Su Internazionale c’è il nostro ultimo articolo sul referendum bolognese del 26 maggio. Con questo chiudiamo il trittico pre-voto. Buona lettura.
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Abbiamo scritto molto intorno a questo referendum, abbiamo cercato di sviscerare ogni questione sul piatto, eppure mi sembra che il problema fondamentale rimanga uno.
Le scuole cattoliche dell’infanzia di Bologna hanno come “referente obbligato dell’opera educativa” una Carta Formativa firmata dal cardinale Carlo Caffarra.
I genitori che vogliono iscrivere i figli alle scuole cattoliche dell’infanzia di Bologna devono sottoscrivere tale CF.
Tale CF – di cui riporto qui sotto gli stralci più significativi – costituisce un filtro di tipo confessionale all’ingresso.
Vista l’importanza sociale, economica ed educativa che ha ormai acquisito la scuola dell’infanzia, il comune di Bologna dovrebbe fare in modo che la scelta di iscrivere i figli a una scuola dell’infanzia confessionale sia una scelta libera e non obtorto collo. Pertanto, il comune di Bologna non dovrebbe finanziare con i soldi di tutti una scuola che non è per tutti, ma richiede di sottoscrivere una “Magna Charta” di tipo confessionale.
Io sono credente, eppure i miei figli non seguono l’ora di religione nella scuola pubblica e mi troverei molto a disagio se obbligato a firmare una carta con i seguenti principi:
– “in Cristo tutto ciò che è vero, buono, bello è custodito, promosso ed elevato. Pertanto, in linea di principio nessun bambino deve essere rifiutato, per nessuna ragione.”
– “L’azione educativa consiste nell’introdurre il bambino nella realtà, interpretata nella luce della Tradizione ecclesiale. La realtà, fatta di cose e persone, è opera di Dio creatore che vi ha inscritto un senso.”
– “La celebrazione delle feste della fede è elemento costitutivo della crescita del bambino.”
– “La natura e l’identità ecclesiale della Scuola cattolica richiede una stretta connessione con la Chiesa locale”
– “È compito del Parroco nel cui luogo è situata la Scuola vigilare perché ne sia custodita l’identità ecclesiale.”
– “Nessuna domanda di iscrizione deve essere rifiutata per ragioni religiose, a causa dello stato civile del genitore, o per altra ragione, se egli sottoscrive sia la Carta formativa sia il progetto educativo.”
– “Oltre le necessarie qualità professionali esigite dalle leggi civili, l’insegnante dovrà: a) possedere una solida conoscenza della visione cristiana dell’uomo e della dottrina della fede; b) accogliere con docile ossequio dell’intelligenza e della volontà l’insegnamento del Magistero della Chiesa: c) vivere un’esemplare vita cristiana.”
– “Momento privilegiato per favorire un rapporto reale e sostanziale della Scuola colla parrocchia, è la condivisione dei momenti particolarmente significativi propri di ogni comunità parrocchiale, quali feste, celebrazioni particolari, iniziative benefiche.”
– “Se la scuola è frequentata da bambini non di religione cattolica, e si ritiene che una particolare iniziativa possa violare il diritto alla libertà religiosa dei genitori e quindi del bambino, si risolva la questione sempre attraverso un dialogo chiaro con essi. In ogni caso, l’identità ecclesiale della Scuola va comunque salvaguardata.”
-“Si inizi sempre la giornata scolastica con la preghiera.”
http://www.caffarra.it/cartaformativa2009.php
Ciao Wu
Sono un vostro lettore “storico” dai tempi della prima edizione di Q per capirci.
Ho deciso di scrivervi dopo aver letto il vostro pezzo sul Manifesto in riferimento alle note vicende del Referendum bolognese.
Vorrei segnalarvi la mia storia, non per convincere nessuno, ma solo per avere uno sguardo un pò meno manicheo che spesso ci rapisce tutti.
