Un Grillo qualunque. Audio completo della presentazione bolognese #M5S

Uno qualunque di questi a Bologna

Ecco la registrazione dell’incontro di ieri alla libreria Ubik di Bologna. Sentirete le voci, nell’ordine, di Marco Trotta, Wu Ming 2, Wu Ming 1 e Giuliano Santoro, più interventi e domande dai presenzianti scelti dalla Rete col meccanismo delle Presenziarie, come riportato anche dal giornale Pubblico che per una volta e’ stato corretto anche se e’ dei poteri forti e di Talese, e dal popolo della Rete medesima che interveniva dallo striaming. Mandiamo a casa la casta di chi va alle presentazioni di libri. Intelletuali di merda, parlano difficile e nessuno che anche se ci si mette li capisce SIETE PROPIO UNA VERGOGNA!! Sostituamoli con cittadini decisi dai cittadini. 76,543 Likes. Internet vi spazzera’ via! 134,988 Likes. 12,987,530 Likes. Ci si vede in parlamento e gli facciamo un culo COSI’

 

UN GRILLO QUALUNQUE A BOLOGNA – 2h 07′ 24″

Un Grillo qualunque a Bologna – 2h o7′ 24″

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318 commenti su “Un Grillo qualunque. Audio completo della presentazione bolognese #M5S

  1. Grazie per aver condiviso la presentazione, l’ho sentita tutta ;)

    Purtroppo ancora per problemi vari non sono riuscito a leggere il libro :/

    Ad ogni modo, volevo intervenire riguardo la faccenda di Pontedera. Mi era sfuggita e la trovo abbastanza allucinante.

    Tecnicamente, in comunicazione politica, l’analisi che è stata fatta – sia nel vecchio post di Giap, sia nella presentazione – è l’individualizzazione del framing.

    Quel che anch’io trovo pericoloso nel discorso sull’immigrazione di Grillo è il mascheramento di soluzioni leghiste sotto il quadro morale di anti-razzismo.

    Lui propone un problema(1), “gli immigranti illegali sono in mano alla malavita e in condizioni pessime“, la cui causa(2) riguarda la facilità con cui vengono accolti, ma noi non vediamo il nesso causa-effetto così chiaramente, a noi Grillo ci presenta il suo giudizio morale(3): è sbagliato, una cosa del genere non succede con una tale tranquillità d’animo in altri paesi, cosicché la soluzione(4) è la stessa che propongono partiti come La Lega.

    Ora, il discorso di Grillo è pericoloso perché nasconde quello che i leghisti manifestano. (come avete detto anche sulla presentazione)

    Tuttavia, io noto come questo discorso subdolo, all’ora di essere descritto dagli stessi del movimento perde la sua caratteristica criptica. E diventa pieno zeppo di argomentazioni razziste.

    Sono andato a leggere il comunicato intitolato: “Perché il M5S non aderisce alla manifestazione di domenica 18/11” e ci sono delle frasi paurose.

    Quel che voglio dire è che ho la sensazione che per quanto Grillo possa curare la sua comunicazione, rendere criptici tutti i suoi comunicati sugli immigrati, quando i grillini devono “diffondere il suo verbo”, la cura della comunicazione sparisce, viene a mancare, e le reali motivazioni vengono a gala.

  2. Ieri 2620 download dell’audio “Un #Grillo qualunque a #Bologna” #m5S con WM1&2 @amicoFaralla @mrta75 @DonCave e altri.

  3. Riporto un fatto interessante, fresco fresco, relativo al M5S bolognese.

    Ieri sera, durante la seduta del Quartiere Navile a Bologna, il PdL ha presentato un ordine del giorno in solidarietà alla sede bolognese di Casa Pound, riporto il testo di seguito (non lo commento perché… beh, si commenta da solo):

    —–

    ORDINE DEL GIORNO PROPOSTO DAL GRUPPO POPOLO DELLA LIBERTA’ DI SOLIDARIETA’ A CASAPOUND BOLOG
    Su proposta del Gruppo Popolo della Libertà

    Il Consiglio del Quartiere Navile
    riunito nella seduta del 6 dicembre 2012

    a seguito del vergognoso attentato di stampo terroristico subìto da Casapound Bologna per mano di tre giovani anarco-insurrezionalisti, che ha provocato ingenti danni alla sede dell’Associazione ma fortunatamente non ha mietuto vittime;

    SI CONGRATULA

    con la Digos e la Polizia di Stato per il tempestivo intervento che ha permesso l’arresto dei tre malviventi;

    ESPRIME SOLIDARIETA’

    a Casapound Bologna e agli Agenti rimasti contusi nelle fasi dell’arresto dei malviventi;

    ESPRIME BIASIMO

    nei confronti di quanti hanno proferito attestazioni di apprezzamento e tenuto manifestazioni a favore di questo vile gesto terroristico.

    —–

    L’ordine del giorno non è passato, ma indovinate un po’ come ha votato il M5S…? Pur proponendo alcune modifiche (una generica presa di distanza dalle posizioni politiche di CPI), ha votato a favore della proposta con PdL e Lega.

    Questa la dichiarazione fatta questa mattina dalla consigliera del M5S in Comune, Federica Salsi sulla sua pagina Facebook:

    —–

    “Ieri sera nella seduta del Consiglio del Quartiere Navile sono accadute cose strane. Era in votazione un ODG per esprimere solidarietà a persone e agenti rimasti contusi in mezzo a dei disordini e per esprimere biasimo nei confronti di quanti hanno apprezzato questo gesto terroristico. La maggioranza (PD e compagnia) ha bocciato l’ODG …. le persone contuse erano di Casapound…. Io sono basita. Forse che chi ha idee diverse se non addirittura contrapposte alle tue non è degno di ricevere solidarietà se subisce trattamenti violenti?
    Come ha spiegato in Consiglio il collega del Navile Marco Ialli Badiali ‘Non c’è alcuna solidarietà a Casapound Bologna per le sue idee. Invece la solidarietà per chi subisce violenza SEMPRE. Ad ogni costo. Che a subirla sia rosso o nero, italiano o extracomunitario, ricco o povero, uomo o donna. Una persona è persona, al di la delle sue idee, della sua razza, del suo sesso’.”

    —–

    Per chi non conosce la vicenda: l’attacco con una bottiglia incendiaria alla sede di Casa Pound non è stato condotto da tre “anarcoinsurrezionalisti” bensì da tre ultras del Catanzaro (sic) appena arrivati a Bologna e privi di legami con le realtà politiche locali.
    Il giudice, inoltre, ha fatto cadere l’ipotesi di finalità terroristica.

    Il fatto è accaduto pochi giorni dopo una manifestazione partecipata (e pacifica) durante la quale più di 1.000 persone hanno sfilato nel Quartiere Murri chiedendo la chiusura della sede fascista, con numerose manifestazioni di sostegno e simpatia da parte dei residenti del quartiere.

    Il voto del M5S e la dichiarazione di Federica Salsi sono una ulteriore dimostrazione di molte delle cose che si sono dette l’altra sera durante la presentazione del libro di Giuliano. In particolare, direi, la mancanza di consapevolezza storica.

    • Molto interessante. Con la stessa logica i grillini avrebbero espresso solidarietà a Rodolfo Graziani dopo l’attentato di Addis Abeba. Questo è un tratto tipico del loro modo di ragionare, che secondo me andrebbe indagato meglio: l’assolutismo scambiato per coerenza. Si enuncia un principio astratto in forma dogmatica: la violenza è brutta. Quindi, invece di misurare il principio con la realtà, e di ricavarne teoremi, eccezioni e scolii, si misura la realtà sul principio, e “per coerenza” si rifiuta qualunque eccezione, col risultato di respingere ogni analisi complessa, in nome di una pappa semplificata che abbia sempre lo stesso sapore.

      • Peccato che in quella seduta non ci fosse nessuno in grado di replicare alla consigliera in questo modo. Non solo tali considerazioni sono assolutamente ragionevoli e di buon senso, ma anche logicamente cristalline.
        Che uno si chiede: “Com’è possibile non arrivarci da sé?”.

        • E’ proprio questione di ignoranza, nel senso più stretto del termine. Chi vive nell’eterno presente, ignorando qualunque profondità storica, non è in grado di contestualizzare nulla, quindi non può valutare lo spessore di un discorso o di un’azione. La realtà si fa bidimensionale e senza respiro, e in nome delle apparenze immediate tutto si equivale.
          Per questo, checché se ne dica, la memoria storica e lo studio della storia sono importanti.

          • Scusate, ammetto subito di non conoscere in profondità la storia di Casa Pound e che potrebbe sfuggirmi qualcosa, ma non riesco a capire cosa c’entri la profondità storica con questo evento. Forse che l’atto di violenza contro l’organizzazione di estrema destra è sempre e comunque giustificato perché in passato i fascisti reprimevano il dissenso utilizzando anch’essi mezzi violenti? La storia è sempre sufficiente a giustificare la violenza? E se quest’ultima fosse stata applicata alla parte avversa, tipo un centro sociale di sinistra, la vostra conclusione sarebbe stata la stessa perché, che so, in passato ci sono stati i gulag? Non vi sembra una conclusione un po’ semplicistica e capziosa, motivata in gran parte dall’appartenenza politica? A meno che Casa Pound non si macchi abitualmente e metodicamente di azioni violente (potrebbe essere, come ho detto non li conosco bene), mi sembrerebbe eccessivo tirar loro delle schioppettate per quello che hanno fatto Mussolini o Graziani 70 anni fa, anche nel caso in cui essi rivendichino un’appartenenza a quella tradizione storico-ideologica. Ritengo che l’uso della violenza sia giustificato, o meglio comprensibile, quasi esclusivamente quando il sottomesso reagisce a un potere oppressore, o al più quando ci si trova in un clima di tensione sociale tale per cui le parti avversarie arrivano al massimo grado di scontro (tipo negli anni ’70 italiani). Non mi sembra che questo caso rientri in una delle due categorie. Forse sembrerò ingenuo ai vostri occhi, ma ci sono molti più punti di domanda che asserzioni nel mio discorso. Vorrei farmi un’idea più chiara.

            • @ dovic

              Qua non si sta parlando di prenderli a schioppettate, ma di pensarci due volte prima di solidarizzare con loro e di fargli fare la parte delle vittime di discriminazioni. Parte che per altro sanno recitare bene, ma che non gli si addice affatto. Faccio notare che – viceversa – ancora recentemente le schioppettate sono partite da gente che bazzica la loro area: la strage di Firenze, di cui sta per cadere l’anniversario (lo ricorderemo anche qui su Giap), è stata compiuta da un loro simpatizzante, i cui scritti razzisti erano ospitati sul sito di CPI.

            • Scusa ma nel commento mica si parla di giustificare la violenza.
              Anzi mi pare che sia piuttosto chiaro come la logica del gesto violento sia sottoposta a una critica che la oppone alla risposta data dalla cittadinanza alla presenza di CP e come la distanza tra questa e la bottiglia incendiaria sia un fattore di mobilitazione produttivo.
              Cmq la miopia del M5S non è solo questione di ignoranza e mancanza di strumenti per comprendere la realtà, spesso nasce dal più bieco opportunismo politico, come è accaduto in circostanze analoghe anche qui a Bolzano, dove l’appoggio a CP è servito esclusivamente per segnare un punto rispetto alla corrente amministrazione (a guida PD-SVP)

            • Dovic, il fascismo non è un problema di 70 anni fa, è un problema *di adesso*. Ti consiglio di cercare su google questi nomi: Nicola Tommasoli, Davide Cesare, Renato Biagetti, Alberto Bonanni, Mor Diop, Modou Samb, Moustapha Dieng,

              Prescindiamo per un istante dallo specifico di Casa Pound e della mozione presentata dal PdL a Bologna: tu ti chiedi cosa c’entri la consapevolezza storica in questo caso. C’entra eccome, perché se a latitare è persino la memoria storica di un passato talmente recente da essere presente, è un problema. I nomi dell’elenco sopra sono persone uccise – o gravissimamente menomate – da fascisti negli ultimi dieci anni. Uno di loro, Giuliano Bruno, non è stato ucciso direttamente, ma spinto al suicidio dalle continue aggressioni e persecuzioni.
              Quante altre aggressioni nelle scuole e davanti ai locali, quanti incendi di centri sociali, quante coltellate, quante stragi come quella di Casseri sono necessarie perché ci si renda conto che l’estrema destra è un pericolo attuale?

              Tornando a Casa Pound e a Bologna: la mozione presentata dal PdL era piena di falsità e strumentalizzazioni, per solidarizzare con Casa Pound agitava lo spauracchio del terrorismo (cosa che non sta né in cielo né in terra) e nemmeno troppo velatamente stabiliva un collegamento tra l’azione dei tre ragazzi calabresi (un’azione piombata sulla mobilitazione antifascista come un meteorite, compiuta da tre ragazzi calabresi arrivati a Bologna da una settimana, senza contatti con nessuno e privi di qualsivoglia cognizione del contesto in cui la loro azione si sarebbe inserita) e le persone che avevano manifestato pochi giorni prima. Il M5S, in nome di una concezione astratta che il mio socio WM2 ha ben riassunto, ha votato quella porcheria insieme al PdL. Per me è una scelta da condannare, punto.

              • Vi ringrazio per le risposte. Non ho mai pensato che il fascismo sia un problema del passato (quello sì sarebbe stato un errore grossolano), ma ho sbagliato quando ho associato la violenza fascista esclusivamente al ventennio o comunque a svariati decenni fa. Essendo quelli i casi più celebri spesso si dimentica, o si ignora, il passato recente, che sicuramente riceve anche meno visibilità. Non avevo colto invece la strumentalizzazione dell’aggressione, ai fini di demonizzare la manifestazione contro Casa Pound avvenuta giorni prima, perché, almeno nei virgolettati riportati da Don Cave, non mi sembra che venga istituito un nesso tra le due cose. D’altra parte sulla mania delle istituzioni di agitare lo spettro del terrorismo per tornaconti contingenti ogni volta che scoppia un minicicciolo (e spalando merda sugli anarchici, of course) si potrebbero scrivere libri interi. E’ una tecnica facilmente riconoscibile. Anche sul pressapochismo e l’opportunismo del M5S non ho niente da obiettare. Grazie per i chiarimenti.

              • @ Dovic,

                ti spiego. La mozione pro-Casa Pound del PdL di Bologna si conclude così:

                “quanti hanno proferito attestazioni di apprezzamento e tenuto manifestazioni a favore di questo vile gesto terroristico”

                A Bologna di manifestazioni a favore di quella molotov non se ne sono viste. L’unica manifestazione relativa a Casa Pound è stata quella di oltre un migliaio di persone che ha chiesto la chiusura della sede.

                L’uso della parola “manifestazioni” è una canagliata indecente, perché accostare nella stessa frase “manifestazioni” e “terroristico” crea in chi legge un collegamento arbitrario che nessuna smentita potrà cancellargli dalla mente.
                Il frame che viene attivato è: manifestazioni, molotov, terrorismo -> manifestazioni a favore del terrorismo -> manifestazioni = terrorismo.

                Il M5S del quartiere Navile ha sostenuto questa schifezza, e Federica Salsi ha difeso quella sconcia presa di posizione farfugliando a cazzo di violenza, vittime etc. Questo, per me, è fare il gioco dei fascisti.

              • Chiaro. Se non ci sono stati apprezzamenti e manifestazioni a favore della molotov quella frase diventa un’allusione inequivocabile. Tra l’altro, mentre ieri continuavo a riflettere su questa cosa per conto mio, mi è venuto in mente che, guarda caso, le istituzioni sono spesso pronte a solidarizzare con l’estrema destra, mentre solitamente i centri sociali di sinistra sono pronte a chiuderli (e voi Wu Ming credo ne sappiate qualcosa).

    • Grillini votano per Casapound
      Questo è il video della serata
      http://www.youtube.com/watch?v=r4OMHpa1GNQ

  4. Ottima presentazione e lucidissimo il secondo intervento di WM1 sul possibile futuro scenario. Dico solo che Roberto è stato troppo “ottimista”: i tagli spalmati in 20 anni grazie al fiscal compact sono circa 1000 miliardi di euro, cioè circa il 50% dell’attuale debito pubblico (e non 500), cioè circa 50 miliardi all’anno, con un massimo di deficit annuo tollerato dello 0,5% (!).
    La figura del premier fantoccio forse è troppo secca ma da perfettamente l’idea del recinto dentro il quale chiunque sia lì a governare possa agire. Ed è un recinto ristrettissimo, pieno di vincoli, pieno di patti di stabilità (non solo a livello nazionale ma anche a livello regionale e comunale); e del resto chi ha sottoscritto la carta d’intenti e gareggiato alle primarie ha riconosciuto che si parte dalla consapevolezza della cessione di sovranità.
    Mi piacerebbe sapere qual è l’opinione -se dentro il collettivo ne avete discusso- dei wuming, ma anche di tutti quelli che partecipano al dibattito qui su giap, a proposito della riaggregazione a sinistra (WM1 faceva giustamente riferimento all’esperienza greca) rispetto al percorso di “cambiare si può”.

    • Non ne abbiamo discusso, e ammetto di non essermi ancora fatto un’idea. Tra l’altro, una delle regole di WM è di non fare “endorsement” per alcuna formazione o coalizione politica. Mi pare comunque ovvio che non voterò per il “centrosinistra” aka “PD allargato”.

  5. Un dato alquanto sorprendente: nella giornata di ieri l’mp3 della presentazione è stato ascoltato/scaricato più di novantamila volte, per un totale di oltre 95.000 (!)

    Dividendo il numero totale di kb per il numero di “hit”, si ottiene una media di 118 mega (118.014 kb) ad ascolto/download su 244 del file completo. Questo significa che molti ascolti sono stati parziali, tipo che uno clicca per curiosità e ascolta solo i primi minuti. Alcuni, inoltre, avranno cliccato più volte. Il dato quindi va ridimensionato, ma anche se – ipoteticamente – risultasse dimezzato, sarebbe comunque uno dei massimi exploit di un file audio messo a disposizione su Giap.

  6. Volevo in primo luogo ringraziarvi sinceramente per tutto il vostro lavoro di analisi e ricerca rispetto a questo fenomeno politico. Un lavoro che per quanto mi riguarda è stato preziosissimo, sia per la sua precisione che per la sua profondità. Volevo chiedere, dando per assodata la pericolosità del movimento5stelle (e allo stesso tempo il suo essere innocuo), esistono secondo voi delle potenzialità anche costruttive nel fenomeno del grillismo? Esistono dei conflitti interni al movimento da far emergere ( e da fargli ritorcere contro)? Le ambiguità e i vuoti ideologici del movimento possono essere riempiti soltanto da ricette reazionarie oppure c’è spazio anche per le lotte più radicali? Quali possono essere gli strumenti per mettere sotto stress il sistema di false promesse di democrazia diretta costruito da Grillo?

    • Dentro il #M5S c’è un sacco di gente in buona fede e – aggiungo – culturalmente, antropologicamente di sinistra, per quanto negli anni questa caratterizzazione si sia molto stemperata e confusa con altre più ambigue.

      Credo che questa contraddizione (un movimento ambiguamente di destra, tra il poujadista e l’aziendalistico, ma con attivisti che hanno… reminiscenze di sinistra) sia una delle cause (non l’unica, ma importante) del subbuglio interno che abbiamo visto nell’ultimo anno. Non a caso il dissenso è localizzato in Emilia-Romagna, dove il movimento ha reclutato i suoi attivisti in un preciso tessuto sociale/culturale, con tradizioni di famiglia ancora percepite.

      Sappiamo però che questo non basta: da un lato, le reminiscenze sono troppo vaghe e confuse per essere una garanzia di alcunché (basti vedere che proprio a Bologna il M5S vota mozioni di solidarietà a Casa Pound!), dall’altro il dissenso è stato finora ricomposto con richiami forzosi al siamo-tutti-belli-e-bravi, deferenze obbligate nei confronti di “Beppe” e – soprattutto – intruppamento in vista delle elezioni.

      Come fa notare Giuliano, ormai nel movimento l’attenzione è tutta spostata su percentuali, seggi, nomine, liste, voti, campagna elettorale… Il M5S non è ancora andato in parlamento, e già sembra in preda a quello che Lenin chiamava “cretinismo parlamentare”.

      Questa “mobilitazione totale” per avere deputati potrebbe accantonare e assopire il dissenso interno fino a febbraio. Finché non si saranno finalmente “sfogati” eiaculando in parlamento (“Ugh! Ugh! Uuuuuhhhhhhh…”), non so di quanto possa indebolirsi il controllo da parte del capo carismatico e del “CEO”, mi sembra che le “parlamentarie” (operazione gestita dall’alto e a trasparenza zero) siano state un modo di rafforzarlo.

      Ecco, secondo me anche per questo il movimento è stato “militarizzato” e costretto in una logica tutta elettoralistica e “votocentrica”: perché in questo modo si rafforza il controllo del vertice.

      Se una crisi del movimento possa liberare energie oggi “congelate” nel dispositivo montato da Grillo-Casaleggio, riaprendo un dialogo tra persone che oggi stanno nel M5S e attivisti delle lotte anticapitalistiche, aprendo spazi non controllati da riempire con contenuti e pratiche meno ambigue di quelle grilline, non lo so. Non credo avverrà prima di febbraio.

      • Mi unisco ai ringraziamenti. Il post “Né di destra né di sinistra” http://www.wumingfoundation.com/giap/?p=6524 mi aveva fatto riflettere su un fenomeno che consideravo, a torto, non necessariamente indirizzato a destra.
        Secondo me il post politico di Grillo http://www.youtube.com/watch?v=-rvlcRiowl4 riflette una chiamata alle armi, in cui la domanda di democrazia diventa un problema.
        Non sono un esperto di comunicazione ma le prime frasi in grassetto “voto alle donne”, “conoscere i candidati”, costo zero” sono seguite da “Abbiamo una battaglia”, “fuori dalle palle”, “forza unita”,”E andranno fuori.” Tre concetti positivi e inattaccabili a cui fanno seguito intenzioni bellicose e autoritarie.

      • A quanto pare, la “mobilitazione totale” elettorale non è riuscita ad assopire il dissenso interno al #M5S. Pensavo che i ranghi sarebbero rimasti serrati fino a febbraio, e invece pare di no.
        Dopo le prime 24/48 ore in cui lo stato maggiore ha cercato di presentare le “parlamentarie” come un grande successo (e dai dai dai dai!), tutti gli osservatori esterni si sono accorti che in realtà sono state un flop, e da più parti si è fatto notare che c’erano molte più ombre che luci. E così, al posto della “democrazia diretta libera e bella” si è attivato tutt’altro frame. A Casaleggio è partita la brocca, e ha adito le vie legali contro un attivista del suo movimento. Anche a Grillo è partita la brocca e, rinunciando ai soliti orpelli e specchietti per le allodole, ha mandato un messaggio inequivocamente autoritario. Questo sembra aver ulteriormente acuito le contraddizioni interne.

        Mi sa che il Movimento perderà le sue “ali sinistre” prima del previsto. E’ possibile che nel 2013 rimangano solo il vertice, i quadri ubbidienti e la massa che vota perché vaffanculo tutti.

        A proposito di memoria storica, Repubblica fa un errore abbastanza marchiano: il “discorso del bivacco” di Mussolini non è del ’22 e non è quello dopo la Marcia su Roma: è del ’24 ed è quello che pone fine alla crisi del regime scatenata dal delitto Matteotti.

        • Penso che l’uscita di Grillo sia un tentativo di spostare su di sé l’attenzione non tanto dell’opinione pubblica quanto del movimento stesso in una fase in cui il suo vero volto rischia di venire alla luce: velleitario, rissoso, individualista e pieno di contraddizioni. Insomma non un “popolo” ma una massa di cittadini confusamente uniti da istanze populiste di cambiamento. Appena la creatura fa capolino da dietro le spalle del comico, rischiando non tanto di farsi vedere (la conosciamo bene) quanto di vedersi per ciò che è, ecco che scatta la contromossa: è me che dovete guardare, sono io quello che pensa. Il leader ha bisogno di un “popolo” che lo legittimi e gli dia credibilità, e il popolo deve rispecchiarsi solo nel leader. Tutto normalizzato, contraddizioni risolte. Le critiche, più che mai cercate, non fanno che rafforzare Grillo agli occhi dei suoi: lo vedete che ci vogliono male? sono loro i cattivi…

          ne ho scritto qui: https://www.facebook.com/notes/danilo-pettinati/m5s-una-fase-politica-intensa/309113512537101

        • E’ una delle rare volte in cui possiamo vedere Grillo svestire i panni del “personaggio” e mostrare il suo vero volto, godiamoci lo spettacolo. Purtroppo credo che ci voglia ben altro perché la maggioranza del gregge si allontani dal proprio pastore/padrone, a voler essere ottimisti sarà un lento sgretolamento, e nel frattempo il nostro Bel Paese continuerà ad andare beatamente a quel paese, senza che tutti questi guerrieri “con l’elmetto” abbiano i mezzi, le idee o anche solo l’interesse per impedirlo.

  7. Alberto Sebastiani recensisce la presentazione bolognese di “Un #Grillo qualunque” #M5S
    http://caffeletterario-bologna.blogautore.repubblica.it/2012/12/09/un-grillo-qualunque-nella-crisi-politica/

  8. «In un’intervista trasmessa da Servizio Pubblico la scorsa settimana, Ivano Mazzacurati ha affermato che Casaleggio prenderà i soldi destinati ai gruppi parlamentari del MoVimento 5 Stelle. La notizia è falsa ed offensiva. Ho dato disposizioni ai miei legali per querelare Ivano Mazzacurati e il direttore di rete de La 7». Firmato: Gianroberto Casaleggio.
    http://pubblicogiornale.it/politica/casaleggio-querela-la7-per-il-reportage-di-servizio-pubblico/

  9. due appunti:

    Scusate ma non capisco come Giuliano Santoro concluda che chi un tempo votava Berlusconi e Bossi oggi vota Movimento 5 Stelle. Conosco molte persone anti-berlusconiane e anti-leghiste che hanno votato per il Movimento 5 Stelle. Mi piacerebbe che venisse approfondita l’origine di questa presunta statistica.

    Non so da dove abbia preso l’informazione che <>. In Sicilia l’ADSL è arrivato da oltre 10 anni. E c’è sia l’UMTS che il cavo ottico.

    • Uhm… “Conosco molte persone che…” non smentisce l’affermazione che il M5S prenda la maggior parte dei suoi nuovi voti da chi prima votava centrodestra. Anch’io “conosco molte persone che”, ma… “ne esistono molte altre che invece”.
      Già nel maggio scorso, secondo un sondaggio Demopolis, su 100 nuovi voti al M5s, ben 40 provenivano da PDL e Lega, mentre solo 24 provenivano dal PD (e 20 dall’astensione):
      http://espresso.repubblica.it/dettaglio/a-chi-sottrae-voti-beppe-grillo/2181517
      Penso che, da allora, alcuni voti il PD se li sia ripresi (effetto primarie). Per quanto riguarda i voti di centrodestra, vedremo se la ri-discesa in campo di Berlusconi invertirà la tendenza, non saprei dirlo.

      Non ho visto sondaggi di questo tipo sul voto in Sicilia, ma il boom del M5S nella regione del “cappotto” di centrodestra alle amministrative del 2008 induce a qualche valutazione empirica… In 4 anni il centrodestra siciliano è tracollato. Quei voti in libera uscita saranno andati in parte nella massiccia astensione, ma mi sembra plausibile pensare che molti altri siano andati al M5S.

      Sulla banda larga in Sicilia nulla so, perciò mi astengo dal commentare.

      • …se su 100 elettori 40 vengono da PDL e Lega, significa che il 40% vengono da lì, ma il 60%, cioè la maggior parte degli elettori, NON vengono da PDL e Lega.
        La statistica che hai likato dimostra che il partito che (come partito) perde più voti a causa di Grillo è proprio il PD, e non il PDL.

        Dobbiamo inoltre considerare che quella statistica si riferisce agli elettori del 2008. Nel 2008 il PDL ha avuto circa il 37% dei voti, mentre il PD ha avuto circa il 33%. In questa prospettiva la percentuale di elettori, relativamente al partito di provenienza, che si sono spostati verso il M5S è molto più alta nel PD che non nel PDL.

        Quindi converrai con me che la maggior parte degli elettori del M5S NON sono ex berlusconiani. Anzi, sono di più gli ex anti-berlusconiani.

        Quanto al ragionamento sul voto in Sicilia, è una mera congettura. In Sicilia il M5S ha avuto alle regionali 2012 il 18% circa sul 47% degli aventi diritto al voto. Dunque meno del 9% sul totale degli aventi diritto.
        E’ vero che la Sicilia è la regione del “cappotto”, ma i numeri spiegano chiaramente che una grandissima parte di Siciliani NON sono mai stati berlusconiani. Solo la Margherita e i DS, nel 2001 (l’anno peggiore di tutti per la sinistra, quello del cappotto), hanno avuto in Sicilia un 22-25% sul 67,5% di aventi diritto. Ovvero circa il 15-16% sul totale degli aventi diritto (contro il 9% del M5S 2012). Rifondazione Comunista e Comunisti Italiani hanno avuto nel 2001 circa il 4,5% sul 67,5% degli aventi diritto (i numeri li ho presi da wikipedia).

        Insomma, è lecito presumere che molti ex berlusconiani avranno anche votato M5S, ma mi pare un’evidente alterazione della realtà, affermare che l’elettorato del M5S sia formato prevalentemente da ex berlusconiani.

        Grazie per il link, a presto.

        • Joe, scusami, ma stai ripartendo da una premessa diversa da quella che avevi fatto. Qui sopra hai chiesto:
          “non capisco come Giuliano Santoro concluda che chi un tempo votava Berlusconi e Bossi oggi vota Movimento 5 Stelle”.
          Io, per risponderti, ti ho linkato un sondaggio che dimostra, precisamente, che molti che votavano Berlusconi e Bossi oggi votano Movimento 5 Stelle. E quindi Giuliano constata un dato di fatto. Non solo: se prendiamo in considerazione centrosinistra e centrodestra, il M5S prende più voti da chi alla consultazione precedente ha votato centrodestra. Il dato mi sembra innegabile. Non cambiamo le carte in tavola, per favore.

          Se la domanda fosse stata: “Qual è il singolo partito dal quale provengono più voti al M5S”, io ti avrei risposto: “Il PD, grazie al cazzo”. Essendo il singolo partito più grande in Italia, è anche una semplice questione probabilistica. Ma siccome stiamo parlando di elezioni, e noi abbiamo un sistema elettorale che incentiva la formazione di coalizioni, e le due coalizioni più significative nell’Italia degli ultimi vent’anni sono stati il centrosinistra e il centrodestra, ha molto più senso ragionare su queste due, non su un singolo partito. Il M5S intercetta più voti in fuga (in fuga *recente*) dal centrodestra che dal centrosinistra.

          Sono i suoi *attivisti* a provenire in maggioranza da un humus di sinistra, almeno in certe zone del Paese, ma gli attivisti hanno una loro storia (e sono qualche decina di migliaia di persone), molti elettori ne hanno un’altra (e sono milioni e milioni). E credo che questa divaricazione ci sarà sempre più.

          • No, aspetta, non sono ripartito da una premessa diversa: ho detto che se il 40% vengono da PDL e Lega significa che la maggior parte degli elettori M5S (il 60%) NON vengono da PDL e Lega.

            Poi ho fatto delle considerazioni ulteriori sul singolo partito.
            E non è vero che, “grazie al cazzo”, il PD è il più grande partito. Oggi risulta essere il più grande partito, è vero, ma alle elezioni del 2008 (cioé quelle su cui si basa la statistica che hai linkato) era il PDL il più grande partito:
            http://it.wikipedia.org/wiki/Risultati_delle_elezioni_politiche_italiane_del_2008

            Inoltre il tuo ragionamento si potrebbe capovolgere: se il centro-destra era la coalizione più grande nel 2008, è normale che la maggior parte degli elettori vengano da lì, grazie al cazzo. :-)

            PD + IDV cedono 31 elettori, PDL+Lega cedono 40 elettori. Vai a confrontare questi dati con i risultati del 2008 e ti accorgerai che le due coalizioni stanno cedendo voti in modo piuttosto omogeneo.

            Quindi, per favore, smettiamola di dire che “chi votava Berlusconi e Bossi oggi vota M5S”, perché non è vero. Non è nemmeno una mezza verità, al massimo è una verità al 40%.

            • Scusate se intervengo pure io, ma mi viene da chiedere se sia poi così importante definire in quale percentuale (40% o 60%) gli elettori di Grillo vengano da destra o da sinistra. E’ evidente che una fetta corposa, forse perfino la maggioranza in una data fase, possa venire da sinistra. Così come è vero che dopo le primarie del centrosinistra c’è stato un recupero di quest’ultimo sul M5S. Vorrà pur dire qualcosa. Il problema a mio avviso non nasce dalla provenienza, dal punto di partenza, ma da quello di arrivo! Quando prevalgono istanze identitario-xenofobe e una pseudo-democrazia diretta che in realtà si trasforma in competizione per accaparrarsi una candidatura o il placet del capo, in questo io non trovo nulla di sinistra. Ma mi rendo conto che il giudizio è dato sulla base di ciò che “io” giudico culturalmente di sinistra e non su ciò che oggi la sinistra è storicamente.

            • Guarda, Joe, il giochino è anche divertente, di primo acchito, e sembra persino funzionare. Però poi uno se ne accorge, che stai contando anche il 20% di voti provenienti da persone che nel 2008 non erano andate alle urne.
              Se parliamo di elettori che nel 2008 espressero un voto per il csx o il cdx, vediamo che il M5S (almeno secondo questo sondaggio del maggio scorso) ha avuto più consensi dai secondi che dai primi. Ma non è questo il punto: spostando l’attenzione sull’aritmetica, si sfoca e rimuove la questione politica di fondo.

              La questione politica di fondo è: milioni di persone che fino a ieri votavano Berlusconi e Bossi adesso votano M5S. Perché lo fanno? Quali sono le ragioni di questo spostamento di consenso?

              Ci sono due modi per conquistare il voto di destra:
              – il primo è convincere chi è di destra a non esserlo più, o almeno a esserlo su meno temi e istanze del vivere comune;
              – il secondo (ben più facile) è agitare temi e assumere posture che piacciano a chi è di destra.
              Nel primo caso è la gente di destra a essere conquistata/convinta/attirata da te; nel secondo, sei tu a spostarti a destra.

              I milioni di persone che prima votavano a destra e adesso votano M5S lo fanno perché hanno assunto un atteggiamento critico nei confronti delle loro scelte di prima, del loro acritico culto del capo/divo, del loro giustificare abnormi nefandezze perché “basta che non vinca la sinistra”, del nuovismo di facciata sbrilluccicante e un tanto al chilo, dei loro umori razzisti, del loro dare sempre la colpa a qualcun altro (la casta, gli immigrati etc.)?

              Oppure lo fanno perché trovano nel “grillismo” (prima ancora che nel M5S) un nuovo veicolo per quegli umori, per quel culto del capo/divo, per quel nuovismo di bassa lega, per quel deresponsabilizzarsi dicendo che la colpa è “loro”, il problema sono “loro”, dobbiamo mandare a casa “loro”, sono “loro” ad avere mandato il Paese allo sfascio etc.?

              Io sarò prevenuto, ma, per dirla con Elio (“Urna”, dall’album Italian Rum Casusu Cikti, 1992) “propenderei per la seconda ipotesi / perché [la situazione] emana un fetore nauseabondo”. A me sembra che il grillismo intercetti molti voti di destra (non solo quelli, ma molti) perché dietro il “né di destra, né di sinistra”, è molto più di destra che di sinistra.

              P.S. Se vogliamo essere precisi, alle politiche del 2008 il Popolo delle Libertà non era ancora “un singolo partito”, ma una coalizione di Forza Italia e Alleanza Nazionale. Il congresso di fondazione del PdL si è tenuto più di un anno dopo, nel marzo 2009.

    • il fatto che grillo ammonisca che se scompare 5s ne verrà un aumento dell’estrema dx, significa che pure lui è conscio che ora una parte di quella dx sonnecchia nel suo movimento.

  10. Obtorto Grillo

    (Considerazioni e commenti sul libro di Giuliano Santoro, Un Grillo Qualunque, Il Movimento 5 Stelle e il populismo digitale nella crisi dei partiti italiani, Castelvecchi, 2012)

    Dico subito che consiglio a tutti la lettura di questo libro e in particolare a tutti coloro che sono sostenitori ed elettori del Movimento a 5 Stelle. Malgrado il testo paghi il prezzo di alcuni evidenti pregiudizi aprioristici, è sicuramente utile riflettere sui punti deboli e sulle possibili derive che il Movimento 5 Stelle – anche in totale buona fede – potrebbe prendere. Nello specifico, penso che un eccessivo accentramento di potere sarebbe una grave ingenuità e risulterebbe letale per un Movimento fondato proprio sul principio della democrazia diretta, che finirebbe per perdere la fiducia e allontanare gran parte dei suoi sostenitori.

    Il frame del populismo

    Detto questo, entro nello specifico del testo di Giuliano Santoro. Tutto il testo è una trattazione di fatti e citazioni accompagnata da commenti e opinioni dell’autore e attraversata da un’analisi formale delle strategie di comunicazione di Beppe Grillo.
    Il concetto più ricorrente a tal proposito è quello di frame, o tormentone, o “parola d’ordine”, che l’autore giudica molto negativamente: «sono concetti che vengono ripetuti continuamente, mai spiegati fino in fondo, fino a rappresentare un elemento identitario, un universo di segni di riconoscimento cui attingere» (pag. 116). Eppure, proprio mentre critica questi frame lo stesso testo, già nel suo sottotitolo, utilizza quello che certamente è il frame più usato – e abusato – dalla retorica anti-grillina: populismo.

    La parola “populismo”, assieme al suo quasi sinonimo “demagogia”, rimbalza giornalmente di giornale in giornale, di telegiornale in telegiornale, la si incontra nei cosiddetti “programmi di approfondimento politico”, nei talk-show su qualunque tema, nei discorsi del Presidente della Repubblica e del Presidente del Consiglio, nelle comparse televisive lampo con invettiva finale di amministratori pubblici e “opinionisti” chiamati in causa a vario titolo, ed è diventata il tormentone più usato – e abusato – nelle campagne elettorali-pubblicitarie di quasi tutti i partiti politici. Spesso compare abbinata ad altre parole cariche di carattere allarmistico, per esempio “il pericolo del populismo”, “la barbarie del populismo”, “il preoccupante ritorno al populismo”. Se qualche volta ci si ferma a riflettere su esempi di “populismo” nel passato quasi sempre compare il populismo di Mussolini e, ovviamente, il populismo di Hitler. Ogni tanto, bisogna ammetterlo, qualche articolo avanza anche la possibilità dell’esistenza di una demagogia buona. Ma lo fa in una colonnina timida in quarantacinquesima pagina di un quotidiano o in un trafiletto semi-nascosto di un settimanale che invece presenta un intero super-speciale con copertina dedicato alle brutte parole, ai nomi storpiati e alle smorfie di Beppe Grillo. Questi i fatti.

    Populismo e demagogia entrano dunque a pieno titolo tra quei «concetti che vengono ripetuti continuamente, mai spiegati fino in fondo, fino a rappresentare un elemento identitario, un universo di segni di riconoscimento cui attingere».
    Giuliano Santoro nel suo testo dà una breve spiegazione esplicita – ma piuttosto personale – del termine “populismo”, quasi alla fine del libro: «qui per “populismo” abbiamo inteso la capacità da parte di un leader di costruirsi attorno un “popolo” che gli corrisponda in pieno, mortificando le differenze e appiattendo le ricchezze.» (pag. 166).
    Il “popolo”, all’interno di questa definizione, rimane solo marginalmente soggetto attivo, solo nella misura in cui corrisponde in pieno al suo leader. E’ svuotato di qualunque capacità propria, di qualunque valore proprio. Subisce passivamente la capacità del leader di omologarlo a sé. Questo “popolo” corrisponde in pieno al suo leader «mortificando le differenze e appiattendo le ricchezze», divenentando dunque una massa informe, indistinta.

    Ecco svelato il pregiudizio di base nei confronti del Movimento 5 Stelle: non si prende nemmeno in considerazione la possibilità che il successo del Movimento 5 Stelle potrebbe essere dovuto al fatto che degli individui pensanti possano avvicinarsi al Movimento e dunque al suo leader perché ne condividono i principi ideologici dichiarati e le proposte programmatiche, senza per questo dover condividere in pieno tutto ciò che dice e che fa lo showman Beppe Grillo, e dunque senza per questo omologarsi all’interno di una massa informe.

    Giuliano Santoro chiarische meglio questo concetto in un’intervista rilasciata sul blog Giap: «Il problema nasce quando la massa entra in Rete. Perché lo fa proprio in quanto “massa” indistinta, senza coscienza di essere “parte” o di rappresentare un preciso interesse o almeno una determinata cultura.»

    Questa convinzione – tra l’altro piuttosto semplicistica perché lontana dalla complessità del reale – caratterizza il testo di Giuliano Santoro e la modalità con cui prende in analisi tutte le proposte del Movimento 5 Stelle, rappresenta il principale punto debole di tutto l’apparato argomentativo.

    Nel suo Filosofia del populismo, Nicolao Merker, professore emerito della Facoltà di Filosofia dell’Università di Roma La Sapienza, scrive: «È sorprendente, ma per il populista il “popolo” non è un vero interlocutore, non ha vera voce in capitolo. Il populista ne parla sempre, ma nomina un falso oggetto. Egli infatti non “sa” che cosa sia il “popolo”, talvolta gli risulterebbe perfino scomodo saperlo. Alle nozioni che ne possiede mancano quei requisiti di affidabilità cognitiva, scientifica, che provengono da analisi serie e ipotesi attendibili. Costruisce l’idea di “popolo” su immagini approssimative. Sono confuse e generiche, inadatte all’esercizio del distinguere e analizzare perché la loro impronta è quella dell’“intuizione”, a cui egli spesso si appella.

