Pasolini e Foucault: appunti per un «Vite parallele»

di Wu Ming 1

Nel corso degli anni, leggendo diversi libri di e su Pier Paolo Pasolini (1922-1975) e Michel Foucault (1926-1984), mi sono reso conto di numerose coincidenze, risonanze e convergenze, non solo tra le loro opere, ma anche tra le loro vite. Non posso dire con sicurezza di averle colte per primo: su entrambi i suddetti è ormai disponibile una letteratura sterminata, inassimilabile da chiunque. L’ermeneutica pasoliniana e quella foucaultiana producono a getto continuo nuove «letture» più o meno pertinenti, e nelle varie lingue i libri si contano a centinaia, forse migliaia. Può dunque darsi che altri abbiano già steso «appunti» simili ai miei. Al momento, però, ne dubito. Pur seguendo – nei limiti delle mie possibilità e competenze – i dibattiti su Pasolini e su Foucault, e avendo trovato alcuni (pochi ma importanti) riferimenti incrociati, non mi è ancora capitato di leggere una trattazione dei molti parallelismi fra i due autori. Cosa sorprendente, dato che certe analogie, come suol dirsi, saltano agli occhi.

Ho preso la decisione di espandere e rendere pubbliche queste «noterelle» (scritte a partire dall’estate 2010) dopo aver letto il recente libro di Roberto Esposito Pensiero vivente. Origine e attualità della filosofia italiana (Einaudi, 2010).
Esposito propone una genealogia alternativa della nostra filosofia, un phylum di alterità e critica al potere che include «non-filosofi» come Leopardi e Pasolini, oltre a pensatori/politici come Gramsci, Tronti, Negri etc. Secondo Esposito, il pensiero italiano sarebbe caratterizzato da un perenne movimento verso l’esterno, oltre i confini che il potere assegna alla filosofia, verso la definizione e la sperimentazione di rapporti tra vita e storia, vita e politica, vita e lotta.
Questa vita appena menzionata è il bìos, forma-di-vita che lotta per avere un senso, vita umana che sia degna di essere vissuta.
Non è un caso  che nella filosofia italiana degli ultimi anni abbia assunto sempre maggiore importanza il concetto di «biopolitica», che Michel Foucault introdusse per la prima volta nelle pagine finali de La volontà di sapere (1976, primo volume di una progettata e mai terminata «Storia della sessualità»), e a cui dedicò il corso al Collège de France dell’anno 1979 (intitolato appunto: «Nascita della biopolitica»).
Un capitolo del libro di Esposito è dedicato a Pasolini e al suo partire dai corpi, alla sua ricognizione dei modi in cui il potere incide sui corpi i propri codici, alla disperata riflessione su come i corpi potrebbero resistere a tale codificazione. Per Pasolini, è noto, scrivere e militare significava «gettare il proprio corpo nella lotta» (da un verso di Poeta delle ceneri, 1966-1967).
La trattazione di Esposito ha rafforzato la mia convinzione che si possa stabilire una connessione forte tra Pasolini e Foucault, e mi ha spronato – come dicevo poc’anzi – a tirar fuori gli appunti.

Cosa sapevano l’uno dell’altro?

Non risulta che Pasolini fosse un lettore di Foucault: nei suoi scritti non ho trovato alcuna menzione del filosofo francese [*]. Eppure negli anni Sessanta il futuro polemista «corsaro» studiò con grande interesse gli strutturalisti (lo testimoniano i saggi raccolti nel 1972 in Empirismo eretico), confrontandosi con le teorie di Roland Barthes e altri autori di quella temperie. La stessa temperie da cui stavano emergendo post-strutturalisti come Foucault e Gilles Deleuze. Inoltre, Pasolini lesse i libri di Pierre Klossowski sul marchese De Sade, tanto che Klossowski è citato nei titoli di testa e, con felice anacronismo, in un dialogo di Salò, insieme al già citato Barthes.
Klossowski era un buon amico di Foucault, e Sade era uno degli oggetti di studio prediletti anche da quest’ultimo, che se n’era occupato sin dai tempi di Storia della follia nell’età classica, opera concepita e scritta nei tardi anni Cinquanta.
A completare una sorta di ideale «trittico», va citato un altro pensatore caro a Foucault: Maurice Blanchot, il cui Lautréamont e Sade (1963) è una delle opere citate da Pasolini nella bibliografia che precede Salò.

Se dovessimo allargare il triangolo scaleno Barthes-Blanchot-Klossowski per ottenere una figura quadrangolare, il punto da includere nel perimetro corrisponderebbe senz’altro al nome di Foucault.

A conti fatti, c’erano tutte le «precondizioni» per una conoscenza di Foucault da parte di Pasolini. Nondimeno, sembra plausibile affermare che, quando Pasolini morì (novembre 1975), Foucault non era ancora entrato nel suo radar [*].
Mi si lasci introdurre un elemento di “ucronia”, un come-sarebbe-potuta-andare: se Pasolini fosse sopravvissuto, probabilmente avrebbe letto gli scritti foucaultiani sulla sessualità, trovandovi riflessioni molto vicine alle sue. Mentre Pasolini vergava la sua Abiura della «Trilogia della vita», Foucault stava scrivendo La volontà di sapere.

E’ d’altronde possibile che, durante la stesura de La volontà di sapere, Foucault avesse tra i suoi riferimenti Pasolini. Del fatto che avesse letto Pasolini abbiamo addirittura una testimonianza autografa.

Il 23 marzo 1977, quasi un anno e mezzo dopo la morte di Pasolini, Le Monde pubblica una recensione del suo documentario Comizi d’amore, proiettato di recente in una retrospettiva parigina. L’autore della recensione, intitolata «I grigi mattini della tolleranza», è proprio Michel Foucault. Quest’ultimo legge il film del ’63 alla luce delle analisi successive di Pasolini («corsare» e «luterane»), che implicitamente fa coincidere con le proprie. Foucault dà mostra di aver letto gli Scritti corsari e visto svariate altre pellicole pasoliniane, a cominciare da Mamma roma. Ecco gli ultimi capoversi dell’articolo:

«Il film […] può servire da punto di riferimento. Un anno dopo Mamma Roma, Pasolini continua su ciò che diventerà, nei suoi film, la grande saga dei giovani. Di quei giovani nei quali non vedeva affatto degli adolescenti da consegnare a psicologi, ma la forma attuale di quella “gioventù” che le nostre società, dopo il Medioevo, dopo Roma e la Grecia, non hanno mai saputo integrare, che hanno sempre avuto in sospetto o hanno rifiutato, che non sono mai riuscite a sottomettere, se non facendola morire in guerra di tanto in tanto. E poi il 1963 era il momento in cui l’Italia era entrata da poco e rumorosamente in quel processo di espansione-consumo-tolleranza di cui Pasolini doveva redigere il bilancio, dieci anni dopo, nei suoi Scritti corsari. La violenza del libro dà una risposta all’inquietudine del film. Il 1963 era anche il momento in cui aveva inizio un po’ ovunque in Europa e negli Stati Uniti quella messa in questione delle forme molteplici del potere, che le persone sagge ci dicono essere “alla moda”. E sia pure! Quella “moda” rischia di rimanere in voga ancora per un po’ di tempo, come accade in questi giorni a Bologna.»
(Traduzione dal francese di Raoul Kirchmayr, tratta da Aut Aut n. 345, «Inattualità di Pasolini», gennaio-marzo 2010)

[L’ultima frase è, ovviamente, un riferimento alla rivolta di massa seguita all’uccisione di Francesco Lorusso.]
A pensarci, è alquanto implausibile che Foucault – studioso del sadismo, dei meccanismi disciplinari e del rapporto sesso-potere – non avesse visto Salò, proiettato in anteprima al Festival di Parigi il 22 novembre 1975, pochi giorni dopo la morte violenta del suo autore e regista.

Le courage de la vérité

Che Foucault, negli ultimi anni della sua vita, avesse in mente il percorso poetico/critico e le riflessioni di Pasolini, parrebbe evidente anche dal titolo del suo ultimo corso al Collège de France (1984), quello dedicato al concetto di parresìa, ovvero al «parlare franco», al «discorso veritiero» della cultura greca. Il corso si intitolava: «Il coraggio della verità». La traduzione italiana delle trascrizioni arriverà in libreria a settembre, edita da Feltrinelli, a cura di Mario Galzigna.
A quanto mi consta (ne ho parlato anche con Galzigna), nessuno ha riconosciuto la citazione pasoliniana. Eppure l’espressione figura in uno degli scritti più conosciuti del Pasolini corsaro: «Il romanzo delle stragi», noto anche col titolo «Che cos’è questo golpe?», uscito sul Corriere della sera il 14 novembre 1974. Pasolini scrive (sottolineature mie):

«Il potere […] ha escluso gli intellettuali liberi […] dalla possibilità di avere prove ed indizi. Mi si potrebbe obiettare che io […] potrei entrare in quel mondo esplicitamente politico […] compromettermi con esso, e quindi partecipare del diritto ad avere, con una certa alta probabilità, prove ed indizi. Ma a tale obiezione io risponderei che ciò non è possibile, perché è proprio la ripugnanza ad entrare in un simile mondo politico che si identifica col mio potenziale coraggio intellettuale a dire la verità: cioè a fare i nomi. Il coraggio intellettuale della verità e la pratica politica sono due cose inconciliabili in Italia.»

