring back any semblance of economic “normality”, it has created an atmosphere of “everyman for himself”, a war of all against all. The second one promises an absolute and constituent democracy, all we can say about it is that it has just begun and that is starting to lay down its path. But the choice seems clear to us, it is down this path that we would like to go.

    Tomás Herreros and Emmanuel Rodríguez (Universidad Nómada)

    (hurriedly translated by Yaiza Hernández Velázquez)

    please feel free to distribute, copy, quote…

    1 Dation in payment or datio in solutionem, the possibility of handing in the keys to a property in lieu of paying the debt accrued on its mortgage.

  143. E’ un tentativo di chiarirmi le idee, quindi scusatemi l’eventuale confusione.

    Fino a ieri noi abbiamo parlato dei mali del berlusconismo, e dei danni che nella fase post saremo costretti a subire. C’è una cosa però che queste elezioni ci segnalano, cosa peraltro non scontata:
    – la Lega, anche nei territori, paga pesantemente il suo appoggio a B.

    La Lega, come partito, ha un limite enorme: la sua territorialità. E’ un partito che s’è dato dei confini precisi, lasciamo stare che in un modo o nell’altro dal punto di vista geografico questi confini li abbia travalicati (per dire, la Toscana era meridione, secondo i Padani di un paio di anni fa). Inoltre, anche i suoi principali argomenti sono estremamente limitati, fondamentalmente a due:
    – sicurezza/immigrazione
    – economia del nord (con manifesto disinteresse e sprezzo per quella del sud)

    Qualche tempo fa, qui su Giap, leggevo un commento che parlava della cultura creata dalla Lega: non mi aveva trovato d’accordo poichè, riflettendoci, la cultura che aveva creato la Lega, principalmente nei suoi primi anni di vita, è andata via via perdendosi: i riti celtici e la contestuale anticlericità, l’antipolitica del suo “Roma Ladrona”, e anche il concetto di Padania stato indipendente. Al giorno d’oggi la Lega è ardentemente cattolica, sta al governo ed è decisa a non mollarlo, ed ha ripiegato sul più morbido concetto di “federalismo fiscale” al posto dell’indipendenza dei popoli Padani. Il resto, la violenza contro gli immigrati, la violenza verbale e la volgarità , la volontà di rivalsa dei dialetti sulla lingua italiana sono cose che esistevano già prima (sono, i primi, retaggi di una certa destra), solo che, come qualcuno ha detto qui, c’era chi, anni fa, queste cose le teneva a freno: il segretario di sezione del Pci, il prete, la vergogna per non sapere l’italiano. Quando questi freni son venuti meno, la Lega ha saputo infilarsi nei vuoti culturali: Veneto e Lombardia, dove c’era la Dc, e,un pelo più sotto, dove c’era il Pci, con la rinuncia a fare cultura da parte dei suoi eredi, cavalcando qualcosa che già c’era ed esasperandoli, facendone gli argomenti cardine della propria politica.

    Da quando Fini ha abbandonato il carro di B. la Lega non solo è diventata, politicamente, il parente più stretto del Pres. del Cons. ma, per farlo, ha anche dovuto scendere ai compromessi più inaccettabili, perdendo di vista quegli elementi di identità che l’avevano resa forte. Che con questo sperassero di poter superare proprio quei limiti territoriali e identitari questo non lo so, può essere, di certo però han perso tra i loro.
    Se fosse vero l’assunto per cui la Lega paga il suo legame con B. gli scenari possibili sono due: o gli rimane attaccata, e quindi si gioca tutto ciò che l’ha resa forte, perché gli interessi di B. e di quel tipo di destra non sono gli stessi della destra che rappresenta(va) la Lega, oppure lo scarica e rimane sola. Sola perché nessuno nel centro destra che non sia il PdL la vuole, vuoi per concorrenza, vuoi per linguaggi diversi, vuoi per interessi diversi (l’industria deve comunque potersi vedere sempre a tutti, e i brutti, e i volgari, non fanno al caso suo). L’isolamento politico produrrebbe anche un isolamento culturale, cultura che se fosse quella della prima Lega avrebbe le possibilità per sopravvivere, ma, avendola oggi sconfessata quasi completamente, e avendone adottata una generalmente di destra, non sarebbe credibile se provasse a riproporla. Sempre dando per vere queste cose, se la Lega rimane da sola, e non può più riproporsi per quel movimento “rivoluzionario”, indipendentista e “anti casta” che era prima, non avrebbe più motivo per esistere, perché non sarebbe nulla di diverso dal PdL. Sto dicendo che la Lega rischia di sparire a breve?. Non esattamente. Penso solo si sia infilata in un vicolo cieco.

    Però c’è uno scenario che mi inquieta.

    Posto che il leghismo esiste diffusamente in tutta Italia, da molto prima della Lega, e ora non ha più motivo di celarsi, poiché quel tipo di cultura è stata al governo del paese, se venisse meno la Lega qualcuno dovrebbe farsene carico. Non che non ci sia chi già parla o agisce così, anche a sinistra, solo che quel determinato slang era un prodotto a marchio registrato, e non replicabile, dal quale in caso si poteva prendere le distanze perché “è una posizione della lega”, anche se con la Lega ti dividi il governo del paese. Nel momento in cui si dovesse cogliere quella eredità, siamo sicuri che solo i partiti di destra vorranno partecipare all’asta?. Perché a “sinistra” si son già ampiamente dimostrati pronti e vogliosi di esibirsi in atteggiamenti che nulla hanno a che fare con quelli che per noi sono valori di buon senso e di civiltà. Difficile pensare che sparita la Lega sparisca quella scia di odio che si porta dietro: molto più semplice, elettoralmente parlando, coglierla e al limite rabbonirla (vedi Bersani un paio di mesi fa). Il che mi porta a preoccuparmi anche per il post Bossismo, quello delle cannonate alle barche degli immigrati, degli autobus con i posti per gli italiani, dei licenziamenti per gli immigrati in favore del posto salvo per i cittadini etc etc… Tutte cose che esistono da tempo, ma che da tempo non si erano identificate in percentuali a doppia cifra, parlamentari e ministri. In definitiva, mi preoccupa che la Lega istituzionale, che dimentica il dio Po ma che dirige la politica del paese, non possa aver fatto da apristrada per una destra molto più razzista, imbarbarita e violenta di quella che c’è ora. Più di così, mi direte. Sì, molto più di così, temo.

  144. Scusatemi se ho virato sulla Lega, ma il commento mi ha preso un po’ di tempo ed ho perso di vista la discssione…

  145. Credo che dovremmo seguire (non è necessario fare il tifo) quello che succede a Milano. Ci sono sufficienti possibilità di un flop della retorica “zingari+islam+comunisti”. A quanto sembra, non sono capaci di usarne un’altra, e quindi tuoneranno per 10 gg contro zingaropoli, i terroristi, gli islamici in piazza Duomo, ecc. Nulla di nuovo. Se non ché: stavolta forse non funziona. E allora bisognerà capire cosa ha reso inefficace la loro retorica verbale e iconica (un esempio: http://2.bp.blogspot.com/-_2Ww7fLEYGQ/TcBYFu4WFgI/AAAAAAAAD0o/Dutyq5x_dLQ/s1600/Mai-piu.jpg). Sono dieci gg da seguire con la matita in mano e il tacquino nella tasca della vestaglia. E poi mettersi al lavoro. Hai visto mai?

  146. @Girolamo & Francesco
    E’ in Marx, bellezze, in cui si trovano le risposte!
    :)

  147. @Girolamo
    Per altro Magdi Allam si è candidato con l’UDC…

  148. @ Wu Ming 1

    Un’autoconvocazione spontanea di questo tipo, oggi in Italia, si trova per forza di cose costretta allo slalom tra grilli e violette. Ed è vero che potrebbe trovarsi un bel cappellone in testa, sufficiente a soffocarla. Ma questo potrebbe dipendere anche da chi andrà effettivamente in piazza e con quali contenuti.
    In Spagna, dove il problema di partiti antipolitica e anticasta non è probabilmente così grosso, la situazione si profila diversamente. Diffidenza nei confronti di organizzazioni sindacali e partiti, nonché della Chiesa, trapela senz’altro dai loro comunicati, ma questo non è già sufficiente a mio avviso per bollarli di qualunquismo o generalismo.

    Si dà il caso che proprio oggi mia madre sia volata a Madrid in vacanza e che il suo albergo si trovi… in Puerta del Sol. Ecco cosa vede dalla finestra: “La piazza è piena di giovani che hanno allestito un grande tendone. Ci sono cartelli dappertutto per il lavoro, l’istruzione, contro il potere delle banche.”
    Non mi sembrano rivendicazioni contro una generica casta di politicanti: lavoro, istruzione, banche…

    Un amico che sta a Granada, all’autoconvocazione in Plaza del Carmen (col sacco a pelo), mi spedisce i principi base che sono stati fissati dall’assemblea permanente. Tra questi leggo:

    “L’assemblea si dichiara asindacalista, apartitica e areligiosa. Non si esclude che le persone partecipanti all’assemblea possano essere affini a queste organizzazioni. Tuttavia, questo movimento è al di fuori di queste e per tanto è totalmente indipendente. Ad ogni mondo le persone che si organizzano attraverso associazioni sono invitate a partecipare; però in nessun caso il movimento sarà uno spazio di divulgazione e promozione di questi gruppi cittadini, bensì un punto di incontro per poter canalizzare la nostra indignazione e una forma di autorganizzazione sociale. In nessun caso vogliamo sigle, bandiere o leadership di organizzazioni all’interno di questo movimento.”

    Da noi un approccio del genere – naif finché vogliamo – toglierebbe già ogni visibilità a movimenti che fanno riferimento a formazioni politiche, come il popolo viola e i grillini, o per lo meno alla loro simbologia e ai loro leader carismatici. Insomma niente palchi.

  149. @Paco
    Sì, ecco, immaginavo che non sarei stato molto chiaro, sopratutto sul dove volevo andare a parare. Innanzitutto mi interessava vedere se c’è chi ha pensato, come me, che la Lega si sia tagliata le gambe e rischi il tracollo politico nemmeno tra troppo tempo. Mi è venuto il dubbio che possa essere una sontuosa stronzata. Eppoi sulla destra che verrà, quella che non è più An, non potrà essere il PdL, ma qualcosa dovrà pur essere.

  150. @Francesco
    Non volevo sminuire i contenuti del tuo intervento, volevo solo dire che la Lega ha mosso da una richiesta di migliori condizioni economiche provenienti dal territorio e a queste richieste non sta dando risposte, perchè non era possibile mantenere quello che è stato promesso.
    Marx docet.

  151. Io continuo a pensare che se l’uomo e il partito si indentificano in maniera inscindibile, vedi Vendola, Di Pietro, Berlusconi e Grillo questo è il sintomo di un’organizzazione democratica minata nella sostanza, la personalizzazione della politica in un protagonismo divistico è il segnale di una sconfitta che alimenta solo la politica della delega. A Bologna, Frascaroli aveva necessariamente bisogno d’essere sponsorizzata per essere più credibile? Non è solo un gioco finalizzato alla costruzione di alleanze numeriche? Il discrimine fra la destra e la sinistra non passa anche attraverso il rifiuto di delegare ad altri la difesa dei propri diritti? Magari in Spagna ci stanno provando? Molto diverso da quello che dice Grillo.

  152. @ Paco
    Magdi Allam si è presentato con una sua propria lista sotto l’omrello dello slogan “Io amo l’Italia”: poi, ogni lista si chiamava, a seconda del luogo, “Io amo X Io amo l’Italia”. A Milano ha avuto circa 3.000 voti di lista (più di 1.000 preferenze personali), in un paese del brindisino, Oria, è addirittura il primo partito (ma ha vinto il centrosinistra).