Io sono padre di 2 bimbe che frequentano le squole Waldorf (in italia chamate Steineriane, in riferimento al fondatore Rudolf Steiner).
Abbiamo scelto questo indirizzo pedagogico per 2 motivi nonostante qualche contro che tuttavia sulla bilancia hanno pesato meno rispetto ai pro.
Ci interessa molto il sistema educativo Waldorf che riteniamo migliore del sistema “tradizionale autoritario” (pubblico e privato).
Mia moglie olandese viene da una famiglia di 4 fratelli e sorelle tutti Steineriani, sebbene famiglia monoreddito di padre operaio.
In Olanda non c’è la suddivisione pubblico/privato le scuole sono tutte pubbliche anche quelle private che vengono finanziate dallo stato in base al reddito familiare.
Chi è “povero” può mandare i figli alle scuole “dei ricchi” e lo stato copre tutta o parzialmente la retta.
Questa politica viene da una storica battaglia degli anni 20 per cui ognuno è libero di scegliere l’indirizzo formativo per i propri figli (laico, religioso cattolico, protestante, Waldorf, popolarissimo in Olanda) a prescidere dal reddito, la famiglia sceglie e lo Stato assicura questa scelta. Anche per non crare nelle scuole-ghetto per ricchi e ghetti per poveri.
Abbiamo esempi di madri separate che possono mandare i propri figli alle scuole Waldorf pagando somme bassissime, scuole che in italia non potrebbero mai permettersi.Rimandendone secondo me penalizzate da uno stato che non garantisce una libertà di scelta.
La nostra vicenda italiana ovviamente è totalmente diversa.
Noi siamo una famiglia normale con redditi normali che fa enormi sacrifici e vi assicuro che sono enormi, per mandare le proprie figlie in queste scuole.
Nonostante l’aiuto della scuola che per chi ha necessità è disposta a tagliare considerevolmente le quote.
Noi paghiamo attualmente il 30% in meno di quella che sarebbe la retta-standard, proprio perchè la Scuola Waldorf è una associazione non lucrativa e autofinanziata da genitori e liberi donatori.
Vi racconto questa vicenda perchè è emblematica dello scontro ideologico che ormai ha avvolto questo tema e che ci ha fatto perdere d’occhio le motivazioni di base ovvero la giusta educazione e la scelta dei genitori per i propri figli.
Un paio d’anni fa la scuola Waldorf aveva avuto dal Municipio la disponibilità all’uso di alcune aule della scuola pubblica del quartiere, aule dismesse e abbandonate.
Molti genitori si sono adoperati per ripristinare le aule, dipingere, aggiustare bagni e illuminazione fatiscenti, abbiamo lavorato noi, Nonostante fuori dalla scuola ci fosse il costante assedio di “genitori antagonisti” ovvero truppe cammellate di Rifondazione e aree limitrofe che volantinavano contro di noi accusandoci di rubare la scuola pubblica per fare le scuole dei ricchi, dipingendoci come quelli che portano i figli a scuola col SUV (posso assicurare che nessun genitore che conosco ha il SUV, alcuni, molto Steinerianamente non hanno neanche la TV a casa).
Faccio notare che quelle aule al Municipio furono regolarmente pagate con un contratto di locazione con una cospicua somma versata come caparra.
Dopo settimane di lavoro il giorno della apertura per far vedere le aule terminate ai genitori ed ai bimbi abbiamo trovato un sit-in organizzato dai suddetti antagonisti con manifesti sui muri e fare minaccioso che ha convinto tutti a lasciar perdere la festicciola.
Alla fine le aule non sono state prese il denaro fu riconsegnato, ma i lavori delle aule rimesse a nuovo A NOSTRE SPESE non sono stati rimborsati, a mò di beffa quelle aule sono ancora inutilizzate, ma agli antagonisti non pare interessare più di tanto. La cosa importante era che “i ricchi” non prendessero il loro spazio.
tutto ciò lo trovo indice di uno ottuso ideologismo che porta parti di opinione pubblica a fronteggiarne altre senza un reale motivo (faccio presente che anche io fino a quella vicenda ero un elettore di Rifondazione COmunista), indicando come ricchi persone come me e come tanti altri genitori solo perchè hanno fatto una scelta diversa dalla loro.