Due vite

Pasolini e Foucault erano quasi coetanei. Nacquero a quattro anni di distanza l’uno dall’altro e furono battezzati con due nomi, uno dei quali era “Paolo”: Paul-Michel Foucault e Pier Paolo Pasolini.
Nacquero e crebbero in provincia, sospesi tra città e campagna: Foucault tra Poitiers e la fattoria dei nonni a Vendeuvre-du-Poitou; Pasolini tra Bologna e Casarsa. Ebbero un rapporto forte con la madre (che sarebbe loro sopravvissuta) e di quasi estraneità col padre (che sarebbe morto prima di loro). Vissero l’occupazione tedesca dei rispettivi paesi, e nelle loro educazioni ebbe un ruolo importante la Resistenza. L’occupazione e la guerra partigiana incisero più tragicamente nella vita di Pasolini, che perse il fratello Guido, ma anche la vita di Foucault ne fu influenzata, e proprio nel rapporto col suo futuro pane quotidiano, ovvero la filosofia: due insegnanti di filosofia del suo liceo, il Collège Saint-Stanislas di Poitiers, furono uccisi dai nazisti in quanto membri della Resistenza. E negli ultimi anni di vita, Foucault ricorse almeno una volta a uno pseudonimo, «Louis Appert», che era in realtà un sottile omaggio alla Resistenza: Louis Appert era un partigiano, un membro del Comité de Libération di Poitiers.

Più o meno alla stessa età, Pasolini e Foucault si iscrissero ai rispettivi partiti comunisti: Pasolini nel 1947, Foucault nel 1950. Ne uscirono due anni più tardi, e in malo modo: Foucault nel 1952, in polemica con l’antisemitismo diffuso nel PCF; Pasolini espulso dal PCI nel 1949, dopo lo scandalo di Ramuscello. Per la diversa natura dei due partiti (quello francese tetragonamente stalinista, quello italiano meno rigido e più dotato di «contrappesi» quali l’eredità di Gramsci), Pasolini poté ristabilire un rapporto e un confronto, seppure a tratti molto critico, mentre la rottura di Foucault fu assoluta.

I due si stabilirono nelle capitali dei rispettivi paesi. Attraversarono marxismo e psicanalisi. Vissero la loro attività intellettuale in modo «militante» e, in modi diversi, polemizzarono con la «nuova sinistra» nata dal ’68. Viaggiarono in Africa e negli Stati Uniti. Si interessarono alle arti underground e alla controcultura USA.

Fin da giovanissimi si scoprirono omosessuali.
Furono aggrediti fisicamente durante o subito dopo «spedizioni» notturne legate al sesso: Foucault fu picchiato a Tunisi nel 1968 (probabilmente da elementi in borghese della polizia politica); Pasolini fu aggredito a Roma diverse volte, fino alla fatidica serata all’Idroscalo.
All’affermarsi dei movimenti di liberazione omosessuale, Pasolini e Foucault ammisero – implicitamente o esplicitamente – di rimpiangere la (o provare piacere nella) dimensione del segreto e della doppiezza. In una lettera aperta a Calvino dell’8 luglio 1974, poi raccolta negli Scritti corsari, Pasolini si paragonò con un certo compiacimento a Mister Hyde: «Io, come il dottor Hyde, ho un’altra vita.» Foucault, in alcune interviste, descrisse la vecchia, codificata clandestinità in toni sottilmente elegiaci.

Morirono entrambi in circostanze legate alla loro ricerca del sesso: Pasolini massacrato all’Idroscalo di Ostia (da chi?) dopo aver rimorchiato Pelosi; Foucault stroncato dall’AIDS, plausibilmente contratto nelle saune gay di San Francisco.

Una diversa violenza sui corpi

La «Trilogia della vita» (composta dai film Il Decameron, I racconti di Canterbury e Il fiore delle Mille e una notte) metteva in scena il sesso e il suo “linguaggio”, narrava la potenza dell’eros.
La presa di distanza che Pasolini esprime nella Abiura della «Trilogia della vita» (1975) ha molto in comune con quel che scriverà Foucault un anno dopo nel primo capitolo de La volontà di sapere, intitolato «Noialtri vittoriani»: è falsante descrivere il rapporto tra sesso e potere solo in termini di repressione del primo da parte del secondo; «scegliere il sesso non significa di per sé essere contro il potere», perché il «divieto del sesso» non è la strategia universale del potere, semmai è una strategia locale, singolare, che in certe fasi e in certi luoghi prevale sulle altre. Il rapporto tra sesso e potere si basa su un continuo «discorso sul sesso», sollecitato in tanti modi, e dunque una società può esercitare il potere sul sesso anche «iper-sessualizzando» le pratiche e i discorsi.
Scrive Pasolini:

«Io abiuro dalla Trilogia della vita, benché non mi penta di averla fatta. Non posso negare la sincerità e la necessità che mi hanno spinto alla rappresentazione dei corpi e del loro simbolo culminante, il sesso […] Nella prima fase della crisi culturale e antropologica cominciata verso la fine degli anni Sessanta – in cui cominciava a trionfare l’irrealtà della sottocultura dei “mass- media” e quindi della comunicazione di massa – l’ultimo baluardo della realtà parevano gli “innocenti” corpi con l’arcaica, fosca, vitale violenza degli organi sessuali […] Ora, tutto si è rovesciato. Primo: la lotta progressista per la democratizzazione espressiva e per la liberazione sessuale è stata brutalmente superata e vanificata dalla decisione del potere consumistico di concedere una vasta (quanto falsa) tolleranza. Secondo: anche la “realtà” dei corpi innocenti è stata violata, manipolata, manomessa dal potere consumistico; anzi, tale violenza sui corpi è diventata il dato più macroscopico della nuova epoca umana.»

Negli anni in cui i movimenti per la liberazione del corpo e per la rivoluzione sessuale combattevano importantissime battaglie, e i movimenti omosessuali iniziavano la loro lunga lotta per libertà e apertura, Foucault e Pasolini mettevano in guardia tutti quanti, esortavano a sospettare di quella libertà e di quell’apertura, sostenendo che il problema della sessualità non era più – o non era soltanto – la sua repressione. Ipostatizzare una strategia locale (il divieto del sesso, il castigo del corpo in costumi repressivi), descriverla come operativa sempre e comunque, significava non capire che il rapporto tra sesso e potere può essere di segno molto diverso e non per questo produrre soggettività più libere.

Pensiamo al «berlusconismo», qui inteso nell’accezione più ampia, come manifestazione esemplare e al tempo stesso versione molto italiana (cfr. Stanis La Rochelle) di quello che Jacques Lacan chiamava il «discorso del capitalista», cioè l’esortazione al godimento immediato, a scapito di ogni regola e legame sociale.
Nel «discorso di Berlusconi» non c’è pruderie né tantomeno «divieto del sesso», anzi: c’è la continua titillazione para-pornografica dell’immaginario, e l’accusa di «moralismo bacchettone» è usata come clava contro chiunque si azzardi a criticare l’andazzo corrente. E’ precisamente lo scenario dell’Abiura.
Il «discorso di Berlusconi» dimostra anche che il rapporto tra potere e sesso è fatto di strategie diverse tra loro, mai riducibili ad unum, a un’unica logica a cui ricondurre ogni mossa. Basti un esempio: nell’Italia berlusconizzata si auto-alimenta da tempo un circolo vizioso tra incitazione all’omofobia (con sempre più episodi di violenza di strada) e rutilante esibizione/esaltazione del gay o del transgender famoso e possibilmente di destra (da Platinette a Signorini a Lele Mora, passando per Dolce & Gabbana). Platinette, non a caso, è l’esempio posto all’apice del sermone sulla «locura»  nell’ultima puntata della serie TV Boris:

«…Io parlo della locura, René, la locura!
«
…Io parlo della locura, René, la locura! La pazzia, che cazzo, René… La cerveza! la tradizione (o ‘merda’, come la chiami tu), ma con una bella spruzzata di pazzia. Il peggior conservatorismo… che però si tinge di simpatia, di colore, di paillettes. In una parola: Platinette! Perché Platinette, hai capito, ci assolve da tutti i nostri mali, da tutte le nostre malefatte… ‘Sono cattolico, ma sono giovane e vitale perché mi divertono le minchiate del sabato sera!’ È vero o no? Ci fa sentire la coscienza a posto, Platinette. Questa è l’Italia del futuro: un paese di musichette… mentre fuori c’è la morte! È questo che devi fare tu: ‘Occhi del cuore’, sì, ma… Con le sue pappardelle, con le sue tirate contro la droga, contro l’aborto… ma con una strana, colorata, luccicante… frociaggine! Smaliziata e allegra come una cazzo di lambada! È la locura, René, è la cazzo di locura! Se l’acchiappi, hai vinto.»