  153. quello che sta succedendo in questo momento in spagna è semplicemente straordinario anche per chi è abituato a misurare le parole… ;-)

    la presunta indeterminazione e ingenuità nelle dichiarazioni e manifesti sono il forse il risultato della volontà di mettere insieme più forze possibili. cercare il minimo comun denominatore a parer mio non è mai una buona strategia, ma in questo caso viene accettata perché c’è una massa critica di migliaia di persone di diversissima provenienza che va in piazza, partecipa, assiste, porta cibo, fa la cacerolada puntuale alle 21 ogni sera, twitta, etc etc.

    le discussioni sui concetti e sulle parole da usare rimangono complicate, non è che all’improvviso le varie fazioni scompaiono, ma in questo momento si percepisce che i fatti sono più grandi delle singole posizioni.

    la grande domanda è: come si passerà alla seguente fase? cosa succederà dopo le elezioni di domenica? ma giustamente nessuno sembra porsi il problema adesso.

    forse è solo l’inizio, forse è solo un miraggio, ma quello che sta succedendo non potrà non avere conseguenze politiche, culturali (e narrative) ben oltre l’orizzonte elettorale di domenica…

    my 2 cents da barcelona…

  154. @ bani
    [ben ritrovato, compadre…],

    Credo che inevitabilmente si debba fare i conti con un tratto distintivo degli anni che viviamo. In un’accezione negativa possiamo definire questo tratto “antipolitica”, in un’accezione più complessa “crisi della rappresentanza”. Esiste una diffidenza diffusa – in certi casi rozza e qualunquista, in altri più motivata dall’esperienza diretta, ovvero dal fallimento storico di certe esperienze – nei confronti delle organizzazioni strutturate, siano esse partiti, sindacati et similia. Questa cosa attraversa tutte le società occidentali. Dieci anni fa il movimento altermondialista si confrontava già in parte con questa crisi, che però non era ancora progredita fino al punto attuale. Non si vietavano bandiere e sigle, ma si immaginavano “cornici” aperte che potessero tenere nello stesso contesto organizzazioni e pratiche diverse. Si ricorreva spesso allo schema delle “piazze tematiche”, ad esempio, riempibili con modalità e contenuti differenti, pur all’interno di un contesto condiviso. Già allora era il movimento a segnare il passo, mentre partiti e sindacati si aggregavano.
    Il tempo è passato, la situazione oggi è molto diversa: in mezzo c’è stata una crisi economica e sociale con pochi precedenti, nonché la dissoluzione del movimento che fu, in parte dovuta proprio al riemergere delle rivalità e dei tatticismi tra le varie anime del movimento stesso. Da un lato la tentazione qualunquista è fortissima e si declina in modi diversi, pescando a destra e a sinistra (lo dicevamo in questo thread), dall’altro non possiamo fingere che una certa diffidenza non abbia le sue ragioni, soprattutto se, appunto, consideriamo come si conclusero le esperienze di dieci anni fa.
    Tutto questo per dire che una certa “paranoia” anti-politicista va messa nel conto, occorre confrontarsi con essa, non la si può semplicemente snobbare o bollare di manicheismo.
    Forse c’è un dato che possiamo tenere se non già come dirimente, almeno come interessante rispetto a quanto accade in Spagna: l’assenza di leader, capipopolo, guru, proprietari di brand politici. L’orizzontalità, quella che nei comunicati dei manifestanti leggiamo come “democrazia reale”, è senz’altro un principio difficilmente declinabile a destra. Non è impossibile, certo: basti pensare alla pseudo-orizzontalità di Google, della rivoluzione telematica, che comunque avviene sotto l’egida di quello che è un colosso economico. Ma se invece parliamo di orizzontalità reale, appunto, allora il campo è aperto, e rimane indisponibile a uomini del destino, unti dal signore, o grandi timonieri del network. Il terreno rimane scivoloso, ma non è detto che non si possa attrezzare una slitta per trovare una direzione, cioè, come dici tu, per passare alla fase seguente.
    Staremo a vedere. Bella sfida, comunque andrà a finire.

  155. @bani @Wu Ming 4

    credo che la “discriminante” sia un’altra, e che attraversi in diagonale quella che state descrivendo.

    Nemmeno io mi sento rappresentato da nessuno. E penso pure io – da almeno vent’anni – che la forma-partito sia oggi pressoché inservibile. Inoltre, penso che quello parlamentare non sia il terreno da praticare strategicamente. Tutt’al più tatticamente. “Idealmente” e sulla lunga distanza, penso che il parlamentarismo sia un’opzione da superare. Quindi non ho problemi se qualcuno diffida di tutti questi strumenti e contesti. Anzi. Diffidare sempre, e al massimo, previa verifica, dare credito. Ma dopo.

    No, secondo me la discriminante è: pensare che “i politici” siano il primo bersaglio (la “casta” etc.), oppure pensare che “i politici” oggi contino in realtà poco e che il problema sia, in ultima istanza, il modo di produzione.

    Qui in Italia, negli ultimi anni, abbiamo visto movimenti tutti focalizzati sulla “disonestà dei politicanti”, sui privilegi della casta etc. Per carità, tutti problemi veri. Ma sono falsi bersagli, nel momento in cui le decisioni sull’economia non vengono prese a Roma. E i movimenti che si concentrano a lungo su falsi bersagli fomentano il qualunquismo. E danno luogo a un “falso evento” dopo l’altro.

    In Spagna, nel grande (generoso, inclusivo e apparentemente naif) cocktail di questa mobilitazione, come facevano notare Bani e Adrianaaa, io vedo comunque qualcosa che “tocca il reale”. Vedo una contestazione del sistema nel suo complesso. Vedo la dichiarazione dell’inaccettabilità dell’orrore economico. Non c’è solo la tiritera sulla “legalità”, sui corrotti… C’è *anche* quella, ma in un contesto che mi sembra non la isoli.

    L’esperienza del “filo-zapatismo” europeo ci ha dimostrato che non si può *traslare* un’esperienza di lotta (e proporne tale e quale la retorica) in un contesto nazionale diverso. Si può prendere ispirazione, questo sì. Ma se pensiamo che da oggi possiamo riempire le piazze italiane *nello stesso modo* in cui le occupano gli spagnoli, e nel far questo non avremo il problema del qualunquismo, io temo che ci stiamo illudendo. “Fare come in Spagna” deve essere una scintilla in cerca della polveriera, non un’indicazione da prendere alla lettera.

  156. Immagino una cosa.
    Per adesso sarà una Babele. E credo sia giusto.
    Sebbene le urgenze sarebbero/sono tante, anche se è comprensibile il bisogno serrato di definire meglio un orizzonte, di tratteggiare qualche straccio di risposta a bisogni sempre più reali e concreti.
    C’è forse però un’esigenza, addirittura inconscia, che precede, prelude.
    Quella di scongelare, fondere corpi. E appunto, come qui si è detto più volte, sganciare il Tempo dagli orologi attuali.
    Se così fosse, si avrebbe innanzitutto il dovere di non essere ansiogeni. Di non sovraccaricare subito con agende non proponibili, non commestibili.
    Time will tell.
    Si dovrebbe accettare questo semplice assunto, se possibile con gioia. Con la minor nevrosi di cui si è capaci.
    Già questo è compito per niente facile.
    C’è una poesia che mi si è inchiodata nella testa da quando un fratello di recente ce l’ha messa.
    Il verso più breve e meraviglioso ed esaustivo che si possa concepire.
    “Io. Noi.”
    Palindromo perfetto. Un intero universo racchiuso dentro cinque lettere. Istante puro. Durata infinita.
    Ecco. Penso che questa semplice condizione, primordiale, originaria, sia diventata la più difficile, da pensare e da declinare. Da respirare.
    E senza questa non c’è politica, non c’è comunità.
    Ne abbiamo già viste tante, lo so.
    Sono vecchio per queste stronzate, mi ripetevo già dieci anni fa in mezzo a fumi che non mi hanno più abbandonato. Assumendo sembianze di fantasmi.
    Eppure.
    Mi toccherà di nuovo rivolgermi a Walt Kowalsky.
    Per vedere se ha un consiglio da darmi.
    L.

  157. “Ma se pensiamo che da oggi possiamo riempire le piazze italiane *nello stesso modo* in cui le occupano gli spagnoli, e nel far questo non avremo il problema del qualunquismo, io temo che ci stiamo illudendo.”
    Concordo. Visto il mio scarso spagnolo e non riuscendo a cogliere dalle “spiegazioni” della rete italiana le ragioni delle proteste spagnole e le richieste avanzate da quelle piazze, ho indagato chiedendo a chi conosce Spagna e spagnoli meglio di me scoprendo che non sono semplici slogan quelli che riempiono le piazze ma richieste specifiche di riforme su temi in dettaglio (riforme sui temi del lavoro, contestazione del sistema economico-bancario, etc etc… parole che in Italia son ritenute “estremismo di sinistra”). Il fatto che questo in realtà nel blaterare in rete rispetto a eventuali #italianrevolution non traspiri minimamente è sintomo che il rischio di qualunquismo non è poi così remoto. (E il Popolo Viola docet…) La Spagna è poi una democrazia che ha circa la metà degli anni della nostra. E qualcosa vuol dire, perché forse il legame tra memoria e coscienza produce definizioni e pretese diverse… (la consapevolezza di avere un sogno collettivo che ha ancora il potere di stare in piedi, a differenza del nostro che forse è appena in fase di reinventazione, nel bene e nel male…).
    Pane al pane vino al vino: qua i giovani (e neanche troppo) manco sanno pensare di poter pretendere un salario minimo garantito che altrove c’è…

  158. vi sto leggendo con enorme attenzione, e trovo molto importanti le cose che state scrivendo perché – al di là della solidarietà con chi è in piazza in Spagna in queste ore – sono analisi e prospettive che in questo periodo mi toccano da vicino.
    Dove lavoro (gruppo editoriale medio-piccolo) non ci sono mai stati i sindacati e la gestione è sempre stata paternalistico/padronale anche grazie alla nicchia che ci si era ricavati (e che consentiva – quando venivano fatti – buoni bilanci, tranquillità per lavorare, ecc.). Ora però (e dicendo “ora” intendo un periodo di circa un decennio) le nicchie, nell’editoria, non sono riserve naturali dove gli uccelli cinguettano e il vento carezza le foglie e i prati, ma oscuri budelli senza aria dai quali è doveroso, necessario, uscire. Quindi, brave persone messe lì anche – diciamo – “a caso” si trovano a dover affrontare una grave crisi, e hanno intenzione di farlo senza sacrificare posti di lavoro ma con strumenti operativi e capacità personali a dir poco precari e incompleti.
    Noi lavoratori, dunque, abbiamo timidamente cominciato a parlare, a confrontarci, a discutere e valutare le scelte che man mano venivano fatte (e che ogni volta ci hanno costretto a transumanze di luoghi di lavoro, di contratti, di mansioni, e ora anche a “cessioni”…), auspicando un confronto serio con i nostri dirigenti. Dopo la prima fase, che aveva ancora l’aria di “pettegolezzi di corridoio”, “chiacchiere da bar”, abbiamo cominciato a ‘organizzarci’ e lo scoglio del qualunquismo, della paura, del quieto vivere ci si è subito parato davanti.
    Sappiamo che dobbiamo fare qualcosa, ma sentiamo che deve costruirsi dal basso e trovare – dopo – una formalizzazione. Ma non è facile, tra riconoscimento legale e voglia di orizzontalità, tra conservazione e slancio creativo/progressivo (come lavoratori siamo di sensibilità ed esperienze e culture molto differenti…).
    Per questo continuo a leggervi con attenzione, perché sono convinta che la strada giusta (non solo, genericamente, “in Italia”, “in Spagna”, ma “nel nostro gruppo editoriale”, “nella nostra fabbrica”, “nel nostro quartiere”, “nella nostra scuola”, “nel nostro negozio”, ecc.) sia costruire orizzontalmente dal basso con calma, ma dobbiamo, con gli altri che la pensano allo stesso modo, trovare il modo di spiegarlo, di farlo, di proporlo come modalità comune e usuale (come “habitus”, dicono i colti).