Io non sono ricco e farmi accusare dal classico “avvocato comunista” molto più ricco di me con 2 macchine 2 motorini e 3 iphone di speculare sulla scuola pubblica, che io pago con le mie tesse senza usufruirne lo trovo scandaloso. Inviterei tutti a ragionare con un criterio diverso dal dogma degli alibi ideologici, si vuole la scuola pubblica o si vogliono gli insegnanti dipendenti pubblici e quindi non licenziabili?
Nella nostra scuola maestri e maestre sono TUTTI assunti con contratto di lavoro a tempo indeterminato, su scelta degli stessi genitori che si impegnano anche personalmente per finanziare la scuola con attività e iniziative, o svolgendo personalmente piccoli lavori di manutenzione. Io questo lo trovo molto più solidale e pubblico della scuola pubblica dove ben pochi si impegnano per migliorarla fattivamente e dove come da tradizione italiana essendo di tutti non è di nessuno quindi via alle devastazioni ed ai vandalismi anche se non voglio generalizzare e molte scuole pubbliche funzionano benissimo segno che non conta la natura giuridica, ma la voglia delle persone che ci sono dietro.
Le scuole private non sono tutte uguali, quindi vi pregherei di non mettere tutti nel calderone equiparandoci alle scuole cattoliche cielline. Grazie
Scusate la lungaggine un saluto e buona fortuna
Qui però la situazione è piuttosto diversa.
A Bologna, su 27 scuole dell’infanzia parificate, 26 sono cattoliche.
Il comune non riesce a garantire la scuola pubblica dell’infanzia a tutti i cittadini. Quindi finanzia con un milione di euro le scuole private parificate e le propone in alternativa a chi non trova posto nelle pubbliche. Ma è un’alternativa farlocca, perché quelle scuole hanno un doppio filtro all’ingresso: la retta e la Carta Formativa di Caffarra. Tant’è che molti bambini rimangono fuori comunque, anche se le parificate avrebbero posto, proprio perché vengono esclusi da quei filtri.
Io in un sistema del genere non ci vedo nulla di “integrato” e l’Olanda mi pare davvero molto lontana…
Ciao giaspo,
in linea di principio capisco il tuo ragionamento. Però mi dispiace, se la scuola da te scelta è la fatidica numero ’27’ sarebbe il caso che te ne facessi una ragione. Perchè, guarda caso, il soggetto che riceve i 26/27 dei finanziamenti, è il medesimo che intasca l’8xmille, non paga l’IMU, e un sacco di altre nefandezze nostrane.
Di nuovo, mi dispiace ma qua non è l’Olanda. Qua c’è un coccodrillo che se magna tutto lui.
Inoltre, vorrei che riflettessi un attimo sul concetto di sussidiarietà, che è quello con il quale, negli ultimi 30anni i cittadini sono via via stati espropriati di pressocchè tutti i beni pubblici e comuni.
E che oggi ci ha messo una volta per tutte col culo per terra.
L.
Luca e Wu2 io non conosco la situazione bolognese e assolutamente il mio intervento non era una perorazione pro o contra referendum. (Anche se personalmente io voterei per la scuola pubblica, viste le condizioni che citava Wu2)
Io facevo un discorso generale ad aprirsi anche ad esperienze “privatistiche” che hanno piena dignità morale ed etica ed a non accomunare tutti nel calderone dei “preti mangiasoldi e dei diplomifici un tanto al chilo”.
Nella nostra piccola esperienza possiamo testimoniare che la partecipazione attiva, cioè non limitata al solo sostegno economico, è determinante anche nella gestione della scuola pubblica.
