Sabato 6 aprile, al Teatrino degli illusi di Bologna, Funambolique & Wu Ming in “Arzèstula Free Form Live”.
Arzèstula è un racconto scritto da Wu Ming 1 nel 2008, parte dell’antologia di racconti Anatra all’arancia meccanica (Einaudi, 2011).
Nel corso degli anni è stato tradotto in diverse lingue, persino in coreano.
Prodigi della globalizzazione: oggi a Seul qualcuno sa che in ferrarese «cinciallegra» si dice arzèstula (ma in questi giorni avrà ben altro a cui pensare).
I Funambolique sono una band di «theatre jazz». Vivono e suonano in un angolo d’Italia che un tempo era parte della Küstenland Austroungarica. Dal racconto di Wu Ming 1 hanno tratto prima un disco omonimo (Arzèstula, 2011), poi, con l’autore, questo reading/concerto, dove strumenti e narrazione vociferante improvvisano insieme.
Non c’è luogo più adatto del Teatrino degli Illusi per ospitare questo spettacolo di illusionismo, un vero trompe l’œil musical-letterario.
Sabato 6 Aprile 2013 ore 19.30, a cura di SGOE e Modo Infoshop. Ingresso libero.
Visualizzazione ingrandita della mappa
In vista della serata, riproponiamo su Radio Giap Rebelde tre brani dal live di Codroipo dell’estate scorsa:
MOJ BRUCO (IL DIVORATORE AMERICANO DI BASILIANO) – 9’54”
MOJ BRUCO (IL DIVORATORE AMERICANO DI BASILIANO)
AI FASCISTI NEMMENO UN PANINO – 4’37
AI FASCISTI NEMMENO UN PANINO
Omaggio al Canzoniere delle Lame, maggiori dettagli qui.
RICORDI D’INFANZIA (DIALOGO TRA DUE FERRARESI) – 6’14”
RICORDI D’INFANZIA (DIALOGO TRA DUE FERRARESI)
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Il 20 marzo scorso, a Bologna, in un’aula della facoltà di Lettere (via Zamboni 38) abbiamo presentato Amianto. Una storia operaia di Alberto Prunetti, libro del quale ci siamo occupati a fondo.
Con l’autore e WM1 c’erano Massimo Vaggi, scrittore e avvocato civilista, redattore della rivista “Letteraria”, collaboratore della FIOM, esperto di cause per morti da amianto) e Babe, un compagno del collettivo Bartleby che – dall’intervento si capisce – è ingegnere.
L’evento era, appunto, organizzato da Bartleby, che al momento è uno spazio sociale senza uno spazio fisico.
Presentazione di Amianto, Bologna, 20 marzo 2013
Ecco l’audio dell’incontro. Dura un’ora e quarantadue minuti. L’intervento introduttivo di Babe è un po’ distorto, poi si sente tutto bene. Per scaricare il file, cliccare sulla freccia puntata verso il basso.
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E a proposito di Bartleby…
«Nel 1853 usciva Bartleby lo scrivano di Herman Melville, un breve, elusivo racconto che da quel momento non avrebbe smesso di irretire, affascinare, illuminare e sfidare i suoi lettori e i suoi interpreti, da Borges a Perec, da Celati a Vila-Matas, da Agamben a Calvino. Perché con il racconto di Melville nasceva uno dei personaggi più inafferrabili e al tempo stesso più potenti della moderna tradizione narrativa occidentale, destinato ad assumere la forza di risonanza, la trasversalità storica di un mito: grumo inespugnabile, figura della sottrazione o della resistenza, cifra negativa del linguaggio e del silenzio, rappresentazione dell’impossibilità della scrittura o della stessa negazione del mondo, pura presenza, ma comunque capace di insediarsi nel nostro orizzonte per farne vacillare gli automatismi e le certezze.»
A centosessant’anni dalla pubblicazione, mercoledì 13 marzo 2013 i Docenti Preoccupati organizzano una giornata di discussione intorno al racconto di Melville e alla “lunga storia dell’ombra di Bartleby sulle letterature contemporanee”, a cui interverranno Ermanno Cavazzoni, Daniele Giglioli, Bruno Giorgini , Christian Raimo, Wu Ming 4, il collettivo Bartleby, Federico Bertoni, Monica Dall’Asta, Maurizio Matteuzzi, Donata Meneghelli.
Da “Il Fatto Quotidiano”: Bartleby, aula stracolma per i Docenti Preoccupati
Ecco la playlist coi video di tutti gli interventi:
Se volete andare direttamente all’intervento di Wu Ming 4, che dura 18 minuti, cliccate qui. Buon ascolto.
