Post estivo “leggero” (si fa per dire) su Internazionale, imbeccato dalle battute su Cecile Kyenge e dalle relative reazioni… con salto indietro di due anni.
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“…che i sedicenti democratici si rendano conto di essere ormai il principale ostacolo politico alla rinascita di una sinistra che possa dirsi tale…”
Uhm… scusate ma questa mi sembra proprio una sciocchezza. La reponsabilità politica di una mancata rinascita di una sinistra degna di questo nome non può essere attribuita al PD neppure “pour parler”. Semmai, a chi per anni ha giocato di sponda prima con l’Ulivo, poi col PD; e che magari continua ad allearcisi e ad amministrare insieme.
La legge Turco-Napolitano, il pacchetto Treu, gli interventi militari ecc. sono realtà storiche. E’ acclarato ormai da anni che il “centrosinistra” catto-liberaldemocratico ha abbandonato tutti i terreni propri della sinistra per candidarsi a diventare il nuovo polo politico ufficiale delle classi dominanti. E della Lega come “costola della sinistra” parlava già D’Alema più di dieci anni fa! Per non parlare della rincorsa al populismo di destra sui temi della sicurezza e dell’immigrazione.
Questa affermazione è in aperta contraddizione con tutto quello che si dice nel resto dell’articolo!
bhè in realtà secondo me non è in contraddizione col resto dell’articolo.
Basti pensare a quante persone sedicenti democratiche (che credono di essere di sinistra) votino per il PD. Perché essere di sinistra è diventato l’equivalente di essere anti-berlusconiani, perché (come dice l’articolo) il PD ha sistematicamente espulso l’elemento di classe dal discorso politico. E anche perché ha sistematicamente criminalizzato di fronte all’opinione pubblica chi si faceva portatore di istanze radicali.
Che poi ci sia una scarsa (anzi ridicola) offerta elettorale a sinistra del PD è vero. Ma finché ci sarà il PD – con SEL che gli va dietro- è difficile costruire una vera alternativa di sinistra (in parlamento).
Dopo mesi di lettura stavolta mi sento tirato in causa e commento anche io. Da questo stralcio, però
“Basti pensare a quante persone sedicenti democratiche (che credono di essere di sinistra) votino per il PD. Perché essere di sinistra è diventato l’equivalente di essere anti-berlusconiani, perché (come dice l’articolo) il PD ha sistematicamente espulso l’elemento di classe dal discorso politico.”
A parte la stizza che mi lascia rientrare dentro “chi crede di essere di sinistra”, posso confermare che per molti giovani effettivamente la seconda frase del periodo è vera. Sul terzo punto invece avrei da dissentire per ragioni personali, ma forse sono solo vittima di un lavaggio del cervello (non scherzo).
Infine
“E anche perché ha sistematicamente criminalizzato di fronte all’opinione pubblica chi si faceva portatore di istanze radicali.”
Se permetti, io le istanze radicali le rigetto anche senza che me lo dica il PD. Anzi, a me non sembra nemmeno che il PD abbia mai criminalizzato nulla, semplicemente ignorava la cosa o al massimo andava di “terrazzismo snob” (cito Andrea Disegni, un fumettaro con più occhio di molti scribacchini secondo me) che sfociava in nulla.
Sull’articolo dei Wu Ming che dire, hanno semplicemente ragione. Tranne sull’ostacolo alla creazione di nuovi partiti di sinistra (o almeno, scusate la parolaccia, di centro-sinistra. Magari un giorno avremo di che discutere su quanta sinistra ci serve, questo è forse l’articolo sbagliato).
“Anzi, a me non sembra nemmeno che il PD abbia mai criminalizzato nulla”
Mi sa che ti sei perso qualche migliaio di puntate. Suggerisco di iniziare il corso di aggiornamento con qualche dispensa sulla Val di Susa e sul ruolo di personaggi come Stefano Esposito. Suggerisco di cominciare da lì solo perché è il contesto in cui spicca con maggior chiarezza il ruolo del PD come partito della repressione (e dell’allarme-terrorismo agitato strumentalmente). Dopodiché, puoi muoverti in qualunque direzione geografica e temporale: esempi di criminalizzazione delle lotte ne troverai tantissimi, anche senza che ti imbecchiamo.
Il resto del tuo commento non mi è chiarissimo, però. Diciamo che come esordio da commentatore, potevi essere un po’ meno criptico…
Ahimé, non avevo pensato a questo genere di criminalizzazioni. Sul campo della criminalizzazione delle lotte temo appunto di essere vittima del “lavaggio del cervello”, perché per me è l’abuso del termine”lotta” che è sbagliato. Solo che io lo faccio per un mio intrinseco “moderatismo”, e pensavo che il PD lo facesse per lo stesso motivo; ma dopo avere letto certe storie (anche su Giap!) capisco che il PD ha passato il moderatismo per entrare nella demenza o peggio nella malignità.
“Il resto del tuo commento non mi è chiarissimo, però”
Immagino. È che è una questione assai delicata e le idee sono confuse.
Scusami, ma io non lo capisco, il senso di questo tuo commento.