Quando le mie figlie erano al nido pubblico (a Roma) per mesi la sabbiera e il giardino era “inagibile”, solo perchè si aspettava “qualcuno del comune” che venisse a pulire (a maestri e bidelli non è passato neanche per la mente di pulire loro, anche se no, non è un loro compito, ma meglio che aspettare l’intervento dall’alto e intanto tenere i bimbi chiusi dentro). Un sabato siamo andati io e un’altro papà e l’abbiamo pulito da soli in 3 ore.
In bocca al lupo per il referendum.
Ciao giasp001
mi pare che ti abbiano già risposto altri, quindi riprendo solo alcune cose.
Prima di tutto non capisco perché mi racconti un episodio con il quale né Wu Ming né il Comitato Articolo 33, né la battaglia referendaria bolognese, c’entrano un bel niente per ritirare fuori la questione dello “scontro ideologico che ci ha fatto perdere d’occhio le motivazioni di base”.
A me sembra che le motivazioni di base noi le teniamo ben ferme e le hanno riassunte Wu Ming 2 e Luca nelle loro risposte. In estrema sintesi: abbiamo un problema di bambini che restano fuori dalla scuola pubblica a fronte di un bel po’ di posti vacanti alla scuola paritaria privata. A quale dei due tipi di scuola è meglio dare i soldi pubblici?
Aggiungo che due giorni fa Bagnasco, in conferenza stampa, ha chiesto più fondi allo Stato per le scuole cattoliche, perché costano troppo alle famiglie, quindi bisogna che con le tasse di tutti si consenta ai fedeli di frequentare le loro scuole a un costo più basso. Se il principio che si vuole affermare è che la famiglia decide e lo Stato paga, magari con il buono-scuola, il voucher, be’, si fa presto a vedere dove si va a parare: privatizzazione dell’istruzione pubblica. Tra l’altro, come ricordavano altri, qui non siamo in Olanda, non abbiamo mai avuto una guerra di religione tra cattolici e protestanti, né fatto una rivoluzione borghese, e dulcis in fundo al governo abbiamo Comunione e Liberazione (proprio nei posti chiave del ministero dell’Istruzione).
E’ ovvio che le scuole paritarie private non sono frequentate soltanto da ricchi. A Bologna almeno la metà di quelle scuole ha rette abbordabili – magari facendo sacrifici – anche per famiglie a medio reddito. E anche la scuola steineriana di Bologna applica tariffe graduali in base al reddito, anche se non conosco le loro tariffe. Non ho niente in contrario né alle scuole cattoliche né a quelle steineriane né alle madrasse. Ma se vogliono rendere le loro rette più abbordabili per i meno abbienti, aumentino le rette del mio amico avvocato di sinistra col suv (ce n’è anche di quelli) e di Luca Carboni. Idem facciano le scuole confessionali, che dovrebbero insegnare proprio questo: dare ai poveri e ai bisognosi. Aumentino le rette ai calciatori del Bologna e ai parenti di Casini e abbassino quelle degli altri. Chiedano alla Curia il milione di euro che adesso versa il Comune, cioè un ente che con l’8 per mille riceve denaro da chi vuole darglielo, e che è il primo proprietario immobiliare bolognese, esente da IMU.
Quanto alla partecipazione attiva nella gestione scolastica, io sono d’accordissimo con te, credi che qua a Bologna non si faccia? I genitori aiutano la scuola pubblica con lotterie di fine anno, festicciole, oboli “volontari”, mercatini degli abiti e dei giocattoli usati, e organizzando squadre di genitori che puliscano le vetrate (dato che pare siano escluse dal contratto con l’impresa di pulizie). Vedi bene che tutto il mondo è paese…
Le scuole private non saranno tutte uguali come metodo educativo ed indirizzo, certo. Ma tutte dovrebbero, secondo la Costituzione, sostenersi con i propri soldi e non con quelli dello Stato.
