Ieri in tutta Italia era il giorno della Colletta Alimentare gestita dalla Fondazione Banco Alimentare. Quest’ultima è stata fondata da don Luigi Giussani (1922-2005), capo e massimo ideologo di Comunione e Liberazione, ed è affiliata alla Compagna delle Opere (braccio imprenditoriale di Comunione e Liberazione). La Colletta Alimentare era sponsorizzata da varie banche, dalla Coca Cola etc.
Su Twitter due nostre frasette hanno scatenato un putiferio, ve le riproponiamo qui:
«Sorry, noi a Banco Alimentare non diamo niente, non perché non vogliamo dare ai poveri (lo facciamo in altri modi), ma perché è di CL.
E che CL, con tutti i soldi che ramazza ogni giorno, si faccia bella anche con quelli della nostra spesa al supermercato, beh… No, grazie.»
Questa la nostra posizione: noi preferiamo non avere a che fare con la Compagnia delle Opere e preferiamo altri canali. Posizione espressa in meno di 300 caratteri. Che però, evidentemente, hanno messo il polpastrello in una grossa piaga. Ma tempo al tempo.
Fermo restando che è più che mai necessaria una critica del concetto di “beneficenza” – critica dura da esprimere (perché ti rispondono sempre col ricatto morale anziché con argomenti) ma che è sempre appartenuta al filone radicale e rivoluzionario e oggi, per fare un esempio, vede in Slavoj Žižek un valido, donchisciottesco interprete (si veda il video qui sopra) -, noi non ci siamo limitati alla pars destruens. A chi ci chiedeva quali fossero a nostro parere le alternative, abbiamo risposto che sono molteplici. Se si vogliono aiutare poveri, marginali, senzacasa, in tutte le città esistono associazioni non cielline, laiche, che fanno un lavoro meno strombazzato, meno ammanicato ma molto importante e, soprattutto, non meramente caritatevole. Per Bologna, abbiamo indicato l’Associazione Amici di Piazza Grande. Ci abbiamo collaborato in varie forme, e intendiamo collaborare anche in futuro.
Anche nello stesso identico settore in cui opera la Fondazione Banco Alimentare esistono alternative, ad esempio Last Minute Market. Lo ha ricordato la giornalista Valentina Avon, e abbiamo rilanciato la sua segnalazione.
Fin qui tutto piuttosto semplice, no? Siamo pienamente nel diritto di critica, giusto? Per giunta esercitato a partire da un dato di fatto innegabile: la Fondazione Banco Alimentare fa parte del grande mondo ciellino, col quale è legittimo non voler instaurare rapporti.
Règaz, volete vedere cos’è successo dopo la nostra presa di posizione? Cliccate qui. E se avete un po’ di tempo, cliccate anche sui link che vengono proposti. Grazie mille a Filippo Cioni per il compendio.
Per favore, se volete commentare qui sotto, fatelo solo dopo aver letto l’intero “storify” di Cioni e qualcuno degli articoli linkati dentro. E grazie anche a voi che sopportate ‘sti quattro cacaminchia! :-D
Mi permetto di aggiungere, alla richiesta finale di WM, un consiglio affettuoso a chi si è appassionato, in un senso o nell’altro, a questa storia: oltre a leggere lo storify di Cioni, guardate il video di Žižek! Io l’ho trovato illuminante, se non fondamentale, per capire (e, personalmente, condividere) la posizione di WM…
letto tutto. sempre le solite cose oh. ma si può? Riotta poi è fantastico. Il video iniziale spiega perfettamente il contesto culturale in cui ci si muove, lo stesso che devo subire a scuola con i vari “date un euro per…”.
ma siccome io ci tengo a ricordare le bugie innanzi tutto (non mosso dal rifiuto per la complessità ma dal fastidio verso i bufalari). quoto questo tweet lapidario.
“ho cercato i 2 tweet scatenanti di @Wu_Ming_Foundt e ho raggiunto questa conclusione: la gente non sa leggere, o legge solo quello che vuole”
Ragazzi, vi do il pieno appoggio. Ho appena letto lo storify e l’ho trovato la solita gara di sensazionalismo. Alcuni tweet banalissimi.
E non vi do il pieno appoggio perché siete i Wu Ming (oddio chi siete? con chi sto parlando? facili commentare anonimi #accusebanali) No.
Vi do il pieno appoggio perché avere a che fare col CL è una cosa da evitare. Sarà che ho avuto una professoressa di Scienze devota al CL. Sì, scienze.
Una persona che metteva dei “più” alla gente se andava a messa, che organizzava la messa di inizio anno a scuola, un liceo scientifico. (per lo meno finché il preside entrante non gliel’ha più permesso). Una persona che faceva sempre le sue raccolte di soldi per adottare un bambino in non so dove. E quindi so cosa significa venir tacciati di “polemici” e “senza cuore” quando ti rifiuti di dare dei soldi al CL.
Nel vostro caso è peggio, perché a quanto pare sembra che vi hanno pure accusato di “boicottare“. Quando in realtà avete solo detto di non voler partecipare. Ma a quanto pare a Il Sarubbio e Riotta il boicottaggio avviene soltanto in un unico verso. Se la vogliamo buttare sulla quantità di gente influenzata, allora mi sa che vincono loro due insieme contro di voi. Chi boicotta chi?
Io con una associazione in cui Formigoni è uno dei massimi esponenti non voglio averne a che fare. Mesi fa ho scritto un post sulla CL, in cui parlo pure di quella professoressa di scienze (insulti all’intelligenza) , e con mio gran stupore nei commenti mi è stato fatto notare chi era il padre di Formigoni. Senza parole.
Guardate, voglio solo dirvi grazie, perché in fondo non avete fatto altro che informare. Personalmente, non sapevo che Banco Alimentare fosse legata a CL, ora lo so. Ed evidentemente a giudicare dai Tweet letti su quello storify non ero l’unico ad esserne ignaro.
Che Riotta, un “giornalista” si scandalizzi per un’azione che informava la gente, come quella che avete fatto, è vergognoso.
Eat the Rich.
Santiago.
E’ vero, molta gente non sa leggere.
Molta gente poi, quando “fa del bene”, non vuole star lì a perderci troppo tempo. La vita è già molto complicata. Devo mettermi problemi ed esercitare lo spirito critico anche quando regalo ai poveri la spesa? Non sia mai. Se domani Forza Nuova organizza una panificazione collettiva per i poveracci, ci vado di sicuro. Mica si può usare il manuale Cencelli anche per la benificenza!
Detto questo credo che la vicenda dimostri anche alcuni limiti del mezzo, ovvero Twitter. La nostra presa di posizione iniziale si prestava bene al formato dei 140 caratteri. Tutto il resto, molto meno. Tant’è vero che abbiamo avuto bisogno di fare un post qui su Giap, ci sono stati storify e contro-storify. Solo che quando la valanga parte, fai fatica a dire: “fermiamoci qui, così non si ragiona. Dateci qualche ora e buttiamo giù venti righe di argomentazione con spazio per i commenti.”.
Credo che su questo avrebbe senso ragionare.
@Wu Ming 2
Concordo sui limiti del mezzo. Ma non molto sul fatto che molta gente non sa leggere. O meglio, il problema è quando la gente che non sa leggere ha un “potere” di diffusione molto grande.
In altre parole ciropellegrino, Riotta, Sarubbi sono persone con un potere di diffusione più grande del vostro, e credo siano stati loro, a non saper leggere.
Quello che mi domando è: posso biasimare chi legge una versione di parte, o un’articolo per ripicca (come ha fatto notare @LaLipperini), dicendo che non sa leggere?
Se mai, chi ha letto soltanto una versione è stato influenzato male e non ha avuto voglia di approfondire. Ma qui entra la limitazione del mezzo.
Penso ad un utente che legge la versione di Sarubbi, preso dallo sconforto di quel che ha appena letto va su twitter e si sfoga. Se il mezzo è anche il messaggio, come sottolinea ultimamente Cosenza, allora Twitter è una delle massime espressioni spontaneità. Ecco perché non si presta a lunghe discussioni, e perché è quasi impossibile pretendere, lì per lì, che tutti leggano l’intera discussione.
Ora, a questo punto, chi ha “sbagliato”?
Voi, che avete scritto due tweet che informavano ed erano relativamente chiari?
o Sarubbi, Riotta e compagnia bella, che hanno interpretato il vostro messaggio, confuso “non partecipare” con “boicottare” e a sua volta generato tweets, post e tanta confusione?
No, perché vorrei farvi notare che il “cristiano impegnato in politica”, ha insinuato che la polemica è stata generata da “qualche maître a penser della rete”, come se Lui e Riotta non appartenessero a quella categoria.
A questo punto bisogna dire che io ho meno di mille followers, se avessi scritto perfino di boicottare banco alimentare la discussione sarebbe durata 2 minuti. Ma Riotta ha 40 mila e passa, e se scrive che voi boicottate banco alimentare si genera il putiferio. Ci sono dei tweets scatenanti, e in questo caso credo che non siano stati i vostri. Credo che questa volta la polemica sia partita grazie allo storify e l’articolo di ciro pellegrino. Dunque, chi ha letto male? il lettore dello storify fasullo, o chi ha fatto lo storify fasullo?
E poi mi chiedo, come reagire in casi simili?
Vengo dallo scautismo cattolico e sono cresciuto discerndo la beneficenza, che non modifica i rapoorti sociali, dalla carità che aiuta e denuncia chi impoverisce. Cl e la compagnia delle opere hanno sempre proposto un capitalismo ammantato di crisitanesimo, gradito al mercato e al vaticano.
Se volgiamo sporcarci le mani ci sono decine di gruppi che lontano dai riflettori s’impegnano quotidianamente io vi segnalo la Caritas…in ogni diocesi c’è n’è una.
Ragazzi la mia più totale solidarietà. In Italia ci si fa meno nemici mettendo in discussione il Nuovo Testamento che provando a muovere legittime critiche al mondo Cl.
