Anatra all’arancia meccanica: che se ne dice in giro? Part 2 / #AaAM


[Prima di qualunque altra cosa:
un saluto al compagno Matteo Dean. Lo conoscemmo in Messico nel 2001, durante la “Marcia della dignità” zapatista. Lo abbiamo letto su Carta, su Carmilla, sul Manifesto… Su Carmilla lo ricordano Fabrizio Lorusso e Vittorio Sergi. Su Coessenza lo ricorda Claudio Dionesalvi. Compagni che lo conoscevano molto meglio di noi. E’ in direzione delle loro parole che ora vi sospingiamo. Il nostro post può anche attendere.]

Dopo una prima ondata di recensioni, omaggi e spin-off, torniamo a passare in rassegna i giudizi sulla nostra uscita più recente, Anatra all’arancia meccanica.
Abbiamo già avuto modo di dire, anche con un certo stupore, che quest’antologia di racconti è finora «il nostro più grande successo di critica».
Ovviamente, nell’epoca attuale, una frase del genere ha un senso diverso da quello di una volta. Oggi la distinzione tra “critica” e “pubblico” è molto più labile e sfumata, perché le recensioni le scrivono e pubblicano anche i lettori. Anzi, diciamolo: ormai le scrivono più spesso i lettori. Facciamo sommessamente notare che, al momento, la pagina di Q su Anobii offre la bellezza di 910 recensioni. Alcune sono solo brevi commenti, “one-liners” (a volte addirittura “one-worders“!), ma molte sono, al contrario, sorprendentemente dettagliate. Prima della rete, nessuna uscita editoriale poteva sperare in quasi mille recensioni, mai e poi mai. Tantomeno ci si aspettava che un libro continuasse a essere recensito, senza pause né rallentamenti, dodici anni dopo l’uscita. Ci rendiamo conto o no che sono cambiate le regole e la natura stessa del “gioco”?
E’ vero, molti commenti di lettori che si leggono in rete sono sfoghi di bile o addirittura sciatte apologie della propria ignoranza: ne parlavamo già anni fa, quando IBS era lo “sfogatoio” italico per eccellenza, e di recente è tornata a parlarne Loredana Lipperini. Non dobbiamo aver paura di dirlo, e Theodore Sturgeon lo disse forte e chiaro: “90% of everything is crap”. Il 90% di ogni cosa è merda.
Solo che oggi l’everything della produzione culturale è incalcolabilmente più vasto. Può darsi che da solo, in termini assoluti, l’odierno 10% di “roba buona” sia molto più vasto del merdoso 90% di vent’anni fa. Non è affatto raro trovare tra i lettori giudizi più articolati, appassionati e attenti di quelli dei recensori professionisti, nonché pratiche di lettura, recensione e dibattito ben più militanti di quelle dei critici soi-disants “militanti”.
Insomma, tutto ‘sto pippone per dire: quando diciamo “successo di critica”, intendiamo anche la critica esercitata pubblicamente dai lettori. Quel che si legge su Anobii conferma, almeno per il momento, la nostra impressione.
Ma torniamo alle recensioni uscite sugli organi preposti. In uno scambio di e-mail interno al collettivo, la prima recensione che riportiamo qui sotto (uscita sul mensile L’Indice) è stata commentata così: «E’ la cosa più rincuorante e sincera che abbia letto sul nostro conto sulla carta stampata da alcuni anni a questa parte».
Segue una recensione scritta dalla collega scrittrice Marilù Oliva e apparsa su Thriller Magazine.
Chiude il post l’audio della presentazione di AaAM fatta a Campi Bisenzio (FI) il 31 maggio scorso.
Buona lettura e buon ascolto.

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Da L’Indice dei libri del mese, n. 5, maggio 2011:

