Perché voglio bene agli Yo Yo Mundi / Prima parte: #Genova2001, «Sciopero», #Utoya, questi anni

di Wu Ming 1

E’ la sera del 21 luglio 2011 e, a differenza di molte altre persone, non sono a Genova. Vari ostacoli e impedimenti mi hanno impedito di tornare in quelle strade, in via Tolemaide, in Piazza Alimonda.
Nei dieci anni trascorsi dal G8 – e dalla morte di Carlo Giuliani, dall’irruzione alle scuole Diaz, dalle torture di Bolzaneto, da troppe altre cose – ho rimesso piede a Genova varie volte, e un anno fa sono anche passato in Piazza Alimonda. Non la visitavo dal 2002, dal primo anniversario della morte di Carlo. In quell’occasione, avevo buttato giù alcuni appunti sulla memoria, sui monumenti, sui rituali. A distanza di otto anni, volevo vedere quali ricordi fossero rimasti bloccati tra gli edifici, impigliati ai rami degli alberi, stampigliati sul marciapiede di fronte alla chiesa. Volevo vedere, e prendere nuovi appunti, perché stavo scrivendo un breve racconto sul G8 del 2001. Un racconto, per riprendere in forma narrativa l’autocritica di qualche tempo prima. Ma quella visita è stata inutile: non sono riuscito a capire niente, faticavo a orientarmi, non sembrava nemmeno la stessa piazza. Non una scritta, non un mazzo di fiori.
Ieri, alla commemorazione del decennale, è stato tutto molto diverso. Ho visto i video, letto i commenti. Piazza Alimonda era quella Piazza Alimonda, cioè “Piazza Carlo Giuliani, ragazzo”. Adesso una targhetta c’è. E come ogni targhetta di quel genere, è in attesa dei propri vandali.
Il racconto, ad ogni modo, io l’ho scritto.

Esattamente dieci anni fa, in tarda serata, ero sull’autostrada e tornavo a casa da Genova. Io guidavo, Ricky era sul sedile del passeggero, amici semi-appisolati dietro di noi. Non sapevamo ancora nulla dell’irruzione alla Diaz, appena avvenuta. L’avrei scoperto a Bologna: entro in casa, per prima cosa accendo la tv, metto su Rai3 (che all’epoca, di notte, trasmetteva Rai News 24) e vedo la gente accalcata di fronte alla scuola. Si parla di un body bag con dentro qualcosa calato da una finestra. Sullo schermo c’è un celerino baffuto con gli occhi sgranati, si sente qualcuno che gli urla: “È BUONA LA BAMBA, VERO?” Ma questo più tardi, non durante il viaggio.
Io, come dicevo, sono al volante. A un certo punto Ricky, pour parler, mi fa: – Chissà cosa scriverà domani Montanelli.
E io: – Ma lascialo perdere, Montanelli… Capace che è morto!
Sì, devo aver captato qualcosa, deve essermi arrivato per chissà quali vie un ticchettio rallentato di orologio biologico, dev’essere stata una questione di sincronicità o di che cazzo, perché il giorno dopo arriva la notizia: Montanelli è morto davvero! Da allora, si scherza sulle mie capacità telepatiche (c’è chi dice “medianiche”, sbagliando, perché io mica ho parlato con un morto: ho saputo per primissimo che un tizio importante aveva lasciato la terra “orba di tanto spiro”).

Questo dieci anni fa. Adesso è la sera del 21 luglio 2011 e io, a differenza di molte altre persone, non sono a Genova. Oggi, peraltro, il mio collettivo ha “scioperato”. Niente rievocazioni, niente ricordi, il blog è rimasto silente, e abbiamo spiegato il perché: avevamo già scritto tanto, “fiumi di parole”, ricordi, analisi, autocritiche, racconti. Tutto questo fuori dalle scadenze, dalle ricorrenze, dalla cifra tonda. Man mano che la cifra tonda si avvicinava, abbiamo capito che altre parole non le avremmo trovate. Ci sarebbe toccato riciclare quelle già spese. Avremmo fatto della cattiva retorica. E così abbiamo deciso di lasciar parlare altri.

