Dov’era il no faremo il sì. Ricordiamo Stefano Tassinari

Chapeau, capitano.
WM3:
Grazie a Stefano, tanto per dire, ho avuto la fortuna di conoscere di persona Daniel Chavarría e Paco Taibo II.
Ecco sì, proprio per dirne una a caso, perché c’ho gli occhi velati, e oggi è un po’ peggio di ieri. Perché al dolore si mescola lo smarrimento, che impasta i pensieri.
E siccome saranno in tanti molto bravi a raccontare la qualità del suo fare, del suo vivere, io voglio solo dire che a me di Stefano ha sempre impressionato la quantità.
Stefano poteva essere la mattina in una scuola, a parlare di classici o di riforme sempre pessime, e il pomeriggio in una libreria per una presentazione, forse anche due se riusciva a incastrare gli orari. Poi la sera l’avresti trovato in un’osteria per una “Cena con l’Autore”, o in un teatro per un reading. Oppure ancora in un centro sociale, per un’altra iniziativa.
Così, sempre. Settimana dopo settimana. Anno dopo anno.
E poi finisce che ti abitui, non ti sorprendi più.
Beh, è Stefano, no? C’è. Ci sarà.

Adesso invece sarà tutto un ricercare videotape, registrazioni, tracce di un archivio smisurato, e porco cazzo qua i vuoti aumentano, e chi le fa quelle cose, e come glielo spieghi ai ragazzi. Come lo racconti che ci servono le persone così, subito. Adesso.

Come un idiota, una decina di giorni fa avevo detto a Federico che volevo chiedere a Stefano una delle sue meravigliose letture di Soriano, per una cosa strana sul calcio che insieme ad alcuni amici abbiamo in animo di tirare su per settembre, ottobre. Settembre. Ottobre. Pensa te. Lo sguardo che ho avuto in risposta non necessitava di parole.
Stefano, che ci vuoi fare, a volerti bene c’avevi pure degli imbecilli.

Stefano e il calcio. Spal, la squadra del cuore. Formazione del campionato 1964-65

Spal, la squadra del cuore seguita fino alla fine. Formazione del campionato 1965-66, dopo il ritorno in serie A.

WM2: A metà degli anni Novanta, insieme a Luther, a Luther, e ad altri sbandati di nome Luther, conducevamo una trasmissione radiofonica, tutti i mercoledì notte, fin quasi all’alba del giorno dopo. Scorribande surreali e derive psicogeografiche si concludevano sempre con uno scarno rituale: leggere al microfono la recensione di un film inesistente – il titolo preso e storpiato dalla programmazione notturna di Rete 7 – e poi spedirla via fax al volto più noto del TG di quel canale: Stefano Tassinari, un giornalista quarantenne che io nemmeno conoscevo e che avrei conosciuto di persona cinque anni più tardi.

Febbraio 2000. Si andava a Cuba, alla Fiera del Libro dell’Avana, ospite d’onore: l’Italia. Si andava con una compagine di scrittori, e noialtri wuminghi nominammo Stefano Tassinari “commissario politico” della brigata internazionalista proveniente da Bologna. Si guadagnò il titolo perché con pazienza e passione aveva fatto in modo che quella nostra trasferta non fosse una specie di gita scolastica, ma si trasformasse in aiuto concreto per le scuole cubane, in termini di carta, progetti, materiali.

Verso la fine del soggiorno finimmo tutti quanti a una festa in casa dell’ambasciatore italiano. Sulla porta, WM4 scambiò il diplomatico in doppiopetto per un usciere, e fece per porgergli il biglietto d’invito. Dietro di lui, Stefano sfoggiava un abbigliamento dimesso, maglioncino beige, jeans, tascapane di cuoio a tracolla. La padrona di casa gli rifilò un’occhiata perplessa e il marito pinguino, per rassicurarla, le spiegò sottovoce che quelli erano gli artisti e non c’era motivo di allarmarsi.
Una volta dentro, mentre Vittorio Sgarbi intratteneva gli ospiti ben vestiti, informai Stefano di quel che avevo orecchiato e per la prima volta ci mettemmo a parlare.
Gli domandai se si ricordava dei nostri fax, quelli dove Il Calabrone Verde con Bruce Lee diventava Il Calabrese Verde e altre simili idiozie.
– Li ho tenuti tutti – fu la risposta, come se conservare quella roba fosse il gesto più naturale del mondo.