Non sei d’accordo sul fatto che il PD sia il vero problema, perché secondo te il vero problema è… chi si allea col PD.
Scusa, ma mi sembra un’obiezione non soltanto bizantina e inutile, ma anche illogica. Trattasi con tutta evidenza di un paralogismo, cioè hai preso la premessa maggiore del ragionamento e l’hai scambiata di posto con la minore. Ricostruisco il ragionamento:
Il PD non ha niente di sinistra, è una stampella del sistema ed è sempre vissuto in simbiosi con Berlusconi. Grazie all’esistenza di quest’ultimo poteva spacciarsi per il “male minore”, mentre era parte dello stesso male che aveva prodotto Berlusconi. Tant’è che adesso ci governa assieme.
Chi a sinistra si è alleato con il PD o ha votato/fqtto votare il PD non ha fatto che alimentare l’equivoco sul “male minore” e sulla collocazione “a sinistra” del PD, rendendosi (anche quando in buona fede) parte del problema.
Ergo: bisogna prescindere dal PD, smettere di considerarlo “meno peggio” di qualcos’altro, descriverlo e trattarlo per quel che è.
Ecco, se il ragionamento è questo, non puoi scambiare la premessa minore, che evidenzia un problema di subalternità (o “codismo”, se vogliamo usare un vecchio termine), con la maggiore, che evidenzia un problema di ordine superiore (l’esistenza dell’equivoco che rende possibile il codismo). Non puoi considerare il problema che sta a valle come più importante di quello che sta a monte.
Ti sei perso un “semmai” per strada ;-)
Gli ostacoli alla rinascita di una sinistra “che possa dirsi tale” sono innumerevoli. Ho solo detto che se ci si ferma a quelli strettamente politici, non sono affatto d’accordo che la presenza del PD rappresenti il “principale” ostacolo.
Sarò limitato io, ma non capisco proprio cosa c’entri il paralogismo. Il fatto che tu assuma, nel tuo ragionamento, una condizione come “premessa maggiore” e un’altra come “premessa minore”, è un problema tuo, non mio! :-D
Qui si tratta di affermazioni empiriche, non logiche. Quale sia la “premessa maggiore” e quale la “premessa minore”, o se abbia senso parlare di premesse maggiori e minori tout court, non lo si può stabilire per forza di puro ragionamento; è relativo al peso che ciascuno da ai vari fattori in gioco. E’ il frutto di un giudizio, di una valutazione empirica. ed è a questo livello, non a livello di coerenza logica, che le nostre posizioni divergono.
Io non accetto a priori che il codismo o la subordinazione di certe forze politiche al centrosinistra sia la *conseguenza* di un equivoco. Penso invece che si tratti di un *fattore concorrente* e *indipendente*, che quell’equivoco ha contribuito a mantenerlo. E se relegare questo fattore al ruolo di premessa minore significa dire “se non ci fosse stato l’equivoco non ci sarebbe stato il codismo”, per me è come se mi dicessi: se mio nonno avesse avuto le ruote…
Non ci sono state, infatti, ripetute occasioni di rendersi conto di questo “equivoco”? Non è esattamente questo che dici tu stesso, e che dice con chiarezza l’articolo?
Consideriamo che il progetto politico alla base del PD è stato *da subito* un progetto dichiaratamente centrista. E tutto quello che era venuto prima in termini di governi di centrosinistra dimostrava già a sufficienza dove certi soggetti volessero andare a parare.
Al contrario, chi ha indugiato – o indugia tuttora – nel codismo, o nel gioco di sponda, o nella reiterazione compulsiva degli errori del passato l’ha fatto e lo fa appellandosi agli ideali e ai simboli della sinistra… quindi o parliamo di persone davvero poco accorte, o di soggetti con responsabilità, a conti fatti, ben maggiori. (Stiamo parlando di direzioni politiche, sia chiaro.)
Personalmente, infatti, trovo assai più deprecabile chi si fa vanto del proprio essere “comunista” e poi fa da sponda a certe porcherie, rispetto a chi, da “democratico” (leggi: liberale di sinistra) certe cose le promuove direttamente. In fondo, quale dei due è maggiormente responsabile del fatto di tenere in piedi l’equivoco? Quale dei due è più… ipocrita?
Dire che il PD è il principale ostacolo alla rinascita di una vera sinistra *come la intendiamo noi* non ha proprio nessun senso, per il semplice fatto che da quella idea di sinistra il PD e i suoi fondatori si sono distaccati da mo’. Per cui il problema che secondo te starebbe “a monte”, per me proprio non esiste!