Adesso è la sera del 21 luglio 2011 e io sono a Bologna, insieme a un vecchio compagno di liceo trotzkista, in un locale all’aperto sferzato dal vento. Siamo qui per il concerto degli Yo Yo Mundi. Ho portato il taccuino, perché voglio scrivere qualcosa. Voglio scrivere qualcosa a proposito di una lunga amicizia, di una collaborazione, di un incrociarsi tra due band. Voglio scrivere dell’ultimo album, Munfrâ, e degli album precedenti, e del concerto di stasera. Poco fa, durante la cena, ho detto a Paolo e Andrea, rispettivamente cantante e bassista degli YYM: – Scrivo qualcosa sull’album e sul concerto, ci metto dentro qualche aneddoto, incorporo qualche vostro video da YouTube, metto un link per comprare il cd, e ho fatto giornata!
Ma so già che non andrà solo così. Non è mai solo così che va.

L’ultima volta che ho sentito Eugenio, batterista e fac totum amministrativo della band, è stata tre mesi fa. Maurizio Landini aveva chiesto ad alcuni scrittori residenti a Bologna idee e consigli per la festa della FIOM (un’altra ricorrenza, una cifra tonda: 1901-2011, centodieci anni di sindacato dei metallurgici). Noi WM avevamo proposto di chiamare gli Yo Yo Mundi, per rimettere in scena il loro spettacolo più famoso, Sciopero (altra cifra tonda, 2001-2011, decennale dell’album). Più calzante e in tema di così! Dopo aver chiamato Eugenio, avevo passato a Landini tutto il materiale informativo, le recensioni, la scheda tecnica dello spettacolo, il DVD del film di Eizenstein sonorizzato dal gruppo… Ma non se n’era fatto nulla. Forse, ai piani alti del sindacato, la proposta è sembrata “oltranzista”, intellettualoide: un film muto russo, le didascalie, un gruppo che chi cazzo li conosce… Sapete com’è, si sarà temuto l’effetto-Fantozzi: la “Corazzata Kotjomkin” del cineforum aziendale era, molto trasparentemente, la Corazzata Potemkin della Rivoluzione russa, che diede il titolo a uno dei capolavori di Sergej Ėjzenštejn. Un film di rara bellezza e fragorosa potenza, per niente noioso, amato da generazioni di lavoratori in tutto il mondo. Un film che, purtroppo, oggi in Italia è innominabile, e tale rimarrà per chissà quanto tempo, perché appena lo nomini salta su l’imbecillotto che fa la faccetta e cita la scena della “boiata pazzesca” e si crede spiritoso. E’ così che una parodia colta, una volta estinto il contesto in cui era stata pensata e realizzata, diventa il proprio opposto, generando un interdetto qualunquista e anti-culturale. Ai piani alti del sindacato si sarà forse temuto quest’esito, magari qualcuno avrà riso, chi può dirlo… O forse è andata in modo completamente diverso. In ogni caso io so, e molti sappiamo, che da dieci anni, ogni volta che gli Yo Yo Mundi mettono in scena Sciopero, ovunque sono lacrime di commozione, e pugni chiusi, e grida di gioia e abbracci.

Non c’è album recente degli Yo Yo Mundi che non mi sia piaciuto.
Ho ovviamente amato 54, l’ho amato e lo amo tre volte: perché è tratto dal nostro “figlio prediletto”, perché è un album bellissimo di suo e perché noi WM lo abbiamo accompagnato in giro per l’Italia nel biennio 2004-2005. Mi è particolarmente cara una serata, di cui ricordo i colori, gli odori. 22 luglio 2004, al festival “Teatro e colline” di Calamandrana Alta, in provincia di Asti. La sorpresa mia e di WM5 nel vedere sbucare dalle tenebre il nostro amico svizzero Marco Molinari, venuto apposta dalle rive del lago di Lugano. La rilassatezza che fa sibilare le mie “s” durante la presentazione, e WM5 che, parlando dopo di me, si scusa per la “dizione emiliana”.