@ Wu Mings
Mi sono letto buona parte della polemica in corso e vorrei dire che condivido in pieno la vostra posizione.
Non c’è niente di male nel rifiutarsi di sostenere questo tipo di campagne.
Se i ragazzi della Fondazione Banco Alimentare ci tengono tanto ad aiutare i poveri, potrebbero andare a batter cassa direttamente negli uffici amministrativi di CL, invece di venire a rompere le palle a me che, ogni volta che faccio la spesa, mi devo mettere a contare gli spiccioli col contagocce per evitare di finire a far la coda nelle mense della Caritas.
Detto ciò, l’aspetto più interessante di tutta questa faccenda mi sembra essere il fatto che persino io, che fino a ieri sera sapevo a malapena chi fosse Gianni Riotta, mi ritrovo da stamane a dover considerare il fatto di trovarmi a condividere l’aria che respiro col signor Ciro Pellegrino, “cronista del sud”.
Ne avrei fatto volentieri a meno, in tutta sincerità.
Voi no, regà?
E niente, ieri sono rimasto impressionato. E se volete la sintesi di un ignorante, qui abbiamo un problema, anzi due.
Il primo è che viviamo tutti, se mai ci fosse stato bisogno di altre conferme, in una improbabile dimensione spazio-temporale deamicisiana, perbenista e sempliciotta, dove la strizza del futuro incerto, si trasforma nel desiderio istituzionalizzato di mettere la testa sottoterra e accettare la prima delle versioni possibili, velocissimi a rifiutare quel minimo di complessità che ci toccherebbe gestire in questi tempi complicati. E, nello specifico, cosa c’è di più semplice, facile, appagante della Carità Pelosa ?
Il secondo problema è specificatamente legato alla rete e qui, altro che riflessione critica sui limiti.
Se qualcuno (io, tanto per fare un esempio) credeva nella rete come spazio diverso, dove approfondire e sviluppare dialogo e incontro, questa speranza se la può mettere dove non batte il sole.
Perché se è vero che la rete pullula di impegno un tanto al chilo e di rivoluzionari della domenica, un po’ di sforzo di riflessione e approfondimento, almeno quello ce lo si poteva mettere.
Ma niente. Ieri abbiamo avuto una dimostrazione di chiusura e superficialità, che nemmeno al Rotary, con licenza parlando. E non si tratta nemmeno di @PensieroUnico, ma di imbarazzante @VuotoAssoluto.
E i 140 caratteri sono tristemente apparsi come un doloroso limite. E chi aveva qualcosa da dire (ce ne sono stati) sono stati costretti nella gabbia del tweet; chi non aveva niente da dire, nel tweet ha trovato anche fin troppo spazio.
E poi l’affaire Riotta, altro che modelli sociali e collaborativi. Della serie, “io sono io e voi non siete un cazzo e grazie per le menzioni, stronzi, che io vado a Princeton, mica ceci”. E addio democrazia in rete, mettersi in discussione e compagnia cantando.
Senza contare che anche se sei un esperto mondiale di Fisica Nucleare, su tutti gli altri argomenti di solito sei un povero stronzo come tutti gli altri. E a Princeton mi risulta che questo semplice concetto te lo insegnano. O, almeno, questo della rete dovresti capirlo.
Quindi, maledetti bastardi, il vero nervo che avete scoperto è quello di chi credeva che sulla rete ci fosse una speranza di redenzione, uno spazio ancora incontaminato. Ed è bastata una provocazione da nulla, per far cadere tutto.
L’occasione persa di una sana, interessante riflessione sulla carità, sui poteri forti e su quello che volete, diventa la Caporetto da cui ripartire e, nel mio piccolo, la minaccia cui sottrarmi.
Perché non ci vuole niente che la rete diventi il luogo dove si umiliano i deboli, i diversi, i riottosi. E allora sarebbero cazzi per tutti, se mi permettete la twittera sintesi.
Concludo senza nulla aver concluso, semplicemente ringraziando per lo spazio e segnalando che ho messo sul comodino, a proposito di De Amicis, L’Elogio a Franti.
Mi sembra lettura amena e istruttiva, di questi tempi.
Grazie dell’informazione, anch’io non sapevo della paternità di CL sulla colletta alimentare, almeno so con chi ho a che fare quando qualcuno mi chiede dei soldi (l’esempio della camorra o di forza nuova rende abbastanza l’idea).
Bella UsainFoundation
@Wm2 Quei limiti in twitter ci sono sì. Ma che la gente impari anche ad informarsi durante le valanghe maledizione. È mai possibile che basti così poco per far passare fischi per fiaschi?
Non riesco a non pensare alla faccia di Riotta mentre legge il tweet di Usain Bolt.
se ne parlava anche qualche anno fa: http://www.onemoreblog.it/archives/013675.html
ma saranno 10 anni che mi viene il voltastomaco a vedere i ciellini che mi propinano il volantino coperto di pubblicità delle peggiori multinazionali per convincermi (il bastone del ricattino morale e la carota del lavarsi la coscienza) a sostituirmi allo stato e al welfare tramite una tassazione progressiva per sostenere la loro filantropia pelosa. Anziché la lotta alla crescente sperequazione sociale. O almeno giocare in un piano altro. No, qui è tutto dentro, e Zizek ha ragione ancora una volta.
Avete presente la scena della carità in Angela’s Ashes? Ecco.
E se all’ospedale militare di udine ci costringevano a dire le preghierine se volevamo il rancio (negli anni 90, non nel Ancient Regime) cosa costringeranno a fare per avere il prezioso dono (non pagato da loro) di un barattolo di pelati?
Scegliere di affidarsi a dei settari papisti anziché a organizzazioni laiche è satanico, lo dico a te cristiano che mi leggi, gli altri già lo sanno. E Locke aveva ragione da vendere quando teorizzava la non tolleranza verso gli intolleranti (i.e.: i papisti).
Attenti e pazienti, come sempre: grazie WM (quando avete finito di discutere Altai a Princeton, fate un po’ di passi a sinistra: vi aspetto a Berkeley :-) ).
Sul banco alimentare e sull’ipocrisia implicita in molte iniziative di beneficienza, riporto il commento di un’amica che si è trovata ad assistere ad una scena piuttosto eloquente in un supermercato di periferia:
“Scena surreale alla Coop di San Donato: un gruppo di volontari ciellini con pettorina gialla cercano di convincere i clienti a comprare cibo per i poveri (sottolineato).
Davanti a loro alle casse una schiera di vecchi/e con la pensione minima, cassintegrati/e, migranti, precari… in generale gente che vive in case popolari.
E sul volantino distribuito dai volontari una lista di banche e fondazioni che si fanno belle appoggiando questa nobile iniziativa.
La gente donava, perchè anche se sono loro i poveri davanti ai volontari forse si sentivano in colpa a non farlo. Però io mi lamentavo ad alta voce e quelli intorno a me dicevano: ‘davvero ci sono le banche in mezzo? Eh hai ragione tu, hai proprio ragione!’
E quando passavi la cassa, a farti vergognare mandavano una bambina di 8 anni con un tenero sorrisone a chiederti se avevi comprato il cibo per i poveri.”
A volte queste contraddizioni ci vengono sbattute sotto gli occhi così, senza che manco ci diamo pena di cercarle.
Contraddizioni che spariscono, ovviamente, negli scambi di commenti polemici, negli storify di twitter e nelle canagliate “ad personam”: la furberia dei difensori d’ufficio della grande industria della ripulitura di coscienza (e di tante altre industrie affini), sta anche in questo, ossia nel seppellire sotto tonnellate di parole inutili la nuda realtà dei fatti, e nel costringere il “nemico” di turno nella camicia di forza di una forma di discorso (la polemica internettiana, per intenderci) che per il suo carattere mistificatorio forse andrebbe rigettata a priori.
onore e gloria ai compagni wuminghi
(e ogni male alla compagnia delle opere)
http://www.youtube.com/watch?v=bb-ytFzGbjk
Sarà una argomentazione alquanto debole, ma a me ha sempre dato molto fastidio che la giornata del Banco Alimentare coincidesse con il Buy Nothing Day (http://www.adbusters.org/campaigns/bnd). Dico debole dato che probabilmente il Banco Alimentare nasce storicamente prima del BND, ma chissenefrega :)
In ogni caso, è molto affascinante la coincidenza di due campagne perfettamente speculari: entrambe vorrebbero in un qualche senso “aiutare i poveri” (per dirla á la CL), però da un lato si chiede di farlo dentro un supermercato, dall’altro fuori.
Per essere un po’ più seri, una domanda interessante è: perché il Banco Alimentare non si limita a raccogliere fondi/cibo/aiuti, ma invece stimola a comprare prodotti nuovi appositamente per regalarli (e per di più, al *dettaglio*! che se vi mettete nei panni di chi vuole organizzare un aiuto alimentare è una follia economica)
Ma in realtà non è neanche davvero una domanda interessante…
Del mio totale consenso e della mia solidarietà non ve ne fate molto, ma ve li offro lo stesso.
Piuttosto volevo segnalare che ‘sta cosa del Banco Alimentare dalle mie parti è stata largamente pubblicizzata non attraverso short comemrciali o strumenti esplicitamente promozionali, bensì attraverso servizi di telegiornali, come fosse una notizia e pure molto rilevante. Naturalmente – non c’è bisogno di dirlo – non vi si faceva il minimo accenno al legame con CL e la Compagnia delle Opere.
La cosa non stupisce, certo. Ma non per questo risulta meno nefanda.
Il legame tra Banco Alimentare, CL e CdO non è molto noto e per questo eviterei l’equazione: volontari del banco = volontari ciellini (@Don Cave). Il Banco si avvale dell’aiuto di svariate associazioni, ad esempio gli scout, che non sempre sono al corrente di chi li abbia coinvolti nella colletta alimentare. Il che certo è strano: magari quando compri il caffé lo vuoi equo e solidale e vuoi conoscere tutta la sua storia produttiva, invece quando “fai del bene” ti basta “fare” e morta lì.
