Questa sera, in Piazza Tasso a Firenze, gli antifascisti ricorderanno il partigiano Bruno Fanciullacci, morto a ventiquattro anni il 17 luglio 1944, dopo tre giorni di torture per mano della “Banda Carità”, tra le pareti della famigerata”Villa Triste”.
Per non essere costretto a rivelare i nomi dei compagni, Fanciullacci si gettò da una finestra, le mani legate dietro la schiena. Morì per le conseguenze della caduta e per le rivoltellate degli sgherri di Mario Carità.
Mentre il capoluogo toscano renderà onore a un “bastardo senza storia” (come Valerio Gentili chiama gli antifascisti “scomodi”, eroi dalle storie spigolose, personaggi il cui ricordo è poco duttile e dunque inadatto ai “santini”), il volto di Bruno Fanciullacci apparirà come “avatar” in molti profili di Twitter (e di altri social network).
A dire il vero, sta già succedendo. Da venerdì pomeriggio è in corso un piccolo evento, ibrido di commemorazione, campagna d’opinione ed esperimento di “ingegneria inversa” sul dispositivo-Twitter. Mentre scriviamo, poco meno di un centinaio di persone ha modificato il proprio profilo, sostituendo l’avatar con la foto più conosciuta di Fanciullacci [in alto a destra]. L’intenzione è di esporla come vessillo fino a domenica notte, ovvero fino al termine della serata fiorentina (qui i dettagli).
Cento persone non sono poi tante, in astratto; ma nel concreto, cento persone che in un week-end estivo scoprono una storia urticante e semi-occultata, decidono di commemorarne il protagonista, ne fanno addirittura apparire il “fantasma” e si pongono in collegamento ideale con un evento dell’ANPI di cui fino a poco prima ignoravano ogni dettaglio, beh… queste cento persone sono parecchie. Tanto più se sono utenti “forti” di Twitter, che ogni giorno fanno circolare una grande quantità di messaggi, e a ogni loro messaggio lo spettro riappare.
L’hashtag “#Fanciullacci” permette di assistere all’esperimento, seguire link, leggere micro-riflessioni sull’attualità di quell’esempio di vita e di lotta. E su tale attualità, non sembrano esserci dubbi.
Ma… perché proprio Fanciullacci? E “attuale” in che senso?
Fanciullacci – al quale dedicammo un articolo l’anno scorso – è forse il partigiano più odiato dai fascisti di ieri e di oggi, nonché dai revisionisti d’accatto. Odiato, ingiuriato, diffamato. Quello di Fanciullacci è un nome rovente, scomodo, quando appare semina discordia. Pochi personaggi sono lontani quanto lui dall’idea posticcia e fetente di una “concordia nazionale” (espressione usata in questi giorni come foglia di fico, per giustificare la macelleria sociale e l’obbedienza ai diktat del finanzcapitalismo planetario). Fanciullacci divide e dividerà sempre. Perché?
Perché Fanciullacci è… “l’assassino di Giovanni Gentile“. O almeno, è il più famoso componente del commando gappista che attese il filosofo sotto casa e lo uccise a colpi d’arma da fuoco.
Fanciullacci fu protagonista di tante altre azioni, prodezze che hanno dell’incredibile. Più volte mise a repentaglio la propria vita per salvare quelle di molte altre persone. Impedì la deportazione in Germania di centinaia di operai che nel 1943 avevano scioperato contro la guerra. Con altri membri dei GAP entrò nel carcere di S. Verdiana travestito da milite fascista e, armi in pugno, fece evadere 17 partigiane. Arrestato e torturato una prima volta, a dispetto di una terribile ferita all’inguine (avevano praticamente tentato di castrarlo), riuscì a fuggire e poco tempo dopo tornò in azione.
Ma ha anche ucciso Gentile, e quindi (almeno secondo la Cassazione), un qualunque senatore del PDL può permettersi di… dargli del “vigliacco”. Stiamo parlando di Achille Totaro [foto a destra], che nel 2000 era consigliere comunale di AN a Firenze. Fece la sua sparata – per la precisione: chiamò Fanciullacci “vigliacco assassino” – durante una seduta del consiglio. L’ANPI e la sorella di Fanciullacci, Giuseppina, lo querelarono per diffamazione. Giuseppina si costituì parte civile e chiese un risarcimento simbolico di un euro. Totaro fu assolto in primo grado, condannato in appello e, nel novembre 2010, assolto in cassazione.
Tanto per capirci: Totaro è co-firmatario di un disegno di legge che intende abolire il reato di “ricostituzione del partito fascista”.
Una curiosità: al processo di primo grado, tra i testimoni a difesa di Totaro c’era Giampaolo Pansa.
L’uccisione di Giovanni Gentile – barone dei baroni, ras dell’accademia di quei tempi, massimo pilastro culturale del regime fascista, giustificatore “filosofico” dello squadrismo, fiore all’occhiello della repubblica-fantoccio di Salò, apologeta di Hitler etc. – da molti è ancora ritenuta un oltraggio. Perché Gentile era un intellettuale, e agli intellettuali che servono i poteri costituiti non fa piacere un simile memento mori. Di più: Gentile era un “genio”. Si può ammazzare chiunque, ma non un “genio”. Il sottotesto sembra essere: solo un fascista può ammazzare un genio (Gobetti, Gramsci…), un comunista no, mai!
E poi, Gentile era anziano! Non si uccidono gli anziani. Imparate dai fascisti: loro non l’hanno mai ucciso un anziano!
Infine (particolare ripetuto fino alla nausea): Gentile era disarmato.
Cazzo, ci mancava pure che fosse armato… No, lui giustificava con la dialettica l’uso delle armi da parte di altri (SS, Brigate Nere…), e già così faceva fin troppi danni.
Secondo noi, alla radice del putiferio che scoppia ogni qualvolta riaffiora questa vicenda, c’è puro e semplice odio di classe. Non solo a destra, ma anche in certa sinistra-bene. Perché Fanciullacci non ha ucciso uno qualunque: ha osato colpire un professorone, uno dei nomi grossi dei manuali di filosofia. Un proletario con le pezze al culo si è permesso di uccidere un “Uomo di Cultura”. Che roba, contessa! Un omicidio così volgare! Il Pierre Bourdieu de La distinzione avrebbe molte cose interessanti da dire al riguardo.
Nel 2010, un quotidiano pubblicò una letteraccia postuma di oriana fallaci (scritta nel 2000 con destinatario… Chicco Testa). Argomento? L’uccisione di Gentile. Ovviamente, l’epistola era un’autentica porcheria, un concentrato di livore, vanagloria e disinformazione, in cui Gentile veniva “defascistizzato” e si reiterava la solita, odiosa fanfaluca del Fanciullacci “vigliacco”.
Quando pubblicammo il pezzo su Fanciullacci linkato poco sopra, a giudicare dai commenti apparsi sul loro forum VivaMafalda, le tartarughe-minchia di CasaClown non la presero tanto bene, et pour cause!
Nel 2002 il Comune di Firenze intitolò a Fanciullacci una via della città. Per la precisione, si tratta di un “largo”, l’ultimo tratto di via Trieste, che porta a Villa Triste, dove Fanciullacci fu imprigionato, torturato e ucciso.
Da allora, la targa è stata oggetto di diversi atti vandalici.
Insomma, Fanciullacci li fa uscire tutti pazzi!
E qui arriviamo al punto: perché questa storia è ancora (e forse più che mai) attuale?
Perché anche oggi abbiamo schiere e schiere di tipi alla Gentile, intellettuali asserviti che giustificano ogni sopruso e ogni “manovra”.
Perché Fanciullacci è simbolo del conflitto che sfugge allo state-buoni, al dovete-sopportare, agli ingabbiamenti, alle “compatibilità”.
Perché Fanciullacci, guastafeste non-concorde, è il ritorno del rimosso per un centrosinistra pronto a imboccare la “via greca”, a imporre lacrime e sangue, a (conf)industriarsi per fotterci.
[Altro vantaggio del meme-Fanciullacci: in una fase di grande confusione, tiene alla larga i “rossobruni” d’ogni specie.]
In queste ore, seguire l’hashtag #Fanciullacci ha un che di commovente, ricorda la celeberrima scena di Spartacus:
Un’ultima, breve riflessione:
per chi intende portare avanti una critica della società, ha poco senso usare i social network se non si cerca costantemente di forzarne la gabbia, di scoprire nuovi usi e potenzialità, di trovare e acuire le contraddizioni interne, di testare i limiti. La prima cosa da evitare è la “feticizzazione” di questi strumenti, il crederli “neutri” o – peggio ancora – intrinsecamente liberi e democratici. Ricordiamo che il “dirottamento” di massa dell’hashtag #saldi – se ne è parlato in un recente post di Giap – è nato dal sospetto (tuttora perdurante) che su Twitter fosse in opera una sottile censura delle parole-chiave, censura atta a impedire che argomenti troppo scomodi (es. la rivolta di un’intera valle contro la TAV) finissero segnalati in homepage, nel box delle conversazioni più popolari. Quel dirottamento non è stato certo un’azione acritica nei confronti di Twitter: si è anzi reso il social network ostile a se stesso.
Contro il feticismo della rete, contro l’indolente “attivismo da click” che usa i mezzi così come li trova, dobbiamo – come direbbe il cybercomunista veneto Piersante Paneghel – “farci possedere dal demone del reverse engineering“.
E ora mettiamo a disposizione un po’ di materiali ripescati dalla comunità su Twitter.
AUDIO – Dalla parte di Bruno Fanciullacci
MP3, 28:23. Presentazione del libro di Francesco Mandarano Dalla parte di Bruno Fanciullacci, Circolo ARCI di Margine Coperta (PT), 22 aprile 2011.
N.B. Il file è monco, ma è l’unica testimonianza audio della serata che abbiamo trovato in rete. Sono comunque ventotto minuti di igiene mentale.
PDF – I gappisti fiorentini, compagni di Bruno Fanciullacci
VIDEO – Partigiani a Sesto fiorentino. Brigata “Bruno Fanciullacci”
Giovanni Gentile filosofo al servizio di un regime
di Ivan Tognarini, da “L’Unità”, edizione di Firenze, 15/04/2004
Lanciato nel mio piccolo su facciabuco. Bella storia da commemorare ora.
Fatto e linkato
grandi che avete lanciato questa campagna, ce n’è sempre più bisogno
Esaltazione dell’omicidio del nemico di classe (=uomo disarmato). Siamo tornati ai “compagni che (non) sbagliano”?
@Valter
“Il mio nemico non ha divisa
ama le armi ma non le usa
nella fondina tiene le carte Visa
e quando uccide non chiede scusa”
credo che coi tempi che corrono occorra sempre più urgentemente di definire i nostri confini, i nostri spazi, e dare il giusto nome alle cose. e alle persone.
Fanciullacci è una di quelle persone che va commemorata e ricordata.
Poi non mi pare fosse proprio lui, in quel periodo, ad accanirsi sui disarmati…
@ Valter
a volte sei davvero una sagoma: una mattina del 2011 ti sei svegliato e hai scoperto che (incredibile dictu!)… i partigiani uccidevano!
E per questo motivo, li accosti ai “compagni che sbagliano”.
I partigiani sbagliavano a usare le armi contro i tedeschi e i sanguinari collaborazionisti di Salò???
Fai attenzione, perché quando si parla di partisan non può esistere il bi-partisan: se i partigiani non avessero “sbagliato”, avrebbe vinto Hitler. Plain and simple.
“Esaltare” acriticamente no (infatti non siamo entrati nella querelle sul significato tattico e strategico di quell’azione, che già all’epoca divise il CLN), ma storicizzare sì, sempre. “Always historicize!” (F. Jameson).
Se evitiamo di togliere arbitrariamente quell’azione dal suo contesto, e analizziamo quest’ultimo, vediamo che:
1) Fanciullacci era tutt’altro che un “vigliacco assassino”: era un eroe, in qualunque accezione positiva esistente della parola;
2) Gentile, non solo per i suoi trascorsi ma per il ruolo nefasto che stava avendo nella repubblica-fantoccio, era un bersaglio del tutto plausibile dal punto di vista militare. In tempi di dittatura, invasione militare, sterminio sul territorio e guerriglia, non si fanno trattamenti di favore al “genio” di turno.
Infatti anche quei settori dell’antifascismo clandestino che criticarono l’azione, nel prendere le distanze strategicamente, furono comunque *durissimi* nei confronti dell’ucciso (si veda il testo di Tristano Codignola di cui citammo uno stralcio nel post del 2010 linkato sopra).
Attento, perché con questo commento domenicale stai proprio sul limite. Non è che certe frequentazioni “oltre gli steccati” ti stanno condizionando più di quanto tu non creda? Occhio.
@Wu Ming1
Da Wikipedia:
“Gentile disapprovò gli eccessi criminali del Reparto Servizi Speciali di polizia di Carità che allora operava a Firenze minacciando di denunciarlo, tanto che in un primo tempo si pensò che l’attentato a Gentile fosse stato commesso proprio da componenti della banda, allo scopo di porre fine alle proteste del filosofo verso le loro violenze ed intervenne più volte per aiutare numerosi antifascisti chiedendo per loro la grazia, tanto che, subito dopo la sua morte il Partito d’Azione fiorentino ammise:
« Non era una spia né un delatore. Ha sempre tentato di aiutare individualmente quanti più antifascisti ha potuto, di qualsiasi partito essi fossero »
Non è necessario denigrare la memoria di un partigiano per stigmatizzare un gesto sbagliato. Non sarebbe nè il primo nè l’ultimo compiuto durante la Resistenza – in altri casi scelte intempestive portarono a rappresaglie nazifasciste sulle popolazioni civili che si sarebbero potute facilmente evitare. Certo, di fronte alla storia si può discutere, davanti al mito restano solo l’adorazione o la ripulsa.
Quanto al mio restare sul limite (del buon senso?, del politicamente corretto?, del perimetro Wu-Ming compatibile?), puoi tagliarmi quando vuoi. Altri del tuo giro l’hanno già fatto, e anche per molto meno: è bastato ironizzare sull’intervista livorosa di un escluso dalla cinquina dello Strega…
Una cosa importante: chi vive a Firenze e dintorni e stasera andrà alla commemorazione del compagno che “sbagliava” (organizzata dai noti terroristi del Comune di Firenze, dell’ANPI e altre sordide associazioni), per favore, se usa Twitter lo usi per commentarla in tempo reale con l’hashtag #Fanciullacci. Se non usa Twitter, comunque ne scriva (qui o sul proprio blog o dove preferisce) quando torna a casa. Grazie!
“Tentò di aiutare individualmente”.
Magari aggiungerei che era cortese con la servitù.
Scagionare Gentile mi pare cosa assai difficile.
@wm1 @valter
Sono completamente d’accordo con @wm1 tranne sulla valutazione di @valter “oltre gli steccati”.
Ora provo a bestemmiare un po’, da ignorante quale sono, e voi vi incazzerete e mi direte dove sbaglio ;)
E’ chiaro che i partigiani uccidevano: guerra è guerra. Ma ammetto che, dopo aver visto Gandhi vincere senza sparare, io come tanti altri, non avendo vissuto sotto i nazifascisti, mi sono fatto venire il dubbio se per caso sarebbe stato (sarebbe) possibile ottenere gli stessi risultati dei partigiani in modo diverso. Confesso che questo dubbio mi è rimasto per molto tempo (anche se per me Gaetano Bresci è sempre stato un eroe). Presuntuosamente suppongo che la posizione di Valter sia di questo tipo più che di difesa del “target” Gentile.
Sull’applicabilità del metodo di Gandhi in altri contesti ho cambiato idea quando mi è stato fatto rilevare durante una discussione sul tema, citando non so chi (gnurant che sono), che Gandhi non ha mai esercitato violenza ma l’ha ampiamente usata: quella dei suoi persecutori. La sua tattica può essere vista come “tirar fuori il peggio dal nemico”, costringerlo a superare se stesso verso il basso, metterlo in crisi in questo modo. Mi pare una lettura possibile in *quel* contesto, ma la tattica di Gandhi non è applicabile universalmente: il nazismo non si sarebbe lasciato mettere in crisi da questi scrupoli, inoltre l’India di Gandhi disponeva di una mentalità e di una quantità di gente “sacrificabile” (scusate il cinismo) che non c’erano in Europa e in Italia durante la seconda guerra mondiale. Aggiungiamo che gli Inglesi in India erano un corpo estraneo alla popolazione, mentre i fascisti in Italia erano (sono) parte viva della popolazione e in numeri e percentuali di tutto rispetto (“rispetto” esclusivamente per i numeri, beninteso ;)
Wu Ming ci ha mostrato nei suoi romanzi che è sempre istruttivo provare a vedere la storia da un angolo diverso da quello abituale: tuttavia non riesco proprio a immaginare i nazifascisti messi in crisi da una “marcia del sale”…
@ Valter
quella roba riportata da Wikipedia la conosco, è la classica vulgata da “senso comune post-antifascista”, agiografia revisionista fatta di semplificazioni e citazioni di seconda mano. Poi quando uno va a vedere cosa effettivamente stesse dicendo e scrivendo Gentile in quei giorni (per non parlare di cosa aveva detto e fatto nei vent’anni precedenti)… Beh, noi (e non solo noi) lo abbiamo fatto, e quelle cose le abbiamo riportate. Sempre nell’articolo del 2010. La linea era: “Nessuna pietà per i traditori”, reprimere ogni volta che si può, unità agli ordini del Grande Alleato Germanico che sta salvando la civiltà occidentale etc. Vai a leggere anche tu, ché non esiste solo Wikipedia.
Non ho la minima intenzione di rivalutare il filosofo.