L’incontro tra Wu Ming e Yo Yo Mundi fu un’idea del comune amico Stefano Tassinari. Stefano voleva presentare 54 nella sua rassegna “La parola immaginata”, al Teatro ITC di San Lazzaro di Savena. La rassegna – proseguita per molti anni finché, come tante belle iniziative, non è rimasta vittima di “tagli” alla boia vigliacca – prevedeva che, dopo una breve presentazione del libro da parte dell’autore, un attore ne leggesse ampi stralci, accompagnato da una band, mentre sul grande schermo scorrevano immagini selezionate o create ad hoc da un fotografo. Attore, band e fotografo venivano scelti volta per volta, in base ad affinità poetiche con l’opera. Per la musica, dopo aver letto 54, Stefano pensò subito agli Yo Yo Mundi, che aveva visto da poco esibirsi in Sciopero. Insomma, galeotto fu il film di Ėjzenštejn.
All’epoca, nonostante fossero in giro da una dozzina d’anni, gli YYM non erano ancora entrati nei nostri radar. Colpevolmente, li conoscevamo quasi solo per via di un dialoghetto satirico incluso nell’album degli Elio e le storie tese Eat the Phikis (1996). In quel dialoghetto veniva menzionata la band, allora nella sua prima fase. Posto che sia lecito comparare le grandezze, oggi quel dialoghetto sta agli YYM come la battuta della “boiata pazzesca” sta alla Corazza Potemkin. Una parodia ormai fuori contesto diventa un tormentone idiota, un automatismo. Nel frattempo, gli YYM sono diventati una delle band più importanti (non più famose, ma più importanti sì) del panorama italiano, e non hanno niente da invidiare ad artisti incommensurabilmente più celebri… a parte forse il ripieno del portafogli, ma non sono persone di quel genere, con la musica ci tirano avanti, fanno quello che amano fare, e va bene così.
Per la recitazione, Stefano pensò a Marco Baliani, uno dei grandi nomi del “teatro di narrazione” italiano. Per le immagini, contattò il fotografo Dario Berveglieri, che sarebbe morto poco tempo dopo, fulminato da un cancro aggressivo e impietoso, a soli 41 anni. Gli anni che ho io adesso. Di lui conserviamo un cimelio prezioso, una pietra piatta e liscia dipinta da sua moglie Stèphanie e dai suoi figli Ruben e Ariele.

In realtà, la prima messa in scena dell’esperimento non fu all’ITC di S. Lazzaro, bensì alla Sala Estense di Ferrara, dove si svolgeva una delle versioni “in trasferta” della rassegna ideata da Stefano. Era il 28 giugno del 2002, inizio di un percorso comune e nascita di diverse amicizie. Conoscemmo anche Fabrizio Pagella, amico fraterno degli YYM e attore anche lui, che sarebbe diventato uno dei nostri collaboratori più frequenti, nonché uno dei miei migliori amici. Fabrizio avrebbe recitato i brani di 54 all’ITC, il 10 ottobre, e sarebbe stato una delle voci dell’album nato dall’evento. L’unica a rimanere nella versione live. Molta gente conosce Fabrizio proprio per averlo visto, autentico “mattatore”, in una di quelle serate.

Ho amato il doppio progetto Resistenza / La banda Tom e altre storie partigiane, per il Sessantennale della Liberazione (quanti anniversari, quante cifre tonde!).
Ecco, una cosa che mi piace degli YYM è la pervicacia del loro antifascismo, la quieta ostinazione nel trarre parole e musica dal retaggio della Resistenza. Non si tratta “solo” di memoria: si tratta di rivendicare e attualizzare la tradizione degli oppressi, la spinta a lottare contro tutti i fascismi e i razzismi. Che sono un problema di oggi, non di ieri.
In questi anni, diversi osservatori (tra cui noi) hanno messo in guardia, spiegato che le ultradestre sono un pericolo crescente. Orde di saputelli hanno risposto (non soltanto a noi) sbuffando, dicendo che certe contrapposizioni andavano superate, che eravamo “ossessionati” dai fascismi, che eravamo passé.
In questa sera del 21 luglio 2011, io ancora non lo so, ma mentre mi accingo ad ascoltare gli YYM a Bologna (e mentre a Genova tantissime persone stanno ricordando gli eventi di dieci anni fa), in Norvegia una sottospecie di fascista / fondamentalista cristiano dà gli ultimi ritocchi a un piano stragista, che porterà a termine tra qualche giorno. Da lì in avanti, e dopo aver tentato la più “pavloviana” delle false piste (quella islamica), i media nostrani faranno a gara per “spoliticizzare” l’atto di Anders Behring Breivik, isolandolo dal suo contesto ideologico e politico. Parleranno di un “pazzo isolato”, scriveranno articoli nei quali costui sembrerà un asceta, una sorta di folle poeta romantico, a suo modo nostalgico di un’idea di bellezza. In questo modo, i media diverranno fin da subito suoi complici, fingeranno raccapriccio per il suo gesto ma intanto lo “eroicizzeranno”, occultando un pericolo che riguarda tutti noi.