Il potere non si basa sul divieto del sesso, ma sulla continua sollecitazione di un discorso sul sesso, che può sì includere strategie di interdizione e condanna, ma giocandole con altre finalizzate alla spettacolarizzazione, alla mercificazione, alla distrazione di massa, alla creazione di perversi «doppi vincoli» tra l’imperativo «Godi!» e la condizione «Purché tu rimanga al tuo posto». Musichette, mentre fuori c’è la morte. E’ la locura. E’ la cazzo di locura.

Postilla su Pasolini e la «Dopostoria»

Anche alla luce di questo, è riduttivo, anzi, è del tutto fuori luogo dire che Pasolini fu un «reazionario». E’ una misera scorciatoia. Certamente gli piaceva épater les modernes, ma i suoi contrattacchi culturali li azzardò partendo dal rammarico per la scomparsa dell’ «illimitato mondo contadino», non approdandovi. Soprattutto nei suoi anni «corsari» (ma già dai primi anni Sessanta), Pasolini cercò di aggredire il nemico non nelle postazioni che stava abbandonando, bensì in quelle che stava per occupare.
Si ricorda sempre il celeberrimo incipit «Io sono una forza del passato, / solo nella tradizione è il mio amore» (da Poesia in forma di rosa, 1964), ma quei versi andrebbero riletti ponendo maggiore attenzione alle prime quattro parole: «Io sono una forza». Il tempo è il presente, e non c’è un accasciarsi nella perdita, non c’è facile melancolia: il poeta è una forza, una forza che viene dal passato ma agisce nel presente, anzi, nel presente avanzato. Il poeta sta assistendo ai «primi atti della Dopostoria» da una postazione paradossalmente privilegiata («dall’orlo estremo di qualche età / sepolta…»). E’ la postazione di chi, incarnando la cesura tra tradizione e futuro, intuisce cosa riservi quest’ultimo e può aggirarsi in esso, «più moderno d’ogni moderno».

Io sono una forza del Passato.
Io sono una forza del Passato.
Solo nella tradizione è il mio amore.
Vengo dai ruderi, dalle chiese,
dalle pale d’altare, dai borghi
abbandonati sugli Appennini o le Prealpi,
dove sono vissuti i fratelli.
Giro per la Tuscolana come un pazzo,
per l’Appia come un cane senza padrone.
O guardo i crepuscoli, le mattine
su Roma, sulla Ciociaria, sul mondo,
come i primi atti della Dopostoria,
cui io assisto, per privilegio d’anagrafe,
dall’orlo estremo di qualche età
sepolta. Mostruoso è chi è nato
dalle viscere di una donna morta.
E io, feto adulto, mi aggiro
più moderno di ogni moderno
a cercare fratelli che non sono più.

* Su questo, cfr. gli aggiornamenti nei commenti qui sotto.
[Un montaggio diverso e più breve di questi appunti è uscito sul n.3 di Nuova Rivista Letteraria, Edizioni Alegre, maggio 2011.]

BIBLIOGRAFIA SELEZIONATA
Guy Casadamont, “Masques de Foucault”, in: AA.VV., Discipline, Security and Beyond, Carceral Notebooks vol. 4, Chicago, 2008
Didier Eribon, Michel Foucault, Leonardo, Milano, 1991
Roberto Esposito, Pensiero vivente. Origine e attualità della filosofia italiana, Einaudi, Torino, 2010
Michel Foucault, La volontà di sapere, Feltrinelli, Milano, 1978
Franco Grattarola, Pasolini. Una vita violentata, Coniglio, Roma, 2005
David Macey, Michel Foucault, Reaktion Books, London, 2004
James Miller, La passione di Michel Foucault, Longanesi & Co., Milano, 1993
Pier Paolo Pasolini, Empirismo eretico, Garzanti, Milano, 1972
Pier Paolo Pasolini, Scritti corsari, Garzanti, Milano, 1975
Pier Paolo Pasolini, Lettere luterane, Einaudi, Torino, 1976
Enzo Siciliano, Vita di Pasolini, Mondadori, Milano, 2005

***

LINK CORRELATI
( Wu Ming 1 su / a partire da / Foucault e/o Pasolini
)

BRANCO ’75
Unire quel che appare diviso: Salò e Amici miei, note per una visione comparata. Aprile 2010.

INTERVISTA SU “MATERIALI FOUCAULTIANI”
Cliccando si arriva ai primi due botta-e-risposta. Per proseguire, cliccare su “Suivant”, in basso a sinistra. Autunno 2010.

FOUCAULT IN IRAN: RIVOLUZIONE, ENTROPIA, UGUAGLIANZA
Articolo apparso su Nuova Rivista Letteraria, n.2, edizioni Alegre, dicembre 2010.

DAL FILOSOFO MASCHERATO ALLO SCRITTORE-GUERRIGLIA
DAL FILOSOFO MASCHERATO ALLO SCRITTORE-GUERRIGLIA

Mp3, 128k, 29 minuti. Intervento all’incontro “Scrittori all’Arsenale / Sottrazioni d’autore”, organizzato dal laboratorio Ibridamenti e svoltosi alla Sala delle Galeazze dell’Arsenale di Venezia il 23 ottobre 2009.

PASOLINI PARTIVA PER PRIMO
Scazzottate, inseguimenti e minacce di ritorsione fisica. La pacifica vita violenta di un poeta. Novembre 2005.

DIALOGO TRA WU MING 1 E MARIO GALZIGNA: COS’E’ UN AUTORE

DIALOGO TRA WU MING 1 E MARIO GALZIGNA: COS’È UN AUTORE
Wu Ming 1 e il filosofo Mario Galzigna (docente di Storia della scienza e Storia e metodi della psichiatria all’Università Ca’ Foscari di Venezia, nonché curatore delle edizioni italiane degli ultimi corsi di Michel Foucault al Collège de France) dialogano a ruota libera – partendo da una celebre conferenza tenuta da Foucault nel 1969 – sul seguente tema: cos’è un autore? O meglio: come funziona? L’incontro si è svolto al VEGA, Parco tecnologico di Marghera (VE), il 16 marzo 2010. Mp3 160k. La registrazione dura un’ora esatta, il file “pesa” 58 mega.

Scarica questo articolo in formato ebook (ePub o Kindle)Scarica questo articolo in formato ebook (ePub o Kindle)

55 commenti su “Pasolini e Foucault: appunti per un «Vite parallele»

  1. Molto molto stimolante.. probabilmente i due stanno ancora discutendo davanti a una birra, al Bagdad Cafè delle Grandi Praterie…

  2. […] secondo link è un intervento di Wu Ming 1 su Giap!. Argomento, pertinente a molte discussioni fatte qui: Pasolini e Foucault. […]

  3. @wm1

    nei mefitici anni ottanta, nelle mie baruffe quotidiane coi compagni di classe che ripetevano le battute di drive-in e si intruppavano ogni sabato in discoteca, li accusavo sempre di praticare la “trasgressione obbligatoria”. non sapevo nemmeno che esistesse foucault, non avevo letto pasolini, non avevo idea di cosa fosse la locura, ma adesso so che avevo ragione. :-(

  4. il concetto di «biopolitica», fu introdotto per la prima volta(come idea-presenza del/nel proprio essere) da Foucault nelle pagine finali de La volontà di sapere; ma anche da quanto ravisabile su wikipedia http://it.wikipedia.org/wiki/Biopolitica e qui http://www.mondo3.it/filosofia/saggistica/biofouc.html, il primo che lo presentò fu Georges Bataille agli inizi del novecento, anche se probabilmente con “rapporti tra idee” non identici rispetto a quelli che Foucault presentò con tale idea (e che probabilmente gli si presentarono), ma non essendo stato da me letto il testo in cui Bataille lo presentò non posso essere esattamente certo dell’esattezza di tale “informazione”.

  5. @ FrancescoRussig

    certamente il termine “biopolitica” ha una storia più lunga di quella del concetto introdotto da Foucault.
    Peraltro, io attingo dal gruppo Tiqqun (dal loro libro “La comunità terribile”, 2001), informazioni un po’ diverse. Secondo loro, la parola “biopolitique” fa il suo primo ingresso nel dibattito in lingua francese… da destra, nel 1960, in un pamphlet scritto da un certo “A. Starobinski”. Dopodiché, alla fine del 1968 esce la rivista “Cahiers de la biopolitique”, organo di una fantomatica “Organizzazione del contributo alla vita”. Scrive Tiqqun:

    «Il suo direttore, nonché prima manodopera, non è altri che André Birre, sinistro funzionario passato negli anni Trenta dalla Lega dei diritti dell’uomo e da un grande progetto rivoluzionario al collaborazionismo.»

    In questa rivista, “biopolitica” (invariabilmente usato in un’accezione positiva, anzi, prescrittiva) sembra essere un eufemismo per una politica della pulizia razziale, in direzione di una società armonica, organicistica. Scrive ancora Tiqqun:

    «Nei due numeri dei Cahiers troveremo… logiche digressioni sulla “ricostruzione dell’essere umano”, gli “indici di salute e qualità”, il “normale, l’anormale, il patologico”, nel bel mezzo di considerazioni dal titolo: “quando la donna governa l’economia del mondo”, “quando gli organismi internazionali aprono la strada della biopolitica” oppure “il nostro motto e il nostro impegno per l’onore di essere e servire”. Vi si legge che: “La biopolitica è stata definita la scienza del comportamento degli Stati e delle collettività umane, tenuto conto delle leggi e degli ambienti naturali e dei dati ontologici che sorreggono la vita e determinano l’attività degli uomini”.»