    È perciò sostanzialmente “populista” anche chi del popolo diffida, chi non lo considera affatto un deus ex machina di ogni costruzione politica, ma, al contrario, una bruta massa indistinta che con il suo (ahimè inevitabile) esistere ostacola l’emergere dei rari spiriti superiori, destinati, per nascoste ragioni metafisiche, a incarnare il genio che sa reggere gli Stati. Chi vede nel popolo il globale fattore negativo è un populista a segno rovesciato. Anche per costui il “popolo” è un’entità sempre indistinta e mitizzata, un’astrazione concettuale ipostatizzata, metafisicizzata, insomma semplicemente un feticcio negativo invece che positivo, un diabolus ex machina invece di un deus ex machina.»

    (continua…)

    • Mi sembra che tu confonda il tormentone con il frame (che è la cornice metaforica dentro cui avviene una narrazione) e banalizzi un poco l’utilizzo che Giuliano Santoro fa del concetto di “populismo” (che deriva dalle riflessioni di Laclau), però, sinceramente, non sta a me entrare nel merito. Voglio solo fare una piccola osservazione di metodo:
      questo, almeno nella forma, non è un commento che prende spunto dalla discussione in corso nel thread, ma un vero e proprio articolo con tanto di titolo, un testo palesemente scritto a parte, indipendentemente da quel che stiamo dicendo qui, e che qui viene soltanto “depositato”, addirittura con l’intento dichiarato di pubblicarlo a puntate. Infatti, non ti rivolgi in modo interlocutorio all’autore né a nessuno di noi. Forse sarebbe stato meglio pubblicarlo altrove, e linkarlo qui (o forse, meglio ancora, nel blog di Giuliano) con alcune righe di spiegazione. Oppure scriverlo tenendo conto che qui è in corso una discussione, facendo richiami e riferimenti.
      Se tutti facessero così, ciascuno si limiterebbe a sfruttare Giap come “bacheca” dove incollare le proprie cose, con scarso o inesistente impegno di contestualizzazione. Ti chiedo un piccolo sforzo in più in questo senso, per favore.

      • …in realtà la mia idea iniziale era proprio quella di pubblicare lo scritto sul blog di Giuliano Santoro. Poi ho scoperto l’esistenza di questo blog multi-autore (citato nel libro) dove già si parlava del libro in questione e dove partecipa attivamente anche l’autore, e ho deciso di pubblicarlo qui dentro, proprio perché mi interessava avere più interlocutori.
        L’intento interlocutorio lo davo per scontato, altrimenti lo avrei pubblicato nel mio blog.

        Forse sbaglio, ma pubblicare altrove e linkare qui dentro mi sembra una scortesia da spammer.

        E lasciami notare che inserire le proprie considerazioni a proposito di un libro sotto la presentazione di quel libro non è andare off-topic. :-)

        In ogni caso, ti ringrazio per le tue osservazioni, in effetti nel mio scritto ho dato l’impressione che frame e tormentone fossero la stessa cosa: hanno un legame, ma non coincidono.
        Preciserò meglio questa differenza.

        Mi scuso se sono apparso invadente, grazie ancora e a presto.

        • Certamente non sei off-topic, era una questione di forma, non di contenuto. Linkare non è scortesia da spammer se il link viene accompagnato da qualche riga di spiegazione e da un invito alla lettura. Esempio:
          “Ho buttato già alcune considerazioni sull’uso che Giuliano Santoro fa del termine ‘populismo’. A lasciarmi perplesso è una certa opposizione aprioristica al concetto di ‘popolo’. Il pezzo si intitola ‘Obtorto Grillo’. Se vi va, leggete e ditemi che ve ne pare [segue link].”

          • Va bene, allora farò così, appena avrò rivisto il mio scritto anche alla luce delle tue osservazioni.

      • «Se tutti facessero così, ciascuno si limiterebbe a sfruttare Giap come “bacheca” dove incollare le proprie cose, con scarso o inesistente impegno di contestualizzazione»

        Guardacaso questo è esattamente ciò che avviene con il blog di Beppe Grillo: il cuore del cyberspazio che i cinquestellisti vorrebbero insuperato strumento di dialogo, scambio di opinioni, partecipazione democratica, è di fatto uno spazio di comunicazione unilaterale (e questo è stato già detto mille volte) in cui c’è un livello di dialogo davvero esiguo anche tra gli utenti. Qualcuno lo ha chiamato “il bagno pubblico più grande d’Italia”
        (qui), a prescindere da un giudizio di valore ma proprio per una questione di utilizzo.

    • Caro Joe Serpe,
      mi pare che tu non abbia capito cosa intendo per populismo, e che da qui faccia una grande confusione: come spiego nel libro e in breve anche qui (http://suduepiedi.net/2012/09/costruire-il-popolo/) il concetto di populismo al quale mi rifaccio (che come diceva bene wm1 deriva da Ernesto Laclau) non è sinonimo di demagogico e autoritario.
      La precisazione è importante (ed è fondamentale non fare confusione) perché il concetto di populismo è uno dei più scivolosi e variamente interpretati nella storia del pensiero politico.
      Ciao
      Giuliano Santoro

  11. Altre due piccole “perle” di grillismo.

    http://bit.ly/12jduqH

    Le domande del Fatto sono sicuramente ridicole. Per capirci, non un riferimento alla cosa più importante: il programma. Certo è che, per chiunque ha un minimo di contezza di come dovrebbe funzionare un’organizzazione per poter parlare, anche solo di striscio, di democrazia interna, il fatto che un attivista si fregi così della propria ignoranza (“non lo so, mi limito a fidarmi di chi ha sempre detto le cose come stavano”) è quanto meno indicativo.

    Ma soprattutto:

    http://bit.ly/125dUlj

    Chi critica il leader, insomma, “dichiara guerra” al progetto del M5S. Se l’organizzazione non c’è (pochi i votanti alle parlamentarie, stando ai dati; assente qualsiasi organo di coordinamento a livello nazionale) e se il programma non c’è, l’unica cosa che tiene in piedi la baracca… è il carisma del “capo politico”. In modo sempre più brutale ed esplicito.

    Se una cosa del genere avrà vita lunga, ce la potrà avere soltanto in un senso *estremamente* negativo.

    • “Se l’organizzazione non c’è (pochi i votanti alle parlamentarie, stando ai dati; assente qualsiasi organo di coordinamento a livello nazionale) e se il programma non c’è, l’unica cosa che tiene in piedi la baracca… è il carisma del “capo politico”.”

      Il che ricorda paurosamente gli esordi del fascismo. Al congresso di fondazione dei Fasci di combattimento (erano tipo in quindici XD) Mussolini disse di non voler parlare di programmi ma solo di come prendere il potere e successivamente per definire il fascismo disse “il fascismo non è pensiero, è azione”.

      Grillo che dice “chi fa domande su domande va fuori” in quel video fa veramente paura. Non solo chi fa domande scomode (e giàà ci sarebbe da scandalizzarsi), chi provoca, semplicemente chi chiede, chi ha dei dubbi, chi pensa con la propria testa va fuori. Una lobotomizzazione di massa perpetrata attraverso la Rete, proprio come Berlusconi che l’ha attuata attraverso la televisione e Mussolini che l’ha praticata coll’olio di ricino.

      • In effetti nel video Grillo-fuori-dal-personaggio è abbastanza inquietante. Ma al tempo stesso è ridicolo nella sua autoevidenza. Le due cose assieme generano un certo straniamento.
        Non si rende nemmeno conto del senso di ciò che sta dicendo:
        “Se c’è qualcuno che reputa che io non sia democratico… se ne va fuori dalle palle!”
        E’ fantastica, sembra una barzelletta, una gag autoironica, se non fosse che è maledettamente serio mentre la dice.
        “…Chi si pone il problema della democrazia del movimento va fuori.”
        Ecco come si risolve il problema della democrazia: negando che esista il problema stesso e di conseguenza fottendosene della democrazia (tanto c’è internet…).
        Io non penso che questa cosa avrà vita lunga, ma rischia di preparare il terreno a qualcosa di spaventoso, all’altezza – o piuttosto bassezza – dei tempi.

    • solo una piccola precisazione: credo che le domande – a cui non risponde l’interpellato, il “capo”, ma qualcuno che così si candida a suo scagnozzo – siano state fatte originariamente da Federica Salsi e poi riprese dal Fatto, una volta che esse sono scomparse magicamente dalla pagina FB sulla quale erano state pubblicate.

  12. Non è un problema di democrazia “interna” al #M5S. “Interna” una sega. Apologeti di Grillo e finti ingenui stanno cercando di imporre il frame del “sono cazzi loro”:

    Purtroppo, saranno molti gli “analfabetizzati della democrazia” ad abboccare.

    Qui c’è un partito-azienda di proprietà del suo leader carismatico, privo di regole chiare, dove in ultima istanza le decisioni le prendono il guru e un suo sodale, e chi fa domande viene cacciato.
    Questi non sono cazzi loro: sono cazzi di tutti noi, perché è chiaro più del sole che i due capi hanno una concezione autoritaria – se non totalitaria – dell’agire politico. Questa concezione si esprime in ogni loro atto comunicativo, sempre basato sulla più semplicistica contrapposizione “Noi puri contro Loro bastardi” e finalizzato a suscitare l’adesione acritica in una massa che viene incoraggiata a pensare con le viscere.

    Tutto ciò che avviene “all’interno” (ogni epurazione, esclusione, “giro di vite”, campagna di mobbing contro il “rompiballe” di turno etc.) ci racconta cosa accadrebbe verso l’esterno, contro chiunque di noi, se la logica di fondo di questo movimento fosse lasciata senza scrutinio, senza freni né correttivi. E’ l’ennesimo remake di un film che abbiamo già visto in tutti i suoi rifacimenti.

    Chiaramente, queste sono parole al vento, perché…

    “Che me ne inporta di quello che succede la dentro, l’importante é che cacciano la CASTA!!!”

    “Non li voto xchè sono democratici ma xché BASTA LADRI!!!!”

    “ma perche li altri sono democratici???”

    “ma che centra la democrazia, x favore! lasciate stare Grillo VERGOGNA!!!!!!!!!!!!!!!!!”

    Etc. etc. etc.

    • Ti devo contraddire.
      C’è una regola molto chiara: Art.3 del loro “non-statuto”
      – Contrassegno del nome e logo del M5S al soggetto Beppe Grillo.

      :D

      È incredibile, ogni volta che lo si cita vengono date le stesse risposte a tavolino, anche queste emanate dal Grillo in persona, ma sono risposte che ci spiegano perché succede questo, ci dicono le motivazioni del articolo 3. Che ben vengano, ma le motivazioni non cancellano il fatto.

      Il fatto è che Grillo ha oggettivamente più poteri di un qualunque iscritto al movimento. Ce li ha per copyright, proprio lui che diffonde il software libero. Ce li ha per legge, e questo è un duro tasto per il grillino convinto che “uno vale uno”.

  13. Espulsi dal #M5S Giovanni Favia e Federica Salsi. In Emilia comincia lo showdown, tutti i rei di lesa maestà saranno epurati.
    Sono interessanti i primi commenti sul blog di Grillo:

    “ora cominceranno a rompere i coglioni con la storia del problema della democrazia,del dittatore..tutte le puttanate con le quali ci hanno infinocchiati per 50 anni.Grande Beppe sbattili fuori!!”

    “Ho sempre pensato che la dittatura, se ben amministrata, fosse un buon mezzo…bravo sig. Grillo!”

    “E chiara gianferri (parma) che si mette a fare i censimenti sulle parlamentarie? Non aspettiamo troppo tempo anche stavolta.”

    • Senza voler dare troppa importanza a un singolo commento, trovo inquietante il riferimento a “ci hanno infinocchiati per 50 anni”. In Italia, “50 anni” è diventata una perifrasi per dire “dalla caduta del fascismo” (anche se ormai gli anni sono quasi 70). Vuol dire che sotto il fascismo non venivamo infinocchiati?

      Questo mi fa saltare all’occhio come in Italia molte posizioni politiche si basino su una manipolazione della memoria che racconta una “caduta” da una presunta “età dell’oro” che in realtà non è mai esistita. Il centrosinistra parla contrito degli “ultimi 20 anni” come se prima di Berlusconi l’Italia fosse un paradiso, Berlusconi addirittura fa coincidere la cacciata dall’Eden con la sua caduta nel 2011, qualche bonzo del sindacato racconta favole sul “centrosinistra degli anni Sessanta”, gli ideologi degli editoriali ci spacciano una storia del “boom economico” e del “miracolo italiano” che proviene direttamente da una realtà parallela…

      La cosa più rivoluzionaria che si può dire in questo momento è che l’Italia ha sempre fatto cagare.

      • “…una “caduta” da una presunta “età dell’oro” che in realtà non è mai esistita”
        mi fa venire in mente una frase di Sciascia
        “Intramontabile simulacro, sempre vagheggiato o rimpianto dagli italiani […] : l’ordine. Mai avuto: ma, per incredibile inganno, ricordato. ” (da I pugnalatori)

  14. Posto solo per dire che adoro queste vostre analisi (anche se purtroppo non ho avuto ancora il tempo di ascoltarla tutta), ma soprattutto amo le discussioni che ne nascono e a cui voi tutti (Wu Ming in primis, ma non solo) partecipate attivamente.
    Un esempio, raro, se non unico nel web italiano.

    Aggiungo inoltre, notizia dell’ultima ora, che Salsi e Favia sono stati definitivamente espulsi dal M5S.

    “A Federica Salsi e Giovanni Favia è ritirato l’utilizzo del logo del MoVimento 5 Stelle. Li prego di astenersi per il futuro a qualificare la loro azione politica con riferimento al M5S o alla mia figura. Gli auguro di continuare la loro brillante attività di consiglieri.” Beppe Grillo

    http://www.beppegrillo.it/2012/12/ritiro_del_logo_del_m5s/index.html

    • Commento più votato in questo momento sotto il post di Grillo che decreta l’espulsione degli eretici emiliani:

      “Se entro in un gruppo è perchè mi piace anche per le sue direttive…se ci sono dentro lo aiuto e lo rispetto…se cambio idea non cerco di cambiare il gruppo ma vada via.”

      Curiosamente, questa è la stessa minchiata che ho sentito dire dentro partiti e sindacati di sinistra quando la base e correnti critiche cercavano di correggerne la linea. Di fatto significa mettere gli attivisti nella stessa posizione degli elettori, che rispetto al partito hanno una scelta binaria: votarlo / non votarlo. E così dovrebbero fare gli iscritti: rinnovare l’iscrizione / stracciare la tessera.

      Si noti che la promozione di questa (con)fusione tra base e elettorato è comune a quasi tutte le formazioni politiche nate nella Seconda Repubblica ed è alla base dell’idea delle primarie come sostituto plebiscitario ed elettoralistico dei congressi.

      • Secondo me l’aspetto più inquietante di quel commento è l’equivoco che rischia di generare e cioè che possa continuare a valere anche nel caso in cui il movimento 5S raggiungesse posizioni di governo.
        In questo caso, purtroppo, la logica autoritaria che lo caratterizza e che converge verso l’estrema semplificazione “o con noi o contro di noi” si farebbe Potere e non lascerebbe la possibilità di pensare un’altra idea né lo spazio dove “andare via”.

    • Altro commento (e poi basta, scusatemi):

      “Prima bisogna entrare in parlamento, con tutti i mezzi possibili. Poi con calma di potrà fare salotto e discutere su come migliorare MS5. Voi avete fatto il contrario, ma non c’è tempo lo capite?”

      Anche questa cosa l’ho già sentita nei dibattiti dentro i partiti di sinistra… voi no? E intanto, in quel covo di parassiti chiamato Assemblea Regionale Siciliana, a sorpresa, per intrighi e beghe di casta, viene eletto vicepresidente un grillino, che dice che la sua elezione a questa inutile carica onorifica per scaldasedie sarà “un terremoto”.

      Cretinismo parlamentare e feticismo della delega. Questo non è fascismo, i fascisti hanno sempre considerato il parlamento inutile e avevano chiara l’idea che il potere vero stesse altrove.

  15. […] dall’inizio), anche perché c’è chi se ne occupa molto meglio di me: ascoltate l’audio della presentazione bolognese di Un grillo qualunque di Giuliano Santoro (al dialogo partecipano Wu Ming 1, Wu Ming 2 e Marco […]

  16. […] l’altra sera a Bologna durante la presentazione del libro “Un Grillo qualunque”  (è disponibile anche la registrazione audio). Le riprendo qui1) Intanto sul metodo. Le parlamentarie sono state […]

  17. Sono d’accordo con WM1, il problema di democrazia interno al #M5S diventa un problema collettivo, oltre che per i motivi elencati da lui anche per lo sdoganamento di alcuni concetti. In particolare,cosa vuol dire “siamo in guerra”? Cioè,in particolare qual è il nemico (che ogni tanto sembra sia il mondo intero meno il m5s)?e cosa ce ne si fa del nemico una volta vinta la guerra (le elezioni)?confino?fucilazione di massa? avevo un prof in quarta liceo che insisteva sul fatto che il punto fondamentale della democrazia (se ha ancora senso parlare di democrazia associandola al m5s visti i “fuori dalle palle”,che tra l’altro ricordano molto i “fora di bal” leghisti) non è il voto libero ma la tutela delle minoranze.

  18. […] l’altra sera a Bologna durante la presentazione del libro“Un Grillo qualunque”  (è disponibile anche la registrazione audio). Le riprendo […]

  19. Tutta da leggere
    http://www.lastampa.it/2012/12/13/italia/politica/democrazia-quisquilie-che-ci-danneggiano-gt54J8ByDbDQ3FKVCFEz1L/pagina.html

    Ma chi fa domande è fuori.

    «Siamo un po’ strani, lo so, ma non vedo problemi di democrazia. Noi deleghiamo coscientemente organizzazione e comunicazione a livello nazionale a Grillo e Casaleggio. Il movimento nasce nel blog di Grillo gestito da Casaleggio. Se te ne accorgi dopo, o sei tonto o hai fini personalistici. Stiamo cercando di scrivere la storia del Paese e vai a rompere le palle su quisquilie che ci danneggiano?».

    Quisquille?
    «Quisquilie. Siamo andati sempre bene, finora».

    Lo dice anche Berlusconi.
    «Ancora Berlusconi? E poi lui è solo, qui sono due…».

    • Stavo leggendo anche io l’articolo. E’ impressionante, mi lascia allibito. Secondo me il nucleo della novità politica del #M5S, nel bene o nel male, sta qui:

      “Grillo e Casaleggio hanno un progetto, creano un contenitore, lo mettono a disposizione degli italiani e non vogliono vederlo distruggere da attacchi pretestuosi di quattro ragazzini”.

      Paternalismo allo stato puro, crea un ovvio cortocircuito tra forma e contenuti. Come detto più su da qualcuno (non ricordo se WM1 o 2, scusatemi) il dialogo nato dallo strumento più potente a nostra disposizione, l’internet, viene assolutamente azzerato: il blog di Grillo per la sua unidirezionalità è una TV mascherata, ma notate anche la fatica che fa qualunque esponente, anche “dissidente”, a *parlare* al di fuori di un comunicato. Dalla Gazzetta di Mo: “Modena dice no a Beppe Grillo e preferisce giudicare i suoi eletti sulla base dell’operato . Giovanni Favia ha la fiducia della stragrande maggioranza degli attivisti di Modena e provincia. Dalla verifica semestrale, su 106 votanti soltanto in nove hanno votato contro il consigliere regionale espulso ieri dal movimento 5 stelle direttamente da Beppe Grillo. Mentre tutti e 106 hanno votato a favore di Andrea Defranceschi, il capogruppo grillino in viale Aldo Moro. Con 97 voti a favore su 106, dunque gli elettori confermano Favia « Ho sentito l’affetto di tanti, e questa è la cosa più importante». *Di più non ha voluto dire* il consigliere regionale Giovanni”

      Mi sembra che non ci siano dialoghi ma parole opache, slogan..

      • Sono d’accordo, un movimento che feticizza
        internet come strumento di cooperazione, di liberazione e formazione di una nuova offerta politica riesce, paradossalmente, ad utilizzare
        il mezzo solo secondo schemi e pratiche televisive.
        Non è un caso che per le “parlamentarie” ai vari candidati non sia stato concesso di sfruttare le infinite possibilità del web per discussioni, analisi,
        domande e dibattiti ma sia stata offerta loro solo l’opportunità di postare un video di pochi minuti
        secondo un format televisivo/pubblicitario. La rete è piena di contenuti, anche amatoriali, che diventano virali eppure gli “eletti dalla rete” del M5S non ne hanno prodotto neppure uno. Tutto deve rimanere all’interno della cornice creata dal blog di riferimento e i temi, addirittura le parole, devono essere convergenti con quelli del capo.
        Durante la presentazione bolognese del libro, Santoro aveva giustamente sottolineato come il media internet non possa essere separato dagli altri media coi quali, anzi, si interseca continuamente. A me sembra che in questa fase “con l’elmetto” il paradigma televisivo sia divenuto predominante nella comunicazione del M5S perché più funzionale alla gerarchia autoritaria che ne plasma l’azione politica.
        E’ spaventosa la leggerezza con cui i militanti difendono questo sistema e il loro capo.

    • Intervista raggelante. E il #M5S, con questa subcultura autoritaria tipica della destra italiota più becera (“Il Duce ha sempre ragione!”) e ibridata con la retorica aziendalista che ci ammorba da trent’anni, vorrebbe rimpiazzare la classe politica! Bono risponde che Salsi è stata cacciata perché “contravveniva a una norma non scritta ma accettata”, e non si rende nemmeno conto della gravità di quel che dice. Cultura democratica ZERO SPACCATO, e culto del capo nella sua forma più pura (persino in Forza Italia e nella Lega di Bossi c’erano barlumi di dialettica interna!). Questi sono pericolosi. Quando Salsi li ha paragonati a Scientology, Scientology ha protestato dicendo “Noi non siamo una setta”. Brrrrrr…

      • Agghiacciante. E pensare che non hanno neanche preso il primo grillino che gli passava sottomano, ma questo è il capogruppo del Piemonte (mia regione, tra l’altro).
        Il problema di queste persone è che non si sono accorte di aver subito il lavaggio del cervello e di non riuscire più a ragionare con la loro testa.
        Frasi come:

        E’ democratico?
        «Ah, siete molto attaccati a questa parola».

        Non è importante?
        «Ormai i media hanno svuotato le parole. La domanda non ha senso, non so che cosa vuol dire democratico oggi».

        E gli iscritti decidono?
        «Neanche loro, certo».

        Favia voleva influire qui.
        «Voleva un movimento in cui il ragazzetto più in vista comanda su tutto… non è giusto che comandi chi ha più visibilità».

        Sono inquietanti. Controsensi, come quello evidenziato prima da voi sull’utilizzo televisivo del web, che ormai fanno parte integrante dei loro discorsi e dei quali nessuno (di loro) sembra accorgersi, il Capo in primis, come ha fatto notare nel video-delirio di ieri.

        • Scusate per il doppio post, ma mi ero dimenticato questo passaggio:

          Dove si può discutere?
          «Non abbiamo congressi. Ci sono assemblee locali per mandare critiche a Grillo e Casaleggio, che sempre le hanno recepite».

          Le hanno recepite, ma hanno anche risposto? Da come prosegue l’intervista sembra di no. E sembra anche per loro sia normale.
          Sono pericolosi.

    • di agghiaccianti ci sono anche le parole di Bertola sulla concessione della cittadinanza onoraria ai figli di migranti nati in Italia

      anche quelle mutuate da una cultura precisa, con tanto di riferimenti alla “sinistra dei salotti” che non sa cosa devono subire i poveri italiani a causa dell’immigrazione e il resto elle paranoie e talking point da leghista da bar

    • L’intervista di Bono è ideologicamente mutuata da questa cosa che ci siamo persi
      http://www.youtube.com/watch?feature=player_embedded&v=-rvlcRiowl4#!

      • “Il primo risultato che abbiamo ottenuto è il voto alle donne”

        Detto da uno che ha dichiarato che in Iran la società è armoniosa, che le donne che vanno in televisione lo fanno per solleticare il loro punto G e, soprattutto, che è a capo di un partito che non ha alcuna posizione in merito alla questione di genere.

        Le donne, quindi, ancora una volta usate come trovata di marketing. Esattamente come ha fatto il governo Monti, con tre donne addirittura brutte (ma ve li ricordate questi discorsi?) in posti chiave, con le lacrime di Fornero e via dicendo. Come fece anche Berlusconi, alla maniera di Drive In. Come del resto le aziende fanno di continuo.

        Questa volta il prodotto in vendita è il M5S e quello che il fattore “donne” dovrebbe portare al brand è un vento di pulizia, di novità, di freschezza, per ripulire il vecchio guru dal suo tronfio maschilismo. La forza della manifestazione del 13 febbraio (perché secondo me è dopo quella manifestazione che le donne sono diventate per chi vuole dirsi nuovo qualcosa da avere a tutti i costi) viene semplicemente tramutata in uno slogan pubblicitario.

        Schifo schifo schifo

  20. Spostandomi in 10 giorni da Pordenone a Palermo per presentare Un Grillo Qualunque, ho notato una cosa: i grillini hanno paura. Una paura fottuta. Hanno paura delle delazioni dei loro colleghi di partito, hanno paura delle critiche, hanno paura di essere fatti fuori dal Capo. Quando li critichi ti guardano con occhio tremulo, sperando di non dover intervenire. Alcuni ti chiedono di non dire a nessuno che ti hanno parlato. Altri scappano e mandano all’organizzatore dell’evento un sms con un classico del troll grillista “Questo è pagato dalla Casta”. Altri ancora litigano furiosamente non con il relatore autore del libro anti-grillista, ma tra di loro e solo su questioni procedurali legate alle elezioni (mai che ci si divida sui contenuti). Questa pantomima di una rivoluzione capeggiata da un comico e da un manager doveva essere (anche) un atto giocoso ma si sta trasformando in uno psico-dramma, nel tutti-contro-tutti e nella sindrome del terrore.
    Dovremmo iniziare a chiederci, con lo stesso spirito della discussione bolognese dell’altra sera e cioè utilizzando il grillismo come spia di fenomeni più ampi e non come fenomeno a sè stante: “La paura è il preludio alla crisi di voti?” Non è detto, anzi.

    • Bell’ambientino, comunque. Un ottimo clima, che potrà senz’altro favorire progetti di emancipazione umana e progresso sociale.

  21. Gli sviluppi politici di questi giorni, molto veloci e quindi anche difficili da seguire, secondo me rischiano di imporre un’estensione significativa dell’analisi sul fenomeno grillino e, soprattutto, sulle sue conseguenze sulla situazione politica generale (così come sulle tecniche di comunicazione e costruzione di consenso). Sono considerazioni che mi vengono a braccio e potrebbero essere superate dagli eventi domani stesso, ma secondo me vale comunque la pena di condividerle.

    Inizio con una domanda. Quali sono le “figure” (intese come categorie sociali, non come individui) che negli anni della Seconda Repubblica si sono imposte agli occhi dell’opinione pubblica come bastonatrici inesorabili del malcostume, come tutrici della moralità; insomma: come le nuove eroine della democrazia?
    Risposta: comici satirici e… magistrati.

    Il sindaco di Napoli, ex magistrato ed ex europarlamentare IDV, sta lanciando in questi giorni il suo Movimento Arancione. Anche se la dinamica non è del tutto chiara, sembra che questo movimento si candidi a diventare il contenitore che transiterà le forze e i soggetti che hanno sottoscritto l’appello “Cambiare si può” (fra cui Alba, Rifondazione Comunista, Verdi ecc.) all’appuntamento elettorale.

    I punti su cui fa leva l’ex magistrato De Magistris sono, grosso modo, gli stessi su cui ha fatto leva l’ex comico Grillo, e si riassumono in un concetto semplice, basilare: riforma morale della classe dirigente.
    Ci sono ovviamente delle sfumature fondamentali che differenziano i due approcci (in De Magistris, il concetto assume una più chiara connotazione di sinistra), ma la sostanza di fondo rimane la stessa.

    Come Grillo, De Magistris sta iniziando a sdoganare nei suoi discorsi una specie di “neolingua” che svuota di significato alcune categorie politiche fondamentali, con una loro storia e un loro significato preciso.
    Ad esempio, nel discorso di ieri al convegno di fondazione del M.A., si è definito un “anarchico”, e ha esteso l’aggettivo al movimento nel suo insieme. Ha inoltre detto che l’obiettivo oggi è “fare la rivoluzione governando”. Si tratta di evidenti strizzatine d’occhio ad un’opinione pubblica che, pur essendo attratta da parole radicali (anarchia, rivoluzione ecc.), difficilmente ne coglierà la profondità storica, sicché il loro uso assume una funzione prettamente… emotiva.

    Come il movimento di Grillo ha fatto leva sull’idea di partecipazione dal basso, di democrazia liquida, di orizzontalità estrema, così il movimento di De Magistris e l’appello “Cambiare si può” fanno leva sull’idea del “soggetto politico nuovo”, staccato dai vecchi partiti, costruito a partire da “nodi” locali, portatore di nuove forme partecipative nella vita politica a sinistra. Saranno appunto questi “nodi” o coordinamenti locali (provinciali) a lanciare la costruzione della “cosa arancione”, o “quarto polo” che dir si voglia.

    Esattamente come il movimento di Grillo, ma con modalità molto più accelerate, l’area della sinistra arancione ha dovuto forzare il proprio percorso di costituzione come “soggetto politico nuovo” su pressione dell’appuntamento elettorale nazionale. Se Grillo lo sta facendo con una evidente stretta autoritaria, De Magistris, gli intellettuali arancioni e i pezzi di sinistra che stanno confluendo del progetto, lo fanno con modalità più fluide, incerte e problematiche (legate anche ad un difficile gioco di equilibri), ma non senza, secondo me, una chiara tendenza all’accentramento sulla figura del sindaco di Napoli.

    Ora, se Grillo, come ha detto bene WM2, è lo zio caciarone che ti lascia nei guai e qualche volta fa la voce grossa… beh, De Magistris è lo zio dottore, quello serio e autorevole, capacissimo di fare l’istrione, ma con il quale non si sgarra. Il comico satirico e il magistrato, appunto; i due archetipi di “salvatore della patria” partoriti dal disorientamento degli anni ’90 e dei primi anni ’00 (disorientamento che non è certo riducibile ai soli effetti nefandi del berlusconismo, ma anche, ovviamente, alle sconfitte e ai tradimenti della sinistra).

    A me sembra che questi due prodotti politici, figli della loro epoca, non privi di somiglianze soprendenti al di là delle ovvie differenze, siano le due risposte, rispettivamente “di destra” e “di sinistra” che la politica sta oggi dando al disorientamento, alla confusione, alla paura e alla disillusione delle classi medie (a quella che in altri tempi sarebbe stata chiamata la “piccola borghesia”).

    A cavallo fra Prima e Seconda Repubblica, si produsse una dialettica molto simile fra la Lega Nord e la Rete di Leoluca Orlando (che nel frattempo è tornato alla ribalta e segue con interesse il progetto di De Magistris). Ricordo persino di conoscenti adulti (io ero molto piccolo, ma certe cose per qualche motivo mi sono rimaste impresse), che diedero un voto alla Lega e uno alla Rete!

    Per chiudere con una metafora: è come se il “cervello collettivo” di una “middle class” in fase di proletarizzazione e priva di punti di riferimento nei vecchi partiti, si stesse scindendo nei suoi due emisferi; un emisfero destro (la sua parte più irrazionale, di pancia) che guarda a Grillo, e un emisfero sinistro (la parte più razionale) che guarda invece ad possibile raggruppamento radical-riformista (arancione, appunto) a sinistra dell’asse PD-SEL.

    Con un ulteriore possibile dato, che ricavo dalla mia limitata esperienza diretta, per quanto concerne la composizione anagrafica dei rispettivi progetti politici. L’emisfero destro mi sembra essere quello più giovane, cresciuto all’ombra delle macerie del Muro di Berlino, privo di riferimenti ideologici chiari e costretto a scontrarsi con la polverizzazione dei propri sogni di autorealizzazione. L’emisfero sinistro, invece, quello più anziano, cresciuto negli anni del boom, influenzato ideologicamente dalla contestazione e dalle lotte degli anni ’60 e ’70, e in seguito consolidatosi, a livello materiale, grazie ad un lavoro stabile nel settore pubblico o al successo professionale.

    Se i due emisferi sono distinti, la calotta che li contiene, ovviamente, è la stessa. Stiamo pur sempre parlando di risposte alla crisi (politica e sociale) *da un punto di vista prevalentemente piccolo-borghese*.

    Il che non vuol dire, ovviamente, che le lotte operaie, gli umori della classe, non lascino traccia. L’appello “Cambiare si può” è stato sottoscritto, fra gli altri, anche da delegati sindacali e operai che le lotte le hanno fatte e vissute in prima persona. E fra gli elettori del M5S, così come fra i suoi attivisti, gli operai certamente non mancano.

    Quello che manca, in un caso come nell’altro, è però il *ruolo trainante* della lotta di classe, ossia l’assunzione da parte della classe lavoratrice – quella più direttamente colpita dalla crisi e dall’attacco ai diritti e alle tutele sociali – di un ruolo di guida anche rispetto ai settori confusi della piccola borghesia (che – e la tradizione marxista ce lo insegna fin troppo bene – non solo non è una classa rivoluzionaria, ma non è neanche una classe vera e propria, visto il carattere variabile dei suoi interessi materiali e il carattere ondivago della sua ideologia).

    A conti fatti, è questo netto spostamento di asse a livello sociale che spinge la sinistra, oggi, sempre più a destra, con il PD che si candida a diventare il nuovo partito ufficiale delle classi dominanti (basta leggere l’intervista di Bersani al WSJ) e con le forze a sinistra del PD che vanno a riempire il vuoto “socialdemocratico” lasciato dalla vecchia lumaca del PCI nel suo lento ma inesorabile “cammino evolutivo” verso il centro politico. Un fatto che riflette, con tutte le specificità italiane, una tendenza europea, con la vecchia guardia socialdemocratica che si compromette con le politiche di tagli e austerità imposte da BCE e Troika e la “nuova guardia” di sinistra che, cresciuta su parole d’ordine radicali, tende infine a smorzare i toni e a rientrare nei ranghi. Le battaglie congressuali in Syriza (già svoltasi) e nel PCF (che si svolgerà a febbraio) mi sembra che manifestino questa linea in modo abbastanza chiaro.

    Ovviamente, in tutto questo, a mancare oggi in Italia è una risposta forte dalla sinistra di classe e anticapitalista… ma questa è ovviamente un’altra storia. ;-)

    • La tua analisi mi convince. L’unico punto debole secondo me è che non tieni abbastanza conto del fatto che di questi tempi non è tanto facile distinguere la piccola-borghesia proletarizzata (economicamente e/o culturalmente) dalla classe operaia piccoloborghesizzata (economicamente e/o culturalmente). E’ anche lo sfumare dei confini di classe che rende difficile “l’assunzione da parte della classe lavoratrice di un ruolo guida” e il far giungere alle orecchie della gente un discorso da “sinistra di classe e anticapitalista”. Altrimenti, sai com’è, avremmo la soluzione in tasca…

      • Certo, i confini non sono semplici da stabilire. Però questa difficoltà non impedisce che questi confini, da qualche parte, ci siano.

        A definire una classe, marxisticamente, non è né il reddito, né l’ideologia, ma il ruolo nella produzione. E’ per questo che un piccolo imprenditore o un commerciante in difficoltà, nonostante la loro condizione materiale non florida o le loro eventuali simpatie di sinistra, rimangono comunque, socialmente, borghesi. Così come un operaio che lavora in un’azienda in buona salute, che gode di un contratto a tempo indeterminato e può permettersi un discreto benessere materiale rimane comunque un operaio. E’ il rapporto con i mezzi di produzione a determinare le differenze fra le classi sociali.

        E’ importante anche ribadire che “piccoloborghese” non è – almeno non per me – un giudizio di valore, anche se il termine viene spesso usato in un’accezione spregiativa. Io la utilizzo soltanto come categoria d’analisi per descrivere la società e i rapporti di produzione su cui si regge, e nulla più.

        Sulla classe operaia “piccoloborghesizzata” e sul suo ruolo politico, tra l’altro, l’analisi marxista non ha affatto lesinato. E’ un po’ il vecchio concetto di “aristocrazia operaia”, intesa all’epoca come la spina dorsale dei partiti della Seconda Internazionale e dei sindacati di massa.

        Detto questo, sto imparando a tenere le “soluzioni” fuori da questo contesto di discussione :-) Ognuno formulerà le sue. Quello che mi ha colpito è stato invece proprio il parallelismo fra le due figure di Grillo e De Magistris, e il fatto che si appellino a due porzioni ideologicamente (e forse anche anagraficamente) contrapposte di una stessa base sociale. Semplificando di molto, ovviamente (ma senza semplificazione, si sa, non c’è possibilità di sviluppare analisi un minimo generali).

    • Non ritengo assolutamente di avere la preparazione, la competenza e il grado di informazione necessaria a rispondere adeguatamente a questa analisi, tuttavia mi permetto di far notare una cosa (non so quanto ingenuamente) su ALBA.

      Tu sostieni che il cosiddetto “movimento arancione” si stia sviluppando in maniera simile al Cinque Stelle nei contenuti (anche se più a sinistra) e nella forma (anche se più fluida), perché insiste sugli stessi punti del programma (chiamiamolo così) di Grillo, possiede una figura carismatica nel ruolo di leader seppur non invadente come Grillo, si propone più come contenitore che come contenuto.

      Quello che non mi convince è soprattutto l’ultimo punto: comprendo il sospetto verso una figura come De Magistris, non tanto per la persona quanto per i criteri di apprezzamento “mediatico” che l’hanno posto in quel ruolo; comprendo la critica e la diffidenza per certa retorica fuorviante veicolata da espressioni come quelle che hai citato; comprendo la stessa cosa per quanto riguarda l’appello “Cambiare si può”. Tuttavia, quell’appello è stato sottoscritto da un soggetto come ALBA che non vedo come possa esser considerato dare più spazio alla forma che alla sostanza, o al contenitore più che al contenuto, dal momento che nei punti programmatici trovo molto contenuto e poca retorica.

      Magari sono solo disinformato io, ma se è così mi piacerebbe avere un’opinione più strutturata e formata della mia

      • Eh… diciamo che nelle considerazioni che faccio un peso non indifferente lo riveste proprio l’esperienza che ho fatto personalmente di ALBA (non come membro o sottoscrittore, ma come militante di un’altra organizzazione che ha seguito, anche se per pochissimo, quel tentativo di ricomposizione a sinistra). Però non è certamente questo il contesto adatto per discutere questi aspetti, visto che la questione su cui si ragiona non è il carattere politico di ALBA, ma qualcosa di un attimo più generale ;-)

        Detto questo, sono d’accordo con l’appunto che fai. Fra gli appelli su cui si sta costituendo la “cosa arancione” e il cosiddetto “programma” del M5S c’è una differenza qualitativa non indifferente, e non si tratta certo di un dettaglio di poco conto!

        Il mio ragionamento ha volutamente by-passato il programma, proprio perché non è su questo aspetto (strettamente politico) che volevo confrontare le due cose, ma su altri aspetti, come hai sottolineato molto chiaramente anche tu: il carattere sociale e quello generalmente comunicativo-ideologico, e la prospettiva generale (riformismo, riforma morale della classe dirigente).

        • Se non si parla di programma, allora potrei essere d’accordo sui punti che già abbiamo entrambi esposto piuttosto chiaramente. La situazione è comunque molto dinamica e anche confusa, ora, sia nel M5S che negli arancioni, e quindi per me è difficile materialmente tenermi aggiornato e farmi un’idea.
          Tra l’altro, pare che Grillo provi simpatia per loro: parlando degli espulsi, ha affermato oggi «Magari andranno con gli arancioni e io gli darò una mano».

      • Io andrei ancora oltre nelle differenze. De Magistris, pur essendo un magistrato, ha dichiarato che per lui è profondamente sbagliato pensare alla non eleggibilità dei condannati, di fatto limitando l’espansione dell’importanza del magistrato (non sto dicendo che condivido i discorsi di DeMagistris, solo che mi sembra poco corrispondente ai fatti un paragone con l’M5S)
        Inoltre non sono così convinto che ‘cambiare si può’ dia DeMagistris-centrico. All’uscita del loro appello ho scambiato qualche opinione via mail con qualche amico, uno di loro, per nulla entusiasta del movimento, avanzava la preoccupazione che fosse troppo ‘torinocentrico’ per la presenza contemporanea di Mattei, Revelli e alcunii altri nomi che ora mi sfuggono.
        Non ho ancora un’opinione definita su questo nuovo partito, ma nell’analisi di Little Commie Craig proprio non mi ci ritrovo

    • Questa analisi mi lasciano nello sconforto più totale. Vorrei solo aggiungere un paio di considerazioni:

      1) Sul personalismo di De Magistris: non penso che il movimento sia così accentrato su di lui. Bisogna innanzitutto distinguere fra il Movimento Arancione e il percorso Cambiare si può, il primo è un vero e proprio partito che si interessa al percorso suddetto, come Rifondazione, Sinistra Critica, ecc. Ci sono altre figure di rilievo che si sono dette interessate a questo percorso: Di Pietro (anche se, come per De Magistris, nulla è certo dato che entrambi insistono a non voler chiudere la porta in faccia al PD mentre all’assemblea di Cambiare si può la chiusura al PD è stata una delle poche certezze), Revelli e soprattutto Ingroia (possibile candidato premier).
      Considera poi che “l’arancionismo” è nato con riferimento a Pisapia (e a Zaia) prima che a De Magistris i quali per forza di cose non hanno niente a che spartire con Cambiare si può.