Nè tantomeno (lo dico per Nat) avrei messo un preservativo gandhiano alla Resistenza: un conto era avere a che fare con l’imperioalismo inglese avendo puntati i riflettori della stampa internazionale, un conto coi nazifascisti.
Semplicemente mi ripugnerebbe soparare su un settantenne disarmato, non lo considero un atto di guerra ma un episodio di vendetta rabbiosa.
Diciamo che non rientra nella mia nozione di sportività.
@ Valter
Questa cosa del ‘settantenne disarmato’ mi sa di morale cavalleresca. Gentile era comunque una delle figure più importanti del fascismo a Firenze, anche se vecchio e in fase discendente.
@Valter, non rientra nemmeno nella mia, ma noi stiamo scrivendo sui nostri bei computer, in casa nostra, nel 2011; non siamo per le strade della Firenze occupata dai nazisti nel 1944. In quei giorni, a nessun oppresso fu concesso il privilegio di poter essere “sportivo”. Dall’altra parte si facevano le stragi, si torturava con grande disinvoltura e si deportava.
@Valter
Chiedo perdono se ti ho attribuito un pensiero non tuo, l’ho fatto con dichiarata presunzione, ho provato a farmene una ragione (qualche giorno fa ti sei definito “cattocomunista”…)
Ma, ehm… la sportività è un lusso da tempo di pace. Te la puoi permettere quando la domenica mattina porti i tuoi figli a giocare al pallone, per dire.
Ma in altri contesti e da posizioni dominanti le parole uccidono più delle pistole, e questo è anche meno sportivo, anzi decisamente vigliacco.
E comunque, in tempo di pace, Sofri si è fatto la galera senza aver sparato un colpo.
Un grande filosofo della scienza(Geymonat) defini’ l’uccisione di Gentile, ad un congresso del Prc, un fatto politicamente, umanamente e filosoficamente giusto.
Al di la’ del giudizio tranchant non si puo’ non condividere che le reponsabilita’ degli intellettuali in quella tragedia sono superiori a quelle di qualsiasi milite fascista.
Detto questo non credo proprio che Gentile fosse un intellettuale asservito, credeva di fare la cosa giusta.
Anche peggio ovviamente…ma a distanza di anni il giudizio feroce sul ruolo dell’intellettuale Gentile, non deve nascondere il fatto che sia stato probabilmente il filosofo piu’ originale del 900 italiano.
@ Valter
la Resistenza, come qualunque guerra, in qualunque epoca, ha avuto ben poco di “sportivo”. Per altro la sportività applicata alla guerra è anche quella del conte Byrthnoth alla battaglia di Maldon, che per essere sportivo e onorevole finì per lasciare la propria gente in balia degli invasori.
@ nat
storicizzare sempre. Gandhi poté sfruttare proprio il fatto che gli inglesi combattevano contro i nazisti “invasori” e “occupanti” i paesi altrui. In India gli inglesi si trovarono nei panni dei nazisti e la loro stessa retorica imperiale cortocircuitò.
@ saint-just
devo dire che non trovo l’attualismo particolarmente originale, né tantomeno fecondo. Se vogliamo restare all’Italia della prima metà del Novecento, mi sembra che alla fine il pensiero di Gramsci si sia rivelato al tempo stesso molto più originale nell’approccio e molto più fecondo. Infatti Gramsci è oggi un pensatore *planetario*, studiato e interpretato in tutto il mondo, dagli USA al Sudamerica all’estremo oriente. Gentile molto meno, a quanto mi consta. Mi sembra che oramai sia considerato un “gigante” prevalentemente qui nell’Italietta.
Però ha poco senso fare le “classifiche” filosofiche, anche perché finiremmo drasticamente OT. Se tu consideri Gentile come hai scritto, avrai le tue buone ragioni e non ho intenzione di contestartele. Non in questa sede, e forse nemmeno in altre. Chiusa qui.
Sull’altra faccenda, invece, siamo pienamente d’accordo.
@saint-just
A proposito della cosa giusta.
C’è un passo di “Le Benevole” di Littell (non lo trovo nelle 900 e passa pagine) in cui un gerarca nazista fa un certo discorso, nel quale (per farla breve) si compiace del fatto che gli ebrei in “virtù” delle persecuzioni comincino a reagire, a “tirar fuori le palle”, a diventare “cattivi” e quindi in un certo senso più uomini.
Ti massacro per il tuo bene, per fare di te una persona migliore (per inciso conosco professori/esse di scuole superiori che lavorano così).
Penso che una delle ragioni più profonde per odiare i regimi e chi li serve sia proprio il fatto che prima o poi costringono ad armarsi e uccidere anche persone che non l’avrebbero mai fatto e che non si sarebbero mai aspettati da se stessi di *dover* usare un’arma.
Odiarli perché costringono l’antilope a giocare al gioco del ghepardo non nella savana bensì nella gabbia di uno zoo.
@ Nat , perfettamente d’accordo, gran libro quello di Littel
@ Wu ming1, si chiudamola qui, e’ una polemica che non ha senso. Anche perche’ se citi Gramsci sfondi ovviamente una porta aperta. Non mi metto ovviamente a disquisire della presenza del testo di Gentile su Marx tra le letture gramsciane.
Mi limitavo solo alla noiosa arte della distinzione, nessuno a livello storiografico puo’ ovviamente negare l’importanza di Heidegger e Carl Schmitt.
Eppure ho letto testi di filosofia del diritto del buon Carl davvero ripugnanti, quando era impegnato nel ruolo del giurista del Reich.
La differenza con Gentile, e’ che il nostro idealista ha mantenuto un ruolo militante fino alla fine.
@Wu Ming1
Minchia, ma sai che “cybercomunista veneto” non me l’aveva mai detto nessuno? :D
“Cybercomunista” è cazzuto, ben contrappesato da un “veneto” che infonde sempre quel non so che di alcolico e svagato.
Comunque, tornando al topic, due rapide cose.
a) perché #Fanciullacci rulez?
Alle tante cose che condivido nel post (anti-santino, kryptonite per i nembo-kid dell’uso innocuo della memoria ecc.) ne sottolineerei una: il coraggio tignoso di chi ha subito torti privati, personali, ed è capace di metterli in fila, di estrarne il succo e di presentare il conto, ovviamente parlando il linguaggio del suo tempo.
Un bastardo senza gloria/storia. Adoro il genere.
b) reverse engineering
Umh, non sono persuaso che l’operazione nervi #saldi abbia visto interventi manuali by twitter. Ho seguito le discussioni ma, anche per aver partecipato ad altri “esperimenti” analoghi, credo piuttosto che la direzione su cui indagare sia quella dei contrappesi automatici che twitter applica a curve di crescita “fuori norma”. Quello dei TT è un algo inchiodato ad una timeline corta. Non si fa impressionare dai soli numeri crudi (manipolabili), e cerca ovviamente di estrarre “valore” dai tweet e dalle cerchie che li rimbalzano. Ma da un lato abbiamo troppo poco testo per analisi qualitative fini, e dall’altro c’è il flusso temporale breve, con sempre nuovo spazio da offrire al just in time. Quindi?
Probabilmente esiste un idealtipo di curva di diffusione/interesse per un topic: più ci sei vicino e più hai probabilità di entrare nei TT.
Del resto anche nei cinguettii reali è più questione di “modulazione” che di decibel.
Succede che mentre il numero delle referenze/citazioni/hashtag lo puoi anche influenzare, la modulazione no, è decisamente più complicato.
Cmq seguo con interesse l’esperimento, vediamo che ne esce.
Sani.
@piersante
Io, in effetti, ho più volte espresso pubblicamente il dubbio che l’algoritmo dei Trending Topic di Twitter fosse “completamente scemo” e “roba da festa di non-compleanno del Cappellaio Matto”. Non essendo un tecnico della materia come te, uso un frasario meno preciso ;-) Ad ogni modo, la storia del tag #notav ha davvero molti punti che non quadrano. Forse il problema della censura intenzionale (problema che, per fare un esempio, affligge Facebook) su Twitter non c’è, comunque il sospetto che potesse esserci ha dato ali alla fantasia collettiva e spinto a “forzare” i limiti del mezzo. Censura o algoritmo inadeguato, la risposta è sempre assecondare il “demone” da te evocato :-)
La morte è sempre un evento tragico e se ne dovrebbe parlare sempre in maniera accorta e mai semplicisticamente. Anche quando parliamo di fascisti, di nazisti e di altri rifiuti umani che per noi, in un certo senso, se la sono cercata e se la sono meritata.
Detto questo, però, il caso Gentile non capisco da cosa si possa differenziare rispetto a tutto un contesto più che ventennale di violenza, di morte diffusa, di guerra civile e di lotta di classe.
Non capisco, anzi, non possiamo capire, come compagni, quale sia la differenza fra il fascista “militare” e il fascista “intellettuale”. Fra chi faceva il “lavoro sporco” e chi si occupava di creare la giustificazione ideologica e filosofica del fascismo. Fra il fascista manovalanza, magari “proletario”, che si meritava la morte nel campo di battaglia, e il fascista borghese o nobile, ricco e privilegiato, impegnato a costurire l’ideologia ufficiale del regime.
Se parliamo di colpe e di responsabilità, forse ne intravediamo un tantino di più di chi sapeva ed era cosciente, anzi, contribuiva a creare il messaggio fascista. Dunque, fra i seviziatori della banda Koch e il filosofo fascista, quale e dove sta la differenza? Da nessuna parte.
Non hanno scelto i partigiani di partecipare alla guerra. Ci si sono trovati, e hanno combattuto come gli era possibile. In questa guerra, come in ogni guerra, è superfluo elencare gli episodi tragici. Fra questi, il meno tragico è stata l’eliminazione di chi per anni aveva giustificato ideologicamente il regime, come Giovanni Gentile. Anzi, troppo pochi pagarono per quel crimine contro l’umanità che furono i fascismi europei. E purtroppo, troppi “pensatori” si salvarono, sopravvissero e si ricrearono una veriginità finite le atrocità belliche. Questo è stato il vero errore, non quello di eliminare il povero vecchio indifeso. In guerra c’era anche lui, anzi è stato proprio lui insieme a tutto il suo regime che aveva contribuito a costruire, che hanno creato la guerra e l’hanno portata in Italia. Rispondere delle proprie azioni è il minimo che gli si potesse chiedere.
Il discorso, dunque, non è chiedersi perchè sia morto Gentile, ma perchè “solo” Gentile e non tutti gli altri che si riciclarono nell’Italia del dopoguerra, che contribuirono attivamente alla strategia della tensione, gli ideologi delle bombe nelle piazze, tutti quelli che tentarono la via del golpe, tutti quelli che andarono a fare danni in America Latina. Ecco quale sarebbe la domanda e dove dovrebbe concentrarsi la nostra indignazione. Non certo sulla sorte di un vecchio che non si meritava altro che ciò che aveva contribuito a creare: uno stato di guerra permanente.
“Il discorso, dunque, non è chiedersi perchè sia morto Gentile, ma perchè “solo” Gentile e non tutti gli altri che si riciclarono nell’Italia del dopoguerra, che contribuirono attivamente alla strategia della tensione, gli ideologi delle bombe nelle piazze, tutti quelli che tentarono la via del golpe, tutti quelli che andarono a fare danni in America Latina” sottoscrivo in pieno, parole sante.
Anch’io sottoscrivo totalmente Militant!
Ed anch’io nel mio piccolo ho linkato sul blog sia questa discussione che la pagina di invito alla commemorazione: peccato che dal profondo nordest (veneto) difficilmente arriveranno contributi numerici: ma tenere viva la mamoria è sempre buona cosa, particolarmente quando i riferimenti all’attualità sono tuttaltro che minimali!
Per me Fanciullacci è una risposta anche a chi crede nell’ermeneutica infinita e nel dialogo infinito, e secondo me è veramente filosofo soprattutto in questo. Nel pensare l’interruzione del dialogo, nel riconoscere l’essere già azione del dialogo. Il dialogo-a-tutti-i-costi, che pretende irresponsabilmente di non essere già azione, ha prodotto catastrofi. Basti pensare alla condotta dell’Inghilterra nei confronti di Hitler prima e durante la seconda guerra mondiale. Fanciullacci è la risposta all’illusione tutt’ora molto in voga che esistano uno spazio e un tempo infiniti, sganciati dalla realtà, in cui non solo si risolvono tutti i conflitti e tutti i fascisti di questa terra vengono ricondotti alla ragione, ma in cui ogni singolo dato della realtà debba essere rimesso in discussione e rielaborato indefinitamente.
Non esistono spazi e tempi infiniti. Con la realtà prima o poi bisogna farci i conti, e il conto è tanto più salato quanto più lo si è evitato. Tutto alla fine si risolve nel pratico, diceva un tale di Königsberg, e l’incontro Fanciullacci-Gentile per me è stato un dibattito filosofico.
è la prima volta che intervengo pur seguendovi da molto… ma ci tengo a farlo essendo direttamente coinvolto.
Stasera sarò alla commemorazione, e se interessa dopo posterò anche un resoconto.
Per il momento trovo che Militant abbia centrato il punto: non c’era nessun motivo per fare dei distinguo fra il fascista intellettuale e il militare. Gentile aveva delle responsabilità pesanti ed era un bersaglio più che valido per i gap.
E se anche disapprovava i metodi di Carità, con la sua presenza intellettuale legittimava comunque i loro atti, così come legittimava la repressione contro i retinenti alla leva (fucilati di campo di marte, 22 marzo ’44).
Secondo Twirus.com, sito che traccia e analizza le comunicazioni su Twitter, nella giornata di domenica 17 luglio #Fanciullacci è stato il 5° hashtag più usato in Italia. Eppure non è mai apparso nella lista dei Trending Topic che appare sulla homepage di Twitter. Ennesima conferma che quell’algoritmo ha qualcosa che non va…
Alle h.23:30 di domenica, su Twitter noi abbiamo contato 171 utenti con il volto di Fanciullacci nell’avatar, e sicuramente altri ci sono sfuggiti.
Voci non confermate dicono che il sindaco Renzi, che pure era annunciato, alla commemorazione di Fanciullacci non si è fatto vedere… Qualcuno che c’era può dirci qualcosa?
@uomoinpolvere
Non solo è vero quello che dici, ma l’appello al dialogo è stato e viene tipicamente utilizzato da chi è più forte contro chi è più debole, per certificare la sua disfatta a livello mediatico e simbolico dopo aver vinto su tutti gli altri livelli. Vedi Israele nei confronti dell’OLP. O vedi Confindustria nei confronti dei sindacati “indisciplinati”. Ti schiaccio con ogni mezzo, militare, politico, giuridico, economico, e poi ti chiedo di dialogare. Tu ovviamente non puoi, perchè non hai più nessuno in grado di contrattare, niente da mettere sul piatto, nessuna leva. Il dialogo è qualcosa che vedo richiedere, da che ho memoria, solo da quelli che sanno che l’interlocutore non ha più alcuna voce per dialogare.
@Adrianaaaa
Hai perfettamente ragione, l’appello al dialogo è spesso usato per “certificare la disfatta a livello mediatico e simbolico dopo aver vinto su tutti gli altri livelli”. Ma c’è anche dell’altro, purtroppo c’è anche chi con le buone intenzioni di cui è lastricato l’inferno dà spazio politico e filosofico a fascismi e nazismi varii, chi direi davvero molto borghesemente non accetta “limiti”, non accetta la superiorità del “nudo dato”, dei fatti, chi pensa che tutto, tutta la realtà, possa essere oggetto e risultato del dialogo e dell’ermeneutica. Purtroppo l’appello al dialogo non è solo lo squallido artificio di cui parli tu, è anche la cifra di molti discorsi, anche elevatissimi. Quando Totaro e i suoi sodali fecero quella proposta di legge abominevole (me lo ricordo bene) ne ricordo parecchi, di blogger “de sinistra” autorevoli e altrimenti molto lucidi, dire che era una proposta del tutto legittima (che loro, per carità, avrebbero votato contro perché ovviamente convinti dell’attualità del pericolo-fascismo) ma che la proposta in sé era legittima, che in democrazia è legittimo proporre e discutere tutto. Ecco, per me non è proprio legittimo tutto tutto. Per me è proprio sbagliato pensare questo. Ma quello che per me è un errore è un atteggiamento comunissimo; credo purtroppo condiviso dalla maggior parte dei “buoni cittadini democratici”. In fondo il dialogo sembra davvero una bella cosa, e ci viene insegnata la sua importanza fin da bambini. E’ molto facile dimenticarsi che anche il dialogo ha dei limiti.
L’ultimo atto politico del filosofo settantenne è stata l’apologia della fucilazione di tre ragazzi che non erano neanche partigiani, erano semplicemente nascosti per evitre l’arruolamento forzato, e solo per questo sono stati condannati a morte come “banditi”. Noi possiamo amabilmente discettare, dalle nostre linde e pacificate casette (dalle quali i prodromi della guerra prossima ventura si intuiscono appena) della giustezza o meno di sparare a un settantenne “disarmato” (come se avere una pagina di giornale non sia un’arma ben più potente di quelle definite “da fuoco”): ma sfido chiunque non sia Pansa a dire che in quella situazione di guerra aperta un editoriale come quello di Gentile ti lascia indifferente, o ti suscita solo reazioni ermeneutiche di tipo discorsivo.
In ogni caso quando ho scritto la scheda biografica su Gentile per Encyclomedia ho usato la parola “giustiziato”, non “ucciso” o “assassinato”.
Anch’io sono Fanciullacci!
@ Bigio
attendiamo commenti sulla serata!
Confermo, Renzi non c’era… viene invitato ogni anno per formalità ma al massimo otteniamo un sostituto.
Uno scarno resoconto:
per un caso più unico che raro, il programma si è svolto leggermente in anticipo, così mi son perso la cerimonia vera e propria con la posa delle corone, arrivando in tempo giusto per i discorsi.