  6. ciao, una prospettiva di ricerca molto interessante.
    Se posso farti un appunto c’è un caso documentato di “collegamento diretto” tra Pasolini e Foucault. Nel 1967 Pasolini ha girato il cortometraggio “Cosa sono le nuvole?” http://www.youtube.com/watch?v=ooRBxoN-dm8 (oltretutto è l’ultimo film di Totò) dal minuto 00:56 vengono inquadrati una serie di manifesti del teatro. Queste locandine sono tutti quadri di Velázquez e quella riguardante la rappresentazione del giorno, dal titolo “Cosa sono le nuvole?” per l’appunto, ha come soggetto il famoso “Las Meninas”. Tutta questa introduzione serviva per segnalare il collegamento. Infatti Las Meninas non solo è raffigurato in copertina a “Le parole e le cose” ma la parte iniziale del libro di Foucault è dedicata proprio ad un analisi di tale opera. Il saggio era uscito un anno prima della realizzazione del film e Pasolini cita questo scritto di Foucault in un intervista. Ora provo a vedere se l’intervista è reperibile in internet altrimenti dovrei averla in foma cartacea e spero di riuscire a trovarla. Se ti interessa posso inviartela.

  7. @ giacomo87

    BINGO!
    Sì, per favore, cerca di trovare l’intervista. Sarebbe il tassello mancante, prova di un leggersi *reciproco* tra Foucault e Pasolini… e prova del fatto che non ho soltanto delirato :-) Finora avevo solo la prova che Foucault conosceva il pensiero di Pasolini, ma non sapevo nulla del viceversa.
    Grazie davvero.

  8. @giacomo87

    Ho trovato questo saggio su “Las meninas” in Pasolini e in Foucault:
    http://www.pasolini.net/exibart.pdf
    Solo che non c’è citazione di una fonte diretta. Che la rappresentazione del quadro fatta da Pasolini sia stata influenzata dalla lettura de Le parole e le cose è presentata come una mera – e cauta – ipotesi di Siti e De Laude (vedi nota 5 in calce a pagina 2).
    Insomma, per il momento è uno dei “riferimenti incrociati” che, come scrivevo nel post, ogni tanto si trovano negli studi sull’uno e sull’altro personaggio.
    Quella che manca è una riflessione su tutti gli evidenti parallelismi Pasolini-Foucault. Riflessione che, se si trovasse l’intervista che dici, avrebbe basi più solide nella reciprocità del loro leggersi.

  9. WM1, da’ un’occhiata qui:

    «In un saggio che esce su “Nuovi argomenti, nn.3-4 luglio-dicembre 1966” Pasolini accenna in nota alla “Prosa del mondo” indicandolo come il libro nuovo di Foucault che non ho ancora letto.»
    qui:
    http://bit.ly/jVgqSi

    E anche:
    ” The camera pans over film posters of Pasolini’s past and future short features that are illustrated by details of paintings by Velasquez.8 It finally focuses on today’s offering, which is not, as the song has led us to believe,
    Shakespeare’s Othello, but Pasolini’s Clouds. The poster is illustrated by a cheap reproduction of Las meninas. The interior scene at the Spanish court has nothing to do with either Othello or the film title, but the painting is an
    important clue to interpreting Clouds because of what it tells us about modes of representation. It shows the painter at the easel looking at his models outside
    the painting and therefore at the onlookers, who, as Foucault famously argued in his The Order of Things (1966), cannot help becoming part of the
    representation. Pasolini tries to reproduce for his viewers the effect of being at the same time outside and inside the film, of being at one with the fictive audience, but also of wandering backstage in search of the elusive author
    who challenges them to constantly readjust their interpretation of Clouds in the light of his references to other authors. ”
    http://www.enl.auth.gr/gramma/current/tempera.pdf

    http://xoomer.virgilio.it/soqquadroappunti/SlideStoriaCriticaCinemaSciacca20072008/10-Pasolini%20e%20la%20pittura.pdf

    Diapositiva 79.

  10. Cazzo, ho fatto bene a tirar fuori gli appunti! Dài dài dài (cit.), ché la direzione è giusta!

  11. Spero di riuscire a trovarla tra le varie scartoffie di casa! Se la memoria non mi inganna comunque nell’intervista Pasolini citava solamente il saggio “Le parole e le cose”, senza addentrarsi in un analisi dell’opera o altre considerazioni di questo tipo. Comunque a mio parere l’intero cortometraggio è fortemente influenzato dalle riflessioni che Foucault fa partendo dall’opera di Velasquez.Ciò si vede nei discorsi di Totò, Ninetto Davoli e il “burattinaio” ai margini della scena, ma sopratutto dall’intervento del pubblico dopo l’assassinio. Trovi anche te queste analogie? Comunque appena rientro a casa (ora sono in un altra città per i corsi universitari) vedo di ritrovare l’intervista e inviartela.

  12. @giacomo87
    è tanto tempo che non vedo “Che cosa sono le nuvole?”, mi sa che è giunta l’ora di riguardarlo.

    Ho aggiunto al post, in due diversi punti, un asterisco rosso che rimanda a questi aggiornamenti.

  13. apro un piccolo pertugio solo per dire che la conversazione Galzigna Wu Ming 1 e’ enorme. Grazie.

  14. @Ridolfi Il saggio cui fai riferimento è “La fine dell’avanguardia”, che è incluso in “Empirismo Eretico”. Nella mia edizione (Garzanti 1991) la nota è a pag. 137. Si può sbirciare qui: http://bit.ly/kyG8oG

  15. @peterpoe
    quella nota mi era sfuggita o me l’ero *completamente* scordata! Adesso non ho il libro sotto mano, appena torno a casa vado a vedere. E’ un riferimento stringatissimo e en passant, ma ai fini del nostro discorso è molto importante.

  16. So di per certo che il prof. Bazzocchi dell’università di Bologna (uno dei più grandi pasolinisti italiani) si occupa dello studio del poeta e di altri autori sulle basi ermeneutiche di Foucault. Due libri che potrebbero essere utili sono “Corpi che parlano” e “I burattini filosofi”

  17. Il movimento della camera pasoliniana in apertura di “Cosa sono le nuvole” attraverso i dipinti/manifesti (alla Mimmo Rotella) di Velasquez ripete all’inverso il movimento a elica indicato da Foucault nel quadro: cioè dal basso a sinistra (lo spettatore/modello fuori dal quadro individuato dalla direzione dello sguardo del pittore, “il posto del re”) all’estrema destra (dov’è una finestra), e poi da destra a sinistra, seguendo il movimento della luce che illumina i personaggi fino al pittore. Il movimento di Pasolini “eccede” quello di Foucault, perché parte dal “fuori quadro”: e del resto, al suo termine non c’è il rappresentatore (il pittore), ma la rappresentazione (il quadro). Qui: http://www.youtube.com/watch?v=ooRBxoN-dm8 (da 0:57 a 1:19).

  18. Totò/Jago: «Cosa senti dentro di te? Quella è la verità. Ma – shhh! – non bisogna nominarla: perché appena la dici, non c’è più». Qui: http://www.youtube.com/watch?v=cSn2Ceh336k&NR=1 (6:15 circa). Ma attenzione: a parlare è Jago, l’uomo/menzogna.

  19. Il dialogo tra Otello/Davoli e Jago/Totò sulla verità è anche qui: http://www.youtube.com/watch?v=rev9OWLKQsE&feature=related.

  20. @corpo10
    In effetti, nei famosi “pochi ma importanti riferimenti” figuravano alcuni nomi tra cui il suo. Foucault utilizzato per studiare Pasolini, per dire, l’ho visto anche in Carla Benedetti (con riferimento, per esempio, alla parresìa). Quel che mi ha colpito – e a questo punto maggior ragione – e’ di non aver trovato in giro – ma ripeto, il limite puo’ senz’altro essere mio – una trattazione delle convergenze tra le due vite e le due opere.

  21. Col permesso di WM Twitter posto link a cosa su Boris e la locura: http://bit.ly/lMBLwh
    Un po’ laterale per questo post ma piuttosto centrale per quello che si rappresenta oggi in Italia.

  22. @wm1
    ah, non avevo letto questo riferimento tra i “pochi ma importanti”; comunque il mio era un suggerimento senza pretese. Il discorso sul corpo -in questi saggi- è allargato non solo alla sessualità, ma a tutte le forme di “comportamento” fisiologico (un po’ come fece Bachtin nel secolo scorso). A questo punto dovrò andare a vedermi la Benedetti sulla parresia.