  159. @Wu Ming 1
    “In Spagna, nel grande (generoso, inclusivo e apparentemente naif) cocktail di questa mobilitazione io vedo comunque qualcosa che “tocca il reale”. Vedo una contestazione del sistema nel suo complesso. Vedo la dichiarazione dell’inaccettabilità dell’orrore economico. Non c’è solo la tiritera sulla “legalità”, sui corrotti… C’è *anche* quella, ma in un contesto che mi sembra non la isoli.”

    ho la stessa nettissima sensazione. ad ogni modo i messaggi che vengono dalle piazze sono complessi per chi ha voglia di cogliere la complessità. poi facendo zoom si possono certamente vedere messaggi molto più chiari che emrgeranno in un modo ancora difficile da prevedere.

    ma al di là della oggettiva moltiplicazione di parole chiave e slogan, c’è la netta volontà di arrivare prima o poi al cuore della questione. per dire, un tentativo di uso mediatico da parte del partito xenofobo catalano è stato stroncato immediatamente e i partiti stanno facendo una grande fatica a maneggiare questa barra radioattiva che si sono ritrovati nel giardino di casa… si stanno mettendo le tute e gli scafandri, il che li rende ancora più lenti e ridicoli.

  160. @ WM1
    Si, il vero bersaglio non è la corruzione nella politica, e non si deve mai alimentare la convinzione che siano tutti uguali, ma non è forse questa organizzazione verticistico- gerarchica speculare ad un modo di produzione identico nella forma e nella sostanza? Come fare rilevare queste somiglianze a chi solleva in maniera acritica una generalizzata e qualunquistica sofferenza, che è più il frutto di una malcelata e razzista intolleranza che di un ragionamento? Come alimentare nuove speranze e rendere credibili possibilità di reale cambiamento che noi tutti vogliamo? Come insinuare il sospetto di una possibile alternativa a questo grigiore parlamentare? Quest’ inverno con degli amici abbiamo partecipato alle assemblee alla facoltà di scienze politiche notando, con un certo disappunto, il rassegnato cinismo di alcuni studenti che contraddiceva ogni velleità rivoluzionaria espressa. Un omologazione mentale che non risparmia nessuno e che necessità di una capacità di comprensione infinita. Adesso vado ad attaccare sulla porta di casa le tue considerazioni sulle elezioni, quelle nella pagina precedente, spero che possano leggerle tutti, soprattutto le mie amiche vecchie fricchettone che ancora, con diligente impegno, vanno a votare il meno peggio.

  161. Concordo con bane è molto questione di fuoco di come si usa l’obbiettivo. Che mi sembra sia in parte quello che dicevate riguardo alle narrazioni tossiche degli eventi.

    Noi cerchiamo quello che vogliamo trovare, se cerchiamo antipolitica la troveremo (è anche normale, adesso in italia popolo viola grillini sono ben organizzati e hanno giornali visibilità) e questo anche in spagna. Ho visto un manifesto da puerta del sol che chiedeva nuova legge elettorale, via i condannati dal parlamento e sembrava proprio messo dal sor Beppe in persona. Quella foto è però stata fatta con uno zoom potente e la foto interpretata da me in Italia, guardandola come se fosse presa in una piazza di Roma e non a Madrid in un contesto diverso.

    Se cerchiamo rivendicazioni serie (nel senso della seconda opzione posta da wuming1) le troviamo sia in spagna che in italia.
    in spagna: tra le proposte di democracia real ya, si parla per esempio anche di riduzione dell’orario di lavoro, di sistema bancario

    in italia: dal manifesto (di anonymous e lanciato all’inizio delle convocazioni) che avevo postato nel mio primo commento (http://anonops-ita.blogspot.com/2011/05/condividete-questo-messaggio.html?spref=tw) dice espressamente tra l’altro “L’attuale funzionamento del nostro sistema di governo economico non riesce ad affrontare queste priorità e costituisce un ostacolo al progresso umano.”

    Si tratta di mettere a fuoco questi elementi positivi, chiarendo anche come si svolge in spagna l’occupazione della piazza (non è un corteo. La gente è accampata. Non ci sono palchi. ci sono assemblee). Proponendo argomenti terapeutici, come nel vostro ultimo tweet sull’appoggio allo sciopero della fame per la scuola.

  162. Insomma, qualcuno del blog parteciperà o no oggi? Io ci sarò, per vedere effettivamente che roba sarà e se necessario anche per far scendere dal trono eventuali violacei/grillini.

  163. quello delle banche e’ un terreno scivolosissimo, perche’, vista l’ impossibilita’ di capirci qualcosa per noi comuni mortali, e’ li’ che si concentrano la maggior parte delle teorie del complotto. e ad esempio il fatto che grillo abbia affidato una rubrica di economia a un complottista come benetazzo dovrebbe mettere un paio di dozzine di pulci nell’ orecchio a tutti i compagni che si sono fatti incantare dall’ ex-comico-che-non-fa-più-ridere.

    io di finanza non ci capisco un cazzo, ma se qualcuno mi viene a dire che l’ accumulo di capitale avviene grazie all’ emissione di carta moneta e non all’ espropriazione del lavoro, diciamo che non gli credo :)

  164. Mi sia concesso spendere qualche parola a favore della #spanishrevolution, tanto per allontanare eventuali scetticismi e/o imputazioni di qualunquismo o di superficiale anti-politicismo. Credo innanzitutto (almeno per quel che mi è sembrato di cogliere) che l’insofferenza nei confronti della casta politica espressa dai manifestanti spagnoli non è affatto rabbia fine a se stessa (come quella che dilaga dalle nostre parti), ma guarda ben oltre le singole figure degli uomini politici in quanti tali: non ci sono “personalismi” di sorta (e ciò non vale solo per quanto riguarda i bersagli della rivolta, ma anche in riferimento alle stesse modalità di organizzazione della protesta) e gli slogan non sono mai rivolti contro questo o quel politico, ma sempre contro i maggiori partiti, intesi come ingranaggi di un sistema più vasto, anelli di una catena che porta fino ai veri impositori dell’ordine corporativistico mondiale (banche, grandi corporazioni finanziarie, BCE, Banca Mondiale, FMI, e via dicendo). La critica che lì si rivolge al sistema politico nazionale prefigura dunque un netto atteggiamento di rifiuto nei confronti della disumanità di un sistema economico che si estende ben oltre i confini nazionali (qual è il sistema capitalistico nel suo complesso).
    Le proposte di Democrazia Real Ya, inoltre, (http://t.co/OCztO3o) mettono in primo piano questioni fondamentali (alcune delle quali nessuno esiterebbe a definire “di sinistra”) come la lotta alla disoccupazione (anche tramite una riduzione dell’orario lavorativo e la reintroduzione di una sorta di reddito minimo di cittadinanza), il diritto alla casa, incremento della spesa pubblica a favore della qualità dei servizi sociali (sanità, istruzione, etc.) – da perseguire anche con la drastica riduzione della spesa militare –, lotta alla precarietà e maggiori diritti e garanzie in ambito lavorativo e produttivo, la redistribuzione della ricchezza attraverso la tassazione dei grandi patrimoni, una più efficace regolamentazione delle grandi operazioni bancarie e finanziarie…
    Anticapitalismo, antimilitarismo, attenzione alle tematiche del lavoro, della produzione, del welfare… non sono sterile antipoliticismo, dunque. Fin dall’inizio, inoltre, la #spanishrevolution ha assunto i caratteri di una lotta genuinamente internazionalista: basti pensare agli espliciti richiami dei manifestanti alla primavera araba e alla facilità (fin troppa, in verità) con cui l’iniziativa si è estesa in altri paesi del continente europeo. Anche qui in Italia, dove il rischio di una monopolizzazione da parte di grillini e popolo viola è secondario rispetto a quello (già segnalato da WM1, e, a mio avviso, persino più grave del primo) di produrre una mera simulazione (in una versione indebolita e molto meno originale) di una lotta nata con caratteristiche proprie altrove…
    Ma staremo a vedere, sperando naturalmente per il meglio.

  165. La mia impressione è che oltre a una diversità evidente di contesto e storia politica tra Spagna e Italia, come è già stato fatto notare, ci sia anche un’altra cosa che rende difficile la “traducibilità” diretta di un’esperienza come quella. E’ l’organizzazione.
    Sbaglierò, ma faccio fatica a credere che questo evento spagnolo non sia stato preparato almeno nelle sue linee di fondo. La tempistica, innanzi tutto: avvento della bella stagione e imminenza delle elezioni amministrative (che qui invece ci sono già state); e anche una certa prontezza logistica: in Puerta del Sol ci sono tende e soprattutto un tendone che organizza la raccolta e distribuzione dei generi alimentari per chi decide di restare lì; ma anche i documenti prodotti, gli slogan, il brand #spanishrevolution.
    Qui in Italia la cosa si sta mettendo in piedi in maniera ovviamente più estemporanea ed è quindi facile che venga lanciata e cavalcata da movimenti e organizzazioni pre-esistenti che possono indirizzarla alla loro maniera. Insomma, le remore ci sono tutte, ma vamos a ver. Per rispondere a Straniero, dunque, io penso di fare un salto in Piazza del Nettuno, stasera, per capire com’è la mossa.

  166. @tuco
    se ti riferisci al mio commento:
    sistema bancario è inteso proprio nella sua accezione più semplice: insieme delle banche (basta erogazioni di soldi a fondo perduto, aumento delle tasse, restituzione o investimento sociale dei soldi statali) , non certo come sinonimo di signoraggio … ;-) (cmq puoi leggere tutte le proposte qui http://www.democraciarealya.es)

    Volevo solo sottolineare la presenza di elementi che vanno oltre la lotta alla casta politica, di un minimo di analisi delle cause profonde della crisi.

    Sinceramente per come la vedo io, a me basta che sia proposta la riduzione della giornata di lavoro.

    Questa, a mio parere, è ora la rivendicazione delle rivendicazioni, che può legare precari e non precari, che ha che fare con il nostro tempo di vita.

  167. @pipcoman

    no, non mi riferivo al tuo commento. il mio era un discorso generale. volevo solo sottolineare che non basta che uno si dichiari “nemico delle banche” perche’ lo si possa considerare “di sinistra”. bisognerebbe avere delle competenze tecniche per capire dove vuole andare a parare. il mio discorso voleva mettere in guardia un po’ tutti da chi eventualmente cercasse di salire sul famigerato palco, considerazione che peraltro mi pare ampiamente condivisa.

  168. Saremo in diversi a fare un salto per dare un’occhiata.
    Volevo far notare che a Bologna un “bivacco” è già in corso da qualche giorno, un’azione di lotta importante. In via Castagnoli, cioè in pieno centro (a due minuti dalle Due Torri), tanti genitori stanno facendo un presidio davanti all’Ufficio Scolastico – con tanto di sciopero della fame a staffetta! – per protestare contro i tagli alla scuola pubblica.
    http://bit.ly/ikC1Rs
    Quale miglior modo di partire, per una… #italianrevolution, se non unificando subito le lotte (y las acampadas) a partire da uno dei temi più strategici (quello del sapere, dell’istruzione, della conoscenza, dell’educazione) e da uno dei settori più sotto attacco da parte del governo e del capitale?
    Tra l’altro, se c’è un modo di liberare un movimento da ogni eventuale ipoteca “grillesca”, è proprio affrontando temi cruciali come questo, che portano a prendere posizione lungo direttrici diverse da quelle del neo-populismo, fuori dal semplicistico frame “onesti vs. disonesti”. Si veda ad esempio:
    http://www.bolognacittalibera.org/profiles/blogs/lascio-il-movimento-5-stelle?xg_source=activity

  169. Aggiungo che per il 26 maggio, sempre di fronte all’Ufficio Scolastico, le persone che stanno presidiando hanno organizzato un momento di “microfono aperto”, al quale noi WM (tra tanti) parteciperemo, portando un nostro contributo.