A me personalmente non va di finanziare né i ciellini né gli steineriani, nonostante gli amici entusiasti che ci mandano i figli e raccontano di tutte ste cose fighissime e strabilianti che fanno i bambini (disegno e pittura con le tecniche più svariate, costruzioni con cubetti di legno, giochi all’aperto, attività tipo cucina ecc.) e che sono poi le stesse che fa anche mio nipote alla scuola materna pubblica a gratis, col vantaggio che non gli cagano il cazzo se a casa guarda i cartoni. Tra l’altro pagano una retta esorbitante anche in confronto alle scuole cattoliche (parlo del mio comune, magari a Bologna è diverso) considerando che investimenti in tecnologia non ne fanno perché sono contro e i genitori partecipano alle pulizie e lavori vari…
Ciao Giaspo, la scuola steineriana ha tutto il mio rispetto, ma una scuola è pubblica, egualitaria e ha dei principi che vanno bene per tutti oppure è privata allora esclude in base al reddito, al culto, all’ideologia.. Dire che ‘in Olanda le scuole sono tutte pubbliche anche quelle private che vengono finanziate dallo stato’ è una contraddizione, è il sistema integrato che sostiene Merola. L’Olanda da paese di eccellenza in fatto di tolleranza si trova oggi a dirimere conflitti religiosi ed etnici. Ci sono le scuole cattoliche di bambini biondi con gli occhi azzurri e le scuole di Bijlmar dove ci sono solo bambini neri. Se invece di finanziare scuole religiose avessero finanziato una scuola pubblica fondata sul multiculturalismo le cose andrebbero diversamente oggi?
Ciao Giorgia, conosco molto bene l’olanda e ti posso dire che ciò che affermi è parziamente impreciso, non per malafede ma per informazioni magari mediate male.
Tu citi Bijlmer che è un quartiere problematico di Amsterdam ma ce ne sono anche altri a Rotterdam e Den Haag sorpattutto.
Tuttavia dovessimo fare un ipotetico sondaggio sulla scuola olandese la stragrande maggioranza è contentissima del sistema vigente, mai sentito uno lamentarsene (anni luce rispetto a quella italiana, romana almeno) posso dirti inoltre, che si fanno molti esperimenti culturali in merito, Si è preferito intorno agli anni 70 tenere separate le culture (addirittura c’erano scuole pubbliche con classi per bimbi protestanti e per bimbi cattolici, si tenevano separati bimbi che vivevano nel circondario della scuola da quelli che vivevano un pò più lontano e che avrebbero avuto più possibilità di fare tardi la mattina, creando disagi agli altri compagni, per capire il livello.
Alla fine degli anni 80 si è capito che quel sistema creava autoghettizzazione etnica (cioè tutti gli etiopi andavano a viveve nello stesso quartiere, cosi i marocchini e turchi) indonesiani e surinamesi non sono considerati “stranieri” in quanto gia integrati dal decenni come ex colonie.
I comuni hanno avviato un sistema “integrato” casa-scuola, quindi non dedicato esclusivamente alle scuole.
Le case popolari (che sono per la maggior parte di proprietà dei comuni) venivano assegnate con criterio diffuso. Non venivano messe vicine 2/3 famiglie marocchine,somale eccetera.
Per non creare quartieri-ghetto, infatti adesso potresti trovare una famigila di 8 figli afghana che abita nel centro di Utrecht accanto ad una coppia di anziani olandesi e ad una di giapponesi. Cosa che da molto fastidio a Wilders per esempio. Infatti lui è contrario a questo sistema, paradossalmente contraria è anche un settore della sinistra che lamenta lo “sradicamento” dalla comunità.
Le scuole di conseguenza sono molto più multietniche di quanto non sembri, poi certo se vai in zone molto residenziali trovi classi bianche, se vai nelle periferie trovi classi nere, ma ti assicuro che il livello di insegnamento è assolutamente uguale.
