Una specie di addendo all’ultimo post di news e segnalazioni.
Poche settimane fa, @akaOnir – al secolo Francesco Spè – si è laureato all’Università di Macerata con una tesi intitolata «Un collettivo, 140 caratteri. Wu Ming, Twitter e la repubblica democratica dei lettori».
In parole povere, ha analizzato la nostra comunicazione via Twitter, gli esperimenti che abbiamo portato avanti con quel mezzo e (non ultimo) il rapporto bidirezionale tra Twitter e questo blog.
Tale lavoro di ricerca non è terminato con la laurea: la tesi verrà ampliata, aggiornata e pubblicata in rete dopo la pausa agostana.
Il 16 giugno scorso, @akaOnir ha realizzato una lunga intervista a WM1 sui temi di cui sopra. L’ha trascritta e messa on line ieri notte. C’è un sacco di roba, pure troppa. Contiene, ad esempio:
– non pochi dietro-le-quinte, es. sulla gestione di Giap e sul rapporto con Einaudi Stile Libero;
– una “fenomenologia” dell’accoppiata Repetti & Cesari, forse eccessivamente polarizzata: chi la legge tenga conto che anche Repetti lavora sui testi e anche Cesari fa lavoro “relazionale”;
– un non affettuosissimo amarcord della vecchia Indymedia: in sintesi, si salvano quasi solo Franti e Mazzetta, e proprio perché a l’arcurdén, la ricordiamo sin troppo bene.
Inoltre, sono svariati i sassolini tolti dagli anfibi. Si veda soprattutto l’ultima risposta.
Insomma, pensateci: può essere una piacevole lettura estiva.
E… il titolo di questo post, che ai più attempati avrà forse ricordato Renato Rascel nei panni di Robespierre?
La spiegazione è alla risposta 23.
Giap, Twitter e il Terrore
L'amore è fortissimo, il corpo no. 2009 - 2019, dieci anni di esplorazioni tra Giap e Twitter / 1a puntata (di 2)
Alla ricerca dei bisnonni ribelli, ovvero: #casellariopoliticofascista
Feticismo della merce digitale e sfruttamento nascosto: i casi Amazon e Apple
Al diavolo la "concordia nazionale"! Lo spettro di Bruno #Fanciullacci su Twitter
Interessantissima intervista, complimenti ad akaOnir.
Non avevo fatto attenzione all’abbandono del campo letterario nei post e nelle discussioni su Giap!: per me il NIE, a prescindere dalla condivisione nel merito, resta, insieme alle discussioni successive e all’aggiornamento, una lettura fondamentale, più che per comprendere alcune cose, per farsi delle domande utili.
Rinfrescandomi la memoria con l’intervista ho riflettuto di nuovo sul punto, che ricordate spesso nel NIE, per cui si discute delle opere e non degli autori.
In linea di massima condivido: Gomorra ad esempio resta un libro fondamentale – con tutti i suoi difetti e alcune sue pesanti approssimazioni – benchè Saviano sia ormai inqualificabile e, purtroppo, secondo me irrimediabilmente sterile dal punto di vista narrativo.
Ma, mi chiedo: è generalizzabile questo approccio critico? è possibile sempre separare l’opera dal suo autore, valutarla prescindendo dall’essere pubblico di chi l’ha creata, in particolare trattandosi di opere contemporanee e autori viventi, nonchè di ‘epica’, come l’avete intesa voi nel NIE?
Gomorra letto nel 2006 aveva un determinato significato e mandava determinati messaggi, è stato un libro oggettivamente e letteralmente ‘scandaloso’, in maniera ancora più strabiliante se si pensa che molto del materiale non era inedito e che, quindi, la sua forza esplosiva stava nella sua particolare forma narrativa; letto oggi, Gomorra è un clichè: il personaggio Saviano lo ha trasformato senza riscriverlo, lo ha caricato dell’ingombrante ruolo di prodromo di ciò che sarebbe diventato il suo autore, il ‘savianismo’, la particolare concezione impolitica della lotta alla criminalità, un’aumentata accentuazione dell’approccio ‘law and order’, etc. etc.
Gomorra e Saviano valgono solo come esempio.
Chiaramente tutte queste cose non sono ‘letterarie’, gli aspetti ‘tecnici’ della costruzione narrativa restano gli stessi, ma è possibile separare in maniera così netta i due piani? Magari sono OT, ma mi piacerebbe avere una risposta.
Precisiamo: noi non abbiamo abbandonato la letteratura, ça va sans dire. E’ la nostra attività principale e “ragione sociale”, la pratichiamo e ci riflettiamo sopra. Su Giap negli ultimi mesi abbiamo parlato di Tolkien, di Proust, di Majakovskij, di King… Abbiamo parlato diffusamente del “book bloc” studentesco, la letteratura che scendeva in strada in modo inconsueto e spiazzante…
Quello che – quasi senza doverci mettere d’accordo al riguardo – abbiamo disertato è il milieu dei discorsi sulla letteratura italiana contemporanea. Il “parlarsi addosso” del campo letterario italiano. Abbiamo visto che non faceva per noi, che la strategia doveva essere diversa.