      2) Sulla radicalità del percorso Cambiare si può: si è detto che questo percorso manca di una chiara identità di classe e che mira piuttosto alla costruzione di un classico movimento socialdemocratico. Questo secondo me è tutto da verificare per via della presenza al suo interno di almeno due organizzazione chiaramente (almeno a parole) comuniste, ovvero Rifondazione e Sinistra Critica. Qui il discorso si fa interessante poiché entrambe hanno una struttura ben radicata sul territorio e soprattutto perché entrambe hanno un numero di militanti da poter agevolmente sviluppare egemonia su di esso. Il nodo è tutto qui: riusciranno (e vorranno) queste organizzazioni ad orientare in senso classista il movimento? Dovremmo avere una risposta abbastanza presto, questo week end ci sono le assemblee territoriali e il 22 la seconda assemblea nazionale.

      3) Sull’attuale composizione delle classi sociali e i loro orientamenti politici: io ho sempre avuto delle difficoltà a parlare di classe media e di piccola borghesia. Tradizionalmente si fanno ricadere in queste categoria gli impiegati e più in generale i lavoratori del terziario ma per me non ha senso considerarli come una classe. Delle due l’una: o sei proprietario dei mezzi di produzione e quindi sei un borghese o non ne sei proprietario e quindi sei un proletario. Gli unici che tenderei ad includere in una “classe media” sono piccoli contadini e artigiani che sono sia proprietari dei mezzi di produzione che persone che vivono della ricchezza prodotta col proprio lavoro. Non parlerei quindi di una “classe lavoratrice” coscientemente rivoluzionaria e di una “classe piccolo-borghese” conservatrice perché sono entrambi classe lavoratrice e all’interno di questa classe c’è chi ha coscienza di classe (lo 0.001%?) e chi non ce l’ha. Ricordiamoci sempre di quegli operai che votano delegati Fiom in fabbrica e deputati leghisti alle politiche.
      Ora, è chiaro che non dobbiamo adagiarci su questa situazione mettendoci a fare i pdini e proporre quello che vogliono i lavoratori indipendentemente da cosa vogliono ma dobbiamo cercare di far crescere la coscienza di classe nella classe lavoratrice. Per far crescere la coscienza di classe dobbiamo agire per opposizioni, come sempre accade nella costruzione di una coscienza (da quello che ho capito la coscienza del bambino della distinzione fra sé e il mondo esterno nasce quando il bambino riceve un rifiuto da parte della madre di qualcosa e quindi prende coscienza dell’opposizione suddetta; è lo stesso processo che praticano i fascisti quando cercano di far passare la “coscienza nazionale”: dicono che noi siamo non-neri, non-gialli, non-ebrei, non-comunisti, diversi dal sistema dei partiti, diversi dalle “plutocrazie occidentali”, ecc.). Non penso però che partire con l’opposizione padroni-lavoratori possa essere efficace, dato che in una situazione di crisi anche i padroni soffrono, specie quelli piccoli, e quindi sono percepiti come “parte di noi” dai lavoratori. Se prendiamo ad esempio le banche invece troveremo che difficilmente qualche lavoratore le percepisce come simili o prossime a lui. Lo stesso penso di possa dire per i tecnici, per la speculazione, appare chiaro ai lavoratori che c’è qualcosa di “diverso da noi”, qualcosa che potremmo genericamente definire come il neoliberismo. Penso che facendo leva su questa primitiva distinzione si possa procedere, per progressive opposizioni (dopo aver assimilato che i neoliberisti “non sono noi” osservando che politiche keynesiane applicate da questo blocco anti-neoliberisti tramite lo stato hanno successo si può passare a far percipere le grandi industrie che hanno sostenuto il neoliberismo come “non noi” e così via) a realizzare un percorso che porti a diffondere la coscienza di classe all’interno della classe lavoratrice.

      • Apro e chiudo subito una parentesi sulla questione politica, semplicemente a scopo di chiarimento immediato. Quando ho precisato all’inizio che alcune delle mie considerazioni, domani stesso, potrebbero servire al massimo per incartare il pesce, mi riferivo al fatto che il rapporto fra il M.A. e “Cambiare si può” attualmente non è chiaro ed è in rapida evoluzione. Per come l’ho capito io – ma potrei aver capito male – De Magistris svolge un ruolo centrale in tutto questo.
        Ad ogni modo non è questo l’aspetto dirimente (anzi, probabilmente a molti che leggono qui non gliene importa una fava :-)).

        La questione che mi premeva mettere sul piatto, e che è emersa da tutte le risposte al mio intervento (tua inclusa), è invece relativa precisamente al *carattere di classe* di questi nuovi soggetti politici e al modo in cui le loro “figure di riferimento” di queste nuove soggettività politiche fanno leva sull’immaginario, l’ideologia, la voglia di partecipazione e le aspettative di un vasto settore della società per dar vita a partiti e movimenti da spendere in chiave elettorale.

        La riflessione è nata da una domanda che ha fatto Giuliano Santoro su un altro social network: com’è possibile che, nonostante l’irrazionalità palese di sostenere un movimento come il M5S, che si dichiara democratico ma poi rivela evidenti vene autoritarie, non si riescano ancora a registrare mutamenti significativi nei consensi (almeno stando ai sondaggi)?

        A me la risposta è venuta quasi immediata: perché manca l’alternativa. E, secondariamente, e in un senso più profondo, perché l’ideologia o le pulsioni psicologiche che orientano le scelte elettorali sono sempre, gratta gratta, frutto di condizioni sociali e materiali (o così almeno sono portato a ragionare io da materialista).

        Che sul piano materiale, poi, i piccoli “padroni” soffrano a volte tanto quanto i loro dipendenti è fuori discussione. Che un qualsiasi programma politico efficace debba fare i conti con questo fatto, è, secondo me, altrettanto fuori discussione (io, almeno, interpreto così la necessità di dotarsi di un “programma di transizione”). Idem dicasi per le molte rivendicazioni che sono espressione dei movimenti per i beni comuni o per la difesa dell’ambiente.

        Che però la volontà di “sedurre” alla propria proposta politica il ceto medio progressista finisca per avere la meglio su una critica radicale del sistema capitalistico, e sul riconoscimento del ruolo imprescindibile e necessario che le lotte dei lavoratori – accanto ovviamente ai movimenti – svolgono in un processo di cambiamento radicale (rivoluzionario) della società, è una cosa che proprio non riesco a mandare giù.

        E’ per questo che, in tutta franchezza, non riesco a vedere nella proposta “arancione” una valida *alternativa* al grillismo. O meglio: come ho cercato di argomentare, si tratta sì di un’alternativa, ma nello stesso campo di gioco, nella stessa “scatola cranica”.

        L’idea stessa di alternativa secondo me assume, soprattutto in una fase storica come questa, un peso non da poco. Il punto è, come giustamente sottolinei: come la facciamo passare questa idea…? E qui, com’è giusto che sia, le analisi, le prospettive e i percorsi divergono. :-)

        • L’unica risposta che mi sento di dare è su questo:

          “Che però la volontà di “sedurre” alla propria proposta politica il ceto medio progressista finisca per avere la meglio su una critica radicale del sistema capitalistico, e sul riconoscimento del ruolo imprescindibile e necessario che le lotte dei lavoratori – accanto ovviamente ai movimenti – svolgono in un processo di cambiamento radicale (rivoluzionario) della società, è una cosa che proprio non riesco a mandare giù.”

          Non sono sicuro che la critica del sistema capitalista saràa messa da parte. Dipenderà tutto da cosa vorranno e riusciranno a fare PRC e SC ma, come ho scritto sopra, entro il 22 dovremmo riuscire a capirci qualcosa di più.

        • Il #M5S prenderà comunque parecchi voti, a prescindere dalle polemiche sul suo essere una forza autoritaria e una setta carismatica di massa.

          Le analisi critiche, lo “smontaggio” delle retoriche, la controinformazione su incoerenze e nefandezze, tutto questo non distoglierà grandi masse dall’allucinazione del narcisismo autoritario, non oggi, non in Italia.
          Al massimo, possiamo sperare di far riflettere le minoranze ancora pensanti, gli attivisti che non hanno portato il cervello all’ammasso. Sperare in una “fuga dei cervelli”, contenuta ma significativa, e feconda per una futura opposizione preventiva a simili nefandi esperimenti.

          A favore del M5S giocano ancora tre fattori:

          – il fatto che lo attacchino i partiti che appoggiano l’austerity, i grandi giornali che hanno magnificato la “cura Monti”, i volti della “videocrazia” italiana. Costoro fanno talmente schifo, che i loro attacchi a Grillo sono visti come medaglie d’oro alla resistenza.

          – il fatto che buona parte del ceto medio italiano va *in brodo di giuggiole* di fronte all’autoritarismo, alle coreografie di massa, ai duci carismatici. La piccola borghesia a rischio di proletarizzazione (o già proletarizzata) è stata la spina dorsale di ogni movimento di questo genere e “avventura” autoritaria e antidemocratica nel Paese.

          – il fatto che questa piccola borghesia non voglia affatto il “padre severo”, tutt’altro! Più ci penso, e più l’analisi di Lakoff sui frame familistici in politica mi sembra insufficiente a descrivere lo specifico italiano (e latino-europeo in genere). Questa piccola borghesia vuole il padre *permissivo in casa e severo coi figli degli altri*. Voterà chiunque le dica che non ha colpe né responsabilità (perché i cattivi sono la Casta, i politici, gli ebrei, gli arabi, i signori dell’emissione di moneta etc.) e prometta un “repulisti” *che però non la riguardi*. Il cetomediume italiano ha sempre avuto simpatia per chi dice: “Tranquillo, ci penso io coi miei ragazzi, sistemo le cose, caccio via le teste di cazzo, i politici, i boiardi, così potrai farti gli affari tuoi”.

          Chiaramente, è un messaggio che non sta in piedi. Ma per la sopravvivenza e l’equilibrio del sistema l’importante è che qualcuno ogni tanto dica (e lo dica abbastanza a lungo): “Il popolo è pulito, è il Palazzo a essere sporco”, in modo da deresponsabilizzare, tenere ben lontana la politica (nel senso di uscita dal privato, “preoccuparsi per la vita della pòlis”), impedire al ceto medio di rinunciare alle illusioni sulla propria condizione.

          Questo va oltre le intenzioni di Grillo e Casaleggio. Anche loro sono “agiti” da questa logica: c’è bisogno di una retorica di quel genere, e a questo giro l’hanno fornita loro. Nel presentare a una consistente fetta di proletarizzati una pseudo-alternativa velleitaria e fatta di nulla, in realtà fanno il gioco dell’austerity e del capitalismo.

          Ciò, ovviamente, non vuol dire che Grillo e Casaleggio non abbiano colpe soggettive: le hanno eccome, e vanno denunciate con forza. Hanno messo in piedi una grande “azienda del malcontento”, seminano illusioni nella loro base e odio verso gli altri, mettono in circolazione tossine razziste, e in tutto questo – non dimentichiamolo mai – traggono profitti.

        • Forse la questione è l’orizzonte temporale. Pensando a lungo termine condivido che “cambiare si può” sia una proposta debole, pensando alle prossime elezioni è ai limiti dell’utopia. E purtroppo non credo che possiamo non pensare alle prossime elezioni, perchè in questo momento non vedo un contesto in grado di rispondere con una rivoluzione al peggioramento delle condizioni, siamo molto più indietro, per questo abbiamo bisogno di prendere tempo, ovviamente senza far si che il ‘prendere tempo’ diventi la nostra attività principale. Facile, no?

      • “appare chiaro ai lavoratori che c’è qualcosa di “diverso da noi”, qualcosa che potremmo genericamente definire come il neoliberismo. Penso che facendo leva su questa primitiva distinzione si possa procedere, per progressive opposizioni .. a realizzare un percorso che porti a diffondere la coscienza di classe all’interno della classe lavoratrice.”

        Secondo le definizioni appena date io rientro nella classe proletaria. Eppure non mi è facile giudicare chi è “diverso da me”. Siamo ancora convinti di vivere in un periodo storico in cui tutto è possibile, e l’internet fa parte di quegli strumenti che ci fanno credere che ancora tutto sia possibile. Ma per noi occidentali quel periodo è concluso, anche se non so dirvi onestamente quando si sia concluso, forse con l’abbandono degli accordi di Bretton Woods, forse con la caduta del muro di Berlino. Fatto sta che il momento giusto per l’ascesa al potere del proletariato è passato. Si poteva dare nei decenni d’oro del capitalismo, non ora che il capitalismo si sta autoconsumando. Temo che solo quando l’impoverimento della società si rivelerà i confini di classe mi saranno chiari e sarà più facile giudicare chi è “diverso da me”. Allora avrà nuovamente senso l’escatologia marxiana, adesso temo di no.

      • mi sto proprio godendo questo dibattito bellissimo. vorrei intervenire al volo per una precisazione (da militante di sinistra critica). noi non siamo nel movimento arancione: abbiamo partecipato alle assemblee larghe tenute fino ad adesso per capire di cosa si tratta e che aria tira. la nostra area politica è essa stessa divisa al suo interno tra chi guarda il movimento arancione con interesse e chi invece pensa (così come per per la Federazione della Sinistra) che una ricomposizione di apparati non sia interessante. scusate l’off topic ma, essendo questo blog molto seguito soprattutto dall’area militante, non vorrei si generassero confusioni. [ noi siamo un’organizzazione *pure troppo* democratica e ci stiamo dilaniando a discutere sul ‘Che Fare?’, non abbiamo apparati che decidono, quindi ci tengo che non ci si appioppino prese di posizione ;) ]
        Scusate di nuovo l’off topic!

    • @Little Commie Craig

      Guarda, mi hai quasi “tolto i pensieri dalla testa”. Questa cosa della piccola borghesia bipolare, metà grillina e metà arancione, mi sembra esattamente la descrizione giusta di quel che sta succedendo in questa fase. Per fortuna che su Giap è tutto copyleft perché questa metafora merita di essere saccheggiata a ripetizione.

      E intendiamoci, di per sé sarebbe un sintomo interessante, perché in un modo o nell’altro significa che l’operazione di cooptazione della piccola borghesia nei due grandi poli della politica “mainstream” non riesce più durante la crisi. Il potere berlusconiano si basava sulla capacità di irregimentare, un po’ tramite la Lega, un po’ tramite AN e un po’ direttamente tramite Forza Italia, le pulsioni eversive della piccola borghesia in una direzione conservatrice e istituzionalizzata. Questo creava la situazione inquietante di un regime tutto sommato stabile e abbastanza duraturo i cui ministri potevano essere un Bossi, un La Russa, un Tremonti.

      *Se* noi sinistra, noi movimento operaio, noi “compagni” non fossimo con le pezze al culo, avere una piccola borghesia che o dà i numeri o addirittura guarda a sinistra, sarebbe un’ottima notizia. In Grecia il fatto che esistano i Greci Indipendenti, che tolgono voti da destra alle coalizioni dell’austerity (e ad Alba Dorata!), è un problema quasi esclusivamente per il potere, non per la sinistra, che ha comunque una sua egemonia sociale sulla classe salariata grazie al ruolo preminente che gioca nei movimenti di lotta.

      In Italia, diventa un dramma, perché la sinistra si trova a rimorchio della “metà buona” dell’espressione politica della piccola borghesia. Ha ragione WM4 a dire che c’è una piccola borghesia proletarizzata, e infatti le cose che dicono gli arancioni o Di Pietro sono più “di sinistra” di quel che ti aspetteresti viste le premesse, e anche Cambiare Si Può è una cosa essenzialmente di sinistra, con dentro anche dei compagni in gamba come Guido Viale. Quello che non vedo invece è il proletariato “piccoloborghesizzato”, dal punto di vista economico non mi pare proprio che questo fenomeno esista; il proletariato è piccoloborghesizzato solo dal punto di vista ideologico.

      Questo è proprio il nucleo del problema: la piccola borghesia si proletarizza, e questo spinge una parte dei ceti medi a sinistra; ma spostandosi a sinistra si trovano in un mezzo deserto dove si aggirano figure tristi e disorientate, e quindi i compiti che sarebbero della sinistra vengono assunti dagli ideologi di questa piccola borghesia proletarizzata. Il proletariato conquista socialmente la piccola borghesia, ma la piccola borghesia conquista politicamente il proletariato.

      Se andiamo a vedere i precedenti storici di questo fenomeno, ce ne sono parecchi e anche di rilievo. Si potrebbe dire che prima il marxismo nell’Europa occidentale e poi il bolscevismo russo sono nati proprio in circostanze nelle quali bisognava uscire da questa situazione imbarazzante. Mi preoccupa non poco che in Italia si stia verificando questo regresso, un eventuale nuovo disastro elettorale non immagino che conseguenze potrebbe avere.

      • “Il proletariato conquista socialmente la piccola borghesia, ma la piccola borghesia conquista politicamente il proletariato.”
        Questa frase riassume perfettamente il senso di quello che volevo dire.

        Anche per rispondere a Robgast, l’orizzonte temporale è assolutamente fondamentale in tutto questo. Il carattere bruciante delle sconfitte del passato e degli errori commessi e ripetuti lo si sconta proprio in momenti come questi, in cui da un lato diventa chiara l’alternativa di cui ci sarebbe bisogno, ma dall’altro lato è altrettanto chiaro il fatto che una simile alternativa non è a portata di mano (e forse neanche all’orizzonte).

        Le occasioni non sono mancate, per la verità, ma tra limiti oggettivi e soggettivi di varia natura è stato impossibile sfruttarle a dovere. Un vago senso di frustrazione e anche di “rabbia”, se vogliamo, mi porterebbe quasi a dire che che non solo non si sono raggiunti risultati degni di nota, ma che probabilmente si è fatto anche troppo poco per raggiungerli, affogati come siamo nell’inerzia delle divisioni e dei distinguo. Ma più che piangere sul latte versato, conviene guardare avanti e affrontare di petto i mesi che verranno.

        Da questo punto di vista, la prossima scadenza elettorale è sicuramente importante, e il percorso di avvicinamento va seguito con grande attenzione. Le retoriche messe in campo dalle varie forze vanno smontate e analizzate con cura, come si cerca di fare qui, per scovarne i non detti, per imparare a “tracciare” le correnti sotterranee che attraversano la società. Questo sforzo di analisi e comprensione è imprescindibile, sia per chi fa militanza attiva, sia per chi vuole semplicemente capire.

        Però penso anche che, se abbiamo davvero a cuore l’alternativa, e a prescindere dal nostro punto di vista (attivisti o semplici osservatori interessati), non dobbiamo cadere nella trappola. Non dobbiamo, cioè, credere che il mondo finisca a fine febbraio 2013, o che l’assetto politico che uscirà dalle elezioni configurerà una specie di Armageddon se solo la sinistra non riuscirà a rientrare in Parlamento. Dovremo continuare il nostro lavoro anche dopo, in condizioni probabilmente ancora più difficili, ma con la ferma consapevolezza della sua necessità e con una chiarezza che forse, in parte, finora è mancata.

        L’alternativa non la si mette in piedi in poche settimane, come stanno cercando di fare gli “arancioni”, né con strumenti da un lato evanescenti, dall’altro autoritari come fa il M5S. La retorica, oggi completamente svuotata di significato, della “partecipazione dal basso” deve riempirsi di contenuti capaci di cementare le fondamenta di una proposta davvero alternativa. E questi contenuti, per quel che mi riguarda, non li si può trovare da nessuna altra parte se non nella storia del movimento operaio e socialista: ossia nel contesto in cui il concetto di partecipazione dal basso, “scippato” poi dalla coscienza piccoloborghese e rivenduto alla classe lavoratrice a prezzo maggiorato, è nato e ha prodotto i suoi frutti migliori.

        • OT gigantesco.
          @MauroVanetti
          @DonCave
          cosa ne pensate dei movimenti di riappropriazione dei mezzi di produzione, come l’autogoverno delle fabbriche o degli alberghi da parte dei lavoratori?

          La questione dell’autogoverno dei mezzi di produzione, materiali e immateriali, è a mio avviso molto interessante e potrebbe diventare centrale in un percorso di emancipazione.

          ps Giggino De Magistris non è cattivo, ma è tendenzialmente un “pazzariello” (con derive autoritarie, anche se non di destra) (non sapete cos’è un pazzariello? http://www.napoligrafia.it/tradizioni/mestieri/pazzariello.htm)

          • @danffi

            Dirò la mia banalissima e prevedibilissima opinione solo quando mi dirai perché come esempi hai fatto, oltre al generico “le fabbriche”, proprio “gli alberghi”!! :-)

            • @danffi

              Mi hai risposto su Twitter in maniera sibillina, ma la prendo per buona. :-)

              In America Latina il processo di occupazione e autogestione delle aziende ha avuto un ruolo importante nello sviluppo di movimenti di resistenza e rivoluzionari degli ultimi anni, ma fenomeni di quel genere si sono visti anche in Occidente da quando è iniziata la crisi. Ricorderete la INNSE e qualche altro caso in Italia, l’occupazione di Republic Windows and Doors di cui ha parlato anche Michael Moore in “Capitalism”… Sicuramente però il Paese in cui il processo è più avanzato è la Grecia, per esempio in questo ospedale: http://libcom.org/blog/greek-hospital-now-under-workers-control-05022012

              Vedo molto favorevolmente l’occupazione e (dove possibile) l’autogestione come strumento di lotta. Non credo invece che possa rappresentare una soluzione “autosufficiente”, perché o cambi il funzionamento complessivo della società oppure sono destinati ad essere isole di socialismo sotto assedio che prima o poi vengono sgomberate o soffocate economicamente. Consideriamo anche il fatto che se occupare simbolicamente un’azienda è relativamente facile, se sia possibile o no farla funzionare “dal basso” dipende molto da aspetti tecnici che cambiano da posto a posto.

              C’è stato qualche anno fa un incontro di fabbriche occupate e autogestite latinoamericane a cui ha partecipato anche qualche compagno dall’Europa. Il dibattito si è approfondito su questo punto: bisogna puntare a costituire “cooperative rosse” o rivendicare la nazionalizzazione sotto controllo operaio? Credo che solo la seconda via sia in grado di evitare vicoli ciechi che in Italia conosciamo bene vista la degenerazione sistematica del movimento cooperativo. In America Latina questa non è una discussione astratta come potrebbe esserlo da noi, in Venezuela ci sono state autogestioni che sono diventate nazionalizzazioni sotto controllo operaio.

              Certo che se vogliamo parlare in modo concreto di quello che dice Little Commie Craig a proposito del ruolo trainante della classe operaia, dell’anticapitalismo, della sinistra di classe ecc., dobbiamo pensare a roba del genere. Soprattutto se la sinistra politica non è all’altezza della situazione, il radicalismo dei lavoratori di fronte alla crisi e alla deindustrializzazione si esprimerà anche in occupazioni e tentativi di lavorare senza padroni. Terrei gli occhi puntati sulla FIAT, sull’ILVA e sui minatori sardi.

              • @maurovanetti La risposta su twitter era criptica, ma fondata sei un industrialista ;-) (ma qui sono stata “bloccata” dal cazziatone automatico!)

                Sull’ILVA e i minatori del Sulcis sono d’accordo con te. E credo che l’autogoverno sia l’unica barricata contro la deindustrializzazione (ma nel caso dell’ILVA c’è il problema ambientale che è difficilmente risolvibile “dal basso”)

                Sono meno d’accordo, invece, sul fatto che l’autogoverno e la riappropriazione dei mezzi di produzione siano semplicemente uno strumento di lotta. Anzi, credo che si tratti di esperienze concrete che possano innescare contagio che modifichi l’esistente erodendo terreno all’ideologia capitalistica.

                E potrei usare contro l’opzione delle nazionalizzazioni pari pari l’argomento che hai usato tu sulla gestione cooperativa. Pensa proprio alle grandi industrie di stato come l’Italsider. E, in più, così non si scardinano le strutture di dominio, perché sostanzialmente le strutture rimangono inalterate.

              • Io la vedo male comunque, anche per quelle fabbriche, i lavoratori mi sembrano troppo egemonizzati da Cisl e Uil, soprattutto a Taranto. Ricordiamoci che i referendum della FIAT hanno tutti approvato l’accordo di Marchionne e non basta la scusa del fatto che erano sotto ricatto perché la questione di fondo della lotta al capitalismo è proprio la necessità di sottrarsi al ricatto fondamentale del capitale (se non lavori per il capitale muori di fame).

              • Bè, a Mirafiori ad approvarlo sono stati gli impiegati, e si sa che la mia cateforia è fatta di gentaglia. Tra gli operai il no aveva vinto, anche se di poco

  22. un punto di vista “interessante” per capire l’umore della base

    «le polemiche che nascono attorno al M5S dipendono dal conflitto tra le 2 finalità che il movimento si prefigge: rinnovare il metodo della partecipazione democratica e rinnovare il merito delle proposte.
    Porre il contenitore M5S come supplente della rappresentanza e del dibattito che mancano in parlamento e allo stesso tempo presentarsi in parlamento con una proposta rappresentativa di una parte è molto rischioso per la sopravvivenza del movimento.
    A questo cortocircuito il M5S rimedia con due espedienti: da una parte alza l’asticella per la partecipazione interna in modo da avere un controllo maggiore sulla “qualità” degli iscritti, dall’altra mette a programma solo le azioni largamente condivise, evitando di esporsi definitivamente su questioni – come i temi etici – in cui non si intravede una soluzione buona e una cattiva, ma semplicemente sensibilità diverse.
    Il “peccato” di Favia e Salsi è stato, secondo me, quello di aver cercato di forzare questi due meccanismi di sicurezza per il M5S, cioè abbassare l’asticella per la partecipazione (riguardo al voto, non alla possibilità di proporre, che è garantita), e voler far prendere posizione la movimento su alcuni temi come potrebbero essere quelli etici, magari facendo prevalere la propria sensibilità.
    l’impressione e che su certi temi la sensibilità “emiliana” (Favia e Salsi lo sono) possa essere in conflitto con quella Piemontese, Veneta o Siciliana, spaccando il movimento su temi secondo me non di primo piano in questo momento, come lo sono, secondo me i cavalli di battaglia del M5S: ambiente, rifiuti, energia, acqua, trasporti, legalità.
    Personalmente, in questo momento io sono d’accordo al 99% col M5S sulle soluzioni che propone per questi problemi e lo voterei; se però iniziassero ad entrare in agenda matrimonio e adozioni per i gay storcerei il naso, e forse mi asterrei. questo è il significato del mio post precedente: se uno ha bisogno dei cavalli di battaglia della sinistra radicale può votare Vendola.»

    • Se l’analisi dell’espulsione di Favia è giusta, allora mi sembra interessante chiedere: come mai chi “forza la mano” per importare nel M5S “temi etici” caratteristici della sinistra radicale viene epurato e invitato a votare Vendola, e chi invece porta temi caratteristici di Lega e neofascismo, non subisce lo stesso trattamento? Risposta: perché, per ragioni di pancia e di marketing, il M5S non ha alcuna “crisi di rigetto” nei confronti di quei temi, e non ha alcuna crisi di rigetto perché più passa il tempo e più esso si configura come un movimento di destra, per cultura e per composizione.

  23. Io mi son fatto l’idea che la democrazia elettiva è sempre stata, e sempre sarà, tarata in favore delle classi dominanti.
    Smentitemi, se possibile. Ma ormai credo che se si vuole contare qualcosa in un parlamento eletto, bisogna parlare alla pancia. Ma non perché gli elettori sono stupidi: semplicemente non si può pretendere che chi si spacca la schiena 8 ore al giorno dedichi il suo tempo libero a capire a fondo i problemi politici, tra l’altro sempre più complessi. A queste condizioni vince sempre lo slogan, la narrazione emotiva, il personaggio carismatico, la promessa farlocca, la clientela, nel migliore dei casi l’appartenenza a un’ideologia e a un partito di massa (laddove però inevitabilmente vanno avanti -e contano- i conformisti, che anche grazie a trovate tipo il vitalizio vengono fatalmente separati dalla classe che dovrebbero rappresentare).
    Ecco allora che il grillismo diventa forse l’unico metodo per portare persone nuove nella stanza dei bottoni. *Nel contesto della democrazia elettiva*, grillismo e arancioni mi sembrano a questo punto gli unici in grado di cambiare qualcosa. Ed è difficile sostenere nella situazione in cui siamo (ma ahimé la storia, per chi la capisce, smentisce) che un cambiamento possa essere in peggio.
    Noialtri, penso, dovremmo proprio rifiutarci di giocare a questo gioco truccato e proporne uno con regole, finalmente, de-borghesizzate.

    • “non si può pretendere che chi si spacca la schiena 8 ore al giorno dedichi il suo tempo libero a capire a fondo i problemi politici”

      No, non lo so si può pretendere, però finchè non succede non abbiamo grandi speranze

      “tra l’altro sempre più complessi”

      Più che altro, che cercano di fare sembrare sempre più complessi, per alimentare il pensiero TINA. Non credo che in realtà le questioni politiche, una volta accettato che le risposte che la classe dirigente attuale considera possibili sono un ristrettissimo insieme che lo sono realmente, siano più complesse oggi di quanto lo erano cent’anni fa.

    • metto insieme le considerazioni di @robgast69: una sta qua, l’altra è annidata altrove.
      Non sono d’accordo che “non si può pretendere che chi si spacca la schiena 8 ore al giorno dedichi il suo tempo libero a capire a fondo i problemi politici, tra l’altro sempre più complessi”.
      Secondo me, chi *si spacca la schiena* le cose le capisce molto bene (vedi il referendum di Mirafiori).
      Forse, il problema vero non è che i problemi politici sono sempre più complessi > c’è bisogno di chi li interpreti e spieghi > voi che vi spaccate la schiena riposatevi, che a (s)piegarvela meglio ci pensiamo noi. Forse, il problema vero è che i reali problemi sono altri, non quelli su cui sembrano applicare le loro intelligenze i presunti notisti politici, o i parlamentari, o gli amministratori, o i tecnici.
      E chi si spacca la schiena 8 ore al giorno, nelle restanti vuole applicarsi a problemi “seri”, “reali”, “concreti”.
      Forse…

      • O forse non vuole proprio pensarci, preferisce rifugiarsi nella maratona di “Amici” e sperare di vedere suo figlio vincere il programma, perché quando gira i canali e gli appare (faccio un esempio) un Revelli che pontifica gli viene il latte alle ginocchia. Purtroppo usiamo un linguaggio troppo complicato e retoricamente inefficace, anche se magari i concetti che veicola sono molto semplici.

        • Sono d’accordo sul fatto, per riprendere il tuo esempio, che incidentalmente conosco abbastanza, che un Revelli che impiega 15 minuti a dire “ciao” sia pesante, e sicuramente potrebbe snellire il suo stile. Però ogni volta che semto questa argomentazione mi tornano in vente alcuni versi di Guccini “E’ che il pubblico vuole si parli più semplicemente/così chiari e precisi e banali da non dire niente” http://www.youtube.com/watch?v=0ZeXNOjNB30

        • Non volevo fare la solita apologia contro il sinistrese. I problemi sono complessi e oltre un certo punto non li si può semplificare, se no li banalizzi, e spesso trovi la soluzione sbagliata.

    • @robgast @danae

      può darsi che i problemi siano sempre stati complessi, e certamente c’è chi ha interesse a farli sembrare ancora più complessi – come i tecnici, che hanno buon gioco a dire “c’è una sola soluzione tecnica, lasciate che i bambini vengano a noi”
      Ma ora, a parte il referendum di Mirafiori che mi pare evidentemente un caso a parte (non è certo difficile rispondere si o no alla desindacalizzazione forzata – e anche lì il ricatto e la propaganda hanno fatto presa su una buona percentuale di operai) ditemi:
      un caso
      in tutta la storia
      in cui le classi subalterne sono riuscite a esprimere una rappresentanza parlamentare corrispondente al loro peso demografico. Sarà successo una o due volte? ho dubbi. Di queste eccezioni, citatemi un caso in cui questa rappresentanza non è stata immediatamente cooptata nella classe dominante, tradendo i suoi elettori e quindi perdendo in poco tempo tutto il consenso.
      Cosa voglio dire? Voglio dire che quando ci confrontiamo politicamente, noi di sinistra, per essere a tutti gli effetti tali, dobbiamo usare il ragionamento, l’empatia, ecc. ecc.; a quel punto il 70% delle persone non ci ascolta nemmeno perché ha altro da fare. Pugilato bendati, in pratica. Mentre chi propone lo slogan, in tre parole (per es. fora dai ball) si è connesso con il cervello rettile degli elettori, che voteranno per lui. E spesso lo voteranno (questo è triste, caro/a danae) soprattutto per i problemi non-reali (se vogliamo chiamarli così), salvo poi trovarsi inchiappettati sui problemi reali (il contratto di lavoro per esempio)
      E quindi che c’entra questo OT? C’entra che Grillo sta facendo l’unica cosa efficiente. Non di sinistra, ma efficiente.
      Grillo si è dato una risposta a un aut aut molto semplice che vorrei proprio veder contestare.
      – O si accetta che il gioco elettorale è una specie di Palio dove vale tutto: e quindi per cambiare qualcosa bisogna giocare sporco più dei nostri nemici (cosa difficile perché hanno ben più esperienza in questo campo). E’ la scelta di Grillo.
      – O si respinge in toto questa democrazia, e se ne propone un’altra migliore. Io propendo per una democrazia per sorteggio ponderato. Un mesetto fa è uscita una bella ricerca (ovviamente moderatissima) dell’università di catania in merito. Potrebbe essere una buona ideologia per il nuovo millennio. Ma se qualcuno ha idee migliori, più comuniste, o che so io, vorrei proprio sentirle.

  24. salve, intervengo solo con un piccolo contributo alla discussione tratto ancora una volta dall’inesauribile blog di Grillo.
    Ecco l’ultimo post: http://www.beppegrillo.it/2012/12/il_problema_dellitalia_siamo_noi.html#commenti

    Nell’elenco di tutti i mali dell’Italia (bello l’artificio retorico, “è tutta colpa nostra” per dimostrare invece di essere del tutto innocenti) spicca la seguente perla:

    “Il problema dell’Italia siamo noi, noi cittadini italiani. La colpa è […]nostra se la sicurezza nelle città è un optional e ti puoi prendere una coltellata o essere stuprata da uno sconosciuto con precedenti penali a cui è stato dato il foglio di via, ma da qui non se ne è mai andato”.

    Insomma, tanto per cambiare, l’immigrazione è un problema di ordine pubblico, le città non sono sicure a causa dei clandestini (gli stranieri cattivi, poi ci saranno anche quelli buoni, ma non li cita perché ha quest’ossessione di parlare ai “cittadini”), le donne, risaputamente, devono temere l’uomo nero, mica l’italianissimo marito. Sempre più proccupante.

  25. #M5S “non c’è un organismo di controllo di terze parti che ha verificato i voti. In un sistema democratico tutti i partiti e le votazioni devono avere un organismo, di terze parti, esterno che controlla la validità. Questi dati dove sono? sono sul server di Casaleggio, di proprietà di Casaleggio, nessuno ne ha accesso e non sappiamo.. io mi fido, ma questo non c’entra niente. Il punto è: non è che uno deve dire ‘ io mi fido’, uno deve dire ‘c’è un sistema grazia al quale noi sapiamo che questi dati sono validi’, questo per primo, secondo, nessuno sa qual’è il codice che gira sul sito […] Tecnicamente devi avere accesso al codice sorgente del sito del movimento, per esempio lo carichi su GitHub, che è gratuito, cosicché tutti possono vedere il codice che ci gira, e quando dici ‘ci sono gli hacker che ci attaccano e ci sono problemi’, perfetto, se tu lo mettessi open source il codice, non ci sarebbero più hacker che ci attaccano perché saresti immensamente più sicuro come tutti i progetti open source dimostrano, una volta che il codice è disponibile la gente vede e potrebbe anche controllare che effettivamente il sistema di votazione non solo è sicuro ma è anche corretto, quindi da una parte avresti il controllo della comunità, di quelli che fanno la verifica del codice che sta girando e vedono che effettivamente è valido. E dall’altra parte avresti un’organismo di controllo che da un’ulteriore verifica e quindi tutto è trasparente e tutto funziona. “

    Mi hanno segnalato questa critica di un Grillino.
    http://www.youtube.com/watch?v=i2tnS1Gtj-g

    Almeno io apprezzo la franchezza.
    Il problema è 1- è nato il nuovo Favia, prima o poi lo caccia e 2- non so quanto possa servire avere il codice del sito open source, perché in teoria, se al server di Casaleggio ha accesso solo lui, potrebbe usare un’altro codice pur facendoti vedere su Github che lui sta usando un codice “pulito”. Sempre se “a pensar male ci si azzecca”.

    Quel che mette in luce, da una posizione interna, è che pure l’idea di open source di Grillo è assolutamente fantoccia. Peccato che non si discosti in netto dal M5S, ha tutti i presupposti per mandarlo affanculo ma capisco che è dura dice ciao a un progetto su cui ti sei impegnato per anni.

    Vi consiglio di guardarlo.

  26. […] In quest'occasione, WM1 ha ulteriormente sviluppato l'allegoria storica "Berlusconi sta a Mussolini come Monti a Badoglio" introdotta durante la presentazione bolognese di Un Grillo qualunque.] […]

  27. Qui si può leggere il mio editoriale pubblicato sul numero di sabato scorso di Orwell. Tema: l’ignoranza telematica e il grillismo. http://suduepiedi.net/2012/12/pastorale-grillina/
    Giuliano

  28. La lettera di Federica Salsi sullo stato del #M5S – “Adesso capisco perché Anonymous…” “Finzione”… “Doppia morale”… “Uso di Internet contrario all’etica della rete”…
    http://affaritaliani.libero.it/emilia-romagna/salsi-beppe-grillo-finzione-le-persone-sono-solo-pedine171212.html?refresh_ce

    Benedetti ragazzi, è tardi. C’è chi tentò di avvisarvi già all’indomani del primo VDay…
    http://www.carmillaonline.com/archives/2007/09/002380.html

    «Beppe Grillo parla a loro. A questa umanità stanca. A questa umanità che delega e malsopporta, che ritiene l’appropriazione indebita più volgare della strage di Stato. A questa umanità rabbiosa, incapace di costruire valvole di sfogo. Se non l’urlo della disperazione, dell’impotenza. Grillo spara nel mucchio. Il Vaffanculo-Day. Per ricordare che dal 1943 non è cambiato niente. Ieri il re in fuga e la Nazione allo sbando, oggi politici blindati nei palazzi immersi in problemi “culturali”.
    L’antipolitica, le soluzioni facili e apparentemente definitive, lo sfogo senza sostanza, il vomito senza progettualità, non sono in nulla e per nulla assimilabili alla nostra lotta. il qualunquismo è un nemico, è bastione di classe, tanto più pericoloso quanto più solletica ed affascina la voglia di riscatto dei senza parte. Il qualunquismo è fascismo in potenza. Diffidiamone senza sorridere, giacché il sorriso sarebbe un primo riconoscimento che non ci va di fornire.»

  29. è di oggi la notizia di un’altra epurazione:
    “Grillo espelle Pirini e movimento Forlì
    Dopo Federica Salsi e Giuseppe Favia, il comico genovese espelle un’altra ‘dissidente’, Raffaella Pirini, e vieta l’uso del simbolo del Movimento 5 Stelle a tutto il gruppo romagnolo.”
    http://www.today.it/politica/grillo-espelle-pirini-movimento-forli.html

  30. Grilleschi, democratici, internettisti, avaaaaanti, e leggermente (auto-)sopravvalutati anche quanto a web technology?

    http://www.tempomoderno.it/?p=1698

  31. Siccome in questi giorni sto leggendo “No logo” di Naomi Klein, mi sono sovvenute parecchie suggestioni sul ruolo di “marchio” che Beppe Grillo ha avuto nella creazione del M5S e poi nella sua diffusione attraverso tecniche di marketing virale promosse dalla Casaleggio Associati.

    Il “marchio” a 5 stelle conferisce ai suoi prodotti un particolare surplus (il nuovo, il vero, il popolo, come evidenziato da Nexus, che mi pare sia un giapster) e si potenzia distruggendo la concorrenza attraverso uno strumento retorico ricorrente: la cosa che più colpisce in tantissimi grillini è la cieca convinzione che il M5S sia l’unica alternativa possibile, l’unica via percorribile. «Senza di noi ci sarebbero i nazisti», «o con noi o con i ladri», «chi ci critica non dà alternative serie», e così via. Tale convinzione è alimentata parallelamente da una scarsissima profondità di analisi e memoria storica: a sentirli, pare che portare un panettiere o un salumiere in consiglio comunale sia una rivoluzione, ma dimenticano che il PCI portava gli operai in parlamento; pare che le mobilitazioni contro le grandi opere non ci sarebbero state senza l’appoggio decisivo del M5S, ma dimenticano che, per esempio, il movimento NoTav e quello contro il nucleare sono esperienze decennali; pare che nessun partito politico abbia mai destinato parte degli stipendi degli eletti ad attività diverse da quelle connesse alle tasche private dei singoli, ma dimenticano, per esempio, Rifondazione comunista; pare che i referendum contro la privatizzazione dell’acqua siano stati una vittoria politica del M5S, ma dimenticano quello che fu il popolo di Genova; insomma, esattamente come il blog di Beppe Grillo, anche il M5S si vanta di essere «il primo», e ciò fa parte della strategia finalizzata a renderlo appetibile agli occhi dei cittadini (smemorati): se tutto il resto non esiste e non è mai esistito, rimane solo il M5S.

    Il primo metodo adottato dal marchio M5S per eliminare la concorrenza consiste dunque nel proporsi come unica vera via: tutte le altre alternative sono dimenticate o bollate come «poco serie».