Ed è così che mi piace ricordarlo, perché questo è stato, fino all’ultimo respiro. Stefano teneva a tutto e tutti teneva insieme.
Curava i dettagli, curava le relazioni, curava le parole. E solo in seconda battuta, proprio perché costretto, curava il suo corpo tra un ospedale e l’altro.
Era malato da otto anni eppure non ha mai smesso di farci da dottore, di somministrarci a forza le sue medicine contro l’individualismo, il disinganno, la tentazione di badare solo ai propri cazzi.
Il corpo sociale e culturale di Bologna si scoprirà più malato, più debole senza le sue terapie.
Stefano Tassinari, medico e maestro di assalti al cielo.

L'ultima chitarra di Stefano, una Epiphone Sheraton II Ebony

Epiphone Sheraton II Ebony.

WM5: Esercizi di stile e frasi di circostanza servono a dislocare quanto accade, specie se quanto accade è tragico, a renderlo un oggetto dell’esperienza da allineare assieme agli altri accadimenti del quotidiano senza che l’evento causi troppe ripercussioni. La scomparsa di un amico e di un compagno, quando si è persone in qualche modo pubbliche, costringe a fronteggiare il dolore, a guardarlo, a provare a rendere conto pubblicamente di quello che sopravvive al lutto. Le parole che scrivi in occasione di un lutto svelano chi sei, e occorre pudore, se non si è certi di sé. Ora il mestiere può portare a produrre alle volte esercizi di stile, ma non in questo caso, non nel caso di Stefano. E non c’è spazio per frasi di circostanza.

Della levatura intellettuale e della qualità quotidiana dell’impegno tutti noi sappiamo, ma è il caso di ribadire ancora una volta quello che tra di noi ci siamo detti in tutti questi mesi: Stefano mancherà gravemente, non solo alla comunità di chi scrive e legge libri con un uno sguardo critico sul presente, ma a tutta la città. Quanto accade è in senso profondo inaccettabile, eppure si dovrà accettarlo: l’assenza si rivelerà nella sua gravità nei prossimi mesi, quando il tranquillo entusiasmo di Stefano ci accompagnerà solo nel ricordo.

Dove ora c’è una rivendita di stracci alla moda, in via Rizzoli, vicino a un triste fast food, c’era fino a qualche mese fa una libreria. Scendevi le scale e sulla destra c’era il banco dei cd. Il reparto musica. Mi capitava di incontrare Stefano, lì, e di scambiare opinioni su questo o quel chitarrista: giravamo tra le mani dischi di vecchi bluesman e ci lanciavamo in analisi. La passione per la musica ci accomunava.

In certi giorni di primavera inoltrata, Bologna è bellissima, sembra contenere davvero, svelare addirittura, tutte le possibilità che credi di intuire quando la percorri da adolescente. Il giorno del matrimonio di Stefano e Stefania era un giorno così. Noi Wu Ming portammo una chitarra in dono, una di quelle chitarre, appunto, da blues, quelle più adatte agli uomini che ai ragazzi. Ci avevo lavorato personalmente: avevo cambiato un microfono, avevo regolato alla perfezione l’altezza delle corde e la tensione del manico. Voglio lasciare chi legge con un bel ricordo.

Hospice Seràgnoli, Bentivoglio
WM1:
Un giorno qualcuno racconterà meglio di noi, col distacco che adesso non possiamo avere, quel che è successo all’Hospice Seràgnoli di Bentivoglio dal 24 aprile all’8 maggio del 2012.
In quelle due settimane, un’orda anomala di scrittori, artisti, parenti, militanti marxisti, anarchici e semplici perditempo si è impossessata di un raggio dell’edificio a forma di asterisco, trasformandolo in bivacco e ultimo baluardo di resistenza. Giunti a dozzine, ci siamo dati il compito di presidiare da mane a sera la stanza n. 5, e agli ordini di Stefania abbiamo organizzato turni, per non lasciare sola lei e incustodito te, suo uomo e nostro compagno. Alcuni di noi si sono conosciuti in quei giorni, con te come unico comune denominatore, giuntura tra mondi diversi.
Sapevamo che, finita quella battaglia, avremmo vissuto in un mondo diverso. Ti abbiamo dedicato i giorni e – chi poteva – le nottate, tanto che di alcuni ti sei lamentato che “ti rompevano i coglioni”.

Nella piana erbosa di Bentivoglio, pochi chilometri a nord di Bologna, la tua mente ha combattuto l’estrema battaglia campale. Quella che si combatte per la dignità, sapendo che la guerra è persa. Mi piace pensarti così, elegantemente disperato e fiero, intento a vendere cara la pelle, contro un esercito che combatte slealmente, usa armi proibite, vince avvelenando la terra che conquista.

