Con questo articolo sulla battaglia che si sta combattendo nella nostra città – e presto potrebbe combattersi in altre zone d’Italia – inizia la nostra collaborazione fissa a Internazionale.
E’ uno degli esperimenti di questo sperimentalissimo 2013. Ringraziamo il direttore Giovanni De Mauro per l’apertura mentale e il rischio che si prende, vista la pioggia di ingiurie seguita al nostro breve post su Grillo “pompiere” dei movimenti e difensore del sistema, pubblicato il giorno stesso dello spoglio elettorale.
I nostri articoli non usciranno con cadenza metronomica, ma la rubrica avrà un suo “respiro”. Più o meno, tre-quattro pezzi al mese. A volte riprenderemo il filo di argomenti già affrontati su Giap, aggiornando le nostre riflessioni e proponendole a un pubblico on line in gran parte diverso.
N.B. Le nostre energie sono limitate, nessuno si aspetti che anche là partecipiamo alle discussioni nel modo assiduo e puntiglioso tipico di Giap. Replicheremo molto più di rado, con brevi precisazioni, magari accompagnate da uno o più link. Lasceremo correre attacchi gratuiti e giudizi non argomentati fatti con lo stampino.
La linea grafica della rivista prevede che ogni columnist abbia il proprio “ritrattino” disegnato da Scott Menchin. Nel nostro caso, bisognava trovare un modo di ottemperare e al tempo stesso “aggirare”, così ci è venuto in mente l’eroe eponimo del nostro blog, il generale Giap. Eccolo qui sopra. Il suo volto accompagnerà ogni nostro articolo.
Ora richiamiamo la vostra attenzione sul tema del nostro pezzo: il referendum consultivo sui finanziamenti alle scuole d’infanzia private (cielline o comunque confessionali). Ogni anno il Comune di Bologna le copre di denaro mentre quelle pubbliche sono messe sempre peggio. Ad alcuni cittadini questa cosa non va più giù, così hanno raccolto le firme e grazie a loro la cittadinanza sarà consultata in merito, almeno si spera.
Ebbene, contro quest’iniziativa si sono mossi come un sol uomo tutti i poteri forti della città.
Buona lettura.
Congratulazioni per l’impegno che vi siete presi e per l’apertura mentale del direttore di Internazionale al quale sono abbonato da vari anni. In questo settimanale esiste un’apertura che non si limita alla nostra piccola Italia ma che ci permette di vedere come siamo visti dai “non italiani” e che cosa sta succedendo nel mondo. Informazioni che raramente i quotidiani riportano.
Per quanto riguarda il referendum di Bologna, sono estremamente curioso di conoscerne i risultati. Come il nome del Comitato ricorda, nel 33esimo articolo della Costituzione è scritto: Enti e privati hanno il diritto di istituire scuole ed istituti di educazione, senza oneri per lo Stato.
A me sembra che lo Stato stia mettendoci spesso troppi oneri…
Nel mio comune, per esempio, gli scuolabus comunali sono stati del tutto tagliati. Non c’era proprio alternativa?
Good Luck, Giap!
scusate il fuori tema, l’altro post è stato chiuso.
http://www.ravennaedintorni.it/blog-ravenna-e-dintorni/73/l-intruso/30561/grillo-le-seconde-generazioni-e-un-dibattito-sulla-cittadinanza-penoso.html
ma lo avete letto l’articolo? grillo è fascista o criptofascista per questa frase?
“La cittadinanza a chi nasce in Italia, anche se i genitori non ne dispongono, è senza senso. O meglio, un senso lo ha. Distrarre gli italiani dai problemi reali per trasformarli in tifosi. Da una parte i buonisti della sinistra senza se e senza ma che lasciano agli italiani gli oneri dei loro deliri. Dall’altra i leghisti e i movimenti xenofobi che crescono nei consensi per paura della “liberalizzazione” delle nascite.”
seguita l’articolo, che condivido:
“Queste frasi lapidarie di Grillo hanno scatenato un delirio sproporzionato di polemiche ma, nello stesso momento, hanno mostrato in tutta la sua miseria e pochezza il dibattito politico in Italia sulla questione dell’immigrazione.”
A parte che questo modo di intervenire è scorretto e lo abbiamo già fatto notare ieri, perché qui si sta discutendo di un altro problema e non si può parlare di grillini a tempo pieno;
A parte che è un atteggiamento razzista e neo-colonialista stabilire per conto dei migranti “di seconda generazione” se la cittadinanza sia o meno nel loro interesse, soprattutto se si ignora volutamente che tutte le associazioni di migranti dicono a gran voce che la cittadinanza è nel loro interesse eccome (del resto, non si capisce perché persone nate e cresciute qui, che hanno l’italiano come lingua madre, che spesso non sono mai state nel paese d’origine dei loro genitori e hanno qui lavoro e affetti, dovrebbero avere meno diritti di me e te perché non sono formalmente cittadini);
A parte che mi chiedo se tu abbia letto gli altri link che c’erano in quel thread, visto che ce n’era più d’uno proprio per offrire una panoramica di posizioni (Hai letto il comunicato del M5S di Pontedera?);
A parte tutto questo, io dico:
una presa di posizione ambigua e superficiale può essere un caso;
due prese di posizione ambigue e superficiali possono essere una coincidenza;
ma quando si accumulano sempre più prese di posizione ambigue e superficiali, l’ambiguità tira sempre in una sola direzione e la superficialità rimuove sempre gli stessi aspetti di un problema, io comincio a sentire una certa puzza.
L’immigrazione è una delle tematiche sgradite da Grillo, Casaleggio e una parte del M5S. Non figura tra i temi del programma elettorale del movimento. Ogni volta che la lingua ci batte sopra, tutta l’arcata dentaria duole. Insomma, qui c’è qualcosa che non va.
Ad ogni modo, se vuoi parlare di migranti, almeno fallo sotto il post precedente a questo, dove l’argomento è proprio l’immigrazione. Un po’ di buona educazione, e di educazione al discutere on line, per favore.
Innanzitutto vi faccio un “in bocca al lupo” per questa vostra nuova collaborazione/esperimento.
Per quanto riguarda il referendum, spero anch’io che alla fine Davide vinca Golia. Purtroppo continuo a constatare, sia a livello locale che a livello nazionale, un’esagerata subalternità della Cgil nei confronti del Pd (e questo ad esempio è uno dei motivi per cui non c’è stata mobilitazione contro le riforme “lacrime e sangue”…il Pd era al governo).
Bisogna dare una svegliata, uno scossone, a questo sindacato, perchè se no Davide rischia di ritrovarsi senza pietre…
Fa piacere che la vostra voce si faccia sentire su altri lidi. Da parte mia, congratulazioni alla redazione di Internazionale che ha deciso di ospitarvi. E congratulazioni a voi e a tutto il tempo e l’energia che mettete in Giap e che metterete nel nuovo progetto.
Una sola domanda, riguardo alla specificità di Giap: sapete quale politica di moderazione vige per i commenti su Internazionale? Sembra che il tutto sia gestito dalla piattforma Disqus, utilizzata anche da altri siti come ilfattoquotidiano.it.
La forza di Giap sta nello stabilire un dibattito costruttivo – e riconosco l’enorme quantità di energia dei moderatori. Avete speranze (o addirittura garanzie) che la stessa cosa avvenga sul sito di Internazionale? In caso contrario, volendo sviluppare un simile dibattito, preferiste “dirottare” la conversazione su Giap?