Non voglio infrangere le aspettative di nessuno, ma secondo me lo spettro di Bruno è stato poco presente, citato giusto dal presidente dell’Oltrarno nel discorso d’apertura… le autorità si sono concentrate sulle vittime innocenti (forse più facili da gestire), ringraziato i nostri partigiani che son semre meno, per poi toccare temi attuali come la manovra del governo… invocando se necessario una “ribellione democratica”…
@ Bigio
da questa parte dell’Appennino a volte si dice: “Piotost che gnint, l’è mei piotost“. Piuttosto che niente, meglio piuttosto :-)
Lo spettro di Fanciullacci abbiam fatto bene a evocarlo noialtri con buon anticipo.
Temo di non afferrare il senso del proverbio. Sarà che a quest’ora il mio cervello mi sta abbandonando…
Comunque è stata una bella commemorazione (e l’assenza del sindaco mi sta più che bene). Sicuramente eravamo in molti a pensare a Bruno ed è andata bene anche così…
e poi forse, quelli di razza partigiana come lui preferiscono evitare gli eventi “ufficiali” e la loro retorica cristallizzata…
Totalmente a caso e probabilmente OT,
mi permetto di segnalare una strana affinità categoriale tra [i]l’operazione[/i] #Fanciullacci e la concezione della storia di Nietzsche in “L’utilità e il Danno della Storia per la Vita” (eeeh, che sparata…!).
Alla fine, quella che avete lanciato è stata una bellissima operazione ad incrocio tra “storia monumentale” e “storia antiquaria”, imperniata sull’utilizzo della “storia critica”.
E’ stato il recupero di un evento e di un personaggio emblematici al fine di creare un modello (auto)critico; la contemplazione di piccolezze e radici di basso grado di modo da costruire una solida “tradizione”; e l’utilizzo della critica per smontare da un lato fandonie sul Fanciullacci e dall’altro una visione “tecnicizzata” (come direste voi) della Resistenza, di modo da contribuire ad una visione più articolata del “partisan”.
Stavolta non mi riesce di capire la direzione e il senso del topic.
Gentile era fascista. Anzi, era il giustificatore teorico del fascimo: dallo squadrismo fino alla fucilazione per la renitenza alla leva. Cose abominevoli.
Gentile era un teoreta, il più grande teoreta “continentale” fino a Severino [non lo conosco direttamente, ma è l’unico assieme a Bontadini per il quale Severino fa un esplicito apprezzamento nella Struttura Originaria] assieme a quell’altro simpaticone di Heidegger. Un giorno lo leggerò direttamente [prima preferisco farmi tutto Platone e Plotino :-P].
Poichè era un fascista l’hanno giustiziato in tempo di guerra.
Decenni dopo persone che non c’erano, di dubbia statura culturale, hanno definito chi l’ha giustiziato “vigliacco” per il semplice fatto che hanno ammazzato un vecchio che girava disarmato.
A parte l’ovvia conclusione che chi ha definito “vigliacco” Fanciullacci è evidentemente un pirla non capisco cosa c’entri direttamente Gentile.
Sicuramente non è stato il momento più elevato di tutta la resistenza, e ci sono molti argomenti sia a favore che contro quel gesto, e il discorso in merito sarebbe infinito.
Quindi, piuttosto che chiedersi del perchè “solo” Gentile, io son più propenso a domandarmi del perchè si parli ancora di Gentile in questo contesto, del perchè lo si lasci ai bruni senza saccheggiare il suo pensiero e scoprire altre soluzioni e prospettive. Se l’essere un genio non ti può garantire la vita, che quantomeno ti garantisca di essere preso sul serio da morto. Ridurlo “al nemico fascista” è quantomeno riduttivo…anche perchè di certo così non si entra nel merito della sua riflessione. Mica che poi si finisca a pensare che le fucilate possano chiudere una disputa: possono rallentarla o troncarla, ma non la risolvono. Se ha sbagliato, è nel merito che si confuta, non sparandogli. Altrimenti, per analogia, poi si finisce che giustifichiamo i roghi contro gli eretici, rei di aver espresso il male verbo.
ps: che poi nel ’44 si possa aver ritenuto necessario eliminarlo, ci può stare [anche se ho i miei dubbi al riguardo]. Ma come editorialista, non come filosofo. [determinante per la sua esecuzione è stata la sua influenza, non tanto la sua riflessione teoretica].
@ cammello
boh, eppure a me il senso del post e dell’operazione sembravano chiarissimi, e mi pareva che l’uno e l’altra fossero stati compresi senza problemi da chi ha commentato e partecipato… Al centro non c’è Gentile, bensì Fanciullacci. Il fulcro è il rapporto tra memoria e conflitto, il ritorno dell’occultato perché inaccomodabile. Non è un saggio sul posto di Gentile nella storia della filosofia, è la prosecuzione del nostro discorso sulle “asce di guerra”, su resistenza e violenza. Maxmagnus ha colto bene i nessi mito/logici del discorso.
Tra l’altro, mi pare che ai tuoi rilievi più sul piano storico sia stato risposto preventivamente, e su Gentile come filosofo mi pare che saint-just abbia capito il senso del post pur tenendoci a distinguere i due piani.
Aggiungo che, dialetticamente, nel momento stesso in cui i due piani vengono distinti, li si ritrova uniti. O vogliamo sostenere che Gentile filosofo “puro” non ha alcun rapporto con Gentile cantore filosofico del regime, che non vi sono continuità evidenti tra il modo in cui Gentile legge Hegel e i motivi per cui sceglie il regime, tra attualismo e ideologia fascista? Ci sono tempi e contesti in cui si può e si deve analizzare la complessità di questi rapporti, magari trovando in Gentile aporie e nodi importanti (che sovente egli stesso scelse di non districare, optando per banalità da “filosofema del manganello”), e vi sono tempi e contesti in cui quei nodi vanno recisi con la spada. Il secondo approccio non è meno filosofico del primo, come diceva uomoinpolvere. Dipende da cosa si intende per filosofia.
Alcune parole sono già cattive azioni, sono immediatamente performative (es. “Addosso al negro!”, “Uccidiamoli tutti!” o “Bisogna colpire i traditori della patria”).
Gentile non fu ucciso per via del suo pensiero astratto, in quanto filosofo, ma per via di una lunga catena di cattive azioni, in quanto filosofo *del regime* (“editorialista” è un’espressione debole e ambigua, che in una certa misura scagiona: come se un filosofo, per giunta sistematico come Gentile, potesse scrivere qualcosa di completamente esterno alla propria filosofia).
Tra l’altro, in base alla sua idea di “atto” e “azione”, paradossalmente lo stesso Gentile avrebbe dovuto comprendere la ratio della sua uccisione, e addirittura giustificarla. Infatti l’anno scorso abbiamo scritto che Fanciullacci ha messo in pratica la filosofia di Gentile meglio di Gentile stesso. Quindi, lo vedi, Cammello? In un certo senso lo stiamo usando, non lo stiamo lasciando ai bruni :-)
Se poi quell’uccisione sia stata o meno un momento “alto”, mi sembra che questo “alto” valga per lo “sportivo” di Binaghi.
@ Bigio
il senso di quel proverbio emiliano sta proprio nell’involontaria traduzione che ne hai dato: “E’ andata bene anche così” :-)
Paragone/interrogativo azzardatissimo:
non servirebbero dei Fanciullacci moderni in grado di scansarsi dal paradigma dell’ *eroe democratico a tutti i costi* che smettessero di concedere il vantaggioso e “ofermod” *dialogo-sempre-e-comunque* ai Tryggvason di oggi che non aspettano altro per fare i propri sporchi comodi?
la storia di Fanciullacci, come del resto quella dei gappisti di Bandiera Rossa a Roma o della Volante Rossa a Milano, è per fortuna-purtroppo scomoda; per fortuna perchè tiene vivo il sentimento e l’idea che la resistenza continua, purtroppo perchè ancora mistificata, infangata e poco studiata….colmare questi vuoti è fondamentale, a partire dalla scuola dove laresistenza sembra ormai un qualcosa da museo buona per le ragnatele e le passerelle del 25 aprile.
Hola, a proposito dell’esperimento #Fanciullacci su Twitter a cui ho partecipato: bella l’idea e anche il risultato mi pare interessante, in molti hanno “aderito” ed hanno assunto le sembianze del Bruno. Volevo qui segnalare anche che io avevo modificato per il w.e. il mio avatar su anobii, invitando vicini/amici a fare altrettanto e aprendo una discussione sul gruppo WuMing (qui però nessuna reazione ad oggi). Ovviamente i tempi di “reazione” degli utenti anobii non sono gli stessi di Twitter (che molti passano ad aggiornare la propria libreria solo una volta ogni tot), ma comunque un numero di persone che riempie una mano hanno aderito…
Al prox esperimento… :-)
@uomoinpolvere
hai perfettamente ragione, ma io credo nel caso che descrivo io come in quello che descrivi tu ci sia un problema comune: l’incapacità di storicizzare (argomento che è venuto fuori anche più sopra). si da il dialogo per valore assoluto, in cui si è pari anche se nei fatti non è così. è una parolina magica che ci inebetisce e che fa sì che le circostanze non contino più nulla. se ci si scontra, tutti tendono a prendere le parti del più debole. ma se c’è un appello al dialogo no, lì non c’è debole e forte, non c’è torto o ragione, lì bisogna dialogare.
Gentile non fu ucciso “in quanto filosofo”?
Tecnicamente no. Ma Gentile era un filosofo, in un’epoca in cui la patente di filosofo garantiva lo scalino più alto nelle gerarchie intellettuali (non ho a mano i Quaderni di Gramsci, ma negl iscritti su Benedetto Croce la cosa è spiegata in modo ammirevole). E dunque, la sua posizione di filosofo, persino nei momenti in cui Gentile si è discostato dal fascismo, coincideva con quella di “intellettuale organico” al regime. E le parole di Gentile, scritte o parlate che fossero, pesavano come pietre: non a caso fu uno dei nomi che Mussolini spese davanti agli industriali milanesi (assieme alla promessa del ministero dell’industria) la notte in cui, col biglietto ferroviario per Chiasso in tasca, trattava sull’esito della marcia su Roma mentre i suoi “legionari” erano accampati a Orte (“Roma o Orte”, per dirla con Flaiano).
Resta poi il fatto che “essere un filosofo” è un dato che non ha nulla a che fare con “essere un buon filosofo” o “essere un cattivo filosofo”. Gentile e Croce stanno alla grande filosofia (a Bergson e Dewey, o a Russell e Wittgenstein, per citare dei loro contemporanei) come a Lennon e McCartney, o a Plant e Page, stanno Negrini e Facchinetti.
Giro, abbiamo detto la stessa cosa, tu in modo più dettagliato. Io ho scritto che Gentile non è stato ucciso in quanto filosofo, ma in quanto filosofo di regime. Non è stato ucciso per il suo pensiero (come, per fare un nome a caso, Giordano Bruno), ma per le malefatte commesse in anni e anni di potere culturale. L’espressione include gli enunciati performativi, le parole che ogni giorno alimentavano il male, un male via via più concreto, che scavava nelle carni. Tutto questo sventolando la patente di filosofo.
Per chi volesse leggere cosa scrisse Gramsci di Croce e Gentile: non è indispensabile compulsare i tomi del cofanetto (cofanone!) Einaudi dei “Quaderni”; le pagine sui due pezzi grossi sono state stralciate e pubblicate in un agile libretto intitolato, semplicemente, Croce e Gentile. E’ fuori catalogo, perché era nella collana “I Piccoli” dei vecchi Editori Riuniti (non c’entrano con la casa editrice che usa il nome adesso), ma in biblioteca dovrebbe trovarsi con facilità.
@WM1: Grazie per i chiarimenti e le correzioni. Mi servivano XD.
Nel primo numero de L’Ordine Nuovo, un articolo firmato Empedocle e probabilmente di Togliatti, si riferiva a Gentile come
“il più rispettato e il più influente filosofo della scuola filosofica italiana.”
Empedocle, senza titolo, in L’Ordine Nuovo, N. 1, 1 Maggio, 1919.
Prima del fascismo, ma dopo la rivoluzione d’ottobre, Tasca, Togliatti e Gramsci pensavano ancora che Gentile fosse il più importante filosofo borghese d’Italia. Senza Gentile non ci sarebbe stato l’Hegelismo italiano e neppure Gramsci e il suo marxismo occidentale che, come gli altri marxismi occidentali del periodo, era soprattutto una riscoperta di Hegel (Martin Jay, Marxism and Totality, per chi volesse saperne di più.)
Anche l’espressione filosofia della praxis, indipendentemente da chi l’abbia inventata, fa parte del lessico di Gramsci per via di Gentile e di un suo fondamentale lavoro:
http://www.paginadelleidee.net/4_filosofia/filosofia9.htm
Ma so che queste cose non le insegnano a scuola dove magari si insegna filosofia attraverso i paragoni con i cantanti pop.
Non che uno voglia parlare di filosofia nei commenti di un blog, ma quando si dicono troppe cazzate a uno viene voglia di fare una bella interrogazione a sorpresa per poi lamentarsi del disastro della scuola (anche quella informale della sinistra) italiana.
Oppure, per essere più simpatico, uno può dire sì, sì, Gentile… un minore, Gentile… un fascista, Gentile… uno stronzo ma senza di lui i mondiali del ’82 mica li vincevamo
http://www.youtube.com/watch?v=MvK2z6eUbAE
@ erota
dove chiami in causa Girolamo, ti risponderà lui. Io invece ti domando: spiegami in che cosa queste tue precisazioni (peraltro in questa discussione il debito di Gramsci nei confronti di Gentile era già stato ricordato) sposterebbero di una sola virgola l’impostazione che ho riassunto nella mia risposta a Cammello. Quell’impostazione *prescinde totalmente* dal giudizio di valore sul pensiero filosofico di Gentile. Anzi, il giudizio di valore positivo vi entrerebbe solo come aggravante, non come attenuante. Potrebbe anche essere stato il più importante pensatore di tutti i tempi, e *a maggior ragione* quell’impostazione andrebbe mantenuta.
Riguardo al giudizio di chiunque (non degli ordinovisti: di chiunque) su Gentile prima del fascismo, mi permetto di dire che gli eventi post-1919 non rappresentano uno spartiacque da poco. Non pensi che l’aver visto Gentile ricorrere a sofismi di vario genere per giustificare lo squadrismo (i sofismi parodiati da Tilgher nel suo pamphlet sul “bestione trionfante”), che averlo visto scrivere quella porcheria del “Manifesto degli intellettuali fascisti” etc, potrebbe anche avere spinto diversi osservatori a riconsiderare i fondamenti del suo pensiero, e a *trovare* (anziché rimuovere) i nessi tra quest’ultimo e l’adesione al fascismo? Retroazione critica. Insomma, c’è un’evoluzione del giudizio da “il più rispettato e il più influente filosofo della scuola filosofica italiana” a “l’Arlecchino filosofo drappeggiato di croci uncinate”.
Va poi detto che un quarto di secolo dopo, in Togliatti sembra sopravvivere poco dell’antica considerazione, a giudicare da quel che scrive dell’uccisione del filosofo:
«Credo di non aver bisogno di chiedere scusa per la sincerità. Parlando di Giovanni Gentile, condannato a morte dai patrioti italiani e giustiziato come traditore della patria, non riesco, non riesco a prendere il tono untuoso di chi, facendo il necrologio di una canaglia, dissimula il suo pensiero e la verità col pretesto del rispetto ai morti. […] Chi tradisce la patria impegnata in una lotta a morte contro l’invasore straniero, …, deve pagare con la vita. L’esecuzione di Giovanni Gentile è una vittoria del nostro paese nella tragica lotta in cui esso è oggi impegnato; è un trionfo della causa della giustizia. Sentiamo commozione ed esprimiamo la nostra riconoscenza di cittadini ai giovani combattenti che hanno compiuto quest’atto di risanamento della vita del nostro paese. […] Giovanni Gentile riceveva e distribuiva prebende e accumulava milioni, classico tipo del gerarca corruttore e corrotto installatosi alla sommità del mondo culturale italiano, simbolo vivente della sua decomposizione. L’azione vendicatrice di un gruppo di patrioti ha punito il traditore. Molto avremo ancora da fare per individuare esattamente e distruggere senza pietà le radici del tradimento.» (L’Unità, 23 aprile 1944)
Chissà perché, mi è venuto in mente Jesi che cita Cantimori che prende le distanze da De Felice che “nobilita” Evola in quanto uomo di cultura.
Per la precisione, De Felice riconosce a Evola il “pregio di aver tenuto il razzismo (“che, indubbiamente, da Boulainvilliers a De Gobineau a Rena, da Herder e Kant a Nietzsche, da Fichte a Vacher de Lapouge ha avuto un suo valore culturale ed etico, oltre che politico”) “sul terreno di una problematica culturale degna di questo nome”.
Cantimori si occupa della parte tra parentesi, Jesi di quella che segue.
Cantimori:
“Peso e importanza, è un fatto. Valore, se nel termine è implicito un qualsiasi giudizio in senso positivo, proprio non mi pare. Pur se sono di grandi uomini, o di grandi ‘popoli’, le degenerazioni non hanno valore, – anche se possono avere gran peso e gravi conseguenze, – né culturale né etico.”
Jesi:
“[Si tratta] di un ‘tranello’ […] inerente a una cultura […] per la quale ogni atteggiamento caratterizzato da un sufficiente decoro intellettuale formale e quindi anche da una sufficiente coerenza con i suoi presupposti, possiede un qualche ‘valore’, quale che sia il ‘giudizio in senso positivo’ implicito senza dubbio nel termine ‘valore’.”