Anche mettendo da parte CL, poi, c’è comunque una bella differenza – come faceva notare @lucha – tra la logica della colletta alimentare e quella, per esempio, del Last Minute Market, che cerca di organizzare filiere corte, dove in un raggio di 30 km, il panettiere, il fruttivendolo e l’alimentari cedono i loro prodotti ormai invendibili ( ma edibili), questi vengono caricati su un furgoncino e portati alla locale mensa dei poveri, o dormitorio, o unità di strada o…
Appunto: o… che cosa?
Perché si fa presto a dire “poveri”, ma chi sono poi, ‘sti poveri? Io ho lavorato anni per una coop. sociale che si occupava di reinserimento sociale. Molta della pasta che cuocevamo in cucina aveva sopra il marchio degli aiuti CEE, e la struttura ha ricevuto pure, per qualche tempo, i pacchi del Banco Alimentare.
Ora: era povera la coop per la quale lavoravo? Certo si barcamenava, come tante in Italia, ma riceveva dal SerT e dai servizi sociali una retta per ogni persona ospitata e seguita. Risparmiare sul cibo le permetteva magari di organizzare altre attività extra, ma è chiaro che non dovrebbe essere questo il meccanismo di un aiuto alimentare “per i poveri”.
E ovviamente la coop. in questione – per quanto molto lontana da CL – faceva parte della galassia cattolica.
senbra la caciara dei tempi di vasco/nonciclopedia: qualcuno capisce male, in qualche modo scatta un messaggio nazionalpopulista condiviso, si scatena l’inferno sui social network (in quel caso fb prima). Tutto basato su una premessa perlomeno poco attenta. il fatto che anche voi wuminghi vi siate fatti sorprendere così ci risveglia un po’, vuol dire che bisogna ancora capire molto dei meccanismi del mezzo social, di cosa e perchè risuona in questo modo. grazie, davvero
Quand’ero giovanissimo seguivo anch’io un movimento cattolico che spingeva sull’equo & solidale ma per esperienza diretta mi accorsi che la cosa divenne presto un clichè da parrocchia incalzato dallla moda “dell”etnico” o del “biologico”. Poi feci l’esperienza di consegnare cestini-pasto alle persone disagiate e mi accorsi che “poveri” non erano solo i senza tetto, ma piuttosto quelli che un tetto ce l’avevano ma vivevano in completa solitudine (invalidi, vedovi, depressi). Il mio disagio crebbe quando capii che il difficile non era tanto consegnare i pasti, quanto allacciare un rapporto e colmare il vero “vuoto” che attanagliava quelle persone.
Allora in accordo con Zizek, ecco oggi non solo il “festicismo della merce” ma anche quello della “carità della merce”: l’acquisto della merce è sempre più personalizzato, mentre l’atto caritativo è al contrario spersonalizzato come una [vera] merce.
Consumo su misura/Carità di massa + qualche parafulmine ideologico-religioso. No, curare il sintomo non ci salverà.
Ciao *
seguito tutto in differita su tw, peccato essermi perso la diretta ;-)
@lucha
“perché il Banco Alimentare non si limita a raccogliere fondi/cibo/aiuti, ma invece stimola a comprare prodotti nuovi appositamente per regalarli” invece a me sembra una domanda interessante, e ho una ipotesi di risposta.
Nella testa del volontario del Banco Alimentare (che non è necessariamente di CL, anzi penso che in maggioranza non lo sia: si tratta per lo più di collaborazioni occasionali di ragazzini, scuole, parrocchie, cose così e ne conosco, intruppati e organizzati da adulti “caporali istruttori” pienamente coscienti) la colletta non ha a che fare con il consumo, ma con l’apostolato e la missione.
Quando gli dici (ho provato) “guardate non ho tempo vi dò un’offerta” rispondono che “non possono” raccogliere soldi, ma sempre, tutti, invariabilmente, con l’atteggiamento sdegnoso e giudicante (probabilmente indotto e inculcato) che dovrebbe farti sentire una merda per il fatto che non hai tempo. Non vogliamo i tuoi soldi, siamo capaci tutti (e questa l’ho sentita testualmente, da uno degli adulti) di metterci dei soldi.
Non siamo qui a combattere per dare ai poveri i soldi dei ricchi. Vogliamo dare ai poveri l’Opera stessa dei ricchi.
Vogliamo il tuo tempo, il tuo impegno, la tua militanza, vogliamo che scavi nella tua vita e che la butti per aria per trovare il tempo per Gli Altri. Vogliamo che combatti dalla nostra parte. Vogliamo che diventi come noi che guardaci, siamo I Buoni. Vogliamo salvarti dal Male che sei. Vogliamo arruolarti. Vogliamo TE.
Dati i tempi che ci aspettano, mi sembra un po’ più pericoloso di quello che sembra.
@VecioBaeordo
A me il concetto “non soldi ma tempo”, di per sé, non mi pare nemmeno sbagliato. Il punto è che la Colletta Alimentare si basa sull’illusione di dare “qualcosa in più” rispetto al vil danaro. “Fai la spesa per il povero!”. A conti fatti, però, quel “qualcosa in più” è puramente spettacolare (e infatti, sul sito del Banco, definiscono la giornata “un grande spettacolo di carità”). Entrare in un supermercato per fare la propria spesa, riempire una sporta di plastica in più con alcuni prodotti e riconsegnarla all’uscita, non è nulla di diverso dal mettere del denaro in una busta. Lo “spettacolo” serve a fartelo credere, ma in realtà non è così. Quindi, al netto della rappresentazione, la Colletta Alimentare si traduce nel dare dei soldi (moltissimi soldi) a una Onlus associata della Compagnia delle Opere. Il che, per carità, ognuno è liberissimo di farlo: ma che almeno sappia cosa sta facendo.
Aggiungo un piccolo dettaglio sulla coop. sociale di cui parlavo nel mio precedente commento: gli utenti delle strutture di recupero, in quanto beneficiati dal Banco, venivano sollecitati, il giorno della Colletta, a fare volontariato, e ad andare nel supermercato XY per raccogliere le buste di cibo donato.
@WM2
Pur sapendo abbastanza bene che c’è un “livello superiore” che riguarda la politica e l’economia, io mi sono fermato al mio livello, che per ragioni “topografiche” non è diverso da quello del volontario disinformato (io ho a che fare con lui, non con Formigoni). A me interessa capire come mai lui crede, e io no, a quello spettacolo che giustamente dici.
Poi lo so che “non soldi ma tempo” è condivisibile. E lo sono anche, magari declinate altrimenti, alcune delle idee che ho elencato là sopra “mettendole in bocca a loro”. Lo sapevo anche mentre le scrivevo. Il problema, per come la vedo io, non è nelle idee, ma nel fatto che vogliono convertirmi. E io non voglio essere convertito, per nessun motivo e da nessuno. E credo che nessuno possa avere la presunzione, prima ancora che il diritto, di convertire nessun altro.
E questo diritto non si dà in ogni caso, anche se, anziché in nome di una discutibilissima lobby politico-finanziaria, fosse in nome di qualcuno o qualcosa eventualmente migliore.
Eppure i cinesi ci erano arrivati già qualche millennio fa: com’era quella storia della differenza tra regalare un pesce e insegnare a pescare?
Evidentemente è il migliore dei mondi possibili se possiedi tutte le canne da pesca, i pescherecci e ci prendi pure la cagnotta sul pesce venduto al mercato di Tsukiji.
@Veciobaeordo
Aggiungerei che il problema, per come la vedo io, è ancor più nel metodo utilizzato per convertire.
Se io parlo con un mio amico del movimento NO TAV e gli espongo le ragioni di quella lotta, sto cercando di convertirlo? Posso raccontarmi che non è così, ma sotto sotto quel tentativo c’è. Solo che è un tentativo compiuto con gli argomenti e con la logica.
Invece la conversione che ti offre chi t’invita a partecipare al “grande spettacolo della carità”, si basa su un ricatto: se partecipi, sei buono. Se non partecipi, sei una merda (vedi reazioni al nostro tweet di sabato scorso).
@WM2
Posso sbagliare terminologia, ma secondo me il metodo è quello che fa la differenza tra convertire e convincere.
Se tu mi convinci lo fai perché io te ne ho dato la possibilità e abbiamo confrontato le nostre idee. Se tu cerchi di convincermi accetti implicitamente il “rischio” che io possa convincere te. A dirla brutta, è un darwinismo delle idee ;-)
La conversione non si basa mai su un confronto, ma sul presupposto di avere ragione a priori. Non si dà possibilità di confronto. Quindi è appena giusto che non la si ottenga. Il muro contro muro è inevitabile.
Sbaglio?
Leggo solo oggi. Innanzitutto, grazie a Wu Ming per averci indicato come esempio di buona pratica laica, come sapete la stima è reciproca e salda. Grazie anche per aver sollevato un problema che merita molto di più della bagarre su twitter. Provo a sintetizzare. Non mi soffermo sulla distanza politica e culturale mia e di Piazza Grande da CL, devo informarvi invece che anche noi abbiamo bisogno della Fondazione Banco Alimentare per fare parte del nostro lavoro. Senza i quintali di cibo che mensilmente ritiriamo al magazzino del Banco a Imola, non potremmo usare il panino al formaggio la sera per creare un contesto di fiducia in strada, non potremmo aiutare le famiglie dei centri anziani a arrivare a fine mese e discutere con loro di attitudine al riciclo e al risparmio, non potremmo organizzare cene a tema con i diffusori del giornale come abbiamo fatto qualche giorno fa. Nessun altro ente, associazione, istituzione riesce a fare quello che fa il Banco Alimentare, tanto meno il Last minute market, purtroppo.