O clonerete Saint-Just per moderare anche là? :-)
Ovviamente è solo curiosità, nessun giudizio di merito. Ve lo chiedo perché siete molto attenti a questo aspetto che apprezzo molto.
La risposta è nel post qui sopra, dove è scritto “N.B.” :-)
Oups… in effetti é scritto a chiare lettere. Sarà che poi parlate del ritratto di Giap e tutta l’attenzione se ne va su di lui :-)
Questo del referendum bolognese è un bell’esempio di democrazia dal basso su un tema, tra l’altro, di interesse nazionale. Fate bene a dargli risalto.
Vista da un altro lato: è pure un problema della Chiesa, il problema principale. Destinare più risorse a ricostruire un tessuto comunitario, che preveda accessi facilitati a scuole (senza finanziamenti statali) e la disponibilità di spazi comuni è il primo investimento che dovrebbe fare la Chiesa in Europa, soprattutto in paesi in difficoltà politico/economica.
Paradossalmente, può fare più la Chiesa che lo Stato (ora come ora), da questo punto di vista.
Il nuovo papa sembra avere idee positive, in questo senso.
In bocca al lupo per questa nuova collaborazione.
ps: l’icona del generale mi fa venire voglia di mettere in soffitta il mio tanto amato stupendoman!
A proposito di Giap…
tra i commenti alla condivisione del post su FB, ce n’è uno che mi ha lasciata perplessa: “Eccessiva, comunque, l’immagine che illustra il post”
Povero generale…
Chissà per chi l’hanno scambiato, poracci…
Sicuro per Pol Pot o per l’imperatore Hirohito… l’asse del male dei musi gialli!
Bah.
In bocca al lupo regà!
Una segnalazione indicativa. A Bologna, ha riportato la stampa locale e nazionale, sono volati stracci tra (cito) “le donne del PD”. Ovvero, una consigliera comunale, Daniela Turci, ha attaccato con durezza la responsabile nazionale scuola, nonché neo-senatrice senza essere passata dalle primarie, del PD Francesca Puglisi, bolognese d’adozione. La stampa si è scatenata sugli aspetti gossippari della lite (Turci ha dato della raccomandata incompetente a Puglisi), mettendo in secondo piano le dure critiche sui contenuti della politica scolastica portata avanti da Puglisi. In particolare, mi sembra “interessante” questa valutazione dall’interno del PD sul referendum, soprattutto per la percezione che se ne ha: scrive Turci sulla sua pagina fb (riportata in foto da Repubblica-Bologna, ma non nell’articolo del 19 marzo) che «Per forza perdiamo le elezioni!!! Sul referendum a Bologna prenderemo un’altra tranvata nel mezzo della fronte e grazie anche alla signora P.[uglisi]». Detto fuori da Bologna, questo episodio apre una prospettiva nazionale: metti mai che, vincendo a Bologna, oltre a un segnale di valore simbolico per l’intera nazione si riesca a mandare a casa la “poco competente” (parere mio, eh…) responsabile scuola del PD, con enorme vantaggio per chiunque abbia a cuore i destini della scuola.
Tenete duro ragazzi, non siete soli!
Per fortuna c’è ancora qualche intellettuale vivo e affilato in questo paese naufragato..
Siete tra i pochi coraggiosi che hanno avuto la forza di dire la verità sul M5*. Alla faccia del movimento “orizzontale”..
E l’eterogeneità imploderà, per forza di cose.
Contraddizioni & coriandoli: già me lo vedo il carnevale..
Vabbé, avanti tutta!
Volendo elencare le mille cause per le quali il pd è quello di oggi capace di perdere una partita già vinta, ‘sta storia è esemplare, assurdamente esemplare: (semplifico) non ci sono più soldi e si deve scegliere, pubblico o privato, con tutto ciò che ne consegue ma anche con tutto ciò che ne sta alla base. Ebbene, il maggiore partito di sinistra distingue, obietta, si mette di traverso, boicotta, come un qualsiasi partito di destra. Altro da aggiungere? E’ evidente il continuo scivolamento verso il centro (destra) – perchè? mi chiedo io da tanti tanti anni -e la cosa non lascia indifferenti quelli che proprio non vogliono abbandonare quell’aria e quel sentire e quel colore, e infatti poi le urne ti pongono il conto. Salatissimo conto.
“assurdamente esemplare”, infatti. Basta vedere la divisione sul campo: da una parte il PD insieme a tutto il centrodestra e alla Chiesa; dall’altra parte la sinistra politica, sindacale, associativa, etc. e il M5S.
Non sottovaluterei però il sempiterno fattore economico. La sussidiarietà è un modello che può essere anche superato in avanti… a destra. Le cooperative rosse non solo ambiscono alla loro fetta di torta scolastica, ma soprattutto a quella della sanità, dove il piano è già in cantiere.
Volendo far eco a Girolamo – le cui analisi che da tempo conduce sul processo di privatizzazione del comparto scuola firmato PD (ennesima maschera centro-liberista da post-bolognina) sono esaustive aggiungerei che:
nel “molfettese”, la situazione si complica. Il quartier-generale del senatore/ ex- presidente della commissione Bilancio al Senato/ ex-sindaco PDL Azzollini (situazione pantagruelica: http://www.quindici-molfetta.it/-report-sul-doppio-incarico-sindacosenatore-c-e-anche-azzollini-di-molfetta_18756.aspx) presenta, a fronte di realtà private come l’Itc ORION degno d’esser un vero hotel a… (lasciamo perdere a quante stelle, di questi tempi…e la cui sede ha cambiato sito e pelle in concomitanza con l’insediamento del soggetto di cui sopra… della serie: noi sappiamo ma non abbiamo le prove, Pasolini docet!) talune strutture pubbliche in odor di muffa (fuor di metafora).
Mi si dirà: e cosa ti aspettavi? Certo, ma tant’è … Mi chiedo, invece, dov’era e dov’e’ il PD locale e SEL del nostro governatore con la formula “Diritti a scuola” (tentativo “stagionale” contro il precariato, che somiglia più a colui che vuol svuotare un lago con il secchiello!) mentre le richieste incessanti, le proteste, le lotte, gli scioperi portavano avanti la loro voce?
Dal locale al globale:
Dopo il “killeraggio” contro la scuola pubblica (altro che “Italia, bene comune”!) e nonostante le prime avvisaglie interne, e i patetici balletti post-elettorali, temo che il PD riprenderà la corsa (renziana?) verso l’Eldorado tatcheriano-blairiano che oggi muove le fila della finanza d’oltremanica.
Provare per credere:
http://www.ilfattoquotidiano.it/2013/01/10/regno-unito-ore-banche-potranno-insegnere-finanza-a-scuola/463178/
P.S. Dovranno passare sopra i nostri cadaveri!
Marco Monari del @PDBologna risponde a Wu Ming.
http://bologna.repubblica.it/cronaca/2013/03/19/news/il_pd_replica_a_wu_ming_il_referendum_consultivo-54915263/
L’ho appena letta. Vi dirò, Monari mi sembra molto chiaro nella sua critica. Il nucleo del discorso è che “per come è articolata la domanda [referendaria], si induce l’elettore che il 26 maggio si recherà alle urne a credere di poter cancellare il finanziamento alle scuole paritarie”, senza contare che la supercazzola prematurata ha perso i contatti col tarapia tapioca…
E’ vero. C’è un abuso sull’utilizzo di “Amici miei”, ma non ho potuto resistere. Poi c’è che il riferimento può essere interpretato appuntando sulla vicenda lo stigma di ennesima “fase terminale”, in cui ancora una volta “le energie residue si vanno dissipando”:
http://www.wumingfoundation.com/giap/?p=114
Al capogruppo regionale del PD risponderò domani. Adesso voglio soltanto rilevare due cose.