Jesi riprende la distinzione di Cantimori tra “peso” e “valore”, ed esprime un giudizio durissimo nei confronti di una certa intellettualità borghese provinciale, rispettosa della “aureola culturale prestigiosa” di chiunque, fosse anche il più lercio figuro in circolazione.
Vorrei partire dalle parole di Togliatti da te scelte perché mi sembra riassumano bene il problema che ho voluto porre:
“Chi tradisce la patria impegnata in una lotta a morte contro l’invasore straniero, …, deve pagare con la vita.”
Se la morte di un uomo non fosse una cosa seria, verrebbe da dire che Togliatti stava “sintetizzando” Gentile, post mortem. L’istanza nazionale posta da Gentile nella sua comprensione della Totalità, sembra dire Togliatti, l’abbiamo fatta nostra e, superando Gentile, che adesso abbiamo incorporato, possiamo eliminarlo fisicamente in nome delle istanze che lui stesso poneva.
Il problema è che, una volta fatta la sintesi, sempre in senso di aufhebung, non sono solo i filosofi fascisti ad essere inutili, ma interi gruppi umani che possono essere eliminati senza che “il popolo” o “la nazione” ne siano cambiati nella loro totalità.
In altre parole, quello con cui dissento nel tuo intervento, è che hai “ragione” sull’azione gentiliana di Fanciullacci, ma ne rivendichi poi, con orgoglio, l’eredità. Delle due l’una: o Gentile è un filosofo che rivendichiamo o, è un filosofo che rigettiamo e con esso anche l’azione del gentiliano Fanciullacci. A me la dialettica non piace, e neanche l’atto di rendere identico al sé che l’uccidere produce ben più del pensiero
Invece si preferisce, non sempre tu, ma nei vari post, oscillare fra tre piani diversi:
1) storicismo: c’era la guerra, erano tempi diversi, la situazione storica, etc.
2) polizia delle idee: come ideologo del fascismo meritava la morte più dei fascisti “pratici” etc.
3) monumentalizzazione: la Resistenza era morale, Fanciulacci era un membro della Resistenza, Fanciullacci era morale.
Al tutto mi viene da rispondere che non c’è nulla di più reazionario e violento della vulgata storicista, che giustifica tutto in nome dei propri amori politici ed è implacabile con quelli degli altri;
che credo, Kantianamente, che l’esercizio pubblico della ragione non possa mai essere punito. Se si vuole condannare a morte Gentile, lo si faccia perché criminale di guerra, se tale, o in un’azione di guerra, se è un nemico. Ma chi uccide i filosofi in quanto tali è già il potere in atto, e non mi fa simpatia; Non è il genio criminale ucciso dal proletario morale, ma è già il potere che si libera del proprio passato scomodo, riscrive la storia, incorpora e demonizza, riduce al silenzio.
Che l’antifascismo è meglio senza monumenti e con più pensiero critico.
Visto che il nome di Cantimori è emerso, qualcuno avrebbe certo potuto uccidere l’aggressivo intellettuale fascista Cantimori, di cui si mormora, magari a torto, di simpatie per il nazismo, più che per il fascismo. Non ne sarei contento adesso.
E per favore risparmiatemi le sciocchezze su “le armi della critica e la critica delle armi,” in salsa di tagli gordiani ai nodi filosofici. Sono slogan senza senso. Spiacevole e magari necessaria propaganda durante dei grandi conflitti storici, inutile retorica oggi.
@ Erota
Gentile è senz’altro il maggiore filosofo italiano a cavallo dei due secoli, non ho problemi ad ammetterlo. “Filosofo italiano” cioè esponente di una filosofia che, rispetto al resto del mondo, è indietro almeno di mezzo secolo. L’hegelismo italiano è una rimasticatura di temi che la germania aveva tranquillamente oltrepassato decenni prima con le varie scuole neo-kantiane e i primi vagiti della fenomenologia, di cui l’America faceva (tranne rare eccezioni) a meno per fondare il pragmatismo, di cui Bergson non aveva bisogno per dare l’avvio a qualcosa di nuovo e importante. Che Gramsci abbia preso qualcosa dall’attualismo, così come dallo slancio vitale di Bergson, è vero (com’è vero che qualche buon libro Gentile l’ha pur scritto: ad esempio quello su Marx): altrettanto vero è che Gramsci ha preso spunto per andare avanti, e parecchio. L’espressione “filosofia della prassi”, consentimi, non indica un’adesione all’attualismo: è un trucchetto per raggirare gli ottusi censori, i quali nno avrebbero fatto uscire dal carcere un quaderno che conteneva parole come “marxismo” o “Lenin”, ma non capivano cosa intendesse davvero Gramsci con “filosofia della prassi” o “Ilici”. Che Togliatti abbia apprezzato Gentile non stupisce: Togliatti, com’è noto, è un idealista, il compito che si era assunto nel campo filosofico era di raccogliere le bandiere dell’idealismo italiano e farle proprie. Anche per lui vale la diagnosi di arretratezza storica e sociale: un’arretratezza che permetteva, con le false alternative Gentile-Croce o Croce-Gramsci (con la quale gli storicisti del PCI si sono baloccati fino agli anni Sessanta), di dare compiuta espressione a un’arretratezza economico-sociale e culturale. Ci ha scritto su qualcosa di ancora meritevole di lettura Arbasino (“La gita a Chiasso”), a proposito degli intellettuali italiani che avrebbero potuto, andando a Chiasso a comperare sigarette e cioccolato, procurarsi anche quei libri che il Regime non faceva circolare in Italia, e non lo fecero (ad eccezione di Luporini, che se ne andò a studiare ad Heidelberg, e Geymonat, che prese la via di Vienna). Gramsci lo ha fatto con la mente, non potendolo fare col corpo.
Se poi vuoi fare un’interrogazione a sorpresa, ti informo che Gentile tutto non l’ho letto, ma le cose principali sì: non è mia abitudine parlare di cose che non conosco. Anche se uso i paragoni con i cantanti pop, allo scopo di rendere comprensibile la filosofia al maggior numero di studenti possibili, visto che, d’accordo con Gramsci e diversamente da Gentile e Croce, non la ritengo destinata a una ristretta élite di studiosi.
@ erota
guarda che non “stiamo capiti”, proprio per niente. Mi sembra, anzi, che il fraintendimento sia plateale.
Io, personalmente, NON sposo in alcun modo l’idealismo, la dialettica gentiliana, l’atto puro etc. etc. Né sono mai stato particolarmente hegeliano (tutt’altro), anche se a differenza di altri miei amici, non sono così tranchant su Giorgino.
Quando ho ripreso – mettendoci l’emoticon a scanso di equivoci – la nostra battuta sul fatto che Fanciullacci sia stato plus gentilien que Gentile, stavo facendo (come già l’anno scorso) del *sarcasmo* sul fatto che con la dialettica di Gentile (ma è un problema più generale dell’hegelismo) si può giustificare qualunque cosa. Infatti la premessa di questo “paralogismo” era la definizione crociana della dialettica di Gentile come “grimaldello da ladro che apre tutte le porte” (e quella di Radio Londra sulla “ciabatta buona per qualunque piede”).
Tu prendi sul serio paralogismo e battuta, e li usi per una contro-argomentazione. Ma è una base fragile, una banchisa sottile e piena di crepe. O, se preferisci, un marciapiede dove noi abbiamo gettato una buccia di banana (ma con nessuna intenzione di far cadere qualcuno, a parte Gentile, che però difficilmente sarebbe passato) e tu pensi sia uno sgabellino.
E infatti succede che io citi, meramente a scopo documentale, Togliatti (per il quale provo ben poca simpatia), e tu me lo ri-citi facendo collassare la sua posizione su quella presunta di Fanciullacci e sulla mia, e cioè: siamo tutti gentiliani. No, commendatore, gentiliano sarà lei! :-)
Quando in questo thread saint-just ha lasciato il primissimo commento positivo sull’originalità di Gentile filosofo, io ho risposto che su ciò (sul “valore”) sarebbe stato meglio sospendere il giudizio, perché il focus di questa discussione era un altro.
E’ una cosa che ho ribadito anche a Cammello. Qui si possono avere diverse valutazioni sull’opera più prettamente, puramente filosofica di Gentile… e però:
1) essere d’accordo sul fatto che Gentile usò una versione “for Dummies” della sua dialettica per giustificare l’ingiustificabile.
2) rilevare che questa versione “for Dummies” *inverava* e concretizzava certi aspetti del suo pensiero, andava per così dire *al nocciolo*.
Questo metodo di discussione e d’indagine non getta il bambino con l’acqua sporca. Semplicemente, dice che quell’acqua sporca non era un mero “incidente”, e che il bambino non ci stava dentro per caso.
Altra questione: confondere la storicizzazione con lo storicismo (bestia nera della filosofia occidentale almeno dallo strutturalismo in avanti) e, peggio, con la “vulgata storicista”.
“Storicizzare” va fatto sempre (e questo slogan Jameson lo propone in un libro dove fa “lavorare” le categorie di Althusser, mica quelle di Croce), per capire in quale contesto si muovevano gli attori di un evento. Su quell’istanza, ne possono agire altre. Ma senza di quella, arriveremmo a parlare nel vuoto pneumatico. “Storicizzava”, e parecchio, anche Foucault, che però non era uno storicista. E il concetto di “storia critica” è di Nietzsche (*)
Infine: “ogni forza è morale” lo ha detto Gentile. E’ un concetto suo, un frame suo, una categoria sua.
Per quanto riguarda la Resistenza, Fanciullacci etc., noi diciamo che *quella* forza, quella vicenda umana, ha un grande valore *etico*. Mi sembra molto diverso.
Ci sono stati momenti di dubbio valore etico nella Resistenza? Certamente sì, come in tutte le guerre. Ma a nostro dire, l’uccisione di Gentile non rientra in quel novero. Si possono fare – e si sono fatte – tutte le critiche che si vogliono sul piano tattico e strategico, ma non sul piano etico o, peggio, “sportivo”. Perché Gentile *non era un innocente*, non ci sono cazzi.
Ragion per cui, la tua argomentazione mi appare “a testa in giù” rispetto all’andamento reale della discussione.
…
Ustia, dimenticavo: “polizia delle idee”, “punizione per l’uso pubblico della ragione”… Alla base di argomenti come questi sopravvive, spesso inconsciamente, un’idea cartesiana di ragione disincarnata, una netta dicotomia mente-corpo (e quindi parole-azioni) che nella realtà non esiste. I mandanti di un crimine non andrebbero mai toccati? Dovremmo prendercela solo con gli esecutori? Per questo viatico, si potrebbe arrivare a dire (anzi, qualcuno lo ha detto!) che *personalmente* Hitler non uccise mai nessuno. In fondo, Hitler usò solo le parole.
Gli “ideologi” sono più innocenti dei loro sgherri? Al contrario! E certi enunciati *sono già azioni*: gli ordini, le leggi, le circolari esecutive, le intimazioni di sfratto, l’incitazione al linciaggio in presenza di una folla inferocita etc. Quello di Gentile non fu “uso pubblico della ragione”, e non è per un uso pubblico della ragione che fu punito. Del contrario, non riuscirai mai a convincermi.
* Quando Deleuze nell’Abecedaire rievoca le sue estati di bambino al mare, a un certo punto si sofferma sullo shock provato dai buoni borghesi in villeggiatura nel vedere – nel periodo di poco precedente la seconda guerra mondiale – le prime famiglie operaie in vacanza, e racconta l’aneddoto di una bambina proletaria che non aveva mai visto il mare prima di allora. Quella bambina rimase cinque ore sulla riva a guardare la distesa d’acqua. Da lì, Deleuze spiega quanto fu importante la legge sulle ferie pagate promulgata dal Fronte Popolare. Fu grazie a quella legge che arrivarono quelle famiglie operaie. Poi dice che quello che vide manifestarsi su quella spiaggia in seguito alla sua profanazione era il più puro odio di classe, e si dice convinto che tale odio sia ereditario, è lo stesso odio di classe dei figli e dei nipoti di quei buoni borghesi, lo stesso odio manifestatosi nei confronti del ’68 operaio etc.
Beh, in quella parte di documentario Deleuze sta “storicizzando”, e di brutto, e in maniera impeccabile, pur essendo – come ben sai – tutt’altro che uno “storicista”.
oggi come ieri
buon ascolto e buona visione
http://www.youtube.com/watch?v=SxEot1L4r_k&feature=related
@ wu ming, infatti io invitavo a separare i piani.
Gentile e’ stato giustiziato dal Pci perche’ era l’intellettuale piu’ prestigioso del paese e metteva il suo prestigio al servizio della Repubblica di Salo’ . Fino all’ultimo aveva giustificato le esecuzioni di partigiani e antifascisti.
In un clima di guerra mi sembra un’azione sacrosanta.
Questo al di la’ delle responsabilita’ di Fanciullacci o di Concetto Marchesi o di Momo Li Causi.
Gentile e’ stato un filosofo rilevante ?
Diciamo che sicuramente non e’ questione che si possa risolvere nello spazio di questo post.
Eviterei pero’ battute tranchant che non aiutano a capire.
@ Girolamo, non sono togliattano, ma Togliatti e’ un gigante rispetto ai figuri politici che ci toccano in sorte.
Poi non disprezzerei del tutto la cultura italiana della prima meta; del 900. Ha prodotto Gramsci..non mi sembra poco.
Arbasino ne capisce sicuramente di letteratura…ma di filosofia e soprattutto di politica, non credo.
Fermarsi a Chiasso no, ma Gramsci diffidava del cosmopolitismo degli intellettuali italiani.
Si rischia di non capire niente del proprio paese.
@ saint-just
secondo me *alcune* battute possono aiutare a capire. Lo humour a volte, lungi dal liquidare le questioni, ne illumina le parti più in ombra. La battuta di Croce sul grimaldello e quella sulla ciabatta (se non ricordo male era di Paolo Treves, li scriveva lui quei testi per Radio Londra) mi sembrano descrivere in maniera icastica e immediata il modo in cui Gentile *piegava* (questo verbo potrebbe regalarci la giusta connotazione) verso usi immondi il suo status di filosofo e dirigente culturale, la sua sapienza retorica e una certa (credo che l’immagine sia di Belpoliti) “lingua-scudiscio” che schioccando produce sempre il suo bell’effetto.
Se per “separare i piani” si intende ritrovare e studiare in Gentile elementi di un lavoro filosofico che rimane rilevante a dispetto degli svilimenti che il suo stesso pensatore mise in atto, beh, penso che siamo tutti d’accordo: questa è la base di ogni critica. In greco il verbo “krino” significa separare, discernere etc.
Se invece con “separare i piani” si intendesse dire che non ci sono rapporti tra la filosofia di Gentile e la sua attività politica, tra l’attualismo e la fede nel fascismo, come se il personaggio fosse completamente scisso tra due sfere di pensiero e attività estranee l’una all’altra, allora non sarei d’accordo.
Sul fatto che la cultura dei primi vent’anni del novecento abbia prodotto Gramsci, starei attento. Gramsci ebbe una formazione spezzata, discontinua, dalle traiettorie bizzarre. Il pensiero di Gramsci è una sintesi così originale (su tutti i piani, dalla peculiare “lingua minore” inventata in carcere alla capacità di disquisire di meccanica quantistica) perché si produce in un verso *sghembo*, da una posizione di “marginalità” (sempre nel senso deleuzo-guattariano), da parte di un completo outsider per provenienza geografica, istruzione, posizioni politiche, financo per l’aspetto fisico!
In quell’Italia si produssero anche Salvemini, Gobetti, Leone Ginzburg e un sacco di altra gente. Che però era tutta *contro* quell’Italia (e quell’Italia ricambiò con violenza), contro quella cultura dominante e con più di un piede fuori dai suoi confini. E infatti la storia degli outsider di quella temperie è una storia di fuga, esilio e morte violenta.
@ Wu Ming, sull’ironia e sulla separazione dei piani sono assolutamente d’accordo.
L’ironia e’ illuminante,. Non si puo’ assolutamente separare un autore dalle sue scelte politiche e dal contesto. Storicizzare appunto.
Detto questo, come e’ gia’ stato detto si impara di piu’ da Schmitt che da Bobbio sullo stato.
Su Gramsci sono meno d’accordo, un ousider vero, ma tutto il suo lavoro e’ un confronto con la cultura italiana.
Quella che ci piace (Gobetti, Salvemini,Dorso) quella che ci piace meno (Croce, Gentile, i futuristi), e quella non ci piace per niente.
Nei quaderni c’e’ lo studio piu’ appassionante del rapporto societa’ /intellettuali del nostro paese.
@ saint-just
ok, però non direi che il pensiero di Gramsci fu prodotto dalla cultura italiana dominante nel suo tempo, come se quest’ultima ne avesse il merito… Direi invece che si produsse nel lungo attrito-confronto-scontro tra un outsider prevalentemente auto-didatta (capace di gettare uno “sguardo obliquo” sul suo mondo) e la cultura italiana di allora. Il pensiero di Gramsci prende forma nel conflitto con quella cultura, nella *contraddizione* con essa.
Basti dire che i “Quaderni” sono notoriamente scritti in carcere, carcere che in pochi anni ucciderà il loro autore, mentre negli stessi anni Gentile diventa:
– presidente dell’Istituto Nazionale della Cultura Fascista;
– direttore dell’Enciclopedia italiana;
– viceministro dell’Istituto Treccani;
– regio commissario della Normale di Pisa;
– vicepresidente della Bocconi;
– presidente dell’Istituto Nazionale di Studi Germanici.
La cultura dominante che produce il cursus honorum di Gentile non può essere la stessa che produce il pensiero di Gramsci. In più punti devono prodursi fratture e discontinuità, perché un esito possa divergere a tal punto dall’altro. Non so se mi sono spiegato bene. Comunque il thread sta diventando troppo complicato :-)
In ogni caso, oh, dove cazzo lo trovate un altro blog dove si possa discutere di queste cose in questo modo???! :-D
@ wu ming 1 , parole sante, libera nos a facebook e ringraziamo Giap.