Il problema, secondo me è proprio questo. Il soddisfacimento dei bisogni primari dei poveri è quasi completamente sotto il controllo della chiesa cattolica. A Bologna, oltre a qualche decina di pasti del Centro diurno e alle distribuzioni di Piazza Grande, le grandi mense sociali sono della Caritas e dell’Antoniano (che fanno un grande lavoro anche di monitoraggio del fenomeno). Potremmo discutere dello spazio che occupa il tema della fame nella cultura marxista, ma per brevità passo direttamente alle conseguenze. A Piazza Grande pensiamo che il mezzo migliore per contrastare l’esclusione sociale sia fornire occasioni di attività, di lavoro, ma con la pancia vuota e le scarpe rotte si fa fatica. Vi do un ultimo dato: l’Istat, in collaborazione con fio.PSD (federazione italiana organismi persone senza dimora) ha concluso una prima fase di ricerca sulla povertà in Italia concentrandosi sui servizi offerti. Emerge una netta predominanza del privato sociale, spesso cattolico, nella fornitura di assistenza primaria. Se a sinistra non si ragiona su questo, il modello Cl continuerà a essere monopolista.
@leonardo tancredi
Ti ringrazio per l’intervento cristallino.
Aggiungerei che non dobbiamo pensare ai senza fissa dimora come a uno “stato d’eccezione”. L’eccezione prima fonda, poi conferma e infine diventa la regola. Piano piano tutti quanti, cittadini e non, dovremo rivolgerci alla Chiesa e ai privati per avere un po’ di welfare. Il “grande spettacolo della carità” non sarà più una giornata eccezionale, ma il quotidiano di ognuno di noi.
E poi dicono che la Somalia è uno stato fallito da vent’anni… Ma uno stato che non si occupa delle persone che vivono sul suo territorio, che altro è, se non uno stato fallito?
@Vecio Baeordo.
Mi hai convinto ;-)!
@ Leonardo
la domanda che mi/ti/ci/vi pongo è: quali *prassi* collettive concrete potrebbero consentire a esperienze come Piazza Grande di estendere la loro già ammirevole autonomia anche per quanto riguarda il cibo da ridistribuire? Come si spezza – o almeno si attenua – il quasi-monopolio ciellino? Su Bologna, sarebbe possibile creare gruppi d’acquisto solidale per Piazza Grande? Creare meccanismi virtuosi per cui un cittadino possa direttamente portarvi la spesa? Potenziare un’esperienza come Last Minute Market, informando sulla sua esistenza, invitando a sostenerla?
Ancora: organizzare – questo in sovrappiù, ed è solo il primo, rozzo esempio che mi viene in mente – cene sociali in cui (tanto per dire) cittadini, famiglie, intellettuali, artisti incontrano i senzacasa, cucinano per loro, servono ai tavoli, leggono, parlano…?
Io sento l’urgenza che esprimi nell’ultima parte del tuo commento. La sento fortissima, e come me la sentono i miei compadres. Altrimenti mica avremmo sollevato la questione.
Per qualunque cosa possa farci uscire da questo stallo, sappi che noi ci siamo. Ci mettiamo il tempo, le tecniche, il corpo.
Ognuno ha il suo benefattore
Purtroppo, per molta gente e a prescindere dal loro credo ideologico-religiso l’atto di solidarietà in generale e la carità in particolare è come andare qui cinque minuti dal barbiere per rifarsi il look. Uscire belli, freschi e pronti per la festa del villaggio del sabato sera. Questo tipo di solidarietà di facciata in favore alle cause perse l’ho provata sulla mia pelle. Per più di cinquant’anni la sinistra italiana, quella vera, ha trovata nella causa del popolo palestinese il suo barbiere di fiducia. A parole ha giurato amore eterno, e noi vinti e miserabili com’eravamo ci siamo pure creduti… e poi un bel giorno ho sentito l’On. Fassino dichiarare la “Sinistra per Israele”. Ecco, ho pensato, il ragazzo è cresciuto e vuole cambiare barbiere. Un suo diritto, per carità, ma poteva risparmiarci quei cinque minuti d’illusione.
PS. Wu Ming1-2-3-4, niente di personale, anzi, vi trovo splendidi. Davvero.
@ m
mi sa che non ho capito il senso del commento.
Comunque, a quanto ne so, fino alla Guerra dei Sei Giorni le sinistre occidentali erano generalmente pro-Israele. PCI compreso, perché Israele era nato anche grazie al sostegno diplomatico dell’URSS. Un reduce non pentito di quella fase, il coerentemente togliattiano e filo-sionista Luciano Canfora, non manca di far notare questo dato. All’epoca i palestinesi, semplicemente, non esistevano. Fine OT.
In realtà come han già detto, scavare nelle proprie vite e dare tempo invece di soldi sarebbe una cosa buona e giusta ;) ma qua l’operazione è sporca proprio per l’adesione ideologica “a buon mercato” (!?) e il candeggio delle coscienze che sottointende.
Per questo big up nexus (“il difficile non era tanto consegnare i pasti, quanto allacciare un rapporto e colmare il vero “vuoto” che attanagliava quelle persone”) e veciobaordo (“Vogliamo che combatti dalla nostra parte. Vogliamo che diventi come noi che guardaci, siamo I Buoni. Vogliamo salvarti dal Male che sei. Vogliamo arruolarti. Vogliamo TE”). Chi ha un minimo di esperienza con il “meraviglioso mondo del lavoro sociale” ha annusato la puzza di bruciato da mo’, mentre tutti gli altri sono shoccati quando gli fai notare che appunto di puzza si tratta, e non di soave profumo di “solidarietà” (TM) singolarmente sponsorizzato da multinazionali e banche.
purtroppo se conosco bene i miei polli, c’è pure il rischio che Piazza Grande passi dei guai coi rifornimenti del banco, per essere stata citata e aver detto la sua in questo thread, o che quanto meno glielo facciano notare.
In ogni caso ancora una volta avete messo il dito in uno dei nodi centrali: l’offertina, il bel gesto, la beneficenza “facile” equivale al clicktivismo su fb, o al voto per il meno-peggio… e su tutto pesa la richiesta di che-fare di WM1.
Non sarà davvero ora di aiutarci l’un l’altro a costruire soluzioni concrete? Passa di qua, il volontariato critico (o come l’avevate chiamato) di cui si parlava in altri post, e che mi sembra uno strumento sempre più indispensabile da affilare e condividere.
@VM1
hai anche ragione, non si capisce niente, mea colpa. Volevo solo dire che il povero cristo non sceglie mai il suo benefattore altrimenti muore un attimo prima.
[…] dai Wu Ming sul loro sito (http://www.wumingfoundation.com), questo video della RSA Animate, come al solito fenomenale, è un ulteriore supporto e commento […]
finalmente una voce che con coraggio parla della truffa beneficenza! E’ un sacrosanto dovere boicottare le sedicenti richieste di aiuto che vengono da agenzie collegate al cattolicesimo e affini.
un esempio
Noi siamo impegnati da mesi in un volontariato per assistere l’ultima ondata di migranti e richiedenti asilo che sono sparsi in differenti strutture di accoglienza. Ed è molto interessante vedere quello che succede…
Lo stato Italiano non dispone di strutture e mezzi per l’accoglienza. Quindi si appoggia a strutture preesistenti. Alcune di queste appartengono alla Chiesa Cattolica (Caritas e compagnia cantante). Altre a privati, Comuni o agenzie come la Croce Rossa e la Protezione Civile.
Al momento noi assistiamo da esterni alcune centinaia di migranti, in circa 40 siti del genere in Toscana e Liguria.
Come è noto le agenzie che ospitano tali rifugiati ricevono soldi. 46 euri al giorno per persona. Che dovrebbero servire a pagare le spese della struttura , ed a dare la possibilità a questi esseri umani di vivere dignitosamente.
ebbene, nei luoghi gestiti dalla Chiese Cattolica, questi soldi spariscono, agli “ospiti” non viene dato niente, nemmeno le carte telefonoche per telefonare, e spesso il cibo che gli viene provveduto è scaduto. Senza contare il terrorismo psicologico (se non vieni in chiesa non riceverai i documenti/non hai facilitazioni/ricevi angherie…) e lo sfruttamento di mano d’opera.
nelle strutture laiche i ragazzi ospitati ricevono piccole somme, carte telefoniche, orientamento professionale, generi di basilare necessità, oltre la libertà in scelte personali e soprattutto informazioni.
questo dell’immigrazione è un business gigante, dove molti , Chiesa Cattolica in primis, stanno facendo soldi a palate.
quindi non facciamoci intenerire da richieste strappalacrime. controlliamo attentamente la fonte. e verifichiamo che non ci sia nessun “pretume” coinvolto.
una cosa che chiunque puo’ fare, per dare una mano agli immigrati, e’ quella di fare da garante per i contratti d’affitto. puo’ anche essere un rischio, non lo nascondo, ma si tratta di una cosa molto importante. per gli immigrati extracomunitari il permesso di soggiorno e’ legato anche alla stipula di un regolare contratto d’affitto registrato presso la camera di commercio. inoltre per gli extracomunitari sono previste delle norme severe sulla superficie abitabile pro-capite di un appartamento.
Be’, questa l’ho cinguettata ma è vera quindi la dico anche qua, poi come interpretarla vedetelo voi.
Sabato siamo andati a fare un “blitz indignato”, che poi non sarebbe altro che un volantinaggio un po’ fuorilegge dentro un centro commerciale o davanti a un supermercato. In pochi minuti prima che le guardie giurate ci cacciassero si son dati via centinaia di volantini sul debito pubblico alla gente che faceva la spesa, momento effettivamente cruciale nella vita delle famiglie proletarie in cui si è spinti a riflettere sull’economia e sulle ingiustizie (e perciò questi della Colletta Alimentare l’hanno scelto come palco perfetto per la loro “carità-spettacolo”).