La prima. E’ dall’anno scorso che Wu Ming si occupa di questo referendum. Nessuno si è mai preso la briga di replicare. Sono quasi due anni che i volontari del Comitato Articolo 33 si sbattono per questo referendum e si sono sentiti dire di tutto, sono stati dipinti come degli ideologici sperperatori di denaro pubblico, etc. etc.
Poi noi scriviamo un articolo sul sito di Internazionale, dicendo esattamente le stesse cose dette da tutti fino a ora, e improvvisamente le repliche si fanno serie, cessano gli insulti, e addirittura prima di controbattere si sprecano gli attestati di stima.
Morale: questo è un paese in cui è l’abito a fare il monaco e forse pure il papa (mia suocera, ieri al telefono: “Abbiamo un papa povero”).
La seconda. E’ buffo che ci si appelli all’onestà intellettuale nell’esatto momento in cui si omette la realtà dei fatti. Si contesta la sintassi del quesito referendario mentre i bambini rimangono fuori dalla scuola materna.
Morale: questo non è un paese per bambini, ma per sintattici.
Che ne pensate invece dei test d’ingresso anche nei licei? http://www.repubblica.it/scuola/2013/03/19/news/test_d_ingresso_anche_per_i_licei_cos_avremo_gli_studenti_migliori-54862898/
I test d’ingresso ai licei sono una boiata, tanto è vero che persino Carmela Palumbo, alto dirigente del Ministero li guarda con, diciamo, sospetto.
Però il sorteggio è più democratico?
Il vero problema è che nei tagli all’istruzione ci sono anche i tagli (attraverso i tagli agli enti locali) all’edilizia scolastica: se una scuoila ha più iscritti di quanti ne possa ospitare dovrebbe avere diritto a uno spazio aggiuntivo, e invece deve sorteggiare, o chiudere le porte senza spiegazioni: in questa situazione il test d’ingresso rischia di sembrare non la peggiore delel soluzioni (mentre di fatto legittima i tagli all’edilizia, gestendo lo smistamento ad altro indirizzo scolastico dei sovranumerari)
Qui a Torino nelle superiori statali in crisi di spazio fisico abbiamo visto applicare, negli ultimi anni, due soluzioni diverse.
Una è stata il sorteggio. Che non sarà democratico (la sfiga ci vede benissimo, diceva anni fa uno di Bologna) ma in mancanza d’altro è equamente iniquo (equità dimostrata dal linciaggio politico e mediatico subito da un preside che, qualche anno fa, effettuò i sorteggi in modo da non lasciare il tempo materiale alle “telefonate dall’alto” della bella società: quale affronto!).
L’altro sistema, che a me sembra molto più pernicioso, è stato negare la reiscrizione ai respinti per non dover sottrarre spazio (aule, banchi) ai nuovi iscritti o alle classi che seguivano. Tradotto: se perdi il treno non provare nemmeno ad aspettare il prossimo, sei fuori per sempre. Comincia pure a scippare le vecchiette, tanto per te non c’è altro.
i test d’ingresso andrebbero fatti in uscita valutando la capacità degli studenti di affrontare studi universitari o dedicarsi ad altro. Sarà poi l’università a selezionare ulteriormente. Il sistema anglosassone è così da secoli e funziona.
@ Dodo
1. Chi te lo ha detto che “il sistema anglosassone funziona”? Cosa vuol dire “anglosassone”? Britannico, Irlandese, Statunitense, Australiano, Neozelandese? Hai dati verificabili che dimostrano che è proprio quel meccanismo di test di cui tu parli a rendere funzionale il sistema?
2. I “test d’ingresso” all’università esistono già, e sono ingiustamente selettivi. Gli studenti italiani fanno un esame in cui portano tutte le materie dell’ultimo anno, per complessive 6-7 prove scritte e un orale onnicomprensivo: di quale test ulteriore ci sarebbe bisogno per stabilire la loro capacità di proseguire gli studi? Lo scandalo è che le università non ne riconoscano il valore.
3. Perché ci dovrebbe essere una selezione in entrata all’università (come di fatto c’è)? Non dovrebbe essere un diritto costituzionale potersi cimentare nel prosieguo dello studio?
Non troppo ingenuamente ieri mi si suggeriva che bisognerebbe iniziare dal ‘migliorare la preparazione dei docenti’. Forse brutalmente sintetica come affermazione (potere dei SN) però non campata in aria, nel senso che non viene da un soggetto che normalmente attacca la scuola o i docenti *in quanto tali*.
C’è un problema di preparazione in qualche caso, ma secondo me c’è anche un effetto scoraggiamento dovuto alla bassa considerazione che i docenti hanno a livello sociale. Una cosa che non dovrebbe funzionare a livello universitario, eppure è lì che ho visto *personalmente di persona* professori, preparati e no, regalare voti e materie pur di passare la giornata. Una cosa che mi fa imbestialire, ma che purtroppo è realtà.
Il problema è che quando si discutono queste cose si fa presto a criminalizzare l’intero corpo docente, il quale dal mio punto di vista ha il merito di sopravvivere e combattere in un sistema di formazione continuamente umiliato.
“Migliorare la preparazione dei docenti” è un frame che si ripete come un disco rotto: funziona sempre perché è inverificabile. Innanzitutto, chi afferma che i docenti non sono abbastanza preparati? Su quali basi? E, più in generale, come si fa a dimostrare un’affermazione del genere?
Premesso questo: tutti sono capaci di desiderare il miglioramento di qualsiasi cosa. Come si potrebbe migliorare la preparazione die docenti? Siamo sicuri, ad esempio, che non sia il caso di avere docenti che hanno fatto una buona università, quindi con buone basi culturali generali, piuttosto che docenti che vengono fuori da un percorso incentrato sulla sola didattica? Siamo sicuri (sono tutte domande retoriche, la mia risposta è no) che ci sia un luogo e una pratica migliore della pratica stessa? Non è nell’acqua alta che si impara a nuotare?
Chiudo con un dato che ciascuno valuterà come crede, ma è pur sempre un dato. Dai rapporti OCSE risulta che i genitori italiani, rispetto al livello di preparazione e al livello di educazione che la scuola dà ai loro figli, esprimono un gradimento altissimo (92.1% soddisfatti o molto soddisfatti della preparazione, 80.9% per l’educazione), inferiore alla sola scuola della Nuova Zelanda – che dai rapporti OCSE parrebbe, lo dico al Peter Jackson Fan Club ;-), la migliore del mondo.