  23. @peterpoe @girolamo @giacomo87 e tutt*

    recuperata la mia copia di Empirismo eretico, ho ripescato la nota e l’ho letta nel suo contesto. E’ curioso che il cognome (e soltanto quello!) di Foucault appaia:

    1) in un testo italiano del 1966, anno in cui Foucault diventa davvero celebre in Francia (va ricordato che prima de Le parole e le cose i suoi libri erano conosciuti solo in ristrettissime cerchie; se non sbaglio, lo stesso Storia della follia nell’età classica in cinque-sei anni aveva venduto meno di duemila copie).

    2) nel mezzo di una polemica con Sanguineti;

    3) in una nota in cui Pasolini chiede aiuto a chiunque ne sappia più di lui (in buona sostanza, la stessa cosa che sto facendo io!);

    4) in un inciso solo precariamente collegato al contenuto della nota: l’aggancio è la coincidenza tra l’espressione appena utilizzata (“prosa del mondo”) e il titolo di un’opera non ancora letta.

    Questo testo contro la neoavanguardia esce nel luglio del ’66 su “Nuovi argomenti”. Conoscendo i tempi redazionali di una rivista (all’epoca anche più lenti), vuol dire che è stato consegnato *almeno* un mese prima dell’andata in stampa. Insomma, il pezzo è stato scritto nella prima metà del 1966.

    Quando scrive questa nota, Pasolini ha già letto o no Le parole e le cose (ovviamente in francese, unica lingua in cui il libro era disponibile)?

    Il fatto che Pasolini citi solo il cognome di Foucault (come oggi si fa spesso) sembra indicare una già esistente familiarità, ma potrebbe essere un modo di dire: “Il Foucault di cui tutti stanno parlando”.

    A me sembra che Pasolini stia dicendo:

    “Sto cercando di orientarmi, sto leggendo un sacco di cose che fino a poco tempo fa non conoscevo, perché sento un’urgenza, perché ho in testa delle connessioni tra questo e quello, molte cose ancora mi sfuggono, intanto pubblico queste note per vedere se qualcuno può interloquire con me. Tra gli altri, c’è anche Foucault, in Francia si sta parlando parecchio di lui, ho intenzione di affrontarlo ma ancora non ci sono riuscito. ”

    [Si parvissima licet, io mi ritrovo molto in questo stato d’animo :-) ]

    Ora, quel che a me piacerebbe sapere è: *quando* esattamente Pasolini legge per la prima volta qualcosa di Foucault? Perché a me sembra plausibile che, al momento di scrivere questa nota, non lo avesse ancora letto…

    Capriccio all’italiana (il film a episodi di cui fa parte Che cosa sono le nuvole?) esce in sala nel 1967, ma quando viene girato?

    Altra cosa:
    noi sappiamo che Foucault, come Picasso, ha avuto i suoi “periodi”. Il Foucault de Le parole e le cose appartiene a un altro periodo rispetto a quello de La volontà di sapere (che è di dieci anni dopo).
    In realtà, nel momento in cui Pasolini sviluppa i suoi discorsi “corsari”, contro il falso progresso etc. (diciamo che l’anno del “tipping point” è il 1974), Foucault sta insegnando molto ma pubblicando pochissimo. Se non sbaglio, tra il 1971 (L’ordre du discours) e il 1975 (Surveiller et punir) pubblica solo il libro su Roussel. E inizia a lavorare sulla sessualità, la cura di sé etc. etc. dopo aver pubblicato Sorvegliare e punire (1975).

    Voglio dire: quando Pasolini scrive l’Abiura della “Trilogia della vita”, gira “Salò” e scrive il grosso di “Petrolio”, è possibile che non legga scritti di Foucault da svariati anni, e certamente non può saper nulla di quel che Foucault sta scrivendo sui rapporti tra sesso, discorso e potere. Insomma, la coincidenza tematica e – in parte – di approccio è proprio una roba da “vita parallela”, non so se sono riuscito a spiegarmi…

    Non è fantastica questa cosa?

  24. @collettivocorpo10

    mi sa che non mi sono fatto capire, scrivevo dal cellulare mentre ero rimasto chiuso fuori di casa insieme a mia figlia dopo aver perso le chiavi! Aspettavo che arrivassero i soccorsi, la bimba giocava in giardino e io ti rispondevo :-)
    Tu non hai letto il nome di Bazzocchi tra i riferimenti che ho fatto io… a ragion veduta, perché non c’era! :-)
    *Io* lo avevo letto tra i riferimenti che avevo trovato in rete. A questo punto cercherò di approfondire, grazie mille.

  25. @ matteo b.

    non avevo visto il tuo commento, grazie a te!

  26. http://www.pasolini.net/cinema_cosasononuvole.htm

    Qui dice che il cortometraggio (tra parentesi, per me un capolavoro inestimabile) venne girato in pochissimi giorni tra il marzo e l’aprile del ’67.
    Dato l’incredibile cast è verosimile che la realizzazione durò così poco (e penso anche la scrittura).

  27. Credo di essermi imbattuto in questo articolo qualche mese fa cercando informazioni sui film di Pasolini. Ho provato a leggerlo…un po difficilie per le mie capacita’…spero sia in qualche modo utile a voi.

    E’ in inglese. Si intitola: “Reappearance of Paul, “Sick”’: Foucault’s Biopolitics and the Political Significance of Pasolini’s Apostle.”
    Qui: http://www.jcrt.org/archives/11.1/index.shtml
    Grazie per il vostro lavoro.

  28. Ieri sera dopo aver letto son crollato e solo oggi mi son dato un po’ da fare e in Corpus Pasolini ( http://j.mp/kjFz8N ) ho scovato il saggio Corpus Christi Pasolini di Marcello W. Bruno che alle pag. 96-97 si chiede:
    “ (…) ma in cosa coinciderebbero le figure dell’autore e del personaggio, dove dovremmo qui collocare la “soggettiva libera indiretta”? Per il teorizzatore del “teatro di parola” la risposta è semplice: nella predicazione come attività di parresia. Michel Foucault, la cui autobiografia ha molti punti in comune col bios pasoliniano, così definisce il termine inventato da Euripide: (…). Foucault elenca come “dicitori di verità” i ruoli del profeta, dell’oracolo, del poeta, dell’esperto e del predicatore: non c’è dubbio che PPP abbia di volta in volta ricoperto ciascuno di questi ruoli”.
    Il libro è densissimo e molto molto bello.
    Continuo la ricerca e @WM1 questa *cosa* da vite parallele in risonanza, in accordo, è fantastica e le vibrazioni sono così potenti che stiamo qua a parlarne. Grazie a tutt* per i contributi.

  29. @ yamunin

    ho spedito una mail a Marcello W. Bruno, per segnalargli questa discussione. Giusto così, per gettare un messaggio in bottiglia. E’ la risonanza, René, è la cazzo di risonanza! :-D

  30. @ WM1
    mi hai preceduto e hai fatto bene. MWB è stato mio prof al DAMS e relatore di tesi. E’ la cazzo di risonanza! :-D

  31. Il post ha degli spunti molto interessanti (da tempo sto “vergando” alcune note su un “dialogo assente” tra Sciascia e Foucault…) per quanto ritengo si debba parlare soprattutto di un “grande” incontro mancato.

    Negli ultimi posts ho notato la presenza di alcuni concetti- parresia, haecceitas e biopolitica-tra loro strettamente correlati e tutti riguardanti la problematica intersezione politica-vita-soggettivazione. Proprio il concetto di “ecceità”, per dirne una, ripreso da Deleuze-Guattari in “Millepiani”, deve la sua origine proprio al tentativo problematico di Duns Scoto di emanciparsi dalla nozione aristotelica di “sostanza” in riferimento a quella “singolarità diveniente che è la “persona”.

    Senza alcuna pretesa vorrei segnalare due titoli che possono aiutare e chiarire la nozione di “biopolitica”:
    – Biopolitica. Una mappa concettuale, ed Carocci, di L. Bazzicalupo. (una vera e propria mappa per non “perdersi” nelle diverse declinazioni ermeneutiche del concetto)
    – Biopolitica. Storia e attualità di un concetto, ed. Ombre Corte, a cura di A.Cutro (presenta una interessante genealogia della parola:molto più “vecchia” rispetto a quanto solitamente si crede).

    Per una lettura più problematica e meno divulgativa c’è poi “Bios” (ed Einaudi) del citato Esposito. Le pagine sulla declinazione della biopolitica in tanatopolitica nel nazismo sono interessantissime.

    Spero di essere stato utile a qualcuno.

  32. @ sentieri erranti
    Probabilmente ti è già noto, ma nel libretto di Sciascia sull’affare Moro c’è un riferimento a “Sorvegliare e punire” in sé errato (Sciascia ipotizza che le BR avessero letto quel testo, il che è implausibile; o meglio, lo avranno anche letto, ma di sicuro non l’hanno recepito: e quella della ricezione di Foucault, di chi lo ha letto nei primi Settanta e chi no, è un’altra storia che vale la pena di raccontare), ma che dimostra la lettura di Sciascia. Sto andando a memoria, ma credo di ricordare bene.