Riguardo alla presentazione bolognese di “Amianto, una storia operaia” lascio la scaletta dei minuti sul registrato:
_Intro Babe: 0.0-4′ 00”
_Prunetti: 4′ 00”-19′ 20”
_Wu Ming 1: 23′ 48” – 41′ 46”
_Vaggi: 41’36”-59′-30”
_Prunetti: 59′ 30”- 1h 2′ 41”
_Babe: 1h 4′ 13” e poi principia il dibattito…
Ho sbobinato alcune parole di Wu Ming 1, pronunciate durante la presentazione bolognese, a proposito della guerra tra poveri fomentata in chiave generazionale. Lo trascrivo qui sotto perché è una cosa che mi sta a cuore, perché questo soffiare sul fuoco della guerra tra poveri, contro i pensionati e i bidelli “garantiti”, che si sente dai comizi di Grillo fino ai discorsi sul tram, mi sta veramente facendo venire l’orchite. Ecco le parole di Wu Ming 1, da qualche parte nell’audio…
«Questo libro traccia una genealogia della precarietà. Alberto ha accennato al fatto che la generazione metalmeccanica, la generazione degli operai di cui faceva parte suo padre è stata la prima che è stata colpita da queste misure di precarizzazione, la finta partita iva. Il punto è che quelli erano solo la prima linea che ha sostenuto lo scontro soccombendo, perché oggi quello che loro hanno subito come esperimento pioneristico permea tutta la società e oggi la precarietà è ovunque. Alberto spesso racconta la sua vita di precario facendo questa operazione, di stabilire parallelismi tra il lavoro che faceva suo padre (e come lo faceva) e i lavori che tocca fare a lui (e come li fa). E allora lì si vede che comunque suo padre beneficiava (quelli sì che erano benefici, non quelli pensionistici per l’esposizione all’amianto) di alcune conquiste sociali ottenute con duri cicli di lotte che si sono susseguite nel corso dei decenni, per cui aveva dei diritti sociali acquisiti… che lui non ha. Non può neanche scioperare, perché non fa parte di nessuna categoria… è la precarietà che colpisce tutti, che ha segmentizzato e atomizzato il mondo del lavoro… per cui tu non hai più dei compagni di lavoro, hai dei fantasmi che ti passano di fianco… magari fai un lavoro interinale, per cui per trenta giorni stai con della gente, poi te ne vai e stai con dell’altra, hai una frammentazione dell’esistenza che ha portato la medicina del lavoro, soprattutto quella tedesca, a coniare negli ultimi anni il nome di una nuova sindrome, che si chiama “amarezza cronica post-traumatica da lavoro”, che è la malattia del precario, è la depressione specifica del precario che ha dei problemi di adattamento perché deve cambiare ogni volta tipologia, luogo di lavoro, colleghi… non può fare alcun ragionamento di investimento a lungo termine, non ha una base su cui appoggiarsi esistenzialmente, non ha dei diritti, non può farsi valere collettivamente, non può far nulla… e mi fa ridere perché ci sono alcuni, anche critici letterari, che hanno detto che questa è una generazione senza trauma.. la precarietà è un trauma durissimo e lo dimostra il fatto che esiste questa sindrome che viene studiata non a caso in Germania, che a volte viene descritta un po’ come il Bengodi dei lavoratori… non è vero, perché anche là c’è una precarietà spinta, la locomotiva “Germania” macina anche a precarietà e non è un caso che la medicina del lavoro abbia proprio lì individuato questa sindrome… però non avevamo bisogno di loro per accorgerci che siamo circondati da gente che si ritrova senza arte né parte, che è depressa, che è svuotata, che è sfiancata dalla precarietà, ed è questa che Girolamo De Michele, in una conversazione che avevamo avuto su Giap a partire proprio da “Amianto”, aveva chiamato “l’anima precaria”, è questa precarietà dell’anima… ecco, qual è allora la cifra interessante di Amianto su questo? Che non è un libro che racconta la precarietà da dentro “l’amarezza cronica post-tramautica”… il problema di molte narrazioni della precarietà, di molti romanzi o racconti sui precari usciti negli ultimi anni è che si crogiolavano dentro la depressione raccontando aneddoti minuti di umiliazioni quotidiane senza mai contestualizzare, senza mai dare una profondità… da dove viene questa precarietà? Sembra quasi un agente atmosferico in alcuni libri… una cosa che c’è caduta tra capo e collo e non sappiamo bene perché… perché manca la consapevolezza storica di come nasce questa precarietà… nasce dalla sconfitta delle generazioni proletarie precedenti, dall’erosione, che è stata abbastanza veloce, in realtà, delle conquiste che loro avevano ottenuto tramite le lotte… e Amianto fa questo: stabilisce una genealogia storica della