@ Girolamo
ho espresso una mia opinione prima di tutto perchè ho fatto esperienza sulla mia pelle. Sistema Britannico in particolare, raggiungendo il III livello tornato in Italia. Posso, quindi, esprimere una visione basata sulla mia esperienza personale e confrontarla con la pari esperienza avuta in Italia. E’ ovvio che a monte del sistema universitario Britannico vi è una scuola superiore decisamente diversa. Altrettanto ovvio è che essendo le basi di partenza diverse non si può aspirare ad uniformarsi o copiare maldestramente il sistema anglosassone come ha fatto la riforma Moratti. L’accoglienza per un Bachelor degree è assicurata dal “vocational level” ottenuto da certificazioni supplementari e mutuamente esclusive ottenibili dopo il college. Se ho un A-level in studi scientifici (matematica ad esempio) avrò meno opportunità di essere accettato in studi più prettamente umanistici (questo è per dirla in estrema sintesi). Si tratta, dunque, di un filtro automatico che consente all’università di accogliere studenti potenzialmente più vocati verso una certa disciplina anzichè un’altra. Ciò significa che come università concentro tutte le mie facilities verso studenti già automaticamente selezionati e indirizzati. Perchè secondo me funziona? Anche qui c’è un esempio scaturito dalla mia esperienza personale che però valuta una situazione universitaria Italiana e Britannica di circa 20 anni fa. La risposta la si vede ne fatto che uno studente Britannico, con titolo di II livello (post degree) già affronta il mondo del lavoro con strumenti cognitivi acquisiti proprio nell’università e soprattutto quando ancora è giovane. Esempio: in Italia si imparano a memoria pagine e pagine di equazioni, in Inghilterra si insegna ad applicarle! teoria e nozionismo contro pratica, che è quello che serve. Ultima mia osservazione: nel sistema Britannico non ci si può permettere di stazionare nell’università oltre ad un anno in più rispetto alla durata legale del corso. Concesso un anno in più, previa giustificazione, si va via per sempre. Ciò accadeva raramente perchè gli studenti erano già automaticamente selezionati dalle certificazioni che ho citato poc’anzi. Tanto altro ci sarebbe da dire sia dal lato studente, sia dal lato docente. In definitiva Girolamo ho solo espresso una mia personale opinione.
— Esempio: in Italia si imparano a memoria pagine e pagine di equazioni, in Inghilterra si insegna ad applicarle! teoria e nozionismo contro pratica, che è quello che serve.
Finiamola con questa storia.
L’applicabilità immediata produce sì manodopera istantaneamente utilizzabile, ma con una capacità di aggiornamento e una flessibilità professionale di secondo ordine. Basta andare a fare un corso di aggiornamento in mezzo agli inglesi per rendersene conto, sono più produttivi all’inserimento in azienda, poi si fermano. Quando devono capire quello che gli spiegano all’aggiornamento si inchiodano, e nemmeno hanno l’ostacolo della lingua. Uno che ha imparato un paio di equazioni in una università italiana ci mette il venti per cento di tempo in più a andare a regime in azienda – forse, è che pare che in Italia se ci metti un mese a capire lo specifico della realtà in cui ti inserisci manca poco e ti danno del ritardato – poi si spinge ben al di sopra di un collega anglosassone.
Per pietà, non cadiamo nelle solite coglionate che le università inglesi danno una formazione superiore, offrono una formazione che spesso è da liceali…discorso diverso per la ricerca, dove la disponibilità di denaro (e la differenziazione dei percorsi rispetto alla didattica) fa la differenza.
i problemi dell’università italiana sono le ultime riforme (crediti e 3+2, per avvicinarsi ai modelli europei culturalmente deteriori) e il fatto che ce ne siano troppe.
per il resto, evitiamo di distruggere quelle poche cose che funzionano in questo paese.
Guarda, io sono più drastico.
Il problema delle università italiane è che sono in Italia, per cui vengono “giudicate” da un tessuto industriale arretrato, guidato generalmente da persone che non hanno la minima idea di cosa dovrebbe essere un’università, visto che non ne hanno banalmente mai vista una fino al giorno della laurea dei figli.
Oltre a affrontare un feroce problema di framing, per cui “quando arrivi a lavorare l’università non ti ha preparato”.
Metà del personale dell’azienda dove lavoro (consulenza informatica) è laureato da meno di tre anni, abbiamo stagisti che vengono per fare le tesi triennali con una buona regolarità. Tutti, colleghi neolaureati e stagisti, sono perfettamente produttivi su tecnologie a loro sconosciute all’arrivo in azienda dopo un periodo che va da tre a sei settimane. Idem quando si cambiano prodotti o tecnologie.
Ecco, nel discorso comune siccome ci hanno messo tre settimane, e quello che fanno non l’hanno visto in università, “hanno una formazione poco pratica”. Io so benissimo che sostituendo i tre anni di sgrezzamento con un corso verticale e professionalizzante probabilmente arriverebbero a esser produttivi in dieci giorni, ma al primo cambio tecnologico ti giochi tutto, e comunque certi picchi di eccellenza te li scorderesti, avresti un buon uso delle tecnologie correnti ma innovatività zero.
Aggiungici il confronto coi colleghi esteri di cui dicevo sopra, e il fatto che un paio di vendor ci hanno definiti “finalmente partner che sanno di cosa parlano” e il quadro di confronto con l’estero mi pare sinceramente tutt’altro che sconfortante.
Insomma, il 3+2 può funzionare benissimo, anzi su questo devo dire che c’è stata una *enorme* incapacità delle istituzioni accademiche di adeguarsi dando una buona formazione in tutti gli ambiti, spesso ci si è seduti su una supposta impossibilità di approfondimento affossando corsi che potrebbero essere ottimi.
il 3+2 ha reso l’università sempre più simile al liceo, un’iniezione di paternalismo di cui non si sentiva certo l’esigenza.
piccoli esami, piccole lezioni continue, professori che danno del tu, costante riduzione del confronto (e conflitto) tra professori e studenti.
L’università non è una scuola e non deve esserlo; è un luogo di confronto.
Sono sempre più convinto che il problema primo dell’Università sia che il dibattito pubblico è portato avanti da persone che non sanno nulla di come funziona l’attuale sistema universitario.
Dodo parla di un’università di vent’anni fa, ma altrettanto (quando va bene) fanno gli editorialisti dei grandi giornali, il Corriere addirittura fa parlare di meritocrazia Aldo Grasso. Che peraltro non sfigura rispetto agli interventi di Ichino. O di Bonomi, giusto per non lasciare off the hook il centrosinistra.
Ancora più tragica è che altrettanta ignoranza colpisce anche chi si è laureato ieri, la grande maggioranza degli studenti passa 5 anni senza sapere nulla di come funzioni.
Appunto, un dibattito pubblico drogato in cui si confondono gli effetti “del ’68” con gli effetti delle controriforme che si sono abbattute nel corso degli ultimi vent’anni.
Si attribuisce al “permissivismo sessantottino” l’accesso di molti più studenti rispetto alle strutture disponibili, tralasciando che negli ultimi dieci anni, finito l’effetto 3+2, il numero di studenti sia drasticamente diminuito. Di certo non parlando della totale assenza di investimenti sulle strutture (tranne che per le speculazioni come Punta Est a Pavia o il trasferimento al vecchio ospedale di Bergamo). E questo è ESATTAMENTE quello che succede nei recenti casi di test d’ingresso sugli studenti medi: il sottofinanziamento giustifica i test che a loro volta giustificano ulteriori tagli.
Un altro luogo comune che compare nel post di Dodo è quello sui fuori corso e sul “parcheggiarsi”, l’università americana ha fuori corso tanto quanto l’università italiana (fonte: ROARS). La differenza col sistema anglosassone è che di là dall’oceano il prestito d’onore ti impicca a lungo termine ma ti permette di studiare senza dover lavorare, mentre l’80% degli universitari italiani lavora, con un circa 30% che lavora a tempo pieno (fonte: Eurobarometro, con qualche errore perchè vado a memoria). La differenza sarebbe anche che da noi esisterebbe il Diritto Allo Studio e non il Diritto A Finanziare Soros, ma sappiamo la situazione delle borse di studio…
Ovviamente, nel dibattito pubblico italiano si parla di “studenti fannulloni”, mentre questi dati collocano gli italiani tra quelli che lavorano di più in Europa.