Capire il terrorismo. Un'immagine di Clint Irwin

La tendenza in Europa nel futuro prossimo è il terrorismo di ultradestra. Xenofobo, pro-“Tradizione” (ovviamente fittizia, inventata) e anti-movimenti sociali. I fascismi d’ogni sorta servono, perché deviano attenzione ed energie proponendo falsi conflitti (es. “Europei” contro “Stranieri” anziché sfruttati verso sfruttatori). In uno scenario di crisi continentale e conflitto sociale, all’inizio dell’ultimo grande assalto bipartisan ai diritti sociali e a quel che resta del welfare state europeo, chiunque fornisca diversivi e permetta ai padroni di tirare il fiato troverà pronti riflettori, truccatori, commentatori, “esperti” e tutta quanta la compagnia di giro. Le destre estreme non si faranno pregare, e si presteranno a operazioni sozze, autorganizzate e/o eterodirette. La lotta contro i fascismi e i “leghismi” è dunque più attuale che mai. Studiare quella brodaglia ideologica fa schifo ma è più che mai necessario. E quando l’ennesimo commentatore vi dirà che l’antifascismo è cosa “del passato”, pensate ai vermi brulicanti in questo momento nel ventre d’Europa, e sarà facile capire che quel “passato” è importante, perché la resistenza va fatta sempre, perché partigiani lo si è tutti i giorni, perché non importa quali “cocktail” ideologici siano di volta in volta à la page nei milieux fascisti: gira che ti rigira, volta che ti rivolta, i fascismi sono fascismi, e l’antifascismo li combatte tutti. E dove questa battaglia avrà una colonna sonora, certamente ne faranno parte diverse canzoni degli Yo Yo Mundi.

Ho amato anche Album rosso, di cui dirò qualcosa tra breve. Eppure Munfrâ è, a mio parere, l’album più bello. Per il coraggio di dare una “sterzata” a suono e atmosfere, per la qualità della scrittura, per la ricchezza timbrica, per le collaborazioni… e sì, anche per l’uso del dialetto monferrino. I dialetti del Nord Italia vanno riscattati dalla pesante ipoteca leghista. Lasciare che fossero quei loschi figuri a sventolare strumentalmente il vessillo dei vernacoli e delle parlate “minori” è stato un grave errore della sinistra.

[1 di 2 / Continua]

Il 29 luglio gli Yo Yo Mundi suoneranno al campeggio No Tav di Chiomonte, Val di Susa.

LINK CORRELATI

Estratto da Trommeln in Genua
Il racconto sul G8, omaggio a Bertolt Brecht e Furio Jesi

54. Il progetto, lo spettacolo, l’album
Pagina statica 2002-2005. Tra le illustrazioni, la pietra dipinta da Stèphanie, Ruben e Ariele.

A Dario Berveglieri
Testimonianza del 2005.

Ascolta Yo Yo Mundi e Fabrizio Pagella in:
ETTORE, STELLA ROSSA VINCE
Traccia n.8 dell’album 54 (Mescal/Il Manifesto, 2004)

Ascolta Yo Yo Mundi e Fabrizio Pagella in:
SE MUOIO STANOTTE (ETTORE ALLA BATTAGLIA DI PORTA LAME)
Registrato dal vivo al CSOA Leoncavallo, Milano, dicembre 2004.
In seguito incluso nell’EP degli YYM L’ultimo testimone (Mescal / Sony BMG, 2006)

Il sito ufficiale degli Yo Yo Mundi

Scarica questo articolo in formato ebook (ePub o Kindle)Scarica questo articolo in formato ebook (ePub o Kindle)

26 commenti su “Perché voglio bene agli Yo Yo Mundi / Prima parte: #Genova2001, «Sciopero», #Utoya, questi anni

  1. Segnalo che c’era una svista nella prima versione di questo post, ovvero quella ricevuta via e-mail dagli iscritti al servizio. Come giustamente ha fatto notare @buonipresagi su Twitter, l’album degli EELST in cui venivano menzionati gli Yo Yo Mundi non era Italyan, Rum Casusu Cikti (1992), bensì Eat The Phikis (1996). Ho prontamente corretto.