Si’, troppo complicato. Contraddizione e’ la parola giusta, se certamente era sbagliata (ma utile a fini politici) la lettura continuista di Togliatti come se ci fosse un solo filone De Sanctis- Croce-Gramsci, sarebbe altrettanto fuorviante pensare a Gramsci come un genio isolato fuori dal contesto nazionale. Per dirla con Marx , sarebbe una robinsonata.
Sull’utlizzo di Gramsci da parte diTogliatti e’ uscito di recente , Operazione Gramsci di F. Chiarotto, non l’ho ancora letto ma sembra molto interessante.
@ Wuming 1
Davvero, non voglio polemizzare e, sapendo bene che ho cominciato io, mi scuso. Purtroppo il medium “commento al post” lascia poco spazio per discussioni così delicate.
Nel merito vorrei solo dire che quanto dici-
Gli “ideologi” sono più innocenti dei loro sgherri? Al contrario!
-porta direttamente ai “cattivi maestri” e ai “7 aprile.” So benissimo che non è la tua intenzione, ma c’è un valore della coerenza astratta. Quando poi gli idioti mettono al bando i libri, per esempio i vostri, perché non siete favorevoli al pubblico linciaggio di Battisti, cosa gli rispondiamo? Noi siamo buoni maestri? Sono gli altri cattivi? Il formalismo liberale ha dei vantaggi a cui non voglio rinunciare: non si punisce il corpo per emendare le idee.
Per quanto riguarda il gentilianesimo di Fanciullacci, io ho preso la battuta un po’ più seriamente e continuo a credere che sia un’intuizione vera. Per questo usavo le terribile parole nazionaliste di Togliatti che avevi citato (di Togliatti che era così gentiliano!) per dire che non si trattava solo di una battuta. Il pensiero del PCI, e anche di alcune azioni partigiane, è proprio gentiliano e quasi edipiche sono alcune azioni come quella del nostro.
(Certo che con un nome così, Fanciullacci, capisco che a uno venga voglia di scambiarlo per Franti e usarlo contro la concordia nazionale. Ma la lotta di classe contro “i geni” mi convince poco)
@Girolamo, non sono d’accordo con la tua ricostruzione del debito di Gramsci nei confronti di Gentile. So però che quanto dici è il consenso comune creato dall’intellighenzia del PCI in molti anni. Un discussione richiederebbe un dibattito sulle fonti. Forse possiamo trovarci d’accordo sul fatto di non essere d’accordo?
@ Erota
scusami, ma:
no e poi no. Assolutamente no. Metti insieme due piani che più diversi di così non potrebbero essere.
Io ho annoverato le “malefatte” di Gentile nell’insieme degli atti verbali *performativi*:
http://it.wikipedia.org/wiki/Performativo_%28atto_verbale%29
Da posizioni di potere culturale e mediatico accaparrate grazie alla violenza (non – banalmente – la sua personale, ma quella degli squadristi e degli apparati repressivi di regime che lui appoggiava), Gentile rovesciava dall’alto veri e propri editti. Un esempio a caso: fu sua l’idea di imporre il giuramento fascista a docenti e insegnanti. Quello non è “pensiero”, quella è azione.
Gentile non fu, astrattamente, un “cattivo maestro” (come fu accusato di essere Toni Negri), ma un alto dirigente, uno che per vent’anni diede ordini e disposizioni i cui effetti erano immediatamente concreti sulle vite degli italiani. Non fu punito il suo “uso pubblico della ragione”, ma il suo essere un ras della dittatura fascista, che sovente copriva le sue scelte con foglie di fico dialettiche e supercazzole filosofiche.
Ripeto: non fu ucciso perché filosofo, ma perché filosofo *del regime*.
I romanzi di Battisti con tutto questo non c’entrano nulla. Metterli in quell’insieme è un’operazione logicamente fallace. Battisti è un uomo in fuga, non ha cariche, non ha posizioni di potere, scrive narrativa, non dà ordini e disposizioni a nessuno. Mettere al bando i suoi libri (e quelli di chi lo appoggia) per punirlo di reati per cui è stato condannato ma che risalgono a quando non era scrittore, quello sì è punire il pensiero. Uccidere Gentile no, non fu punire il pensiero. Fu giustiziare un pezzo di merda.
@ Saint-Just
Purtroppo quell’articolo di Arbasino pubblicato prima su “Il Giorno”, e poi inglobato in “Fratelli d’italia”, non è reperibile in rete. Dico purtroppo perché è forse la cosa migliore che Arbasino ha scritto: l’Arbasino che lavorava al fianco di Feltrinelli, scriveva l’unica opera letteraria degna di passare alla storia del Gruppo 63, contribuiva ad introdurre Forster e Auden: insomma, ben altra cosa dalla logorrea attuale. Al di là delle competenze filosofiche (che all’epoca, ti assicuro, c’erano, eccome: poi il gin tonic e il Superego hanno preso il sopravvento), la sostanza è che tanti italiani intellettuali rimasti ancorati alla seconda metà dell’Ottocento se la menavano con la solfa di quanto in Italia (per responsabilità dirette di Croce e Gentile, che curavano i cataloghi di Laterza e Sansoni, ancor più che della censura di regime) non era stato possibile leggere nel Ventennio. L’elenco dei libri (dai Manoscriti di Marx al Tractatus di Wittgenstein), ai quali si potrebbero aggiungere Freud, Carnap, il Circolo di Vienna, Dewey e la pedagogia pragmatista (introdotta in Italia da Borghi, che no a caso fu esule in America e incontrò lì Dewey), la logica formale, la linguistica del Circolo di Praga – e mi fermo qui – è un lungo elenco di dove fosse il pensiero occidentale nel Novecento, e di quanto arrancasse in fondo alla salita il pensiero italiano.
Gramsci non è un prodotto del Novecento italiano, ma il prodotto di un’evasione dal Novecento italiano.
Quanto a Togliatti: che al suo cospetto i politici attuali siano nani non mi scalda neanche un po’. Al cospetto degli anarchici italiani e spagnoli Togliatti è dal punto di vista morale un verme, e da quello politico un boia, prima ancora che uno sporco opportunista.
P.S. @Erota, sulla questione delle “terribili parole nazionaliste”, di patriottismo e resistenza etc., non so se l’hai già ascoltato, comunque qui su Giap c’è l’audio di un mio intervento per il 150enario dell’Unità d’Italia, si intitola Patria e morte. L’italianità dai Carbonari a Benigni. Lì trovi come la penso su queste tematiche.
@ Erota
Quando sento parlare di PCI metto mano alla pistola. Soprattutto se lo sento dire rivolto a me. Trovami un solo passaggio di Gentile in cui la storia è frutto della decisione collettiva che spezza il corso della storia, in cui il senso della storia è determinato non dallo Spirito che si incarna in un Uno (capo o papa che sia), ma da una battaglia per l’egemonia (e ti sto citando il Gramsci dell’ordine Nuovo, cioè il “giovane Gramsci”), e poi cominceremo a discutere sulla derivazione gramsciana di Gentile.
Ragazzi, stiamo davvero andando OT. Finché si tratta di discutere del senso dell’uccisione di Gentile, o tuttalpiù del rapporto tra il suo pensiero e le sue responsabilità politiche, siamo ancora in tema, perché il post parla della denigrazione sistematica di Fanciullacci per aver ucciso un “Uomo di Cultura” (per questo citavo Jesi sulla “aureola culturale prestigiosa” che abbaglia gli intellettuali e opinion-maker italiani). Ma se deve diventare un thread specialistico sull’attualismo, no, eh!
@ Per Girolamo , sui ritardi culturali e sul provincialismo del nostro paese si puo’ ovviamente discutere.
Detto questo la cultura del nostro paese precedente alla prima guerra mondiale era straordinariamente vivace del punto di vista delle culture politiche e del dibattito tra avanguardie artistiche.
Gramsci sta dentro la storia del nostro paese,non una evasione…,certo insieme all’operaismo e alla vespa e’ una delle poche cose di cui vantarsi apertamente.
Su Togliatti…ecco a cosa mi riferivo quando si parlava di ridurre tutto a battute tranchant. Togliatti assassino lo posso leggere su Libero non scritto da te e su Giap.
Tra l’altro il Pci del dopoguerra fino almeno al 68 e’ il partito comunista piu’ avanzato d’Europa, tanto che i rinnovatori nel Pcf si chiamavano les italiens..tutto questo anche per l’utilizo di Gramsci.
Ma d’altronde il tuo operaismo e’ sempre stato piu’ vicino ai consigliaristi che a Tronti..o mi sbaglio?
Come sovente accade, la voce sull’uso performativo del linguaggio della Wikipedia inglese è molto meglio di quella in italiano che linkavo prima:
http://en.wikipedia.org/wiki/Performative_utterance
No, il dibattito su colpe e meriti di Togliatti no, dai… Alla faccia dell’OT!
@ Wu Ming, giusto, ma per difendere Fanciullacci e i Gap non si puo’ pensare che il Pci sia stato il nemico.
Io ho adorato Senza Tregua di Pesce, gappista tra i piu’ coraggiosi, eppure temo che fosse un tantino stalinista..storicizzare appunto.
Faccio questa rapida declaratio terminorum per non lasciare tossine nel thread, ma invito a rimettere a fuoco.
1) “Storicizzare” significa anche discernere per salvaguardare la molteplicità. La Resistenza è un molteplice, è in ogni momento e in ogni luogo tante resistenze (e “tre guerre in una”, per dirla con Pavone).
2) La guerra partigiana, anche prendendo in considerazione solo quella che faceva riferimento al PCI clandestino e dunque al Komintern, non è descrivibile in termini di “massa che prende gli ordini da Mosca”. Questo per molte ragioni, che vanno dalle comunicazioni difficili ai fattori culturali, fino alla giovane età dei partigiani che determinò un primato dell’impulso etico sull’analisi teorico-politica, passando per tantissimi altri fattori.
3) Ragion per cui, poiché siamo di fronte a un molteplice, non a un Uno, e poiché Resistenza non vuol dire Togliatti, si può al tempo stesso riconoscere il ruolo dei militanti comunisti nella Resistenza, rivendicandone l’eredità, e riconoscere le gravi colpe e gli errori di Togliatti (in Spagna, in URSS durante le purghe staliniane e nel frangente dell’amnistia del ’46).
4) Analogamente, si può fare quest’ultima cosa e al tempo stesso riconoscere che Togliatti, “accomodando” il pensiero di Gramsci nel Dopoguerra, contribuì a costruire un partito pur sempre filo-sovietico ma meno soffocantemente stalinista di quello francese o di quello inglese, cosa che in Italia permise di creare “spazi di manovra” (molti dei quali, in seguito, “debordarono” e divennero spazi esterni al partito, man mano che quest’ultimo si sclerotizzava). Un Pasolini francese non avrebbe mai potuto avere rapporti col PCF, mentre Pasolini con il PCI li aveva, per quanto molto conflittuali.
5) Lo stesso PCI, dunque, non è un Uno, non è blocco monolitico da prendere o lasciare nella sua indiscutibile interezza. La storia di quel partito ha diverse fasi (la peggiore fu senz’altro quella degli anni ’70, con il compromesso storico, la solidarietà nazionale, l’appoggio acritico alla legislazione d’emergenza), tensioni interne, addirittura realtà locali molto diverse, nonostante la centralizzazione.
6) Ma cosa rimane di tutto ciò?
Un certo sub-“togliattismo” degenere, sopravvissuto unicamente come tatticismo senza strategia né tantomeno visione del mondo, ha avuto un’influenza nefasta nelle vicende di questo Paese. Tale sub-“togliattismo” degenere, forma mentis orfana di tutto tranne che di un’atavica spocchia, accomuna Giuliano Ferrara e Massimo D’Alema (entrambi ex-“polli da batteria” del PCI, figli di dirigenti del PCI, trent’anni fa attivissimi nella lotta contro tutto ciò che si muoveva alla sinistra del partito). Ora, il fatto che sia “sub-” e “degenere” non deve impedirci di tracciarne l’origine in antichi vizi.
7) Non solo: anche il becero conformismo dello “zoccolo duro” della base PD (quando si viene al dunque ha sempre ragione il Segretario o l’uomo voluto dal Segretario), deriva da antichi vizi ben diffusi nel partito. Io vengo da una famiglia del PCI e da una zona dove il PCI è stato maggioranza assoluta per tutto l’arco della sua esistenza post-bellica, so bene di cosa parlo, ricordo, oh, se ricordo!
Fine.
E, minchia, per questo immane sforzo di sintesi pretendo almeno un grazie!
Ottimo, veramente ottimo. Tentare di contestualizzare il PCI nella storia in cui si è sviluppato, le sue varie fasi e i suoi figli degeneri è un’opera che dal nostro punto di vista dovremmo iniziare a fare. Se non altro, per non lasciarla ai soliti eredi “degenerati”, quelli che descrivevi tu.
Ora, senza stare qui a parlare del PCI, che c’entra assai poco con l’argomento in questione, però una cosa vorrei dirla: il PCI è stato, dalla sua nascita e fino al suo superamento nel 1990, l’espressione politica dei lavoratori italiani. Riformista, controrivoluzionario o socialdemocratico che fosse (non stiamo certo qui a difenderlo, men che meno noi che proveniamo dal movimento e non da una sua qualche costola impazzita) , era il partito della classe.
All’epoca poteva pure passare inosservato, ma oggi, nel 2011, questo assume tutto un alto rilievo.
Detto questo, per tornare in parte al tema, davo per assodato che la nostra categoria interpretativa del reale fosse il materialismo storico e dialettico (categoria utilizzata anche inconsapevolmente), e invece qui appaiono certe rivalutuazioni del ruolo delle *idee* e addirittura dell’idealismo(!) che fanno sicuramente pensare.
Senza nessuna polemica, sia chiaro, sto solo constatando che certe volte si danno per scontate cose che scontate non sono.
Costola impazzita del PCI, intenedevo..
Che dire. Praticamente d’accordo con gli ultimi posti di wm1 e del collettivo militant. Soprattutto sul contestualizzare la storia del Pci che fino a quanto meno agli anni 70 e’ l’unica espressione politica dei lavoratori italiani. Sul rapporto politica lavoro occorre tornare a ragionarci…vero, lasciarla a minimo D’alema e’ stato un errore per chi stava nei movimenti o, ohibo, voleva rifondare il comunismo.
@ collettivo militant, io mi sono sempre richiamato al materialismo storico e non al diamat soviatico, la storia dell’idealismo e’ utile per conoscere il nemico..lo stesso Karl la dialettica Hegeliana la conosceva e Lenin in piena prima guerra mondiale dedicava alla logica hegeliana gran parte dei suoi quaderni. In ogni modo un abbraccio.
Pienamente d’accordo, conoscerla è un dovere cercando sempre di maneggiarla criticamente..
Torno un momento alle fasi iniziali del thread, riferendomi al primo post del Collettivo militant e a quelli circostanti, in particolare alla frase “Non hanno scelto i partigiani di partecipare alla guerra”. Non condivido minimamente questa lettura, perché la Resistenza, in Italia e altrove, ha avuto luogo proprio perché qualcuno ha scelto di partecipare attivamente a quella guerra.
Credo che questa immagine dei partigiani-loro-malgrado, dell’eroe-vittima(o martire che sia), che è quella ufficiale della retorica resistenziale, sia da abbandonare proprio perché non storicizzata. È quella, inoltre, che lascia lo spazio all’immagine di Gentile vittima dei gappisti o in generale dei fascisti vittime dei partigiani. A mio modo di vedere non è casuale che l’alfiere di questa lettura della guerra civile, Pansa, sia cresciuto storiograficamente nei luoghi in cui quella retorica è stata strutturata.
Le *scelte* di dirigenti e militanti della Resistenza hanno permesso non solo una più rapida avanzata angloamericana in Italia (che, ricordiamo un po’ di storia, era un fronte secondario ed il comando alleato non aveva intenzione di investirci troppi soldati), ma anche posto l’antifascismo come tema istituzionale, prima e più di quello repubblicano. Dire che senza la Resistenza avremmo avuto un’Italia hitleriana è un po’ una forzatura retorica; storicizzando, direi che senza i tentavi del Cln centrale e del Clnai di rendersi interlocutori del Comando alleato forse avremmo avuto un’Italia un po’ peggiore, sia sul piano interno che su quello internazionale.
Riguardo ai fascisti, non sarà ora di allentare un po’ anche la visione dei fascisti come blocco unico? Anche la RSI è stata molteplice, così come lo sono stati il fascismo di regime e quello squadristico. Il discorso poi sugli “ideologi delle bombe nelle piazze” non ha davvero a che fare con la storicizzazione: e chi sarebbero? In che anno sono nati questi oscuri signori? E, se anche fosse, dov’è il senso di desiderare lo sterminio “di tutti quelli che si riciclarono nell’Italia del dopoguerra”?
@ Wu Ming 1
Grazie! splendida e, mi auguro, una sintesi efficace. Anche per i vetero e i vetero-inconsapevoli :-)
@Girolamo
Condivido in pieno l’analisi sulla filosofia. Il ruolo dell’idealismo che in Italia ha emarginato il pensiero analitico ed epistemologico è esattamente la causa della nostra visione del mondo provinciale e piccola piccola. Pensa alla linguistica, in Italia ancora c’è resistenza ad accettare il pensiero di Chomsky e le altre teorie analitiche come l’approccio ecologico (mi ricordo delle belle riflessioni di WM2 molti anni fa su Dan Dennett – all’epoca io ero Chomskyiana integralista e non le condivisi :-)). E pensare che questa resistenza è dovuta esclusivamente alla concezione baronale dell’università Italiana, in cui, in linguistica era tutto deciso praticamente da 2 sole persone (e penso si sappia chi siano). E così si torna ai danni di Croce e Gentile ed il circolo vizioso si chiude.