Ok, era un parere personale basato su un’esperienza personale di vent’anni fa, quando Maradona e Roberto Baggio ancora giocavano. I rapporti comparativi sul sistema scolastico britannico (e su quello statunitense) dicono cose diverse.
Quello britannico è un sistema educativo classista e parecchio escludente, non mi sembra il caso di prenderlo ad esempio.
Ho fatto esperienza del sistema universitario statunitense: ha i suoi pregi e i suoi difetti. Ad esempio, ho imparato più a fare ricerca in un anno con loro che non in cinque anni (e due tesi) all’università italiana. Però sono troppo contingenti. La carenza di prospettiva storica è la lacuna maggiore (e forse ne ho ragionato anche con WM1) e credo sia una cosa fondamentale.
Classista è anche l’idea che finire l’università nei tempi previsti sia un fatto legato alla volontà personale e che chi non riesca a farlo sia un perdigiorno… Questa idea, che è passata anche nell’università italiana, di fatto rende impossibile per chi non ha i mezzi economici, frequentare un corso di laurea.
Io personalmente io impiegato 10 anni per prendere una laurea, lavorando per lunghi periodi a tempo pieno. Ciò è possibile in un’università che non ha nella frequenza e nel computo delle ore studio (crediti formativi) il parametro per valutare la preparazione di uno studente, ma in ciò che riesce a fare durante l’esame.
In buona parte dei paesi “civilizzati” è possibile stilare piani di studio compatibili col lavoro, spalmando il percorso di studio (e la contribuzione studentesca!) su più anni.
Per togliere le virgolette a civilizzati bisognerebbe che nessuno fosse costretto a studiare per mantenersi, ma sempre meglio della vergognosa situazione italiana.
So che è una domanda scema, ma vedremo mai i vostri post trasformarsi in una rubrica cartacea? O sono solo online? Comunque lo sapevo che prima o poi i vostri tamburi si sarebbero sentiti da lontano. Tifiamo rivolta.
Dai un’occhiata nella colonnina quì a destra: il primo elemento in alto [Giap. L’archivio e la strada.] è proprio una raccolta di post dal 2010 al 2012 (se era questo che intendevi). :)
Da Repubblica Bologna di oggi:
http://bologna.repubblica.it/cronaca/2013/03/19/news/referendum_scuola-54931365/
E’ passato il frame “Davide contro Golia”. Bene. Ma siamo solo all’inizio.
Per quanto riguarda il capogruppo regionale del PD, Monari, è costretto a difendersi, goffamente, cercando di correggere il tiro rispetto a quello che aveva dichiarato giorni fa. Ma soprattutto insiste sul fatto che il quesito referendario sarebbe equivoco e presentato come abrogativo. Ora, i quesiti referendari non sono mai molto eleganti nella prosa, ma la cosa ridicola è che in questo caso non c’è un classico “Sì/No”, come Monari lascia a intendere e come appunto avviene nei referendum abrogativi, bensì un’opzione tra “A/B”, per altro presentata in forma di domanda: “Quale fra le seguenti proposte… ritieni più idonea…?”. Dove Monari veda il margine di equivoco proprio non si capisce.
Viceversa è precisamente la parte di Monari che ragiona come se il referendum fosse abrogativo. La Federazione Italiana Scuole Materne (cattoliche) infatti fa terrorismo psicologico dicendo che se viene tolto il finanziamento comunale alle scuole paritarie private “400 famiglie, da subito, abbandoneranno le scuole paritarie non più convenzionate e andranno ad infoltire le liste d’attesa delle scuole comunali e statali.”(http://www.referendumbologna.it/)
Come sia stato fatto il calcolo delle quattrocento famiglie, tra l’altro, non è spiegato. Comunque è da notare come dai 1.736 scolari che si sarebbero trovati in mezzo a una strada, si è passati a una quota più tonda e molto più bassa, cioè – ipotizzando una media di due figli a famiglia contemporaneamente iscritti alla scuola materna, che è già altissima – circa 800 scolari. Ma è tutto da verificare.
Certo che l’uso di due colori così differenti – il blu cupo a favore del pubblico e il rosso “allarme/warning/danger” a favore del privato – è da geni del male!
[…] Repubblica fa un articolo sulla replica del PD (Marco Monari) alle critiche espresse dall’articolo di Wu Ming sul referendum sulle scuole […]
Leggendo il precedente commento di Girolamo (http://www.wumingfoundation.com/giap/?p=12293&cpage=1#comment-20016 ), che ci fa scoprire la presenza di voci contrastanti all’interno del PD, guardo ancora con più speranza ad una rivolta all’interno dello stesso partito (speranza di cui parlavo in un commento su un altro vostro post).
Certo, pensando all’incredibile capacità del PD di auto-gambizzarsi in nome di scelte più “moderate”, capisco che la mia speranza è un po’ ingenua e che tutto si risolva in una lotta che porterà a vincere l’altra parte: do you remember Guazzaloca? :-(
salve, a proposito di democrazia, se il referendum consultivo (non abrogativo, fortunatamente), dovesse passare, il consiglio comunale di Bologna, votato democraticamente dai cittadini, cosa dovrebbe fare, farsi influenzare dal 50% + 1 dei votanti, oppure mantenere fede al programma grazie al quale è stato votato dai cittadini (programma dove non si menzionava un cambio di rotta sui finanzimenti alle paritarie)? Inoltre, il milione di euro destinato oggi dal comune alle materne paritarie, a cosa sarebbe destinato nello specifico? Chi si dimostra entusiasta per il referendum ha figli? Lo sa che grazie ai soldi che vengono dati dal comune alle paritarie molti bambini riescono ad andare alla materna? Che altrimenti sarebbero esclusi? Lo sa che molto spesso ad andare alle paritarie sono cittadini stranieri che altrimenti non saprebbero dove mettere i figli e non fantomatici fighetti? Chi promuove questo referendum e chi lo appoggia, ha voglia di scatenare una guerra fra poveri? Di mettere ancora più in difficoltà famiglie stremate dalla crisi? In un mondo ideale la scuola pubblica dovrebbe avere tutti i fondi possibili. Nel 2013 già è molto se non torniamo alla lira. Saluti.
Salve. Rispondo nell’ordine alle domande:
1) “Cosa dovrebbe fare” il Comune se al referendum consultivo dovesse vincere l’opzione A?
Innanzi tutto, essendo un referendum consultivo, quindi senza quorum, immagino che dovrà tenere conto di quanti cittadini saranno andati a votare. L’ultimo referendum consultivo a Bologna è stato fatto nel 1997, sulla privatizzazione delle farmacie comunali. Andò a votare il 36% degli aventi diritto, vinsero i contrari alla privatizzazione, ma per il Comune i votanti erano troppo pochi e quindi procedette ugualmente (e legittimamente) a privatizzare il comparto.
Il referendum consultivo dà indicazioni sull’indirizzo politico che una giunta dovrebbe adottare. Starà poi al governo della città decidere se tenere conto del parere dei cittadini oppure no e accettarne le conseguenze. Se la Giunta preferisce tenere in conto il parere della Curia, dei partiti di centrodestra, della FISM e di Comunione e Liberazione, che la affiancano in questa battaglia, anziché quello dei referendari, vedremo quali frutti raccoglierà alla prossima tornata elettorale. Mi permetto di far notare che a livello nazionale stare con quelle forze per tutto il mandato Monti ha portato al centrosinistra i risultati che abbiamo visto.