  2. Perfetto, bellissimo, grazie.

  3. Nella tarda mattinata del 21 luglio io e Martina stavamo leggendo rispettivamente Gazzetta e Repubblica in un bar di Bologna pronti a tornare a casa dopo la vacanza Valencia – Barcelona. Nelle sezione di Bologna, Repubblica segnalava il concerto al botanique. Per me gli yo yo mundi sono (erano!) quelli di 54, nulla più, mentre la mia ragazza li conosceva solo di nome. Tanto basta per convincerci a rimanere a Bologna per la serata e vedere l’effetto che fa ascoltare un loro concerto. Io dovevo smaltire la rabbia per aver mancato ancora una volta i Public Enemy: stavano in Italia quando ero in viaggio, stavano a Barcellona quando ero a Valencia! E già in passato mi erano sfuggiti, proprio a Bologna. E stiamo parlando di *uno dei gruppi* della mia adolescenza rappusa: poster in camera, dischi su dischi, citazioni sul diario del liceo delle loro rime …. Beh, ci voleva un super concerto per dimenticare le strofe perdute di Chuck & Flavour. Quello degli YoYo lo è stato. Raramente ho ascoltato un gruppo folk, musica che solitamente sento lungi kilometri da me, cosi vicino alle mie corde. La rIvoluciòn nella prima canzone, la spendida rabdomandiko, il sottoilpalco finale in “sciopero” mi girano in testa da giorni e sono stati la colonna sonora del mio compleanno scoccato alla mezzanotte del giorno stesso. Destino volle poi che proprio uno sciopero, quello che ha investito trenitalia, ci portasse a rimanere a Bologna un giorno ancora, quello dei miei 26 anni belli che compiuti. In serata davano un film in piazza Maggiore, gremita. Sapete quale? Non ricordo il nome … ma in uno degli spezzoni che siamo rimasti a vedere c’era il ragioniere Ugo Fantozzi aka la merdaccia, otteneva il liberatorio applauso dei colleghi commentando un *filmone* russo di Mr Sergej Michajlovič Ėjzenštejn. Un genio, coi suoi contrappunti.

  4. E’ la risonanza, fra, è la cazzo di risonanza.

  5. vi segnalo un’altra svista: il concerto degli Yoyomundi a Chiomonte è il 29 Luglio.

  6. @ ferocemaria

    vero, grazie! Era saltato fuori un “agosto”. Corretto. Per fortuna c’era il link a tutti i dettagli giusti, e gli eventuali interessati avranno cliccato.

  7. il terrorista norvegese non è diverso dai fanatici musulmani che odia tanto, alla fine questi qua dicono le stesse cose.
    Ho il sospetto che tra gli effetti collaterali del crollo dell’URSS (cioè quel che restava dell’utopia socialista e laica tra mille contraddizioni e cose sbagliate) ci sia anchje il risorgere in Occidente come ion Oriente di fondamentalismi religiosi e ideologie di estrema destra

  8. […] allora li cito nuovamente: da “Perché voglio bene agli Yo Yo Mundi / Prima parte: #Genova2001, «Sciopero», #otoya, questi anni“, rimandando al link per leggere l’intero […]

  9. “quieta ostinazione” è un bellissimo ossimoro…anch’io ho tentato di scrivere in merito alla doppia morale dei media,
    http://terraelibertacirano.blogspot.com/2011/07/nazismo.html
    ma non credo che i loro messaggi devianti possano con il tempo cambiare.

  10. Forse non è il posto più adatto dove linkare questa cosa, ma leggetevi l’articolo di Feltri in prima pagina sul giornale di oggi

    http://www.youkioske.com/prensa-europea/il-giornale-25-luglio-2011/

  11. @ collettivo militant. Non mi vengono nemmeno le bestemmie (credo sia una prima assoluta) Quando pensano a lui vomitano anche gli scarafaggi

  12. Appunto amarcord. Presentazione di Altai a Palazzo Nuovo a Torino, primo incontro con il collettivo in carne e ossa. Impressionato, scendo in celid (libreria universitaria) e decido di chiedere se hanno New Thing o la colonna sonora disponibile. Poi chiedo 54, dacché lo vorrei regalare alla mia ragazza del momento. Sul terminale esce il cd degli YYM di 54, in offerta a 3 €. Me lo prendo? al massimo se non mi piace lo vendo, ho pensato. Va a finire che sciopero è entrato in casa dopo due giorni, e da lì li seguo volentieri, fino a rivederli alle officine corsare, e a farmi i miei chilometri verso chiomonte il 29.
    Appunto su un articolo dell’Annunziata che linkerò qui per ricordare che se Feltri scrive calzate non mi stupisco, ma mi stupisco che a questa gente venga ancora appiccicata addosso l’etichetta di sinistra. In questo articolo striscia una cosa sinistra:

    La Islamofobia e’ stata in permanente crescita negli ultimi anni sotto la pelle del quietissimio paese, in cui circa 150mila islamici su una popolazione di cinque milioni di abitanti, hanno finito con il costituire un permanente elemento di frizione culturale, un esempio tangibilissimo di come l’Islam in un paese pure laicissimo non sia facilmente assorbibile.