Mandati via dal Carrefour, dove c’erano i volontari del Banco Alimentare, siamo andati alla Coop, che era mezza vuota. Anche là c’erano questi tizi con la pettorina gialla che raccoglievano offerte in natura. Uno di costoro, un signore sui cinquant’anni, ad un certo punto ha preso il telefonino e ha chiamato qualcuno e i compagni presenti hanno sentito chiaramente che diceva (forse apposta per farsi sentire) “Ci sono dei fancazzisti con dei cartelli”.
Siccome uno dei “fancazzisti” era una ragazza di famiglia operaia che lavora sette giorni alla settimana (tra l’altro proprio nel campo dell’assistenza sociale, in condizioni che potete immaginare e naturalmente avendo i ciellini come padroni), stava per tirarglielo in testa, il cartello. Insomma, quell’odioso filantropo non mi ha dato per niente l’idea di essere mosso da un gran senso di giustizia e amore per il prossimo.
“fancazzisti”? ma che vadano a “fanculo”. per fortuna che qua a trst i ciellini sono quasi inesistenti, che’ abbiamo gia’ un’ infinita’ di rogne da smazzarci. (comunque qui il giorno della colletta alimentare, alla coop, non hanno raccolto un granche’. la gente in genere li guardava con indifferenza e tirava dritto.)
Solo una domanda… Qualcuno si è preso la briga di informarsi su cosa viene fatto dal Banco Alimentare? Da chi è nato? L’impressione è che ci si sia fermati sul nome di UNO dei fondatori dimenticando l’altro ovvero l’imprenditore Danilo Fossati. Da dove arriva l’idea del Banco Alimentare? Dagli Stati Uniti dove nel ’67 è nata la prima Food Bank (St. Mary’s Food Bank). In Italia? Mutuando quanto faceva, e tutt’ora fa, il Banco Alimentare di Barcellona nel 1989. Uno dei fondatori era di CL anzi, il fondatore di CL? Si, ma non si è circondato solo di persone di CL. Il Banco Alimentare è cresciuto grazie all’impegno di tanti e non propriamente tutti di CL e grazie a questo impegno si assistono circa 8.200 enti (di qualsiasi estrazione religiosa e politica, senza distinzione) che a loro volta assistono circa 1.5 milioni di persone in stato di bisogno su tutto il territorio nazionale (senza distinzione di sesso, colore, credo, fede e provenienza). Un esempio? Per quello che sono le mie conoscenze proprio gli Amici di Piazza Grande ricevono da oltre 10 anni gli alimenti che poi vengono distribuiti agli “invisibili” della città di Bologna, alimenti che arrivano anche dalla Colletta Alimentare. Cosa succede nel 2003? Che vedendo gli sprechi delle mense scolastiche qualcuno al Banco Alimentare pensa di fare un viaggio a Nwe York per vedere come lavora City Harvest e provare a portare in Italia la stessa idea, magari collaborando anche con UniBologna Agraria. Cosa succede? Che nascono da una parte Siticibo e dall’altra LMM, strade separate per lo stesso concetto che ha portato con Siticibo, nelle mense che quotidianamente sfamano persone nel bisogno, dal 2003 ad oggi oltre 1,3 milioni di pasti e centinaia di tonnellate di verdure, frutta e pane salvate dalla distruzione, preservando le qualità e l’igiene dei prodotti. Perché la Colletta Alimentare? Per poter recuperare “qualcosa in più” che l’industria alimentare dona poco ovvero prodotti per l’infanzia, olio ma anche prodotti a lunga conservazione per tappare gli eventuali buchi dell’anno, oltre che nei magazzini, anche negli stomaci di chi ha fame. Che poi la Coop abbia attivato servizi come il “Buon fine” oppure le Caritas o ancora Comuni, nulla cambia al fatto che tutto questo serve per il sostegno di chi è in difficoltà. Fame e miseria non fanno preferenze o distinzioni e non guardano se uno è cristiano o mussulmano, bianco o nero, italiano oppure immigrato. La polemica è inutile e fine a se stessa perché se ci fosse la volontà di domandare, documentarsi e andare a guardare forse avremmo una nazione migliore con molti meno pregiudizi. Sono cattolico ma non di CL, ho viaggiato per il mondo e conosco la miseria perché l’ho vista e anche vissuta. Una cosa l’ho imparata e cioè che contano i fatti più di tutto e il sorriso di una persona grata perché le permetti di Mangiare decentemente almeno una volta al giorno e con regolarità, va oltre ogni ideologia. Spero ci sia la volontà di portare avanti la discussione in modo civile altrimenti sarebbe l’ennesima delusione. Buona serata a tutti
Devo aver letto male: esistono posti in Italia dove i ciellini sono quasi inesistenti?! In Lombardia sono come i mormoni nello Utah.
Una semplice domanda per Wu Ming. All’inizio del post dichiarate: “Se si vogliono aiutare poveri, marginali, senzacasa, in tutte le città esistono associazioni non cielline, laiche, che fanno un lavoro meno strombazzato, meno ammanicato ma molto importante e, soprattutto, non meramente caritatevole. Per Bologna, abbiamo indicato l’Associazione Amici di Piazza Grande. Ci abbiamo collaborato in varie forme, e intendiamo collaborare anche in futuro.”
Dopodiche, in un post, Leonardo Tancredi specifica:
“Non mi soffermo sulla distanza politica e culturale mia e di Piazza Grande da CL, devo informarvi invece che anche noi abbiamo bisogno della Fondazione Banco Alimentare per fare parte del nostro lavoro. Senza i quintali di cibo che mensilmente ritiriamo al magazzino del Banco a Imola, non potremmo usare il panino al formaggio la sera per creare un contesto di fiducia in strada, non potremmo aiutare le famiglie dei centri anziani a arrivare a fine mese e discutere con loro di attitudine al riciclo e al risparmio, non potremmo organizzare cene a tema con i diffusori del giornale come abbiamo fatto qualche giorno fa. ”
La scoperta che la associazione che sostenete non potrebbe fare quello che fa, senza l’aiuto del banco alimentare, non vi fa nascere qualche domanda? Perlomeno un minimo di curiosità, la voglia di capire come stanno davvero le cose, di andare a vedere…di scoprire che magari la realtà è di più di quello che credete già di sapere? Usare la ragione, non essere bigotti, essere critici, non vuol dire proprio questo?
@mauro vanetti
lo so, lo so, mia moglie e’ di pavia.
in compenso qua a trst abbiamo i fascisti piu’ fascisti d’italia, tra associazioni degli esuli e funzionari statali importati ad hoc durante 45 anni di guerra fredda. pero’ stranamente la citta’ e’ fondamentalmente laica, la sanita’ e l’ istruzione sono saldamente pubbliche, e c’e’ una rete di ricreatori comunali che se la giocano alla pari con gli oratori delle parrocchie. nell’ associazionismo cattolico la parte del leone la fanno le acli, che rispetto a cl sono tutto un altro mondo.
la realta’ e’ strana, alle volte.
@ Frank e @ Guglielmo
forse non avete visto che abbiamo proposto una riflessione sul “che fare” che *parte* proprio dal fatto che il Banco Alimentare operi in regime di quasi-monopolio e che anche Piazza Grande abbia bisogno di averci a che fare. Praticamente voi, a discussione in pieno svolgimento, gettate come fosse un sasso nello stagno… la premessa della seconda parte del nostro ragionamento.
Inoltre, si sta dando un po’ troppo per scontato che non sappiamo cosa sia la Compagnia delle Opere. Lo sappiamo, e come noi tante persone.
Gli argomenti, poi, sono sempre gli stessi due:
1) “Ma nel suo specifico, il Banco Alimentare fa del bene!”
A quest’obiezione abbiamo già risposto più volte: se per noi la PREMESSA GENERALE è che la Compagnia delle Opere (e CL in generale) in questo Paese sia un’influenza negativa, ovvero:
– una potente lobby affaristica, integralista e reazionaria;
– un pilastro fondamentale del dominio economico e dell’egemonia culturale della destra in questi ultimi decenni;
– un ispiratore e propagatore di politiche che con la scusa della “sussidiarietà” hanno smantellato il welfare a livello sia nazionale sia locale;
– un ricettacolo di gente le cui intrusioni nel campo della legislazione bioetica e sui diritti civili risultano intollerabili a noi e a molti cittadini;
Insomma, se pensiamo che la Compagnia delle Opere sia tutto questo, e il Banco Alimentare ne fa parte, è evidente che noi riteniamo un *enorme* problema il fatto che in quel settore il Banco Alimentare sia il soggetto più potente e radicato.
Che senso ha chiederci di “scorporare” il Banco Alimentare dalla visione radicalmente critica che abbiamo della Compagnia delle Opere?
E’ così difficile accettare che la vediamo diversamente da voi? E’ così strano che esista gente a cui i ciellini non piacciono proprio per niente?
Lasciateci almeno il diritto di schifare chi ci pare e piace. Se questo nostro diritto vi urta, evidentemente avete il totalitarismo nel sangue.
2) “Alle collette alimentari del BA partecipa un sacco di gente che con CL non c’entra e/o non sa nemmeno cosa sia”
Sì, e ai nostri occhi questo rende il problema ancora più grosso e grave.
Soprattutto, per l’evidente “sotto-connotazione” dell’appartenenza alla Cd’O: molta gente non lo sa, il BA lo scrive in piccolo sui leaflet, e questo porta a consapevolezze distorte e cadute dalle nuvole. E come diceva WM2 sopra, mentre per il caffè pretendiamo che sia equo e solidale, su chi “fa del bene” non ci si chiede nulla, né da dove viene né a chi risponde.
In secundis, aggrava il problema per via dell’apparente ineludibilità del passaggio attraverso il BA. Last Minute Market un sacco di gente non sa nemmeno che esiste, perché vede solo il BA, quindi LMM è meno forte, e questo porta a un insufficiente (come minimo!) pluralismo in un settore che invece dovrebbe farsi forte di differenze e approcci variegati.