[…] Per questo abbiamo scelto di lanciare l’hashtag #carlovive in questi giorni. Tutto è partito anche dalla curiosità di mettere a verifica il funzionamento di questo nuovo strumento, insieme al tentativo di ripetere l’esperimento dell’hashtag #fancullacci (http://www.wumingfoundation.com/giap/?p=4769). […]
@ Razza Partigiana
“Non hanno scelto i partigiani di partecipare alla guerra”. Intendevo la seconda guerra mondiale, non alla guerra di resistenza contro il fascismo.
Il senso era: non sono stati i partigiani a creare e mantenere per venti anni il clima di odio, violenza e repressione che contraddistingueva l’italia in quegli anni. E’ stata gente come Gentile. Se poi qualcuno di questi (Gentile, ad esempio) ha pagato le conseguenze delle sue idee, non è una colpa di questo o di quel partigiano o del movimento resistente. Con questo, intendo anche tutte le varie morti di serie b, le violenze del dopoguerra, il triangolo rosso e così via.
@ razza partigiana
Sorvolo sui nomi, tanti se ne potrebbero fare a partire da Evola..
Sul discorso invece del fascismo movimento (o squadristico, come lo chiami te) e fascismo regime, di analisi in questo senso ne è piena la storiografia italiana. Solitamente, vengono da destra. Mi sa un pò di discorso poliziotto buono/poliziotto cattivo. Quando il “fascismo regime” diventa indifendibile anche per gli stessi fascisti, allora si tira fuori la storia del “fascismo movimento”, magari addirittura di un fascismo di sinistra veramente anticapitalista e altre simili idiozie.
Quando invece bisogna citare le opere più riuscite del regime, allora diventa buono tutto il regime mussoliniano.
E’ una storiella che mi ha pure un pò stancato. Peraltro, smentita dai fatti dalla repubblica di Salò, dove il cosiddetto fascismo delle origini, sansepolcrista, diciannovista, ha governato nella continuità esatta del fascismo mussoliniano.
Se, ovviamente, come in tutte le cose, ci sono state delle differenze fra una parte del movimento fascista e Mussolini, questi sono problemi interni al fascismo, che non possono farcelo giudicare diversamente in termini storici.
Questo discorso è molto simile, fra le altre cose, a quello che facevano i NAR o altri gruppi neofascisti degli anni settanta, rivolto alle varie dirigenze missine o ordinoviste. E’ un discorso vecchio, ripetuto e scontato, ormai non fa veramente più presa.
@ Razza partigiana
volevo solo precisare un punto: io non ho scritto che senza la Resistenza ci sarebbe stata “un’Italia hitleriana”, ma che senza la Resistenza Hitler avrebbe vinto, tout court. La Resistenza è un movimento pan-europeo, partigiani combatterono e sabotarono dalla Norvegia ai Balcani, dalla Francia alla Grecia, da Creta al Baltico, dalla Polonia all’Italia etc. E nel complesso furono determinanti dal punto di vista militare.
Altra questione: la continuità tra fascismo repubblichino, neofascismo del Dopoguerra e trame nere degli anni ’60-’70 non se l’è inventata il collettivo “Militant”. Ci sono fior di “traghettatori”, nomi (anche grossi) che periodicamente riaffiorano alle cronache nell’arco di tempo che va da Salò alla strategia della tensione. Uno a caso? Junio Valerio Borghese.
E se per “ideologi della strategia della tensione” intendiamo (com’è convinzione di molti) i personaggi che si incontrarono a Parco dei Principi, Roma, dal 3 al 5 maggio del 1965, dando vita al celebre convegno sulla “guerra rivoluzionaria contro il comunismo”, beh, svariati di quelli venivano da Salò: De Boccard dalla Guardia Nazionale Repubblicana, Finaldi idem, Filippani Ronconi era stato tenente della Legione SS italiana… Insieme a costoro, al “prezzemolo nero” Pino Rauti e a varia umanità, c’erano i più giovani Delle Chiaie, Merlino e Giannettini, nomi che negli anni successivi salteranno fuori in connessione con stragi, servizi deviati etc.
@ Collettivo militant
scusa, probabilmente mi sono espresso in maniera poco chiara. Non stavo parlando di poliziotti buoni o cattivi, cercavo di seguire l’invito fatto ad una maggiore storicizzazione. Parlare del fascismo in quei termini, cioè di fenomeno univoco, è fuorviante, da un punto di vista storico. Non ha permesso per anni di comprendere il fascismo come fenomeno storicamente complesso. È probabilmente OT fare un discorso storiografico (per questo non lo approfondisco) ma dire che le analisi più ragionate sul fascismo siano venute da destra non è vero.
Sul fatto che i Nar abbiano fatto un discorso sul fascismo ho i miei forti dubbi, dal momento che non hanno fatto nemmeno, per loro stessa ammissione (sia coeva che retrospettiva), un discorso ideologico.
@ Wu Ming 1
Certo che le varie resistenze sono state determinanti dal punto di vista militare, in Unione Sovietica, Jugoslavia ed Italia (l’ordine è cronologico) in particolare. Lo so che non hai fatto quel discorso su un’eventuale Italia hitleriana, ho forzato un po’ quel passo soltanto per sottolineare l’apporto creativo, da un punto di vista istituzionale, delle varie strutture dei Cln.
Riguardo alle trame nere, ovvio che quel discorso non l’abbia inventato il Collettivo Militant :)
Sempre per amor di storicizzazione, riflettevo sul fatto che i personaggi del neofascismo su cui sono caduti i maggiori sospetti di coinvolgimento, durante la RSI erano per lo più bambini (Giannettini, Merlino, Delle Chiaie, ad esempio). Certo, Borghese, ma i tentativi golpisti non li hanno fatti mica solo i fascisti. Nel ’64 non erano i fascisti a far tintinnare le sciabole e di quello, presunto, di dieci anni più tardi, sono stati accusati per lo più ex partigiani.
Insomma, storicizzavo ;)
Si ma non facciamo i finti tonti. E’ chiaro che si può e si deve studiare tutto, anche le varie anime del fascismo, e che queste abbiano espresso linee politiche e ideali in parte diverse.
Però, se all’interno di un discorso di valutazione della resistenza e di responsabilità dei fascisti (in questo caso Gentile), tu dici
“Riguardo ai fascisti, non sarà ora di allentare un po’ anche la visione dei fascisti come blocco unico? Anche la RSI è stata molteplice, così come lo sono stati il fascismo di regime e quello squadristico. Il discorso poi sugli “ideologi delle bombe nelle piazze” non ha davvero a che fare con la storicizzazione: e chi sarebbero?”
Questa non è opera di storicizzazione ma di rivalutazione del fenomeno, come a dire: “in parte hai ragione, ma il fascismo non fu solo quello ma anche altro…”. Questo discorso di relativizzazione infinita non avrebbe mai fine. Anche il nazismo avrà fatto delle cose buone, anche Berlusconi avrà inaugurato una scuola, se relativizziamo il tutto e guardiamo solo al particolare niente diventa più giudicabile. Invece noi dobbiamo compiere una sintesi generale. Io stavo, appunto, *sintetizzando*, e se all’interno di questa sintesi tu mi dici “..si però è stato anche altro..”, allora non è che stai contestualizzando il fascismo, stai facendo un discorso di rivalutazione del fenomeno.
Idem sulla strategia della tensione. Se all’interno di un discorso, peraltro ovvio (ovvio addirittura per lo stato e la magistratura..), sui rapporti fra neo-fascismi, stato e vecchi apparati fascisti tu poni dei dubbi non stai contestualizzando, stai rivalutando e/o addirittura sottilmente negando.
“Mussolini ha fatto delle cose buone?? Certamente! Ma dico, ma se neanche di Mussolini si puo’ parla’ male, ma che deve fare uno perché si possa parlarne male? Deve stuprare le capre in via Frattina?”
Jokes apart, @ Razza partigiana, cito alcune cose di cui nel tuo commento non hai tenuto conto:
– le trame nere e la strategia della tensione non furono solo tentativi di golpe (e comunque c’è il golpe Borghese, e Borghese era un pezzo grosso di Salò);
– in relazione a quegli eventi, nomi di elementi più anziani (ex-repubblichini) ne saltavano fuori di continuo, basti pensare a Rauti;
– c’è un collegamento tra neofascismo e Stay Behind (vedi rivelazioni di Vinciguerra su Peteano e non solo);
– gli studi dello storico Casarrubea su Portella delle Ginestre indicano come molto plausibile il coinvolgimento in quella strage della mai realmente disciolta X Mas.
Insomma, non capisco bene dove vada a parare la tua linea di ragionamento: è chiaro che il problema non sono stati e non sono “solo” i fascisti, ma che più generazioni di fascisti fossero *ben addentro* il problema (trame nere, golpismi vari, strategia della tensione, Gladio), è assodato in sede storica e persino giudiziaria.
@Collettivo Militant
Boh, forse non mi riesco a spiegare, o non capisco quello che io stesso ho scritto :D Dov’è che sto rivalutando, o sottilmente negando qualcosa? Stavo facendo una questione di impostazione storica del discorso, non volevo necessariamente andare a parare da una parte: non ritengo adeguato, da un punto di vista storiografico, parlare del fascismo come cosa univoca; ci sono studi e studi sui conflitti interni al regime (tra Stato e partito, o tra giuristi, tra federazioni di città diverse, tra singoli gerarchi). Ponevo l’accento su questo, che in effetti non è sintetico, ma certo non pensavo con questo di dire “il fascismo è stato anche altro”. Infatti non l’ho detto. Porre dei dubbi è qualcosa di così terribile? Per studiare la storia contemporanea come si deve i dubbi servono, costituiscono uno stimolo necessario. Mi viene il dubbio, ad esempio, che dire che sia un problema che non siano stati uccisi tutti quelli che si sono riciclati nel dopoguerra (tipo Visconti, o Dario Fo) non sia una genialata.
@Wm1
Sì, giusta la tua precisazione sugli anni ’40 e ’50, ho sbagliato a tralasciarli. Oltre al saggio di Casarubbea, c’è un’intervista a Peter Tompkins (era in un documentario, non mi viene in mente adesso quale, ma se mi venisse in mente te lo faccio sapere) in cui parla diffusamente delle “mele marce” dell’Oss.
Non condivido molto quella su Rauti, perché non mi risulta che sia assodato in sede giudiziaria il coinvolgimento di Rauti nelle varie fasi della strategia della tensione. Più in generale, ridurre al mondo neofascista le responsabilità sulla strategia della tensione lo trovo un po’ riduttivo. Ma sì, anche questo non è sintetico.
Riguardo al discorso su Gentile, che in effetti è il centro del topic, mi è venuta in mente questa cosa: in ambiente azionista l’omicidio di Gentile è stato molto contestato (infatti WM1 cita Codignola). Alcuni partigiani del Pd’a romano hanno sempre parlato di quell’omicidio come di qualcosa di sbagliato, perfino con un certo pudore. Ma sono poco più che impressioni, non ho mai studiato specificamente la cosa.
@ Razza partigiana
infatti non ho “ridotto” in quel modo lì, ma un conto è “non ridurre”, un conto è elidere.
Ho scritto che il nome di Rauti salta fuori in relazione a quelle storie. Qui vale la verità storica, che va oltre quella processuale: Rauti fa tra i fondatori del centro studi Ordine Nuovo e tra i più noti partecipanti al suddetto convegno in cui, secondo molti, si definì la “filosofia” della strategia della tensione; nel ’69 Ordine Nuovo prima versione si scioglie e nasce Ordine Nuovo seconda versione, organizzazione dichiarata fuori legge, diversi membri della quale risultano implicati con terrorismo nero e strategia della tensione.
Quindi Rauti è un nome-cerniera, che sta tra due fasi del fascismo italiano, quello “vetero” ( = repubblichino) e quello “neo”. Se non ha un ruolo processualmente assodato, ha comunque un ruolo culturale e ideologico di primo livello.
Il Pd’A prese le distanze dall’attentato prevalentemente dal punto di vista strategico, ma non sostenne che Gentile fosse “al di sopra” dell’essere considerato un bersaglio. Codignola prende le distanze dall’azione, e subito dopo – nello stesso testo – fa un ritratto impietoso di Gentile, reo di aver “avvallato, con l’autorità della sua solida personalità di uomo e di studioso, la triste collana di violenze, di prevaricazioni, d’inettitudini che recarono la rovina d’Italia”. Codignola imputa a Gentile “una parte preponderante nel mercimonio della corruttela delle coscienze d’intere generazioni di giovani”. Dopo l’assassinio di Matteotti, la coscienza corrotta di Gentile “divenne essa stessa fomite di corruzione agli altri”. Gentile era ormai divenuto simbolo “nella forma più manifesta e amara [della] diabolica potenza della tirannia”. Gentile, dopo aver deciso di insudiciarsi “nella turpe e sanguinosa farsa” di Salò, “non poteva sfuggire alle sue responsabilità e alle sue colpe”.
Quindi, lo dico a tutt*: quando leggete in giro la tiritera su Codignola “commosso” che “rese omaggio a Gentile” dopo la sua uccisione, tenete a mente queste frasi, che i vari apologeti omettono sempre di citare.
@Razza Partigiana
>>Nel ’64 non erano i fascisti a far tintinnare le sciabole e di quello, presunto, di dieci anni più tardi, sono stati accusati per lo più ex partigiani. Insomma, storicizzavo ;)
Ma storicizzavi un po’ così.
Nel ’64 furono “Solo” i carabinieri?
Nel ’70 fu solo Borghese?
Nel ’74 furono i soli Sogno e Fumagalli?
Non mi pare. Quelli che storicamente vengono chiamati “fascisti” sono solo una delle parti in commedia nei “golpe à la italienne” e della “strategia della tensione”, e forse storicamente la meno interessante.
Addirittura spesso chi ha giocato un ruolo di un certo tipo nel ’69/’70, ne gioca uno diverso nel ’74/’75.
Prendiamo Delfo Zorzi.
Il suo ruolo nel ’69/’70 è ben definito.
Attor giovane, fascista a tutto tondo.
Stragista anzi, anche se non si puo’ agitare una sentenza.
Più o meno come con Al Capone, che formalmente era un evasore fiscale, ma noi per praticità lo chiamiamo lo stesso gangster.
Comunque l’attor giovane, capo di una banda di picchiatori nazistoidi e antisistema, nel ’74 emigra in oriente e diventa corrispondente stipendiato dal giappone per l’organo stampa della Democrazia Cristiana. Di colpo.
Ci pensate?
Pierferdi Casini distribuiva un giornale dove scriveva l’imputato per la strage di piazza fontana, riparato all’estero per non pagare il dovuto dazio.
Non fu un caso isolato. Furono molti a mestre-ve e dintorni i neo-nazisti che transitarono dalle bombe alla DC praticamente in una notte. Come uno stormo che vira di colpo all’unisuono.
Il giorno prima spranga e pistola, il giorno dopo direttivo o segreteria DC del paesino.
Indovinate dove si trovano ora?
Cosa erano? Cosa sono?
Sono la stessa compagnia di giro. Da sempre.
Il problema non è dargli un nome, ma fermarla.
@ WM1, ma anche un po’ in generale, ed è sostanzialmente una domanda:
“Qui vale la verità storica, che va oltre quella processuale”: cito questa tua frase perché mi incuriosisce, ed è un tema su cui rifletto da mesi. La mia opinione è che la verità storica sia quella offerta da un’analisi attenta e critica delle fonti. Laddove non ci sono altre fonti che quelle processuali, come si possono definire i limiti della verità storica, vista la scivolosità di queste?
@WM1:
L’Ordine Nuovo rautiano non è la stessa cosa dal Movimento politico ON degli anni ’70, che nasce proprio dalla scissione di ON dopo il rientro di Rauti e dei suoi nel MSI almirantiano. L’ON di Rauti non è stato sciolto dalla magistratura, mentre il MPON sì. Insomma, evidentemente su Rauti non siamo d’accordo. Transeat.
@Franti:
il piano Solo è stato chiamato così proprio perché era pensato per avere “solo” i carabinieri come struttura operativa.
Scrivi: “Quelli che storicamente vengono chiamati “fascisti” sono solo una delle parti in commedia nei “golpe à la italienne” e della “strategia della tensione”, e forse storicamente la meno interessante”. Sono profondamente d’accordo con te, è proprio quello che stavo dicendo.
@ Razza partigiana
mettiamola così: i processi finiscono, le sentenze passano in giudicato, ma le fonti continuano a pervenirci. I magistrati fanno un lavoro che a un certo punto finisce, gli storici ne fanno uno che va avanti sempre. E spesso trovano cose di cui i magistrati non poterono o vollero tener conto, e riaprono virtualmente quei processi. E scoprono che le conclusioni erano sbagliate, o almeno forniscono elementi per dubitare fortissimamente della loro giustezza.
E qui non sto parlando di Rauti, ma rispondo alla tua domanda generale.
Su Rauti, non capisco cosa tu stia contestando della mia posizione: non ha avuto un ruolo ideologico e culturale di primo piano nel passaggio da veterofascismo a neofascismo? Il suo nome non circola con frequenza in tutte le ricostruzioni del clima plumbeo dell’epoca, facendo da cerniera tra diversi ambienti e diverse generazioni? Io ho scritto questo, mica che le bombe le mise lui. Lui e altri costruirono un certo “clima”, rimestarono un humus culturale. Questa è una delle cose che ho scritto in risposta al tuo negare una continuità tra Salò e quel che nell’ultradestra venne dopo. Nella storia d’Italia c’è un “filo nero” e non capisco perché negarlo. Certo, è *uno* dei fili, è intrecciato ad altri, ma il numero e le caratteristiche dei fili danno l’ecceità della treccia, fanno sì che si tratti di *quella* treccia e non di altre. La “treccia” dei misteri italiani non sarebbe la stessa senza il filo nero.