2) “Il milione di euro destinato oggi dal comune alle materne paritarie, a cosa sarebbe destinato nello specifico?”.
In base al quesito referendario, il milione di euro dovrebbe essere assegnato alla scuola pubblica comunale e statale. Nello specifico le voci di spesa non mancano di sicuro, direi che c’è l’imbarazzo della scelta.
3) “Chi si dimostra entusiasta per il referendum ha figli? “.
Non mi risulta siano state fatte indagini sulla composizione famigliare dei sostenitori del referendum. Posso dire che io, che lo sostengo, ho due figli. E che l’Associazione genitori insegnanti di Bologna e provincia (che presumibilmente include, appunto, dei genitori) appoggia il referendum.
4) “Lo sa che grazie ai soldi che vengono dati dal comune alle paritarie molti bambini riescono ad andare alla materna?”.
Tutti sanno che grazie ai finanziamenti comunali alle paritarie molti bambini possono andare alla materna. Si presume che quel milione non venga investito in altro, altrimenti più che fare un referendum toccherebbe chiamare i Carabinieri.
5) “Che altrimenti sarebbero esclusi?”.
La FISM sostiene che senza quel finanziamento 400 famiglie sarebbero costrette ritirare i figli dalle paritarie. Non so in base a cosa venga fatto questo calcolo. Di certo c’è che in questo momento ci sono 103 bambini che non hanno potuto accedere alla scuola pubblica a fronte di 96 posti liberi nelle paritarie private. Significa che quelle famiglie o non condividono l’impianto cattolico delle scuole FISM oppure non possono pagare le rette. Il diritto che viene leso in questo momento è quello di quei 103 bambini e bambine.
6) “Lo sa che molto spesso ad andare alle paritarie sono cittadini stranieri che altrimenti non saprebbero dove mettere i figli…?”.
La percentuale di stranieri iscritti alle scuole paritarie private è 1,8%, contro il 17,3% nella scuola pubblica. Anche in questo caso pare evidente che moltissimi stranieri emigrati a Bologna non possono permettersi le rette della scuola privata paritaria, oltre probabilmente a non condividerne l’impostazione confessionale.
7) “Chi promuove questo referendum e chi lo appoggia, ha voglia di scatenare una guerra fra poveri? Di mettere ancora più in difficoltà famiglie stremate dalla crisi?”.
E’ precisamente per evitare che i poveri soccombano alla crisi che è necessario dare un segnale politico per rifinanziare la scuola pubblica, laica, gratuita, per cattolici e non, per poveri e non. La scuola per tutti, insomma.
8) “In un mondo ideale la scuola pubblica dovrebbe avere tutti i fondi possibili”.
Ecco noi pensiamo invece che nel mondo reale la scuola pubblica dovrebbe avere tutti i fondi possibili. E’ per questo che si fa il referendum :-)
Prima di tutto buon giorno e grazie per avermi risposto in maniera così precisa.
Le tue posizioni le rispetto e condivido in parte.
Cercherò di essere sintetica nel dirti ciò che penso:
pur preferendo la scuola pubblica (mia figlia frequenta una materna statale dove quasi il 40% degli alunni è straniero) e ritenendo che, in linea di principio, tutti i fondi pubblici dovrebbero essere destinati alla scuola pubblica, da cittadina pretendo un servizio, ovvero un posto alla materna per le mie figlie. Se chi mi amministra, a causa della crisi, dei tagli, della recessione, del piano di stabilità e via discorrendo, riesce a garantirmi quel servizio finanziando le scuole paritarie allora, pur a malincuore, lo accetto. Forse sono troppo terra terra, e, sicuramente non documentata come te e chi promuove questo referendum, ma vorrei essere rassicurata sul fatto che, con quel milione di euro tolto alle paritarie, la scuola pubblica mi garantirà lo stesso numero di posti alle materne.
Vorrei anche dirti che, pur non condividendo le posizioni di comunione e liberazione, della destra e della curia, non penso che, nella loro diversità, le loro opinioni valgano meno delle mie. Per me sono diverse, ma vanno rispettate. Insomma, non mi ritengo superiore a loro. Visto che fai riferimento a un contesto di più ampio respiro (la sinistra che perde le elezioni perché non ascolta il suo popolo – scusa se ho banalizzato all’estremo!_ ), mi sento di dirti che, come elettrice di sinistra, negli anni ho maturato l’idea che è l’atteggiamento di superiorità della sinistra, di pretesa di essere la depositaria della verità assoluta, del giusto, mentre gli altri non capirebbero mai una beata fava, a far perdere la sinistra stessa, perché questo atteggiamento ha portato la destra a tirar fuori l’orgoglio nei momenti più bassi e ad andare a votare in massa!
Per quel che riguarda gli stranieri, vorrei riportarti un esempio: una mia amica moldava, e altre sue connazionali, sole a Bologna, senza aiuti, portano le figlie la mattina dalle suore che poi accompagnano le bambine a scuola, le vanno a prendere alle 13, fanno fare loro i compiti, per 140 euro al mese, ovvero poco più di quello che pago io mensilmente per la mensa di mia figlia. Sono l’unica che conosce casi come questi?
Insomma, per concludere, non vorrei che un referendum animato da un principio giusto, finisse poi per penalizzare i cittadini tutti e i loro figli (di sinistra, destra, centro etc.), per accontentare le presunte posizioni degli elettori di sinistra (dico presunte perché non credo che la posizione dei referendari venga condivisa da tutti quelli che votano a sinistra).
Ciao e buon lavoro
Sara
“E’ l’atteggiamento di superiorità della sinistra, di pretesa di essere la depositaria della verità assoluta, del giusto, mentre gli altri non capirebbero mai una beata fava, a far perdere la sinistra stessa”
Guarda, secondo me a far perdere la “sinistra” è stata, al contrario di quel che dici, la sua rinuncia a dire e fare cose di sinistra. Altro che “atteggiamento di superiorità”: negli ultimi trent’anni la sinistra ufficiale ha manifestato evidentissimi segni di complesso di inferiorità, si è inginocchiata sui ceci perché le fosse perdonato il suo (ormai remotissimo) passato rivoluzionario, ogni giorno ha chiesto scusa per il fatto stesso di esistere, si è voluta dimostrare più moderata di chiunque altro perché le si riconoscesse un astratto “senso di responsabilità” e non la si sospettasse (Dio non voglia!) di aver mantenuto qualche residuo di radicalità, ha mantenuto il piccolissimo cabotaggio e mediato al ribasso – fino al totale autologoramento – anche su diritti e libertà fondamentali.
Naturalmente, quest’atteggiamento ha anche una base materiale: a quel che chiamiamo “sinistra” corrisponde un blocco di potere economico (Unipol, Lega Coop etc.) che non esercita il suo potere in modi meno perniciosi di altri blocchi (es. CL, Compagnia delle Opere), e che con quei blocchi ha interessi congiunti, cooperazioni in corso, alleanze non sbandierate ma concretissime.
“Pur non condividendo le posizioni di comunione e liberazione, della destra e della curia, non penso che, nella loro diversità, le loro opinioni valgano meno delle mie. Per me sono diverse, ma vanno rispettate.”