  170. @tuco
    ok perfettamente d’accordo.
    ciao

  171. Mi intrometto, non ho letto tutto, ma è solo per dare una testimonianza. Ieri ero in assemblea alla Plaza dell’Ayuntamiento. Ho partecipato a un gruppo che si chiamava “grupo propuestas”.
    La cosa che mi ha sorpreso è che non si parla mai di Zapatero o del PP, nelle assemblee non li ho mai sentiti nominare. Sono “i partiti”. Il nemico principale è il sistema in generale, vanno direttamente alla radice e senza fare tutti i passi che ci sono in mezzo.
    Da una parte questo è un problema, secondo me, perché si rischia di non leggere le contromisure che si stanno prendendo contro le manifestazioni. Dall’altra parte è una cosa enorme.
    Magmatica, complessa, difficile, ma assolutamente potente.
    E non c’è un’impostazione filosofica forte (quando in Italia affrontiamo questo tema, sentiamo l’esigenza di richiami che tolgano il velo di Maya-il berlusconismo- e ti dicano “ehi il problema sta sotto). Qui la situazione è evidente a tutti.
    Il fatto che a parlare di crisi, sotto elezioni, sia la destra (visto che deve vincere contro Zapatero, che invece stigmatizza la crisi) è forse la causa di tutto questo. Senza dimenticare la composizione precedente alla manifestazione. Dire “sono anti-sistema” è un modo di dire piuttosto comune.

  172. ancora 2 brevi commenti da barcelona, spero di non andare troppo in OT.

    – per chi mastica un po’ di catalano tra i commenti al post qui sotto ci si può fare una vaghissima idea del dibattito che c’è stato sull’utilizzare o meno l’espressione “critica al sistema economico attuale” vs. “anti-capitalismo” (una discussione simile è avvenuta per esempio attorno a “sistema democratico /attuale/rappresentativo/etc.”): http://acampadabcn.wordpress.com/2011/05/20/octaveta-cartell-per-divendres-i-dissabte-maxima-difusio/

    – sulla relazione fra lotte apparentemente diverse: a Barcelona sabato scorso grande manifestazione in difesa della sQuola e della sanità pubbliche (indetta dai sindacati). subito dietro gli ultras sindacali, orde di maestre, genitori e figli che mai avevano partecipato a una manifestazione (soprattutto un sabato mattina perfetto per andare in spiaggia). il giorno dopo: grande manifestazione di Democracia Real Ya e cominciano gli accampamenti. non c’è un legame diretto, per ora, ma la relazione emotiva e sociale è evidente.

  173. Pensavo di essere io il solito inguaribile pessimista, ma vedo che tutte le riserve e i distinguo che mi son passati per la mente in questi giorni sono ampiamente condivisi.

    Dall’ampiezza delle rivendicazioni spagnole (che non si limitano alle invettive contro la casta ma toccano un’ampia varietà di temi chiaramente collocabili “a sinistra”), fino ai dubbi sul fatto che le proteste madrilene siano nate “dal nulla”, passando per il timore che l’emulazione passiva, sull’onda dell’entusiasmo, finisca per agevolare la “cavalcata” da parte di forze preesistenti.

    Nella pagina facebook di Italianrevolution c’è davvero di tutto. Tra le note stonate, più d’una “incursione” dei signoraggisti, e qualcuno che propone addirittura di “copincollare” (parole testuali) il manifesto spagnolo tradotto in italiano. E, ovviamente, invettive a volontà contro Dell’Utri e la Casta.

    Questo culto dell’estemporaneità – che porta fra l’altro a mettere tra parentesi le lotte esistenti (come quella sulla scuola segnalata da WM) in nome di un’infatuazione per la novità completamente fine a se stessa – secondo me è pericoloso. Organizzarsi in modo orizzontale, a-gerarchico e in totale libertà rispetto a sigle preesistenti non vuol dire fare le cose dal nulla e alla cazzo…

  174. @ plv

    Sì, il discrimine è cogliere quello che “ci sta sotto” – l’elemento sistemico, economico, come ricordava WM1 -, ma questo non fa che rendere più evidente l’eccedenza della situazione italiana rispetto a quella spagnola. L’abbiamo detto mille volte: il problema non è il Cavaliere, ma il Cavallo. Tuttavia non possiamo non fare i conti con l’anomalia italica, cioè con il problema rappresentato dal Nano e dalla sua corte dei miracoli (in gran parte composta da fascisti e razzisti). Non è come essere stati governati otto anni dai socialisti spagnoli, per quanto del tutto organici alle ricette economiche della BM e della BCE. Come dire che forse per gli spagnoli è un po’ più semplice dire “PSOE = PP, il problema per noi è un altro”. In Italia abbiamo un problema in più, e anche se il discrimine è tra attaccarlo alla radice o attaccare l’epifenomeno, va detto che si tratta pur sempre di un epifenomeno peculiare (in Francia forse si approssimano un po’ più a noi, ma comunque nemmeno lì è proprio la stessa cosa).
    Infatti non mi pare che in Spagna siano sorti pseudo-movimenti come il Popolo Viola e i grillini. Questa differenza – cioè non essere reduci da quasi un ventennio di berlusconismo – rende il campo un po’ più sgombro e lascia al centro le rivendicazioni sociali concrete. Qua da noi c’è da fare un bello slalom.

    @ Don Cave
    Saggio, come al solito… ma spero di vederti stasera.

  175. Scusate se riscrivo, ma per dare un’idea:

    15.36 Valencia.- Los manifestantes, que han accedido al Banco de Valencia con las manos en alto al grito de “manos arriba, esto es una atraco”, se han sentado en el interior de la entidad bancaria coreando lemas como “si no los hemos votado ¿por qué mandan los bancos?”, “revolta social”, “para tanto chorizo no nos queda pan”, “no nos moverán”, “el capitalismo es corrupción” o “esta es la dictadura del burgués”.

    15:36 Valencia: i manifestanti che sono entrati nella Banca di Valencia con le mani alzate al grido “mani in alto questa è una rapina”, si sono seduti all’interno della banca cantando slogan come “se non abbiamo votato, perché comandano le banche?” “rivolta sociale”, “non hai tanto pane per così tanti salami”, “non ci sposteranno”, “il capitalismo è corruzione” o “questa è la dittatura del borghese”

  176. @ Wu Ming 4

    Ci puoi contare! ;-)

  177. non ho cose particolarmente intelligenti da dire, se non che seguo il dibattito: le cose che qui si stanno scrivendo sono fondamentali.
    Io dal canto mio sto spammando su twitter con hashtag #italianrevolution per richiamare l’attenzione dei partecipanti su una lotta che c’è già: quella al TAV, domani c’è una grande manifestazione in programma. La politica delle grandi opere è la stessa politica che smantella lo stato sociale.
    Anche all’interno del movimento No Tav ci sono grillini e popolani viola, come è presumo ce ne saranno stasera nelle piazze, ma se gli si lascia campo libero ci saranno solo loro. Presidiamo i territori e gli immaginari: questo è l’invito che mi sento in cuore in questo momento.

  178. Quando Grillo dice che destra e sinistra sono uguali, non mi fido, ma se in piazza in Spagna dicono qualcosa di simile (che sono contro tutti i partiti) allora cerco di capire se c’è un altro senso.
    La considerazione che mi viene da fare, in positivo, è che non abbiamo bisogno di partiti se questi non sono in grado di risolvere i problemi delle persone.
    In questo senso destra e sinistra sono uguali, non nella qualità delle persone, non nelle idee, ma per il fatto che stanno all’interno di uno stesso sistema, che giocano con le stesse regole, senza che nessuno dei due (ca va sans dire, che mi interessa poi solo che lo faccia la sinistra) le metta in discussione.
    Io ho conosciuto un PCI che lasciava ai deputati uno stipendio da operai, mentre il resto andava al Partito. Questo era un modo per rompere le regole, per comportarsi diversamente dagli altri.
    In questo senso (anzi, anche in questo senso) vorrei che la sinistra si differenziasse dalla destra.

  179. I grillini, o i “viola” (come ieri i “girotondini”) sembrano “IL” movimento perché le televisioni li rappresentano come tale. E li rappresentano comer tale perché, alla lunga, sono innocui. I movimenti in difesa della scuola, quando non riescono a bucare il muro di gomma dell’informazione (vedi le manifestazioni di dicembre, il movimento/manumento, ecc.) non apapiono più di tanto, se non in coda, o nella pagina regionale. Persino quando, come nelel manifestazioni del 12 marzo in difesa della scuola e della costituzione, sono loro a riempire buona parte delle piazze che altrimenti sarebbero rimaste semi-vuote.
    Però.
    A Milano, e nel milanese (come in molti altri luoghi), iniziative come quella in corso a Bologna che segnala WM1 ce ne sono state a decine: basta scorrere il sito di ReteScuole (http://www.retescuole.net/index_html). Io stesso, tra Milano, hinterland e circondario, sono passato dalla Stazione Centrale col mio libro sulla scuola in mano per 7 volte negli ultimi 6 mesi.
    Tutto questo non avrà fatto il botto: ma ha contribuito, eccome, al risultato elettorale. Controprova: date un’occhiata ai comuni della provincia milanese. Ovunque il centrodestra è costretto al ballottaggio, con netti spostamenti di voti. Non si tratta solo dei limiti umani e politici di m.me Moratti: c’è un picoclo, ma costante movimento in difesa della scuola che ha eroso, giorno per giorno, voti e consensi. Il video di una balbettante Moratti fischiata dai disabili e dai loro familiari mentre cercava di vendere loro la Fontana di Trevi (http://www.youtube.com/watch?v=HBeV7sx58Sc), in una città nella quale i genitori sono tornati a fare la fila di notte alla vigilia delle iscrizioni alle elementari, non ha bisogno di commenti.

  180. @ filosottile

    Ho guardato il video. Grillo senza un pubblico di fan sembra piuttosto spaesato. In Plaza Catalunya parla con una sola persona, non prova nemmeno a spiccicare una parola di castigliano e mi sembra che si guardi bene dal dire che in Italia ha fondato un partito politico. Senza un palco è un pesce fuor d’acqua come tanti.

  181. @ wm4
    il problemi è che qua in Italia tanti pesci sono pronti ad abboccare al suo amo.
    A proposito del “compito” di sgamare i cripto fascisti a dispetto do di ciò che dicono di sé: Grillo se ci fate caso cammina come Diego Abatantuono quando recita la parte del milanese arrivista. (cfr la prima mezz’ora di Puerto Escondido)

  182. scusate l’italiano parabolico ma son di frettissima…

  183. Forse, a questo punto, una piccola riflessione sugli strumenti è necessario farla.
    Io, per dire, sono un fiero anti fb, ma sarà perchè sono vecchio, e sono problemi miei. Per me lì il problema è la cornice, quella cazzo di bacheca, che irrigidisce la lingua, e alla fine parlano tutti uguale. E quel cazzo di ‘mi piace’, che proprio non lo sopporto. La mia sensazione è che fb parli sempre e solo di sè stesso. Vabbè.
    Twitter invece ha una flessibilità molto più grande, una capacità linguistica molto più aperta e una naturale dimensione di sponda verso altri linguaggi, rimando continuo etc.. Insomma. Mi piace (che cazzata).
    Ma non è questo che volevo dire, e la mia più che rozza analisi sarà smentita travolta corretta da altri con ben altre capacità e cognizioni.
    Ciò a cui penso è la messa in relazione tra le migliaia di tweet, persone in gamba mi dicono nell’ordine di una media di un tweet ogni due/tre secondi, delle ultime 36 ore e il circa niente che ieri ho visto in piazza.
    Prima cosa: non sono affatto deluso. non m’aspettavo la revolucion, non speravo di incontrare camilo cienfuegos in tuta d’aviatore e farmi portare da lui a sorvolare la Sierra.
    Seconda: si tratta solo della banale considerazione di un’ambivalenza di taluni strumenti, che in un luogo e contesto fungono da potentissimo amplificatore e moltiplicatore, e in un altro possono addirittura rivelarsi un tappo, una specie di bidone aspirattutto che catalizza e assorbe energie fino ad esaurirle.
    Strumenti appunto. in fondo, come dicevo, banalità.
    Con un coltello taglio il pane, mi nutro, ne faccio un uso che mi tiene in vita. E col medesimo ci sgozzo il vicino di casa che teneva la musica troppo alta. E’ scontato, intuitivo.
    Il punto che mi chiedo è: nel caso dei suddetti strumenti, questa grammatica elementare ci è altrettanto nota?
    Lo capiamo davvero che twitter non è il mondo, ma una sintesi tecno-comunicativa di esso, e che il mondo per agirlo ci richiede una partecipazione fisica, di qualunque tipo essa sia?
    Non lo so, forse rompo i coglioni e basta e accetto ogni spernacchiamento di così rozze riflessioni. E’ solo l’interrogarsi problematico su se per caso non ci stiano saltando, o siano già saltate, delle sinapsi. Dei punti, fisici, di connessione cerebrale che poi riverberano dritti dritti nella mente. Prima individuale e poi collettiva.
    Seppellitemi di improperi. Oppure anche ignoratemi.
    Tanto vi voglio bene lo stesso.
    L.