“l’evidente “sotto-connotazione” dell’appartenenza alla Cd’O: molta gente non lo sa, il BA lo scrive in piccolo sui leaflet, e questo porta a consapevolezze distorte”
vediamo anche il lato buono della cosa: se lo devono scrivere in piccolo e mascherarsi dietro la CDO, vuol dire che alla stragrande maggioranza della popolazione CL fa schifo :D
La mia è un’osservazione molto più semplice.
Una associazione che stimate e conoscete non potrebbe fare quello che fa senza il banco alimentare. Spero che questo dato, emerso dalla discussione, susciti in voi qualche domanda: è scontato che il banco alimentare la aiuti? Chi glielo fa fare? Perchè? Siamo sicuri che dietro ci siano solo logiche di potere, o magari c’è qualcosa di positivo da scoprire? Non sarà che forse c’è di più di quanto sappiamo già? E così via.
Spero che queste domande, almeno come timido accenno o curiosità, sorgano in voi senza che le soffochiate subito. Spero che vi facciano venire la voglia non certo di cambiare idea, ma semplicemente di provare a guardare più da vicino questo fenomeno del banco alimentare. Lo mostra la storia della scienza: a volte, un dato, anche piccolo, che non collima con l’impeccabile teoria, è ciò che apre alle maggiori scoperte. Forse anche qui è così, o forse no. Ma dopotutto, cosa avete da perderci a dare un’occhiata di persona?
@Frank67
Io nel sito del Banco Alimentare vedo scritto che si tratta di una Onlus “associata alla Compagnia delle Opere”. Quindi non mi pare ci sia un gran bisogno di fare ragionamenti sui padri fondatori e l’origine dell’idea. Banco Alimentare e CdO sono due realtà molto vicine. Due volontà associate.
Detto questo: provo a fare un altro esempio. Io come già scritto ho lavorato, e tuttora mi occupo “volontariamente”, di reinserimento sociale, tossicodipendenti, senza fissa dimora, ecc.
In molti casi, per dare un tetto a questi soggetti, mi sono rivolto a strutture della Chiesa Cattolica, oppure ho utilizzato case della Chiesa Cattolica. Molto bene. Se TUTTE le case per chi non ne ha una fossero appannaggio della Chiesa, se lo Stato se ne fregasse del diritto alla casa, perché tanto ci pensano i preti, io un problema me lo metterei.
Ed è lo stesso problema che mi metto per il Banco Alimentare: possibile che ci siano associazioni o comunità, che intervengono nel sociale e sono convenzionate con i comuni e i SerT, che però non andrebbero avanti senza la Colletta Alimentare? A me questo non sembra giusto, come non mi sembrerebbe giusto se, poniamo, gli asili nido di Bologna dovessero rivolgersi al Banco Alimentare per organizzare la refezione scolastica.
Quel che a me dà fastidio è che il Banco – una onlus associata alla CdO – sia di fatto NECESSARIA per la sopravvivenza di iniziative sociali indispensabili. Perché, come ho detto prima, i senza tetto, i tossici e gli altri soggetti “fragili” non sono un’eccezione: sono un’avanguardia che già parla di noi.
@ Guglielmo, scusami, ma se leggi bene questo thread vedrai che nel patrimonio di esperienze individuali che, socializzate, formano il nostro collettivo, c’è anche esperienza intensa e diretta nel settore del disagio sociale e delle marginalità, e – nello specifico – conoscenza pratica e diretta del Banco Alimentare.
Perché dare per scontato che l’interlocutore la pensi come la pensa in quanto disinformato o fanatico o che altro? Perché escludere a priori che conosca e la pensi come la pensa?
@Guglielmo Maestro
Tu ci inviti a guardare più da vicino il fenomeno del Banco.
E io t’invito a leggere uno dei miei post precedenti, dove racconto di aver lavorato per una coop. soc. che gli aiuti del banco li riceveva eccome e partecipava pure – con utenti e volontari – alla colletta alimentare.
Ti dirò di più: io sono stato molti anni nell’AGESCI – gli scout cattolici – e alle collette del Banco ho pure partecipato, con la pettorina e i sacchetti di plastica, perché nel mio gruppo quell’iniziativa si faceva, per altro in modo molto automatico, senza tanto pensarci su. Poi a un certo punto ci siamo detti che la modalità della raccolta non ci piaceva – per molti dei motivi che ho spiegato sopra – e a quelli del Banco abbiamo detto che la piantavamo lì. Io sono convinto che i mezzi orientano il fine: se fai una cosa a fin di bene, ma i mezzi lasciano a desiderare, anche il bene che fai lascia a desiderare.
Ma per caso c’è qualcuno tanto manicheo da pensare che coloro che si avversano culturalmente e politicamente facciano solo del male? Pensiamo forse che gli avversari siano tipo Voldemort o Sauron?
Suvvia, qui si sta proprio cercando di problematizzare. Lo si fa, certo, partendo da una scelta compiuta: non partecipare a quella colletta alimentare. Ma senza quella scelta (la vita è fatta di scelte, piaccia o no) non staremmo appunto discutendo. La realtà è complessa e capita di trovarsi in compagnie pelose, scomode… e lo sono tanto di più se pretendono d’essere volte al bene. Uno che ha fame mica sta a guardare chi gli passa la pagnotta, se la prende e fa un bel sorriso di ringraziamento che scalda il cuore del donatore. Lo farei anch’io se avessi fame, ci mancherebbe altro.
Ma è tutto qui? Siccome diamo pagnotte allora siamo buoni?
Ecco, dice bene il mio socio: “i mezzi orientano il fine: se fai una cosa a fin di bene, ma i mezzi lasciano a desiderare, anche il bene che fai lascia a desiderare.” Se con una mano dài il pane e con l’altra ti sostituisci allo stato sociale, perché al fondo sei un promotore del capitalismo (ancorché caritatevole) e quindi quello stato lo vuoi smantellare… be’, ai miei occhi buono buono non lo sei proprio. E questo non significa che l’atto in sé non sia “bene”, dato che quella pancia la riempi. Se non la riempissi non ci sarebbe nemmeno da porsi il problema, perché si tratterebbe di impostura. Invece il caso è assai più complesso, come ci si sta sforzando di spiegare.
poi c’e’ una cosa che mi da’ incredibilmente sui coglioni, che non c’entra direttamente col banco alimentare (ma forse anche un po’ si’, ripensandoci). ogni volta che si discute di immigrazione (diritti di cittadinanza, diritti sul lavoro, diritto alla scolarizzazione, diritto a mantenere la propria identita’ culturale, ecc. ecc. ecc.) salta su qualche reazionario razzista del cazzo, con il solito Discorso Reazionario e Razzista del Cazzo, che fa piu’ o meno cosi’:
“sei il solito radicalchic, che parla di principi ma non fa niente di concreto. perche’ non te ne prendi qualcuno in casa? e guai a te se mi dai del razzista, perche’ io ho fatto ben due adozioni a distanza. e tu quante ne hai fatte?”
ecco, appunto. qual e’ la quota di responsabilita’ ciellina nella diffusione di questo modo di pensare? l’ aver trasformato un problema politico in problema di elemosine secondo me e’ stata un’ azione pessima, non solo cattiva.
@WM4
Sul fatto che il povero “mangia e ringrazia”, non è sempre vero e non è nemmeno giusto.
Per dire – e scusate se scasso i maroni con la mia esperienza personale – quando lavoravo in coop. c’erano anche degli utenti che dicevano “Ma scusa, il mio SerT paga una retta per mantenermi in questa struttura e noi abbiamo la pasta degli aiuti CEE e del Banco Alimentare? Non è mica giusto! Delle due l’una: o è troppo bassa la retta oppure c’è qualcuno che ci mangia sopra…”
@ WM2
è giustissimo, anzi, imprescindibile che tu “scassi i maroni” a tutti con la tua esperienza sul campo. E anche col tuo background cattolico e scoutistico. E anche col fatto che hai partecipato personalmente alla colletta e poi l’hai smollata. Così la smettono di dire: “Siete prevenuti, perché… Ma perché non venite a vedere come… Perché non guardate gli occhi dei volontari quando…”
e tutta sta storia mi fa venire in mente “l’ anima buona del sezuan” (brecht, ovviamente).
Nel vostro post avete indicato una associazione come alternativa al banco alimentare. Poi è emerso che questa associazione non potrebbe fare quello che fa senza il banco alimentare. La mia speranza è che questo dato imprevisto susciti in voi un minimo di curiosità, non venga subito liquidato dal già saputo, e vi invogli a provare a conoscere la realtà del banco alimentare così come è per 365 giorni all’anno. Tutto qui.
Essendo voi un collettivo di scrittori bravi, colti e affermati riterrei inutile ripetere lo stesso concetto
per la quarta volta. A questo mi fermo, ringraziando per l’ospitalità.
@ Guglielmo
ti abbiamo risposto che, secondo noi, ciò a cui ti riferisci *aggrava* addirittura il dato, e ti abbiamo spiegato perché la pensiamo così.
Aggiungo che continuiamo a considerare quanti sostengono direttamente associazioni attive sul territorio e non meramente assistenziali più degni della nostra stima di quanti, per aver comprato un barattolo di passata e averla data al BA, si sentono la coscienza a posto, si credono migliori dei loro simili e tranciano giudizi su chi invece non si accontenta e cerca di analizzare e contestualizzare. Sia chiaro che non ci riferiamo a te, parliamo della canea dell’altro giorno su Twitter.
Grazie della visita. Questo è uno spazio aperto, se uno non è un troll, non ci insulta e non scrive cose razziste/sessiste/fasciste, la sua opinione è benvenuta, anche quando contrasta nettamente con la nostra.
cit. WM2: “I senza tetto, i tossici e gli altri soggetti ‘fragili’ non sono un’eccezione: sono un’avanguardia che già parla di noi.”