    Qui strisciano idee davvero pericolose, che a me fanno paura perché vengono da voci che seppur non mi piacciano, ho sempre pensato di poter almeno in parte evitare di criticare troppo duramente.
    Mi piacerebbe capire cosa cavolo fa venire in mente a voi, perché a me questo fa davvero paura.

  13. L’articolo di Feltri rasenta veramente l’assurdo: il vero problema sta “nell’egoismo ed egotismo” dei giovani labouristi! Cazzo dai: in 500 contro un mitra potevano facilmente prevedere che la percentuale di perdite sarebbe stata accettabile se si fosse lanciati a “fare a pezzi a mani nude” il nazista travestito da pulotto!!! Quello che è mancato è stato, alla fin fine, un generale pronto a lanciare una barriera di giovani petti contro il nemico. Non c’è che dire: roba da Pulitzer per l’imbecillità!

    @Giorgio1983: non che nutra particolari passioni per l’Annunziata (anzi!), ma personalmente non leggo l’affermazione che citi – pur obliqua e disponibile a molte chiavi – con la stessa preoccupazione ed indignazione che suscita in te.
    A me pare che non si tratti di un attacco all’immigrazione islamica quanto piuttosto della constatazione di come queste comunità siano prese a simbolo del rifiuto della mutietnicità e dunque divengano bersaglio preferito di chi attacca l’immigrazione a scopo strumentale di consolidamento interno: la stessa operazione che fa la Lega qui da noi tanto per mettere i puntini sulle I.
    Poi non è che io sia nella testa dell’Annunziata, ma dire che “l’Islam non sia facilmente assorbibile” non significa automaticamente fare un’accusa all’Islam: se ci sono difficoltà queste – come minimo – sono da impiutare ad entrambe le parti. Sinceramente mi pare di cogliere questa sfumatura leggendo l’intero articolo

  14. respect for YYM

    visto che si parla di musica indipendente posto i CaveCanem. formazione nata a Bologna nel 2009 e al suo primo disco ufficiale ” l’amore solamente per la musica…”
    http://www.youtube.com/watch?v=ajPf9pP3lHk
    e ancora http://www.youtube.com/watch?v=KfqzcdH9kQs&feature=related
    e ancora http://www.youtube.com/watch?v=SxEot1L4r_k&feature=related

    Grazie dell’ospitalità…..
    que viva wu ming

  15. mi scuso se sono vermamente OT, approfitto solo della ref a #otoya e a qualche commento precedente. posto il link di un servizio della radio pubblica USA (npr) sui movimenti di estrema destra in europa (insomma, i pazzi #isolati).
    http://www.npr.org/2011/07/26/138698964/foreign-policy-rise-of-the-radical-right
    interessante molto la parte in cui si dice che “This potent mix of populism and far-right ideas […] has meant the forming of new alliances and a blurring of obvious left and right lines.”

  16. @ Francesco iQ,

    ovviamente non c’è scritta una borgheziata. Fra il resto, continuo a pensare che l’antifascismo debba diventare un daltonismo autoprovocato. Il bruno e il verde non si distinguono da tempo immemore.
    Però dirci come fatto assodato che una comunità non facilmente assorbibile alla fine provoca queste cose è la solita cosa: quello è pazzo ma questi rompono le palle. E a me questi discorsi non piacciono, perché sono discorsi disturbanti. Recano traccia di razzismo, senza dirsi razzisti. E’ il discorso razzista di Van Dijk, che grossomodo analizza questa locuzione: “io non sono razzista, ma…” e di solito giù “verità sacrosante”, tipo “rubano tutti o la maggior parte”, “sono un problema sociale”, “mi sembra di non essere più in Italia”.
    Questa è una derivazione tipica, a mio parere.

  17. Segnalo, sullo stesso argomento (terrorismi fascisti) l’interessante analisi di Fabrizio Tonello su il Manifesto di oggi che si può leggere (con i commenti) qui:
    http://www.ilmanifesto.it/archivi/commento/anno/2011/mese/07/articolo/5071/

  18. @giorgio1983
    Non è questo che intendevo: sarei d’accordissimo se il senso fosse “è vero che… ma questi rompono”. La mia impressione però è che non sia questo il senso della frase quanto piuttosto “questi sono quelli con cui il discorso integrazione è più difficile”; ma non necessariamente difficile a causa del loro comportamento (o del loro essere!) quanto piuttosto a causa dell’immaginario che li circona almeno del 11/9 in poi.
    Su questo “dato di fatto” penso ci sia poco da discutere. Una volta erano i “negri”, ma adesso nessuno se la sente di usare categorie così apertamente… “somatiche”: è molto più comodo trarre le stesse conclusioni ma partendo da motivazioni apparentemente meno barbare quali le differenze culturali, l’integralismo religioso, il modo in cui sono trattate le donne, la contrapposizione democrazia vs. teocrazia, ecc.
    Il risultato è lo stesso… ma mica siamo (sono: loro ovviamente) il KuKluxKlan!!!