  33. Premetto che non sono un esperto (e nemmeno un gran lettore) di Pasolini e mi scuso se arrivo solo ora. Volevo ricordare alcune cose riguardo all’interpretazione della nota in EE.
    Foucault pubblica “La prose du monde” in Diogène, n° 53, janvier-mars, pp. 20-41, ora in Correspondance Dits et Ecrits : tome I, texte n° 33, vd http://michel-foucault-archives.org/
    Foucault è tradotto in Italia almeno dal 1963; soprattutto in quegli anni vi era uno strettissimo rapporto tra intellettuali francesi e italiani (a cominciare da Eco e appunto Sanguineti). Su Tel Quel scrivevano italiani e lo strutturalismo francese da noi desta subito grandissimo interesse. Foucault “esplode” con il libro del 1966 ma già prima del 1965 è ben noto tra i teorici della letteratura “e dintorni”.
    Secondo me ai tempi della redazione della nota P. conosce già “qualcosa” di Foucault, sebbene non abbia ancora letto Les mots et les choses. Mi parrebbe d’altronde strano che proprio in un contesto di polemica con la neoavanguardia P. si mettesse a tirar nomi per far figura di “aggiornato”.

  34. Allora, pare evidente che nel 1967 il Pasolini cineasta abbia subito (e messo al lavoro) l’influenza del Foucault di Le parole e le cose. La sequenza esaminata sopra sembra proprio una risposta ammirata e critica alla descrizione foucaultiana del quadro di Velasquez. E il dialogo sulla verità è qualcosa di più di una strizzata d’occhio.

    Io mi chiedo: come mai nei suoi saggi e articoli più importanti – quelli che egli stesso selezionò, raccolse e pubblicò in libro, più le raccolte postume Le belle bandiere (scritti 1960-1965) e Il caos (scritti 1968-1970) – il Pasolini “filosofo”, linguista e polemista non cita mai Foucault? A parte la smilza e fugace nota a pie’ di pagina in EE, intendo. Se qualcuno di voi trova altre occorrenze, le segnali.

    Questa assenza potrebbe avere a che fare con la questione dei “periodi” di Foucault e con la ricezione della sua opera in Italia.

    Fino al ’68, Foucault ha un dato profilo pubblico: all’inizio è gettato nel mucchio dello strutturalismo e anche più tardi – al contrario di Pasolini – non è associato a un interventismo “militante”. Forse i suoi scritti teorici di quest’epoca “non servono” (intendo: non servono come citazioni) al Pasolini intellettuale militante.

    E’ dopo il ’68 e nei primi anni ’70 che Foucault acquisisce tutt’altro profilo: i suoi scritti si fanno più esplicitamente politici, dialoga coi maoisti, prende le botte dalla polizia etc. La questione del potere è posta in modo radicale.

    A quest’altezza, però, abbiamo visto che la sua produzione di libri si dirada. E forse (forse!) Pasolini non segue quel che Foucault sta scrivendo, quindi non lo cita nelle sue polemiche anche se certe cose ci starebbero come “il cacio sui maccheroni”. Foucault non pubblicherà un magnum opus fino al ’75 con “Sorvegliare e punire”, che inaugura un’ulteriore fase. Fase che, purtroppo, Pasolini non fa in tempo a seguire. Se l’avesse seguita, come scrivevo nel post, si può ragionevolmente dire che ne avrebbe tratto spunti determinanti (nell’altro senso, pare che Foucault li stesse traendo da lui).

    Ho scritto delle stronzate?

  35. @Girolamo
    Sì, hai perfettamente ragione. Il riferimento di Sciascia è impreciso e, stranamente, riguarda il testo di Foucault cui sembra essere più legato (lo cita anche in un’intervista che, però, a memoria non ricordo quale essere-le note non le ho qui :-) ). Ciò che, però, più mi ha colpito riguarda proprio le assonanze del lavoro archeologico dei due e, al contempo, il procedere parallelo delle esistenze intellettuali che sembrano non essersi mai veramente incontrate:l’ho sempre pensato come uno splendido incontro non pervenuto :-)

  36. Chiaramente, la prima cosa che viene in mente, addirittura banale (tanto che l’avrà già fatta notare chissà quanta gente), è che entrambi si occuparono di Roussel.

  37. @ wu ming1 Probabilmente non del tutto inerente(e un po’ sgrammaticato) a quanto chiedi ma forse in piccola parte utile:
    Per Tiqqun non so, non mi era più presente quella parte di testo, penso che, ovviamente, se mi documentassi meglio potrei rispondere…ma aggiungo che lessi anche “l’insurrezione che viene” e che nei testi, soprattutto in qiest’ultimo, trovai(a mio avviso) delle contraddizione e ambiguita che in francia mi furono giustificate col fatto che i testi erano scritti da più persone; penso quindi che andrebbe inteso se il primo che ne trattò fu bataille o meno e in che termini, poichè a quanto risulta dal sito lo presentò nei primi del novecento(foucalt curò per la gallimard l’opera completa di bataille, il cui primo volume fu pubblicato nel 1970, dicendo a riguardo «On le sait aujourd’hui : Bataille est un des écrivains les plus importants de son siècle»), a visto che presenti anche questioni di destra suppongo tu sia a conoscenza delle critiche mosse da carlo ginzburg a bataille e caillois in “mitologia germanica e nazismo” che personalmente non condivido del tutto e mi risultano strane(o non lesse i testi del “collège de sociologie” e “l’azzurro del cielo” o nel suo testo si spiega molto male, o non vuole farlo, non so se per brevità o meno o perchè non lo riteneva argomento principale)
    Aggiungo che (forse già saprai) probabilmente Blanchot e Pasolini si siano conosciuti di persona almeno sempre da wikipedia: B. “con Vittorini, Italo Calvino, Pier Paolo Pasolini, Michel Leiris, Günter Grass, Hans Magnus Enzensberger e altri progetta una «Revue internationale» partecipando alle riunioni del 1960 con entusiasmo. Il progetto però non riesce a partire e Blanchot resta amaramente deluso.”. Inoltre per i rapporti con la Francia andrebbe tenuto presente anche Agamben che recitò ne “Il Vangelo secondo Matteo” anche se non conosco esattamente in che rapporti fosse con Pasolini.
    Se si volessero definire dei rapporti come coi numeri di Erdos(http://it.wikipedia.org/wiki/Numero_di_Erd%C5%91s anche se in tal caso non è detto che siano di lettura, e non so quanto possa esser seria come cosa, dato che io stesso presenterei un numero di erdos 2 con foucalt…. feci un esame di storia dell’arte contemporanea, monografia sul surrealismo, professore penso trotskysta laureato in filosofia, estetica penso, una tesi sul surrealismo e simili, abbastanza fuori di testa e sclerato, voleva fare lo psicanalista ma non gli bastavano i soldi per farsi gli anni di psicanalisi per poi poter esercitare, prima d’iscriversi all’università visse per un periodo in francia, negli anni 60, 70 dopo la tesi per la quale, se non ricordo male, intervistò levy-strauss, partecipò molto giovane a delle conferenze con argan, volendo fare l’antropologo partì per l’africa e vi visse per un periodo, mi disse mentre svolgevo l’esame che conobbe, penso in francia, foucalt…non so a che livello, quando, e se quanto da lui raccontato fosse effettivo o meno) direi che si conoscevano direttamente o con un intermediario, forse al massimo due, tra loro: Caillois, Blanchot, Klossowski(Gide, Rilke, Cocteau, Balthus, probabilmente vari partecipanti agli incontri a La Fortelle: padre fessard, lanza del vasto, paulhan, marie- madeleine davy, lacan, deleuze e penso altri), Bataille (i vari partecipanti, non già presentati, al collège de sociologie e ad achepalle… penso anche coloro che si incontrarono ai seminari di Kojève), Lacan(sposò Sylvia Maklès ex-moglie di bataille attrice, recita anche in “la scampagnata”, di renoir, in cui bataille fece una comparsa recitando il ruolo di prete), Foucault, Leiris, Deleuze(secondo la biografia presente nell’abecedario incontra foucault nel 62 a clermont-ferrand a casa di jules vuillemin), Guattari, negri(ospitato e aiutato molto quando scappò in francia da deleuze e guattari, nel documentario “l’eterna rivolta” negri stesso presenta tali fatti, la sua compagna judith revel è membro del Comitato Scientifico del Centro di Michel Foucault, potresti chiedere a loro informazioni), Agamben, Bene, e altri vari penso fino ai vari surrealisti, a Koyré(Kandinskij), Trotsky(da Breton e quindi fino al messico Rivera, Kahlo), Šestov, Strauss, Benjamin(quindi si arriva alla “scuola di francoforte”), suppongo anche nancy(sempre rispetto a bataille: ero presente alla conferenza sulla fortuna che tenne al festival della filosofia a carpi…non nominò mai bataille in tutta la conferenza quando al termine una ragazza gli chiese se una parte di quanto presentato era riconducibile a bataille disse che tutta la conferenza era dedicata, non ricordo le esatte parole, a bataille… nominò anche più volte un verso d’una poesia, non ricordo se “l’azur” di mallarmé o un altra di valéry forse verlaine ma non penso, che mi continuava a far venire in mente “l’azzurro del cielo” di bataille; anche se in francese il titolo originale è “le blue du ciel”), esposito(sempre rispetto a bataille: ero presente alla presentazione del testo da te citato che esso fece alla “casa della cultura” a milano, strana conferenza con tendenze a mio avviso piuttosto nazionalisteggianti e fascisteggianti…udii cose “strane” , e gli presentai rispetto alla biopolitica quanto ripresentai anche a te, rispose ad un’altra mia questione ma non a questa, la cosa mi sembrò piuttosto strana dato che esposito scrisse, se di fatti la scrisse veramente lui, “La comunità della perdita” introduzione a “La congiura sacra” testo che tratta di acephalle e quindi anche di bataille, ne faceva parte anche klossowski, oltre che leiris, se t’interessasse… ne tratta anche blanchot in “La comunità inconfessabile” …e sempre rispetto a bataille aggiungo che dato questo trattare da parte di nancy ed esposito di argomenti inerenti a bataille senza mai nominarlo la cosa mi stranì e allora, dato che pensai che i due si conoscessero e supposi che in qualche modo anche negri li conoscesse; indi al termine di una conferenza di quest’ultimo alla International University College a torino: http://uninomade.org/diritto-del-comune/ ne approfittai per chiedergli, abbastanza fuori argomento rispetto alla sua conferenza, un suo parere rispetto a questo non pronunciare bataille in modo esplicito da parte di esposito e nancy; probabilmente mi espressi male, ma la sua risposta mi confuse ancora di più dato che mi disse qualcosa del tipo che il comune è qualcosa di “basso” è il deietto, non penso di confondermi con defezione, ma può anche darsi, e quando gli chiesi qualcosa rispetto ad’acephalle, mi salutò e andò via… ; forse gli risultò insensata la mia domanda, forse no, ma personalmente dato che già formulavo mentalmente questioni di rapporti tra i vari pensatori con bataille acephalle, e simili, la sua risposta mi fece pensare anche a qualche strano doppio gioco o simili da parte sua o di non so chi… anche se forse solo miei deliri personali, eccedevo con ipotesi complottistiche in quel periodo; anche se non so…), Baudrillard, morin, sartre, Maurice de Gandillac,Derrida, Lyotard, Althusser e molti molti altri (tra cui vari professori dell’egs http://www.egs.edu/)