Al di là della “paternità” delle iniziative del Banco Alimentare, secondo me c’è una questione importante che riguarda il volontariato sociale in generale, e che è ben riassunta dalle parole di WM2. E’ per questo che, sopra, ho voluto riportare la scena cui ha assistito un’amica in un supermercato di periferia (zona di case popolari e con un’alta percentuale di migranti).
Spesso, quando si affronta l’argomento, sembra sempre che i “poveri” siano una realtà “altra”, distante, che tocca solo di striscio chi ha la fortuna di godere di una vita relativamente agiata. Ma spesso basta uscire anche solo un po’ dai normali giri di conoscenze, per imbattersi in situazioni di difficoltà, indigenza, disperazione. A volte, addirittura, non è neppure necessario uscire dalla propria cerchia di amici o parenti.
Insomma: la povertà è una condizione inscritta nel “programma” di questa società; una condizione dalla quale nessuno è veramente immune, e che in periodi di crisi profonda finisce per coinvolgere moltissime persone.
Povero, in questo senso, è sì il senzatetto che non ha nulla, il tossicodipendente con la vita distrutta, ma anche il pensionato in affitto con la minima, il precario che non ha la fortuna di godere del sostegno dei genitori, il lavoratore in cassaintegrazione con il mutuo in scadenza e i figli da mandare a scuola.
Non è uno stato “eccezionale”, limitato a pochi sfortunati, e proprio per questo tende ad essere rimosso. Anche e soprattutto da chi ci si trova catapultato da un giorno all’altro a causa di uno sfratto, della chiusura dell’azienda in cui lavora, della morte di un congiunto ecc. Perché in fondo è difficile accettare, ammettere, di essere poveri, o affrontare “a mani nude” la disperazione che deriva dall’incapacità di far fronte ai debiti o di garantire condizioni dignitose di vita alle persone cui si vuole bene.
La carità per interposta persona – ed è questo che trovo agghiacciante nella testimonianza della colletta nel supermercato di periferia – in un momento come questo rischia di far leva su questa rimozione; tanto peggio se, ad essere implicate in questo triste “gioco delle parti”, sono realtà che giocano sullo spirito caritatevole delle persone per consolidare la propria egemonia e per sostenere una visione del mondo che di fatto legittima questo stato di cose.
I senza-casa, gli indebitati, i disperati, i poveri, sono il prodotto di un intero sistema sociale ed economico, quello che von Hayek definiva con liberale cinismo il “gioco della catallassi”: un gioco in cui ci sono vincitori e perdenti, e in cui vincite e perdite dipendono per una quota minima dal “merito” (che in un sistema del genere è comunque, in ogni caso, legato alla capacità di curare i propri interessi individuali, non certo ad un qualche parametro morale o etico…).
Quindi per carità: ben venga il volontariato (da universitario ne ho fatto anch’io), ben venga chi ti dà la proverbiale pagnotta senza chiedere nulla in cambio, ben venga chi, in un modo o nell’altro, mette a disposizione il proprio tempo, le proprie energie, le proprie risorse e la propria sensibilità per aiutare qualcun altro.
Ma – e qui sta il punto, secondo me – non è e non può essere il “buonsamaritanismo” di pochi a stabilire la norma per il volontariato e l’aiuto al prossimo; non fosse solo perché su questo buonsamaritanismo spesso c’è chi ci marcia alla grande. Sempre su CL, tanto per restare in tema, potrei riportare racconti “di famiglia” sul terremoto in Friuli… con i volontari che si facevano un culo tanto, vivendo in roulotte con le zecche e senza riscaldamento e i “capetti” (futuri papaveri tipo Buttiglione e Formigoni) che si facevano belli con slogan del tipo “dalle baracche al deserto” (proprio un bell’augurio, carico di cinismo evangelizzatore, per chi ha appena vissuto il dramma di un terremoto…).
L’aiuto a chi ha bisogno, secondo me, dovrebbe essere sempre accompagnato, in chi lo pratica, dalla consapevolezza che la povertà e la disperazione non nascono per caso. Che non sono in nessun senso “necessarie”. E che la risposta non è lo slancio individuale, ma la forza collettiva dei poveri e degli oppressi di tutto il mondo, la sola in grado di rimuovere le radici stesse dello sfruttamento e, quindi, dell’impoverimento.
Mi scuso per l’aggiunta (soprattutto dopo un post così lungo), ma ho dimenticato una cosa importante: nel XIX secolo, fu proprio il pauperismo, l’indigenza estrema delle masse catapultate dalle campagne nella miseria nera delle città, una delle scintille che fecero nascere e sviluppare l’idea socialista (quella grazie alla quale, fra parentesi, per una manciata di decenni, e pur sempre in una manciata di paesi “sviluppati”, è stato possibile il sensibile miglioramento delle condizioni di vita di milioni di persone).
Rimuovere il carattere sociale, generale, collettivo, “di massa” del problema della miseria, e ridurlo quindi alla sfortuna o al demerito individuale – da tamponare attraverso un volontarismo altrettanto individuale – significa, di fatto, combattere una battaglia ideologica: una battaglia contro ogni visione che individua in un determinato assetto sociale, nei suoi meccanismi economici e nei suoi valori fondanti, la radice ultima della miseria; una battaglia contro ogni pratica che miri ad estirpare del tutto questa radice.
Domande:
Chi costruì Il san Raffaele di Milano?
Dentro i libri ci sono i nomi dei *don*.
I *don* hanno *corrotto* quei blocchi di pietra?
*L’Aquila* tante volte distrutta,
chi altrettante la *abbandonò*? In quali case
di Roma lucente d’oro abitavano gli *utilizzatori*?
Dove andarono i *maestri*, la sera che terminarono
la Grande *Loggia*?
[…] Su chi
trionfarono i *Ciellini*? La celebrata *Macherio*
aveva solo palazzi per i suoi abitanti?
Anche nella favolosa *Padania*
nella notte che il mare li inghiottì, affogarono
implorando aiuto dai loro *nemici*.
Il giovane *Roberto* conquistò la *Lombardia*.
Lui solo?
Cesare sconfisse i *comunisti*.
Non aveva con sé nemmeno un *Bagnasco*?
Filippo di *Savoia* pianse, quando la sua *Juventus*
fu affondata. Nessun altro pianse?
*MarioMonti* II vinse la guerra dei Sette *Nani*. Chi
vinse oltre a lui?
Ogni pagina una *tragedia*.
Chi *distribuì* la cena della *penitenza*? Ogni dieci anni un grande *santo*.
Chi ne pagò le spese?
Tra l’altro, il concetto stesso di “spettacolo della carità” (cfr. sito del BA) non mi pare nemmeno in linea con il Vangelo:
“Guardatevi dal praticare le vostre buone opere davanti agli uomini per essere da loro ammirati, altrimenti non avrete ricompensa presso il Padre vostro che è nei cieli. Quando dunque fai l’elemosina, non suonare la tromba davanti a te, come fanno gli ipocriti nelle sinagoghe e nelle strade per essere lodati dagli uomini. In verità vi dico: hanno già ricevuto la loro ricompensa. Quando invece tu fai l’elemosina, non sappia la tua sinistra ciò che fa la tua destra, perché la tua elemosina resti segreta; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà. (Mt. 6,1)
Beh, direi che il tema è di qualche interesse. Provo a rispondere alla sollecitazione di Roberto sul “che fare?”Autorganizzare una raccolta di cibo e pasti non è un’impresa impossibile a Bologna, è solo molto difficile. Esistono già luoghi attrezzati per farlo, penso per esempio alla rete dei centri sociali per anziani. Tutti dotati di cucina, sala mensa e magazzino, tutti a vari livelli legati al Pd cittadino. Certo le sensibilità sociali di questi posti sono variegate, si va dal socialismo da casa del popolo anni ’50 al cripto-leghismo. E poi tutti i posti di movimento – Crash, Tpo, Xm, Vag – hanno una cucina che funziona molto bene. Aggiungo che anche Piazza Grande sta pensando a una mensa laica, per via istituzionale, ma è un’idea solo in embrione. La difficoltà maggiore viene proprio dalla raccolta degli alimenti perché non basta la disponibilità, ci sono una serie di vincoli igienici e burocratici che incasinano tutto (non voglio dire che siano giusti o sbagliati). Insomma, ci si può lavorare ma non è una cosa scontata.
@ Leonardo
comunque sia, a noi interessa collaborare con Piazza Grande in modo meno sporadico. Abbiamo detto che saremmo stati più attivi sulla piazza di Bologna, e così inizia a essere (vedi vicenda Bartleby e diverse cose organizzate in città). Quindi ragioniamo insieme, il 2012 potrebbe essere un anno di iniziative comuni e incrocio più frequente dei nostri percorsi.
aggiungo una sfumatura sul fatto che le persone “fragili” siano un’avanguardia che già parla di noi. Lavoro in una coop. soc. (di matrice cattolica, ma importa relativamente), ogni giorno vivo gli esempi portati da WM2, nella fattispecie quando le persone sanno che la struttura presso cui opero riceve una retta quotidiana per ognuno di loro, e ci rinfacciano i prodotti CEE o del Banco che vedono in cucina. Bene, perchè, al di là di quest’esempio, queste “avanguardie” parlano già di noi? perchè in qualche modo io e i miei colleghi col Banco Alimentare ci mangiamo. Infatti, queste famose rette la nostra ASL non le paga ormai da molti mesi, e l’amministrazione della cooperativa ci ricorda in continuazione che il risparmio più assoluto, comprendente anche l’utilizzo degli aiuti alimentari a sostegno e in sostituzione dei prodotti dei nostri fornitori, il risparmio più assoluto dicevo pratcato in maniera quotidiana è un passettino in più verso l’accreditamento, il più bel giorno del mese, dei nostri stipendi sui nostri conti
Il compagno Gesù mi ha tolto le parole di bocca!