Io trovo molto più interessante che il bambino del figlio del manager che paga 400 euro al mese per la scuola steineriana di Rotterdam, possa andare in classe col figlio somalo del venditore di patatine che ci va gratis.
ciao
Giaspo, l’esempio che tu riporti va bene solo per la scuola steineriana, perchè nella scuola cattolica ci vanno solo i cattolici, non l’afghano, il somalo o il marocchino. La scuola dell’infanzia comunale bolognese ha radici che affondano a cento anni fa. (cit. “l’amministrazione con il programma «in ogni scuola deve esserci un asilo», dai due del 1914 costituisce al 1920, 52 asili o giardini d’infanzia , introducendo il metodo di Maria Montessori e registrando duemila bambini iscritti e 50 maestre che vi lavorano con personale di servizio, medici scolastici, refezione calda, giardinetti e ampi spazi per il gioco. Gli asili sono aperti ai bambini di ogni provenienza, un atto di uguaglianza e di parità che il comune riconosce a tutti nel campo dell’istruzione.”) Già da cinquanta anni fa la scuola dell’infanzia era incentrata sul bambino, sul suo sviluppo e sulla piena crescita dell’individuo NON solo un luogo dove tenerlo al sicuro mentre i genitori erano al lavoro. Una scuola di eccellenza. Perchè oggi privarla ulteriormente delle poche risorse rimaste per finanziare scuole sulle quali il Comune non ha nemmeno un coordinamento o una supervisione pedagogica?
E’ da diversi decenni che il volontariato supplisce alle mancanze della funzione pubblica nonostante sulla carta lo stato garantisca i servizi pubblici, scuola e sanità in primis.
Seppur involontariamente (forse) questa prassi deresponsabilizza le istituzioni e grava di conseguenza sulla cittadinanza e sul singolo.
In questo caso non gioirei del fatto che volenterosi genitori si prestino a restaurare classi o fornire l’istituto con materiali che per natura dovrebbero già essere presenti nelle scuole, tutte, vedi carta igienica etc…
La scuola, dall’anno ZERO alle superiori, dovrebbe essere senza oneri ulteriori per le “famiglie”, è una questione di civiltà, perché la comunità intera dovrebbe aver interesse a che queste funzionino in maniera egualitaria, garantendo pari opportunità a insegnamento a tutti coloro che anagraficamente ne hanno dititto.
Se dunque è obbligatoria, come da costituzione e leggi, i genitori per primi dovrebbero rinunciare a mandare i figli in istituti inadeguati e denunciare le istituzioni per omissioni d’atti d’ufficio.
Se lo facessero tutti queste non avrebbero scelta: far funzionare il tutto come si deve.
Si potrebbe obiettare che lo stato (qui) è quello che è e bla… bla… bla… invece sono convinto che di fronte all’unità d’intenti della cittadinanza le istituzioni si troverebbero costrette ad adempiere al loro compito.
Il volontariato è accarezzato scientemente dal sistema, ne trae vantaggio, gli si cavano le castagne dal fuoco a gratis, ecco perché lo pubblicizza e finanzia e ricopre di lodi, in qualsiasi settore, manco fossimo in continua emergenza, nella quale è necessario un impegno collettivo, vedi cataclismi e terremoti (ci mancherebbe non spendersi!).
La carità pelosa della nobiltà ha preso man mano quella della grande e poi piccola borghesia, della classe media e piano piano arriverà a prendere quella del proletariato, che così non capirà mai di cosa è stato privato nel corso dei secoli.
Infine… basta con la lotta alla povertà, è la ricchezza che va combattuta, perché genera miseria e cancella l’unico obiettivo che dovrebbe porsi una comunità: il benessere, che per sua natura è la somma di ricchezza e povertà.
Un saluto.
Pur concordando con quasi tutto il tuo intervento, c’è secondo me un errore, che è proprio evidenziato dalla situazione del referendum:
>> Se lo facessero tutti queste non avrebbero scelta: far funzionare il tutto come si deve.