@Razza Partigiana
>>il piano Solo è stato chiamato così proprio perché era pensato per avere “solo” i carabinieri come struttura operativa.
Tu usi il teleobbiettivo, e invece imho si “storicizza” col grandangolo. Loro, i CC, lo chiamarono così, l’atlantismo post-Dallas (nel senso dell’eliminazione di Kennedy), dove il tutto venne a condensa, lo chiamava in altro modo.
E in ogni caso quel golpe sussurrato alle orecchie di Segni produsse i suoi effetti, eccome.
Fu il passaggio dalla teoria all’esperibilità. Indietro di certo non tornarono.
>>La mia opinione è che la verità storica sia quella offerta da un’analisi attenta e critica delle fonti. Laddove non ci sono altre fonti che quelle processuali, come si possono definire i limiti della verità storica, vista la scivolosità di queste?
Sillogismi che mi danno cattive vibrazioni.
Le fonti storiche non sono le sentenze, semmai gli atti dei processi. Sono questi che dimostrano la continuità politica tra Salò, per dire, e tutto quello che è successo dopo. Il filo si legge li.
Una sentenza vorrebbe essere già lei una interpretazione storica, e quindi? Cosa è fonte primaria?
Se rifiuti gli atti e le testimonianze nei processi di Al Capone e auto-restringi le fonti alla sola sentenza finale, ebbene lui diventa una specie di furbacchione anti-fisco.
Invece storicamente è un gangster, perchè si usa appunto il grandangolo.
Stessa cosa con Rauti, Freda, Ventura e Zorzi e compagnia di giro, da Salò ad oggi.
La “verità” storica, qualsiasi cosa significhi, li inchioda.
Almeno questo eh.
ahahah bellissimo quel passaggio di militant tipo se tu sottolinei la complessita’ del fascismo allora stai facendo rivalutazione OPPURE ancora meglio io sto facendo una sintesi, se tu dici “no, c’e’ dell’altro” stai facendo una rivalutazione del fascismo O ANCORA se tu poni dei dubbi sui rapporti fra neo-fascismi, stato e vecchi apparati fascisti non stai contestualizzando (eh no) stai rivalutando o ancora peggio stai sottilmente negando (non so se mi spiego)
ahahah, ma manco tra quindicenni maneschi si affronta cosi’ la disputa
@ Franti:
Credo tu mi abbia frainteso, o io ho frainteso te. Quando dico analisi attenta e critica delle fonte, intendo dire di tutte le fonti disponibili. Su alcuni avvenimenti degli ultimi 50 anni, in particolare per le deficienze della legge archivistica italiana, le fonti disponibili sono quelle processuali. Ribadisco, processuali. Non ho parlato solo di sentenze. Cosa ho detto di sillogistico? Che la verità storica è quella fornita dal complesso delle fonti e dall’inevitabile interpretazione di esse? Non è così sillogistico, le librerie sono piene di libri che fanno soltanto un uso ricorsivo di altri testi, fottendosene della pubblicazione di documentazione nuova.
Cos’è una fonte primaria? Dipende dalla ricerca che si sta svolgendo. Mi occupo di storia politica quindi per quello che studio le fonti primarie sono quelle del ministero dell’Interno e quelle prodotte dai movimenti di cui mi occupo.
Sono un po’ scarso con la fotografia, quindi magari male interpreto la tua metafora: il grandangolo solitamente lo uso dopo mesi (anni, anche) passati in archivio; non mi piace fare storia con tesi forti e precostituite. Se intendevi questo, sì, preferisco osservare intensamente i particolari e periodicamente sedermi a guardare il quadro d’insieme. Puoi non essere d’accordo, ma non me ne vorrai se scelgo di seguire un metodo storico che ho imparato essere più efficace ed affidabile in quindici anni di studi, la metà dei quali di ricerca.
Ma fai la tara, ho una macchina digitale da sessanta euro, che di solito uso per fotografare documenti :)
@ WM1:
Concordo con te, le sentenze chiudono un discorso, la ricerca continua a mantenerlo aperto. Inoltre, i processi, e le carte che producono, sono molto più suscettibili di politicizzazione di quanto non lo siano le carte di polizia. Il processo per il 2 agosto, ad esempio, ha chiuso un discorso per ben due volte, una peggiore dell’altra, senza restituire alcuno spunto per una verità storica. Ed è l’unico processo riguardo a fatti inquadrabili nella strategia della tensione che sia arrivato a delle sentenze di condanna. Ribadisco comunque anche a te che chiedevo un’opinione su un problema metodologico che mi sto ponendo da un po’ di tempo.
@ Urbano
noi il commento te l’abbiamo sbloccato, ma ti avvisiamo che non ci piace chi manda in vacca le discussioni facendo il cretinetti, quindi: meno gongolamenti, meno insulti malcelati, e sappi che non solo i quindicenni sanno essere “maneschi”. Come ti abbiamo sbloccato, così ti mandiamo via a manrovesci virtuali se non dai un contributo sensato e costruttivo al dibattito. Patti chiari.
@wuming1: eh vedi, secondo me chi si pone IN QUELLA maniera, accusando cioe’ chi sta argomentando in maniera contraria alla sua di essere sospetto (o quantomeno in una posizione oggettiva di rivalutazione del fascismo) porta dentro al dibattito un modo di fare insopportabile, che impedisce (o meglio ostacola, vista l’intelligenza di razza partigiana, che non e’ caduto mai nella provocazione) al dibattito di decollare.
diciamo che ero rimasto molto colpito.
mi devi dire in che modo posso mandare il vacca il dibattito, quando casomai sto provando a far ragionare dei compagni (spero giovani) sul fatto che e’ finito il tempo di fa’ i malandrini virtuali e non, e che forse e’ il caso di iniziare a misurarsi sui contenuti con onesta’ intellettuale e con un po’ di elasticita’ (e questo vale anche per chi modera i commenti, a mio avviso).
questo commento puoi pubblicarlo o no, sticazzi, l’importante e’ che lo leggi tu, perche’ mi piace dirti che se c’e’ un posto virtuale di discussione questa si preserva ricca non tanto coi manrovesci o con le minacce di bloccare me che vado a sottolineare una scorrettezza di fondo (che ha le sue radici negli anfratti piu’ bui della nostra storia collettiva), quanto mantenendo le finestre il piu’ possibile aperte.
ciao
@ Urbano
con le risatine smargiassette e i paragoni coi “quindicenni maneschi”, e poi col paternalismo, non si fa ragionare proprio nessuno. Si esaspera solo la contrapposizione, cercando di suscitare nell’interlocutore una reazione più dura. Quindi, sì Razza partigiana sta discutendo in modo corretto. Tu, almeno nel primo commento, proprio no. Il secondo va leggermente meglio, nel metodo. Forse col terzo arriverai all’asticella, coraggio.
abbiamo un idea diversa. e io ti ripeto che NO, la mia intenzione non era affatto esasperare, ma sottolineare… e lo faccio con una ironia che non e’ detto che non faccia ridere (e anche ragionare) solo perche’ TU non la cogli. ma so che questo passaggio non lo puoi mettere facilmente a fuoco, perche’ senno’ ti saresti gia’ accorto che l’unico che sta facendo paternalismo VERO qua sei proprio te, che prima scrivi “occhio, se non ti comporti bene ti caccio” e che adesso ti metti a dare i voti ai miei post.
ma il paternalismo e’ un rischio (forse inivitabile) di chi teorizza la necessita’ essere genitori… diciamo che e’ un caso di overkill, suvvia
p.s. – ma appunto per non mandare in vacca il dibattito se dobbiamo litiga’ io e te facciamolo pure privatamente. voglio solo dire che se scrivo quello che scrivo e’ perche’ confido nella capacita’ di chi sta dietro la tastiera come militant di ragionare sull’atteggiamento che ha avuto (poi puo’ benissimo mantenerlo, se crede. ma magari ci puo’ ragionare un attimo sopra. tutto qua)
ariciao
“Ciao mamma accendi ke sn in onda, guarda, gliene sto dicendo 4 ai wuminghia, faccio anke allusioni a roba ke hanno scritto so’ troppo forte!!! LOL! TVB!”
Règaz, che faccio con ‘sto qua? Peggio di così non poteva esordire. Se lo banno, penserete che sono intollerante o che ho a cuore la vivibilità di Giap? ^__^
@Razza Partigiana
Senza nessun tipo di polemica, davvero.
Penso che le “fonti” parlano solo se gli fai le domande giuste, e già “individuare un inizio significa attribuire un significato alla storia” (cit.).
Il sillogismo lo leggevo, magari forzando, nella constatazione che siccome – dici – le fonti processuali sono scivolose si puo’ dire tutto e il contrario di tutto con la stessa irrilevanza di verità, in “assenza” di altre fonti. A dire il vero mettevi il punto di domanda, ma l’occhio l’ha interpretato come semi-retorico. Sicuramente sbagliando.
E a ben vedere non è neppure un sillogismo.
Tornando al merito, al grandangolo, al teleobbiettivo, all’assenza di fonti e alla ricerca storica, provo a spiegarmi con un esempio.
Tra chi si occupa di storia orale è sempre di gran moda l’affermazione che “i *vuoti* nelle fonti possono parlare come i *pieni*.”
Il pieno è una fonte che esiste e ha subito o può subire analisi e critica, il vuoto è l’assenza di fonte, il silenzio.
Non è retorica, i silenzi, le assenze parlano davvero. Ma i silenzi e i vuoti li vedi solo esaminando contesto, consuetudini, routine amministrative e un sacco di altre cose noiose. Solo allargando lo sguardo (grandangolo) ti accorgi se manca qualcosa e cosa manca, e quell’assenza a volte parla esattamente come un pieno.
Durante uno dei processi del G8 di Genova, quello contro i 25 manifestanti accusati di devastazione e saccheggio, conclusosi male, ci fu un vuoto davvero strepitoso. Ve lo segnalo.
Tutti gli ufficiali di CC e PS chiamati a testimoniare avevano agli atti la loro relazione di servizio, un atto burocratico dovuto, in cui il comandante descrive tutti gli eventi a cui il reparto ha preso parte. Il dettaglio era impressionante. Anche chi si era girato i pollici tutto il giorno, e ce ne sono stati per fortuna, scrisse pagine e pagine, l’ora e la qualità del pasto, i cambi avvenuti, gli ordini ricevuti e la precisione o meno della loro esecuzione. Il bì e il bà.
Tutte le centinaia di ufficiali comandanti presentarono puntuali la loro relazione, tranne uno.
Il VQA Fiorillo, che comandava il reparto di PS che “riconquistò” Piazza Alimonda un minuto esatto dopo lo sparo che uccise Carlo Giuliani, NON presentò relazione di servizio.
More info su Fiorillo qui http://goo.gl/THiU9 Fiorillo è il Mister 17 dell’articolo.
L’ufficiale più alto in grado nel settore dove avvenne, sotto i suoi occhi, l’omicidio di un manifestante è l’unico ufficiale a non aver relazionato sulla giornata. Curioso, no?
Quando il PM fece in udienza un inciso, e gli chiese se avesse mai redatto la relazione, Fiorillo non disse si e non disse no. Disse letteralmente “ehhh” visibilmente in panico.
Quando la domanda gliela fece un avvocato dei manifestanti disse un no molto malfermo. Nessun altro avvocato poi riprese la questione e la cosa finì li.
La fonte cioè abortì prima di nascere.
Perchè è implausibile che il VQA Fiorillo non abbia scritto la relazione di servizio. Cos’è successo? La relazione esisteva e ora non esiste più? O forse esiste ancora? Forse qualcuno gli disse di stracciarla, o di consegnarla a lui? Non lo sappiamo. In ogni caso, sono dettagli. Di certo, lui non puo’ di sua iniziativa aver deciso di non presentarla. E tanto basta per l’economia del discorso qui.
Di tutta questa storia uno storico del futuro che cercasse fonti processuali (sentenze+atti+qualsiasi altra “carta” processuale) non troverebbe traccia.
Eppure in termini di verità fattuale, e anche storica, è pacifico che i PS e i CC che accorsero in Piazza Alimonda dopo lo sparo, invece di soccorrere un moribondo, fecero tutt’altro (non è difficile ricostruire che cosa). Così come è vero che un certo neonazista veneto partecipò e concorse con altri a generare Piazza Fontana.
Insomma, e taglio, la “verità storica” è diversa dall’esame delle fonti. La singola fonte la puoi setacciare fino all’estremo e non dirti nulla che tu non sappia già, una fonte che manca può parlare fino a farti male le orecchie. Entrambe sono mattoni da usare per costruire senso, posto che ce ne sia.
Cmq pace e rispetto.
Su quel che accadde in Piazza Alimonda subito dopo lo sparo: questo è il mistero di una ferita sulla fronte di Carlo che prima non c’era e dopo – magia! – invece sì, e di un grosso ciottolo bianco, insanguinato, presente accanto al corpo nelle prime foto scattate e in seguito, puf!, scomparso. Sempre consigliato questo documentario:
http://www.piazzacarlogiuliani.org/carlo/iter/veritadvd.php
@ Franti:
Il punto di domanda era di domanda ;)
Sì, i vuoti documentari vanno interpretati, senza dubbio, ma farli “parlare” esattamente come fossero pieni è, secondo me, un errore che può portare a tesi forti, come quelle delle cosiddette storiografie militanti (quelle fatte coi punti di domanda retorica… si dovrebbe aggiungere un carattere alle tastiere per distinguerli :D), cosa che personalmente non amo. Nel caso in questione, cioè quello della strategia della tensione, ma più in generale tutto ciò che va dal ’69 ad oggi, non è tanto un fatto di vuoto ma di indisponibilità attuale delle fonti a causa della legislazione archivistica in materia di accesso ai documenti. Il discorso su Genova è interessante, ma un decorso di 10 anni è davvero troppo breve, anche per normative sull’accesso più avanzate di quella nostrana.
@ WM1:
Visto che sono stato tirato in ballo: vedi, l’occhio di Franti ha voluto vedere retorica dove non c’era, proprio perché intorno ai miei commenti era stato montato un clima specifico. Un po’ invivibile sinceramente, per riprendere l’espressione che hai usato tu.. Non ho replicato a “manrovesci”, anche se in parte sarebbe stato il caso visto che le risposte del Collettivo Militant mi hanno proprio dato il senso che nemmeno stavano leggendo quello che avevo scritto. Con loro buona pace, figuriamoci, liberi di rispondere anche a membro di segugio. Tanto anche se potessi mica li bannerei :)
@ Razza partigiana
non esageriamo, su, c’è stato un confronto duretto, sicuramente ci sono stati fraintendimenti reciproci, ma non ho davvero letto nulla che non si potesse “disinnescare” o appianare discutendo, come infatti si è continuato a fare, con beneficio di tutti (e sono uscite cose molto interessanti). Gli interventi di certi “difensori”, invece, rischiano sempre di peggiorare la situazione. Ormai conosci bene questo blog, hai visto anche tu con quanta fatica siamo riusciti a mantenere questo thread (che si presta a ogni sorta di digressione, pertinente o meno) minimamente leggibile. Quando si arriva intorno al centinaio di commenti, la fatica raddoppia.
@ razza partigiana.
Vedi, io non penso minimamente che sarebbero dovuti essere uccisi tutti i fascisti o semi-fascisti o quasi-fascisti che hanno appoggiato il fascismo. Qui non si sta discorrendo se fosse giusto o meno uccidere la persona eliminando anche il pensiero. Cioè, Gentile poteva essere anche Hegel, Kant e Paltone messi insieme, e non cambiava di una virgola il ragionamento. Al di là del suo pensiero, lui è andato incontro al destino che lui stesso ha contribuito a creare, organizzare e idealizzare. Cioè le premesse della morte di Gentile se le è costruite lui con il suo appoggio al regime fascista. Al di là di quanto fosse bravo come filosofo. In lui, poi, il discorso vale al massimo livello perchè era cosciente politicamente e coerente filosoficamente.
Su Dario Fo, è evidente che non ha le stesse oggettive responsabilità di un Gentile. A cominciare dall’età. In ogni caso, quale sarebbe il problema se avesse trovato la morte in battaglia? Cioè, ma qui pensiamo ancora che le idee possano porre degli uomini in una posizione superiore, intoccabile o in un qualche modo privilegiata? Se Dario Fo avesse trovato la morte in un conflitto con gruppi partigiani, dove, come e perchè sarebbe stato un errore della resistenza?
Evitiamo di ragionare *colsennodipoi*, che è sempre sbagliato oltre che facile.
@ Collettivo Militant:
Scusa se te lo domando, ma li leggi i post prima di commentarli? Ma ti risulta che io abbia espresso da qualche parte un giudizio sull’uccisione di Gentile? A me no. Perché sarebbe un giudizio decontestualizzato. Ti risulta che io abbia scritto ” che le idee possano porre degli uomini in una posizione superiore, intoccabile o in un qualche modo privilegiata”, o anche qualcosa che somiglia a questo? A me, di nuovo, no. A me risulta invece che tu abbia scritto che il problema è che non siano state ammazzati fascisti a sufficienza, e mi sono preso la briga di esprimere un giudizio su questo. È qualcosa che ritengo stolido.
@ WM1:
Ma figurati, anzi mi diverte pure che certi compagni mi diano del fascista. Non mi sembra comunque di aver esagerato.