  38. @FrancescoRussig

    ustia! Grazie, leggo con calma e ti dico. Spiego solo una cosa: ho citato Tiqqun perché la loro “genealogia” della parola “biopolitica” non l’ho trovata da nessun’altra parte, ma non era implicita alcuna considerazione positiva o negativa sulla loro produzione. Nello stesso libro da cui ho preso i virgolettati si trovano, l’una in fila all’altra, cose illeggibili (a dir poco “tirate via”), aneddoti fantastici, considerazioni illuminanti e *complete scemenze* (a un certo punto dicono che nei giorni del G8 di Genova le tute bianche consegnarono alla polizia alcuni Black Bloc!). Certo che non si tratta di scritti concettualmente rigorosi (ammesso che il rigore concettuale sia sempre e in ogni circostanza una cosa utile o un fine da perseguire), ma – lo dico per esperienza diretta – non credo affatto che dipenda dalla scrittura a più mani, quella che ti hanno dato in Francia mi sembra una non-spiegazione. Quei testi sono così perché volevano esserlo. Sta a noi tenere quello che ci serve e gettare il resto nella monnezza.

  39. anche in Calderón di pasolini è presente il rimando a las meninas http://it.wikipedia.org/wiki/Calder%C3%B3n_%28Pasolini%29 nella pagina vi è anche il collegamento, già presentato, al saggio su exibart

  40. @WM1, ti ho appena mandato una mail! :-)

  41. Spulciando tra le mie schede, neuroni e carte varie:
    1. Pasolini quasi certamente NON aveva una conoscenza diretta di Benjamin, a dispetto di un certo numero di suggestive assonanze; glielo rimproverava Arbasino (nel 1969, quando era ancora sobrio), e lo riconferma, con rammarico, Fortini;
    2. Agamben pubblica le sue prime cose (tra cui alcune orribili poesie) su “Nuovi Argomenti”: la conoscenza diretta di Pasolini è quindi più che plausibile, anche se Pasolini preferiva Francoforte ad Heidegger e agli heideggeriani (“a Francoforte si spera. Ad Heidelberg si studia, tra la noia”, scrive nella poesia dedicata a Rudi Dutschke)
    3. In un qualche momento collocabile tra “Le parole e le cose” e il 1968 Foucault venne in Italia, invitato in un convegno da Umberto Eco e Enzo Melandri (che scommisero qualcosa, credo una birra, su come F. avrebbe pronunciato “episteme”: “epistéme”, secondo Eco, o “epistemé”, secondo Melandri, che riteneva che F. non leggesse all’epoca il greco. Naturalmente vinse Melandri, che aveva orecchio finissimo). Purtroppo non sono in grado di rintracciare la data e il luogo (forse Milano), sapere chi andò ad ascoltarlo sarebbe certo importante.
    4. Non mi fiderei più di tanto di Esposito, quantomeno come fonte prima. I suoi testi sono sempre pieni di suggestioni, come dire?, “altrui”: intelligenti pauca.
    5. Guattari conosceva sicuramente Laura Betti, presentatagli da Bifo, e quindi il rapporto con Pasolini è certo: anche perché Deleuze e Guattari citano “Empirismo eretico” in “Mille Plateaux” (e Deleuze ritorna più volte su questa citazione).

  42. @girolamo
    Per Benjamin è innegabile quanto da te presentato, anche se nel caso fosse effettivo che “con Vittorini, Italo Calvino, Pier Paolo Pasolini, Michel Leiris, Günter Grass, Hans Magnus Enzensberger e altri progetta una «Revue internationale» partecipando alle riunioni del 1960 con entusiasmo. Il progetto però non riesce a partire e Blanchot resta amaramente deluso.” si denota che conobbe Leiris il quale partecipò e tenne conferenze al collège de sociologie che era frequentato anche da benjamin nel suo periodo a parigi(oltre che anche da klossowski che, sempre da wikipedia: http://it.wikipedia.org/wiki/Pierre_Klossowski#Traduzioni, denoto tradusse in francese testi di benjamin ancor prima della costituzione del collège; bataille inoltre nascose alla Bibliothèque Nationale preservandoli gli appunti di quelli che verranno pubblicati come i “passages”… tutto ciò se non ti fosse presente è presente nel testo “il collegio di sociologia” ed. bollati-boringhieri)
    per agamben a quanto presente in tale sito http://www.riflessioni.it/enciclopedia/agamben.htm negli anni sessanta, a Roma frequenta intensamente Elsa Morante, Pier Paolo Pasolini, Ingeborg Bachmann; e nel 1974 risiede a Parigi, insegnando come lettore di Italiano presso l’Università di Haute-Bretagne. Studi di linguistica e di cultura medievale. Amicizia con Pierre Klossowski e Italo Calvino , ciò potrebbe far pensare che forse conobbe anche foucault o udì sue lezioni, non so se ciò potesse esser da tramite con pasolini anche se il 74 è probabilmente già “tardi” rispetto a quanto da te cercato. Comunque il primo testo di foucault tradotto in italiano è del 63 per rizzoli quindi era già pubblicato in italia prima della pubblicazione di “empirismo eretico” anche se non so in quanti lo conoscessero già.
    @w.ming
    per l’A. Starobinski dottore di ginevra, che per omofonia mi presenta inevitabilmente il j.starobinski(anch’esso di ginevra), e per tiqqun e la loro “genealogia” della parola “biopolitica” la trovai anche qui presentata da esposito(se non sai per arrivarvi velocemente clicca “ctrl” con “f” e inserisci in cerca “starobinski”) anche se non so se sia ricavata da fonti primarie o meno, per la considerazione positiva o negativa sulla loro produzione io esposi quanto pensavo a riguardo poiché poteva esser indice di una non totale “esattezza” di informazioni presentate nel loro testo, ma non è detto che sbagliassero d’altronde, come già ti presentai, io non so per riscontro certo se bataille effettivamente formulò per primo il concetto di biopolitica(cercherò), comunque ti ringrazio per la tua risposta a riguardo, mi risulta interessante a poter sviluppare maggiormente giudizio, opinioni, a riguardo. Già che ci sono dico anche, probabilmente sempre poco inerente all’argomento, che rispetto a salò trovo interessante anche che negli anni precedenti, nel 66, in convalescenza lesse platone (http://www.pasolini.net/teatro_affabulazione_Einaudi.htm sempre “ctrl””f” e digita “platone”) e sarebbe interessante sapere quali lesse, se ad esempio “le leggi” o “la repubblica” e fare un rapporto, inoltre ovviamente da agamben, carlo ginzburg, huberman(che mi evoca in mente sempre übermensch), si arriva al warburg institute, e dal surrealismo e i surrealisti a dada(citato anch’esso se non erro in salò) e alle varie avanguardie, arrivando anche a lenin che in quegli anni era a zurigo e che a quanto presentato da wikipedia( http://en.wikipedia.org/wiki/Dada#Legacy ): “At the same time that the Zurich Dadaists made noise and spectacle at the Cabaret Voltaire, Vladimir Lenin wrote his revolutionary plans for Russia in a nearby apartment. Tom Stoppard used this coincidence as a premise for his play Travesties (1974), which includes Tzara, Lenin, and James Joyce as characters. French writer Dominique Noguez imagined Lenin as a member of the Dada group in his tongue-in-cheek Lénine Dada (1989).” http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1989/07/15/lenin-lancio-un-grido-dada.html , non so comunque se effettivamente partecipò alle serate del cabaret ed eventualmente quanto ne fu influenzato e se influenzo, da tenere presente che dada comunque s’arriva anche ad evola che era in contatto epistolare con Tristan Tzara anche se non so che tipo di influenze vi siano state, e se vi siano state da parte di evola sui dadaisti, comunque cosi via d’altronde secondo l’ipotesi dei sei gradi di separazione (http://it.wikipedia.org/wiki/Sei_gradi_di_separazione_%28sociologia%29) saremmo tutti più “vicini” di quanto si pensi, ciao spero di non esser stato troppo banale, ovvio, noioso e/o arrogante.