  184. @tutti

    Il video di BG è tristissimo, con lui che cerca di dare parole d’ordine al ragazzo con cui parla… (Bypassare!!).

    Parlando con un militante 5stelle di Napoli mi colpiva la sua prospettiva, diametralmente opposta a quella di Monica nell’articolo di commiato dal movimento (linkato sopra).

    Insomma, il mio amico mi parlava del “peso Grillo”, come personaggio scomodo per il movimento reale, e di una sua tolleranza per la sua mediaticità di cui non era (ancora!!!) possibile fare a meno. Il movimento sarebbe cresciuto una volta abbandonato sto padre putativo e le sue, spesso imbarazzanti, esternazioni…
    Insomma, Grillo sarebbe un “banalizzatore” che non detta la linea, una specie di voce nel deserto che urla mentre la strategia è discussa nel tempio… (un grande classico…)

    personalmente, mi chiedo come questa situazione di stallo reggerà al tempo e alla progressiva emancipazione e presa di esperienza politica dei vari militanti eletti… nuove personalità stanno già nascendo, nomi che lentamente passano da bocca a bocca, creando piccole leggende… penso a questo Favia…
    vi immaginate? un bello split: da una parte fedelissimi “grillini duri&puri” e dall’altra parte gli ennesimi “responsabili” di turno…

  185. @lorenzo
    se la “Nuova Speranza Bianca” e’ Favia, allora brrrrr :-[

  186. @WM1

    eh lo so, ma mi sa proprio che è così… prima consigliere comunale, adesso regionale, è voce autorevole (alter-ego o nemesis di quella nel deserto?) sulla stampa, da santoro, c’ha pure un blog sul fatto!

    Mi fa sempre sorridere pensare a mia nonna, il mio vero barometro politico.
    Traiettoria politica abbastanza comune qui al nord-est, compresa la forclusione del comunitarismo rurale della sua infanzia: DC – B. – LEGA, sinceramente favorevole a Beppe Grillo, soprattutto sui richiami “de panza” sul taglio degli stipendi della classe politica come misura principe di una buona gestione statale, aka Equità.
    Un giorno mi dice “Certo che dobbiamo riconoscere che l’unico che effettivamente voleva abbassare i costi della politica è stato B., con la sua idea di ridurre il numero delle sanguisughe in parlamento”. Intendeva il presidenzialismo a camera unica.
    e allora le dico, “a sto punto, tagliamoli tutti, ne teniamo uno solo che sbrighi le cose così paghiamo di meno e stiamo sicuri che non passan tutto sto tempo a litigare…”

    Mia nonna mi guarda senza rispondere, con gli occhi stupiti e un po’ increduli di chi si vede svelata una grande verità a portata di mano.
    Ma la mano, che pensa, lentamente si ritrae e si appoggia sul petto, a sentire il battito irregolare del cuore, a difenderlo.

  187. Dunque, notiziola. Standard&Poor’s ha appena virato l’outlook dell’italia su “Negativo”, per i titoli del debito.
    Insieme al default già annunciato della grecia, e quello altrettanto imminente dell’irlanda.
    Se gli spread sui tassi d’interesse dei titoli di stato cominciano a salire un po’ ‘out of control’, per via di giochini speculativi con i quali si guadagnano mappate di milioni con pochi click, il paese va in bancarotta in un quarto d’ora.
    Mi sa che grillo ce lo dimentichiamo in fretta.
    Il meteorologo consiglia: indossare lo scafandro.
    Da lunedì, immersioni.
    L.

  188. Sono pienamente d’accordo con le considerazioni di luca su FB, che tra l’altro contribuisce a livellare sullo stesso piano i contenuti: se nel flusso della bacheca si susseguono appelli alla mobilitazione, commenti sull’ultimo matrimonio reale, considerazioni sui risultati elettorali, le foto dei propri gatti e cani, il rischio è che si percepisca un tutto indistinto in cui tutto si annulla.

    Più che essere saltate, alcune sinapsi semplicemente non conoscono la direzione verso cui instradarsi: la rete modifica il nostro modo di pensare (banalità) e io sento in me e nelle persone che ho intorno (soprattutto quelle che hanno lavori precari cognitivi che li inchiodano la maggior parte del tempo al pc) un tentativo costante di integrare questo essere-in-rete con l’essere fisico, spaziale e geografico necessario per creare quei punti fisici di connessione cerebrale di cui parla luca che sono fondamentali perché il pensiero si trasformi in azione. In rete (appunto), mi sono trovato a leggere e seguire diversi interventi su questi temi: Facebook e i Signori Grigi (di Raimo), http://bit.ly/mm8DGe, Lamentazioni di una social-patica, http://bit.ly/l6Lh2s, Psicopatologia della rete quotidiana (di Luca Giudici, ho solo link FB, purtroppo: https://www.facebook.com/note.php?note_id=10150167303633452). E’ qualcosa di sentito, ma come venirne a capo, secondo me, è ancora difficile da capire.

    Quanto a ieri sera a Bologna, sono passato anche se un po’ tardi (poco dopo le 22) rispetto all’appuntamento: mi è sembrata più che altro un momento di solidarietà degli studenti spagnoli in Italia con i loro connazionali in patria, (oltre che l’occasione per una bevuta in compagnia). L’impressione è che i movimenti dal basso in Italia stiano altrove, come ricordavate anche voi Wu Ming questa mattina su Twitter.

  189. Su “clicktivism” e #italianrevolution

    Lorenzo parlava di forclusione e della nonna, Luca di strumenti digitali sociali e connessioni cerebrali saltate, Wu Ming 1 qui e altrove del padre reale/simbolico/immaginario, Wu Ming 4 sulle differenze di percorso, poi il «culto dell’estemporaneità» di Don Cave… e altri.

    Scusate, forse mi infilo in un pippone intellettuale, ma io ci vedo un filo semantico unico.
    Che individua un comune denominatore nella psicosi della collettività e nei suoi modi di comunicare e (dis)attivarsi.

    Provo a spiegarmi, collocando i sopracitati.
    È psicosi più che nevrosi (Lacan e WM1) perché lo psicotico non struttura più simbolicamente l’esperienza, dal momento che non distingue chiaramente il significante dal significato (il tweet dal hashtag): c’è una «forclusione», non più del comunitarismo rurale, ma della comunità tutta; che ha rifiutato per rimozione ciò che ha già vissuto.
    Se il cervello è un organo plastico, se ne è perso un pezzo (Luca, «Prima individuale e poi collettiva»).
    E mentre si è alla ricerca – per metonimia – del contenitore, pur avendo smarrito il contenuto, i percorsi di ricostruzione non possono passare da percorsi simili (WM4), si rischia di restare lontani dal significato e dal simbolo nel culto dell’estemporaneità (Don Cave).

    Si lo so, del «clicktivism» se ne parla tanto, pure troppo. Eppure è un fatto.
    È un’“alienazione” ancora non sufficientemente analizzata, certo di matrice marxiana, ma che mi fa pensare anche a Feuerbach e ai meccanismi di delega religiosa.

    Vabbè, un pippone. Moderatemi (Moderazione e Libertà).

  190. grande christo,
    il paese ha assoluto bisogno di questi partiti.
    Normalità e Libertà
    Moderazione e Libertà (prendo tessera numero 1)
    Libertà e Libertà
    Lavoro e Libertà
    Nèdestranèsinistra e Libertà
    Zingaropoli e Libertà
    Pisapia e Libertà
    Stronzaggine e Libertà.
    Vanno fondati. Tutti.
    Ora.
    L.

  191. Mamma, manco due giorni e dannazione quanto avete scritto! Maledetti :P

    Comunque, tornando seri un attimo, sto tornando or ora (Quindi se scrivo incomprensibile è perchè sono rincoglionita dal sole!) da una manifestazione antirazzista teoricamente regionale a Santa Maria Capua Vetere per la chiusura del CIE-lager “Andolfato”. Eravamo in 100/150, una roba così. Quasi che erano più polizia, carabinieri e vigili che noi.

    A questo punto, nonostante io continui ad essere speranzosa e non disillusa, nonostante io continui a dire che prima di fare i disillusi le cose dobbiamo provare a farle, concordo con filosottile, onestamente. Se non c’è partecipazione alle lotte GIA’ in atto vuol dire che ancora non c’è abbastanza massa critica (O abbastanza “coraggio”, chiamatelo come volete) in Italia da fare una #italianrevolution che non sia solo “clicktivismo”, per l’appunto. Che non sia solo il “Parteciperò” sull’evento di Facebook (Che la’ sono sempre in millemila a partecipare, eh!) o il tag di Twitter.

    O probabilmente non s’è ancora capito che Facebook, Twitter ecc ecc ecc, sono MEZZI di informazione, non MEZZI/MODI di lotta. La lotta resta in strada, nelle piazze, coi banchetti, con quello che volete. Ma in strada.
    Mah. Staremo a vedere.

  192. @luca

    dimentichi il “Partito del progresso moderato [e della liberta’] nei limiti della legge”

    http://it.wikipedia.org/wiki/Jaroslav_Ha%C5%A1ek

  193. @luca
    già, tutto pur di non fare qualcosa che abbia davvero a che fare con la libertà :-)

  194. Eh.
    Intanto però da napoli giunge la notizia che de magistris ha fondato un nuovo movimento politico.
    Femminielli e Libertà.
    A sorpresa sono arrivate le adesioni di Bocchino e Pio Pompa.
    Anche Don Seppia si era proposto, ma pare non sia stato accettato.
    L.

  195. @luca
    bhè politically scorrect…

    @ebe b
    Domanda tecnica: la maniseftazione regionale antirazzista a SM Capua Vetere quali canali di diffusione ha avuto? in percentuale: quanto fb? quanti manifesti per strada? quante assemblee in stile bse?

  196. @luca
    e io mica avevo capito che il partito femminielli e libertà era una notizia e non una boutade :-(

  197. tre osservazioni telegrafiche dalla spagna:

    – a proposito della genesi e tempistica delle manifestazioni del 15M(aggio) e degli accampamenti: due delle grandi correnti che hanno alimentato questo fiume in piena sono le manifestazioni degli ultimi due anni contro la rifoma Bologna dell’università e, curiosamente (o no), le varie mobilitazioni contro il canone digitale, gli abusi della SGAE (=siae spagnola) e soprattutto la recente legge sull’economia digitale e il copyright, fortemente voluta dalla ministra socialista della cultura. alla consegna dei premi Goya (=gli oscar del cine spagnolo) la ministra ha rinunciato all’entrata trionfale perché la piazza era invasa da maschere di anonymous.