All’inizio del 2012 l’armata delle metastasi aveva ormai occupato tutto il corpo. Non era stato facile: era avanzata a fatica, subendo rallentamenti impensabili, restando a lungo confinata nelle ossa. Ci aveva messo quasi otto anni ad arrivare agli organi interni.
Contro quell’armata avevi fatto più dell’umanamente possibile, mettendo in campo una superba arte della guerriglia. Il nemico ti attaccava in forze, tu rispondevi accendendo sempre nuovi focos, escogitando diversivi, estendendo in mille modi il dominio della lotta: pubblicavi romanzi e racconti, organizzavi presentazioni di libri tuoi e altrui, ti inventavi festival in luoghi imprevedibili, fondavi e dirigevi riviste, scrivevi su quotidiani, partorivi testi teatrali, registravi programmi radiofonici, saltavi fuori con sempre nuovi spettacoli e reading musicati, intervenivi dai palchi di manifestazioni politiche e sindacali. Più il cancro cercava di debilitarti, più ti sottoponevi a sfacchinate che avrebbero stroncato chiunque altro. Se non lo avessimo visto coi nostri occhi, non ci crederemmo. Ma lo abbiamo visto, c’eravamo.

Quando era ormai chiaro che la guerra era persa e il corpo in gran parte espugnato, la tua mente si è preparata all’ultimo scontro.
Certo, non ha senso opporre mente e corpo, ma al Seràgnoli noi abbiamo visto questo: la mente, circondata, ha continuato a combattere col poco, col pochissimo che restava del corpo. Le sinapsi più tenaci, il battito del cuore, polmoni che pompavano ancora ossigeno, alcune arterie ancora percorribili.
La mente ha combattuto all’inverosimile, per darti il tempo dell’ultimo 25 Aprile, dell’ultima suonata di chitarra, dell’ultima conversazione letteraria o politica.
Negli ultimi due giorni sembravi ormai del tutto incosciente, ma una parte della tua mente, l’ultima ad arrendersi, ha atteso i cinque minuti giusti, ha atteso che il corpo fosse incustodito, e solo a quel punto gli ha ordinato: – Smetti di respirare.

E adesso?
Adesso ci sei ancora, tutto ruota ancora intorno a te, oggi si va alla camera ardente.
La mazzata mi arriverà tra qualche giorno. Quando inizierò a rendermi conto con il corpo, facendone esperienza diretta, che tu non ci sei più.
Non ti incontrerò mai più per le strade del centro. Non ti sentirò mai più al telefono. Non ci inviteremo mai più a cena nelle rispettive case. Non scriverai un nuovo libro. Non organizzerai un altro evento. Non andremo mai più insieme a un corteo.
La magnifica guerriglia è finita.
Ti volevo bene come a un fratello maggiore, ed è stato così per tanti.
Nostro fratello era figlio unico, e gli stiamo dicendo addio.
Farà male, abituarsi a una Bologna senza te.

WM4: L’ultima volta che ti ho visto aprire gli occhi, qualche giorno fa, ti ho rivolto un sorriso e un saluto militare. Un modo ironico e serio al tempo stesso di omaggiare la tua incredibile battaglia. Quella di una vita e quella con la morte, quella che non si può vincere. Tu, quasi immobile nel letto, hai alzato la mano e mi hai restituito il saluto. Chapeau, capitano.

Tre notti prima avevo scambiato le ultime chiacchiere con te. Una notte lunga, come lo sono state le tue in questo tratto finale del cammino, e quelle di chi si è alternato per non lasciarti mai solo. Anche se poi alla fine, ironia della sorte, hai approfittato proprio dell’unico momento in cui eri solo per lasciarci. E chissà che tutto quell’andirivieni di amici, oltre a farti un grande piacere, non ti avesse anche rotto un po’ i maroni. Di certo la cosa non ha scalfito la tua correttezza quasi formale. Il tuo aplomb, verrebbe da dire, nonostante tutto. Anche nella situazione in cui eri, con tutto quello che avevi in corpo, un corpo ridotto al lumicino, conservavi la stessa cortesia di sempre. Non ti sei mai fatto pesare un “grazie”, con la voce flebile che ti ritrovavi alla fine, fosse per un bicchiere d’acqua o un aiuto a raggiungere il bagno, a sdraiarti nel letto o ad alzarti. Perché al quattro, Stefano? O al tre o al via, nessuno si fa tirare su al quattro. Tu sì. Uno…due…tre…quattro.