E io pretendo che loro rispettino le posizioni di chi si richiama all’art. 33 della Costituzione: le scuole private possono esistere, ma senza oneri per il resto della cittadinanza. Non vedo perché le mie tasse dovrebbero finanziare istituti che già fanno pagare rette molto salate, istituti che nel formare i bimbi difendono e diffondono una particolare ideologia e un sistema di valori che non è quello di tutti i cittadini, e che al momento di assumere il personale fanno lo screening per vedere se uno/a è credente o non credente, se è etero o gay etc.
Le tue preoccupazioni sono quelle che animano il fronte degli scettici su questo referendum. Come fai notare, non c’è dubbio che tantissimi sono d’accordo con i referendari in linea di principio ma nutrono il dubbio sull’applicazione pratica.
In buona sostanza la partita si gioca su questo.
Ragioniamo quindi al lato pratico, io ci sto.
L’emergenza reale con la quale abbiamo a che fare è che ci sono bambini e bambine rimasti fuori dalla scuola pubblica. Negli ultimi anni la cosa si sta ripetendo con una certa serialità. Il problema non è passeggero, ma strutturale. Allora provo a mettermi nei panni – e potrei davvero esserci, tra l’altro – di un genitore non cattolico, italiano o di origine straniera, che per mandare alla scuola materna il proprio figlio si trova costretto a pagare 200 euro a un istituto confessionale, perché i posti pubblici sono esauriti. Mi chiedo:
– E’ accettabile?
– E’ un problema che ci lascia indifferenti o siamo ancora in grado di percepirlo come una violenza?
– Questa situazione non è stata anche determinata dal fatto che si è demandato al privato qualcosa che invece doveva essere appannaggio del pubblico, come l’istruzione, o è tutta colpa della crisi bastarda che mette al riparo da ogni responsabilità politica?
Negli anni Novanta diversi asili comunali vennero chiusi (c’era il calo demografico e a nessuno venne in mente che forse i flussi migratori suggerivano una prossima inversione di tendenza…) e si stabilì la convenzione con la Federazione Italiana Scuole Materne. Cioè con un’emanazione della CEI.
Ora, chiariamoci: io non ho conti in sospeso con la CEI, non ho guerre di religione in corso con i vescovi né con la Chiesa, tanto meno mi considero superiore a loro perché io sono di sinistra, o perché loro praticano riti diversi dai miei. Però non faccio parte della Chiesa cattolica romana. Dunque non capisco perché dovrei trovarmi davanti all’aut aut di mandare mio figlio in una scuola d’ispirazione cattolica ed ecclesiastica a pagamento oppure… non mandarlo a scuola.
Partiamo da questa realtà di fatto. Questo è il paradosso a cui l’amministrazione deve dare una risposta. E il problema è che è sempre meno in grado di darla, a causa delle scelte politiche fatte negli anni Novanta. Quelle scelte vanno riviste.
Giustamente tu dici di voler essere rassicurata sul numero di posti alle materne. Ecco io voglio essere rassicurato sul numero di posti alle materne aconfessionali, gratuite, pluraliste, cioè quelle dove possono andare tutti, inclusi – anzi soprattutto – i cattolici, dato che la religione cattolica è, per chi lo desidera, materia curricolare, ma dove né la CEI né altri enti privati possono mettere il becco.
Anch’io ho un’amica moldava, con una figlia di tre anni. Non ha trovato posto alla scuola materna pubblica e quella paritaria proprio non poteva permettersela (anche 140 euro erano troppi), perché è molto povera. Con la figlia a casa non poteva andare a lavorare. L’ho salutata ieri l’altro, perché se ne torna in Moldavia, bye bye Italia. Ecco di cosa stiamo parlando: della vita delle persone.
Dopodiché viva le suorine che fanno fare i compiti ai bambini. Ma non ai miei, grazie.
Ecco la nostra risposta al capogruppo regionale del PD:
http://corrieredibologna.corriere.it/bologna/notizie/politica/2013/20-marzo-2013/wu-ming-torna-attacco-pd-complice-declino-scuola-212262597634.shtml?utm_source=twitterfeed&utm_medium=twitter
Date un’occhiata anche ai commenti su Internazionale.
Io tifo per quella rivolta che come sottolineate consisterebbe nel rispetto della Costituzione italiana.
Si potrà fare una poltica e un discorso istituzionale senza nominare santi, madonne e papi?
12 novembre 2012 – Confronto candidati elezioni primarie centrosinistra su Skytg24.
Giornalista: Se volete mi fate due nomi del vostro Pantheon di sinistra o centrosinitra. Figure politiche, figure storiche a cui voi fate riferimento. Senza tempo, due nomi…
Bersani (PD): Papa/Giovanni.
Devo spiegare perché però. Perché riusciva a cambiare le cose rassicurando. Cambiava nel profondo ma non spaventava nessuno.
Vendola (Sel): Un uomo che molto più di tanti politici è riuscito ad indagare temi delicatissimi come la fecondazione assistita, il testamento biologico, I diritti delle coppie di fatto con una delicatezza e un rispetto straordinario. È un uomo che ci manca molto, il cardinale Carlo Maria Martini.
http://tg24.sky.it/tg24/politica/2012/11/12/confronto_tv_candidati_primarie_centrosinistra_pantheon_bersani_tabacci_puppato_renzi.html
16 marzo 2013 – Discorso di insediamento del Presidente della Camera dei Deputati – Laura Boldrini (Sel):
Anche i protagonisti della vita spirituale e religiosa ci spronano ad osare di più per questo abbiamo accolto con gioia i gesti e le parole del nuovo pontefice (i deputati interrompono il discorso applaudendo in piedi) venuto emblematicamente dalla fine del mondo. A papa Francesco un saluto carico di speranza di tutti noi.
http://video.sky.it/news/politica/boldrini_presidente_camera_il_discorso_di_insediamento/v153600.vid
16 marzo 2013 – Discorso di insediamento del Presidente del Senato della Repubblica – Pietro Grasso (PD):
Di quanto radicale e urgente sia il tempo del cambiamento lo dimostra la scelta del nuovo pontefice papa Francesco (i senatori interrompono il discorso applaudendo in piedi) i cui primi atti hanno evidenziato un’attenzione primaria; prioritaria; verso i bisogni reali delle persone.
http://video.sky.it/news/politica/grasso_presidente_del_senato_il_discorso_dinsediamento/v153641.vid
Ciao a tutt*, Wuminghi e giapster,
dopo le ore piccole fatte a seguire la discussione sul m5s senza riuscire a portare a compimento un commento ci tengo a scrivervi la prima volta su questo tema.
Quello che il Comitato articolo 33 è riuscito a fare a Bologna è di per sé degno di nota perché ormai il livello di resa è tale che non se ne vedono piu’ di soggetti che dal basso si attivino per dar vita ad un Referendum comunale che spesso, come in questo caso, è soltanto consultivo.
A Firenze ne abbiamo parlato un anno fa a proposito della privatizzazione del trasporto pubblico locale ma si è scelto di non farlo perché alcuni soggetti, soprattutto forze politiche, hanno ritenuto più conveniente non farlo proprio per il valore puramente consultivo e per la ‘figuraccia che avresti fatto se avessi portato a votare pochi cittadini ecc…’
Così abbiamo perso il TPL che Renzi, l’Innovazione, ha venduto ai privati e soprattutto abbiamo perso l’occasione di condividere a livello cittadino quello che stava per succedere.
Certo abbiamo fatto altre iniziative per sensibilizzare la cittadinanza ma la spinta di coinvolgimento è stata sicuramente limitata.