    In quest’ottica, cerco di spiegare l’espulsione di Favia nella forma di una concorrenza tra marchi, come quella che vide confrontarsi il marchio Nike e il marchio-persona Michael Jordan (per chi non l’ha letto o non ricorda, consiglio vivamente la lettura del capitolo 2).
    Magari ad alcuni sembrerà una cazzata, ma sono curioso.

    Insomma, vi propongo una breve inchiesta sul M5S come colossale e fortunata opera di branding, che non ha nulla da invidiare ad alcune multinazionali, a parte forse il fatturato (ma non ne sarei troppo convinto).

    Linko la prima, la seconda e la terza parte e attendo commenti e critiche.

  32. Intervento lampo: trovo estremamente interessanti le dichiarazioni (vecchie ormai di quasi un mese) di Grillo, secondo le quali “se noi non entriamo a quel punto arrivano le Albe dorate, gente che emula Hitler. Entrano i nazisti in Parlamento con il passo dell’oca”; questo intervento mi ha aperto definitivamente gli occhi sul M5S, ancor più della famosa polemica della democrazia interna, in quanto mi sembra non solo un mezzuccio per far crescere la paura negli elettori (metodo già ampiamente rodato da vari regimi totalitari del secolo scorso), ma anche -e soprattutto- una candida ammissione del fatto che il M5S assorba molti voti di elettori di estrema destra. Per tale motivo trovo azzeccata la previsione si Giuliano Santoro riguardante il fatto che il partito (ops, movimento) di Grillo possa contare anche sui voti di ex elettori di PdL e Lega (a mio avviso, soprattuto del partito del Bossi) in quanto fa leva sugli stessi sentimenti: odio e paura.

  33. La virata poujadista di Peppecrilo:

    http://bit.ly/ZZNZNW

    La crisi della piccola impresa e delle piccole attività commerciali non viene contestualizzata rispetto alla più grave crisi del sistema capitalistico degli ultimi 80 anni, ma viene vista come frutto esclusivo delle vessazioni fiscali.

    La figura del piccolo (e medio!) imprenditore, anziché essere analizzata criticamente in tutte le sue sfumature (alcune delle quali tutt’altro che limpide: sfruttamento sistematico del lavoro nero, applicazione di contratti privi di tutela per i lavoratori, evasione fiscale ecc.), viene addirittura… santificata!

    Alla classe media in fase di impoverimento e proletarizzazione, il M5S propone come soluzione le vecchie ricette del populismo nazionalista (nell’articolo si parla non a caso di “Nazione” con tanto di “N” maiuscola!). Lo stesso che ha nutrito per anni i progetti reazionari della Lega Nord. E c’è da scommetere sul fatto che un mucchio di voti, soprattutto nelle regioni del nord, arriverà proprio da lì.

  34. Ho letto Q con parecchi anni di ritardo ma tutto d’un fiato. Mi è sembrato un mix di finzione narrativa e verità storica mille volte più godibile dei Promessi Sposi :D
    Ho letto vostri lavori con attenzione, fenomenale l’ultima controinchiesta sul fantomatico “ingegnere”.
    Le vostre considerazioni sul non essere “nè di destra nè di sinistra” sono interessanti, ma non riesco proprio a capire perchè anche voi diffondiate questa grande bufala del grillo fascista razzista.
    Sarà pure populista, sarà pure autoritario, sarà pure demagogo, ma perfavore: non è fascista e non è razzista (questo ovviamente non vuol dire che Grillo è comunista). Ho cercato di dimostrare questa mia tesi con questa breve raccolta: bit.ly/VyZAgn .
    E ho trovato su internet quest’opinione intrigante (http://giovannipaoloferrari.blogspot.it/2012/05/il-perche-grillo-non-si-candidera-mai.html):
    <>

    • Non mi sembra che quella da te descritta sia la posizione espressa da Wu Ming (che poi qua in realtà si stava parlando dell’analisi di Santoro, ma vabbè). Non posso affermarlo con certezza, né mi va in questo momento di andare a verificarlo in tutte le loro dichiarazioni e interventi passati, ma che Grillo sia definibile come esplicitamente fascista o razzista tout court non mi sembra che sia mai stato detto.
      Piuttosto, da molti fatti, sia a livello locale per quanto riguarda i comitati del M5S, sia a livello nazionale tramite alcune uscite di Grillo, si evince una pericolosa tendenza all’anti-antifascismo e all’anti-antirazzismo. Se questi fatti ti sono sfuggiti, te ne ricordo giusto alcuni (di cui qualcuno è già stato citato nei commenti sopra):
      * Il M5S bolognese ha votato insieme al PdL un OdG in cui si esprime cieca solidarietà a Casapound, senza se e senza ma, a prescindere da ciò che era successo e anzi ancor prima di sapere ciò che era accaduto
      * A Pontedera il comitato locale di recente si è rifiutato di partecipare a una manifestazione in solidarietà a bambini stranieri aggrediti da militanti di Casapound durante una cerimonia di premiazione all’insegna dell’integrazione
      * A Bolzano il M5S si è battuto in difesa di Casapound, quando altre forze politiche ne invocavano la chiusura, perché “non si può escludere dei bravi ragazzi”
      * Recentemente, un gruppo locale del M5S ha protestato contro finanziamenti per la giornata della memoria, perché “c’è ggente disoccupata, i soldi dateli a loro”
      * Raccomando di andare a riguardare le dichiarazioni di Vittorio Bertola, consigliere a Torino, in occasione dell’ingiustificabile rogo al campo rom di due anni fa

      • Solo per precisione, a Bolzano il M5S ha votato contro la decisione del CC di non ammettere CasaItalia, branca culturale di CPI, nell’albo delle associazioni.
        La motivazione negativa del CC era dovuta alla chiara e affermata condivisione degli ideali fascisti.
        M5S rivendicava a CasaItalia il fatto che nessuno dei suoi aderenti avesse mai commesso reati, e che quindi non si poteva escludere un’associazione culturale solo in base a motivi ideologici ricordo la cosa in questi termini).

        • Grazie per la precisazione. La giustificazione esatta (che vado a ripescare da qui) era la seguente:

          Escludere un gruppo di ragazzi che non solo hanno le carte in regola (regole che si è dato il Comune!) ma anche, fino ad ora, organizzato serate su temi diversi e interessanti, senza segni di apologia, solo perché si ritiene siano in contatto con gruppi neo o nuovi fascisti, ci pare sbagliato oltreché rischioso: meglio sarebbe stato dare la possibilità a questo gruppo di avere un riconoscimento istituzionale e seguire con attenzione la loro attività, cercando di comprendere se ci possano essere segni di apologia di fascismo.

          Tutto sommato, non è molto distante da come l’ho riportata nel commento precedente: Non si può escludere dei bravi ragazzi.

      • Scusate la finezza, ma i coglioni ci sono dappertutto. Quelle dichiarazioni sono veramente indecenti, ma non mi pare sia colpa di Grillo. Lui si rifiuta di intervenire, proprio come ha fatto quando è venuto fuori che c’era un candidato che fino a poco tempo prima era stato portaborse di un politico del PDL. Dice che se la devono sbrigare i cittadini a cacciarli. Avrà torto? Avrà ragione?

        Fatto sta che non può essere apostrofato come fascista e razzista, cosa che invece WM1 mi pare faccia con la frase “Una volta dispersa la fuffa, del discorso grillino sui migranti non resta che il nocciolo razzista e fascistoide.”
        La raccolta di cui sopra tentava di dimostrare il contrario.

        P.S. = conosco un sacco di comunisti (non ex, eh!) che voteranno grillo e non vedono alcun problema di incompatibilità politica.

        Ciao :)

        • In che senso non è colpa di Grillo?

          Grillo, con svariati post sul suo blog, ha vellicato proprio quel tipo di umori, a partire dal suo delirio del 2007 contro i romeni descritti in blocco come delinquenti e merda umana tracimante da est a violare i “sacri confini della patria”. Testuale.
          Per non dire di quando, nella primavera 2011, denunciò una inesistente “invasione” di tunisini, allineandosi alla propaganda leghista più retriva.

          Un comunicato immondo come quello del M5S di Pontedera, poi, è stato legittimato a priori dalla posizione semplicistica e arrogante che Grillo ha preso sulla concessione della cittadinanza alle seconde generazioni di migranti.

          E ti faccio notare che, non più di due settimane fa, Grillo in Calabria ha fatto comizi improntati a un turpe razzismo, dove diceva che ai migranti vanno prese le impronte di mani, piedi e iride, e altre amenità.

          Per me lui, proprio personalmente, ha un animus fascistoide. Che non vuol dire che si pensi o professi fascista, o che si ispiri al fascismo storico. Nemmeno la Lega, che ha innegabilmente tratti fascistoidi, si ispira al fascismo storico. “Fascistoide” significa che in molti enunciati e nel modo di porsi, mette in mostra elementi di quel che Eco ha chiamato “ur-fascismo”, cioè quella base che accomuna tra loro tutti i fascismi, sotto parvenze anche molto diverse.

          Dopodiché, nessun razzista si professa mai tale. Come scrivevo l’anno scorso, non c’è discorso razzista che non sia fatto in nome dell’antirazzismo, partendo da dichiarazioni preventive di antirazzismo. Non c’è politica di esclusione che non sia portata avanti “per il bene degli immigrati”. Persino Matteo Salvini dice di voler risolvere i *veri* problemi degli immigrati, tra i quali non vi sarebbe la concessione della cittadinanza. E’ solo benaltrismo fumogeno, perché poi quali siano questi “veri” problemi, non viene mai detto con chiarezza.

          Che un sacco di gente (forse meno di quel che sembrava fino a poco tempo fa, ma sempre tanta) voterà Grillo (non lui personalmente, ma il movimento di cui è proprietario) senza porsi alcun problema di incompatibilità tra l’etica che professa e il voto che esprime è poco ma sicuro. Ma, a differenza di te, io credo che vi sia ben poco da rallegrarsi.

          • Ciao e grazie della risposta, ti chiedo due precisazioni:
            1) “delinquenti e merda umana tracimante da est” potresti fornire un link?
            2) “Grillo in Calabria ha fatto comizi improntati a un turpe razzismo, dove diceva che ai migranti vanno prese le impronte di mani, piedi e iride, e altre amenità.”
            Mi sembra davvero davvero strano, visto che praticamente tutti gli ultimi comizi di Grillo sono stati trasmessi in streaming (quindi c’era e c’è il materiale video che ne dovrebbe testimoniare la veridicità) e nessun giornale nè tv ne abbia parlato.
            ———————————-
            Continuo però a non capire l’origine della preoccupazione.

            Infatti giacchè la lista dei candidati è pubblica e disponibile, prima di andare a votare, un interessato spende una mezz’oretta, va al primo incontro in programma e gli chiede, a muso duro, cosa ne pensa della questione degli immigrati, cosa pensa di fare, etc etc. Se ti convince lo voti, altrimenti lo saluti e fai chiarezza anche per gli altri che ascoltano.

            Non mi pare ci sia niente di tragico e non mi sembra corretta l’associazione di Grillo (che comunque non potrai votare, giacchè non si candida) con la Lega. Infatti se leggi, ha riportato (e quindi pubblicizzato e quindi in un certo senso approvato) l’opinione di un egiziano alla Caritas che dice “comunque non vorrei dire una parolaccia, ma la legge Bossi-Fini è veramente una cosa razzista”.

            • Il post sui rumeni è citato in bella evidenza e linkato nel mio post da dove hai preso la frase sul “nocciolo razzista e fascistoide”. I rom/romeni (con una certa confusione tra i due concetti) sono descritti in blocco come ladri, stupratori e quant’altro. Come ho detto, la frase sui “sacri confini della patria” è pari pari.

              Mica vero che nessun giornale ha dato notizia dei comizi di Grillo in Calabria, io ho letto un articolo su “Il Manifesto”:
              http://www.ilmanifesto.it/area-abbonati/in-edicola/manip2n1/20121221/manip2pg/04/manip2pz/333526/

              Mi scuserai, ma a fronte di tutto quello che è stato citato e non solo da noi, compreso il divieto di iscrizione al M5S se si è stranieri e altre belle cose, e a fronte di analisi dettagliate sul carattere poujadista e autoritaria del grillismo, ritengo che non basti aver riportato una frase di un egiziano per costruire un controargomento forte. Una comunicazione di superficie contraddittoria e confusionista è tipica di quel genere di movimenti, dar voce a un po’ di tutto in nome della “protesta”, ma questo, appunto, avviene in superficie. Quando si va al dunque di tematiche “nevralgiche” come l’immigrazione, e ci si va concretamente, guardacaso il M5S si muove sempre in una direzione precisa.

              Detto questo, non vedo perché dovrei andare a chiedere a qualsivoglia candidato M5S garanzia che il mio voto per lui (o lei) non sarà speso male, dal momento che non ho la benché minima intenzione di votare M5S. Lo ritengo un movimento-azienda controllato da due personaggi per i quali non ho la minima stima, che ritengo (ciascuno a suo modo) di destra, e che hanno anche alcune idee pericolose per quel che rimane del tessuto solidale di questo paese.

              Come mi sembra pericoloso, perché ingenuo, limitarsi a dire: “Beh, se sono razzisti che c’è da preoccuparsi? Non li voti e finisce lì”.

              • Mi risultano nuove queste particolari dichiarazioni in calabria, ad ogni modo ho visto ora che c’è il video del comizio, ma sono 73 minuti e ora non ho tempo per controllare.

                Continuo a non capire perchè consideri il M5S come unica entità che corrisponda come copia carbone alle idee di Grillo/Casaleggio.

                Mi sembra quanto meno offensivo giudicare come persone non dotate di autonomia i candidati al parlamento, senza nemmeno conoscerle. Giacchè tu (è lo you degli anglofoni, so bene che non voterete M5S, visto che voi il voto lo vendete, ahah!) voti un parlamentare (Ogni membro del Parlamento rappresenta la Nazione ed esercita le sue funzioni senza vincolo di mandato), è dovere civico documentarsi sul singolo personaggio più che sul partito.

                E quando si va al dunque, come dici tu, in Parlamento, a premere il bottone, non c’è il Partito, c’è il singolo parlamentare.

                Mi sembrerebbe dunque davvero irresponsabile votare qualcuno senza saperne nulla.

                Comunque forse non hai notato “altrimenti lo saluti e *fai chiarezza anche per gli altri che ascoltano*”, che è un richiamo ad un dovere di partecipazione civica, unica vera soluzione contro fascismo/razzismo.

                Infine ti chiedo di specificare perchè dici “movimento-*azienda*”, poichè un’azienda è pensata per produrre profitto e io credo sinceramente che l’azienda Grillo-Casaleggio produca poco profitto (sai com’è, essendo il primo blog italiano per numero di visite, il server costicchia).
                Riguardo ai libri, che secondo me non compra nessuno, beh non vedo che ci sia di male.

                Ultima cosa: io credo che PD+Monti, distruggano ben di più il tessuto sociale con scelte economiche catastrofiche, rispetto a quanto possa fare il M5S (se guardi bene, la maggior parte dell’elettorato ‘grillino’ è di CSX, quindi mi sembra alquanto improbabile che gli eletti faranno scelte vistosamente razziste).

                Ultimissima cosa: non ti sembra razzista il fatto che il PD non faccia nulla e nemmeno dica nulla sulla schiavizzazione degli immigrati?

                Ovviamente non volevo convincervi a votare M5S, keep up the good work!

              • Come casapau dice: “E allora le foibe?!!”, i grillini dicono: “E allora il PD?!”
                A te pare che abbiamo simpatie per il PD? E allora perché ce lo tiri in ballo?

                Obiezioni come quelle che mi fai sull’autonomia del movimento rispetto a Grillo potevano avere attenuanti (almeno agli occhi di qualcuno) l’anno scorso. Oggi, sinceramente, dopo le purghe emiliane e il bluff delle parlamentarie gestito nella maniera più accentrata e meno trasparente possibile, sono discorsi che fanno ridere. In ogni caso, a me delle beghe interne del movimento frega il giusto. Non lo voterei nemmeno se dentro fossero tutte rose e fiori. Il dramma, per come la vedo, è che lì c’è ancora gente in buona fede. Solo che quella buona fede è buttata nel water. Prima o poi se ne accorgeranno tutti o quasi, ma sarà tardi.

                Certo, il M5S non è un’azienda. Non è il franchising di un marchio registrato di proprietà di Grillo Giuseppe. Non ha come “sede” beppegrillo.it. Non porta profitti, perché ci sono le spese di server… Infatti Grillo ha le pezze al culo, poraccio.

                Sono anni che Grillo fa comizi a pagamento. Li chiama “spettacoli”, ma sono comizi. Poi ci fa i DVD, che il movimento compra (e mostra durante le iniziative), e i libri, che il movimento compra, e gli introiti pubblicitari, e tutto il resto. Infatti è miliardario, sua moglie si compra la villa a Malindi a poca distanza da quella del Berluska… Però è un ribelle. E’ contro il sistema. E’ un miliardario buono. Ma va a ciapà i rat…

                Guarda, lascia stare. Non so perché ci tieni a “redimermi” su Grillo e M5S, ma è inutile che sprechi tempo, è una causa persa.

              • Figurati se ho intenzione di redimerti, l’ho già detto mi pare.
                Ho riportato quei link perchè mi sembrava fosse giusto raccontare tutto e non una parte.
                Vichi di casapau m’ha fatto ridere un sacco, io ho citato il PD, perchè lo credo il vero pericolo per il tessuto sociale di questo paese e stranamente non noto nei confronti del PD, lo stesso livore e la stessa costanza nelle accuse che nei confronti di Grillo.

                Ad ogni modo, mentre io sono stato perfettamente educato e civile, noto un certo sgarbo.

                La vostra proposta per salvare il “poco di tessuto sociale rimasto” esattamente qual è? Ne avete una?

              • “stranamente non noto nei confronti del PD, lo stesso livore e la stessa costanza nelle accuse che nei confronti di Grillo.”

                Stai scherzando, immagino.
                Grillo è una miseranda “new entry”. Il PDS / DS / PD lo critichiamo da ben prima (a occhio e croce ventidue anni), e quel che abbiamo scritto di Grillo è robetta, al confronto.

                Guarda che, senza ripeterlo, stai ripetendo a pappagallo vecchi copioni. La replica ricattatoria a chi esprime una critica: “Allora dicci la tua proposta per salvare il paese” è roba da stalinisti. Io potrei anche non avere alcuna proposta per il Paese, potrei anche sbattere la testa contro il muro tutti i giorni, e avere lo stesso la libertà di rifiutare la proposta di Grillo se la ritengo una falsa alternativa allo schifo che c’è.

                Lo “sgarbo” è in realtà amarezza: vedere con quanta passione una persona che a occhio e croce mi sembra sincera si mette a difendere un mestatore da quattro soldi.

              • Onestamente mi sembri tu il fogato in questa discussione. Guarda che ci sono un casino di cose di Grillo che non mi piacciono. Soltanto, mi da fastidio che gente che scrive roba interessante dica cose inesatte. E quanto al PD non ho accusato voi eh (sebbene ultimamente vi concentriate su Grillo e Talese ne parla perchè gli fa comodo)… sembra abbiate la coda di paglia!

                Il mio non è un ricatto, te l’ho chiesto soltanto ora infatti e ho scritto pure che le vostre considerazioni sul “ne… ne… ” ad esempio, sono interessanti. E’ che mi sembra strano che quelli che qualcuno considererebbe gli intellettuali non abbiano uno straccio di idea per fare qualcosa subito.
                Qualcuno direbbe che criticate e non siete costruttivi, ma ommioddio! è la stessa accusa che fanno a grillo! Non è che vi state un pochino grillizzando e avete intenzione di presentarvi come “Movimento 4 WuMing”? Ahahah! :D

                Possiamo chiuderla con una risata?

              • “Possiamo chiuderla con una risata?”

                Che senso avrebbe?

              • in realtà pensavo ad un sorriso piu’ che una risata… auspicabilmente liberatoria. Il fatto è che trovo orribile, la fatica che molti a sinistra fanno e dimostrano nel non sentire l’urgenza della necessaria punizione sul terreno della rappresentanza. La prima batosta devono prenderla sul piano elettorale altrimenti sono 10 anni ancora di lacrime e sangue. Grillo non salverà nessuno, ma lo scenario che si è aperto con le elezioni in Sicilia, dovrebbe ripetersi sperabilmente su scala nazionale e intanto mandare a casa un pugno di ladri, malfattori e affossatori della costituzione, bada bene a destra e a sinistra. Alle tue orecchie sono sicuro dicano molto le bombe sulla jugoslavia, le varie leggi sulla precarizzazione, turco-bossi-fini, il cappio UE, Libia e potremmo andare avanti non so quanto … quello che colpisce è che stanno sia a destra che a sinistra di questo parlamento spergiuro ed al momento l’unico che colpisce duro nelle due direzioni mi sembra proprio Grillo. Ma questo non vuol dire che debba andar bene a tutti … è la democrazia (davvero)!

                No davvero, mi interessa: puoi dirci che hai intenzione di votare? Non voti? Mi sembrerebbe ingenuo, oltre che pericoloso e spocchioso.

                • Ci hai mai visti rispondere a una domanda del genere? Una delle regole del collettivo Wu Ming, da sempre, ci vieta di fare in pubblico dichiarazioni di voto o endorsement per qualsivoglia partito o candidato. Non ne abbiamo mai fatti, e continuiamo così. Non siamo d’accordo con quei colleghi scrittori (anche nostri amici) che firmano appelli elettorali o rilasciano interviste dicendo che il tal partito o il tal candidato merita la fiducia dei cittadini… salvo poi, qualche tempo dopo, dichiararsi delusi etc. Non si vede perché uno scrittore dovrebbe dare indicazioni del genere. Uno scrittore, un intellettuale, un artista, un cantastorie dovrebbe avere come primo imperativo quello di non “intrupparsi”, di difendere la propria indipendenza critica e i propri margini di manovra. Essere anche molto *di parte* (nel senso di stare da una precisa parte della barricata storica), ma non di partito. Intendiamoci: come cittadino uno di noi può iscriversi a quel che vuole e votare chi vuole, ma come Wu Ming non deve mai dichiararlo. Perché uno scrittore è più “costruttivo” e utile agli altri così, esercitando l’indipendenza critica, dicendo che quel che luce non è oro. E’ così che si sporca le mani chi fa il nostro mestiere: rischiando di passare per “non-costruttivo”, bastiancontrario, “pericoloso e spocchioso” etc.
                  Lo scrittore è meglio che, anziché “dare linee”, si impegni a *fare* linee, a creare linee di fuga, tenere aperti gli scenari, tenere viva l’idea che il mondo non vada dato per scontato. A volte questo si paga con l’isolamento, sbattendo la testa contro il muro, come l’abbiamo sbattuta noi nel post-Genova. Ma è un “rischio professionale”.

            • Scusate, mi intrometto nel vostro scambio e mi permetto di farlo solo perché trovo che il discorso stia dando modo di emergere ad alcuni tratti interessanti che caratterizzano la retorica su cui poggia il consenso goduto dal M5S.

              “Prima di andare a votare, un interessato spende una mezz’oretta, va al primo incontro in programma e gli chiede, a muso duro, cosa ne pensa della questione degli immigrati, cosa pensa di fare, etc etc. Se ti convince lo voti, altrimenti lo saluti e fai chiarezza anche per gli altri che ascoltano.”

              A me questa incertezza su punti fondamentali come diritti civili, tema del lavoro, antifascismo fa venire i brividi. Fatemi capire: io dovrei avere dubbi su cosa pensano i candidati in merito a questioni così centrali e importanti, e dovrei dissiparli chiedendo personalmente a ciascuno di loro, uno alla volta? Ma allora tra i candidati del M5S non esiste una reale convergenza programmatica, a parte una generica “partecipazione dei cittadini”: c’è chi pensa una cosa, chi un’altra. Ogni volta che mi capita di fare questi discorsi con sostenitori del M5S, mi viene data la risposta: “questa è democrazia, ognuno ha le sue idee!”
              Da questo approccio deriva una strana e inquietante concezione di movimento democratico: un pastone in cui trovano casa persone con idee e visioni completamente diverse. Antifascisti insieme ad antiantifascisti; antirazzisti con antiantirazzisti; liberisti con socialisti; clericali con anticlericali; attivisti gay con cattolici… eccetera.
              Certo, è democrazia. Ma che progetto politico può sperare di portare avanti un movimento che non si pone dei “paletti ideologici” saldi? Io quando voto, se voto, voglio votare qualcuno che su certe questioni sia al di sopra di ogni sospetto, di cui conosco le linee di pensiero politico per la sua appartenenza a un progetto ampio, e non perché mi è capitato di chiederglielo alla fine della presentazione di un libro sulla kasta.

              Questa visione è rispecchiata anche da un’altra affermazione, che infatti non mi giunge per niente nuova.

              “E quando si va al dunque, come dici tu, in Parlamento, a premere il bottone, non c’è il Partito, c’è il singolo parlamentare.”

              Stessa osservazione di prima. Se i singoli non sono vincolati in alcun modo al rispetto di alcuni principi cardine (intendo principi politici, non solo “giuridici” come la fedina pulita né solo “mediatici” come l’assenza di messe al bando da parte di Grillo), cosa hanno in comune? Potrebbero non aver proprio nulla, e scoprire, come scrivevo qui, di non essere d’accordo e scannarsi tra di loro, esattamente come il PD.

              Piccola digressione:
              “Un’azienda è pensata per produrre profitto e io credo sinceramente che l’azienda Grillo-Casaleggio produca poco profitto”
              Rimando al mio commento del 23/12.

  35. monsieur, non si apre il link ma da quanto ricordo quella è la giustificazione che diede il consigliere grillino nel suo blog.
    quando poi la notizia fece il giro d’italia, sul suo bolg si scatenarono commenti negativi (alcuni gli chiesero di dimettersi da consigliere e di lasciare il M5S, segno che la componente di sinistra e/o antifascista nel M5S inizialmente c’era), molti positivi che iniziarono con la cantilena “nè di dx nè di sx”.
    Il consigliere ritenne di dare una risposta con un nuovo articolo sul suo blog mettendo come foto, per dare un messaggio del suo passato e forse presente ideologico, di lui giovane megli anni 70 che legge “il manifesto” nella sede dell’allora “Radio Popolare” locale.
    Che significa tutto ciò? Secondo me un po’ di confusione, forse dovuta anche all’età: invecchi, riconosci nei giovani ragazzotti fascisti del 3 millennio dei coetanei dei tuoi figli, e quindi prendi una posizione che ritieni saggia e superpartes. Cioè, a 20 anni li combattevi ed ora non li riconosci più sono perchè loro non hanno il colore grigio dei tuoi capelli?
    C’è chi dice che invecchiando si rincoglionisce ….
    Sono poi colpito anch’io, come te, dalla semplicità con la quale webmaster propone un metodo per riconoscere la linea politica di un movimento: prendi il singolo e sulla singola questione gli chiedi cosa ne pensa? Potrebbe essere un sistema, ma io voglio dormire tranquillo: voglio sapere che a priori la linea è una e poi, se serve, ci confrontiamo sulle sfumature.
    Le varie prese di posizione e le motivazioni che i vari gruppi 5S hanno dato ogni volta che non si sono schierati contro i gruppi fascisti non mi fanno, appunto, dormire tranquillo.
    Credo che per il M5S la definizione presa da Eco di “ur-fascismo” calzi a pennello, purtroppo a loro insaputa.

  36. Lascio qua uno stralcio dal libro di Richard Sennet “L’uomo flessibile. Le conseguenze del nuovo capitalismo sulla vita personale” (Feltrinelli). Mentre leggevo questo passo il parallelo con la struttura 5 stelle mi era apparso lampante, vorrei sentire una vostra opinione. E’ un poco lungo, ma secondo me merita.

    “”Concentrazione senza centralizzazione”. Un regime flessibile ha anche una terza caratteristica. I cambiamenti di cui si serve nei collegamenti, nei mercati enella produzione permettono quello che sembra un ossimoro, la concentrazione delpotere senza una sua centralizzazione.Uno degli argomenti che vengono portati a sostegno della nuova organizzazionedel lavoro afferma che essa decentralizza il potere, cioè fornisce a chi sitrova nei ranghi più bassi delle organizzazioni un maggior controllo sulleproprie attività. Ma di sicuro questa pretesa è falsa, nei termini delletecniche impiegate per fare a pezzi i vecchi mostri burocratici. I nuovi sistemiinformativi forniscono un’immagine completa dell’organizzazione ai dirigenti digrado più alto, secondo modalità che lasciano poco spazio per nascondersi agliindividui che si trovano in qualunque punto della rete; le SIMS sostituiscono inegoziati che potrebbero proteggere gli individui che trattano solo con i loroimmediati superiori. Allo stesso modo, la disaggregazione verticale e “lariduzione degli strati” non sono affatto procedure decentralizzanti.Nell’arcipelago del potere flessibile esiste anche un continente; e sulcontinente qualcuno, per esempio, può decidere che le «Barbados» possonosvolgere anche i lavori che una volta venivano fatti a «Trinidad» e in«Guadalupa»; mentre è raro che le «Barbados» decidano da sé di fare più lavororispetto a quello che avevano in precedenza.Che i dirigenti sovraccarichino piccoli gruppi di lavoro con compiti diversi èuna costante delle riorganizzazioni aziendali, e rappresenta una spinta indirezione opposta rispetto alla sempre crescente suddivisione dei compitiimmaginata da Adam Smith per la fabbrica di spilli. Fare esperimenti del generecon decine o centinaia di migliaia di dipendenti richiede un enorme potere dicomando. Alle regole economiche della diseguaglianza il nuovo ordine aggiungequindi nuove forme di ineguaglianza di potere e di arbitrio all’internodell’organizzazione.In termini di specializzazione flessibile, prendiamo in esame i computer checompriamo di solito: questi sono un mosaico di parti e montaggi parziali fattiun po’ in tutto il mondo, tanto che la marca con cui vengono venduticontrassegna al massimo il montaggio definitivo dell’assieme. La loro produzioneviene realizzata in un mercato globale del lavoro e crea una pratica produttivachiamata «svuotamento», visto che la marca diventa un segno vuoto. Nel suoclassico studio “Lean and Mean”, Bennett Harrison ci fa vedere appunto in chemodo il potere gerarchico rimane saldamente al proprio posto in questo genere diproduzioni; la grande azienda tiene nella propria stretta il mutevole corpo diballo costituito dalle aziende dipendenti, scaricando sui partner più deboli(che ne subiscono gli effetti con più forza) le flessioni del ciclo economico o

    il fiasco di qualche prodotto. Le isole del lavoro circondano un continente dipotere.Harrison definisce questa rete di relazioni diseguali e instabili«concentrazione senza centralizzazione». Una simile situazione ha un ruolocomplementare rispetto al potere indispensabile a riorganizzare un’azienda dallatesta ai piedi, trasformandola in frammenti e nodi di una rete. Il controllo puòinfatti essere esercitato fissando per un’ampia varietà di gruppi appartenentiall’organizzazione degli obiettivi di produzione o di profitto che i singolisono poi liberi di raggiungere nel modo preferito. Questa libertà è tuttaviaapparente. E’ raro che le organizzazioni flessibili fissino obiettivi facilmenteraggiungibili; di solito alle unità viene richiesto di produrre o guadagnaremolto più di quanto rientri con sicurezza nelle loro possibilità. Ma lasituazione reale della domanda e dell’offerta solo raramente è in sintonia conquesti obiettivi; lo sforzo consiste nello spingere sempre di più queste unitàsenza preoccuparsi della situazione contingente, e questa spinta proviene dailivelli dirigenziali più alti della struttura (17).Un altro modo per comprendere il sistema di potere descritto da Harrisonconsiste nel dire che la messa in discussione del vecchio ordine burocratico nonha significato una “riduzione” della struttura istituzionale. La strutturarimane intatta nelle forze che spingono gli individui o le unità versodeterminati scopi; quella che viene lasciata libera è solo la scelta dei modiper raggiungere gli obiettivi, ed è raro che i vertici dell’organizzazioneflessibile forniscano indicazioni utili in proposito. I vertici, infatti, sitrovano in una posizione più adatta a controllare se le richieste sono statesoddisfatte, che a inventare il sistema con cui questo può accadere. La«concentrazione senza centralizzazione» è un modo per trasmettere gli ordini inuna struttura che non ha più la semplicità di una piramide. La strutturaaziendale, insomma, è diventata più complicata, non più semplice. E questo è ilmotivo per cui lo stesso termine «deburocratizzazione» è fuorviante oltre cheinelegante. Nelle organizzazioni moderne che praticano la concentrazione senzacentralizzazione, il controllo dall’alto non solo è saldo, ma è anche privo diun volto”

  37. Viscardi, il dissidenteche non si arrende: “Io, dissidente bollato come rompicoglioni, adesso dico basta agli insulti di Grillo”

    E’ stato attaccato dal leader per le sue critiche. Matteo Viscardi, attivista del Movimento 5 Stelle in lista per il Senato, esce allo scoperto: “Ho chiesto solo la creazione di una vera piattaforma on line, ma Beppe è come Berlusconi nel delegittimare il dissenso”
    di CATERINA GIUSBERTI
    Lo leggo dopo

    “Io, dissidente bollato come rompicoglioni adesso dico basta agli insulti di Grillo” Matteo Viscardi, candidato al Senato per il Movimento 5 Stelle
    BOLOGNA – “Io sono uno dei rompicoglioni di cui parla Grillo. È un maleducato. Berlusconi usa le stesse tattiche di delegittimazione del dissenso, ma almeno non usa le parolacce”. Matteo Viscardi è in corsa per il Parlamento con il Movimento Cinque Stelle. È in fondo, nono in lista al Senato. “Per eleggermi l’M5S dovrebbe ottenere il 36% in Emilia-Romagna”, ammette. Fino adesso era stato zitto solo “per non rovinare il risultato elettorale del movimento”. Ma dopo aver letto le dichiarazioni di Grillo (“Ce li abbiamo ancora 3 o 4 rompicoglioni dentro le liste, per fortuna sono giù in basso ma ce li siamo tenuti”) è sbottato.

    Si sente chiamato in causa da Grillo?
    “Sì, penso proprio che si riferisca a me. Io sono un dissidente, di quelli che finora era sempre stato zitto. Ma nei forum e all’interno del movimento è da un anno e mezzo che pongo la questione della democrazia online. Da ancora prima di Tavolazzi, che poi è stato espulso”.

    E lei perché sarebbe un rompiscatole?
    “Ho chiesto l’applicazione dell’articolo 4 del non statuto, che prevede la creazione di una piattaforma online per lo sviluppo del programma e la presa di decisioni politiche. Io sono un esperto di informatica. Ho un blog (www.maidiree-democracy. blogspot.it) in cui mi occupo di democrazia su internet. Come molti, mi ero riproposto di parlarne dopo le elezioni. Ma mi sento chiamato in causa da questo linguaggio
    volgare e offensivo. Non capisco perché si debba dare addosso alle persone solo perché chiedono la piena
    applicazione del nostro progetto politico. Io sono 14 anni che mi faccio il mazzo, senza mai aver ricoperto nessuna carica politica, rubando tempo a me e alla mia famiglia”.

    Cosa pensa adesso di Grillo?
    “Sicuramente è una persona onesta. Ma sta assumendo i connotati di quella vecchia politica che diceva di voler combattere. Un capo carismatico. Meccanismi di delegittimazione del dissenso, in pieno stile Berlusconi, con in più le parolacce. Adesso lo sta seguendo anche nella tattica delle smentite. Sulla democrazia online sta cincischiando da mesi”.

    In quanti siete a pensarla così, tra i candidati al Parlamento?
    “Il dissenso è molto più vasto di quanto si immagini e lo dimostra anche la contrazione dei sondaggi nell’ultimo periodo. Se si pensa all’assemblea di Bologna, 90 persone su cento la pensano come me. Poi magari non lo dicono. Perché pensano valga comunque la pena di portare della gente nostra in Parlamento. Non siamo gente stupida. Siamo il classico ceto medio riflessivo. Ma continuiamo a pensare di votare il M5S”.

    E gli arancioni?
    “Mi sembra un’operazione già vista. Un gruppo di estrema sinistra che cerca di riciclarsi. Non ci vedo niente di innovativo. Sinceramente l’unica vera novità politica di questa campagna elettorale mi sembra la lista Monti”.

    (09 gennaio 2013) © Riproduzione riservata
    Fonte: http://bologna.repubblica.it/cronaca/2013/01/09/news/sono_il_rompiscatole_di_cui_parla_grillo_lui_come_berlusconi_basta_con_gli_insulti-50182183/

  38. guardatevi che bel siparietto tra Grillo e Di Stefano di casapound. mi scuso di dover linkare l’account twitter di casapound.

    Grillo a Di Stefano: “Casapound in Parlamento? Nessun problema”.

    http://www.youtube.com/watch?v=pb2cX46I9HM

    • Come volevasi dimostrare. Grillo apre a Casapound e sinceramente non sono per niente sorpreso. È un semplice svolgersi naturale degli eventi. D’altronde le premesse le avevamo analizzate tanto tempo fa. Prevedendo perfettamente la deriva.
      Sapete quello che mi fa schifo però?
      Che con molta probabilità là fuori è pieno di “attivisti” pronti a giustificarlo. Pronti ad arrampicarsi sugli specchi, a dire che lui non è il loro leader, a tirare fuori la solita e falsa frase attribuita a Voltaire.
      È il risultato della idealizzazione del leader.

      • Purtroppo lo scenario è anche peggiore. Durante le festività Natalizie ho incontrato Grillo per strada (sic!). Era in città a passeggiare dopo un comizio, con una corte di poche persone che gli scodinzolava dietro.

        Mi sono avvicinato per analizzare la composizione del parterre, ed ho incontrato un mio amico coetaneo: dopo i rispettivi “allora cos’è che combini” è partito subito lo scontro.

        Il copyright sul logo? – Sacrosanto.
        La piramide leaderista? – Per forza.
        Le epurazioni? Meno male!
        Il rischio di corruzione delle poltrone? – Che pessimista!
        La sua violenza verbale? – Perchè tu non sei incazzato?
        Il marketing “culturale”? – Come fare sennò…
        L’iscrizione ai soli italiani? – Su questo mi informerò…ma comunque se non votiamo lui, chi votiamo? Dovevi esserci: è stato bellissimo!

        Il grosso problema è che ci troviamo di fronte sì ad una cattura ideologica che ti impedisce di vedere le criticità dall’interno (o tacciarle di “pessimismo”), ma anche di un’adesione feticista e quindi pienamente cosciente alle regole imposte dal Grillo Leader.

        La prova me l’ha data il fatto che questo amico, messo alle strette e a conoscenza del fatto che recentemente ho ottenuto una borsa di studio, ha sbottato dicendo:”Eh certo, ora che ti sei *sistemato*, non te ne frega più niente di cambiare le cose!”.

        What sadness….

    • Secondo me c’è da chiedersi il senso della pubblicazione di questo video da parte di Casapound Italia, reso praticamente uno spot elettorale con tanto di slogan alla fine («La prossima volta che voti, falli piangere»): visto che il M5S si presenta come una forza indipendente per le prossime elezioni politiche, tale scelta si rivelerebbe un boomerang per i candidati dell’estrema destra, che si troverebbero a pubblicizzare un avversario, se non fosse motivata dalla consapevolezza che Grillo è benvisto da una consistente porzione dell’elettorato, anche se in contrazione, e che una sua uscita a favore di Casapound, da parte sua che non si è mai dichiarato favorevole a nessun altro movimento politico, non può che fungere da sponsorizzazione nel contesto dell’invasione del campo politico da parte della cultura aziendale. In altre parole, Casapound spera di ottenere visibilità tramite il marchio Grillo, conosciuto, apprezzato, familiare, affidabile agli occhi di molti: si tratta quindi di una strategia di marketing che mira a intercettare il voto di chi trova credibile Grillo, non necessariamente votandolo.
      Il corollario è che probabilmente molti neofascisti “delusi” negli ultimi anni si sono rivolti al M5S e che questo video serve a farli tornare sulla retta via.

    • Ricordiamoci che Grillo è lo stesso che tempo fa ha detto che, se non era per lui, a quest’ora il Paese era in mano ai fascisti. Alla faccia.

  39. Ribadisco che sul grillismo qualcuno aveva dato l’allerta già nel settembre 2007, mentre tutti sottovalutavano (o osannavano) il VDay. Diamo a Cesare (e ad AgitProp, e a Carmilla) quel che è di Cesare.
    http://www.carmillaonline.com/archives/2007/09/002380.html

    • C’è da chiedersi che ne diranno i migliaia di votanti il M5S che provenivano da sinistra (e se ricordo male, non erano pochissimi che dalle vostre parti, wuminghi, si sono lanciati nel grillismo). Bisognerà capire se e come questo modificherà i rapporti con i militanti. Dalla conversazione riportata qui sopra non so cosa ne possa uscire. Se non altro, tutti quelli che ti prendevano per matto quando tentavi di spiegare loro cosa pensavi di Grillo avranno molti meno argomenti per dirti che hai le traveggole.

      • Sì, in Emilia-Romagna il grillismo (inteso come corpo dei militanti) proviene maggioritariamente “da sinistra”. Almeno per ora. Nonostante le annacquature e la confusione ideologica, finora ha agito un “residuo culturale” di sinistra, non a caso la dissidenza del M5S si è concentrata qui.

        In ogni caso, la maggior parte dei grillini continuerà pervicace a negare l’evidenza. E a dire che noialtri siamo resi ciechi dall’ideologia e “che c’è di male nel confrontarsi con tutti” etc.
        L’appartenente a una setta molto difficilmente può essere convinto dall’esterno. Certamente non va sopravvalutata l’efficacia delle argomentazioni razionali. Purtroppo il settario deve sbattere il grugno da solo. Sbattere il grugno contro un’esperienza che manda in pezzi la narrazione di comodo.
        Io non sono granché ottimista, ma stiamo a vedere, e continuiamo a esercitare lo spirito critico.