Nel cuore della notte, tra un’ora di sonno e una di veglia, accompagnati dal ronzio incostante del letto antidecubito, abbiamo parlato di libri. Eri rammaricato di essere digiuno di letteratura giapponese. Una lacuna che sentivi di dover colmare. Abbiamo commentato l’ultimo romanzo di Padura Fuentes sull’assassino di Trotzky, che avevamo letto entrambi e che ti aveva ricordato il tuo Il vento contro. Abbiamo condiviso la perplessità su certi smaniosi giovani scrittori italiani che politicamente non ti convincevano. A un certo punto ti ho chiesto a bruciapelo quale fosse il posto più lontano in cui eri stato. Hai pronunciato il nome di una località al confine tra il Perù e il Cile. Quando? All’inizio degli Ottanta, quando si andava in Perù. Subito dopo ti ho chiesto quale fosse la cosa più rischiosa che avessi mai fatto. Hai detto: “L’altro giorno, quando son caduto di schiena in bagno…”. “No, intendevo in tutta la tua vita”. Hai sbuffato, in un verso che ho interpretato come un “chi lo sa?!”.
Mentirei se dicessi che non ho dovuto ricacciare giù l’angoscia e le lacrime, forzandomi di riconoscere in te la persona che eri stata e che ancora eri, ma che si assottigliava un po’ di più a ogni respiro, vergognandomi quasi, al pensiero di quanto doveva costare a te quell’attesa consapevole. E quando al mattino mi sono accommiatato, non ho trovato di meglio che ringraziarti, mano nella mano, per le chiacchiere e raccomandarmi di farti sbarbare dall’infermiere. “Perché così sei più bello”, ha concluso il grande Mauro alle mie spalle, con una leggerezza di cui essergli grato.
Non lo saprò mai qual è la cosa più rischiosa che hai fatto. Vivere, forse. Come tutti.

Hai lasciato detto che al tuo funerale vuoi L’Internazionale, ma quella con il testo di Fortini. Siccome non la conoscevo, sono andato ad ascoltarmela. Ho capito quando sono arrivato al verso “Chi ha compagni non morirà”.
E ho pensato che è un’immortalità che mi piace quella in cui i morti sono parte di qualcosa: una storia, un cammino, una grande avventura. Perché sopravvivono nella memoria dei vivi. Perché continuano a esserci, in modo diverso, anche se ci mancheranno irrimediabilmente. Adios, Stefano.

Noi siamo gli ultimi di un tempo
che nel suo male sparirà.
Qui l’avvenire è già presente
chi ha compagni non morirà.
Al profitto e al suo volere
tutto l’uomo si tradì,
ma la Comune avrà il potere.
Dov’era il no faremo il sì.

Questo pugno che sale
questo canto che va
è l’Internazionale
un’altra umanità.
Questa lotta che uguale
l’uomo all’uomo farà,
è l’Internazionale.
Fu vinta e vincerà.

* * *

Oggi – giovedì 10 maggio – alla Sala d’Ercole di Palazzo d’Accursio (Piazza Maggiore 6, Bologna), camera ardente dalle 9 alle 18. Intorno alle 16, ricorderemo Stefano con parole e canzoni.

In rete sono già tanti gli omaggi a Stefano, tutti facilmente reperibili via Google. Ne segnaliamo tre che ci sembrano molto belli.

Alberto Sebastiani racconta della reazione di Stefano quando morì Jimi Hendrix e del suo amore per gli Stones.

Checchino Antonini ricorda Stefano e spiega il senso dell’intervento di Carlo Lucarelli sul palco del Primo Maggio.

“Stefano Tassinari, la volontà e la calma di chi vuole sovvertire il mondo”, di Angelo Ferracuti