@ razza partigiana
Sia chiaro che, almeno io, non ti sto dando del “fascista”, penso che sia una normale discussione fra compagni. Non è che dobbiamo sempre pensarla uguale, si può anche discutere. Detto questo, vorrei però giugnere ad una conclusione, perchè secondo me ci si può arrivare.
Cerchiamo di non metterla sul piano dei pochi/troppi fascisti morti. Io dico: Gentile ha avuto una fine coerente con le proprie idee (anch’esse coerenti e organiche). Non so se è stato giusto ammazzarlo, ma si era in guerra e così è stato. Responsabilizzare anche solo minimamente i partigiani per questo fatto non ha senso. Non perchè i partigiani hanno sempre e comunque fatto cose giuste, ma perchè in guerra si combatte. Anche con le idee. In ogni caso ho capito che su questo siamo d’accordo.
Però questa non è una discussione sulle varie anime del fascismo, e se lo fosse sarebbe stato interessantissimo capire le varie sfaccettature che comprese il fascismo regime al suo interno; figurati, noi siamo proprio nati sullo studio del fascismo e del neofascismo, quindi premi un tasto su cui noi siamo sempre stati sensibili.
Però se io provo a sintetizzare dicendo che Gentile è stato uccsio in quanto “fascista”, e non in quanto “filosofo”, e tu in parte mi rispondi che non possiamo giudicare il fascismo come un blocco unico, cosa devo pensare? Se ho equivocato allora perdonami, però il thread parlava d’altro, e cioè sul partigiano che uccise Gentile. Una parte della discussione verteva sulla “giustezza” di tale atto di guerra, qualcuno diceva che poteva essere risprmiato, qualcun’altro (la maggior parte) invece ribadiva la sua colpevolezza. Credevo che tu ti inserissi in quella discussione e in quella visione, e io lì ti ho ribattuto.
Se ho equivocato tutto, allora perdonami.
@ Razza partigiana
nessuno darebbe del fascista a uno degli autori di “Razza partigiana”, e se davvero qualcuno lo avesse fatto, stai sicuro che non starebbe ancora partecipando a questa discussione. Infatti non e’ andata cosi’, c’e’ stato un po’ di “dialogo tra sordi”, con forse qualche sottinteso romano che non ho colto (dico forse), e questa cosa si e’ trascinata per diversi ommenti, sui blog succede, ma riconoscerai che qui succede meno che altrove, e quasi sempre si ritorna in carreggiata senza che sia accaduto niente di irreparabile. Noi WM ci sforziamo di tutelare la possibilita’ di esprimersi di chiunque non insulti a cazzo, non sei sotto attacco, il tuo contributo alla discussione e’ apprezzato, abbi fiducia in noi (in questo caso in me, perche’ in questi giorni ci sono io).
Ho seguito con interesse la discussione, anche se è avanzata secondo me un po’ a colpi di straw man arguments. Provo a spiegare la mia posizione, che è superficiale, ma forse appunto per quello potrebbe essere una base comune dal quale far ripartire il dibattito. Perdonate se suonerò un po’ contorto.
Io condanno politicamente (oltreché, ovvio, umanamente, eticamente, ecc.) il fascismo in tutte le sue forme, e in tutte le sue incarnazioni storiche, dall’inizio a oggi, con la stessa gravità e per le stesse ragioni; e credo che sia importantissimo studiarne la molteplicità e rifiutare la visione “a blocco unico”: ma non vedo assolutamente alcuna contraddizione in queste due necessità.
Sullo “sterminare i fascisti”: credo che innanzitutto si debba sterminare il fascismo; ora, siccome il fascismo è fatto anche di fascisti, credo che *i fascisti in quanto fascisti* debbano essere combattuti con ogni mezzo, e quindi anche uccisi quando necessario (ciò è ovvio in guerra, almeno su questo siamo tutti d’accordo, giusto?). Quando nel 1945 è terminata la guerra di liberazione, il fascismo non è stato, secondo me, sufficientemente “sterminato”; e alcuni, troppi, fascisti, così come molte altre cose del fascismo, sono sopravvissuti *in quanto fascisti*, mentre avrebbero dovuto sì sopravvivere alla guerra (non siamo dei genocidi, anche su questo siamo tutti d’accordo, giusto?) ma non *in quanto fascisti*, bensì come semplici esseri umani, da recuperare alla cittadinanza “democratica” in senso lato.
Ciò non è semplice come cambiarsi d’abito, sia per i fascisti che per le istituzioni fasciste. Le contromisure poste per evitare un ritorno dello stato fascista non sono state sufficienti o non sono state pienamente applicate: si è evitato il ritorno di qualcosa che in parte non se n’è mai andato. Ad esempio, troppi fascisti facenti parte della classe dirigente fascista hanno continuato a far parte della classe dirigente successiva e ad agire fascisticamente. L’amnistia concessa ai repubblichini è stato un altro passo avventato. Più in generale, sebbene molto sia stato fatto, tuttavia in mia opinione non si è scavato a fondo, in fase costituente e durante le altre genesi istituzionali del dopoguerra, nelle ragioni e nella natura del fascismo, e la condanna del fascismo è stata una gabbia dalle maglie troppo larghe e cedevoli. Oltre a ciò c’è da aggiungere che la condanna del fascismo italiano, forse anche per la sua “debolezza” e paradossalmente grazie anche al riscatto morale operato dalla Resistenza, non ha avuto i connotati direi quasi sacrali che ha avuto la condanna, per esempio, del nazismo in Germania. Queste due mancanze sono secondo me tra i motivi più forti della sopravvivenza del fascismo in Italia.
Ora, siccome il fascismo c’è ancora oggi (eccome se c’è), e siccome ci sono con esso *i fascisti in quanto fascisti* e non soltanto in quanto reduci del fascismo recuperati o recuperabili al vivere civile, penso *tutt’ora* che i suddetti debbano essere combattuti con ogni mezzo. Devono essere sterminati? Sì, senz’altro, devono esserlo *in quanto fascisti*.
Gentile era un grosso fascista ed è stato giustiziato nella fase più cruenta della lotta di liberazione. Con lui molti altri avrebbero meritato lo stesso destino in quel momento; e dopo la guerra si sarebbe dovuto impedir loro di agire politicamente, nel senso più ampio possibile, finché il loro essere ancora fascisti non fosse stato “sterminato”.
Chiedo a Razza Partigiana e a Collettivo Militant se sono d’accordo su questo.
by Jacques II de Chabannes de La Palice
P.s. Credo anche che un’altra ragione (storica, non una mancanza: anzi forse la ragione di quelle mancanze che dicevo) sia stata la necessità di contenere il comunismo in Italia; una vera e profonda epurazione del fascismo, una Norimberga italiana, avrebbe indebolito alquanto le forze anticomuniste. Una certa continuità fu necessaria a mantenere il patto atlantico: altro che concordia nazionale.
Per concludere le mie digressioni sconclusionate: l’antifascismo militante è più attuale che mai e più che mai necessario; l’intera operazione #Fanciullacci è geniale e denuncia a gran voce il grande rimosso, la grande mancanza di un vero antifascismo istituzionale e di una riflessione profonda sul fascismo in Italia. Le “nuove istituzioni” di cui parlava Luca qualche thread fa dovrebbero secondo me tenerne conto. Sopra un rimosso non si può costruire nessuna concordia.
In Italia, dopo il ’45, non ci fu epurazione, a differenza di quel che accadde negli altri paesi europei che avevano conosciuto dittatura e/o collaborazionismo.
Qui da noi, prefetti, questori e magistrati rimasero gli stessi (con conseguenze devastanti).
In molti comuni i vecchi podestà diventarono sindaci.
Moltissimi fascisti che avevano gravi responsabilità furono riciclati dai nuovi partiti.
L’amnistia del ’46 conteneva formulazioni ambigue che la magistratura sfruttò abilmente per liberare anche e soprattutto criminali fascisti ai quali, nell’intento del guardasigilli, non dovevano godere di quella legge. Ben pochi torturatori e aguzzini pagarono per i loro crimini.
Qui a Bologna, uno di quegli aguzzini diventò un magnate grazie all’infortunistica, e oggi la sua famiglia è una delle più ricche in città.
L’Italia si è sempre rifiutata di consegnare ai paesi che aveva invaso i propri criminali di guerra.
Graziani morì di vecchiaia, tranquillo, nel proprio letto.
Al contempo, molti partigiani venivano perseguiti dalla magistratura per azioni compiute durante la guerriglia e derubricate a crimini. In diversi dovettero scappare all’estero.
Episodi storici come le uccisioni del Dopoguerra (“Triangolo rosso” et similia) vengono *sempre* raccontati scandalisticamente, togliendoli dal contesto appena descritto.
Se ci fosse stata l’epurazione e i criminali fascisti fossero stati processati e condannati, nessuno avrebbe cercato la propria giustizia privata. Che tanto privata non era: “suppliva” alle carenze della giustizia pubblica.
[…] In memoria di Bruno Fanciullacci. Preso di peso: in memoria del compagno Bruno Fanciullacci, pubblichiamo un post dal celebre sito http://www.wumingfoundation.com/giap/?p=4769. […]
@ uomoinpolvere
Mi chiedi un’opinione difficile, provo a rispondere, ma non garantisco (pure perché ieri ho bevuto troppa grappa :D ).
L’omicidio di Gentile personalmente lo ritengo un atto politico legittimo quanto inevitabile nel contesto in cui è avvenuto. Il discorso, invece, sulla soppressione del fascismo in quanto idea e pratica politica, mi sembra più complesso. I fascisti escono dal conflitto come gli sconfitti di una guerra civile, e questo ha costituito uno stimolo autorappresentativo che ha rafforzato la già inevitabile persistenza ideologica, induritasi nei pochi, ma significativi, anni del periodo neofascista clandestino (pre missino, quindi dall’estate del ’44 al dicembre del ’47). C’è stata l’illusione che reprimere poliziescamente questo potesse spegnere l’idea del fascismo, ma fu un’illusione
vera e propria. C’è un articolo di Vittorini sul Politecnico (Fascisti i giovani?) che mostra bene l’incapacità di comprensione del fenomeno in ambiente ciellenistico. In questo clima, il neofascismo si è strutturato su alcune linee ideali difficili da far scomparire: l’idea del tradimento e quindi dell’illegittimità di un’Italia antifascista, l’ossessione della vendetta, la sensazione di essere “esuli in patria”, riprendendo l’espressione di Tarchi, visto il rapporto numerico. Questo, a mio giudizio, ha smosso anche la stagnazione ideologica cui il fascismo storico era arrivato, generando un’idea di libertà, tra i fascisti, del tutto antistorica, autonoma, in un certo senso, rispetto alla libertà così come giuridicamente concepita dalla costituzione antifascista. Il che è ancora più difficile da cancellare. Queste contraddizioni poi si acuiscono dal 1960 in poi, prima con Genova e poi con le celebrazioni del ventennale del 25 aprile, il primo reale varo pubblico-celebrativo dell’immagine della nuova Italia antifascista (nascono gli Istituti della Resistenza, ad esempio, e vengono pubblicati molti libri di storia della Resistenza). All’inizio del nuovo decennio, scatta l’operazione (parlamentare, e solo successivamente “passata” al movimento) dei comitati permanenti antifascisti. Questo, per quanto fosse una sana reazione del parlamento alle oscurità governative, ha impedito, a livello pubblico-politico, di comprendere la nuova generazione neofascista che ha fornito altri spunti di rinnovamento ideologico; e a quei nuovi “giovani fascisti, riprendendo Vittorini, di superare la logica vittimistica di cui sopra. Quando lo scontro fisico si indurisce (dal ’73, per quella generazione) quella logica anzi si radicalizza (il rapporto numerico tra compagni e fascisti è sproporzionato fino al parossismo, il numero di “caduti” tra le due parti è sproporzionato rispetto a quella sproporzione in modo un po’ imbarazzante), aumenta il suo livello di aggressività e violenza. Con gli anni 80, quel vittimismo è il viatico per il rientro (per alcuni direi l’ingresso) tra i ranghi missini, per una definitiva istituzionalizzazione e normalizzazione. Per fare un esempio banale, quando il candidato a sindaco di Roma fu Fini, nel ’94, avevamo paura; quando è stato Alemanno quattordici anni dopo (e ha pure vinto) c’era giusto un senso di fastidio (anzi, il giorno dell’elezione di Alemanno, mentre guardavamo gli exit poll apponevamo il “visto si stampi” a Razza Partigiana, quindi il primo libro della Roma alemanniana è la biografia di un partigiano :D ).
Ecco, ho attaccato un pippone, tralasciando molte cose (in particolare l’aspetto del coinvolgimento missino in manovre da guerra fredda, azioni governative, servizi, etc.) per non dilungarmi ulteriormente. Tutto questo solo per dire che forse, più utile dell’uccisione del fascismo in quanto idea (cosa quasi impossibile a mio modo di vedere, come detto) è studiarne le dinamiche evolutive, senza ossessionarsi troppo con la continuità col fascismo storico (mussoliniano o saloino che sia) e concentrandosi maggiormente invece sulle discontinuità con esso.
@ WM1:
Eh, ‘nsomma, mica sarebbe la prima volta invece :)
Ma è una cosa che ci ha sempre spinto a riflettere sulle dinamiche retoriche tardo resistenziali. Ma vallo a spiegare all’Anpi o a qualche duro e puro centrosocialaro che a noi certe cose ce le ha insegnate un gappista quando portavamo i calzoni corti. Quanto a sottintesi romani, boh, non ne ho colti
@Collettivo Militant:
Sì, c’era un tuo fraintendimento di fondo, non è certo un problema, m’hai fatto solo fatica’ troppo per fartelo capire ;)
@Razza Partigiana
Sono di fretta e posso permettermi solo un appunto veloce. La continuità col fascismo secondo me va indagata a fondo ed è importantissima. Essa non riguarda tanto i neofascisti e chi rimase ai margini della vita politica (per quanto, furono margini molto attivi) bensì la *classe dirigente* e le strutture stesse dell’Italia repubblicana. Riguarda la Democrazia Cristiana, riguarda, come ricorda Wu Ming 1, magistrati, prefetti, eccetera eccetera. E’ questa continuità quella a cui alludevo. Che ci sia anche una discontinuità o meglio un’evoluzione del fascismo in chi continuò più o meno a definirsi tale apertamente non ci sono dubbi, e anch’essa è importante e va indagata.
Adesso voglio capire cosa sono i sottintesi romani…:-)
E io chennesò? So che siete compagni di Roma, di due diversi giri di compagni, e se ho capito bene siete pure un laziale e un romanista! Ho pensato: magari mi sfugge qualcosa…
AH, è laziale, questo spiega tutto..
@WM1 e Collettivo Militant:
No, sono l’altro, quello romanista, quindi andrà trovata un’altra spiegazione
@ Collettivo Militant, Razza Partigiana,
ahi ahi! forse sono l’unica al mondo (anzi no: siamo in due, io e mio padre), ma sono romana, laziale e decisamente non fascista (e quindi non vado in curva da un bel po’) :-))))))
@ Razza Partigiana,
capisco quanto dici del 1994 e della candidatura di Fini, però, sai, l’elezione di Alemanno non mi ha “dato fastidio”, mi ha invece preoccupato un bel po’…
Ti ricordi i cortei a piazza venezia il giorno dei risultati? Mi si è ghiacciato il sangue nelle vene. Credo che quella elezione abbia fatto scattare nella testa dei gruppi più estremi e che fino a quel momento vivevano rintanati, nell’ombra, l’idea che, finalmente, avrebbero potuto riveder la luce, che finalmente avrebbero potuto ricominciare ad agire impunemente.
E sono riprese le aggressioni di stampo xenofobo, omofobo, o chessò io; abbiamo la città invasa di manifesti con simboli lugubri, ecc.; sappiamo chi è stato messo alla guida di società che gestiscono servizi importanti per la città. Insomma, mi sembra che, nonostante tutto, almeno a Roma, il fascismo non si sia “normalizzato”…
@ danae, wuming1, militant, razzapartigiana
Sono l’altra metà di Razza Partigiana, quella laziale.
Di laziali antifascisti ce ne sono tantissimi e molti di quelli che si occupano di resistenza a Roma lo sono. Nomi? Portelli, Parisella (il presidente di Via Tasso), Nassi (uno dei “capi” dell’Anpi romano), etc etc.
Per la vicenda di Gentile mi permetto di rimandare alle belle pagine di Esposito (il “Pensiero vivente”) sul tema. Per il resto sono d’accordo con l’altra metà di Razza Partigiana ;)
Non sono intervento per una sorta di idiosincrasia al mezzo, magari ci facciamo una birra tutti insieme e ne parliamo. Come si faceva negli anni novanta…Di cose da dire ce ne sono mille.
Il 21 u.s. il Tronti ha raggiunto quota 80: AUGURI!
Esposito rintraccia il nesso tra il pensiero di Gentile e la sua “piena collaborazione” col fascismo nella sua idea dei rapporti (o meglio, dell’identita’) tra filosofia e politica. Appena ho un attimo spiego meglio.
M’inserisco in un discorso ormai avanzatissimo per fare una considerazione banale, forse ovvia. Gentile era intellettuale organico, fautore e diffusore delle nefandezze del regime e per questo fu ucciso. Ma, in ogni caso, l’omicidio prevede che la vittima venga destituita della sua umanità e qui, purtroppo, tragicamente, l’eliminazione del nemico prevede l’adozione della stessa spietata, calcolatrice, vendicativa freddezza del nemico stesso, inevitabile in guerra. Ma il fascismo è sopravvisuto perchè non è stata debellata la sua radice, la sua profonda matrice anti-sociale, quella che consente agli uomini di pensare agli altri, ai diversi, come “oggetti privi di valore”, giustificando, quindi, l’omicidio in tempo di pace, come forma di risoluzione delle controversie, come modo per eliminare le differenze, anche quelle di pensiero.