  19. bè integralismo, teocrazia ecc.. non sono cose inventate, esistono parlarne di per sè non è razzista, la differenza sta nelle risposte che si danno
    il razzismo è rispondere al fanatismo, al neo-tradizionalismo di alcune parti del mondo musulmano con il neo-tradizionalismo “fascio-leghista” e “cristianista” invece che con l’integrazione, la laicità e finalmente la ricerca di un dialogo inter-culturale che metta da parte il fattore religioso (chè di sicuro avrà la sua importanza ma non è tutto)

  20. […] l’intolleranza, gli estremismi, i nuovi fascismi. Lo spiega molto meglio di me Wu Ming 1 qui. Ma la distorsione operata dai “media” in questi giorni in relazione alla strage in […]

  21. Su questa cosa ho sempre avuto i miei dubbi. Buona parte di quello che viene analizzato ha un frame che noi non riusciamo a vedere. Il ribaltamento di campo radicale non è guardare dietro alla telecamera, ma guardare l’uomo con la telecamera, l’uomo con la penna, l’uomo con gli occhi. Se tu guardi a un pazzo anziché guardare a un fascista è perché il problema ti si presenta evidentemente parte integrante della realtà, a cui il “pazzo” ha dato una risposta “assurda” a temi “condivisibili”. Se Borghezio può permettersi di dire certe cose è perché ormai è dato per scontato che l’immigrazione sia un, anzi “il” problema. Se si prescinde da questo secondo me non si capisce il modo in cui si è ricalibrato verso il singolo. La pervasività di una cultura destrorsa che identifica la presenza dei migranti e la problematica dell’integrazione è fuorviante. Solitamente un individuo tende operare mimeticamente in condizioni di estrema inferiorità numerica. La ghettizzazione crea comunità migranti, non sono le comunità migranti che vanno ad abitare volontariamente tutte nello stesso posto. La comunità fra migranti e la loro successiva esclusione favorita, se non creata almeno parzialmente dalla impossibilità spaziale degli individui di mischiarsi alla popolazione che sta sul territorio da più tempo. Nella mia città, Torino, alcune zone sono state a lungo appannaggio dei migranti (per esempio San Salvario o Porta Palazzo), e sono zone in cui le comunità sono forti, ma questo è a mio avviso non causa di attrito, ma effetto di scelte razziste, che precedono il problema, lo creano ad arte e poi lo denunciano come fatto non negabile.
    Così crei le “evidenti” difficoltà di integrazione. Se descrivi le cose omettendo questi passaggi, ometti un fatto principale. Il razzismo precede e segue le difficoltà di integrazione in moltissimi casi, ad esempio a partire dalle soluzioni abitative, per non pensare ai sistemi scolastici, alle gabbie burocratiche che alimentano le fucine del lavoro nero e creano instabilità a tavolino. A partire da un disegno razzista (presente anche nella civile Norvegia, perché Schenghen vale ovunque, e Schengen parla di fortezza Europa) si creano le condizioni per una ascesa della destra, che esiste molto prima di queste porcate. Sono sempre con il vestito nuovo, ma dentro c’è sempre la vecchia puzza di fogna. E cambiano modi, cambiano strategie, però non cambia la creazione di un problema per poi fornire, in estrema ratio, una soluzione estrema.
    Alcuni signori hanno sperimentato una buona tecnica: prendi un gruppo di gente, dai loro del criminale, mettili nei ghetti, e poi nessuno li vorrà più, e allora la gente sopporterà i campi di reclusione, poi quelli di concentramento.
    All’inizio però c’è la constatazione di un problema, ed è quello che mi fa più paura.