  43. Arrogante no, sarebbe un giudizio sproporzionato, ma forse un po’ naif… nel ripetuto istruirmi sull’uso di “ctrl + f” :-DDD E’ un peccato veniale, non far caso al mio sarcasmo. Noi vecchi geek tendiamo ad avere una nostra (in fondo innocente) forma di “nonnismo”.

  44. @ WM1
    Mi limito ad ascoltare la prolifica discussione su Fouc/Paso (autori in upgrade nel mio bagaglio) e chiderti i riferiment sugli studi sull’ “undreground” di cui facevi riferimento nel post.
    Grazie e andiamo avanti così.

  45. @ Nexus
    Grazie. Della grande attenzione con cui Pasolini osservava il “movement” americano e le sue espressioni controculturali si trovano ampie testimonianze scritte soprattutto nella raccolta “Il caos” (ma si trovano riferimenti anche in “Empirismo eretico”). Su Foucault, la California, l’LSD e la gay culture di San Francisco consiglio la biografia scritta da James Miller che cito in calce al post.

  46. Gran bel post e bella discussione. Mi viene in mente una cosa che potrebbe essere occorsa, ma magari wm1 ha fatto già ricerche in proposito. L’omicidio di PPP ha avuto molta eco nella vita culturale dell’epoca. E se Foucault avesse preso una posizione o avesse espresso indignazione a mezzo intervista, o intervento estemporaneo? Magari è un indizio in più. Poi si scade dalla ricerca biobliografica ad altri livelli, ma sono comunque indizi. Un ammasso di cazzate?

  47. Beh non potevo sapere se ne fosti a conoscenza o meno e personalmente, non essendo io un gran esperto del pc, quando lo scoprii lo trovai molto utile e in quel caso lo sarebbe stato, quindi nel caso in cui tu, o altri eventuali lettori, non ne fosti/fossero stati a conoscenza ora lo saprebbero. Per il sarcasmo figurati anche se potrei un po’ “punzecchiarti” per quel uso del “noi” (non perchè sia tu ad utilizzarlo ma poichè è qualcosa che nella maggior parte degli usi non posso sopportare, poi magari anch’io utilizzo un linguaggio insopportabile…ma non so…). Comunque dato che inevitabilmente dagli scrittori, se pubblicano, si arriva agli editori, per foucault potresti anche indagare, dato che la casa editrice è la stessa per quale anche voi pubblicate alcuni testi, ossia einaudi, chi “presentò”, e come, il suo nome all'”editore” (non so se all’einaudi vi sono archivio con tali informazioni o se siano solo verbali), dato che nel 69 fu pubblicata da einaudi “nascita della clinica” e nel 72 “l’ordine del discorso”, e quindi analizzare se vi possano essere possibili tramiti verso pasolini (forse anche da rizzoli che pubblicò nel 63 la storia della follia nell’età classica, non so poi se vi possano essere tramiti dagli editori francesi come ad esempio gallimard che pubblico sia foucalt che pasolini mentre erano entrambi viventi). Invece se non t’infastidisce ti vorrei porre una domanda inerente a einaudi e alla sua proprietà (non è strettamente inerente solo a wu ming)…lessi già in parte due articoli inerenti alla questione, ma non penso che vi fosse in essi la risposta…

  48. La questione Einaudi qui e’ OT e le nostre risposte e argomentazioni sono pienamente disponibili in altri thread. Se, come affermi, le hai gia’ lette e non ti sono piaciute o bastate, non posso farci nulla, dovrai fartene una ragione, come io da tempo mi sono fatto una ragione del fatto che non tutti sono d’accordo con me.

  49. non è che non mi siano piaciute o bastate vorrei un dato che non so di preciso come reperire, ma posso porla sugli altri tread a riguardo o anche tramite mail??

  50. Manda tranquillamente una mail.

  51. @ Giorgio1983

    il suggerimento è pertinente. A me non risulta che Foucault abbia detto nulla sulla morte di Pasolini. Mi sembra che la recensione di “Comizi d’amore” sia l’unica circostanza in cui lo nomina. Anzi, devo dire che a volte Foucault sembra *intenzionalmente* evitare di nominarlo… C’è un’intervista del ’75 intitolata “Sade, le sergent du sexe” in cui si vede con chiarezza che l’intervistatore – fin dalla prima domanda – cerca *ripetutamente* di far parlare Foucault di Pasolini, e lui ogni volta svicola. Quando la conversazione finisce, l’intervistatore (G. Dupont) ha menzionato Pasolini 4 volte, e Foucault non lo ha menzionato *mai*. Non so perché. Vedere per credere.
    http://bit.ly/jjC0Ri
    Questo nel ’75. Due anni dopo, invece, recensirà “Comizi d’amore”.

  52. va bene e grazie, la mail è stata da me inviata, spero l’indirizzo corretto sia: wu_ming@wumingfoundation.com e scusa per questo messagio fuori argomento(rimuovilo pure se vuoi)

  53. @wm1,
    letta l’intervista. Cavoli davvero incredibile. Non lo ricita mai. Parrebbe persino che sorvoli perché non sa chi diavolo sia. Oppure lo sa troppo bene, chissà.
    una riflessione sulle loro morti: entrambe sono state morti “politiche”. La morte di Pasolini è a mio avviso uno degli emblemi della violenza degli anni Settanta: Una violenza che, lungi dall’essere cieca, ci aveva visto benissimo, e aveva eliminato in circostanza anomale il simbolo stesso delle contraddizioni italiane.
    La seconda è una morte tipica degli anni Ottanta, un decesso di HIV di un intellettuale militante e uomo di peso nel dibattito politico della Francia, la cui stessa causa di morte non veniva citata per paura di ammettere l’esistenza di una malattia che nel pensiero comune era legata mani e piedi alla comunità omosessuale, che quindi sarebbe stata riconosciuta di riflesso assieme all’esistenza del “morbo gay”.
    Inoltre mi ha sempre stupito il parallelismo delle vite dei due autori con la vita di Adrian Leverkuhn, il protagonista di Doctor Faustus di Mann. Questo è per me un altro elemento che rimette in pista possibili connessioni anche sulle loro dipartite.
    Ma alla fine, a te servono un sacco di riscontri, non riflessioni di ampio raggio. però tempo fa ci avevo pensato!

  54. @ Giorgio1983

    secondo me tra quest’intervista e la recensione di “Comizi d’amore”, nella vita di Foucault succede qualcosa d’importante, almeno per quel che riguarda la nostra indagine. A fine ’75, a cadavere di Pasolini ancora caldo (e visiond di “Salò” ancora fresca?), Foucault sembra *tenere a distanza* il suo… “gemello” italiano. Forse prima non lo conosceva se non per sentito dire, e venire a contatto con quel bìos e quell’opera (sull’onda del doppio scandalo morte violenta + film scabrosissimo), forse scoprire o almeno intuire le affinità di cui stiamo parlando gli causò… una sorta di shock? Shock che lo spinse ad approfondire, a leggere i libri di PPP, a vedere i suoi film (tutte cose che nella recensione del ’77 afferma di aver fatto)?

  55. @ Wu ming 1

    Ciao, come al solito sei riuscito a tirarti un gran bel trippone e questa volta dopo più di dieci anni mi sento di poter partecipare. Così mi piace credere…Getto un seme, vediamo se cresce o se è già stato piantato. Ho letto tutto il post e i commenti ma mi sembra di non aver visto nulla che rimandi a Franco Basaglia. Nel periodo in cui Erving Goffman pubblicava in america Asylums (1961), Foucault Folie et déraison, in italia Basaglia lavorava in un ospedale psichiatrico a Gorizia. Nel 1968 scrisse la prefazione al libro di Goffman. E nel 1975 Foucault scrisse un intervento su Crimini di pace di Basaglia e Ongaro. So per conoscenza che si sono anche incontrati e mi sembrerebbe strano che non avessero avuto occasione di parlare di Pasolini. Se ti sembra una pista percorribile fammi sapere che ti do qualche info in più.
    Et non dimenticare qu’il faut se bsculer sur le terrain de l’enquète!

    Gio