Un parziale OT: come garanzia e per completezza di informazione, riporto anche qui una precisazione che ho appena lasciato in calce al post di Ciro Pellegrino sul sito Linkiesta, e che al momento è in moderazione.
——-
A distanza di qualche giorno, ancora una volta, intervengo per correggere imprecisioni e sbavature riguardanti il mio lavoro. Perciò correggo Marco Cobianchi, che un po’ superficialmente ha scritto:
“Se tu prendi un anticipo, diciamo, di 10mila euro e vendi libri che ti danno diritto a incassare 11 mila euro, la casa editrice ti dà mille euro. Ma se vendi libri che ti danno diritto a incassare 9mila euro, tu non incassi nulla, ma mica restituisci mille euro. Quindi tu vieni pagato dalla casa editrice prima che i lettori decidano se quei soldi te li meriti o meno. L’anticipo, quindi, è come una scommessa tra te e la casa editrice nella quale tu non perdi praticamente mai.”
Spiego prima come funziona per noi, poi passo a come funziona per tutti:
1) noi prendiamo l’anticipo, che contribuisce a una maggiore tranquillità nel periodo in cui scriviamo il libro;
2) per scrivere un libro ci mettiamo circa tre anni. Nessun anticipo che abbiamo percepito ha mai consentito di far campare quattro-cinque persone per un periodo così lungo. Quell’entrata va comunque integrata con altre, e quindi già l’idea di una “scommessa unilateralmente vantaggiosa” per noialtri comincia a diventare relativa.
3) In realtà, quando scrivi in gruppo, il vantaggio è tutto metodologico, umano e politico, mentre dal punto di vista economico è uno svantaggio, perché devi dividere per quattro-cinque (il numero degli autori varia a seconda dell’opera presa in considerazione) ogni entrata, che quindi diventa magra.
4) Dopo l’uscita in libreria, l’editore comincia a scalare l’anticipo dalle royalties che accumuliamo copia venduta per copia venduta. Il più delle volte, per noi significa che nel primo anno di vendite percepiamo 0 (zero) euro. Mentre attendiamo il pareggio e poi i primi guadagni, dobbiamo comunque sbarcare il lunario, arrangiandoci tra royalties di backlist, collaborazioni, articoli.
Eccoci arrivati alla parte che vale per tutti gli autori e trascende il nostro specifico:
5) se un nostro libro vende sotto le aspettative, è altamente probabile che per il libro successivo l’editore mi corrisponderà un anticipo più basso. Se il libro vende *molto* sotto le aspettative, l’anticipo sarà *molto* più basso. Se l’uscita del libro si risolve in un bagno di sangue, è plausibile che l’editore scelga di non pubblicarci un altro titolo. Finora non ci è capitato, ma è nell’ordine delle cose.
6) Ragion per cui, è vero, come dice Cobianchi, che un anticipo che si sia rivelato troppo “ottimistico” non viene restituito lì per lì e passa in cavalleria; ma quel che Cobianchi omette di dire è che, in un modo o nell’altro, la ripercussione negativa ci sarà, quei soldi (con ogni probabilità, già finiti da un pezzo) verranno persi comunque, in parte (a causa dell’abbassamento dell’anticipo successivo) o in tutto (a causa del mancato rinnovo del rapporto professionale).
A conti fatti (ma fatti davvero, non per finta), l’idea che possa esistere una scommessa che “l’autore non perde mai” è una sciocchezza, basata su un approccio superficiale e semplicistico alla questione royalties.
Morale della favola: a pagarci sono i lettori che acquistano i libri. Se loro non acquistano, non ci paga nessuno. Compris?
E ora una nota per Nannetti: le tue illazioni su come la pensa Wu Ming 2 (“Katta”) sono smentite da lui stesso, e alquanto sonoramente, nella discussione su Giap. Ciao.
Mi dispiace continuare sull’OT di Wu Ming 1, non vorrei snaturare la riflessione generale.
Epperò non se ne può più del “tu non dovresti parlare perché i soldi per il pane te li dà l’Einaudi”, è uno schema decisamente troppo logoro e smaccatamente mistificatorio (a parte il fatto che un contratto editoriale è un normale rapporto professionale tra due parti, non una rapina). Imprigiona la discussione nella cornice buoni/cattivi in cui si smarrisce il senso della complessità. Ma recuperare un linguaggio della complessità per analizzare anche le più piccole crepe della situazione attuale è uno dei primi passi per tentare di superare questi tempi.
Penso che al di là del merito (che condivido, ca va sans dire) il twitter dell’altro giorno andasse proprio in questa direzione. Non era un caso la citazione di Tom Waits di qualche tempo fa riportata qui su Giap: bisogna avere tutte le informazioni possibili per stabilire se un suono è un rumore.
..Non vorrei andare anche io ot, ma questo dibattito non testimonia anche il rischio della semplificazione/banalizzazione della comunicazione vattraverso i social network…
Per esempio leggere il post di Leonardo Tancredi , ma anche le spiegazioni di Wm1 e’ stato tonificante rispetto al battibecco con Riotta.
Infine si e’ capito che Wming non boicotta la catena alimentare..ovviamente.. ma pone un problema politico , il monopolio della Compagnia delle Opere in questo settore.
Ne pone anche un altro ovviamente, il rischio della beatificazione della carita’.
Detto questo, bene fanno le associazionia d utilizzare anche la colletta fino a qunado collettivamente non riusciamo ad inventarci qualcosa altro.
Visto che il capitalismo , in questa fase, chiede l’eliminazione fisica alla Swift dei marginali e dei poveri. E, in considerazione del fatto, che purtroppo il comunismo non sembra alle porte, qualcosa dovremo inventarci.
Ad esempio rispolverare il buon A. Costa e forme di mutualismo, solidarieta’ conflittuale.
Ovviamente intendevo testimonia..il non mi e’ sfuggito..
http://espresso.repubblica.it/altan/2167094
[…] Ne stavamo già discutendo prima degli ultimi flame (sugli scontri del 15 ottobre a Roma, sul Banco Alimentare e sui pomodori a Oscar Giannino), ora sentiamo ancor più l’urgenza di cambiare. I flame non ci interessano, li troviamo avvilenti. […]
[…] un intervento su beneficenza e ricatto morale uscito il 27 Novembre su Giap, il blog della Wu Ming […]
può tornare utile? io linko :-)
http://www.ilfattoquotidiano.it/2011/12/08/politica-tangenti-compagnia-delle-opere-sostiene-locatelli-vecchio-gius-aveva-ragione/175995/
Visto che si è parlato di “solidarietà conflittuale” qualche commento fa, segnalo un’iniziativa a cui ho avuto il piacere di partecipare sabato scorso, che ha assunto proprio la forma della colletta alimentare davanti ai supermercati, ma con l’obiettivo di sostenere il presidio dei 130 lavoratori licenziati dalla fabbrica di camper Elnagh di Trivolzio (PV). Questi operai presidiano i cancelli per impedire la sottrazione dei camper e delle roulotte da parte della proprietà.
L’iniziativa è stata un successo, naturalmente davamo volantini con tanto di falce e martello che spiegavano il significato politico dell’operazione e abbiamo riempito due macchine di roba in pochissimo tempo.
Articolo: http://laprovinciapavese.gelocal.it/cronaca/2011/12/18/news/un-quintale-di-viveri-per-gli-operai-della-sea-1.2864821
Foto per chi ha Facebook: http://www.facebook.com/media/set/?set=a.10150542247617065.424519.660032064
Quattro note a margine:
1. Abbiamo chiesto il permesso a due centri commerciali che avevano ospitato poche settimane fa il Banco Alimentare di CL, ma ci hanno detto di no. Siamo dovuti andare in supermarket più piccoli che davano direttamente sulla strada.
2. Pochi non hanno dato niente. Tra questi c’erano diverse motivazioni, una signora ha detto che “faceva già elemosina a chi ha davvero bisogno”, contrapponendo quindi la carità alla solidarietà di classe; qualcun altro ci rispondeva
incattivito che “in famiglia erano tutti disoccupati” come se li avessimo licenziati noi, altra reazione interessante del tipo “invidia della lotta” (retropensiero: “Perché io sono stato licenziato e nessuno mi ha portato solidarietà? per rappresaglia non la porto neanch’io a questi altri…” – ma la risposta è banale: se non lotti non ricevi solidarietà, al massimo elemosina).
3. A sentire certi commenti del “popolo”, sembrerebbe che l’Italia sia sull’orlo di una rivolta operaia armata… :-)
4. Il cibo raccolto da noi o portato direttamente da famiglie solidali è così tanto che gli operai del presidio si sono messi ad offrire pranzi e cene a chi va lì a sostenerli. Se passate da Trivolzio fate un salto, non ve ne pentirete (e non solo dal punto di vista gastronomico).
“Una associazione che stimate e conoscete non potrebbe fare quello che fa senza il banco alimentare….è scontato che il banco alimentare la aiuti? Chi glielo fa fare? Perchè? ”
LA volontà di imporre un monopolio economico, che sarà la base per imporre il monopolio ideologico, molto semplice. Oggi ti danno la pasta gratis, il conto te lo presentano domani, perchè l’associazionismo cattolico è sempre stato fonte di potere politico, quindi non ha MAI mosso un dito se prima non ha fatto i conti al centesimo di quanti soldi e potere porta muovere quel dito.
http://www.uaar.it/news/2011/12/30/ragusa-caritas-blocca-aiuti-pubblici-cooperativa-laica/
A proposito di Gianni Riotta e di come si muove su Twitter, un impeccabile post di Mazzetta:
http://mazzetta.wordpress.com/2012/01/17/impara-twitter-con-gianni-riotta/
Da degustare con lentezza, sorso dopo sorso.
Anche Dario Fo preferisce non avere a che fare con le ONLUS cielline:
http://milano.corriere.it/milano/notizie/cronaca/12_febbraio_21/onlus-ciellina-fo-rifiuta-spot-1903374644210.shtml