Ahimé stiamo vedendo che le istituzioni prendono tranquillamente direzioni completamente divergenti dalla cittadinanza, e anzi la risposta alla denuncia dei cittadini spesso è la chiusura dell’ente pubblico con la scusa che “non funziona e non si riesce a garantire”.
Si trasferiscono i fondi al privato, si peggiorano le condizioni e magari si coinvolgono i cittadini in una campagna referendaria a favore del privato, con la scusa che “in confronto a com’era il pubblico, che faceva talmente schifo che l’hanno denunciato…”. E purtroppo spesso la campagna riesce.
Insomma, è un male che si aggrava da sè, purtroppo: diverso sarebbe forse se i cittadini iniziassero a denunciare le storture e le inadeguatezze dei privati che offrono i servizi equivalenti, iniziando a pretendere anche da questi lo stesso livello di servizio che si chiederebbe allo stato. Invece col privato si chiude più di un occhio, si appoggia l’opzione “privatizzante” sostenuta dal sindaco, e si continua a lamentarsi della retta troppo alta.
Mi piacerebbe molto che la realtà fosse diversa, purtroppo la reazione alla denuncia dei cittadini, in concreto, è sempre di tagli e privatizzazioni. Magari appoggiate da quella parte di cittadinanza che dai tagli non è toccata, se non indirettamente.
Se volete un altro caso del genere, mense ESU a Padova (http://bit.ly/14Y1U5y): è da tempo che riducono il personale, spostando il carico di lavoro sugli studenti delle 150 ore, chiudono, peggiorano il servizio. Alla fine aprono una mensa convenzionata privata per sopperire, aumentano le tariffe, tagliano i posti. Le borse di studio non vengono pagate, e la regione incentiva il prestito d’onore.
Insomma, la denuncia del disservizio da sola fa più che altro danni: è la lotta per il ripristino del servizio pubblico che può portare risultati, e deve necessariamente passare dalla mobilitazione. La legalità da sola non basta: una mensa fatiscente si chiude, si fa aprire una mensa alla CDO svendendo le strutture della mensa pubblica appena chiusa, e tutto torna perfettamente a norma.
Premesso che non sono di Bologna, e me ne rammarico perché non potrò votare il referendum a favore della scuola pubblica, era palese che intendevo la forza numerica come condizione irrinunciabile per imporre cambiamenti.
Ovvio che c’è chi rema contro perché il peso non lo sente, anela a una separazione classista dei propri pargoli, spera così pure di falciare probabili concorrenti sul cammino della vita dei propri eredi etc… basta solo verificare se si tratti di maggioranza o minoranza, nel qual caso non ci sarebbe storia, a meno che anche chi non ha possibilità s’illuda, con disattenzione o sacrifici, d’entrare nel club dei privilegiati.
Purtroppo credo sia maggioranza, se non a Bologna nel paese di sicuro.
Il referendum potrebbe innescare una marcia indietro del comune, e me lo auguro, ma sono convinto che una disobbedienza civile maggioritaria, giustificata dall’inadeguatezza degli istituti, avrebbe più successo su scala nazionale.
E’ un po’ come la TAV, se non ci fosse l’illusoria speranza di nuovi posti di lavoro per tanta gente, una maggioranza plebiscitaria non avrebbe permesso neanche di progettarla, tutti sanno che sono soldi buttati, ma va da sé che i valsusini sono stati di nuovo lasciati soli, come sempre, proprio perché minoranza, nonostante le sbandierate opposizioni politiche, che percepiscono evidentemente questa realtà, altrimenti oltre che cavalcare l’onda avrebbero fatto qualcosa in merito.
Le denunce disattese sono sempre quelle delle minoranze… storicamente.
Anche Linkesta endorsa la B: la scelta è tra Buonsenso e statalismo…
http://www.linkiesta.it/bologna-asili?utm_source=dlvr.it&utm_medium=tweetpolitica