Infine, ci sembra importante far sentire la voce di Stefano. Come ricorda Antonini, “ogni parola che [Stefano] ha scritto era pensata per una lettura pubblica, a voce alta, per un uso civile della letteratura, del teatro, del giornalismo, della memoria”.
Stefano ha lavorato a lungo sulla commistione tra voce narrante/poetante, musica e fotografia. Nel corso di anni ha perfezionato la formula del reading musicato, proponendola dal vivo in serate molto intense – ad esempio, quelle della rassegna “La parola immaginata” all’ITC di S. Lazzaro – o incidendo album come il seminale Lettere dal fronte interno (Moby Dick, 1997). Tra le altre cose, fu sua l’idea di contattare gli Yo Yo Mundi perché musicassero brani del nostro romanzo 54. Da quella felicissima intuizione nacque l’omonimo album, uscito nel 2004.
Senza le esplorazioni, sperimentazioni e continue trovate di Stefano, non si sarebbero avviati tanti altri percorsi. Non esisterebbero nemmeno i nostri reading musicati, come Pontiac e Razza partigiana. Questo ruolo di pioniere gli è riconosciuto senza ambiguità nel monumentale volume collettaneo Largo all’avanguardia. 50 anni di rock bolognese (Sonicrocket, 2012). Stefano domina il capitolo “Musica e letteratura”, ed è bello che abbia fatto in tempo a leggerlo.
Ecco una piccola audioteca in memoriam.

“A passo d’ombra”, prima traccia dell’album Lettere dal fronte interno (1997) – 12:44
A passo d’ombra, prima traccia dell’album Lettere dal fronte interno (1997) – 12:44
Testo di Stefano Tassinari, musica di Roberto Manuzzi.
Stefano Tassinari – voce
Ellade Bandini – batteria
Roberto Manuzzi – sax soprano e fisarmonica
Massimo Mantovani – pianoforte e violino
Mauro Pagani – violino
Felice Del Gaudio – contrabbasso

“Agli angeli ribelli”. In ricordo di Francesco Lorusso, dalla compilation Sguardi d’istinti (1999) – 3:02
Agli angeli ribelli. In ricordo di Francesco Lorusso,
dalla compilation Sguardi d’istinti (1999) – 3:02
Testo di Stefano Tassinari, musica di Roberto Manuzzi
Stefano Tassinari – voce
Ares Tavolazzi – basso
Roberto Manuzzi – sax soprano

Intervento con lettura al presidio di Preganziol (TV) contro la censura berlusco-leghista nelle biblioteche venete, 30 gennaio 2011
Intervento con lettura al presidio di Preganziol (TV) contro la censura berlusco-leghista nelle biblioteche venete, 30 gennaio 2011 (9’17”)

Stefano legge la parte in versi del suo romanzo L’amore degli insorti al VAG61 di Bologna, 11 marzo 2011
Stefano legge la parte in versi del suo romanzo L’amore degli insorti al VAG61 di Bologna, 11 marzo 2011 -16’00”

L’ultima trasmissione che Stefano aveva ideato, scritto e registrato per Radio 3 era una monografia in quattro puntate su Osvaldo Soriano, realizzata per il programma “Passioni”. Le quattro puntate andranno in onda sabato 12, domenica 13, sabato 19 e domenica 20 maggio, sempre alle h. 10:50.

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18 commenti su “Dov’era il no faremo il sì. Ricordiamo Stefano Tassinari

  1. Grazie.
    Grazie e basta, per le parole che avete tirato fuori e messo in fila.

  2. Ci rimpastiamo insieme. Tutto resta; la forza, le energie sottili, la rabbia, il pensiero ma soprattutto l’amore l’amore l’amore l’amore, e quel WM3 in cima che ha fatto piangere il mio mattino. Grazie <3

  3. Sull’internazionale di Fortini: testo http://bit.ly/JXwVtk ; testo e commenti: http://bit.ly/LliP8z e http://bit.ly/KNoimu

  4. Martedì sera a Ferrara era programmata un’iniziativa in difesa della scuola, ed è diventata la prima occasione (cercheremo di costruirne un’altra, con calma, alla sua altezza) per ricordare Stefano. La sua immagine e i suopi versi che dallo schermo ci hano sorvegliato per tutta la sera erano un segno di continuità che proiettavano Stefano in una nuova lotta da combattere.

  5. Io non ho mai conosciuto Stefano Tassinari, ma WM4 mi ha fatto venire il magone lo stesso…
    Chi ha compagni non morirà, vero.

  6. Il mio ricordo di Stefano Tassinari è legato a “Nuova Rivista Letteraria” http://www.lettereinrete.blogspot.it/2012/01/letteratura-sociale-nuova-rivista.html Ogni numero di questo *semestrale di letteratura sociale*, aperto dai suoi editoriali, mi ha fornito spunti e suggerito riflessioni. Spero tanto che un così importante progetto, che ha già vissuto varie difficoltà, trovi il modo di continuare a vivere anche senza la sua guida. Per noi lettori e per lui.