Sarà anche perché ci siamo abituati a chiamarli anni zero, ma a volte sembra che in questi anni che ci separano dall’inizio del secolo non sia successo proprio niente di niente. Basta però percorrerli un attimo con il pensiero, questi undici anni, per ricordarsi della serie di eventi epocali che li ha costellati pur senza scuoterli, senza quasi lasciar traccia. Ed è forse questa la sensazione più forte che la nostra rapida esplorazione ci può lasciare: che tutti gli attentati, gli scandali e le crisi economiche che si sono succeduti non abbiano impresso svolte realinella nostra vita, ma solo voci lontane di orrori che un tempo erano capaci di scandalizzare e travolgere e che ora sembrano fiction. Serve allora l’occhio ironico e implacabile della band bolognese Wu Ming, nata proprio al volgere del millennio con il nome collettivo di Luther Blissett, per ricordarci che realtà e finzione ingaggiano ancora una lotta senza quartiere, almeno per chi voglia usare il metro della letteratura per resistere alle mistificazioni della già decrepita New Economy.
Era il 1999, infatti, quando l’uscita di Q (Einaudi; cfr. “L’Indice”, 1999, n. 7) suscitò l’interesse dei lettori e le grandi smorfie di sufficienza e sospetto nei critici e negli accademici più avveduti. Qualcuno, cadendo nella rete, iniziò a ordire leggende metropolitane come quella che vedeva in Umberto Eco il grande burattinaio dell’intera operazione. Dopo dodici anni la situazione non è affatto cambiata, come testimoniano le infuocate discussioni che infiammano la rete e i giornali a ogni uscita dei “senza nome”, non ultimo il tormentone sulla nuova epica italiana. Dodici anni riassunti nei sedici racconti che compongono l’Anatra all’arancia meccanica pubblicata da Einaudi (Heynoughty per i quattro), che raccoglie scritti apparsi in vari luoghi, soprattutto online. La Storia che riverbera in questi racconti, spesso di una paradossale ma coinvolgente comicità, è in realtà una vicenda amara, demenziale e tragica, della quale tuttora portiamo i lividi e le ferite: un decennio iniziato con la tragedia di piazza Alimonda e l’irreale spettacolo delle Torri gemelle, proseguito con le bolle speculative, l’esportazione della democrazia, l’inizio dell’allarme per le risorse idriche, l’esplosione dei flussi migratori e giù giù sino ai più squallidi esiti della politica nostrana, incapace di reagire alle sfide dei tempi se non per grugnire vergogne sul corpo di Eluana Englaro. Tutto ciò è registrato e ricreato da Wu Ming, che percorre da sempre il paese incontrando i lettori lontano dalla fagocitante esibizione mediatica dei salotti televisivi e dalle marchette da prima serata. Perché, a pensarci bene, gli anni zero sono anche gli anni in cui una band di scrittori sceglie le vie non ancora battute dell’identità collettiva, della diffusione gratuita dei prodotti culturali, dell’uso massivo e costante di Internet come luogo di scambio e creazione letteraria e non solo come piattaforma commerciale per meglio arrivare “nelle case degli italiani”.
Forse, a qualche critico dal palato più fine potrà apparire desueto quest’anatrino marxista all’arancia meccanica, che si scaglia contro l’impero turbocapitalista della Walt Bizney e che non esita a parodiare se stesso, per esempio quando deve scegliere se firmare un contratto milionario per il sequel di un cinepanettone intitolato Benvenuti a ‘sti frocioni. Con il suo porsi pervicacemente in anticipo e in ritardo sui tempi, Wu Ming è il segno di come alcuni scrittori, durante gli anni dello sfacelo e della sovraesposizione narcisistica, abbiano cercato e continuino a cercare un corpo a corpo con la realtà. Stefano Moretti

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Da Thriller Magazine:

Anatra all’arancia meccanica (Einaudi Stile libero big) è una raccolta di sedici racconti più una postilla, redatti dal collettivo Wu Ming, e introdotti da una prefazione di Tommaso de Lorenzis. Ciascuno di essi è uno scorcio caustico sulla contemporaneità — quella immediata dell’ultimo decennio, periodo appunto di creazione dei suddetti racconti, solo in parte già pubblicati sul blog del gruppo, www.wumingfoundation.com –, una contemporaneità presa, rivoltata, strapazzata con terribile grazia in virtù di una cifra narrativa che si appoggia a infinite soluzioni che spaziano dal surreale all’ironico al grottesco, al profanatorio, all’onirico, e lo fanno attraverso straniamenti, sperimentazioni, contaminazioni, riscritture attentissime ai dettagli. Un coupage esilarante ma intriso di fiele, che anticipa nel titolo (dal quarto racconto eponimo, Canard à l’orange mécanique) la sua ovvia colonna sonora: la Nona del “Ludovico Van Beethoven”.
Riporto le acute riflessioni di Tommaso de Lorenzis che, nella prefazione, ha parlato di «violenza iperbolica dei primi racconti» che «trasmuta in una brutalità pervasiva. Introdotta come ludico attributo di protagonisti d’eccezione, lo scorrere delle pagine la rovescia nell’apposizione di una realtà opprimente e nella quintessenza d’una “società marcia e malata”. […] E in linea con le attitudini dell’atelier Wu Ming, ritroviamo i principali filoni della letteratura popolare: le metafore della fiaba e le lugubri previsioni della distopia, l’azione del poliziesco sporco e la detection d’argomento storiografico».
Ribaltamento di una realtà opprimente anche quando la realtà si delinea a partire dalla fantasia dei fumetti. E così, ad esempio, finalmente i furono-lettori-di-Paperino assistono al riscatto dello stesso, ora cittadino di Anatropoli ribattezzato Anatrino, nauseato dal suo ruolo di fesso del villaggio, incapace di riconoscere l’uno dall’altro i tre anatrini — Kwi, Kwo e Kwa — verso i quali nutre una comprensibile insofferenza: «La solita merda secca, da decenni e decenni. Le stesse grottesche minchiate. Fanno le elementari da sempre, o le medie, checazzonesò. Non cresceranno mai. Ah, ma se credono che li manterrò per sempre! Non sono niente per me, non so nemmeno distinguerli, so solo che uno ha il berretto verde, uno ce l’ha rosso e il terzo ce l’ha blu!».
Rinfrancato dalla recente lettura di Karl Marx, Anatrino capisce la sua condizione di sfruttamento, annuncia prima lo sciopero, poi il sabotaggio. Il momento più liberatorio è quando si reca al deposito del ricco zione — “il vecchio bastardo” — e, dopo averlo apostrofato come da decenni merita, passa all’attacco fisico e lo malmena brutalmente.
Dal fumetto alla fiaba — un imperatore avido che pretende di triplicare il lavoro dei poveretti e gli allocchi ci cascano, convalidando l’eterno rapporto di sfruttamento padrone-subordinato — e dalla fiaba alla cronaca. Chiudo la recensione con un racconto lirico bellissimo e tragico, “L’istituzione-branco”, sorto dal disgusto e dal disastro, pubblicato su Carmilla la notte tra l’8 e il 9 febbraio 2009 e dedicato a Eluana Englaro. La flaccida violenza fisica dei politici sulla carne inerme della ragazza è metafora di più profondi abusi, perpetrati per mesi e non circoscritti ai taciti muri di una stanza di clinica, ma diffusi e condivisi da una fetta benpensante di popolazione bigotta. Sull’anticipo tombale si scatenano sozzi e perversi i sogni di dominio di un manipolo di uomini di potere, eccitati dal «corpo di lei/ stretto rinsecchito atrofizzato/campo desertificato/ come tanti saprofiti spuntano tralicci/ che portano cavi/ tubi».
Un’ultimissima osservazione: i nomi di protagonisti e comparse di ogni contributo sono strepitosi. Forse non proprio tutti decifrabili, molti rimandano a celebrità più meno ammirevoli o esponenti del mondo culturale mascherati con varianti e assonanze ingegnose: Einaudi diventa Heynoughty, dietro Mr De Gaudentiis sorge il sospetto si celi il regista De Laurentiis, indovinabilissimo, poi, a quale duo si alluda con i nomi Massimo Sboldro e Tristam De Fica. Mi è rimasta una curiosità, senza dubbio da neofita: ma chi è l’editore Maratea?! Forse più di un lettore potrebbe sfregarsi le mani, assistendo al trattamento pulp che gli viene riservato. Marilù Oliva

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WU MING 1 PRESENTA ANATRA ALL’ARANCIA MECCANICA
Teatro Dante, Campi Bisenzio (FI), 31 maggio 2011. Rassegna “Un mercoledì da scrittori”, a cura della Cooperativa Macramè.
Estratto dall’audio della serata (montaggio di due diverse registrazioni parziali). La presentazione è intervallata da letture di brani del libro (estratti da Canard à l’orange mécanique, Bologna Social Enclave e Arzèstula). Voci: Giovanni Esposito (Teatri d’Imbarco) e il suo laboratorio di lettura teatrale. Durata complessiva: 44 minuti. A un certo punto, dopo la lettura da BSE, si sente una musichetta unz unz: è l’audio di un video sul G8 di Genova proiettato in sala.

N.B. I commenti su AaAM vanno lasciati qui.

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