Va detto che siamo anche stati travolti (in particolare io) dal paradossale “successo” del discorso sul NIE: nel 2008 e 2009 (e per gran parte del 2010) ho ricevuto dalle case editrici o dagli autori stessi almeno duecento nuove uscite, accompagnate dal messaggio (esplicito o implicito): “Secondo me/noi quest’opera potrebbe far parte del NIE, perché non ne parli?”.
Il risultato? Per autodifesa, ho smesso – temporaneamente, s’intende – di leggere e recensire romanzi italiani contemporanei. Cosa che ha prodotto delusione e incazzatura in chi si aspettava che mi ci dedicassi a tempo pieno. Colpa mia, ovviamente. Quell’alluvione di libri mi ha fatto capire che il tentativo del memorandum era stato frainteso dagli addetti ai lavori (dai lettori no, mi sembra). Non mi ero fatto capire sulla natura “retrospettiva” della ricognizione.
A tre anni di distanza dal “memorandum”, constato che persino diversi colleghi i cui libri avevo incluso nella “nebulosa” reagiscono in modo sprezzante quando glielo si ricorda, e nei miei confronti manifestano anche un certo rancore. Piuttosto strano, se si tiene conto che grazie al memorandum i titoli di alcuni loro libri hanno fatto capolino (e continuano a farlo a tutt’oggi) anche in paesi dove non esistono traduzioni, in ambiti accademici transnazionali… Evidentemente pesa di più lo “stigma” dei criticonzoli italioti.
Riguardo al discorso opera / autore, è evidente che discernere è difficile, è un terreno scivoloso. Ma discernere è il compito del pensiero critico. Dico “discernere”, che mi sembra diverso dall’operare separazioni nette.
Per quanto riguarda l’esempio Saviano / Gomorra, proprio il Book Bloc può aiutarci, perché quel fatidico 14 dicembre ci ha offerto la rappresentazione più plastica ed esplicita di una ribellione del libro al suo autore (e viceversa, ovviamente). Perché Saviano condannò gli scontri e la “violenza”, partendo da un’analisi a nostro avviso del tutto erronea (che purtroppo ribadì nei giorni seguenti), mentre Gomorra era sugli scudi, era uno dei libri del Book Bloc, e a quegli scontri prese parte.
Non sono del tutto d’accordo, quindi, con chi pensa che su Gomorra graverà sempre l’ipoteca del suo autore ormai – e certo non solo per sua colpa – troppo larger than life. Credo che Gomorra sia un’opera destinata a svincolarsi, presto o tardi. Ne ha manifestato l’intenzione. Ma su questo rimando all’analisi più dettagliata che feci due anni fa nella mia risposta a Tiziano Scarpa.
Detto ciò, io spero che un giorno anche Saviano riesca a “desavianizzarsi”, perché comunque gli voglio bene. Ma non dipende solo da lui.
Il NIE in effetti può essere un innovativo strumento di valutazione obliqua delle opere ex post, utile specialmente per provare a mettere pezze alla polverizzazione delle categorie e dei generi, figlia de-genere del postmodernismo.
Certo non può essere un’antologia del genere “Wu Ming consiglia…”: a molti autori potrebbe piacere (e a molti altri no) ma non credo che di questo si senta il bisogno (anche perchè nel NIE può finire (o forse è già finito?) qualcosa che al Wu Ming non piace.
è difficile dire se c’è spazio per un’operazione del genere – una definizione critica, con tanto di elenco di topoi ricorrenti – di opere eterogenee che in comune hanno la contemporaneità e la nazione di edizione; di fatto è evidente che in Italia è stata mal digerita – mi sembra sia andata meglio all’estero – ma del resto definir(si) significa prender(si) un impegno, cosa rarissima in questi tempi tristi.
Io sono strasicuro che Gomorra si libererà di Saviano: l’opera sopravvive sempre al suo autore, nel bene o nel male, anche nei casi in cui gli autori stessi compiono veri e propri atti di ripudio nei confronti di alcune loro creature: scrittori, artisti, che hanno provato ad autocensurarsi, a superare e cancellare un passato nel quale non volevano riconoscersi più sono sempre andati incontro a fallimenti – dal Tasso della Riconquistata al Guccini vs. L’Avvelenata, per pescare assolutamente a caso nella memoria -. Insomma, mi conforta il fatto che le opere scelgano da sole la propria via, se finire nel dimenticatoio o diventare classici, e credo che Gomorra, al di là di tutto, resti una pietra di paragone difficile da rimuovere.
Sul Saviano che si desavianizza: è un fatto che dopo essere addirittura arrivato agli spot elettorali post-primarie del PD a Napoli è rimasto in silenzio; ne approfitterà per tornare a scrivere (e non a pubblicare antologie di suoi interventi)? Nonostante tutte le critiche che mi sento di muovergli, lo spero vivamente.
[…] Dalle discussioni in rete sul post precedente (“Giap, Twitter e il Terrore”) è nata una richiesta d’intervista da parte di Repubblica (il quotidiano, non il sito). Dalla richiesta del giornale è nato un esperimento di consultazione pre-intervista via Twitter. La consultazione è subito diventata… […]