  7. L’Internazionale di Tassinari, postato sul megafono. Un abbraccio
    http://ilmegafonoquotidiano.globalist.it/news/linternazionale-di-tassinari-2

  8. I due omaggi di Mauro Pagani oggi in comune:
    Davvero davvero e Creuza de ma.

  9. Audio | Il saluto di noi tutti a Stefano, Sala d’Ercole di Palazzo d’Accursio, Bologna, 10 maggio 2012.

    Abbiamo registrato i discorsi, le letture, i set musicali e le cantate in coro che questo pomeriggio hanno fatto sembrare la gremita Sala d’Ercole – dove di solito l’acustica è pessima – una grande cassa di violino.

    La registrazione è discreta per quanto riguarda discorsi e letture (a parte il rimbombo all’inizio) e *decisamente buona* per quanto riguarda la parte musicale.

    E se ne sono sentite di belle, in tutti i sensi!

    Innanzitutto, il sindaco di Bologna Virginio Merola ha citato Marx (!) e si è gettato braccia in avanti nella postazione più a sinistra che abbia mai occupato negli ultimi quarant’anni. Ha detto di conservare, pur nella sua “deriva riformista”, “un’idea del comunismo come movimento reale che abolisce lo stato di cose presente”. Poi ha citato i versi di una canzone anarchica. Ascoltare per credere.
    Merola…?
    Merola! :-O
    Che poi Merola un discorso così buono non lo aveva mai fatto. E andava pure a braccio :-/
    Sono i miracoli di Stefano.

    Poi Pino Cacucci, che è anarchico davvero, ha omaggiato Stefano leggendo un brano… di Trotsky.
    Sì, sono i miracoli di Stefano :-)

    A quel punto la compagnia del Teatro dell’Argine dell’ITC di San Lazzaro, con cui Stefano ha lavorato per tanti anni, ha letto una poesia di Claudio Lolli (che era presente) dedicata a Stefano e scritta in tempi non sospetti (2004) e un’altra di Alberto Bertoni (2003), oltre a un toccante profilo scritto da Angelo Ferracuti.
    Dopo queste letture, è partita la musica.

    Dandy Bestia degli Skiantos ha suonato e cantato “Love In Vain” di Robert Johnson nella versione resa celebre dai Rolling Stones. Il brano faceva parte di “Like A Rolling Stone”, il reading di Stefano dedicato a Brian Jones. Stefano ci eseguiva sopra un assolo d’armonica.

    Riccardo Tesi ha eseguito un brano all’organetto, di cui non conosciamo il titolo.

    I Têtes de Bois hanno eseguito “Aria di neve” di Sergio Endrigo, “Paint It Black” degli Stones e altri due brani che – confessiamo l’ignoranza – non riconosciamo.

    Poi l’intera sala ha cantato in coro “L’Internazionale” con le parole di Fortini. L’applauso al termine è stato squassante.

    A quel punto, Mauro Pagani ha suonato e cantato “Davvero davvero” e “Creuza de Ma”.

    Infine, “Bella ciao” tutti in coro.

    Ecco l’audio di tutta la sequenza appena descritta. Dura un’ora.
    Aiutateci a ricostruire la scaletta colmando i due o tre buchi. Buon ascolto!

    Grazie a Christiano per l’assistenza tecnica.

    • 24 ore fa leggendo il post l’emozione fu molto forte, tale da restare senza parole. Oggi lavorando m’è venuto da pensare ai funerali di Hugo, alla scorta di 12 poeti e mi sono detto ci sarà qualcosa di simile anche per Stefano Tassinari. Grazie per l’esempio di amicizia e grande umanità.
      Chi ha compagni non morirà.

  10. […] Lolli, è per vie traverse iniziate leggendo “L’amore degli insorti” di Stefano Tassinari, che era un grande scrittore, un compagno, un amico di tanti anche a Macomer. Lo ricordo con il suo […]

  11. Gli studenti del progetto “Galeotto fu il libro…” del Liceo Ariosto di Ferrara al Salone del Libro di Torino ricordano Stefano Tassinari:
    http://bookblog.salonelibro.it/?p=10080

  12. LETTERARIA – festival della narrazione ribelle. 23-25 maggio, Roma. Dedicata a Stefano Tassinari.
    http://infondoasinistra.tumblr.com/post/22997563621/letteraria-festival-della-narrazione-ribelle-23-25

  13. […] Comunista poi. L’evento del resto, si può dire che chiuderà in bellezza la scia di commemorazioni intitolate a Tassinari e già abbondantemente […]