      • La cosa che fa più scendere la catena è fra persone vicine al M5S che c’è già chi, pur prendendo le distanze, parla di “ingenuità” di Grillo. Ingenuità le palle.

        A parte che le dichiarazioni che fa parlano da sole (“l’antifascismo non mi compete”, “su alcuni punti siamo d’accordo” ecc.). Ma, al di là di questo, mi sembra innegabile che il M5S nel suo insieme stia svoltando decisamente a destra in queste ultime settimane, pressato dal recupero “da sinistra” di alcuni suoi cavalli di battaglia da parte della neonata lista di Ingroia.

        La santificazione della piccola-borghesia imprenditoriale e addirittura un appello a politiche protezioniste (sic) danno un’idea abbastanza chiara, secondo me, del fatto che l’asse di quella forza politica si sta spostando nettamente a destra. Tanto più che l’alleanza fra PDL e Lega Nord lascerà molti leghisti malpancisti orfani del loro partito di riferimento.

        • “Purtroppo” l’altro giorno mi hanno linkato il forum dei giovani padani e diversi utenti, davvero incazzati per l’accordo con il PDL, dicevano che avrebbero votato Grillo. Comunque una nota positiva c’è, si inizia a fare chiarezza. Penso che ancora molta gente che si reputa di sinistra stia nel movimento, e se lo è genuinamente, cose come questa la faranno scappare, finalmente aprire gli occhi.

      • Su Facebook un grillino ha così commentato il video:

        “A meno che non mi sia perso qualche passaggio dopo un rapido ascolto non ci vedo nulla di scandaloso, nulla di incredibile e nulla che vada contro il movimento, a meno che parlare con un fascista, provare a scambiare pareri, avere anche qualche concetto in comune non voglia dire esserlo.
        Ho provato più volte a spiegarti che il movimeno non è qualcosa di destra, sinistra o centro, ma che è un insieme d’idee di persone completamente differenti che si confrontano, ma non sono riuscito ancora a farlo capire, si preferisce ancora vedere di che colore è la sciarpa del tifoso avversario!”

        A parte che qui su giap se ne è già parlato in abbondanza, ma la roccaforte dell’ argomentazione grillina (oltre alla democrazia bla bla bla…) è proprio la tesi di non star sostenendo nulla!
        E in futuro grazie a questa ammortizzazione chissà quante ne dovremmo sentire prima che uno di loro ammetta di essere cascato in fallo, senza contare che più si va avanti più è difficile ammettere di aver scazzato.
        Le contraddizioni aumentano, il fasciopopulismo non si nasconde neanche più dietro ad un dito, ma non importa, perchè chi ha mai detto di essere di sinistra?

        • Durante il corteo a Roma del 25 aprile di qualche anno fa esponemmo, come studenti, uno striscione che recitava “Ci provano mascherati da liberi pensieri, antifascisti oggi come ieri”.

          Era periodo di mobilitazioni all’università e anche nelle assemblee iniziava a prendere quota la corrente di pensiero dei “né rossi né neri”. Tanti studenti che la pensavano così sono finiti poi nelle maglie del grillismo.

          Dagli studenti ci si aspetta che sappiano distinguere le ideologie dagli ideali, dai princìpi, che riescano a contestualizzare e storicizzare senza condannare aprioristicamente l’appartenenza a uno schieramento (culturale, di pensiero, di classe) e demonizzare la partigianeria, prestando il fianco al qualunquismo e al populismo più infimi.

          La condanna decennale degli opposti estremismi, l’equiparazione tra le ‘ideologie’, il *neutro* propagandato come portatore di equità e giustizia, la legalità come un valore *naturale* e non come un prodotto sociale, la mancanza di capacità critica insieme alla profonda ignoranza della storia erano le basi di quelle convinzioni poi approdate nel M5s.

          Il grillismo, per come l’ho conosciuto, è ignoranza organizzata. E’ figlio (anche) dell’impoverimento culturale dell’università ‘fabbrica di precari’. E se tutto questo in tempi di crisi economica incontra la paura del diverso e dello straniero, il bisogno di sicurezza, la competizione per tenersi stretto ciò che si ha, la psicosi legalitaria e il bigottismo maschilista che dà l’illusione della rassicurazione (almeno per quel riguarda la morale fateci decidere ciò che è giusto e ciò che va punito e represso, no??), ecco che poi magicamente i ‘liberi pensieri’ diventano fascismo.

      • Perchè esco dal Movimento 5 Stelle, di Marco Giustini (Roma)
        http://www.beppegrillo.it/listeciviche/liste/roma/2013/01/perche-esco-dal-movimento-cinque-stelle.html

        La cosa più interessante sono i commenti…

        • Salve. La lettura di questi commenti merita il tempo che richiede. Questo versante del grillismo comincia a farmi paura, tanto che penso dovremmo far qualcosa, per esempio (e qui mi collego al post sui due marò versante Dott. Ing. Cav. Lup. Mann. Cas. Pau.) mettere in bella, in modo chiaro e molto fruibile, chi é costui e perché il fascismo, targato – in questo caso- casapau, non é uno spauracchio vecchio ma un pericolo presente e un veleno che viene da lontano. Mi sembra un lavoro imprescindibile, ultimamente mi sto accorgendo che anche persone attente e militanti non ne sanno nulla, e mi sto facendo l’illusione che qualche grillino in buona fede possa vedere piú chiaro. Non ho competenze particolari, darei volentieri una mano. Grazie per l’attenzione.

          • Aggiungo un ulteriore appunto: da questi commenti e anche da questi (http://www.beppegrillo.it/2013/01/il_m5s_non_e_di_destra_ne_di_sinistra.html) si vede effettivamente una buona quantità di grillini turbati da quello che è successo (oltre agli emiliani ci sono i romani, che sanno davvero chi è CP), ma molti restano sull’ idea di “grillo, redimiti e allontanati da CP cosicchè io torni a votarti”.

            L’ idea da far passare in questo momento è che la dichiarazione di Grillo non è una sua gaffe momentanea, ma la dimostrazione di quello che Grillo è ed è SEMPRE STATO.

        • e il post (con relativi commenti) è scomparso dal blog di Grillo… oooops! miracoli della democrazia diretta? ;)

    • Giusto per dare a Cesare quel che è di Cesare, mi è tornato in mente un vecchio appello di Paolo Barnard, scritto soltanto pochi giorni dopo gli articoli linkati da Carmilla.

      http://www.paolobarnard.info/info_vday_doc.php

      Non vorrei venisse preso per uno spot, dato che dall’ultima volta che ho nominato Barnard in questa sede ho preso decisamente le distanze da molte cose che lui e il movimento da lui creato dicono o fanno, soprattutto dopo un confronto diretto con il giornalista che ha trasformato i dubbi e tentennamenti, che già avevo allora, in certezze. Tuttavia, vista l’attinenza al tema del post e le similitudini delle posizioni su Grillo, se qualcuno qui avesse qualche idea sui possibili punti di contatto e di divergenza tra le due prese di posizione, mi farebbe piacere discuterne.

    • “C’è una violenza che sta per esplodere. Lo Stato deve prendersi in mano l’energia, non le multinazionali. Deve gestire sanità, strutture, scuola, autostrade, informazione. Noi siamo la controparte strutturale del Palazzo”.

      Prossimo passo: Alba Dorata.

      (Lo Stato deve gestire l’informazione. Dove l’ho già sentita?)

      • non ci avevo fatto caso, guardando il video. anche l’informazione allo stato? ma non è lui che parla dei media al servizio della casta? ora li vuole in mano allo stato, con veline e tutto il resto?
        cmq alla fine, dopo bolzano, pontedera, treviso e bologna, ora anche dal vertice arriva il nulla osta ad affiancarsi anche ai fascisti. per lo meno è chiaro!
        cosa faranno i grilli-sinistri? io mi aspetterei un loro esodo di massa … stiamo a vedere!

        • direi che prima dell’’alba dorata c’è sempre il sole dell’avvenire, VecioBaeordio. Per citare i motti dei posti in cui siamo stati tante volte in molti, sarà düra. ;)

          • @Giorgio
            mi sono spiegato male. Ho riportato quella frase di Grillo perché mi ha ricordato un po’ troppo da vicino quello che A.D. sta facendo in Grecia: soppiantare alcune funzioni fondamentali dello Stato (welfare, ordine pubblico) dopo che la violenza è esplosa.
            Come dire: magari il vero programma è quello lì, e in tal caso C.P. calzerebbe a pennello.

        • eh già l’informazione… a guardar bene, il lato mimico-gestuale della simpatica “chiacchierata” di Peppe, dice molto di più delle sole parole…
          Circa al minuto 2:56 del video, Cricket (scusate l’inglese…) elenca tutte le cose che dovrebbe “gestire uno stato”. Bene, le sue mani fanno un movimento riflessivo e accentratore, si rivolgono quasi sempre verso se stesso, come appunto se lo stato del prossimo futuro, dovesse essere LUI in persona…
          Certo, una mimica che probabilmente va in automatico, per un personaggio con un ego debordante e dalle spiccate caratteristiche da leader-accentratore…
          Fatto sta che a me guardando il video, pare proprio che ste cose se le voglia *prendere* proprio lui…
          Scusate forse sono troppo in paranoia… ma a me Grillo metteva una certa ansia e turbamento, anche quando ero piccolino e faceva il comico.
          Al tempo ad esempio di “te lo do io il Brasile…” o “te la do io l’America…”
          un ansia o piccola angoscia, simile a quella che provavo guardando la domenica sera il “drive in” su italia1…
          La televisione cazzo…gli anni ’80 cazzo…
          La rete di stamminchia!

  40. Il Grillo Qualunque e il fascismo: su DinamoPress http://www.dinamopress.it/news/il-grillo-qualunque-e-il-fascismo

  41. EHILA’, BEPPE!
    di Fabio Magnasciutti
    via @mazzettam

  42. qualcun@ si ricorda di questo beppe grillo d’antan? era il lontano 1995.

    “E noi abbiamo ancora questa gente, questa gente che rappresenta dei veri serial killer. Chi è un serial killer per lei? Uno che stupra i bambini è un malato mentale. Eichmann ha gasato tre milioni di persone per un ideale distorto. Quello che voglio proporvi io di serial killer è uno che gasa milioni di persone per un conto corrente. .. (Appare la foto di Cesare Romiti) Dirige il monopolio italiano dell’automobile. .. I suoi motori preistorici causano migliaia di tumori. Finanzia l’istituto dei tumori di Umberto Veronesi per ricercare le cause di questo male misterioso!”

    ora, premesso che io penso tutto il male possibile di romiti, della fiat, ecc. ecc., ricordo bene che la cosa mi aveva fatto saltare sulla sedia gia’ all’epoca. per come la vedo io, in quella battuta era gia’ implicito tutto quello che e’ venuto dopo.

  43. Cosa hanno in comune #M5S e Casapaù? Il bipensiero, ovvero il tentativo di auto-emanciparsi dalle pratiche ideologiche, pur rivendicando un’identità politica molto forte e autonoma.

    Casapaù legata all’ideologia fascista, Grillorama “all’ideologia della non-ideologia”. Wu Ming ha tirato in ballo anche le dinamiche di Setta, e ritornano tutte.

    Due anni fa, lessi il libro “Sette fra noi” di M.T. Singer e J. Lalich (c’è una traduzione completo in italiano online) e trovai molti topic in comune col nascente Mo-Vi-Mento 5S.

    1. Tecniche di reclutamento: rivolgersi a persone sole e vulnerabili (dai sondaggi, gli aderenti al M5s usano internet più di tutti; escono da un esperienza fallimentare del Pdl-Lega);

    2. Emotion Bombing: l’aderenza al mo-Vi-mento, viene dal ‘cuore’ o dallo ‘stomaco’, e in misura minore da scelte razionali e ponderate (il V-day come catalizzatore di rabbia sociale è stato un buon trampolino di lancio)

    3. Ordini indiretti: lo studio di Singer/Lalich spiega come un leader che si rispetti *non ordina*, bensì “marca il passo e accompagna”. Grillo infatti non ingiunge, ma “patrocina”. La risposta che danno i Grillini è infatti proprio questa:”Sono io a pensarla/farla così, non è lui che lo ordina”.

    4. Pressione dei ‘pari’ [di grado] e modellamento: questo avviene sul web, in particolare nell’apparato dei commenti sul blog/siti del M5s. La delazione da parte di altri user, modella il comportamento generale degli aderenti.

    Ultima puntualizzazione: col sistema delle “Epurazioni Pubbliche”, Grillo ha perso voti proprio perchè ha reso palese e plateale, un meccanismo censorio che invece nelle Sette avviene tramite “Lettere di disconnessione”: messaggi privati dove si chiede all’ex-aderente di allontanarsi dalla setta e talvolta (come nei casi legati a Scientology) si chiede sotto forma di minaccia velata, di non mettere i bastoni fra le ruote.

    Detto ciò: bònadomenica.

  44. “Il video è tagliato!”, strillano le truppe cammellate grilline in tutti i social network e gli spazi commenti del web. Diffamazione! Gombloddo!
    Ripetere questa storiella è un ordine di scuderia impartito alle “vespe” da Casaleggio? Non ne ho idea. Quel che è certo è che, anche in versione estesa, la minestra ha lo stesso sapore.
    http://t.co/4rwWW2FR

  45. Le prime reazioni alle dichiarazioni di grillo non si sono fatte attendere molto, in ogni caso. linko qui una serie di articoli abbastanza freschi:

    http://www.modenaonline.info/notizie/2013/01/13/carpi-grillo-apre-a-casapound-e-il-consigliere-paluan-si-dimette_26155#.UPLCRGt5mSM

    Qui dichiarazione in esteso di Paluan:
    http://www.contropiano.org/en/news-politica/item/13832-grillo-non-è-antifascista?-prime-dimissioni-in-emilia

    Almeno gli emiliani non dimenticano del tutto l’antifascismo.
    Chissà se anche dalle mie parti, a Torino, ci saranno conseguenze. Spero di sì.

  46. ‎”In Germania, il paese che spesso abbiamo preso a riferimento per la sua evoluzione culturale, sociale ed ambientale, nessun ‘capo politico’ neanche di destra si azzarderebbe a dire che non gli compete definirsi antinazista”: il consigliere municipale romano Marco Giustini lascia il Movimento 5 Stelle. Qui il testo completo della sua lettera http://www.beppegrillo.it/listeciviche/liste/roma/2013/01/perche-esco-dal-movimento-cinque-stelle.html

    • Sono sempre più convinto che il requisito principale per fare serenamente parte del #M5S sia la mancanza di conoscenza della storia e di cosa stia succedendo nel mondo, fuori dall’orticello di Casaleggio. Anzi: totale mancanza di curiosità per quel che è successo prima del VDay, e odio per chiunque porti argomenti che costringano a guardare fuori dell’orticello.

      L’ignoranza della storia recente (non antica: recente) che emerge dai commenti sotto il post appena linkato è nauseabonda. La violenza fascista è collocata in un remotissimo passato, come se non fossero esistite le trame nere, le bombe nelle banche e nelle piazze, e negli ultimi dieci anni non si fossero verificate in tutta Italia aggressioni fasciste contro migranti e attivisti di altre tendenze politiche, omicidi (Davide Cesare, Nicola Tommasoli, Renato Biagetti e svariati altri), incendi di centri sociali… E come se in Europa, dalla Grecia all’Ungheria, non stesse sorgendo proprio adesso un’ultradestra di massa di carattere neonazista… Tanto che girano appelli per un maggiore coordinamento tra le forze antifasciste del continente, di fronte alla minaccia di sviluppi simili a quelli degli anni Trenta:
      http://staffetta.noblogs.org/post/2013/01/08/per-un-movimento-antifascista-europeo/

      Rispetto chi, seppure tardivamente, apre gli occhi sulla natura criptofascista e comunque pericolosa di un simile movimento, ma temo che queste defezioni sposteranno poco. E’ in arrivo una tempesta di merda.

      • La tempesta di merda sarà soprattutto psicologica. Molta gente non reggerà al cambiamento ma io sono convinta che questi siano gli ultimi colpi di coda di tutti quelli che cercano di far rivivere il periodo più brutto della storia. Sembrano pure riuscirci ma la gente è fondamentalmente confusa e disorientata perché non si aspettava di dover combattere o ri-combattere con la povertà, una cosa che molti non sanno nemmeno cosa significhi. Per questo crede e non crede, ascolta e non ascolta, si fida e non si fida. Naturalmente è un momento pericolosissimo ma, ripeto, l’era dell’oro è alle porte. La strada è stata imboccata e non sarà possibile uscirne, per fortuna. Forse noi non riusciremo a vederla ma i nostri figli e i nostri nipoti sì.

        • Dipende anche da quanto LSD verrà immesso negli acquedotti.

          • Che dovrà essere abbondante, di buona qualità, e frutto di anni e selezioni psicochimiche che impediscano bad trips e lavorino solo su neuroni a specchio, empatia ed endorfine naturali.
            Quando inizia a girare, mi raccomando, avvertitemi.
            L.

      • Tristemente vero. Secondo il cosiddetto “Non statuto” del M5S chi è stato condannato definitivamente da un tribunale non può andare in Parlamento. Evidentemente per Casaleggio & Co. il fatto che ci siano stati personaggi come Pertini o Gramsci (o come Mujica, volendo fare un esempio che non riguarda l’ Italia) che furono imprigionati per la loro lotta a sostegno della libertà non ha molta importanza: si generalizza, si semplifica pericolosamente. Bisogna invece ricordare sempre che i diritti non piovono dal cielo ma sono il risultato delle lotte contro la classe padronale. Un Movimento che non ha la sensibilità politica di distinguere, mettendo nero su bianco, tra chi è condannato perchè ha lottato per la libertà e tra chi ha rubato milioni di soldi pubblici non merita di essere votato.

        • sapessi, coco, che discussioni, con alcuni compagni che mi facevano notare questo e che io stesso notavo, prima di decidere di votare 5 stelle alle comunali bolzanine. decidemmo di soprassedere, e di votare ugualmente la lista locale, soprattutto per il fatto che avremmo mandato un ecologista proveniente dalla sinistra, a noi noto ed amico, in CC. colui che poi fu il primo in Italia a schierarsi apertamente con Casa Italia.
          figurati te che delusione, che bel casino: complici di un complice di casapau!
          wu ming prevede una tempesta di merda: noi qui l’abbiamo già assaggiata, e vi dico che lascia l’amaro in bocca.
          cmq, a parte l’esperienza locale, il problema che poni tu e molti altri è decisamente fondamentale, e lo avremmo dovuto tenere più in conto anche noi per delle semplici comunali!
          Vabbè, ormai è andata, speriamo di aver imparato la lezione!

          • Tutti sbagliammo a stento.
            Qui (Valsusa, Torino e provincia) siamo in tanti ad aver votato cinquestelle alle regionali del 2010: per chi era NOTAV sembrava “l’unico voto possibile” e siamo caduti nella trappola.
            Era difficile, allora, capire che quello che facevano con le idee e le tematiche che ci stavano a cuore non era occuparsene, ma occuparle.

    • uuh che strano, la pagina likata da jimmyjazz non si trova più
      e manco questa :o http://www.beppegrillo.it/listeciviche/liste/roma/2012/12/ho-un-grillo-per-la-testa.html

      GOMBLODDO!!!

      • giusto perchè SIAMO LA CAHCE E IL POTERE CI TEMONO!!!1!
        mi era rimasto in memoria su un altro attrezzo…

        “Perchè esco dal Movimento Cinque Stelle
        Di Marco Giustini il 12.01.13 23:00 | Commenti

        Sono sette anni che in modalità differenti faccio parte di quello che è ora il Movimento Cinque Stelle. Da cinque sono l’unico consigliere eletto a Roma, dopo che tutti gli eletti nel 2008 sono passati ai partiti della casta.

        In questi anni ho tentato di essere uno strumento al servizio dei cittadini che mi hanno eletto in nome di Beppe Grillo, dei cittadini di Roma ed in particolare dei 140.000 abitanti del Municipio XVI in cui sono stato eletto consigliere. Ho combattuto per la difesa dei beni comuni, l’acqua, l’aria, la terra. Sono state tante le battaglie di questi cinque anni. Ho tentato di oppormi alla gestione tossica dei rifiuti a Roma, a partire dal territorio martoriato di Malagrotta, facilitando la nascita di uno strumento di partecipazione popolare come l’Osservatorio Ambientale Municipale della Valle Galeria, che aveva l’obiettivo di dare finalmente una voce propria, svincolata dalla politica e dagli interessi affaristici, ai cittadini residenti della zona. Ho tentato di favorire il diritto dei cittadini agli spazi verdi per vivere meglio e socializzare, da Monteverde – attraverso la battaglia della delibera popolare per il parco pubblico a Via dei Quattro Venti – fino a Pisana – attraverso la battaglia contro la localizzazione di una pompa di benzina nell’unica area verde del quartiere. Cosi come ho sostenuto la battaglia per l’acqua pubblica, sia nel Municipio attraverso le proposte di delibera che ai banchetti per il referendum.

        Ma dopo questi sette anni è cambiato tutto ed il Movimento 5 stelle non ha mantenuto le promesse su cui era nato. Promesse che si sono rivelate, una ad una delle tremende finzioni.

        Il 30 dicembre 2012 avevo già annunciato che oggi sarei uscito dal Movimento 5 stelle se non fosse stato deciso a Roma di aprire alla partecipazione dei cittadini le modalità di candidatura per le elezioni comunali, dopo che era stato violato sistematicamente il Non-Statuto del M5S, senza alcun intervento di Beppe Grillo in quanto garante del movimento.

        Ora la goccia che ha fatto traboccare il vaso e mi ha spinto a rendere irrevocabile questa decisione è stato il video diffuso da Casa Pound Italia. Un video che riprende il dialogo tra Simone Di Stefano candidato di Casa Pound alla presidenza della Regione Lazio e Beppe Grillo, in cui il candidato di un partito che si autodefinisce fascista chiede: “Quelli di Casa Pound vogliono sapere sei sei antifascista o no” e Beppe Grillo risponde: “Questo è un problema che non mi compete”.

        Come…”non mi compete” ??

        Beppe Grillo si è autodefinito “capo politico” del Movimento 5 stelle e quindi ogni sua affermazione è una affermazione del movimento. In Germania, il paese che spesso abbiamo preso a riferimento per la sua evoluzione culturale, sociale ed ambientale, nessun “capo politico” neanche di destra si azzarderebbe a dire che non gli compete definirsi antinazista. In Italia invece c’è chi continua volutamente a confondere destra e fascismo.

        Beppe Grillo non ha voluto dire di essere antifascista e cosi ha legittimato l’esistenza in Italia di un partito che si definisce fascista. E in quanto “capo politico” ha infangato anche chi fa parte del movimento. Purtroppo a questo punto è chiaro che lo ha fatto per interesse elettorale, per attirare i voti dell’estrema destra fascista sul Movimento 5 stelle. Beppe Grillo è un capace comunicatore e non uno sprovveduto che non sa cosa dice e cosa vuole. E’ impossibile che non si sia reso conto di ciò che ha fatto.

        Non si può parlare di difesa della Costituzione nel programma del Movimento e poi legittimare l’esistenza di un partito fascista, affermando che non compete a Beppe Grillo e quindi al Movimento definirsi o meno antifascisti. Quella Costituzione è stata scritta grazie alla vita di chi ha lottato per creare in Italia le condizioni di democrazia e partecipazione, per il cui sviluppo abbiamo lavorato in questi anni all’interno del Movimento, e quindi chiunque si definisca fascista non può e non deve avere diritto di parola, come peraltro dice la legge.

        Casa Pound sono dei fascisti non solo perchè si dichiarano tali, ma perchè c’è chi ha visto gente con le spranghe di ferro tra le mani per strada, e lo ha visto qui a Roma. Non dirsi antifascisti significa legittimare azioni del genere. Non basta dire che non si condividono e non si partecipa materialmente a queste azioni, come ha detto Beppe Grillo nel video. Peraltro a Casa Pound, il sindaco di Roma Alemanno ha comprato con i soldi dei cittadini la loro sede. Quindi anche loro sono parte della casta dei partiti.

        “Uno conta uno” è ormai solo un vuoto slogan. Gli eletti non devono parlare in tv per evitare di essere strumentalizzati, mentre Beppe Grillo può dire al vicepresidente di un partito che si definisce fascista che non gli compete dire di essere antifascista, sapendo che sarà strumentalizzato? I cittadini che fanno parte del Movimento possono essere espulsi con un semplice messaggio sul blog, mentre le dichiarazioni di Beppe Grillo non possono essere soggette ad un giudizio dei partecipanti al movimento? Domande come queste rimangono da sempre senza risposta. Nessuna decisione fondamentale viene condivisa nel Movimento 5 stelle e nessuno nel Movimento se ne stupisce. Quei pochi che lo fanno, vengono cacciati.

        Il Movimento 5 stelle, per come l’ho conosciuto io e per il quale ho sempre lottato, è finito e quindi non ha più senso farne parte. Dopo che il Non-Statuto è diventato carta straccia, ora anche l’ultima finzione è caduta: Beppe Grillo dopo essere diventato “capo politico” è anche il candidato-premier alle elezioni nazionali, dopo aver detto per anni che non si sarebbe mai candidato perchè condannato.

        Ma io non voglio arrendermi, perchè continuo a credere nei principi ed i valori per i quali ho lottato, partecipando al Movimento 5 stelle, anche se ora ho deciso di uscirne. Se pensate che abbiano un senso le mie parole, potete continuare a seguirmi sul mio blog personale.

        Marco Giustini”

    • come ho scritto più sopra, il post di Marco Giustini ha avuto vita breve sul blog grillesco.. il fatto che nessun attivista a 5 stelle faccia una piega in merito lo trovo t.e.r.r.i.f.i.c.a.n.t.e :/

  47. Ciao, mi sa Che il commento di prima è in moderazione, ho messo troppi link.
    Gombloddo! Gombloddo! :D
    Riprovo:
    A Carpi Paduan si dimette:
    http://www.contropiano.org/en/news-politica/item/13832-grillo-non-è-antifascista?-prime-dimissioni-in-emilia
    Però è vero che non gli compete: un populista con i fasci si deve mischiare, come il movimento dell’uomo qualunque, si nutre di fascismo in polvere. Non lo cita mai apertamente, ma se ne nutre, e non gli compete discostarsi. A mio avviso il ragionamento gira. Poi ovviamente, rimango stupito che i suoi militonti continuino a non distaccarsene in massa, ma a mio avviso sarebbe illogico che lo facesse.

  48. Grillo per giorni e notti accampato al freddo davanti al Ministero degli Interni per non farsi rubare il simbolo. Un’attesa inutile dato che il pericolo non esiste (http://www.linkiesta.it/blogs/ellebo/simboli-fac-simile-una-non-notizia-solo-grillo-la-cavalca ).
    Una farsa, un’altra delle sue montature eroicomiche da “guerrieri con l’elmo in testa” e tutta la sua retorica militar-farsesca. Una farsa come tante ma con un paio di punti che mi sembra interessante analizzare:

    1. Il finto “picchettaggio”, mimesi di occupazione, con cui Grillo cerca empatia con i movimenti e i lavoratori in lotta scimmiottandone i modi e di fatto svalutandoli. Grillo non si fa scrupolo di assoggettare alla sua causa tutto ciò che può svuotare di contenuti e rivestire di valenza emotiva, delegittimandolo.

    2. La minaccia di ritirarsi dalla competizione elettorale (altrettanto farsesca, utile a spostare l’attenzione da quell’altra bella figura nel frattempo rimediata con casa pound). Nessuno dei suoi che si azzardi a dire nulla: “Sa, qui si dice che uno vale uno, non è che può decidere lei per tutti”. L’arroganza di porre condizioni (se non togliete quella lista) e la presunzione che il movimento sia un bene comune da difendere (“Se non ci lasceranno partecipare si prenderanno la responsabilità della delegittimazione dello Stato e delle inevitabili conseguenze”).

    E poi il discorso casa pound (di cui si è parlato a dovere anche e soprattutto qui), quel comunicato con i soliti né / né, contro tutte le ideologie, e nemmeno mezza rivendicazione di antifascismo.
    Con tutto ciò, paradossalmente, e con la sua capacità di imbonitore, Grillo trasforma la farsa in lotta per l’affermazione “rivoluzionaria” del suo movimento, le critiche in legittimazioni a proseguire nel percorso, le sconfitte in vittorie e sebbene perda qualche punto percentuale non fa che rafforzare il consenso interno.

    Danilo.
    https://twitter.com/danilopettinati

  49. Lascio una suggestione sui risvolti che può avere la concezione di democrazia del Movimento Cinque Stelle: Il movimento come Stato

    “Quello che, consapevolmente o meno, il M5S propone attraverso la sua concezione di democrazia, è l’eliminazione dei conflitti politici (in senso lato) e il loro appiattimento verso un unico tipo di conflittualità («noi» contro «loro»): tecnicamente, questo è il fascismo.”

  50. Vorrei dire una cosa, forse banale o banalissima, in fondo a questa lunga e già “internettianamente” datata discussione. Nei forum una volta si diceva “BUMP”, ecco vorrei “bumpare”, sperando di non sbagliar troppo.
    A un certo punto della discussione di Bologna WM1 chiede a Giuliano Santoro una domanda che mi ronzava in testa da un po’: il significato della frase stra-ripetuta da Grillo “Se falliamo noi, arriva Alba Dorata”. Qual è il significato profondo, esteso, di questa affermazione? Non si tratta solo (non tanto) di capire “cosa ribattere” pragmaticamente a questo argomento, o capire quanta “verità” c’è in questo enunciato. Ho continuato a chiedermelo anche dopo la risposta di Santoro, che forse non avevo capito bene, e dopo l’ “apertura” di Grillo a CasaPound e l’esplicito abbandono della pregiudiziale antifascista, e continuo a chiedermelo tutt’ora, ma vorrei cominciare ad abbozzare una mia risposta, forse già detta o banale, di certo incompleta.

    Per farlo vorrei portare un altro esempio. Nel maggio scorso (2012) Christine Lagarde, il capo dell’FMI, rilasciò questa dichiarazione “spiazziante”: http://www.huffingtonpost.com/2012/05/26/christine-lagarde-greece-imf-chief_n_1547693.html In poche parole, “perché piangere per la Grecia quando in Niger i bambini stanno molto peggio?”

    Trovo che ci sia dietro più o meno la stessa “mossa”. In entrambi i casi credo non abbia senso confutare o meno l’affermazione in sé. Probabilmente è vero che in Niger i bambini stanno peggio che in Grecia. E forse non è neppure del tutto falso, chissà (non lo so!), che dopo Grillo qualcosa di più chiaramente fascista ne raccoglierà il “testimone” politico. Forse Grillo stesso, chissà… Ma il significato di quella frase sta nella funzione di quella “mossa”. Non ne so molto di Lakoff e di frame, a leggere qui mi pare che molti ne sappiano più di me a riguardo :-), ma a me pare che queste due frasi traccino delle cornici. Segnino degli orizzonti, mentre fingono di segnare dei confini. La linea di un traguardo. Una linea di confine che non è più confine ma *frontiera*.

    Ora, dopo l’apertura a Casa Pound (poi dovuta ritrattare perché troppo scoperta, forse prematura, non so) forse è più facile dirlo. A me è venuto in mente stanotte ripensando a quella frase della Lagarde. “Dopo di noi vengono i nazisti” _dunque_ potremo spingerci verso quel confine fino quasi a toccarlo. _Dunque_ quel confine è anche la nostra frontiera – frontiera in senso colonialista (“io non ho problemi ad *accogliere* un ragazzo di CasaPound, se sta alle nostre regole”), frontiera da conquistare. Come ben diceva Little Commie Craig, Grillo si lancia appunto all’ “assalto” del bacino dell’ultradestra. Questo assalto è forse stato anticipato/messo fuori tempo da convenienze elettorali dell’ultimo minuto (la concorrenza di Ingroia a “sinistra”) ma per me è già tutto in quella frasetta.

    Lo stesso discorso credo valga purtroppo per il FMI e la condizione dei greci: finché si starà meglio che in Niger…

    • Mi sembra molto interessante e sono molto d’accordo.
      Ciò non toglie che quella frase costruisca anche un altro frame, che è il seguente: la risposta alla crisi è il neofascismo o il grillismo, tertium non datur. Non esistono lotte sociali, movimenti conflittuali, scioperi di vecchio e nuovo tipo.
      Dunque, per riassumere, è come se Grillo dicendo “o noi o i nazisti” stesse contemporaneamente ammettendo di muoversi su un terreno *di frontiera*con l’estrema destra ed escludendo una risposta “da sinistra” alla crisi.

      • In effetti continuava a mancarmi un pezzo di non detto, di implicito non esplicitato. Sono completamente d’accordo, in quella frase ci sono quelle due asserzioni implicite, e sono quelle che vanno confutate, con le parole e le azioni collettive, se non vogliamo che la cassandrata esplicita si autoavveri.

      • Intanto ti faccio i complimenti, Jimmy, per il libro e per il precedente “Su due piedi”, che ho letto con molto piacere e interesse.
        Riguardo all’argomento “o noi o alba dorata”, qui sviluppato, sono d’accordo con te sulla implicita ammissione di Grillo di incanalare il consenso della destra estrema, anzi, direi che è piuttosto evidente. Mi preme però approfondire il discorso ponendomi, per quanto possibile, dal punto di vista di Grillo. Mi spiego. Qualche settimana fa WM1, in un suo commento (http://www.wumingfoundation.com/giap/?p=10421&cpage=1#comment-15544), discuteva della conquista dell’elettorato di destra in questi termini: o si convince chi è di destra a non esserlo più, o si assumono atteggiamenti, pose, istanze che piegano decisamente a destra.
        WM1 propendeva per la seconda: Grillo, nel suo smarcarasi dalle obsolete etichette di destra e sinistra (tanto che l’antifascismo “non gli compete”), risulta sostanzialmente di destra.
        Eppure, nella sua chiacchierata notturna col capoccia di Casapau, il comico ha affermato che il M5S è un movimento “ecumenico”, aperto a chiunque, purché incensurato e non iscritto ad altro partito. Questo mi spinge a considerare il fenomeno Grillo-M5S non tanto in termini di destra-sinistra, quanto in termini di noi-loro, popolo-casta (che hai prontamente analizzato nel libro).
        A Grillo, insomma, destra e sinistra non competono veramente. Quando grida compiaciuto “o noi o i neonazisti”, lo fa in nome di un generico (e pericoloso) “buon senso”, termine vago e populista, in realtà schiavo di una mentalità efficientistica e tecnocratica.
        Grillo rappresenterebbe dunque l’illusione di superare la contrapposizione destra-sinistra attraverso il verbo del “buongoverno”, del “nuovismo”, del “giovanilismo” etc., scagliato ingannevolmente contro la Casta malefica. Morta la Ka$ta, l’Italia sarà finalmente pacificata.

        Tiro le somme. Se Grillo si ponesse veramente all’interno della dialettica destra-sinistra il suo slogan “o noi o i nazi” potrebbe essere visto come un tentativo di sfondare a destra, ma siccome il suo movimento vuole essere un soggetto “ecumenico”, super-partes, totale, allora l’identificazione di Grillo con la destra risulta forse fuorviante.
        Ciò che a mio avviso risalta prepotentemente del M5S è la natura livellante, appiattente, la volontà di risolvere le asperità, i conflitti reali, dando in pasto alla folla un falso bersaglio, un nemico comunemente accettato, minando in questo modo le basi democratiche del paese…altroché democrazia diretta!
        L’accusa di populismo, qui, è decisamente corretta.

        • Albertod, il punto è che il frame “Morta la Ka$ta, l’Italia sarà finalmente pacificata” è la quintessenza del pensiero di destra. Su questo rimando a quel che dicevo nel post-conversazione su Jesi, dove ho provato a “distillare” la differenza tra destra e sinistra, proprio sul piano cognitivo.

          • Questo è vero e, avendo a suo tempo letto la conversazione su Jesi (ma non tutti i commenti), alla base del mio intervento non potevo non tenerne conto. Le caratteristiche della cultura di destra e le doverose riflessioni sul grillismo sono materiale prezioso.
            Eppure non mi convinceva l’atto di liquidare Grillo come semplicemente di Destra, bensì mi interessava provare a prenderlo sul serio e sfidarlo sul suo stesso campo “né di destra, né di sinistra”. Questo mi ha poi portato alla conclusione che la tossicità di Grillo sta proprio in questa visione che si pretende totalizzante, lontana dalla partigianeria politica e dunque, come dicevo, schiava di altri parametri come efficienza, prestazione, merito…

            Detto questo, sul piano cognitivo, WM1, non posso che essere d’accordo. L’adozione di frame ascrivibili alla cultura di destra è innegabile. La concezione/costruzione di un mito d’origine edenico, purtroppo corrotto da “loro”, “gli altri”, “la kasta”, è reazionaria, dietrologica e assolutoria. Ovviamente razzista.

            Mi rileggerò bene i tuoi commenti. Il topic è più che attuale, non farsi impalugare in narrazioni tossiche è necessario.

  51. Favia dice la sua sulla diaspora de #M5S. Da leggere soprattutto l’ultima risposta “marionette moderate del qualunquismo”:
    «Sto con Ingroia per adesso, ma lavoro a un nuovo movimento»
    La verità dell’ex ribelle a 5 Stelle: «Gruppi autonomi negli enti locali per gli espulsi da Beppe». Su Casaleggio: «Fece regole contro di me»

    BOLOGNA – «Il mio passato è nel M5s, il presente con Ingroia, il futuro è la creazione di un nuovo soggetto politico che comprenda i fuoriusciti del M5s». L’ex grillino Giovanni Favia ripercorre la sua parabola: i dissidi con Grillo e Casaleggio, il fuorionda in cui denunciava l’assenza di democrazia tra i grillini e l’espulsione. Fino alla candidatura in Parlamento con Ingroia che ieri ha detto: «Favia ha aderito a Rivoluzione civile in nome di un movimento che si sta staccando dal M5s».

    Grillo e FaviaGrillo e Favia
    Favia, si aspettava le critiche dopo la sua adesione alla lista di Ingroia?
    «Erano prevedibili, il M5s è di pancia ma non pensavo che fosse degenerato nel dileggio sistematico».
    Perché si candida con Ingroia?
    «Avevo porte aperte e con elezione certa, ma Rivoluzione civile è l’unico spazio in cui poter proseguire le mie battaglie, un ponte tra passato e futuro».
    Vuole essere un punto di riferimento per i delusi M5s?
    «Sì. Questo è uno dei motivi che mi ha convinto ad accettare. Voglio fare da sponda in Parlamento per promuovere la nascita di un nuovo movimento».
    Ha già deciso il nome?
    «No, lo faranno altri. Sicuramente nasceranno gruppi consiliari autonomi negli enti locali per rappresentare gli espulsi da Grillo».

    Giovanni FaviaGiovanni Favia
    Ripercorriamo la sua storia recente. Tutto nasce con il fuorionda?
    «No. Il distacco tra me e Casaleggio inizia circa due anni fa per una sciocchezza. Avevo aperto un blog su il Fatto quotidiano. Casaleggio, in rotta con la testata, voleva che lo chiudessi. Io rifiutai e lui che mi aveva sempre pompato a mille iniziò a darmi addosso. Modificò le regole per le future candidature, che parlavano di massimo due mandati assolti, introducendo anche quelli interrotti. L’unico caso in Italia ero io, visto che il comune era caduto dopo sei mesi. Una legge contra-personam. Ci risi su. Poi fu espulso Tavolazzi e smisi di ridere. Il problema è che nel M5s c’è un vangelo, se ti dimostri critico ed in più sei popolare è allarme rosso».
    Il fuorionda era concordato?
    «Macché, c’è una querela in corso. Confermo però la sostanza di ciò che dissi».
    Si sfogò perché voleva candidarsi in Parlamento e le regole del M5s non glielo consentivano?
    «Una fesseria messa in giro da piccoli uomini piena d’invidia. Andare in Parlamento è una sfida ed un obiettivo per chi ha una forte passione politica, nulla di male, ma non ho mai pressato, sfido chiunque a fornire una prova del contrario. È Grillo l’unico responsabile della mia attuale candidatura, senza l’espulsione sarei ancora la mio posto».
    Lo ha sentito dopo il fuorionda?
    «No, e non mi interessa più. Ho cercato di ricucire ma da parte sua c’è stata l’inumanità più totale. Sono deluso, non dimentico il male gratuito che diffondendo falsità mi ha voluto fare. Non è affidabile».

    Giovanni FaviaGiovanni Favia
    Arriviamo a Ingroia. Come vi siete avvicinati?
    «A dicembre. Ho avuto contatti con esponenti di Cambiare si può a Roma, Movimento arancione e Idv. Ma dopo una riflessione decisi di lasciar perdere»
    E poi?
    «Poi ricevo una telefonata: “Sono Ingroia”. Ci confrontiamo, io vado a Roma, lo incontro il giorno in cui lui presenta la lista. Mi convince. Ne parlo a Bologna con alcuni ragazzi in procinto di staccarsi dal M5s. Valutiamo l’idea di far nascere un movimento autonomo e sostenere nostri candidati con Ingroia, ma i tempi sono troppo stretti».
    E a quel punto lei che fa?
    «Scrivo a Ingroia e gli dico che rifiuto la candidatura. Lui se ne dispiace. Poi parlando con alcuni amici mi convinco che non devo aver paura delle reazioni della base ormai troppo prona ai diktat e che sono pienamente legittimato. Accetto in cambio di massima indipendenza».