  22. […] da cui emerge sono di oggi, sulla spinta delle dichiarazioni di Borghezio. Ha mille volte ragione Wu Ming 1 quando, a caldo, […]

  23. […] diffusione di xenofobia e fascismi in tutta Europa, come analizza bene Wu Ming 1 in un post in cui si parla anche di Genova e come racconta l’articolo L’Europa delle […]

  24. @paolo1984
    “bè integralismo, teocrazia ecc.. non sono cose inventate, esistono parlarne di per sè non è razzista, la differenza sta nelle risposte che si danno”. Anche la discriminazione degli omosessuali in Italia non è una cosa inventata: ma passare dalla bocciatura plateale della legge per l’aggravante di pena al rifiuto degli italiani in quanto incivili sarebbe decisamente razzista! Quello che fanno i borghezi vari è proprio questo: prendono la scusa ad esempio del trattamento riservato a molte donne in molti paesi (chissà poi se sono sposati e come trattano la loro moglie…) e ne fanno un indicatore di differenze insuperabili tra civiltà differenti. Come se non esistessero musulmani che rispettano la moglie o cristiani che le impediscono di fare ciò che vuole!

    @Giorgio1983
    Tutte cose sacrosante quelle che citi, ma non dimentichiamo di adottare una visione “ecologica” (nel senso di sistemica). Il rapporto lineare di causa-effetto nelle dinamiche sociali non è così immediatamente applicabile come siamo propensi a ritenere (magari per questioni “ideologiche” che ci portano a vederne solo alcuni aspetti).
    Ad esempio è vero che i ghetti si possono creare ad hoc (e ne sono stati creati non pochi nella storia!); ma è vero anche che per questioni di facilità nell’ottenere supporto, comodità culturale, ecc. spesso le comunità immigrate tendono ad aggregarsi in maniera più o meno spontanea.
    Con questo non intendo dire che si creino il loro ghetto da sole, ma certamente si tratta di una tendenza che favorisce questa costituzione anche laddove la comunità autoctona sia altamente propensa all’integrazione (ammesso che questo laddove esista!).
    Non solo: nessuna comunità (ne autoctona ne immigrata) è omogenea dal punto di vista culturale, politico, religioso, ecc. e nella massa troveremo sempre qualcuno – da una parte e dall’altra – disposto a sovrastimare i fattori di omogeneità vs. quelli di disomogeneità piegandoli al proprio scopo che, normalmente, sarà quello di tentare di compattare un gruppo, che si riconosce in tali fattori di omogeneità, attorno a sé individuando un “altro da sé” che vesta i panni del nemico.
    Del resto non possiamo far finta che non esista un altrettanto plateale integralismo islamico, oppure una più spicciola “diffidenza cinese”. Spesso affondano le loro radici nel nostro comportamento verso gli immigrati, ma anche in questo caso si tratta di una generalizzazione giustificata ma non corretta: mica la pensiamo tutti come Borghezio e sono certo che molti di noi che scriviamo qui abbiamo amici musulmani e/o cinesi e così via!

    Insomma: creare false “omogeneità”, non distinguere, è sempre utile a gruppi di potere e strumentale a mantenerlo e le categorie (in questo caso etniche, nazionali o religiose) servono a semplificare il linguaggio a scopo “utilitaristico”.
    Un esempio eclatante è la cronaca: avete mai visto un titolo tipo “Un italiano ammazza e deruba un immigrato”? Non credo, non almeno con l’ “italiano” davanti. Mentre certamente tutti abbiamo esperienza continua di “Un marocchino (o arabo, moldavo, rumeno…) ammazza e deruba un italiano”. Il risultato è che senti la gente dire che il crimine tra gli immigrati è molto più frequente che tra gli italiani e se cerchi di smentire questo dato tti sbattono davanti una ricerca su Google che alla voce “immigrato delinquente” ti tira fuori X migliaia di titoli! Ma anche senza disturbare Google, il nostro cervello lavora così: quell’ “immigrato” rimarrà in mente associato più e più volte al crimine, portandoci in maniera quasi automatica a creare un legame forte fra le due etichette che finiranno per connotare una “categoria di pensiero” anche nelle menti più aperte, attente e analitiche (e civili!)

  25. Attenzione, il concerto degli YYM al presidio No Tav di Chiomonte, previsto per domani sera, è stato annullato.

  26. due righe in ritardo solo per dire che tutto quello che scrivete sulla cultura di destra, sui rossobruni, sulla lega, su grillo ecc. e’ assolutamente necessario. in questo momento e’ importantissimo ribadire quotidianamente l’ importanza dell’ antifascismo e combattere tutte le ambiguita’ e i cedimenti morali e culturali, che offrono spazi a gente come breivik e ai loro alter ego istituzionali.