    – a proposito dello spessore politico: a barcelona continuano i dibattiti politici nelle commissioni, anche con momenti di tensione. ma il wrestling ideologico (di solito monopolizzato – guarda un po’ – dal genere maschile) scompare una volta si zoomma sulla piazza. in particolare da madrid giungono racconti di una società parallela creata nel bel mezzo della metropoli. una spazio in cui è stato abolito il denaro e l’autogestione comincia dalla gestione del cibo (regalato), della pulizia, dell’orto, di una libreria spontanea, etc.

    – in assenza di uno slogan comune, di un logo, di un’immagine definitoria (anche se il subvertising acrobatico realizzato su un mega manifesto in plaça catalunya è semplicemente geniale), colpisce la proliferazione della parola scritta. OVUNQUE ci sono banners, striscioni, manifesti autoprodotti, fotocopie, fogli di carta, post-it, commenti. la piazza, proprio le panchine, i marciapiedi, le statue, le ringhiere, è una specie di enorme blocconote, blog, giornale spontaneo….

  198. dimenticavo un dettaglio: a madrid i gruppi che si dedicavano a mantenere l’ordine avevano come unico segnale di riconoscimento la parola “rispetto”. a barcelona si riuniscono ogni sera almeno 20-30mila persone e in tutta la piazza si vedono, lontane e defilate, al massimo un paio di macchine dei vigili urbani…
    in entrambi i casi non c’è stato il minimo incidente.

  199. La spagna si concede il suo’68, che per ragioni storiche le fu negato. si regala una stagione dolce, che ne precede forse altre più dure, quando le risposte non arriveranno o saranno di segno opposto alle domande che salgono.
    ma è questa ‘dolcezza’ la premessa fondamentale e necessaria a creare la forza che servirà. a dare il cemento per tenersi uniti, la determinazione per proseguire un percorso che molto presto svelerà di quanti ostacoli è disseminato.
    la “spring of love” iberica segna da subito, e per sempre, una generazione e molto più di essa, fornisce l’imprinting, il cromosoma, che informerà di sè lotte, vertenze, un’intera epoca di produzioni culturali, trasformerà nel profondo migliaia di nuclei familiari esistenti, e ancor più a venire, e in maniera irreversibile centinaia di migliaia di percorsi e vite individuali.
    che respirino a pieni polmoni quest’aria, che assaporino fino in fondo il profumo dei fiori che gli sbocciano tutt’intorno, che se la godano. Se la meritano, e gli servirà per una vita intera.
    Mi ha commosso ieri sera, guardando un filmato tra i tanti da quelle piazze, la frase di un signore abbastanza anziano che, interrogato su cosa si augurasse da quanto stava accadendo, ha risposto:
    Vorrei che non finisse mai.
    Aveva già nostalgia, come solo un uomo di età può averla, di chi ha imparato che la felicità è fatta di giorni leggeri, e impalpabili, e che ci passano accanto, e intorno, e non siamo mai sicuri del tutto di viverli in pieno, di prendere tutto quello che ci potevano dare davvero, e di dare tutto quello che potevamo dare davvero.
    è una cosa bellissima. e struggente.
    bani,
    continua a mandare i tuoi report da quei luoghi sospesi tra realtà e utopia, gli unici dove si forma la coscienza degli umani e il loro senso universale di appartenenza alla specie.
    perchè rischiarano l’aria anche qui. e fanno respirare meglio. con i tuoi polmoni.
    L.

  200. Sono reduce da una giornata tra gli “acampados” di Piazza del Nettuno a Bologna.

    Dopo la relativa delusione di venerdì, ieri sera sono tornato in piazza, e i ragazzi erano ancora lì. Non solo: si intravedeva un primo barlume incoraggiante di autogestione, e la voglia di restare lì ad oltranza era chiara. Non mi sono fermato a dormire, ma mi sono ripromesso di “provare”.

    Provare a guardare le cose, una volta tanto, dall’interno; provare a contribuire in termini pratici a quello che stanno facendo. Provare a dare il famoso “contributo”.

    Devo dire che non me ne sto pentendo. E tra un’ora sarò di nuovo lì, per l’assemblea.

    Secondo me la delusione per il flop di venerdì sera è nata da un’illusione ottica, da un eccesso di aspettative. Oggettivamente, non ci si poteva aspettare che qualcosa nascesse così, in modo estemporaneo e improvviso, per semplice imitazione o contagio.

    Non ci si poteva aspettare che facebook e twitter facessero il lavoro di una rete sociale fisicamente presente in un luogo, manifesta – potenzialmente – agli occhi di tutti, in grado di dimostrare nei fatti, nella pratica, che è possibile esprimere un’alternativa.

    Quel flop non è stato la fine, la petra tombale. E’ stato l’inizio. Per chi ha deciso di continuare nonostante la (prevedibilmente) mancata adesione oceanica si è evidentemente trattato più di uno stimolo che di una delusione.

    I limiti ci sono, non lo si può negare. I ragazzi sono molto giovani, forse un po’ inesperti. L’organizzazione fatica a decollare, ma per ragioni che non dipendono solo da loro; se si è in pochi, stanchi e se non ci si affida ad una struttura preesistente, il lavoro è doppio. E, probabilmente, merita il doppio e, se ha successo, dà il doppio di soddisfazione.

    Ho partecipato all’assemblea di oggi pomeriggio. Ho ascoltato per un po’. Poi sono intervenuto un paio di volte.

    Ho sottolineato l’importanza di concentrarsi sulla “forma” (la piazza come luogo di gestazione di una “nuova società” basata su mutuo appoggio, solidarietà, autogestione… esattamente quello di cui raccontano i reportage di Bani dalla Spagna) più che sui “contenuti” (il manifesto di 28 pagine che circola in internet è un monstrum, e i ragazzi sono i primi a riconoscerlo); ho ricordato la necessità di mettersi in contatto con le molte altre lotte che attraversano la società italiana, di mostrarsi solidali, di avviare degli interscambi diretti, di creare narrazioni comuni… a partire magari proprio da Bologna.

    Le idee che ho espresso sono state pienamente condivise, accolte con totale apertura e disponibilità. Le assemblee studentesche monopolizzate dai prolifici oratori dei vari movimenti e raggruppamenti sono un ricordo lontano. Del pari, dubito seriamente che un grillino durerebbe più di una mezz’ora in Piazza del Nettuno.

    Insomma, penso che, nonostante tutto, questa cosa non vada accolta con troppo scetticismo. C’è margine perché resista, perché maturi, perché diventi qualcosa di veramente “diverso”.

    E, una volta tanto, ho deciso in prima persona di prendermi la responsabilità di contribuire affinché le cose su cui ho predicato e pontificato tante volte anche qui, trovino sbocco nella realtà.

    Comunque vada, penso che il tentativo avrà valso la pena.

  201. Bravo, Don Cave! In Spagna il movimento del 15 maggio è stato preparato implicitamente da anni di lotte ed *esplicitamente* da due mesi di lavoro serio e confronto. Come si ricordava qui, *prima* il movimento e *poi* l’hashtag su Twitter.
    A proposito di Twitter, là dentro mi sembra che sia predominante un assurdo atteggiamento da “fino a oggi in Italia non stava succedendo niente”, una specie di qualunquismo millenarista che in realtà (almeno da quel che capisco) va in direzione contraria rispetto alla Spagna e anche, per fortuna, rispetto a quel che tu riporti delle assemblee a cui hai preso parte. Se non si parte dal dato che negli ultimi mesi (e anni) il Paese è stato attraversando da lotte importanti che stanno “sedimentando” e alzando un poco alla volta il terreno su cui camminiamo, si rischia un mero scimmiottamento della situazione spagnola. Invece, se se ne tiene conto, e da quel che capisco tu sei intervenuto chiedendo questo, allora sarà possibile trovare i *nostri* 15 di Maggio.

  202. @danielafinizio

    Su Facebook è girato un sacco. Su Twitter meno. E’ stato fatto il comunicato di certo su InfoAut e non so personalmente se anche da qualche altra parte. E poi i soliti “passaggi di informazioni” a voce come esistono da anni.

    @WM1
    Qualcuno su Twitter mi diceva una cosa del genere (Non cito alla lettera perchè mi pesano le mani a cercare :P) “Senza nulla togliere al movimento spagnolo, ci vuole almeno un mese di accampate in Spagna per raggiungere l’intensità del 14 dicembre”. Probabilmente, a livello strettamente concettuale il paragone è azzardato. Però, a livello di impatto emotivo (Non è il termine giusto ma al momento non ne trovo di migliori!) concordo in pieno.

  203. @ EveB.

    Io invece sono in totale disaccordo con il twitteraro che citi. Il 14 dicembre è stato uno dei passaggi, uno dei momenti di lotta, in una costellazione di momenti e percorsi che in Italia (r)esistono, ma che non hanno ancora trovato una forma, un punto di ricomposizione del mosaico, un riconoscimento reciproco. Per altro dopo quella “Grande Scadenza” il movimento studentesco è pressoche sparito. Chiamasi eiaculazione precoce, absit iniuria. Gli spagnoli non stanno concentrando tutte le energie in un’unica scadenza e soprattutto hanno deciso di superare il calendario altrui, di andare oltre la giornata elettorale (esattamente il contrario di ciò che è stato fatto a Roma) e hanno deciso di durare. Sono da una settimana in decine di migliaia in tutte le piazze spagnole, sperimentando una dimensione “comune” di organizzazione, gestione, convivenza, etc. L’impatto emotivo non sarà concentrato, quindi il tutto può apparire più soft, ma è senz’altro enorme. Basta leggere le mail di chi ci sta in mezzo. Io ribalterei proprio la frase: “Senza nulla togliere al 14 dicembre, non si puà minimamente paragonare all’intensità di quello che sta succedendo nelle piazze spagnole”.

  204. @ EveB

    la nostra critica al 14 dicembre la conosci, l’abbiamo fatta prima, l’abbiamo fatta durante e l’abbiamo fatta dopo: la Grande Scadenza (peraltro subordinata a una scadenza della politica politicata), la centralizzante discesa a Roma (la Roma del potere politico), la Dinamica Unica che si impone nei media (il riot), la metafora dell’Assedio-ai-palazzi-del-Potere… Mentre le giornate del “Blocchiamo tutto” di fine novembre 2010 avevano messo in campo una potenza molteplice, e avevano stupito tutti, e sembrava che il movimento fosse *ovunque*, il 14 dicembre (la cui intensità non mi sogno minimamente di mettere in discussione) è stato una reductio ad unum, e – sei mesi dopo sembra che possiamo dirlo – il canto del cigno di quella fase del movimento studentesco.
    Quel che sta succedendo in Spagna è *parecchio* intenso. E per fortuna non è la riproposizione dell’Assedio. Somiglia di più (con altre modalità) al “Blocchiamo tutto”: pluralità, policentrismo, i media presi alla sprovvista…

  205. Mi sono incrociato con WM4 e, quite obviously, abbiamo detto le stesse cose.

  206. Mapa conceptual de la acampada di Madrid (ricevo, mi fido e rilancio, vale la pena di dare un’occhiata):
    http://www.unalineasobreelmar.net/mapa-conceptual-de-la-acampada/
    Vale la pena di leggere anche quello che sembra il manifesto del sito (Lo que pensamos)

  207. @girolamo

    Devo ancora guardarla per bene, ma la mappa sembra molto bella. Già il solo fatto che qualcuno l’abbia realizzata dimostra intelligenza poliedrica e collettiva. Proprio “Inteligencia coletiva” è uno dei nodi di passaggio.

    E, per tornare in discussione, la parte “se difunde y se organiza -> online” consegue dalla piazza e occupa una parte vicina al centro eppure marginale.