    Corre voce che Grillo abbia chiamato Di Pietro pregando l’ex pm di metterla in lista pur di allontanarla dal M5s…
    «Il contrario. Di Pietro ha chiamato Grillo spigandogli che la mia candidatura non era un gesto di ostilità. Grillo gli ha risposto che io sono uno da valorizzare. Beppe non ha mai disconosciuto il mio valore politico, penso sia contento che ci sia io in Parlamento piuttosto che un corrotto. Di questi tempi trovare un politico che si riduce lo stipendio e rinuncia al vitalizio non è facile».
    Ora che è fuori, che rapporti ha con i consiglieri comunali del M5s?
    «Buono con la Salsi, salvo con Piazza e inesistente con Bugani. Sono stati fatti degli errori in passato e alcuni rappresentanti del M5s sono imbarazzanti, delle marionette moderate del qualunquismo».

    Pierpaolo Velonà
    Fonte: http://corrieredibologna.corriere.it/bologna/notizie/politica/2013/18-gennaio-2013/favia-sto-ingroia-adesso-ma-lavoro-un-nuovo-movimento-2113599823647.shtml

  52. Il mio dialogo con Wu Ming 2 per Giap su “Un Grillo Qualunque” è stato tradotto in francese: http://identi.ca/url/74941673
    G.

  53. Intanto sul blogrillo si frulla Pasolini (“Nuovi Scritti Corsari”) e si usano aforismi tipo:

    “Meglio una fine spaventosa che uno spavento senza fine”

    …sta frase l’ho già sentita da qualche parte, e voi? ;-)

    http://www.beppegrillo.it/2013/01/passaparola_-_unaltra_europa_e_possibile_-_paolo_becchi.html#commenti

  54. Repubblica Bologna 30/01/2013

    Favia vuole la rivoluzione soft “A Grillo solo lo zoccolo duro”

    «PER Beppe Grillo sabato in piazza Maggiore ci sarà un bagno di folla, però le facce in platea saranno diverse rispetto a qualche anno fa. Ci sarà lo zoccolo duro che rasenta il fanatismo. Ma tutto quello che Casaleggio ha fatto nell’ultimo anno e mezzo avrà delle conseguenze a livello elettorale. I voti persi sono tantissimi. L’11% per il Movimento 5 Stelle in Emilia sarebbe una débacle, significherebbe tornare indietro di due anni al livello delle comunali del 2011». Giovanni Favia, il consigliere regionale espulso da Beppe Grillo, candidato con Rivoluzione Civile, sarà oggi al fianco di Antonio Ingroia all’assemblea all’HotelEuropa. Favia, dal palco in piazza Maggiore alla sala di un hotel: nessuna nostalgia di quel crescentone gremito? «La campagna elettorale con Ingroia è organizzata in modo “spontaneista”: ci sarà un semplice incontro coi cittadini. Con il marketing non andiamo molto forte, dovremmo riuscire a valorizzare di più il programma. Il format di Grillo invece lo conosco a memoria, la piazza sarà un tripudio, ma vista da fuori adesso mi fa un altro effetto». Non si tratterà di una partecipazione spontanea? «Certo, sono iniziative suggestive, io ho creduto in passato che la popolarità di Grillo sarebbe servita da megafono per semplici cittadini, ma devo fare mea culpa. Per il Parlamento hanno presentato un programma dove non c’è il contributo di un solo cittadino. Adesso mi sembra una presa in giro collettiva. Quando Grillo arriva in piazza comunica un’idea di spontaneità, ma è tutto costruito. Non so quanti mi seguiranno in Rivoluzione Civile, ma comunque i voti per il Movimento 5 Stelle avrebbero potuto essere molti di più». Perché i delusi da Grillo adessodovrebbero votare Rivoluzione Civile? «Perché mi hanno votato in questi anni e io non sono cambiato: sono un ragazzo di 31 anni che non ha mai avuto niente a che fare coi partiti. Sono un indipendentein politica con un programma chiaro». Al Senato in Emilia verrebbe eletto Oliviero Diliberto, in lista ci sono diversi esponenti dei partiti tradizionali… «È un posto di testimonianza, alSenato non abbiamo il quorum. Rivoluzione Civile è un progetto nuovo, che ha dentro di sé una minoranza di candidati dei partiti. In ogni caso io non voglio abolire i partiti, ma superare questa forma organizzativa. I temi di Rivoluzione Civile, molti punti del programma, collimano con quelli del Movimento 5 Stelle. Naturalmente la politica è anche compromesso, non si poteva fare la scissione dell’atomo». A proposito della partecipazione di Claudio Grassi, candidato alla Camera, al funerale dell’ex Br Prospero Gallinari? «Penso che si potevano evitare le polemiche, Grassi non era accanto alla bara con il pugno chiuso alzato, era un vicino di casa di Gallinari e partecipare al suo funerale era un fatto umano. Poteva evitare la partecipazione, ma non c’è nulla di politico». Secondo i sondaggi, in Parlamento ci saranno anche ex sostenitori di Favia, come Giulia Sarti,capolista alla Camera per il Movimento5 Stelle. «Con Giulia ho un legame fortissimo, possiamo fare molte cose insieme in Parlamento. Mi ha deluso che molti del Movimento 5 Stelle mi abbiano “rinnegato” dopo la scomunica di Grillo. Lei non l’ha fatto, ogni tanto ci sentiamo». Se eletto in più collegi, sceglierebbe l’Emilia Romagna?«Sì». A quando le dimissioni dal consiglio regionale? «A maggio, in ogni caso. Se arrivo in Parlamento, anticiperò l’addio ». A quel punto il “tesoretto” accantonato dallo stipendio autoridotto andrà al consigliere Andrea De Franceschi? «Se ci fosse un attivo sì, ma abbiamo speso quasi tutto, tra scudo legale per le cause in corso e finanziamenti ai comitati. Dobbiamo anche togliere le trattenuto previdenziali, non so se rimarrà qualcosa. Credo che quanti mi danno lezioni di moralità dovrebbero togliersi il cappello e sciacquarsi la bocca: io ho rinunciato al vitalizio, una pensione che non avrò mai».© RIPRODUZIONE RISERVATA

  55. Insomma, tutto questo discutere sul #M5S di @Wu_Ming_Foundt e @Amico Faralla è per evitare il “grillino in sonno” di Gramellini

    Buongiorno
    08/02/2013
    Il grillino in sonno
    massimo gramellini

    L’inverno del nostro scontento ha prodotto una nuova creatura elettorale: il grillino in sonno. Individuo affabile e politicamente istruito, il grillino in sonno è solito intrattenersi con amici e colleghi sui pericoli che correrebbe la democrazia nel malaugurato caso in cui il movimento di Grillo superasse il venti per cento alle elezioni. Pur riconoscendo al comico una discreta resistenza fisica e vocale, ne sottolinea lo scarso rispetto per il dissenso, la superficialità di certe analisi e l’aleatorietà di parecchie soluzioni.

    «Uno così al governo non lo vorrei mai» è l’inevitabile conclusione del suo ragionamento. Ottenuto il plauso muto della platea, il grillino in sonno si guarda intorno soddisfatto. Poi arpiona l’ascella di un adepto perplesso (ce n’è sempre uno) e lo porta a sgranchirsi le idee in corridoio. «Come dicevo, al governo non lo vorrei mai…». E abbassa di colpo la voce. «Ma tanto lì si è capito che ci andrà Bersani, in combutta con Monti. Perciò serve qualcuno che faccia le bucce ai deputati, apra i cassetti delle commissioni parlamentari e metta in Rete le schifezze che per omertà nessuno ha mai denunciato. Ecco, per quel lavoro Grillo sarebbe l’ideale». «Quindi lo voterai»?, si informa il destinatario della confidenza. «Ma cosa dici? Ovviamente no!» replica il grillino in sonno, sdegnato e di nuovo stentoreo, neanche si trattasse di mentire a un sondaggista. Eppure nei suoi occhi sono spuntate cinque stelle di malizia. Poco visibili alla luce, molto meglio al buio di un’urna elettorale.
    http://www.lastampa.it/2013/02/08/cultura/opinioni/buongiorno/il-grillino-in-sonno-9MD8lSebTzWvV8bXuIPgcJ/pagina.html

  56. Freccero @Beppe_Grillo: “Ha molto di Coluche. Ma e’ il nostro sismografo. Se si guardano attentamente le oscillazioni, siamo di fronte a un terremoto.” @Wu_Ming_Foundt @AmicoFaralla

    Fonte: http://www.globalproject.info/it/in_movimento/le-elezioni-e-il-sismografo-colloquio-con-carlo-freccero/13510
    Le elezioni e il sismografo – Colloquio con Carlo Freccero
    A cura di Luca Casarini
    8 / 2 / 2013

    Ho ascoltato Carlo Freccero in Tv, già dopo aver letto alcune sue interviste, e mi sono deciso a chiamarlo. Mi è sembrato uno dei pochi “lucidi” ed interessanti sulla visione del panorama politico pre elettorale italiano. Già il fatto che sia un grande studioso ed esperto di comunicazione e in particolare di quella televisiva, mi fa pensare che solo attraverso questa chiave si può ormai affrontare il nodo del voto…gliel’ho chiesto all’inizio:

    C.F. Nel nostro paese la tv è lo strumento principe della formazione del consenso. E questo la dice lunga su quanto poco in realtà valgano i “programmi” dei partiti. Conta chi sa starci dentro, e una tv generalista, con i suoi talk show e siparietti, è quanto di più lontano possa esistere dal ragionamento. Il 78% degli italiani usa questa tv per orientarsi al voto. Di questa stragrande maggioranza ben dodici milioni, usano solo e solamente quella. Berlusconi lo sa e infatti punta a quello. Si afferma come il prototipo massimo della commedia all’italiana e in confronto a Monti è come vedere da una parte l’Alberto Sordi de “il sorpasso” e dall’altra un Max Von Sidow ne “Il Settimo Sigillo” di Bergman. Da una parte la barzelletta, la cialtroneria spaccona, l’arcitaliano aapunto, e dall’altra un film svedese in bianco e nero di un regista luterano.

    Monti sta tentando di cambiare personaggio: parla del nipotino, sorride, promette…

    C.F.Monti cerca di fare il comico, ora, ma non può riuscirci: lui, come figura politica, è nato dallo shock, dalla paura: prova a far ridere, con il copione che gli detta David Axelrod il suo consulente di immagine americano, ma non può riuscirci. Uno che ha fatto passare le pene dell’inferno a tutti, quello del terrore del crollo, del baratro, come può pensare adesso di diventare “pop”? E Berlusconi, che certo non riuscirà a far dimenticare tutto, però si avvantaggia, proprio grazie a Monti. Credetemi, nel quadro della politica spettacolo, dell’audience/consenso, Monti favorisce Berlusconi e Grillo invece penalizza Berlusconi, perché raccoglie anche una parte dei delusi del Pdl, che sono il vero obiettivo del cavaliere.

    Dopodichè c’è il Pd, il centrosinistra…

    C.F.E che dire? Allargo le braccia…come si fa a star dietro, se ci si candida ad essere alternativi, a questa follia? Il pensiero unico domina totalmente. Lo spiega Monti, per il quale la democrazia consisterebbe nel tagliare gli estremi per convergere tutti, appassionatamente, verso il centro. Un’immagine orribile, inquietante, il contrario esatto con il concetto di pluralismo e differenze con i quali è cresciuta la mia generazione. E invece il Pd accetta il gioco, lo teorizza, ci sta. E balbetta, tra il comico e il serioso, tra Alberto Sordi e Max Von Sidow…

    In tutto questo un comico di professione c’è…

    C.F.In effetti. Quello che arriverà terzo. Prima di Monti, dopo Berlusconi che sarà sorpassato alla Camera dal Pd. Ma quel terzo posto non avrà il peso dell’ultimo gradino sul podio, dobbiamo farci attenzione. E’ un fenomeno problematico, ma sarebbe sbagliato non cogliere le caratteristiche dello spazio politico che va a ricoprire. Ad esempio Grillo punta su internet e non va ai Talk. Strategia perfetta per chi sa come funziona la finta democrazia, trappola, della tv generalista. E’ radicale, sceglie e decide una parte, non tutte. E ad esempio si rivolge a chi usa internet e cioè il 40% dei cittadini ma soprattutto i giovani che dai 14 ai 29 anni lo usano moltissimo. Ricordiamoci, e le metafore sono quello che conta per chi comunica, che internet è anche lo strumento contemporaneo delle rivoluzioni. Questa scelta poi gli consente di “rimbalzare” nella Tv, perché parlano di lui proprio perché egli si sottrae e crea suspence, audience. E quindi, rifiutando la Tv e i siparietti, vi irrompe più degli altri. Ciò lo fa risultare più simpatico al “popolo”, che per il 65% lo considera più efficace e coinvolgente come leader e come messaggio. Grillo ha conosciuto e lavorato con Coluche, e dal comico francese che per lottare contro il pensiero unico ipotizzò persino di candidarsi alle presidenziali, fu segnato. C’è molto del Coluche di allora in Grillo.

    Nella società dello spettacolo in effetti i comici bravi sono avantaggiati…

    C.F.La comicità è una forma di verità. Una critica immediata, diretta, che non concede chance e può distruggere in poche battute avversari e partiti. Berlusconi e il suo editto bulgaro poi, l’hanno enormemente valorizzata.

    Io dico che insieme ad una valutazione problematica, con tutte le criticità che vogliamo su ciò che Grillo ha messo in moto, non possiamo non vedere che lui è arrivato a colmare un vuoto, perché l’offerta politica italiana è terribilmente desolante. Non si può valutare Grillo senza rendersi conto cosa di cosa c’è attorno. Di come ad esempio nessuno risponda alla richiesta di un cambiare rotta rispetto alla degenerazione della politica dei professionisti, dei privilegi, della corruzione. Oppure di come Grillo rappresenti in qualche modo quella rottura con il sistema che ormai la maggioranza o tollera o subisce. O teme o odia. Ormai il discorso politico ha perso ogni passione nelle elezioni: si vota valutando chi è il meno peggio, ma dove sta il phatos, l’ideale, l’utopia, il combattimento? La politica somiglia sempre più a un’assemblea di condominio e ha sepolto ogni afrore rivoluzionario, in tutte le sue forme. Però quando giornali come il New York Times hanno parlato di Grillo, l’hanno fatto in termini di novità. Non lo sottovalutate. Mi ripeto. Non è antipolitica, ma al limite, a-politica.

    Un populismo digitale moralizzatore?

    La denuncia della corruzione non basta. Per invertire la congiuntura economica, la moralizzazione grillesca è insufficente. Ma coglie un aspetto fondamentale, che gli altri non osano affrontare per paura di essere “esclusi” dal loro giocattolino. La verità è che bisognerebbe prima o poi prendere sul serio l’idea che se identifichiamo la politica con la liberazione dell’individuo dalle limitazioni che gli impediscono di conseguire il massimo profitto individuale, non dobbiamo meravigliarci poi che chi ha raggiunto un minimo di potere lo utilizzi per i propri interessi. E’ un tema globale, legato all’ideologia neoliberista, e in Italia si è sovrapposto alla nostra “genetica” arte di arrangiarsi. Grillo non è articolato, né argomentativo. Non è un teorico, né un ideologo. Se deve sostenere una discussione approfondita, probabilmente perde. Ma e’ il nostro sismografo. Se si guardano attentamente le oscillazioni, siamo di fronte a un terremoto.

    • “l’Alberto Sordi de “il sorpasso”..

      Nel Sorpasso c’era Vittorio Gassmann…scusate la pignoleria cinefila

      • Macché pignoleria cinefila, sarebbe l’ABC. Questo è un errore da matita rossa in fiamme infilata sotto la palpebra.

  57. A proposito di democrazia e consenso nel #M5S. Ecco cosa è successo alla redazione de “Le Scienze” che ha provato a fare dieci domande al movimento di @Beppe_Grillo
    http://cattaneo-lescienze.blogautore.espresso.repubblica.it/2013/02/11/dieci-domande-cinque-stelle-un-casino/

  58. .@dariodivic: “#M5S, continuità antropologica tra il celodurismo leghista e il Vaffa di @Beppe_Grillo.”

    Fonte: http://dariodivico.tumblr.com/post/42842100033/lopa-elettorale-di-grillo-sugli-artigiani-e-le-partite
    L’Opa elettorale di Grillo sugli artigiani e le partite Iva

    Le piazze piene di Vicenza e Treviso dei giorni scorsi sono il segno inequivocabile che sta prendendo corpo un’Opa di Beppe Grillo sul mondo dei Piccoli. I primissimi segnali di uno sganciamento degli artigiani dal Pdl e di un’attenzione verso il Movimento 5 Stelle risalgono a una ricerca sugli orientamenti politici e valoriali del ceto medio produttivo realizzata nel novembre 2011 da Roberto Weber e commissionatagli dal responsabile economico del Pd, Stefano Fassina. Da allora il feeling tra il mondo dei piccoli produttori e Grillo è stato una sorta di fiume carsico, il movimento non si è dato particolarmente da fare per aggiornare la propria piattaforma programmatica però il sindaco di Parma Federico Pizzarotti al momento di formare la giunta comunale pensò bene di affidare l’assessorato alle Attività Produttive a Cristiano Casa, presidente di CentopercentoPmi, una piccola organizzazione di rappresentanza degli artigiani. Ora però in prossimità dell’apertura delle urne siamo davanti a un’accelerazione e non a caso per parlare con gli artigiani in un albergo del Trevigiano si è scomodato sabato scorso persino Gianroberto Casaleggio, che in fondo è un piccolo imprenditore. Grillo da solo evidentemente non se l’è sentita e ha voluto che ci fosse vicino a sé qualcuno del mestiere. Come che sia, sta accadendo che una parte del consenso forza-leghista dei Piccoli si va dirigendo verso il Movimento 5 Stelle, che in questo momento sembra il contenitore più credibile per ospitare transitoriamente l’individualismo anti-statalista e un po’ anarchico del popolo del Nord Est. Forse più di un vero feeling politico-culturale possiamo parlare di una continuità antropologica tra il celodurismo leghista e il Vaffa del comico genovese. Secondo un sondaggio effettuato dalla Confartigianato del Veneto tra i piccoli imprenditori locali Grillo vale il 22,5% e la coalizione di centro-destra 38%. Per capire la vastità dello smottamento occorre ricordare che solo qualche anno fa tra gli artigiani il forza-leghismo portava a casa l’80% dei consensi. C’è un mondo nordestino, quindi, che è particolarmente veloce nel captare i mutamenti e assecondarli, è stato così nel contrastato passaggio di consegne tra Giancarlo Galan (Pdl) e Luca Zaia (Lega Nord) e appare con gli stessi termini oggi che Beppe Grillo riempie le piazze venete. Guai però a catalogare il tutto sotto il segno di un trasformismo localistico e trattarlo con la puzza sotto il naso. Dietro gli spostamenti elettorali c’è un mondo che si sente schiacciato verso il basso, che avversa la Ue e la globalizzazione, si fida solo del suo commercialista e combina lo “stress da competizione” con un perdurante senso di inadeguatezza personale. A determinare o meno il successo di Grillo poco importa che i candidati del movimento siano relativamente in sintonia con i Piccoli, le loro parole d’ordine testimoniano di una cultura minimalista, alternativa per definizione ed ecologista, che si ibrida con il mondo dei Piccoli solo quando professa le virtù di un localismo a kilometro zero. Non certo quando celebra le virtù della decrescita o si oppone agli inceneritori. Una dimostrazione se vogliamo viene da Parma (anche se il contesto sociale è molto differente da Treviso) dove l’elettorato borghese di centro-destra aveva scelto alle Comunali del 2012 Pizzarotti e oggi assiste sbigottito alle sue piroette da dilettante allo sbaraglio.

    Se poi vogliamo c’è da sottolineare un altro paradosso in questa storia. Il Pd capisce (via Weber) prima degli altri cosa sta succedendo nel mondo artigiano ma non riesce a giovarsene quasi per nulla. Il forza-leghismo cede nei suoi legami popolari e un centro-sinistra che fosse veramente laburista dovrebbe approfittarne a piene mani. E invece no. Scegliendo l’abbinamento con Nichi Vendola e Susanna Camusso il laburismo alla Fassina scinde il lavoro dall’impresa e questo segnale basta all’ex-elettorato del centro-destra per decidere di schivare il Pd e rivolgersi a Grillo. La retorica del “bene comune” non abita qui e tantomeno suscita emozione l’idea di rilanciare l’Iri così in voga tra gli intellettuali vicini a Pierluigi Bersani. Non siamo più al tempo (2008) in cui il giornalista Marco Alfieri, con il suo libro, ammoniva i dirigenti del Pd che “il Nord era terra ostile” ma ancora in questa campagna elettorale si vede a occhio nudo che al partito-lepre mancano i Chiamparino e i Cacciari, personaggi capaci di interpretare la questione settentrionale di prima mano e non per sentito dire. Certo, nel camper ci sarebbe Matteo Renzi ma, se continua a parlare sempre di Firenze e delle sue magnifiche tradizioni, sopra il Po finirà per non servir a niente anche lui.

    Dario Di Vico

    • Compagno Branzino, magari questi articoli linkiamoli con qualche riga di premessa o di commento nostri, altrimenti questo thread diventa solo una bacheca. ‘Sto pezzo di Di Vico parte da una constatazione innegabile che in diversi abbiamo fatto, ma poi diventa la solita puppa sul fatto che il PD è troppo a sinistra (forse rispetto a Cameron), il massimalismo (non pervenuto), l’estremista Vendola (come no!), la CGIL che vuole fare la rivoluzione (seeee), manca un Cacciari (magari!) etc. Posizioni ormai “classiche”, che riguardano i posizionamenti e le lotte di fazione dentro il “centrosinistra”, che qui su Giap non aggiungono nulla né interessano granché.

    • a proposito dell’incontro con gli imprenditori trevisani, avete idea se all’incontro con questi erano presenti anche i candidati locali 5s al parlamento?
      la loro presenza o meno sarebbe un indicatore interessante circa il futuro di questo movimento.

  59. Solo alcuni spunti, che sicuramente altri potranno elaborare meglio di me… vedo Grillo fare summit con gli imprenditori del nordest, non ho capito se a porte chiuse… come si sviluppa questa retorica della crisi, delle imprese “con la canna alla gola”… è solo a caccia di voti a destra e manca o c’è in atto qualcosa di più forte, il tentativo di riunire i ceti medi, orfani di lega e Berlusconi, su un progetto che si rivolga alla pancia e al portafoglio, fuori da una dimensione che identifichi sfruttati e sfruttatori… quanto è pericoloso questo vittimismo dei ceti medi, che dopo aver scoperto la crisi da un paio d’anni, mentre altri la vivono da qualche decennio, adesso trovano nuove retoriche di cementificazione identitaria. La lancio qui. E’ un’analogia troppo azzardata (me lo chiedo io in primis) quella con gli ufficiali di ceto medio che subito dopo la Prima guerra mondiale, col rancore vittimista dei reduci, costituirono la forza retorica del primo fascismo (laddove a morire a migliaia sul fronte erano stati invece i contadini, ma questi non svilupparono una retorica pubblica di quelle morti?)

    • In questo periodo sto leggendo un po’ di testi storiografici che evidenziano come la piccola borghesia del primo dopoguerra abbia costituito la “base di massa” del movimento fascista. Ci sono delle analogie abbastanza preoccupanti con la situazione odierna. Per esempio: Gaetano Salvemini, nel capitolo 10 del suo “Le origini del fascismo in Italia”, parla del “vivo sentimento di invidia e di odio per le classi lavoratrici” che si andò diffondendo nel ceto medio nel periodo 1919-20; sentimento che venne sapientemente alimentato e utilizzato per i propri fini dalle forze reazionarie.

      Dal testo di Salvemini riporto la seguente citazione, che Salvemini riprende da un articolo del “Corriere della Sera” dell’8 aprile 1919:
      «Oggi sono molti gli ingegneri professionisti od anche dirigenti di officine, moltissimi i professionisti, i funzionari pubblici, gli alti magistrati, presidenti di tribunali e di corti, professori ordinari di università, consiglieri di stato, i quali non sanno credere ai loro
      occhi. Vedono dei capi tecnici chiedere paghe, le quali (…) sono di 1000, 1250, 1625 e 2000 lire il mese (…). Che cosa dovremmo chiedere noi, si domandano tutti quegli alti magistrati, quei professori universitari, i quali hanno passato nello studio i più begli anni della vita per giungere sì e no verso i 35-40 anni a 600 lire di stipendio al mese ed i più anziani alle 1000 lire? La mortificazione nei ceti intellettuali è generale. I padri di famiglia si domandano se essi non hanno torto di far seguire ai loro figli corsi di studio lunghi 12 o 14 anni, dopo le scuole elementari; e se non sarebbe
      meglio di mandarli senz’altro in una officina.»

      Va da sé che le cifre del “Corsera” non sono per nulla affidabili, e che (anche in quegli anni in cui gli operai cercavano, mediante gli scioperi, di adeguare i salari all’inflazione galoppante) il divario nei redditi, nelle condizioni di vita e di lavoro, rimaneva comunque a favore dei “ceti medi”. Ma ciò che soprattutto contava era l’ostinata volontà della piccola borghesia a credersi “superiore”, a stabilire una distanza fra sé e la classe operaia, deprimendo se necessario quest’ultima.

      Osserva Salvemini: “In Europa il dopoguerra ha portato alle classi medie povertà e sofferenza, ma le classi medie, per quanto declassate dalla crisi economica, non intendono identificarsi con il proletariato. All’inizio il fascismo italiano e il nazismo tedesco furono essenzialmente movimenti composti di elementi impoveriti delle classi medie, decisi a non affondare sino al livello del proletariato, e che si dettero a strappare dalle mani delle classi inferiori quella parte della ricchezza nazionale che esse avevano vinto”.

      Ecco, devo dire che oggi, bazzicando in Internet, vedo segni crescenti di invidia e di odio classista anti-operaio anche in ambienti “insospettabili”, ad es. in certi blog di area PD.

      Oggi come allora, la tendenza reale è quella verso la proletarizzazione del ceto medio; quindi, le dinamiche materiali del modo di produzione dovrebbero semmai indurre a un’alleanza fra sfruttati.

      Scriveva Antonio Gramsci, su “L’Ordine Nuovo” dell’8 maggio 1920: “Gli industriali continueranno nei tentativi di suscitare artificialmente la concorrenza tra gli operai, suddividendoli in categorie arbitrarie, quando il perfezionamento degli automatismi ha ucciso questa concorrenza; continueranno nei tentativi di inasprire i tecnici contro gli operai e gli operai contro i tecnici, quando i sistemi di lavoro tendono ad affratellare questi due fattori della produzione, e li spingono a unirsi politicamente…”

      • Salvatore, Alberto, ma perché non trasformare questo scambio in un vero e proprio post? L’argomento è cruciale.

        • Per me volentieri, il tempo lo trovo per un breve intervento (si può montare assieme a altri contributi). La mia era più che altro un’intuizione, confermata da alcune letture e da alcune percezioni di recenti fatti di cronaca. Non sono uno specialista sul tema. L’intervento di Salvatore mi sembra molto interessante e dettagliato…

      • Buongiorno, complimenti per lo spunto, vorrei contribuire segnalando la prima questione che mi è saltata alla mente leggendo il tuo “devo dire che oggi, bazzicando in Internet, vedo segni crescenti di invidia e di odio classista anti-operaio anche in ambienti “insospettabili”, ad es. in certi blog di area PD.”: la polemica sul precariato intellettuale sollevata da Di Domenico che citava la figlia di Ichino… Io non sono per nulla dentro le dinamiche di quella polemica, sicuramente c’è qualcuno che le conosce meglio e può svelare “retroscena” o strumentalismi da me ignorati. Però ecco, quella vicenda per me è emblematica di quanto il PD sia un partito formato quasi esclusivamente da dirigenti e pensato per elettori che grossi problemi (lavorativi, economici ecc) non ne hanno. Nelle reazioni dei commentatori e degli “intellettuali” de sinistra forte, fortissimo è stato il livore contro “l’invidia sociale” del precario (che diventa lavoratore mediocre), quasi unanime la difesa del bravo e onesto “figlio di” che ha fatto carriera solo ed esclusivamente per meriti personali.
        Oggi pomeriggio Bersani sarà qui a Mirandola in una delle aziende più colpite dal terremoto (B-Braun, biomedicale), ma la maggior parte degli operai non lo voterà, come la maggior parte degli operai della Green Power di Mirano, l’azienda dove B. ha molestato un’impiegata, non se lo cagheranno di striscio e forse voteranno M5S.

        Mi scuso con tutti per l’OT, è stata un’associazione istantanea leggendo il tuo commento.

        • Sono d’accordo che l’argomento sia molto importante, e che meriterebbe una trattazione degna. Però mi sa che da solo non posso farcela: ci vorrebbe l’intervento di qualcuno che conosce bene la critica dell’economia politica – sto pensando a Girolamo De Michele. Perché la questione delle “classi medie” è annosa. Costituì già uno degli argomenti adoperati da Eduard Bernstein (alla fine dell’800) nella sua critica al marxismo.

          Bernstein sosteneva che fosse sbagliata la “previsione” marxiana secondo cui la società si sarebbe sempre più polarizzata in due sole classi, borghesia e proletariato, “previsione” formulata a chiare lettere nel “Manifesto del partito comunista” del 1848. Per Bernstein, si verificava invece un proliferare delle classi medie, e ciò era uno dei motivi per i quali, secondo lui, i partiti operai avrebbero dovuto “convergere al centro”, diventare riformisti, cercare il consenso della maggioranza “moderata”, e via dicendo.

          Andrebbe poi richiamata la risposta di Lenin a Bernstein. Lenin osservò che in realtà, nel pensiero maturo di Marx, la tendenza alla proletarizzazione delle classi medie non è affatto una “legge” che opera in modo lineare. Anzi, il capitalismo fa emergere di continuo nuovi strati intermedi, per poi però lasciarli ricadere nuovamente nel proletariato. “In ogni paese capitalista esistono sempre, accanto al proletariato, larghi strati di piccola borghesia, di piccoli proprietari. Il capitalismo è nato e nasce continuamente dalla piccola produzione. Nuovi numerosi strati medi vengono inevitabilmente creati dal capitalismo (appendici della fabbrica, lavoro a domicilio, piccoli laboratori che sorgono in tutto il paese per sovvenire alla necessità della grande industria, come quella delle biciclette e dell’automobile, per esempio). Questi nuovi piccoli produttori sono essi pure in modo inevitabile respinti nuovamente nelle file del proletariato. E’ del tutto naturale quindi che le concezioni piccolo-borghesi penetrino nuovamente nelle file dei grandi partiti operai. E’ del tutto naturale che debba essere così e sarà così sempre, sino allo sviluppo della rivoluzione proletaria, perché sarebbe un grave errore pensare che per compiere questa rivoluzione sia necessaria la proletarizzazione completa della maggioranza della popolazione”.

          Porrei questa domanda, a chi vantasse una buona conoscenza dell’economia marxista: forse si può dire che, nelle epoche di espansione del capitalismo, si “espandono” anche i ceti medi, e che invece nelle epoche di crisi economica si fa valere con più forza la tendenza alla loro proletarizzazione?

          Alberto Prunetti: ho letto “Amianto” e la discussione che ha generato qui su “Giap”. Nel libro, a un certo punto, tu formuli un giudizio molto severo sul PCI: scrivi che il compito storico di questo partito è stato quello di impedire la rivoluzione in Italia. (Poi, in uno dei passi per me più commoventi, menzioni la “Storia del Partito comunista” di Spriano, ma questo è un altro discorso).

          Devo dire che un giudizio così liquidatorio inizialmente mi ha un po’ urtato; poi però ho dovuto ammettere che era giusto. Mi viene in mente che uno dei più importanti documenti “teorici” del PCI, dopo la Liberazione, fu proprio un discorso di Togliatti sui “ceti medi”, pronunciato a Reggio Emilia nel settembre 1946.

          Due concetti stanno alla base del ragionamento togliattiano: 1) il fascismo fece dei “ceti medi” la sua base di massa, 2) l’isolamento in cui si trovò la classe operaia fra il 1919 e il 1925 fu la ragione principale della sua sconfitta. Probabilmente il senso del suo discorso era: bisogna, ad ogni costo, impedire che questi due presupposti storici si verifichino nuovamente.
          Può darsi che le premesse fossero giuste, ma sta di fatto che il PCI finì sempre più per trarne delle conseguenze che andavano nella stessa direzione indicata a suo tempo da Bernstein. Per non inimicarsi questi famosi “ceti medi”, cominciò quella rincorsa al “centro” che ha caratterizzato un po’ tutta la politica del PCI nel dopoguerra.

          Però, quando Lenin o Gramsci avevano parlato di alleanze della classe operaia con altre classi o ceti (coi contadini, con gli intellettuali) non avevano certo inteso la cosa alla maniera “riformista” bernsteiniana. Avevano puntato sulla possibilità di portare “a sinistra” questi alleati, lungi dallo spostarsi al “centro” per intercettarne il consenso.

          Non sarà un errore pensare che i “ceti medi” siano per natura “moderati” e “conservatori”? Che perciò l’unico modo per non gettarli fra le braccia della reazione sia quello di rincorrerli al centro? L’esperienza storica degli anni ’20 e ’30 non dimostra, invece, che nelle epoche di crisi i “ceti medi” siano piuttosto disponibili a recepire proposte politiche “estremiste”? Per ora chiudo qui, ma mi piacerebbe articolare meglio il discorso, se possibile con l’aiuto di altri contributi.

          • Qui sta il punto! Il fascismo è nato, esiste ed è continuamente reinventato e riutilizzato dai padroni proprio per offrire ai ceti medi proletarizzati un “falso evento” dopo l’altro, un falso bersaglio dopo l’altro, una finta rivoluzione dopo l’altra. Questo non succederebbe se la classe capitalistica considerasse i ceti medi per natura conservatori. Sa bene che, quando si proletarizzano e si impoveriscono, potrebbero “fare blocco” con gli operai e in generale coi lavoratori subordinati. Per impedire quest’alleanza, viene ogni volta scatenata una multiforme offensiva ideologica e propagandistica: ad esempio, si dice al piccolo borghese che il suo nemico sono i proletari “garantiti” e i sindacati, e al contempo, con il frame della “sicurezza”, gli si dice che deve temere l’immigrato. Ma questo non basta, perché è un discorso tutto difensivo, ce ne vuole anche uno offensivo, “massimalista”, pseudo-rivoluzionario. Oggi quel discorso è quello contro la “Ka$ta”, e il suo massimo spacciatore è Grillo, che è un portatore – forse nemmeno del tutto consapevole – di un’ennesima variante di fascismo. Attenzione, quando parlo di “fascismo” non mi riferisco al fascismo storico, a quello che si incarnò nel regime fascista e poi nella RSI etc. Mi riferisco a quell’ur-fascismo di cui parlava Eco e che è già stato ricordato sopra.

          • Caro Salvatore, mi ha fatto sorridere il ricordo della polemica sul “ruolo storico” del PCI (di solito affrontata nella mia tarda adolescenza davanti a un piatto di minestra a cena). In questa polemica c’era una frattura che si trovava in tanti altri deschi familiari: io cominciavo a frequentare i vecchi trotkisti, deviavo dalla linea… poi arrivarono i giornali libertari, le letture sulla guerra di Spagna, le fanzine dei centri sociali (in provincia non c’erano centro sociali, ma c’era il ricordo dell’insurrezione maremmana del 1948, quando dopo l’attentato a Togliatti i minatori occuparono le miniere e usarono la dinamite contro le forze dell’ordine, e poi Togliatti disse “fermi tutti”). Discussioni che non ti dico, poi ricomposte… lo Spriano sta lì, affacciato dalla mia libreria, e commuove anche me…

            Sui ceti medi mi viene in mente quello che è successo in Argentina nel 2001. Quando i ceti popolari e quelli medi si sono uniti, il risultato è stato deflagrante: vedevi tizi in giacca e cravatta assaltare i bancomat, gli ospedali e le scuole autorganizzarsi, la logistica dei mercati di verdure prendere pieghe orizzontali e antigerarchiche… è durata per un paio di anni… quando sono andato io in Argentina, nel 2005, i ceti medi già si lamentavano dei piqueteros che tagliavano continuamente il traffico con i loro blocchi stradali… erano due mondi ormai distinti…. io non sono uno capace di grandi elaborazioni teoriche, sono un tipo che legge molto le cose a orecchio, però penso che sia importante capire il legame tra spirito conservatore e senso di insicurezza del ceto medio declassato… al tempo stesso se il grillismo può essere letto come uno stratagemma per allontanare i ceti medi dall’alleanza con i ceti popolari, come secondo me a ragione suggeriva WM1, bisogna anche leggere fenomeni come il leghismo (o il vecchio squadrismo, o almeno la sua manodopera di base) come degli espedienti per deviare i ceti subalterni e esclusi dai loro interessi di classe (per ritrovarli alleati dei padroni o dei ceti medi nel cemento della patria o dell’identità territoriale di appartenenza).

      • Il paragone tra grillismo e fascismo è scivoloso, rischioso e difficile da maneggiare, ma inevitabile. Perché è la storia di questo paese, è la storia del difficile e controverso rapporto tra rabbia giusta e rancore distruttivo, tra rivoluzione e reazione. E’ un discorso che si può affrontare in alcuni contesti (come questo) nei quali si tende ad evitare slogan e non perdere la lucidità.
        Mi limito al punto della composizione sociale. Nelle definizioni un po’ rigide ma secondo me efficaci di alcuni scienziati politici la differenza tra fascismi e populismi starebbe proprio nella discriminante della composizione di classe: il populismo organizza dall’alto masse in cerca di nuovi di diritti ed avanzamento sociale, il fascismo organizza le classi che devono difendersi dalla minaccia delle classi inferiori. Ora, a me pare che questa alternativa tra difesa e attacco, dopo venti anni di politiche liberiste, sia molto meno nitido che in passato. Ci sono senz’altro figli della classe media che godono di piccole rendite ma che sono senza diritti sul lavoro, ad esempio. O che non ne hanno mai avuto uno vero. Come li classifichiamo? Sono “in difesa” o “all’attacco”?

        • Trovo davvero lucido e appropriato questo spunto. E in diversi aspetti in continuità con l’ultimo del Prunetti nell’altro thread. Per me il nodo sta nella cesura tra anni ’70 e la decade successiva, la ristrutturazione che passa prima fuori, sociale e politica, e poi dentro, antropologica e mentale, i corpi e non li fa più riconoscere, li fa ammalare. Per questo tante volte negli ultimi, non pochi, anni mi sono trovato a ripetere che gli anni ’80 non sono mai finiti.
          Da allora, e progressivamente, la società, nei suoi strati inferiori, molto più che ‘liquida’ è diventata ‘fangosa’, un impasto di mondi, e sostanze, precedenti e destrutturati, i cui legami chimici ormai sciolti hanno dato vita a un ambiente melmoso, nel quale si nuota al buio. Senza vedere se stessi, e ancor più l’altro e il simile.
          Così ci si può solo ammalare, o seguire il primo cazzone che passa.
          Al contrario i padroni non hanno mai smesso di sapere chi erano, e la lotta di classe hanno continuato a farla, instancabili, tutti i giorni.
          Infine, essendomi formato, in via sia estetica che politica con il ‘totalvoetbal’, ritengo che difesa e attacco siano la stessa cosa, nel senso che l’una prepara l’altro e viceversa.
          Se si vuole avere qualche chance di vincere. Ma quello è solo pallone……

          L.

  60. Forse un po’ OT, ma visto che nella discussione su Giap (inteso come ebook) @vito66 aveva aperto un sottothread su questa intervista cerco di dirvi un po’ di cose da punto di vista un po’ più ravvicinato.
    1) Ha ragione @WM1 quando dice che la cosa è un po’ più omplessa, nel senso che sicuramente in valsusa molti notav voteranno M5S, ma tanti anche rivoluzione civile, alcuni SEL, alcuni PD e forse persino alcuni Lega, che ci sono candidati provenienti dal movimento notav anche in RC (Durbiano) e SEL (Mattioli), e che ce n’era uno (Plano) che voleva candidarsi con il PD ed è stato escluso dalle primarie per un cavillo
    2) Perino forza la mano, dopo aver chiarito che parla a titolo personale e non a nome del movimento, perchè lui è affine al M5S, ma non credo che il M5S in valsusa avrà percentuali bulgare, secondo me non è neppure detto che avrà la maggioranza, anche se sono convinto che ci farà un risultato sopra la media nazionale
    3) Oggettivamente il M5S al momento è l’unico a non aver ancora “tradito” le promesse. Dipende solo dal fatto che non ha ancora governato? Io penso di sì, ma se ci fermiamo ai dati questo è l’unico oggettivo. Tutti gli altri partiti o si dichiarano sitav, oppure, quando è stato il momento di tradurre la loro contrarietà in una linea di governo, se la sono rimangiata. Non più tardi di 1 mese fa RC ha rifiutato di candidare Nicoletta Dosio ,un’altra figura ‘storica’ del movimento, al livello di Perino, nonostante sia da anni tesserata per rifondazione. E si è rifiutata sostanzialmente perchè non abbastanza ‘istituzionale’, cioè non abbastanza lontana dai ‘violenti’
    4) Il movimento notav in valle è una cosa diversa da fuori della valle. Fuori è un movimento decisamente di sinistra ma non “popolare” (nel senso di che non ha una base popolare veramente larga), in valsusa i notav sono maggioranza, ma non sono tutti di sinistra, non sono neppure sicuro che lo siano in maggioranza.
    5) Il non voto sicuramente è un’opzione (al 99% sarà la mia), ma è pur sempre una resa, sia pure parziale, riconoscere che su quel campo non ha senso combattere. Certo, di campi ce ne sono altri, però abbandonarne uno non è certo una vittoria
    Ho cercato di spiegarmi senza andare troppo per le lunghe, spero di esserci riuscito

    • Tendo a scrivere post brevi, per varie ragioni che ometterò. Comunque, non sono certo io a poter dire ai notav cosa fare e come. E se qualche movimento ha la mia fiducia su come mettere in campo azioni efficaci per raggiungere i propri scopi, i notav sono tra i primi che vengono in mente. Non votare è un’opzione, la prima occorsa, ma io non sto in Valle Susa. Quindi ragioni da distribuire (non vendere) ne hanno i Wu Ming che hanno risposto, come ne hai tu, e, ovviamente, i notav. Per ora, auguro loro — e un po’ anche a noi — che sappiano essere esemplari come sono stati sin qua.