precarietà e facendo questo riesce a disinnescare uno dei discorsi – come diceva prima Alberto – più vili e perniciosi degli ultimi anni, quello che inquadra il problema della precarietà dentro un’angusta cornice generazionale, per cui fa la guerra tra poveri e mette magari il precario under 30 contro suo padre perché suo padre ha il lavoro a tempo indeterminato e quindi “lui è un garantito” e “tu sei uno sfigato”… allora ti dicono che tu non devi combattere contro i padroni, contro il capitale, contro le leggi che hanno distrutto i tuoi diritti ma te la devi prendere con tuo padre, con tuo zio, perché sono “garantiti”… quando poi oggi nessuno è garantito, con le aziende che chiudono, i licenziamenti, migliaia di ore di cassa integrazione, esternalizzazioni, delocalizzazioni delle ditte anche quando gli stabilimenti funzionano bene e sono in attivo… nessuno è garantito… però ci sono stati vent’anni in cui sembrava che il nemico dei precari fosse l’operaio o addirittura il pensionato… si è fomentato una guerra tra poveri spaventosa, inquadrando scorrettamente il problema in chiave generazionale… secondo me ogni chiave generazionale è una chiave reazionaria… Amianto fa vedere che la precarietà di Alberto, il figlio, è una sconfitta durissima di Renato, il padre… e quindi si crea una solidarietà, un’empatia tra le due generazioni, tra lo spettro del padre e il figlio precario… e quindi ti fa vedere che la guerra tra poveri è sempre una truffa.. sempre… e la guerra tra generazioni, soprattutto nel mondo del lavoro, è quella che ha permesso a molti discorsi di merda di passare negli ultimi anni… una truffa nella quale sono cascati anche ambienti di movimento, che Amianto secondo me contribuisce a svelare.»
“il problema di molte narrazioni della precarietà, di molti romanzi o racconti sui precari usciti negli ultimi anni è che si crogiolavano dentro la depressione raccontando aneddoti minuti di umiliazioni quotidiane senza mai contestualizzare, senza mai dare una profondità… da dove viene questa precarietà? Sembra quasi un agente atmosferico in alcuni libri… una cosa che c’è caduta tra capo e collo e non sappiamo bene perché… perché manca la consapevolezza storica di come nasce questa precarietà”
Ecco il punto nevralgico. Sempre lui. Qui su Giap la storicizzazione è una delle parole chiave e quando la si accosta al tema della precarietà e della narrazione della precarietà a me non può non venire in mente il film di Ken Loach “Paul, Mick e gli altri”. Siccome le narrazioni contestualizzate e contestualizzanti (vedi “Amianto” di Alberto) sono sempre in minoranza rispetto a quelle autoreferenziali che guardano alla precarietà solo dal di dentro, mi sembra ancora utile consigliarne la visione. Io l’ho sempre trovata spietatamente illuminante.
[…] è passato attraverso questo cancro. Vi lascio un paio di link, per approfondire il tema. La registrazione di una presentazione di Amianto a Bologna, a Lettere, con Wu Ming 1 e Massimo Vaggi della Fiom e una mia intervista a […]
Audio | Wu Ming 1 intervistato su Arzèstula Free Form Live alla trasmissione “Humus” di Radio Città del Capo, 4 aprile 2013, in studio Piero Santi.
Intervista a Wu Ming 1 – 21′ 32″
N.B. Al terzo minuto c’è un attimo di “buco” (fedelmente riprodotto com’è andato in onda), ma subito tutto riprende.
Grazie per l’incredibile partecipazione ieri sera ad Arzèstula Free Form Live! Abbiamo più-che-stipato il Teatrino degli Illusi in un orario inconsueto per un sabato bolognese. Bell’esperimento e interessante precedente, grande serata. Grazie a SGOE e Modo Infoshop, grazie ovviamente al Teatrino, e grazie ai fonici che si sono sbattuti per rendere tutti i “colori” della musica funamboliqua.
Venerdì sera saremo a Mogliano Veneto (TV), alla Filanda Motta:
http://www.filandamotta.com/news.php
Volevo segnalare a chiunque fosse interessato che sabato sera a Roma, a Communia (via dei Peligni 3, San Lorenzo), ci sarà un reading dal romanzo Q.
Qui l’evento Facebook: http://on.fb.me/ZQYA7f
Communia (http://bit.ly/ZQYoEU) è il nuovo spazio sociale nato a Roma da un’iniziativa del collettivo romano di RivoltailDebito, e che riprende il nome dal motto di Thomas Müntzer tanto caro a tutte e tutti le/i giapster.
Un progetto volto a restituire al quartiere uno spazio pubblico sottraendolo alla speculazione e aprendolo a servizi di mutuo soccorso e solidarietà sociale rivolti al quartiere. Perché tutte le cose sono di tutt*!
Se qualcuno si trovasse a passare per Roma, è il/la benvenuto/a! E scusate lo spam.