  208. Molto bella davvero, la mappa concettuale.
    Di particolare importanza il “ventaglio” delle “cosas que han pasado antes”. C’è il movimento operaio, c’è l’Argentina del 2001, ci sono le rivolte nordafricane degli ultimi mesi, c’è l’insumision (la renitenza alla leva), c’è il maggio ’68…

  209. @WM4 & WM1

    Ma sull’idea del 14 dicembre come “Eiaculazione precoce”, “Scadenza” e “Canto del cigno” del periodo del “Blocchiamo tutto sono assolutamente concorde, non ci piove.

    Tuttavia, io il problema non lo vedo nel prima del 14 dicembre, nel come è stato organizzato e nel come ci si è arrivati, ma nel come non si sia riusciti DOPO a gestire sia a livello organizzativo che a livello emotivo un’eventuale seguito. (E, proprio perchè la situazione spagnola assomiglia al periodo del “blocchiamo tutto”, è ancora da vedere se ci sarà anche da loro un evento grosso e intenso, se continueranno come stanno facendo, come si organizzeranno per il dopo ecc. ecc. ecc.)

    Tuttavia, il fatto che sia rimasto in un certo “immaginario”, il fatto che, secondo me, nonostante gli effetti “reali” siano stati quelli che dicevate voi, abbia a livello puramente emotivo ridato un attimo di speranza perchè è riuscito vagamente a far intuire che collettivamente siamo forti, e riusciamo, è indicativo.

    In sostanza, io una eventuale #italianrevolution la vedrei più nell’ottica di un proseguimento “ritardato” del 14 dicembre che come un’imitazione di quella spagnola (O come una fusione di tutte e due, che è ancora meglio).

  210. @EveB

    «…è ancora da vedere se ci sarà anche da loro un evento grosso e intenso…»

    A me quello spagnolo pare già abbastanza grosso, ma soprattutto abbastanza intenso.

    [Poi è chiaro che si vorrebbe capire cosa viene dopo. Per ora è primavera.]

  211. @ Christiano & EveB.

    Sul capire cosa viene dopo direi che intanto è interessante capire cosa sta succedendo. La dinamica messa in campo – soprattutto per le sue modalità orizzontali, per la forma dei “minimos”, per la refrattarietà alle sigle, etc. – è abbastanza una novità. Difficile scindere forma e contenuto: chiedono “democrazia reale” e provano a praticarla. Poi ci sono le rivendicazioni che stanno laboriosamente elaborando, ma che non sono già un programma politico, né è chiara la forma in cui tali rivendicazioni dovrebbero essere poste. Però, ripeto: inutile mettere il carro davanti ai buoi (cazzo, sembro Crozza che imita Bersani… anzi, Bersani che imita Crozza!), perché tutta quella gente ha deciso di praticare un altro tempo, di sospendere quello a cui siamo assuefatti e cercare in un certo senso il grado zero. Stanno esperendo qualcosa di unico e questo, come giustamente dice Luca, produrrà una discontinuità nella storia dei movimenti europei, e ancor più nelle biografie di chi partecipa.
    Per quanto riguarda l’alchimia di una #italianrevolution, è vero che non si dà adozione efficace di una pratica di lotta senza adattamento, ma credo che al momento la situazione italiana sia davvero molto più complicata. Noi ci troviamo – geograficamente e politicamente – a mezza via tra la Spagna e l’Egitto, senza la milionata di persone di piazza Tahrir e senza un governo uscente che dice che in fondo chi protesta ha ragione (tanto non ha più niente da perdere). Difficile capire quale sia l’alchimia giusta per questo paese. Ma non c’è alternativa che continuare a cercarla.
    Intanto in Spagna vince la destra e Standard & Poor’s fa il suo sporco lavoro formalizzando l’evidenza italiana.

  212. un’osservazione di un amico con 20 anni di attivismo alle spalle e sinceramente emozionato da #spanishrevolution: a volte i movimenti sociali si compongono di persone che hanno grande memoria personale, ma come gruppo ripetono continuamente gli stessi errori. nel caso di #15Mani e degli accampamenti succede esattamente il contrario: la memoria individuale delle migliaia di persone che li rendono possibili è minima (anche perché nel 1999-2001 andavano forse forse in prima media), nonostante questo il movimento HA memoria e sta ricreando tutte le forme autorganizzative e creative sperimentate dagli anni 90 in giù. solo che lo fa in pochi giorni e spontaneamente….

  213. [se a qualcuno interessa io continuo a postare alcune riflessioni in questo post che non c’entra nulla con la spagna. se non è il caso di continuare l’OT me lo dite….]

    un illuminante, denso, emozionante reportage da Plaza del Sol, con taccuino alla mano e cuore in presa diretta sul cervello:
    http://blogs.publico.es/fueradelugar/376/apuntes-de-acampadasol-1
    http://blogs.publico.es/fueradelugar/387/apuntes-de-acampadasol-2
    http://blogs.publico.es/fueradelugar/387/apuntes-de-acampadasol-3

    un tentativo di inserire la #spanishrevolution in una traiettoria più complessa che arriva a comprendere la natura stessa della politica dei partiti di sinistra e la sua necessaria rifondazione (se a qualcuno interessa posso provare a tradurre appena ho un po’ di tempo):
    La sinistra di fronte al abisso. Dall’11M(arzo) 2004 al 15M(aggio) 2011
    http://madrilonia.org/?p=2172

  214. @ Bani,

    stai scherzando? Alla terza schermata, l’OT diventa un concetto molto labile :-)

    Del reportage di Amador (per chi non lo sapesse, è… il nostro editore spagnolo!) ho letto le prime due parti e mi sembra una delle cose più potenti di questi ultimi tempi.

  215. @ Wu Ming 1

    Forse però si potrebbe pensare a un post di collegamento con un po’ di link interessanti su quello che accade in Spagna. E’ un peccato che resti tutto qui nella terza videata di un thread ormai un po’ vecchio.
    Magari nella seconda parte della settimana?

  216. P.S. @ bani

    Se hai tempo di tradurre il pezzo sull’inabissarsi della snistra spagnola, ben venga. Credo che a modo suo possa prefigurare ciò che potrebbe succedere in Italia qualora il centrosinistra scalzasse il Nano. Anche perché sappiamo che dopo il Nano arriverano i marziani cattivissimi di Mars Attack.

  217. Meglio ancora sarebbe se Bani facesse da “guest blogger” per Giap. Potrebbe montare insieme i suoi commenti, integrarli come vuole, aggiungere link significativi e qualche stralcio tradotto del pezzo sulla sinistra nell’abisso. Non necessariamente un articolo “coeso”, una raccolta di impressioni e spunti andrebbe benissimo. Noi poi pubblicheremmo il tutto come post. Giovedi’ o venerdi’. Bani, che dici?

  218. Bani,
    mi raccomando. prenditi st’impegno.
    già notevoli i link agli appunti di amador fernandez savater.
    forse da là non ti sembra, ma fai una cosa importante.
    L.

  219. Una piccola testimonianza, addormentatissima e frettolosa, dal camp di Bologna.
    http://lapentoladoro.blogspot.com/2011/05/la-mia-prima-notte-in-piazza-maggiore.html

  220. [traduzioni in arrivo, spero in giornata]

  221. Vogliamo dire che ce l’aspettavamo, prima o poi?
    E diciamolo, va… http://bit.ly/jOMT5C

  222. Devo dire che dopo quattro giorni di presidio in piazza a Bologna, di grillini non se n’è vista manco l’ombra. E’ non ricordo neanche di qualcuno – passanti o partecipanti all’assemblea – che li ha nominati.

  223. @ Adrianaaaa

    E non se ne vedranno. Né a Bologna né altrove. I nostri timori in questo senso erano infondati. Il grillismo non può che essere refrattario a un contesto paritetico, realmente orizzontale, che disinnesca la visibilità di scuderia, l’appartenenza, e il concentramento di riflettori su un unico punto (possibilmente collocato al di sopra della folla osannante). Ma aggiungo che – nel bene e nel male – se mai una pratica “spagnola” dovesse mai prendere piede qui da noi, il problema ce l’avrebbero tutte le realtà politiche autorganizzate che si fondano sull’identità, l’appartenenza di struttura e la visibilità. Nessuna di esse, infatti, potrebbe permettersi di perdersi, di diluirsi, dentro una dinamica comunitaria anonima di quel tipo.

  224. @ Adrianaaaa

    ne sarai dispiaciutissima, immagino :-)

    Provo a buttare lì qualche elemento:

    – Forse i camp italiani di questi giorni sono ancora poca cosa (ai loro occhi, intendo). Può darsi che non li ritengano un contesto che valga la pena colonizzare? Forse si aspettavano che la cosa si estendesse subito… Magari la massiccia presenza di spagnoli li ha spiazzati?

    – Forse in questi giorni i grillini hanno la testa da un’altra parte, oltre a essere un po’ a disagio e ad avere i piedi di piombo. Si dice che le esternazioni di Grillo su destra e sinistra abbiano causato imbarazzo e scompiglio anche dentro il movimento. Forse trattengono il fiato per vedere che succederà ai ballottaggi, per capire cosa dire dopo. Queste polemiche a scoppio ritardato su M5S e Casapound non li aiutano.

    – Il video di Grillo a Barcellona sembra dire che in un movimento così c’è poca trippa per… grilli. Diverse le modalità, diverso persino il linguaggio del corpo. Può darsi che il guru non abbia ancora ben capito da che parte prendere l’eventuale versione italiana degli Indignados. E’ abituato alla verticalità, al palco. Dove il palco non c’è, deve capire dove posizionarsi.

    – Forse l’aver espresso in molti opinioni ostili su un’eventuale strumentalizzazione ha contribuito a tenerli lontani, almeno per il momento?

    – Forse costoro nemmeno esistono, se non come lista da votare per protesta o pubblico adorante ai piedi del palco quando il guru arriva in città?

  225. Come al solito io e WM4 ci siamo incrociati :-) Il mio terzo punto è superfluo, dice più o meno la stessa cosa che aveva scritto lui.

  226. in effetti non se n’è sentita per niente da mancanza :D

    secondo me sono molto veri tutti i punti che ponete. i grillini sono al momento tutti presi dai festeggiamenti per i risultati elettorali e, probabilmente, anche dalle nuove magagne. c’è molta gente delusa da loro, qui a Bo in modo particolare, mi sembra, a causa delle questioni di poca trasparenza e democrazia di cui già si parlava in una lettera che mi ricordo essere passata anche da qui.
    inoltre la dinamica orizzontale li scoraggia alquanto, perchè come avete detto sono un movimento molto identitario che ha bisogno di adunate (bbbrrrr). E poi mi sembra, ma sarò cattiva io, che pochi militanti siano realmente in grado di intervenire e dire cose sensate in un’assemblea pubblica.
    c’è anche da dire che l’assemblea è fortemente contraria all’apparizione di qualunque sigla e se venissero in piazza come M5S non sarebbero bene accolti. Evidentemente lo sanno.
    E’ vero, si tratta ancora di piccole realtà che destano poco interesse in chi ormai si sente parte dei grandi giochi. Ma al momento è un vantaggio per noi :)

  227. Adrià,
    grilli e scarafaggi. Bella l’istantanea del sindaco.
    Ci ho pensato un attimo. e mi va bene.
    Se ha da partì, la piazza italiana, che sia da pochi. che sia vera, e tenace. E se non parte non fa niente, accadrà altro.
    che i coraggiosi accampati ne facciano tesoro umano per sè, osservatorio antropologico in presa diretta.
    Prendete appunti. segnatevi le frasi interessanti che vi vengono dette, quelle che vi vengono in mente.
    Annotate le piccole cose che vedete. che appaiono marginali ma vi colpiscono.
    Siate lenti.
    Domani ve vengo a trovà. Porto un paio di libri, che non ho un cazzo, giusto per non arrivare a mani vuote.
    L.