    • Non ho pensato a linkarlo subito, il sottothread cui mi riferivo è questo qui

      • Sottoscrivo robgast69, e aggiungo una cosa che va detta: persino quando non sono in malafede, i commenti sul movimento No Tav partono generalmente da una prospettiva cittadina, e di pianura.
        Noi siamo abituati a esprimerci come se fossimo tutti abitanti delle dieci città più importanti, ma in realtà siamo sempre quello che una volta era il paese delle Cento Città, e meglio dei duemila Comuni. Non so la cifra esatta, ma chi degli italiani non abiti nelle suddette grandi città, ancora oggi vive nel coprifuoco. Alle 22 (se va bene) passa l’ultimo treno (o corriera) e ciau bale. O mezzo privato o stai a casa. Ho visto abbastanza ragazzi in giro nei piccoli comuni, che in pratica vegetano, in attesa di avere la patente, per poter “andare via da quel buco”. Divide et impera, si sa, specie se si uccide il trasporto locale e i treni veri che uniscono il Paese nelle sue ramificazioni, a favore delle Frecce che solo le città contemplano, ecc. ecc., sappiamo.
        Il succo è che nel resto del Paese la politica non è quella delle categorie delle grandi città, di quei partiti.
        “Destra” e “sinistra” hanno storie e significati diversi!
        Come diceva robgast69, nel caso specifico della Valle sono stati tanti i partiti che hanno provato ad abbeverarsi al bacino del movimento, generalmente ricavandone sonore scoppole. Pd in primis ovviamente, ma per la Lega ci è voluto di più! I leghisti “eretici” non mancavano e non mancano, perché la sopra la “difesa del territorio” non è una frase fatta, e paradossalmente forse han fatto una figura migliore della famosa “sinistra radicale”, che aveva dovuto inchinarsi ai dettami del governo amico (Claudio Cancelli aveva scritto in proposito un gustoso pamphlet, “L’opposizione compatibile”).
        Il M5S e prima ancora Grillo hanno sempre fornito appoggio da “tempi non sospetti”, ma questo non è detto che comporti automaticamente una “ricompensa” alle urne! I meccanismi della Valle (e di parecchi “altra Italia” che si rifiuta di considerare) non sono prevedibili dalla pianura, per quanto ci provino incessantemente :-p
        Perciò è caldamente consigliata una visita! Si cambia aria, in tutti i sensi, parola di cittadino (scusate l’autocitazione, datata ma mica tanto)!

  61. Ho letto i due interventi e sono molto interessanti, d’accordo con Wu Ming 1 nel trasformarlo in un post.
    Discutendo con molti amici che alle prossime elezioni voteranno Grillo mi sono accorto di quanta inconsistenza esista nel loro argomentare.
    I commenti qui sopra sono condivisibili sia nell’analisi che nelle sintesi, ma secondo me il M5S e il “grillismo” in generale non è nient’altro che il riflesso esasperato del qualunquismo e del disinteresse che caratterizza da sempre la parte maggioritaria della popolazione italiana.

    Nei commenti che leggo – e che trovo tutti animati da un interesse reale nella definizione del fenomeno – non so se si è tenuto in adeguata considerazione la mancanza assoluta di interesse, da parte della stragrande maggioranza dei cittadini italiani, circa le modalità di gestione della cosa pubblica.
    In soldoni: come si dice dalle mie parti, “la panza piena non pensa alla panza vòta”.

    Mi scontro con i miei amici “grillini” proprio perché ricordo loro che le istanze annacquate che adesso impugnano come clave sono quelle che ritenevo fondamentali quindici (15!!!) anni fa.
    Ricordo che nel mio paese, sotto il monumento ai caduti, con la bandiera di Attac e quella con la falce e martello, raccoglievo le firme per l’introduzione della Tobin Tax. Ci dicevano bolscevichi, senza chiedersi che cosa fosse la Tobin Tax e il movimento che la proponeva.
    Ricordo che sotto al monumento ai caduti raccoglievo le firme perché ci sembrava immorale che tra il primo dipendente della P.A. e il dirigente con lo stipendio più alto vi fosse un divario pari a 10 volte.
    Ricordo soprattutto che il partito che proponeva un tetto alle retribuzioni dei manager pubblici, che proponeva la questione ambientale come prioritaria, che proponeva un tetto all’orario di lavoro sul modello francese, che iniziava a parlare di decrescita quando erano gli anni della grande espansione economica, quel partito prendeva il 6%.

    A me non importa che qualcuno mi dica “avevate ragione”, ma riflettere sul fatto che la discussione su certi temi, IN ITALIA, sia legata necessariamente al venir meno di diritti o alla perdita del potere d’acquisto dei salari.

    Perché gli effetti della crisi – le invidie di classe, le contrapposizioni tra lavoratori, le parole d’ordine dei capibastone, la richiesta immediata e fascistoide di un repulisti – non sono nemmeno così difficili da analizzare, così come non è difficile capire quanto tutto questo possa essere strumentalizzato da chi cerca solo il cambio di una leadership per proporne una nuova.
    La cosa su cui mi piacerebbe discutere sono le pratiche e le modalità per incentivare un’effettiva partecipazione politica all’interno di quei partiti – tradizionalmente di sinistra – che al “popolo” e alla “collettività” hanno sempre fatto riferimento.

  62. Rispondo qua al meta OT di @danielafinizio: Mah!

    Mettiamola così: se casapau va a sant’Ilario e si schiera per la prostituzione libera, difendendo i sacrosanti diritti di bocca di rosa a esercitare il suo mestiere, per me (per me, che tengo l’antifascismo come barra) non diventano votabili comunque. L’elettorato di sant’Ilario, legittimamente, farà quello che vuole. E pure io. Del resto, i discorsi che fanno i leghisti al paesello da 25 anni spesso echeggiano questi, forse è per questo che I’ll walk alone?

    E se questa sembra una posizione ieratica da know-it-all, pace. Si vede che son nato prete-operaio.

    • Vito, avevo detto che non mi riferivo al contenuto, ma al tono del tuo commento, ma, evidentemente, non mi hai creduta. Come ho scritto, mi era parso un tono di “soddisfazione”, quando dici “we’ll always walk alone”.
      Ma a questo punto chi è “noi”? Ho l’impressione che “noi” sono tutti quelli che in questo preciso istante la pensano come “me” e che agiscono esattamente all’interno del mio paradigma. Un po’ come fa sprotgooffy (il so-tutto-io è lui) nel suo commento a proposito degli ebook. Un approccio fideistico.
      Così, le tue due righe mi son suonate: “ecco scovati altri traditori!”. Mentre invece concordo più con l’approccio laico di WM4. Non mi riferisco al caso specifico di Perino. Conosco la lotta dei No TAV solo dall’esterno, non sono mai stata in Val Susa. Ma, al di là del valore simbolico di cui abbiamo caricato questa lotta – la lotta che possiamo vincere – credo si tratti di una lotta di tipo locale, con istanze specifiche. Quello che sto provando a dire è che approcci fideistici si basano sul giudizio di un istante (un’intervista, una dichiarazione) e impediscono di guardare gli eventi con la giusta profondità.

      PS: a proposito di “chi siamo noi? Chi è robba nostra?” stavo cercando uno stralcio di un’intervista di Hobsbwan proprio sui limiti delle lotte locali (al di là del loro valore simbolico), e invece ho trovato un post sul blog di Grillo che lo celebrava dopo la morte. Ora è abbastanza strano che Grillo che ha una dimensione così locale celebri un marxista che ha invece una posizione molto lucida sull’approccio localistico. Mi è sembrato un altro esempio del fatto che nel M5S ognuno ci mette e ci trova quello che gli pare. Quindi, al di là dei gomblotti suoi e di Casaleggio per governare il mondo, ho difficoltà a paragonarlo proprio a CP.

  63. Ieri sono stato al comizio di Beppe Grillo a Milano, anche se, in coerenza con la neolingua del MoVimento, lui ha sottolineato che quelli che fa non sono comizi.
    L’intervento di Grillo ha preso le mosse dall’allegoria comparsa, sempre ieri, sul suo blog (http://www.beppegrillo.it/2013/02/arrendetevi.html). Grillo e i grillini che intimano alla casta di arrendersi, perché sono circondati: di nuovo l’immagine dell’assedio (anche se, stavolta, in chiave sbirresca per solleticare un po’ di più gli uomini d’ordine). Un’ulteriore conferma che, nell’immaginario politico depauperato degli attivisti a 5 stelle, vive ed è fertile l’illusione che, come ha detto dal palco di ieri una candidata alla Camera, il Parlamento sia il cuore di alcunché, e che scacciando “loro” ed entrando “noi” avremo in mano tutti gli strumenti per cambiare le cose. Il “cretinismo parlamentare” di Lenin, già evocato da Mauro Vanetti proprio a questo proposito.
    Temo che il crollo annunciato di questa illusione non sarà innocuo, né per i grillini, né per gli altri.

    • Sarebbe troppo da ottimisti pensare che il genovese facesse una citazione “colta” (e, per Fo, “di famiglia”): http://www.youtube.com/watch?v=XHw03Jh_8QU

      • Su Twitter sta girando anche quest’altra fonte, per la citazione: http://twitpic.com/c5db94

        • Infatti,vedi Grillo, e senti la voce di Giuseppe Cederna che imita i crucchi “affiancati dalle Brigate Nere” urlare: “Arren-de-te-vi”… Bizzarrie della memoria.

        • Poniamo pure sia una Püra Coincidenza, ma si può tranquillamente dire che se qualcuno del pubblico avesse voluto “continuare lo scherzo” tipo con un fucile finto, se la sarebbe vista brutta. Per essere seguaci di un comico i grillini sono totalmente privi di senso dello humour e senso della prospettiva e questo per un giullare è imperdonabile!
          Certo Dario glie l’avrebbe fatto notare, se avesse ancora l’energia. Abbiamo già avuto l’esperienza di un guitto (e pure dilettante!) che ha voluto farsi re. Mò è un professionista, ma il risultato è uguale: quando un giullare vuole farsi re, non avremo più né un giullare né un re.

  64. a proposito del supporto di Fo a Grillo, per sdrammatizzare queste pessime giornate di fine campagna elettorale, mi permetto di parafrasare Trotsky:
    “‘every man has a right to be stupid, but comrade Fo abuses the privilege'”

    • Guarda, non è la prima volta che lo vedo: diversi compagni che a suo tempo attraversarono l’esperienza del maoismo, o almeno ne furono fortemente suggestionati, oggi investono (più o meno fideisticamente) le loro emozioni su Grillo.

      Questo non vuol dire che *tutti* gli ex-maoisti siano soggetti a questo transfert, ce ne saranno anche (molti) altri che Grillo lo detestano. Però una cosa è importante dirla: Mao fu l’unico teorico marxista del Novecento a *difendere* esplicitamente e appassionatamente il “culto della personalità”. In polemica col rapporto di Krusciov al XX congresso del PCUS (quello della “destalinizzazione”), Mao scrisse che il problema non è il culto della personalità, ma se in quella personalità si esprima o meno la verità rivoluzionaria. Se tale verità c’è, allora non c’è niente di male nel culto della personalità. Quest’ultimo è sbagliato solo se il “caro leader” di turno si dimostra un controrivoluzionario.

      Io, voglio chiarirlo, non sono tra quelli che demonizzano o ridicolizzano Mao. Penso che la sua figura sia ben più complessa delle caricature (super-benevole o super-malevole) che (anche complice lui) ci sono state offerte.
      Detto questo, è innegabile che, difendendo il culto della personalità, Mao stesse scrivendo pro domo sua. E’ uno scritto poco filosofico e molto tattico. L’argomentazione è aleatoria e disarmante, si limita a rimandare il riconoscimento del problema al dopo-delusione. Solo quando ci saremo rimasti di merda sapremo se il nostro culto della tal personalità era giusto o sbagliato.

      Mi sembra evidente che per gli ex-maoisti divenuti grillini, la personalità di Grillo racchiuda quella verità rivoluzionaria che prima vedevano nel culto del Grande Timoniere. Su questo terreno, vista la premessa teorica rievocata sopra, sono forse più disarmati di altri compagni provenienti da altre tradizioni.

      Chiaramente, quanto detto va preso con le pinze e non generalizzato. Del resto, tra i grillini figurano anche ex-anarchici, che sulla carta dovrebbero essere “vaccinati” da simili investimenti libidici di massa.

      • tra le analogie dei grillini con mao, o meglio con le pratiche maoiste, c’è anche la ‘confessione pubblica’ (non ricordo il termine preciso, scusa).
        la riscontro sia negli atteggiamenti dei primi giorni post dichiarazioni a piazzapulita di favia che in molti post sul sito di grillo di chi, seppur velatamente, critica da grillino senza volersi distaccare

        • Qualche riflessione un po’ sparsa. L’ascesa di Grillo e del M5S e l’entrata in politica di Monti con i poteri forti borghesi che non si fidano più di Belusconi sono le due novità principali di questa tornata elettorale. Mentre il M5S rappresenta l’urlo più o meno qualunquista contro la casta e fa leva sul disastro sociale, economico e civile del Paese, Monti è la diretta emanazione dei poteri economici internazionali, delle banche, del Vaticano. Ci sono anche affinità (il dichiarato interclassismo, il presentarsi come né di destra, né di sinistra) ma i due progetti sembrano, almeno a me, destinati ad un diverso esito elettorale. Grillo andrà molto bene e Monti si accontenterà di condizionare il futuro Governo arrivando a malapena al 10% dei voti. Ma qui siamo nel campo delle previsioni. Quello che mi interessava sottolineare è questo: l’entrata in politica del potere tecnocratico e teocratico (o quel che ne resta) non rappresenta in realtà la sua debolezza? L’essere consapevoli di essere in questo momento, per semplificare, dei giganti dai piedi d’argilla? A Christine Lagarde del FMI è scappato detto che “nel 2013 o la va o la spacca”. In Italia, dove si era già affermato un soggetto “populista” (Lega+Berlusconi) rischia di andare molto bene un movimento pseudo-radicale come il M5S. Non è che alla fine tutto questo radicalismo, che è molto di facciata e molto “di pancia” e fascistoide, non riesca ad aprire un varco ad un fronte almeno anti-liberista, ad un’alleanza degli sfruttati che finora non si è mai avuto il coraggio di proporre per davvero, ma che potrebbe essere effettivamente alla nostra portata? Non è questo in realtà che temono i poteri forti che esprimono Monti? O è solo una speranza autoconsolatoria?

          • Con la lucidità dettata dalla febbre direi che il berciare sia un metodo scientifico per evitare di affrontare discorsi seri. Solo oggi abbiamo avuto due esempi, con le lauree tarocche di Giannino (n’epidemia…) e il video omofobo postato da due candidati di Fratelli d’Italia: lì la cazzata era troppo evidente, Crosoni&Meletto sono stati costretti a dire “questa non è la nostra linea, questo non è il nostro linguaggio, scusate, via il video”. Poi se sarà anche “via i candidati”, bravi. Ma intanto hanno dovuto rendere conto, mostrare accountability, almeno di facciata.
            Invece ogni smarronata, ogni video razzista, dichiarazione sessista, imbarazzante riciclat* in lista di M5S passa sotto silenzio.
            Perché “quelli” menano! Nessuno può sapere meglio di voi la scocciatura di avere a che fare con camionate di troll.
            E anche perché, va detto, la stampa “educata” sceglie la via uguale e opposta di dargli addosso su tutto, facendo giuste figure da peracottari e rinforzando il loro ambìto status di perseguitati dalla KASTA111!
            Questo dà loro una luce diversa, un’invidiabile aura di intoccabilità. Che inevitabilmente sparirà nel momento in cui dovranno affrontare i “conti della spesa” e affrontare l’ingrata realtà quotidiana come tutti gli altri. Realisticamente succederà come a Parma: sepolti dal casino, daranno (non del tutto a torto) la colpa ai “governi precedenti”, e sciau.
            Una cosa però dovremmo chiederci: perché “noi” non riusciamo a darcela, quell’aura di intoccabilità? Per averla è necessario sbracare? Il PCI degli anni ’70 l’aveva, nessuno poteva arbitrariamente accostarli alla Kasta di allora, magari era solo immagine, ma la famosa (ed effimera) “sobrietà” di Monti quel PCI la esibiva a carrettate…

  65. […] quella vicenda per me è emblematica di quanto il PD sia un partito formato quasi esclusivamente da dirigenti e pensato per elettori che grossi problemi (lavorativi, economici ecc.) non ne hanno […]

  66. Leonardo scrive che “Grillo è riuscito nel capolavoro di imporre candidati e programmi di sinistra a un elettorato di destra, anche se per farlo è ricorso in dosi abbondanti a una retorica che nessun politico di centrosinistra maneggerebbe volentieri.”

    E’ un’analisi semplicistica perché non tiene conto di proposte di destra come il conteggio degli immigrati o la quesione cittadinanza o securtaria, ma secondo me c’è della verità. Voi cosa ne pensate? il post è di oggi http://leonardo.blogspot.it/

    • Più che altro, il programma del Movimento 5 Stelle è un’accozzaglia di proposte apodittiche e non spiegate, una lunga “lista della spesa” che pesca in modo “biconcettuale” dalle rivendicazioni di diversi movimenti precedenti, di sinistra e di destra, antiliberisti e liberisti. Sono pagine e pagine di pdf con dentro *centinaia* di proposte scarsamente collegate l’una all’altra, ci sono nazionalizzazioni e privatizzazioni, proposte ultra-specifiche accanto a dichiarazioni generalissime e vaghissime, cose utopiche e cose pleonastiche (cioè che aggiungono poco o niente a quel che già c’è), non c’è un capitolo specifico sul lavoro ma è tutto raggruppato sotto “economia” (anche questo framing è significativo, dal punto di vista di chiunque sia di sinistra). Poi uno potrà dirmi: i programmi degli altri partiti sono anche peggio. Certo, ma io questo lo do per scontato. Da chi si presenta come l’artefice della grande catarsi, della palingenesi rivoluzionaria in Italia, sarebbe legittimo attendersi qualcosa di meno cazzaro. Ma in realtà stiamo parlando del nulla, perché nella vicenda grillina, il programma è davvero l’ultima cosa, serve giusto come pezza d’appoggio per la retorica da fine-dei-tempi, funziona da “bordone” per la melodia del pifferaio magico.

      Ma davvero, basta andare a rileggersi il programma di San Sepolcro:
      http://www.circolorussell.it/index.php?doc=158
      Anche là c’era tutto e il contrario di tutto, e in apparenza era molto “di sinistra”. E’ sempre così. Poi andate a vedere quante di queste cose furono realizzate dal fascismo-regime. Al posto del suffragio universale e del voto alle donne, la fine delle consultazioni elettorali. Abolizione del Senato non pervenuta. Elezione popolare dei magistrati non pervenuta. Gestione delle industrie da parte delle organizzazioni proletarie, non pervenuta (anzi, abolizione di tutti i sindacati indipendenti). Nazionalizzazione dell’industria militare non pervenuta (anzi, commesse stramiliardarie a FIAT e altri). Patrimoniale, non pervenuta. Al posto della confisca dei beni della Chiesa, hanno fatto i Patti Lateranensi! La terra ai contadini: col cazzo. Etc. etc. etc.

      A Leonardo, che seguo da anni, stimo e apprezzo nonostante sia del PD, consiglierei di evitare incisi come questo: “si potrebbe poi discutere di quanto poco siano ormai distanti i neonazisti italiani dai criptocomunisti di Rivoluzione Civile, ma faremmo mattina”. Io non voto Rivoluzione Civile e sono molto critico nei confronti di quell’operazione, ma frasi come questa sono idiozie offensive, inaccettabili.
      Diciamo che anche uno dei blogger più bravi e intelligenti in circolazione ogni tanto può uscirsene con un post fatto male.

      • Sì, a me i punti del programma del M5S sembrano delibere da consiglio comunale, alcuni tra l’altro già previsti per legge … e forse è proprio qui il pericolo, cioè puntare più al potere esecutivo che a quello legislativo, sostituendo le persone al potere, come mi sembra dicessi tu stesso più su.
        Ma la liquidità del Movimento, l’assenza di un coordinamento nazionale (se fosse il primo partito, chi sarebbe il presidente del consiglio?), la gerarchia non detta (duumviri-proprietari sopra, candidati-portatori di chissà quale meme sotto) ecc, questi fattori di anarchia iper-individualista a livello di votazioni parlamentari non potrebbero favorire scelte invise ai “guru”?
        Se sto rimescolando cose già trattate me ne scuso.

        E sì, va bene l’appello al voto “utile”, ma Leonardo che fa certe insinuazioni senza spiegarcene il motivo è abbastanza grave. Un altro passaggio poco felice è quello in cui sostiene la stupida ipotesi che il M5S funga da argine ad Alba dorata et similia, ma di questo se n’è già discusso

        • Più che i fattori che elenchi, che mi sembrano più funzionali all’autoritarismo, a favorire scelte invise ai “guru” potrebbe essere la costituzione italiana, che prevede che i parlamentari non abbiano vincolo di mandato. Ad ogni modo, abbiamo già visto spaccature nel movimento, ne vedremo altre.

  67. #M5S, questa è gustosa. I fans di @Beppe_Grillo se la sono presa con l’ultimo video di #Bennato: “Al diavolo il grillo parlante” (http://ur1.ca/cvfic). Ieri La Stampa aveva mezza pagina dove elencava gli artisti più o meno embedded. E per la cronaca, visto che qualcuno a Bologna aveva fatto una domanda su De André e Beppe Grillo, viene citata Dori Ghezzi che avrebbe testualmente detto: “Se Fabrizio non fosse morto, Grillo non sarebbe diventato capopopolo”. La cosa più interessante, però, e che tra artisti che si dicono organici (Celentano oggi sul Fatto e purtroppo anche Dario Fo) ed altri che si sono avvicinati e poi se ne sono allontanati (vengono citati anche Silvestri e Ligabue, per fare un esempio) prevale un’idea di “impegno” solo se fa spettacolo, se sei amico di Grillo, se c’è una platea che applaude. Nulla di nuovo, per carità. La sinistra istituzionale per anni ha avuto anche questo apporto, che in generale era accetto soprattutto se non sconfessava la linea dei vertici. Ora, però, questa cosa è completamente sussunta nello “tsunami tour” come parte della scena, del baraccone viaggiante con l’attore principale che recita a soggetto e quello che dice sembra anche un comizio. Probabilmente il M5S sta innovando in questo. O forse sta semplicemente portando alle estreme conseguenze una metamorfosi del discorso pubblico nella politica che era latente da un pezzo (Berlusconi ovvio, “ma anche” Veltroni nel 2008, sicuramente Renzi ora, ecc.).

    Però ad una cosa ci tengo, per tornare a quella domanda. Grillo nel 2010, quando ci fu il Woodstock a 5 Stelle a Forlì, ad una domanda sulla eventuale presenza di De André se fosse stato vivo rispose rispose: “No, era troppo schivo. Però avrebbe mandato un video di due minuti, gli sarebbe piaciuta da morire questa cosa contro il potere. La mia idea nasce anche dalla sua La domenica delle salme, quando denunciava la pavidità dei colleghi. Profetico, come sempre. Sapesse quanto mi manca” (http://ur1.ca/cvff9 ).

    Ecco, io penso che invece gli avrebbe detto che della lingua allenata per il vaffanculo Grillo non aveva capito un emerito “bélin” mentre invece gli avrebbe ricordato che la morale di storia di un impiegato per non “diventare così coglioni dal non riuscire più a capire che non ci sono poteri buoni”. Soprattutto quelli ai quali si brama con le stesse armi concettuali di chi si ambisce a sostituire.
    Che poi è quello che gli dice tra le righe anche un ottimo Stefano Benni ieri su la Stampa (http://ur1.ca/cvfia)

  68. Su Internazionale, nostro commento al risultato elettorale del #M5S:
    Il Movimento 5 Stelle ha difeso il sistema
    http://www.internazionale.it/live-blog/le-elezioni-politiche-in-diretta/#399f025808

    • Il link non va più, sembra si sia perso buona parte delllo streaming live, come si recupera il testo?

      • E’ stato ripubblicato in giro x il web, cerca su google “Il Movimento 5 Stelle ha difeso il sistema”.

  69. Eccolo il link è qua (però serve scrivere qualche altra parola altrimenti WordPress non accetta il commento…)

    http://viceversa-news.blogspot.it/2013/02/il-movimento-5-stelle-ha-difeso-il.html

  70. Internazionale ha ripubblicato il nostro articolo sul sito. In calce, scariche di insulti, basta con gli intellettuali, siete finiti, andate a lavorare, la sinistra è morta, mi avete deluso, siete servi etc.
    http://www.internazionale.it/news/italia/2013/02/26/il-movimento-5-stelle-ha-difeso-il-sistema-2/

    • Interessante anche come molti interpretano il titolo: pensano che secondo noi il M5S abbia “difeso il sistema” *ieri* e dicono: è troppo presto per parlare.
      Solo che il nostro è uno sguardo retrospettivo, su una fase che ieri è terminata. E’ almeno dal primo VDay che il grillismo funziona da apparato di cattura delle istanze degli altri movimenti.

      • L’altro dato che mi sembra emergere dai commenti, è che alcuni simpatizzanti grillini sembrano conoscere i vostri libri, soprattutto quelli legati al progetto Blissett.

        Questo è un aspetto interessante perché è proprio guardando a quella parte della vostra produzione che avete individuato i rischi e l’ambiguità della mitopoiesi.

        • Beh, per fare riferimenti come quelli basta aver letto la voce di Wikipedia un minuto prima…

          • Forse hai ragione. Un commento che fa riferimento a Guerra psichica però mi è rimasto in mente. L’autore considera Grillo un situazionista destabilizzante. Una cosa non del tutto sciocca, visto che anche Blissett, all’epoca, lo definiva un avanbardo.

            Ho come l’impressione che quello stile mitopoietico si sia trasferito in una parte (magari piccolissima) dei sostenitori grillini.

    • Cerco solo di immaginare che roba avete in moderazione.

      La cosa che più m’impressiona è che Grillo voglia partecipare alle consultazioni con il capo dello stato. Insomma, adesso ci sono gli eletti. Potrebbe andarci uno di loro.

      • Eh, ma uno vale uno (Unidentified Nagging Oaf?). Tanto vale che ci vada uno a caso: grillo, ça va sans dire. Per dare due scappellotti al vecchio Napolitano, basta e avanza, no?

        Era solita piacermi la frase “nulla sarà più come prima,” ma qua mi crolla un mito.

        • questa mattina, a radiopopolare, una deputata siciliana del M5S affermava che, nei prossimi giorni, gli eletti del M5S si sarebbero riuniti per nominare un capo del loro gruppo parlamentare. tale persona avrebbe dovuto andare da Napolitano per le rituali consultazioni.

          faccio notare che anche la nomina del capogruppo da parte degli eletti è un abbandono del principio “ognuno vale uno”, ora va bene anche a loro la rappresentanza.

          ma non è più un problema, naturalmente Grillo li ha già scavalcati.

        • Nemmeno adesso che hanno stravinto e dovrebbero sentirsi fortissimi tollerano la minima critica. Perché?

          In fondo, se sul M5S avremo torto, a smentirci saranno i fatti e faremo una figura di merda.

          Inoltre, noi siamo irrilevanti. Che minaccia possono mai costituire, di fronte a una potenza mediatico-politica da nove milioni di voti, le parole di quattro scrittori precari, mezzi ammazzati dalla crisi (e che a dire il vero, anche quando le cose andavano benino, non contavano nulla perchè in Italia non si legge e la letteratura non conta nulla)?
          Per giunta, quattro scrittori che vengono da un mondo, quello dei movimenti radicali e delle controculture, che in Italia tutti dichiarano morto e sepolto?
          Che danno possiamo mai arrecare, dalla nostra “zattera della Medusa”, alla corazzata di Grillo?

          Insomma, come mai anche il giorno dopo la festa tutto quest’astio, questa voglia di accerchiamento, questi attacchi a “intellettuali” che, a detta degli stessi che li attaccano, “non spostano un cazzo” (e in fondo è vero)?

          Viene da pensare che simili reazioni servano soprattutto a placare un’ansia, a rassicurare se stessi e la tribù. Forse dietro il successo del M5S c’è più incertezza e debolezza di quella che traspare, e anche un intervento estemporaneo da una posizione marginale può gettarci sopra un piccolo fascio di luce, che va subito offuscato alzando un polverone.

          Insomma, come recita “L’Internazionale” di Franco Fortini, sicuramente “noi siamo gli ultimi di un mondo”, ma forse quel mondo tormenta la cattiva coscienza di qualcuno e… va ucciso anche da morto.

          Ad ogni modo, oggi alla riunione di WM non ce lo siamo detti ma ci sentivamo così (chi conosce il film sa quanto disperata e dolente sia quella sequenza, che estrapolata può non sembrarlo). Maschilismo a parte (per me potrebbero anche essere quattro donne), noi oggi *siamo* quella camminata in mezzo ai derelitti, accompagnata da rulli di tamburi e canti sgangherati.

          Ma il film non finisce lì.

          • Immagino che quel che sta succedendo abbia preso tutti di sorpresa. Se la sinistra istituzionale ha preso un bel colpo, non si può dire che non se la sia cercata: non ha mai tenuto gli occhi sui bisogni e le necessità dei subalterni. Chi scrive, come diceva Rodolfo Walsh, deve dare testimonianza di quel che accade nei momenti difficili. Ricominciamo da lì. Non so se si profilano scenari da “Mucchio selvaggio” o da “Signore degli anelli”, forse sarà ancora la farsa italica a prevalere.

          • dalle reazioni che vedo e discussioni che ho avuto sembra che la pacatezza sia durata pochissimo. i grilli stanno sfornando perle di puro anti-pensiero.

            si passa dall’ormai classico “destra e sinistra superate” all’inutilità della storia.

            questo è giusto per fare un esempio https://twitter.com/pinofredd/status/306375520461926400

            è proprio vero che l’anti-intellettualismo è l’asilo del fascismo

          • mi sa che altri, quei compagni che ora vi vomitano addosso tutto questo astio, tra poco si sentiranno come pat garrett, quando, dopo aver ucciso billy the kid, si vede riflesso nello specchio, e spara alla sua immagine.

            • Ad ogni modo, nessuno di quei commentatori sembra aver capito bene (o aver letto) il finale dell’articolo. E pensare che dopo averlo letto, dei compagni dicevano che avevamo “aperto credito ai grillini”…
              Oppure lo hanno letto ed è proprio quello che gli sta sulle palle? Il fatto che ci auguriamo che quelle energie sfuggano all’organizzazione che le incanala e le impoverisce verso un discorso “mandiamo su gli onesti”?

              • Non è da escludere che abbiano in mente un solo genere di rivolta, che è quella che credono di incarnare.
                E quindi il vostro “tifiamo rivolta” non può che essere visto come il desiderio che il Popolo (coestensivo al M5S) si disgreghi. Ma non succederà la Gente è armoniosamente compatta contro la Casta. :-)

              • Sì, mi sa che hai ragione. Augurarsi una spaccatura significa alludere al frame “di sinistra” dove impera incontrastato (e inavvertito) quello “di destra”.

      • Buona questa.
        Mi viene in mente quella trasmissione idiota su reti mediaset negli anni novanta (scusate l’approssimazione, sono ignorante di tv) nella quale la presentatrice, Ambra Angiolini allora forse nemmeno maggiorenne, faceva e diceva tutto sotto dettatura di Boncompagni che la pilotava tramite auricolare nascosto.
        Ora, telecomandare cento parlamentari da solo non sarà un’impresa facile nemmeno per uno che attraversa lo stretto a nuoto e salta nel cerchio di fuoco. A meno che Casaleggio non abbia una tecnologia segreta fatta arrivare dal 2039 che permette di controllarli tutti con lo smartphone, come i droni.
        D’altronde qualcosa dovranno inventare per tenerli, perché se ognuno di questi si mette a parlare in pubblico, tempo due mesi e abbiamo le truppe NATO sottocasa.

    • All’elenco degli attacchi scomposti contro “gli intellettuali spocchiosi” che osano dire che Grillo è stato pompiere e non incendiario, si è aggiunto anche Franco Berardi “Bifo”. Incollo tutto visto che è su Facebook (ma messo pubblico):

      “leggo ora su Internazionale che i wu ming si lamentano del fatto che il movimento di Beppe Grillo amministra l’assenza di movimento in Italia. Ragionamento bislacco davvero. Dal momento che la società italiana è incapace di muoversi allora debbono stare tutti fermi? Dal momento che gli amichetti di wu ming sono stanchi allora tutto deve restare ad attendere i tempi del loro risveglio? Fate movimento invece di lamentarvi perché qualcun altro lo fa al posto vostro, magari in maniera un po’ più rozza di come piacerebbe ai raffinati intellettuali.”

      Di tutti i fenomeni da baraccone di questa situazione italiana, il più indecoroso è quello degli intellettuali “compagni” che fanno a gara di grillismo, specie se combinano alla loro miopia questa arroganza tremenda verso chi è più coerente di loro. Quando tra un po’ bofonchieranno che si erano sbagliati (vi ricordate la figuraccia di chi diceva che i Forconi erano una rivoluzione dal basso?) o più probabilmente faranno finta di niente, ricordiamoci di guardarli con compatimento.

      Che cazzo di mosche cocchiere.

      • “amichetti di wu ming”… “raffinati intellettuali”… No, Bifo che scrive come Sallusti non lo accetto! :-(
        Forma e contenuto, cazzarola, forma e contenuto…

        • Ad ogni modo, noi gli vogliamo bene come a uno zio, e non elaboreremo alcuna risposta. Giudicheranno gli eventi chi aveva torto e chi ragione.

          • Così, per ridere. Mi sono ricordato che a livello di metafora familiare per voi Beppone ‘O Grill è proprio…lo Zio. Quindi attenzione a mostrare i vostri affetti in pubblico :-)

            D.

      • Io ero già rimasta di merda ieri quando Bifo ha spiegato perché ha votato M5S. E comunque anche nel mio piccolo, tra i miei contatti facebook grillini, ho notato un clima di astio che non era così evidente 2 giorni fa e che fa quasi paura…

  71. Però, come ricorda giustamente Santoro su “Un grillo qualunque”,
    Grillo una volte le sue (presunte) capacità PSI le usava per una multinazionale lattica… più che guerra psichica era già psicobusines.
    ora?…
    http://m.youtube.com/#/watch?v=OzaPiQZLLdQ&desktop_uri=%2Fwatch%3Fv%3DOzaPiQZLLdQ&gl=IT

  72. “Il vero pensiero si riconosce in questo: che divide.” (Mario Tronti)
    La finta concordia lasciamola ai “semplici”.

  73. Credo sia interessante l’ultimo episodio, trasmesso ieri e chiamato “The Waldo moment”, di Black Mirror, una serie televisiva di Channel 4 che si interroga sui possibili effetti che la tecnologia prossima potrebbe avere sulla società se non usata con attenzione. In particolare, in questo episodio il protagonista è Waldo, la figura di un orso animato digitalmente che intervista personaggi famosi con un ironia pesante, conosciuto e amato dalla gente per questi tratti. Le elezioni sono vicine e il team di produzione coglie l’occasione per lanciare una provocazione e candidarlo alla corsa; da questo punto in poi il cartoon raccoglie sempre più adesione, con una diffusione massiva su internet dei suoi interventi spregiudicati in cui accusa e sfotte i candidati. Anche qui al cartoon non si può rimproverare nulla perchè non è una persona e nello stesso tempo riesce a intercettare l’approvazione della gente con la sua gretta ironia e con il facile compito di sfottere i politici. Non passa molto tempo prima che il piccolo team che gestisce Waldo venga contattato da un’importante agenzia, che gli apre gli occhi sul potente oggetto che hanno creato e sulle possibilità che hanno effettivamente di riuscire a utlizzarlo per gli interessi di qualche potente se Waldo smette solamente di attaccare e inizia a proporre vaghi contenuti, in grado di essere condivisi dalla maggioranza della “gente”.
    Riassunto molto banalmente, ma ricorda molto vicende di casa nostra, lo consiglio.

  74. Comunque sono buffi questi qua:

    “Ah ah Ah, incredibile ma anche voi caduti così in basso con queste teorie strampalate (accuratamente dopo voto), con il movimento, contro, di traverso..ma siete ridicoli. Cosa accade? ultima speranza per ritagliarvi un posticino? un finanziamentino? avete scritto qualche cosa di interessante, non bruciatevi con questi penosi articoli.”

  75. Condivido il vostro post su Internazionale e il commento di Wu Ming 1 più sopra quando dice: «Forse dietro il successo del M5S c’è più incertezza e debolezza di quella che traspare». Ho notato anche io una certa angoscia nelle facce dei grillini che ho incontrato ieri e oggi. Ho visto i volti delle stesse persone che avevano appena votato per il M5S oscurarsi non appena si sono resi conto di non essere più «i pochi illuminati» che hanno «visto la luce». Sembravano ragazzini nel momento in cui si rendono conto che la loro bravata era più grossa di loro. Qualcosa a metà tra “e adesso?” e “oh cazzo!”. Sui social network invece è più frequente trovare i soliti leoni da tastiera trincerati nell’atteggiamento che gli stessi Wu Ming hanno “subìto” su Internazionale. Non il classico atteggiamento di chi ha vinto.

    Mi pare che il M5S trovi la sua aporia nel suo non possedere un’analisi materialista della realtà. Nel suo nutrirsi di trascendenze vaghe “come stelle dell’Orsa”, trascendenze contro cui scontrarsi ma da cui non ci si vuole davvero liberare. Trascendenze che mascherano la trascendenza dello spread e del debito creata dall’ideologia capitalista nella sua ultima versione neoliberista. Anche i complottisti, i signoraggisti, gli “sciikimisti” e i vari altri pittoreschi personaggi che vi trovano ospitalità, pur non costituendo certo la parte maggiore del partito, sono forse la spia di un dispositivo che invece agisce su tutti i componenti del M5S, che per me, al di là dei temi e delle battaglie che deciderà di affrontare, degli «alleati» con cui proverà a convivere, resta un movimento di destra tanto quanto è di destra la cultura che lo pervade.

    Nel post di oggi Grillo afferma che i giovani “vogliono diventare loro stessi istituzioni, rovesciare il tavolo, costruire una Nuova Italia sulle macerie.” Ecco: per me *questa è una bugia*, mi sembra che i grillini non vogliano davvero questo. Penso che il M5S sia destinato alla sconfitta, come tutti i populismi di destra, per come è fatto. Questa sconfitta potrà anche essere una «vittoria» nel senso di una presa o un mantenimento più o meno lungo del potere, ma questo potere non lo si saprà conoscere, né gestire, né combattere.

    L’Evento di cui i Wu Ming parlano in fondo al post su Internazionale dovrà essere davvero tale da ri-definire da capo tutto quanto, non può trattarsi semplicemente di un cambiamento di rotta, credo sia necessaria una rottura totale, un’iniezione di realtà che sgomberi dal campo quella cultura di destra, che si liberi di quel «gusto per la trascendenza» che si riflette tanto nell’odio verso i «nemici esterni» disegnati (di cui si ha sempre bisogno, e che quindi non si può sconfiggere) e nella struttura autocratica del partito, quanto nell’incapacità congenita di fare proprio ciò che auspica quel post di Grillo. Azzardo una previsione: nessuna possibilità di convivenza democratica e di «evoluzione dolce» del grillismo. Nessuna possibilità neppure per il padrone di traghettamento prometeico della sua creatura verso altri lidi, ammesso che lo voglia.

    Credo anzi che il PD e il M5S resteranno «avversari» nel loro costituire due modelli opposti di «coesistenza» con la trascendenza del debito generata dal capitale, senza che nessuno dei due abbia la possibilità né la volontà di metterla in crisi. Metterla in crisi infatti significherebbe per entrambi i partiti ammettere che la propria stessa nascita ed esistenza è stata un errore, che ciò che si bollava come un’ideologia del passato o «di parte» (e contro cui si è nati) è la semplice presa di coscienza della divisione in classi della società e dell’ingiustizia e della violenza intrinseche nel capitale. Resta il fatto, certamente positivo, che in Italia perlomeno non ha attecchito l’ideologia del debito «nuda e cruda» così come si presentava (Monti), che in molti abbiano comunque pre-sentito in qualche modo la violenza e l’ingiustizia reali e materiali che ci sono dentro. Ciò mi fa sempre più pensare che la presa di coscienza di classe non sia tanto ostacolata a livello percettivo quanto piuttosto dalla paura della responsabilità che quella coscienza comporta. Credo sia sempre più necessario trovare modi, spazi, tempi, azioni per vivere la responsabilità di quella coscienza in maniera non distruttiva: i falsi conflitti nascono dalla paura delle conseguenze dell’affrontare quelli veri e non dalla difficoltà nel vederli. Una paura credo legittima. Ma questo penso sia già OT. Scusate la prolissità.