Rispetto ad un anno fa le cose sono cambiate, siamo appunto nel dopo elezioni, un dopo elezioni che ha messo all’angolo il PD, un PD che adesso è persino costretto a partecipare alle nostre assemblee territoriali contro la costruzione degli inceneritori cosa che non aveva mai fatto prima.
E’ appunto un momento in cui i nostri stimati amministratori non possono più far finta che non esistiamo, si sono resi conto che da qualche parte il consenso lo devono recuperare e per questo, a modo loro, devono esprimersi sul referendum bolognese, così come sulla costruzione dell’inceneritore di Selvapiana o di quello di Case Passerini e su altre lotte in atto sui territori da decenni.
Premesso che non penso che il PD sia la risposta alle nostre domande, che non si debba neanche per un attimo considerarlo in grado di recepire le nostre istanze certo è che in questo momento di debolezza non può permettersi di ignorare l’indirizzo politico che può venire da un risultato del referendum che si esprima chiaramente contro i finanziamenti pubblici alle scuole paritarie private.
Tutta la tiritera del capogruppo regionale del PD per cui il referendum non è abrogativo, solo il sindaco può decidere sulla questione finanziamenti e il sindaco è stato eletto da cittadini che hanno votato un programma in cui questo cambio di destinazione do fondi dalle private alle pubbliche non era previsto ecc ecc è quantomeno ridicola, lo scrupolo sintattico sulla non chiarezza della formulazione del quesito è solo un goffo tentativo di entrare nella discussione, in cui appunto nel dopo- elezioni deve stare per forza, senza avere argomenti politici con cui rispondere. (E’ vero che in questi tempi di gomblotti la grammatica è rivoluzionaria ma almeno la sintassi lasciamola fuori.)
Mi piacerebbe che questa esperienza bolognese diventasse nazionale, non nel senso, o almeno non solo, che ogni Comune in base alla sua gestione delle risorse in materia di istruzione debba indire un referendum ma nel senso di una grande campagna di sensibilizzazione.
La diffusione tramite Internazionale va già in questo senso ma dovremmo creare momenti in cui discuterne anche fuori da Bologna, condivisione con le altre lotte, far crescere l’attenzione, e la discussione, a livello nazionale per fare poi pressione sul Pd di Bologna, perché si trovi ‘obbligato’ a fare una certa scelta, ma anche per rilanciare il tema dei finanziamenti pubblici all’istruzione in ogni ambito.
Sulla affermazione di Sararomoli:
‘Se chi mi amministra, a causa della crisi, dei tagli, della recessione, del piano di stabilità e via discorrendo, riesce a garantirmi quel servizio finanziando le scuole paritarie allora, pur a malincuore, lo accetto.’
Mi permetto di ribattere, un po’ OT ma neanche tanto, che io invece non lo accetto.
A causa del problema del lavoro e della sua necessaria flessibilità abbiamo ammazzato una generazione con le leggi Treu, Biagi e versioni peggiorative successive.
A causa della crisi, dei tagli, della recessione ecc oggi non troviamo lavoro, se lo troviamo veniamo sfruttati …
A causa dei soliti motivi il pubblico mi garantisce dei servizi appaltando i servizi a cooperative che pagano 4 euro l’ora giovani, immigrati, disoccupati di ritorno e così via con mille altri esempi.
Io non accetto, neanche a malincuore, che il pubblico garantisca dei servizi a me togliendo dei diritti ad altri o facendo violenza a chi, ateo o di altra religione, è costretto a mandare i propri figli nelle scuole confessionali.
Prima la capiremo questa storia che nessuno di noi è più garantito e che nessuno di noi si potrà salvare se non si salveranno anche gli/le altri/e e prima inizieremo a cambiarle le cose.
Buonanotte
p.s: la parte sulla necessità di organizzarci per non sovrapporre iniziative né a livello cittadino, né a livello nazionale ve la racconto un’altra volta per stavolta ci vediamo sabato in Val di Susa :-)
scusa l’ignoranza, cosa vuole dire OT? Fuori tema?
Inoltre il discorso “per cui il referendum non è abrogativo, solo il sindaco può decidere sulla questione finanziamenti e il sindaco è stato eletto da cittadini che hanno votato un programma in cui questo cambio di destinazione do fondi dalle private alle pubbliche non era previsto ecc ecc” secondo me non è una tiritera. Io la penso proprio così. Inoltre,forse non bisognerebbe parlare in temini di elettori, partiti, battaglie… qui stiamo parlando di cittadini e dei loro bisogni. Qui stiamo parlando di persone di destra, sinistra, centro, 5stelle, italiani, immigrati etc. con bimbi da mandare a scuola. La suora non è il massimo? Lo so anche io, ma quando hai finito permessi, ferie, malattie e sei solo in una città, ti vanno bene anche le suore. Buona giornata a tutti.
Certo che quando non hai alternativa ti fai andare bene anche le suore. Il problema infatti è proprio quello: si costringe gente non cattolica a mandare i figli in istituti d’ispirazione confessionale ed ecclesiastica perché non c’è alternativa (pagando pure!). Basta mettersi nei panni di una famiglia ebraica, cristiana valdese, atea, musulmana, indù (tutte religioni e confessioni presenti nel territorio nazionale) per capire quale tipo di violenza si debba subire. Non è mica un caso che la Federazione Italiana Scuole Materne, che si becca quasi tutto il milione di euro comunale, si guardi bene dal dire chiaramente che i suoi istituti sono confessionali. L’informazione è semplicemente sottaciuta, lo scopri se vai sul loro sito e leggi il loro statuto, ma mica ci tengono che si sappia, altrimenti la contraddizione salterebbe agli occhi, i paraventi cadrebbero, l’inghippo risulterebbe evidente a chiunque.
Ciao, parlare di cose così complesse tramite un blog è davvero faticoso, almeno per me. Inoltre, ci vorrebbe tanto tempo che, banalmente, non ho. Se discuterete di questo referendum in un luogo pubblico verrò volentieri ad ascoltarvi. Buona serata.
Ottimo. Così tornerò a leggere Internazionale:mi ero un pò stancato perché a parte gli ottimi reportage fotografici,gli articoli mancavano di mordente da un annetto a oggi.poi i piagnistei della Sanchez non……io sto con Gianni Minà
Intanto WWM = W WuMing! Vabbe come presentazione fa un po schifo, scusate.
Intanto n.2 : sono uno di quelli che alle ultime elezioni ha votato grillo perché schifato dal l’ennesima campagna elettorale inutile del PD ma redento dalle vostre argomentazioni. Grazie!
Abitiamo in una provincia piccola limitrofe a Milano, per cui pendolari e alle prese con l’iscrizione della figlia alla scuola materna.
Nell’ausilo vicino ai nonni non c’è posto, nemmeno vicino a casa nostra: ci è stato risposto che se dovessimo metterci in lista d’attesa perderemmo automaticamente il posto e finiremmo in qualche paese sperduto … O in una mangiatoia… Oppure dobbiamo rivolgerci ad una scuola materna privata, e al posto di 100 euri mensili + benzina per i nonni dovremmo pagarne ancora 100 per il privato… Mi pare che ci sia veramente qualche problema nella gestione scolastica. Grazie di cuore!
Il PD cittadino ha annunciato un “tour” per sostenere l’opzione B del referendum
http://corrieredibologna.corriere.it/bologna/notizie/politica/2013/3-aprile-2013/merola-donini-tour-referendum-private-212464777547.shtml