    P.s.
    -Ma tu l’ha mai letto un libro?-
    -Un libbro??
    Un libbro no.-

  228. Stasera vado a fare il turno notturno alla Maddalena http://bit.ly/mPeXNR
    Le priorità sono altre e le presenze preziose, ma se vi interessa, farò un report anche a proposito dei grillini, visto che stan facendo questa pagliacciata http://bit.ly/jmXzIS il cui unico risultato per ora è stato quello di offrire a Saitta, il presidente della provincia di Torino, la possibilità di insinuare che la direzione del movimento è passata nelle mani del m5s.

  229. sono arrivato alla concezione che, per quanto moltissimi siano animati da ottimi propositi, la stragrande maggioranza dei grillini, siano “consumatori” di dissenso…
    il resto lo vedo come diviso tra coloro che sono alla ricerca di un’identità (che viene fornita ‘ready to use’ attraverso tecniche di marketing)” o, peggio, “alla ricerca del proprio 1/4 d’ora di celebrità riflessa / vittime di starpower ‘alternativo’

    non conosco approfonditamente la situazione in spagna ma, l’assenza di figure leaderistiche ‘alla grillo’, mi fa ben sperare e non credo che le situazioni sia comparabili.

    scusate se non argomento, ma scrivo questa durante una pausa caffè.

  230. Grazie luca per il tuo commento, davvero meraviglioso :)

    Anch’io la penso esattamente come te, sull’importanza di essere lenti e sul fare tesoro di ciò che si può osservare, scoprire e imparare da quel punto di vista.
    Il presidio è già diventato parte della piazza. Stanotte alle quattro uno spazzino è passato e ci ha detto: “ragazzi, facciamo come al solito, che noi puliamo il resto e qui ci pensate voi?”.
    Sarà perché è piccolo e via dicendo, che la situazione è così tranquilla e ben tollerata. Ma meglio così, c’è il tempo di costruire.

  231. Oggi il fatto quotidiano riporta la protesta bolognese per la scuola pubblica: http://www.ilfattoquotidiano.it/2011/05/24/tagli-alla-scuola-insegnanti-e-genitori-al-sesto-giorno-di-sciopero-della-fame/113438/
    Mentre il sito di Repubblica, nella sezione locale di Bologna, tiene una sorta di diario:
    http://bologna.repubblica.it/cronaca/2011/05/25/news/diario_della_protesta_giorno_6-16717784

    Da nessuna parte leggo “grillini”, per fortuna :) .

  232. Invece del presidio di piazza Maggiore (in realtà piazza del Nettuno) non si accenna da nessuna parte. Repubblica, Carlino, Corriere e Fatto sono muti. Quest’ultimo, mi dicono, dovrebbe far uscire un pezzo. A me frega nulla (anzi forse è pure meglio), però è per dire la qualità dell’informazione locale…
    Ieri all’assemblea organizzativa alle 4 di notte c’erano ancora una sessantina di persone. Il numero cresce…

  233. Appunti minimi dal Presidio Clarea, Chiomonte, Valsusa

    Sono un po’ ignorante sulla Comune di Parigi, a parte l’infarinatura scolastica, ho letto il testo di Brecht (dal punto di vista drammaturgico non un copione riuscitissimo), qualche appunto di Walter Benjamin e poco altro. Sulla base di queste poche informazioni ho però la sensazione che un briciolo di quelle emozioni che provarono quei comunardi sono oggi su al presidio. Dico la Comune di Parigi e non i nostri partigiani non a caso.

    La zona del presidio è aspra e lussureggiante al medesimo tempo. Un angolo di paradiso sconciato dai piloni dell’autostrada. L’aria è profumata di primavera e lontano dalle luci ci sono ancora le lucciole (cfr. Pasolini).

    Ad occhio e croce, ci sono tre-quattrocento persone, non è facile contare. L’area in mano ai presidianti non è piccola, ci sono diversi sentieri alternativi e tutti quelli più agevoli sono ostacolati da barricate. Potrebbero essere di più. Non molti di più, però.

    I presidianti costruiscono barricate, bevono, fumano, chiacchierano, fanno gli auguri al compagno che scoccata la mezzanotte timidamente rivela la sua data di nascita.

    Quelli che non costruiscono barricate, in crocchi, discorrono. Sono le chiacchiere della notte, le stesse che si possono sentire nei centri delle città, o sulle spiagge nelle nottate miti.

    Ci sono questioni, però, che fanno capolino ogni pochi minuti.
    “Quando torneranno?”
    Lo sanno tutti che torneranno.
    “Domenica, vengono domenica…”
    “Saremo qui ad aspettarli”
    “È vero che se resisteremo una settimana, saltano i fondi europei?”
    È vero, ma siamo già alla terza proroga… e il quattro vien da sé.
    “È bellissimo qui, stanotte”
    Ed è vero, si vedono talmente tante stelle che uno che sa riconoscere solo quattro o cinque costellazioni ci mette qualche minuto prima di individuarle.

    Una questione torna in continuazione. Le 711 pietre “sequestrate” dalla questura.
    Ci ridono tutti sopra: “Ridicoli sono, che vuol dire che hanno sequestrato 711 pietre… Dove le conservano, ora?”
    Molti ci sospirano su: “Non dovevano essere lanciate!”
    Che non sia andata come la raccontano i tg e i giornali lo sanno tutti: “Sono delle merde!”
    C’è chi fa il calcolo: “Hanno detto 711 pietre per un totale di 120 chili, vuol dire 170 grammi a pietra, è roba da niente.”
    C’è chi sbuffando fumo di sigaretta e guardando di lato dice: “Senza quel lancio di pietre sarebbero entrati!”
    E chi non si dà pace: “I giornalisti infangano il movimento: l’autostrada era chiusa da un’ora quando è partita quel po’ di ghiaia.”
    “Sì, ma era meglio non tirare niente” conclude una.

    Ci sono molte donne, non ancora il 50%, ma tante.

    Una delle telecamere all’uscita della galleria è stata girata verso i manifestanti. Quelli che si avvicinano al guardrail per sistemare i tronchi per la barricata si coprono il volto. Poi si allontano e, di solito, squilla loro il telefono: “No, per ora è tutto tranquillo. Dormi. Tanto stanotte non vengono. Risparmiamo le energie.”
    È un continuo: “Ora siamo tanti, tieni il telefono acceso, se c’è bisogno ti chiamo.”
    Passa un trasporto eccezionale sull’autostrada
    “Che cazzo ce le copriamo a fare le facce! Coi telefonini sanno tutto!”

  234. Non sparate troppo sui media locali! :) Qua si lavora spesso in condizioni non dico proibitive ma insomma, quasi. Si cerca di fare quel che si può. Confermo che per il Fatto E-R c’è un pezzo in lavorazione su quanto accade al presidio bolognese in piazza Nettuno, bisogna vedere logisticamente quando riesce a essere pubblicato.
    Confermo anche al tendenza dei media, non solo locali, a recepire con moltissima fatica tutto quello che non arriva da sigle e nomi conosciuti e ben identificabili. Non mi addentro nell’analisi di questa cosa perché è una roba lunga e finisco assolutamente OT.

  235. Non so se ormai è OT ma qui c’è l’intervista a Casaleggio di ieri sul Corriere:
    http://archiviostorico.corriere.it/2011/maggio/25/guru_del_blog_Grillo_web_co_8_110525008.shtml

    Essendo un’intervista direi tra virgolette, visto che appunto solo qualche frase virgolettata viene estrapolata e inserita nella narrazione, è alquanto fastidiosa per me. Forse lo scambio originale sarebbe più interessante, con risposte argomentate. Spicca il “non commentabili” sui tweet di Milano e l’evergreen “il programma di Milano (o altra realtà a piacere) lo devono scrivere gli elettori”.
    Divertente invece la panzana che Obama “Ha raccolto fondi dalla Rete e in questo modo ha potuto svincolarsi dalle lobby e rispondere direttamente ai cittadini.” Io ancora mi ricordo l’annuncio della ‘rivoluzionaria’ riforma sanitaria, con Obama davanti e in fila dietro i capoccia delle case farmaceutiche, quasi come istruttori di cani da caccia.

  236. @ tutti
    Secondo voi quanto è scritto qui http://bit.ly/mnDK3z è applicabile anche al seguente piccolo episodio?

    Sto parlando con un amico iscrito al PD, si parla della questione TAV, a un certo punto, rispondendo a una mia lunga argomentazione, esordisce così “Guarda, io non sono né no tav, né pro tav…”

  237. Il nome di Gil Scott-Heron merita di stare su questo blog, in questo spazio di parola sopra e dentro le lotte, più che mai adesso che purtroppo è morto. A 63 anni.
    Credo mi verrà perdonato l’apparente fuori tema di quest’omaggio, da parte dei fratelli che sanno bene come si tratti di uno dei grandi della musica e del ‘discorso’ afroamericano degli ultimi 40 anni.
    Definirlo precursore e padre spirituale del rap, è tanto vero quanto riduttivo. Questo Maestro di ‘spechees’ in musica ha allevato e istruito alla consapevolezza intere generazioni di neri, e per fortuna non solo, in ogni parte del mondo dagli anni ’70 in poi.
    “The Revolution will be not Televised” è un pezzo che ha fatto fremere milioni e milioni di persone ad ogni latitudine, potrebbe essere scritto oggi e ha quasi quarant’anni, ha reso la rabbia poesia e l’ha descritta in versi e musica, l’ha scandita parola per parola e te l’ha fatta declamare insieme a lui, ha detto con la sintesi di cui sociologi e filosofi sono privi cose essenziali del tempo che tutti avremmo vissuto.
    L’umile consiglio a quanti non abbiano avuto finora la fortuna di conoscerlo è di andarsi a cercare qualcosa, qualsiasi cosa, di questo vero grande della musica contemporanea. Ogni approdo iniziale al soul, le ballads, il rithm&blues di Scott-Heron vi farà proseguire nell’ascolto, e cercare ancora.
    Se qualcuno riesce a restare impassibile, a non avere un brivido, durante l’ascolto di Winter in America, beh, ha grossi, grossi problemi di emotività.
    Porco cazzo, Gil. Grazie di tutto.
    L.

  238. Scrivo da Milano e per missione seguo da anni la Lega nei suoi deliri tra la gente… il problema che vedo ormai nei piccoli paesi dell’alto milanese e del varesotto (chiamiamoli epicentro del contagio) è che di fatto la Lega fa da apripista a derive ancora peggiori… dove arrivano fanno un vuoto culturale intorno a loro sdoganando parole che fanno acaponare la pelle a chi, come me, da bambino prendeva uno schiaffo se solo indicava sbagliando, il vicino dicasa senegalese con la parola “negro”, qui la situazione è devastante, anche perché una volta che hanno insegnato alla gente che si può tranquillamente pensare che ammazzare un individuo per il semplie fatto che è immigrato non danno alcuna soluzione per risolvere problemi reali e a ogni problema delle loro giunte rispondono con un nuovo Pogrom… anche dopo le elezioni che li hanno visti calare un pò dobbiamo tenere presente che hanno perso pochissimo e che laddove le percentuali sono scese di più è stato solo per il motivo che la gente ormai li vede “troppo morbiti e vicini al potere” e cerca gente ancor più cattiva, si apre così la strada a Forza Nuova & C. che tra l’altro è gente molto ben vista dai papaveri leghisti che pensano di poter manipolarli a piacimento (imbecilli)….
    a tal proposito vi segnalo questo link http://generazioneavversa.blogspot.com/2010/11/quatto-passi-nel-terrore-di-provincia.html… è una storia che lascia il tempo che trova ma che dà la cifra di come si evolvono le cose nei regni della Lega.

  239. @luca, Grazie per avere speso qualche parola per un grandissimo poeta della protesta e un musicista meraviglioso. Che come pochi ha trovato la forza nelle proprie fragilita` e ha dato un messaggio e un lignuaggio universali. Un anno fa, appena trasferitomi a new york ho avuto un colpo di culo mostruoso. Per caso l’ho beccato che cantava/recitava in un locale praticamente sotto casa. Si percepiva la potenza dei modi gentili.
    Grande Gil