  76. Struggles in Italy ha pubblicato la traduzione del vostro articolo su Libcom e ehm…anche lì siete stati bacchettati da un* grillin*. Che scrive “Truth” un sacco di volte.

    http://libcom.org/blog/movimento-cinque-stelle-has-protected-system-%E2%80%93-comment-wu-ming-26022013#comments

  77. Mi sembra significativo un accenno di analisi della situazione, non dico lucido (resta comunque delirante) ma perlomeno più argomentato del solito, da parte di Grillo, che oggi sul suo blog scrive:

    «In Italia ci sono due blocchi sociali. Il primo, che chiameremo blocco A, è fatto da milioni di giovani senza un futuro, con un lavoro precario o disoccupati, spesso laureati, che sentono di vivere sotto una cappa, sotto un cielo plumbeo come quello di Venere. Questi ragazzi cercano una via di uscita, vogliono diventare loro stessi istituzioni, rovesciare il tavolo, costruire una Nuova Italia sulle macerie. A questo blocco appartengono anche gli esclusi, gli esodati, coloro che percepiscono una pensione da fame e i piccoli e medi imprenditori che vivono sotto un regime di polizia fiscale e chiudono e, se presi dalla disperazione, si suicidano. Il secondo blocco sociale, il blocco B, è costituito da chi vuole mantenere lo status quo, da tutti coloro che hanno attraversato la crisi iniziata dal 2008 più o meno indenni, mantenendo lo stesso potere d’acquisto, da una gran parte di dipendenti statali, da chi ha una pensione superiore ai 5000 euro lordi mensili, dagli evasori, dalla immane cerchia di chi vive di politica attraverso municipalizzate, concessionarie e partecipate dallo Stato
    […]
    Si profila a grandi linee uno scontro generazionale, nel quale al posto delle classi c’è l’età.
    […]
    Ogni mese lo Stato deve pagare 19 milioni di pensioni e 4 milioni di stipendi pubblici. Questo peso è insostenibile, è un dato di fatto, lo status quo è insostenibile, è possibile alimentarlo solo con nuove tasse e con nuovo debito pubblico, i cui interessi sono pagati anch’essi dalle tasse. È una macchina infernale che sta prosciugando le risorse del Paese. Va sostituita con un reddito di cittadinanza»

    Insomma: non sfruttati e sfruttatori, ma A e B, dove è persa la dicotomia dei ruoli. Questo già dice molto; poi uno va avanti e scopre che in A ci sono senza dubbio sfruttati, ma gli sfruttati sono anche in B, seppur accostati ai secondi. Secondo Grillo, quindi, il M5S rappresenta il “blocco A”, contrapposto al “blocco B”, che è il suo inevitabile nemico.
    Un nemico costituito soprattutto, a giudicare dalla descrizione che ne viene fatta, da dipendenti pubblici. Una sola parola: liberismo. In alternativa, ce n’è un’altra: anarcocapitalismo.

    Si precisa poi che la dicotomia dei ruoli sociali è sostituita esplicitamente da un’altra, falsa, dicotomia: quella delle età. Una sola parola: giovinezza.

    Infine si invoca lo smantellamento del settore pubblico, a quanto si intuisce attraverso tagli a pensioni e stipendi dei lavoratori, per poter attuare un piano per il reddito di cittadinanza. In tutto questo, non è fatto cenno alle tante possibili fonti di risparmio da investire nel sociale: la contrazione del pubblico, considerato insostenibile, è sbandierata come necessaria alla ripresa dell’economia. Ultime due perole: pensiero unico.

    • beh, non ha tolto la dicotomia sfruttati e sfruttatori, l’ha ridefinita. Il blocco B è sfruttatore\parassita che vive sulle spalle dello stato ( stato che diventa sfruttatore a sua volta con la “polizia fiscale” ) e di tutti gli altri che non possono. Tutte cose che dice da sempre. Tutto sta a dire se è vero o no, chiamarlo liberismo o anarco-capitalismo, con tutto il rispetto, cosa importa, quando hai interlocutori a cui il tuo vocabolario non interessa?

      • Come sarebbe a dire, «non ha tolto la dicotomia tra sfruttati e sfruttatori»? Negli elenchi delle categorie che apparterrebbero, secondo Grillo, ai due blocchi sociali A e B, io sinceramente non vedo i padroni. Non sono mai menzionati direttamente. Il risultato di questa rimozione è che la crisi sembra essere stata causata da due possibili alternative: o un’eminenza grigia, o i dipendenti pubblici. Tu dici che è lo Stato ad essere considerato sfruttatore, ma a me sembra che l’attacco sia rivolto prevalentemente ai lavoratori. Questa interpretazione della crisi è tipicamente quella dei liberisti classici (sì, ancora esistono), quelli per lo Stato minimo.

        • Sarebbe a dire che non l’ha tolta, l’ha spostata. Per lui ci sono sfruttati e ci sono sfruttatori ed è giusto che combattano fra loro. Poi è almeno discutibile come li divide, ma quella dicotomia la afferma con molta forza

          • Non so, per me dire che un insegnante o un bidello siano “sfruttatori” è pura follia. La dicotomia non è spostata, ma completamente snaturata.

            • Sta preparando l’arena per lo spettacolo dei gladiatori. Sta organizzando la guerra tra poveri e meno poveri, o meglio: quella dei meno poveri contro i poveri. In questo sta il suo fascismo.
              Di chi starà sulle gradinate con i popcorn (col caviale) a godersi lo spettacolo, lui non si occupa.

              Per inciso: penso che l’irritazione causata dalle opinioni dei @WM sia dovuta principalmente al fatto che, nel loro piano, quelli colti dovrebbero stare istintivamente nel “blocco A”. Se non ci stanno sono traditori e minacciano la purezza.

          • In realtà a me sembra che più che una dicotomia Grillo o chi per lui descriva una tricotomia: blocco A, blocco B e Stato/casta. Non è, nella visione che ci viene proposta, il blocco B che sfrutta il blocco A: il blocco B semplicemente profitta di uno stato di cose, avallato dallo Stato/casta, che danneggia il blocco B. Tant’è che, in una parte tagliata da Monsieur en rouge, Grillo dice che non c’è nessuno scandalo nel fatto che il blocco B abbia votato Pd/PdL.
            Se la reale visione del mondo proposta è effettivamente questa (che è, sostanzialmente, una visione liberista o anarco-capitalista in cui i mali della società vengono attribuiti allo Stato) allora gli appartenenti al blocco B non vanno purgati (come invece toccherà fare con i membri della casta) ma rieducati, ricondotti nel grembo del pensiero unico e nuovo. E infatti la vocazione del MoVimento 5 Stelle è, come spesso è stato ricordato, di rappresentare il 100% della realtà.

            • non so quanto il pensiero (???) di Grillo sia anarco-capitalista o liberista. Cioè, vero che identifica dei nemici “della gente” tra i dipendenti pubblici fannuloni, ma mi pare sia più un’avversione del tipo descritto da VecioBaeordo poco più giù (con la cui visione concordo in pieno), che una contro lo Stato. In realtà, durante lo Tsunami tour, ho sentito Grillo parlare dello “Stato che deve tornare a fare lo Stato”, il che mi pare vada in direzione contraria a un suo smantellamento.

              • Il problema è chiaramente che nel guazzabuglio di Grillo c’è tutto. Per esempio l’abolizione delle autority è molto liberista come richiesta.
                Continuo a vedere nella lotta nell’arena descritta da VecioBaeordo una cosa diversa dall’odio per la casta. Il messaggio di Grillo mi sembra essere: azzoppiamo i “complici oggettivi”, e poi, una volta che li abbiamo ridotti alla disperazione, alleiamoci a loro contro la casta.
                Il piano, così descritto, mi sembra avere molte affinità con una certa versione di fascismo pseudo-anticapitalista: in nome dell’odio per il grande capitale muoviamo il piccolo capitale contro gli sfruttati (complici oggettivi del grande capitale). Quando li avremo “liberati dalle catene”, insieme attaccheremo il grande capitale. Naturalmente, per poter proporre il piano, Grillo ha bisogno di infilare nel blocco B oltre ai dipendenti pubblici anche categorie come i pensionati oltre un certo reddito ecc. Ma è emblematico che piccoli e medi imprenditori (con tutta la retorica sull’imprenditore che ne consegue) facciano parte del blocco A.
                Questa è sicuramente una lettura ipersemplificata del messaggio di Grillo, perché come dicevo non c’è solo questo. Ma c’è anche questo, e mi sembra che le carezze ai piccoli e medi imprenditori, ultimamente, si sono molto intensificate nei proclami e nei comizi di Grillo.

          • Ancora sulla tricotomia. Nell’intervento post-elettorale Grillo dice:

            “Faranno un governissimo pdmenoelle – pdelle. Noi siamo l’ostacolo. Contro di noi non ce la possono più fare, che si mettano il cuore in pace. Potranno andare avanti ancora 7, 8 mesi a fare un disastro, ma cercheremo di tenerlo sotto controllo. Cominceremo a fare quello che abbiamo sempre detto, le nostre stelle: l’acqua pubblica, la scuola pubblica, la sanità pubblica. Se ci seguono ci seguono. Se no la battaglia sarà molto dura per loro, molto dura.
            Non riescono a capire, non riescono a concepire. Bisogna che li analizzi psichiatricamente. Sono falliti. Sono lì da 25, 30 anni, hanno portato il Paese alla catastrofe. La cosa che mi da malessere sono questi milioni di persone che galleggiano nella crisi, che sono stati solo sfiorati dalla crisi, che sono riusciti a vivacchiare a discapito degli altri milioni che non ce la fanno più. Il problema dell’Italia sono queste persone. E finchè non gli toccheranno gli stipendi o le pensioni, per loro va benissimo immobilizzare il Paese, ma durerà poco, molto poco questa situazione.”

            Qua mi sembra evidente che ci sono “loro”, quelli che hanno portato il Paese alla rovina, la casta. Ci sono “noi”, “150 dentro [il Parlamento] e qualche milione fuori”, il blocco A. Ci sono gli ignavi, il blocco B, “il problema dell’Italia”.
            A “loro” viene detto “se ci seguono, ci seguono. Se no la battaglia sarà molto dura per loro, molto dura”. Ma gli ignavi sono troppi per lasciarseli dietro, vanno colpiti nel portafogli e scossi dall’immobilismo.

            • Quindi il programma reale del movimento cinque stelle sarebbe la “shock economy” analizzata da Naomi Klein: un progetto di liberismo spinto, volto a distruggere le residue tutele del lavoro dipendente. Via i sindacati, via i contratti collettivi, via le pensioni, via la legislazione sui licenziamenti, via il welfare, licenziamenti massicci nel settore pubblico, eccetera: questa la “pars destruens”.

              La “pars construens” sarebbe invece costituita dal fantomatico “reddito di cittadinanza”, la cui promessa – fidatevi! – verrà certamente mantenuta, ma solo *dopo* che sarà completato il grande programma di distruzione.

    • regge la tua analisi, ma ad onor del vero il post che citi è comparso sì sul blog di Grillo, ma sembrerebbe riassumere l’analisi fornita a “la Cosa”, quella specie di webradio, da Massimo Fini (ed è tutto dire…)

    • Dirò pure una banalità, ma mi sembra di cogliere un altro carattere dal twittodromo e dai commenti a Internazionale. La voglia di vendetta, di regolamento dei conti. “Adesso arriviamo noi e vi facciamo vedere”.
      Si sottende che sia necessario, per il successo dell’operazione, mandare qualcuno (il “blocco B”) a fare la fame. Nel mirino non c’è tanto Lo Spreco, quanto proprio la bidella. Si sogna di guardarla in faccia mentre chiede l’elemosina e di poterle dire “allora? adesso capisci cosa si prova?” e poterglielo dire dall’alto del fatto che nel punto più basso del loro non avere un futuro, molti di loro hanno l’iphone dal liceo, non hanno mai saltato un’apericena e sono connessi 24x7x365.
      Grillo nel momento in cui dichiara che quei giovani senza futuro sono “spesso laureati” sta già, di fatto, facendo un discorso di classe. Sta suggerendo che non è concepibile che un laureato guadagni meno di una bidella, e che la colpa è della bidella.

      • «Nel mirino non c’è tanto Lo Spreco, quanto proprio la bidella»

        È la stessa mia impressione, come ho scritto in risposta a un commento sopra: l’attaco non è rivolto verso lo Stato, ma verso i dipendenti statali.
        Quindi, se vogliamo, possiamo aggiungere altre due parole: “revanscismo sociale”.

    • In ogni caso, ‘sta roba è puro Casaleggio, al 110% l’ha scritta lui.

    • Scusate se riprendo questo vecchio thread, è lo spazio più consono che ho trovato (grazie a @vsBakunin su twitter che mi ha ricordato questa discussione). Oggi Grillo, dopo il crollo alle amministrative, torna con un suo post http://www.beppegrillo.it/2013/05/vi_capisco.html sull’argomento di cui si dibatteva qui. Credo sia interessante far notare un paio di cose a riguardo.
      Grillo innanzitutto riprende la premessa che dava il titolo al post di allora (“Gli italiani non votano mai a caso”). La teoria dei due blocchi sociali (oggi: “due Italie”) è poi riproposta, con piccole ma forse significative variazioni sul tema. Quello che a Febbraio era “il gruppo B” ora è “l’Italia A” e viceversa (non so se questa inversione sia conscia o meno, ma credo che comunque non sia un caso). Il tono prima era ottimistico (“Sta arrivando la primavera. Ripeto: sta arrivando la primavera.”) ora è pessimistico (“L’Autunno Freddo è vicino e forse, per allora, l’Italia A capirà che votando chi li rassicura, ma in realtà ha distrutto il Paese, si sta condannando a una via senza ritorno.”)
      E’ chiaro come questo (oggi come a febbraio) sia un discorso di destra, ultraliberista con screziature di populismo di destra (giovinezza, giovinezza…) e questo lo si è già evinto a dovere. Vorrei qui fare un’altra considerazione. Dividendo la società in questi due gruppi, era già chiaro fin dall’inizio come l’operazione M5S fosse “un gioco a perdere”. Ora che ha effettivamente perso parecchio lo si può dire con ancor più sicurezza. In Italia “il gruppo A” (o “l’Italia B” di oggi) è minoritario. La società non è giovane come negli anni 20 del novecento. Per un’analisi più approfondita della società italiana rimando a questo esauriente pezzo di Militant: http://www.militant-blog.org/?p=8740
      Come si può notare, anche soltanto pigramente guardando grafici e tabelle (ma vi consiglio di leggerlo tutto) è ben vero che il problema dell’assenza di protezioni e della precarietà affligge una fetta importante della popolazione [tra parentesi, sia ben chiaro, anche il sottoscritto] ma questa fetta resta sicuramente minoritaria in percentuale sul totale della società.
      Qualsiasi movimento o partito che, dichiarando di voler risolvere il problema della precarietà, dei disoccupati, dei “senza tutele”, non faccia altro che contrapporli a tutte le altre categorie sociali (imprenditori, lavoratori “protetti”, pensionati di ogni tipo) li isola e li destina alla sconfitta in quanto forza comunque minoritaria, *e allo stesso tempo* li usa come grimaldello per andare ad intaccare la condizione e i diritti acquisiti di chi fa parte dell’altro gruppo. E’ un gioco a perdere dove purtroppo non perde solo Grillo, ma perdono tutti (tranne, ovviamente, il grande capitale).
      Un gioco che in fondo non è affatto diverso da quello giocato da Fornero e Monti nel governo appena passato. Grillo quindi come in tanti qui avevano previsto non ha fatto altro che replicare, rispecchiare l’azione del governo dell’austerity, con uno stile urlato e in salsa populista, e con il post di oggi segnala chiaramente che non cambierà strada.

      Ora però la vocazione maggioritaria del M5S è un bluff visto. Ora non è più il gruppo A ma l’Italia B. Ora non sta arrivando la primavera ma, a fine maggio, siamo in autunno, e Grillo si prepara alla prevedibile fine, che è anche la sua, conducendo chi ancora non lo ha abbandonato al cupio dissolvi.
      Il futuro a breve termine, intanto, non pare roseo: http://blogs.lse.ac.uk/eurocrisispress/2013/04/23/the-quiet-collapse-of-the-italian-economy/

  78. Alcune riflessioni sulle invettive anti-WM che continuano ad apparire a nastro continuo nei commenti di “Internazionale” (e su FB).

    Una cosa interessante è che… non sembrano per niente scritte da lettori di “Internazionale”, nonostante molte comincino con frasi sulla falsariga: “Che delusione voi di Internazionale, ho sempre apprezzato etc. etc. ma con questo articolo idiota etc. etc.”

    Se vi date la pena di leggerli tutti, vedrete che si tratta in larga parte dello stesso commento, stessa argomentazione ripetuta in serie con poche variazioni, quasi si fosse compilato un modulo (non dico che sia accaduto questo, dico che l’effetto è quello), da parte di persone che non hanno la minima conoscenza dei movimenti europei e americani che abbiamo citato.
    Quel che è accaduto e accade in Spagna è sistematicamente ridotto a violenza di strada e… vetrine rotte. Niente dimensione di massa delle acampadas, niente comitati popolari contro i pignoramenti di case, niente sperimentazione di controsocietà e democrazia diretta (vera e praticata, non evocata in modo feticistico), niente indizione dal basso di scioperi generali, niente. Idem per la Grecia: niente fabbriche gestite dai lavoratori etc. Anche la conoscenza di #Occupy è pari a zero. Sono cose che noi abbiamo dato per scontate per due motivi:
    1) perchè il nostro era un intervento estemporaneo dentro una “diretta” elettorale via web;
    2) perché “Internazionale” negli ultimi due anni ha pubblicato diversi articoli di approfondimento su quelle lotte.
    Ma questi non ne sanno nulla. L’immagine che hanno in testa è tutta nostrana, è Roma il 15 ottobre 2011, che con tutta evidenza conoscono solo tramite le narrazioni delatorie che giravano su Fb nei giorni successivi.

    Il pattern/pateracchiern è:

    “Questi intellettuali radical-chic [N.d.R. TUTTI usano questo cliché tipico della pubblicistica di destra] con la penna in mano e il culo sulla sedia hanno rotto il cazzo, con i loro centri sociali e la loro sinistra che ormai è morta e il loro amico Scalfari [N.d.R. in diversi dicono che siamo amici di Scalfari, non ho ben capito che c’entra, non ho mai letto suoi articoli inneggianti alla rivolta sociale contro l’austerity]. Invece di un grande movimento che arriva in parlamento e cambia la democrazia, preferivano qualche vetrina rotta e i nazisti come in Grecia?? [N.d.R. in diversi fanno tutto un fascio col movimento antiausterity greco e coi nazi, forse perché Grillo, loro unica fonte, ha più volte nominato Alba dorata ma non ha mai parlato di Syriza o degli anarchici]. Questi vogliono una qualche poltrona [?] ma è finita per quelli come loro, adesso che il M5S ha vinto le elezioni se ne escono con queste cazzate [N.d.R. Sono all’oscuro dei post usciti su Giap nel corso dell’ultimo anno, nonostante siano stati condivisi su Fb decine di migliaia di volte e l’mp3 della presentazione bolognese di “Un Grillo qualunque” sia stato scaricato circa 140.000 volte], ci vuole lo psichiatra” etc. etc.

    “Intellettuali radical-chic” è l’espressione stereotipata con cui si dice che chiunque svolga un ragionamento complesso non fa parte del “popolo”, fa perdere tempo al “popolo”, annoia il “popolo”. Il sottotesto è che un intellettuale non può che essere un borghese. Che figli di proletari abbiano sviluppato la passione per la cultura e lo spirito critico grazie agli sforzi delle loro famiglie e poi abbiano lavorato per pagarsi gli studi non è uno scenario contemplato, come non è contemplato – dopo vent’anni di discorsi sul “cognitariato” fatti anche da pensatori di movimento che oggi votano Grillo – che un intellettuale possa essere un precario.
    Questi elementi di complessità non possono essere introdotti, perché incompatibili con la narrazione del popolo “uno e indivisibile” che rappresenta in blocco la “società onesta” e si oppone ai “politici”, alla “casta”, ai “ladri”. Perché questa narrazione rimanga in piedi, ogni nemico dev’essere esterno all’immagine di popolo che il movimento diversivo propaganda.
    Ergo: niente contraddizioni di classe, niente interessi contrapposti, niente scontri *dentro* il “popolo”.
    Ergo, chiunque esprima una critica minimamente articolata è un “intellettuale radical-chic”.

    • Praticamente, se ho capito bene anche da altri post (mi pare se ne parlasse in quello su Jesi), voi siete arrivati a questa conclusione.

      Unità=di destra

      Conflittualità= di sinistra

      Un pochino schematico, ma chiedo se effettivamente voi vi riconosciate in questa tesi.

      Poi, secondo me, sbagliate sui Grillini, e mi sembra corretto preferire un 25% elettorale dal quasi nulla alle esperienze sia greche che spagnole.

      • “Secondo me sbagliate sui grillini” è un po’ miserella, come replica, dopo un anno di analisi, esempi, casi di studio, discussioni, link etc. :-)

        Invece sull’altra questione: no, lo schema non corrisponde a quello che pensiamo noi, perché è fondamentale “unità” di chi contro chi, di quale soggetto evocato contro quale altro soggetto evocato, e dall’altro lato, “conflittualità” lungo quali linee di divisione della società. Anche nella visione della destra c’è la conflittualità, ma di tutt’altra natura rispetto a quella della visione di sinistra.

        Mi sono sforzato di ricapitolare – in punti numerati – qui:
        http://www.wumingfoundation.com/giap/?p=11977&cpage=1#comment-17797

        • Sono categorie politiche, semantiche magari, e non filosofiche dunque. Ecco, diciamo che ora mi torna di più, perchè a leggere quel post mi pareva diversamente. Era da un pochino che volevo chiedere questa cosa, ne ho approfittato con un piccolo OT.

          • Siamo sempre partiti dal concetto di “framing” e da altre acquisizioni delle scienze cognitive.

            • “intellettuale radical-chic” aka professorone in generale a comprendere chiunque parli difficile

              la classe intellettuale nemica del popolo, che parla difficile a una massa che reagisce istintivamente a quelli che percepisce attacchi, anche perché non manca di capire quello che gli dici appena il discorso esce dall’elementare semplificato

              mi hanno appena scritto: “ADEPTO sarà lei”, preso per un insulto rivolto ai grillini, che sono stato subito invitato a infilarmi in culo…

              cosa vuoi andarci a dirci?

    • Altro elemento ricorrente è questa semplificazione:

      nonostante nell’articolo si dica esplicitamente che il M5S non è la causa principale dell’assenza di movimenti radicali ma che, essendo quello l’argomento, di quello avremmo parlato *; che chi lo ha votato lo ha fatto come extrema ratio perché ha “giustamente trovato disgustose o comunque irricevibili le altre proposte politiche” e, infine, che “tifiamo rivolta” dentro il M5S (affinché le energie convogliate da Grillo trovino altri sbocchi, cosa difficile ma non impossibile), il riassuntino frequente dell’articolo è:

      “i Wu Ming dicono che i milioni di persone che hanno votato M5S sono decerebrati ed è solo colpa loro se in Italia non ci sono movimenti”

      Anche questo è riconducibile al frame di destra, è come scriveva Matteo qui sopra: se c’è una critica al M5S che *distingue* (la base dal vertice, gli elettori dal capo politico, una causa dalle altre, una motivazione per il voto dall’altra, una destra da una sinistra), va “schiacciata” in modo che tali distinzioni scompaiano, perché “il popolo” è indiviso, interclassista e animato da un’unica volontà.

      * (su Giap nel corso del tempo ne abbiamo elencati altri, in primis l’idiozia della nostra sinistra, in secundis il berluscocentrismo di molte mobilitazioni)

    • la citazione di Scalfari che segnalate mi fa venire in mente che molti di questi commentatori seguono un semplice percorso logico: criticate il movimento da sinistra -> la sinistra è il PD e Gargamella -> voi siete del PD -> Scalfari è di Repubblica, quindi di sinistra, quindi del PD -> voi e Scalfari sostenete le stesse posizioni.
      Ovviamente tutti sillogismi privi di fondamento, ma la maggior parte delle tesi alla base di questo ragionamento potrebbero provenire da un’esposizione prolungata alla “teoria dei comunisti” di Berlusconi. Il che mi rafforza il dubbio che molti dei sostenitori del 5 stelle siano cresciuti nel populismo berlusconiano.

      • @redtaras
        stasera ho voluto farmi del male (non guardo mai tv) e seguire l’intervista della Gruber a Fo. Lei gli ha chiesto tra l’altro se pensava che gli elettori del M5S fossero prevalentemente di sinistra. Alla sua ovvia risposta affermativa, lei ha mostrato (per quello che vale) una statistica di provenienza degli elettori. Cito a memoria: centrosinistra 23%, idv 11%, centrodestra 37%, lega 12% (mi pare).
        Se così fosse, il tuo dubbio sarebbe pienamente confermato. E non mi sorprende nemmeno un po’.

        • anche da altre fonti risulta che il PD ha mantenuto circa il 60% dei suoi vecchi elettori, rispetto al PDL, che ne ha persi la metà, anche se è poco per dire in che percentuale si divide l’elettorato M5S. Questo si ricollega al tuo riferimento all’odio verso la bidella, che però estenderei in generale all’odio verso il dipendente pubblico che non fa un cazzo ( ma fra gli stessi dipendenti c’è quest’odio ) che sento esprimere qua e là, di solito mi capita alle poste. Nel populismo berlusconiano ci sono cresciuti un po’ tutti però.

    • Perdonate lo sfogo:

      Sono una persona normalissima, purtroppo molto probabilmente non ho la vostra cultura da sciorinare, ma francamente sono stanco. Scrivo qui, perchè trovo spesso una boccata d’aria. Sono settimane che faccio notare delle cose in giro, che faccio presente delle dinamiche che non tornano nel M5S e sono puntualmente attaccato in maniera del tutto irrazionale, con argomentazioni del tutto non-pertinenti (ma che voi già avete ampiamente citato). Tra l’altro anche offese personali.

      “Ma il MoVimento non è fascista! Non abbiamo camicie nere, non abbiamo manganelli, non abbiamo olio di ricino”. Sarà. Ma mi pare che i metodi squadristi di blogging, di trolling, e di mobing siano al centro della dialettica grillina, e siano stati particolarmente assimilati anche dagli adepti dell’ultim’ora. Probabilmente l’evoluzione dello squadrismo è il trolling. Più subdolo, sicuramente meno violento, ma paradossalmente più efficace.

      Oggi ho letto un articolo linkato da qualcuno in questo blog, sulle strategie di marketing della Casaleggio Associati, scoprendo che funziona come in tutte le aziende, con influencer nei blog, e nei social network. Ho voluto testare proprio sul vostro post su Internazionale: ALMENO il 20% delle risposte grilline provengono da profili facebook quasi sicuramente falsi, persone senza foto profilo riconoscibili, e soprattutto una media massima di 100 amici (alcuni persino ne avevano solo una quarantina). Siamo davanti al cospetto di un plagio colossale. E io non sono per nulla tranquillo.

      Scusatemi ancora per il post, forse dettato dalla foga, forse dalla frustrazione, forse dalla rabbia. Forse dalla rassegnazione.

      Buonanotte, e complimenti per questi articoli sul tema, trovo tutto molto condivisibile.

  79. Interessante, molti pezzi di una generazione (’77, x semplificare) sta dichiarando,di riffa o di raffa, l’ammirazione per il M5S a cui sta riuscendo quello che a loro non è riuscito in 40 anni, entrare nel palazzo ed insidiare in modo concreto l’autonomia del politico…

    Poi, magari, vogliono eludere una questione: il M5S non vuole mettere in discussione un sistema, lo vuole rendere efficente, quasi che riconoscano il carattere eminentemente straccione della classe dirigente politico/economica italiana e la vogliano pensionare per manifesta incapacità.
    Prendendo un corpus di idee e progetti, disinnescandone le potenzialità anticapitaliste, rendendoli strumenti di modernizzazione del capitalismo italiano.

    Ma si, che sia, cosa non si farebbe per vedere la fine dell’odiato nemico, per assaporare una vendetta postuma…

  80. Altro dato interessante è che su Twitter la stragrande maggioranza di quelli che segnalano l’articolo lo apprezzano (compresi molti spagnoli che, da quanto si capisce, vengono dal movimento 15 Maggio e dalle Acampadas, e ciò è interessante) o comunque lo considerano un contributo utile. In calce al post su “Internazionale” mi sembra evidente l’effetto di una chiamata-alle-armi, un invito a convergere lì, magari fatto su FB o su qualche meet-up. Il flusso di Twitter, che non è coreografato, è di natura completamente diversa. Sono solo constatazioni, non so come interpretare questa differenza. Cliccando il link di qualche riga sopra, si scopre anche l’esistenza di traduzioni – totali o parziali – in spagnolo, svedese, catalano, francese, e gente che ne discute in diverse lingue…

  81. magari vi è scappato.
    bifo riguardo al vostro intervento su internazionale
    https://www.facebook.com/franberardi/posts/10200622343816117?ref=notif&notif_t=notify_me

  82. Qui
    http://www.youtube.com/watch?v=Pt30VH-Nzzg
    trovate un’intervista ad un neo senatore M5S. Dire che è povera di contenuti è un’eufemismo, ed è evidente lo sforzo per non prendere nessun impegno concreto per l’imitare gli abusi dei già ampi poteri di cui la polizia dispone dispone, anche a fronte di una domanda diretta sul l’argomento, a non accennare nemmeno a proposte di legge sull’identificabilità degli agenti, che sarebbero il minimo del minimo (per contro apprezzabile che in altra parte dell’intervista ribadisca la centralità della piazza, ma poicome si tenfgono assieme le due cose?).
    Ecco, forse, se l’obiettivo è aiutare qualcuno a capire che sotto le stelle non è tutto oro quel che luccica usare esempi terra come questo potrebbe essere più produttivo

  83. Ho riletto un paragrafo di #Zizek sulla “Netocrazia” del 2004. Illuminante: l’ho tradotto qui in italiano.

    http://www.nexusmoves.blogspot.it/2013/02/slavoj-zizek-netocrazia.html

    A me pare che Grillo rappresenti il nuovo “netocrate”, colui che è riuscito a crearsi un potere intorno alla selezione e vendita dell’informazione come merce. (l’homepage di beppegrillo.it è strutturata come un sito di web-marketing).

    In più, Beppegrillo.it è un grande portale di confezionamento dei paradigmi della nuova lotta: come gli autori di Netocrazia, sta tentando di sfruttare il modello nomade/rizomatico di organizzazione, per affermare in realtà un gerarchismo rigido e verticale (ricodiamo tutti l’ex-grillino Favia che definì il movimento “rizomatico” pochi mesi prima del fuorionda in cui denunciava il totalitarismo interno di Casaleggio).

    L’altro ammonimento di Zizek calza a pennello con Grillo: poichè la selezione dell’informazione equivale ad una vera e propria merce-di-scambio, siamo sicuri che questi “ricchi netocrati” (Grillo/Casaleggio) non traggano comunque profitto da queste operazioni? La favola del “lo fanno per i loro figli”, l’immagine del milionario nell’orticello, non è forse l’estremo tentativo di spacciare un “potere forte/elitario” per un’esigenza normale, da uomo-qualunque?

    • Il testo di Zizek non mi convince, Nexus. Al di là delle critiche (sensate) al testo Netocracy, Zizek mi sembra rimanga all’interno della stessa prospettiva (che era già datata nel 2004: una decina di anni prima Bifo l’aveva fatta propria in modo più critico – ai tempi di “Cibernauti”, e poi se ne era allontanato col tempo, e anche Caronia aveva scritto cose non da poco). È una prospettiva net-centrica, che non considera tutto ciò che c’è oltre la rete: ad es. i processi di governance, gli apparati della società del controllo che non si riducono alla sola rete e alla sola dimensione digitale, ecc. (poi so bene che altrove Zizek ne parla, ma non andiamo in OT). Il rischio (uno dei rischi) del grillismo è proprio questo: tutto è rete (semplificazione-1), la rete è accessibile e democratica (semplificazione-2), con la rete buona contro la rete cattiva cambiamo il mondo (semplificazione-3).
      Purtroppo non ho tempo di approfondire la discussione, vado di fretta (però mi metto in borsa per il treno “Ciberfilosofia”, uno dei volumetti di quel convegno del 1994, e mi rileggo l’intervento di Caronia).

  84. Buongiorno Wu Ming, ho letto il vostro articolo su Internazionale e relativi commenti. Fatevelo dire…siete Ka$ta! :D
    Condivido l’analisi, soprattutto quando dite che il M5s deve sganciarsi da Grillo e da Casaleggio e quando ne delineate le differenze rispetto ad altri movimenti come Occupy. Ma come potete affermare -se ho capito bene- che sia stato proprio il movimento di Grillo a impedire la nascita di un occupy italiano? Avete dei “dati” solidi a supporto di questa tesi? Non ci potrebbero essere altre motivazioni di tipo culturale, economico, sociale, vattelapesca? Magari ne avete scritto in passato e mi sono perso i relativi post.

    • Sì, esistono molte altre motivazioni, ne abbiamo scritto parecchie volte ma non preoccuparti, stiamo per pubblicare un nuovo post che riprende tutte le argomentazioni.

  85. Al volo, vi segnalo dal blog “blackblog” (che merita sempre): il grillo non salta più.

  86. Le prospettive ideologiche tracciate e disperse in rete da mesi, mi sembrano inquadrate, da Wuming e Santoro, in maniera alquanto sofisticata. Aggiungerei un elemento di semplificazione, che mi sembra interessante.
    Il movimento 5s in realtà funziona come un’azienda, scarnificato di tutto ciò che Politica deve e vuole essere.

    C’è una proprietà, un marchio registrato, un ufficio marketing di primaria importanza- che funziona anche da catalizzatore ideologico- ci sono gli iscritti e gli eletti. Ora, gli iscritti inviano curricola e se accettati dalla società, firmano un contratto e possono esssere eletti, cioè assunti.
    Ci sono regole etiche da seguire, per non danneggiare l’azienda: chi sgarra è licenziato, chi non ha i requisiti, non può fare domanda.
    Non esiste libertà di coscienza, nè libertà di azione, nè libertà tout-court: la società si riserva il potere di disporre dei propri dipendenti come meglio crede.

    I giovani eletti, risponderanno alla loro proprietà, cioè alla Casaleggio ass., prima cha ai cittadini; Grillo lo ha sempre detto: “Sono i nostri dipendenti”: è come se si fosse privatizzato il Parlamento, replicamdo un modello aziendalista.

    • Aggiungo che la pubblicità/il marketing, disposto dall’azienda in maniera altamente sviluppata, permette agli assunti di essere selezionati, con il voto, e quindi eletti, in maniera analogica, sopratutto nei modi e nelle strategie, alla impresa che vende il suo prodotto, attraverso l’inoculazione di frame, attraverso like|nonlike su piattaforme di controllo dell’opinione e tutto l’armamentario ideologico del (neuro)marketing della rete.

      • Sul modello di partito-azienda del #M5S ho scritto questo http://culturaliberta.wordpress.com/2012/12/22/un-marchio-a-5-stelle-1/

        In questo articolo c’è pressoché tutto quello che hai menzionato, credo né più né meno.

        C’è però da dire una cosa: quando Grillo diceva (ultimamente non l’ho più sentito usare questa frase) che gli “eletti sono i nostri dipendenti” con “eletti” si riferiva a tutti gli incarichi pubblici elettivi, non solo ai rappresenanti del M5S, e con “nostri” si riferiva alla cittadinanza che vota, non al movimento. Giusto per essere precisi.

      • Scusate, volevo replicare qua: l’analogia calza a pennello, ma per dire che gli iscritti e quindi i candidati del M5S sono dipendenti della Casaleggio ass. occorrono prove…

  87. L’analogia calza a pennello, ma per dire che gli iscritti e quindi i candidati del M5S sono dipendenti della Casaleggio ass. occorrono prove…

  88. Hola,

    Credo che la questione, più che partito-azienda sia il partito-marchio. Per come la vedo io, dal discorso dei due mandati e basta in poi, il progetto sia quello di “spersonalizzare” la funzione politica per evitare la nascita di politici di professione. In questa chiave andrebbe spiegata anche la funzione di garante del marchio esercitata da Grillo, infatti serve solo a certificare il rispetto delle regole del progetto.

    La parte interessante sarà vedere l’evoluzione del movimento perché “da buon stalinista” no credo che si possa andare molto lontano senza la responsabilità del singolo.

    Quindi mi aspetto la nascita di una nuova destra e di una nuova sinistra dai cinque stelle senza i difetti che Cacciari ha imputato ai partiti attuali.

    Besos.

    • Certamente come sviscerato esaustivamente nei post di Monsieur en rouge, le dinamiche strategiche pubblicitarie, assumono un ruolo fondamenale.

      Ma la relazione: idoneità-curriculum-assunzione-contratto-(voto)- fine rapporto, e il potere disposto dai padroni del movimento, sulle regole e sui comportamenti degli assunti, descrivono forse anche una realtà aziendale, che semplificando molto, funziona come un’agenzia interninale. ( per sostituire dipendenti controllati ai “parassiti statali” )

  89. Salve a tutti, primo commento qui anche se seguo il sito da anni. Premetto che sono un fedele lettore dei Wu Ming e ho sempre votato a sinistra (non centro, sinistra) ma a queste ultime elezioni ho votato M5S. Non sono un convinto “grillino” e condivido tutti i dubbi esposti sul partito personalistico, gli atteggiamenti da padrone, le ambiguità in merito ai movimenti neofascisti e ai diritti dei migranti, però
    credo che la maggioranza assoluta dei militanti e dei voti del M5S venga dalla sinistra, pur con una percentuale elevata di persone provenienti da altre aree politiche.
    Non penso però che questo ultimo elemento sia un male. Credo che tutti, a parte chi è cresciuto in un ambiente chiuso o è accecato dai pregiudizi, abbia amici e parenti con idee diverse dalle proprie, e ci mangi e beva insieme in più occasioni. Se c’è un movimento capace di aggregare e unire un ampio spettro politico sulla base di un programma che contiene tanti storici cavalli di battaglia della sinistra che la
    sinistra non ha mai nemmeno tentato di realizzare, non dovrebbe essere una gioia per chi si sente di sinistra? Io sono di certo più un “fan” di questo sito e del vostro gruppo che di Grillo ma in tanti vostri post e commenti mi pare di vedere una drammatica e profonda alienazione dalla realtà.
    La realtà è che in Italia il “centrosinistra” istituzionale è, per linguaggio, programmi e proposte un partito di destra.
    La realtà è che la “sinistra alternativa” si è sempre divisa su questioni ai più astruse ed è sempre stata totalmente incapace di far pervenire un messaggio al di fuori del suo orticello.
    La realtà è che in Italia persino un programma onestamente liberale sarebbe comunque molto più a sinistra di tutti i governi che abbiamo avuto dal dopoguerra a oggi.
    La realtà è che negli ultimi vent’anni nessun partito o coalizione ha realizzato una sola proposta di legge, dico una sola, di sinistra, mentre il programma del M5S ne contiene decine!
    La realtà è che la letteratura, Wu Ming compresi, in Italia è marginale. Drammaticamente marginale. Io me ne dolgo infinitamente, ma questa è la realtà. Io credo che Wu Ming avrebbe tante idee e proposte politiche intelligenti e bellissime ma non sarebbe mai riuscito a fare quello che
    ha fatto Grillo. Un cambiamento è comunque meglio della consueta immobilità che uccide le coscienze.
    E’ vero che le esperienze precedenti nella storia italiana di movimenti “anti-casta” sono il fascismo e la lega, ma quelli si capiva immediatamente da dove venivano e dove andavano a parare. Non si applicano al M5S le caratteristiche di destra che avete elencato in questo post (http://www.wumingfoundation.com/giap/?p=11977): in particolare la “casta” non è un capro espiatorio esterno che distrae da altri problemi.
    Esiste, è interna, e il M5s ha preso il 30% dei voti perché tanti italiani, finalmente, non ne possono più. E’ poi una grossolana ingenuità dire che il M5S è di destra perché non riconosce la lotta di classe, in un paese dove la coscienza di classe è totalmente defunta da quasi 30 anni e il 99,9% della popolazione non sa spiegare nemmeno a se stessa perché il capitalismo è un sistema ingiusto.
    La sinistra italiana in tutte le sue accezioni ha fallito completamente da molto prima del 24-25 febbraio 2013. Ha fallito talmente che il suo stesso nome ormai è un peso.
    Ha fallito non tanto per il controllo sociale, politico e mediatico dei suoi avversari ma per la sua costante e arrogante autoreferenzialità.
    Il “marchio” è morto e la realtà è che in politica il marchio conta.
    Personalmente ho vissuto queste elezioni come un’insperata boccata d’aria mai provata prima. E’ tutto da vedere cosa farà il M5S alla prova dei fatti, ma questa, ebbene si, è stata la più grande vittoria della sinistra mai avvenuta in Italia.
    Non è sinistra? Forse non nel nome, ma è comunque molto più a sinistra di quanto abbiamo visto finora..
    Vedere tra di voi la stessa tristezza della segreteria PD per la vittoria del M5S è desolante. Andrebbe almeno apprezzata come segno di discontinuità in una società che non aveva un sussulto da decenni.

    • Wu Ming, io non so come facciate. Se ci fosse una, una cosa sola, una frase, un rigo appena nel commento di Hyperion74 che non sia già stato detto, tritamente simile e pedissequo da altr*, capirei (complimenti Hyperion: dal vi seguo da anni ma primo commento a non sono grillino ma… poi vi ripeto paroparo tutto quanto la Casaleggio&Co mi ha insegnato/inculcato [Veciobaeordo: non li controllano quando sono in parlamento: li programmano prima…]: tutte primizie, qua sopra). Mi basite, wuming :-)

      • Si, ho cercato di leggere molti commenti e articoli del sito ma non li ho letti tutti, avrò certamente ripetuto molte cose. Ho cercato solo di descrivere e spiegare la mia scelta e la mia idea, condivida da milioni di persone che hanno votato M5S. Molti di loro sono persone intelligenti e informate, che hanno fatto tutte le lotte dal 1994 ad oggi, almeno. Tu caro vito66, sai solo accusarmi di essere parte di un fantomatico complotto casaleggiesco senza sapere nulla di me, come nella migliore tradizione dei piccoli gruppi isolati e paranoici. Non un gran contributo a nessun genere di discussione.