L’equivoco, se di “equivoco” ha senso parlare, è nei nostri occhi, non nella realtà. E, paradossalmente, quella conclusione – un vero pugno sui denti – non fa altro che riproporlo per l’ennesima volta!
ehi ehi, se parli con toio del bar sport, ti dira’ che grillo ha ragione, che la destra e la sinistra sono uguali, e ti portera’ come esempio una qualunque delle porcate fatte dal pds-ds-pd negli ultimi 20 anni. nel discorso della gente comune, sinistra=pd. questo equivoco e’ stato alimentato per 20 anni dal pd e dai suoi predecessori, perche’ per quel personale politico era indispensabile ricevere i voti degli elettori di sinistra, sia sedicenti di sinistra, sia *effettivamente* di sinistra. in 20 anni, a furia di far ingollare merda alla propria base elettorale di sinistra (che c’era!), il pd ha ottenuto il seguente risultato: ha convinto una parte di quella base a spostarsi di fatto su posizioni di destra, causando crisi di identita’, esaurimenti nervosi, attacchi di panico e quant’altro a persone anche in gamba; e ha creato una crisi di rigetto nel complementare di quella parte della sua base, che si e’ riversata sul M5S. in altre parole, la responsabilita’ storica del pd e’ stata quella di aver fatto diventare vera a livello di personale politico – e quindi di percezione tra la gente poco acculturata – la tesi qualunquista che “rossi e neri so’ tutti uguali”. questo rende ora difficilissimo in italia ricostruire una sinistra di qualunque tipo, perche’ la stessa parola “sinistra” e’ stata svuotata di significato, distorta, resa irriconoscibile…. come era accaduto con la parola “socialismo” ai tempi di craxi.
e vaglielo a spiegare a toio del bar sport, il paradosso di quadruppani. good luck, my little commie.
p.s. esistono ancora, lo so per esperienza diretta, persone di sinistra che votano pd. mi ricordano moose malloy in “farewell my darling” di chandler: se fosse sopravvissuto, avrebbe perdonato alla sua velma anche le tre pallottole che gli aveva ficcato in corpo.
-voglio la mia velma.
– com’e’ questa velma? come la trovo?
– e’ bella…. bella come un paio di mutandine di pizzo…
pero’ il pd non e’ bello come un paio di mutandine di pizzo. il pd e’ e’ piu’ brutto delle mie mutande con l’elastico fiappo comprate alla lidl per 1-euro-e-99.
@ Little Commie Craig
Ragionando così, si rischia di dire che il problema dei problemi è… Ferrero. Oppure… Diliberto.
Se così fosse, non ci sarebbe più da preoccuparsi, visto che i suddetti appaiono fuori dai giochi, e ormai da qualche anno.
Mi sembra di guardare Orazi e Curiazi correre in un ditale da cucito…
Se il problema è l’esistenza di un equivoco organizzato, ragionando materialisticamente (anzi, matericamente!) mi sembra che quello rappresentato dal PD sia quello più grosso. E’ un partito di massa che prende milioni di voti, e non possono essere tutti voti di stronzi.
Il fatto che l’esistenza del PD non sia un equivoco *per te*, cioè per il militante di un’organizzazione marxista, non significa che non sia un equivoco per le masse.
Ferrero e Diliberto non possono essere il problema dei problemi perché sono sempre stati abbastanza inesistenti.
A pelle, il primo commento di Little Commie Craig mi sembra giusto, però forse c’è una questione di pesi che è fondamentale.
Mi spiego: dieci, quindici anni fa non avrei avuto dubbi: PRC è stato, *dal mio punto di vista*, un male molto maggiore del PDS/DS, perché questi attiravano per lo più forze già spente in partenza, mentre quello ha intercettato, per quasi tutta la sua esistenza, molte energie vitali creative genuinamente di sinistra. Per dire, D’Alema i danni li ha fatti con le leggi infami che ha fatto e con quelle che con altrettanta infamia si è astenuto dal fare; ma sul campo delle idee, i danni di Bertinotti & Co. sono immensamente più gravi.
Oggi, anche per una mia minore partecipazione diretta ai movimenti, non saprei davvero dire quanto SEL sia presente; nella misura in cui lo è, è senz’altro un male.
” E’ un partito di massa che prende milioni di voti, e non possono essere tutti voti di stronzi.”
Tutti no. Solo la maggioranza.
Su, questa è un’idiozia.
Più che altro voleva essere una battuta sarcastica.
In ogni caso concordo con @Little Commie Craig: anch’io non capisco come si possa vedere nel PD un *equivoco*. Anche a me sembra sia stato sempre tutto sommato coerente nel cercare i voti dei cosiddetti *moderati*, che altro non sono che voti di *centro-destra*.
Dunque non capisco per quale motivo non dovrei pensare che la maggioranza di chi ha votato PD sia fondamentalmente una maggioranza di *centro-destra*.
@loser, io invece non riesco a non vedere l’ostacolo che il PD pone alla nascita di un vero partito di sinistra: prova a ipotizzare un nuovo partito di sinistra che cerca di farsi strada, con il concetto ormai sdoganato (proprio dalla governance del PD, in buona parte) del “voto utile” non avrebbe nessuna speranza di ottenere voti sufficienti perché questi verrebbero assorbiti dalla corazzata PD, unico partito di “sinistra” che potrebbe avere i numeri per governare. L’unica alternativa sembra entrare in coalizione con il PD, costringendo a una deriva centrista o a un rifiuto in quanto radicali. Proprio da un punto di vista fisico, prima ancora che filosofico o idealista, il PD è un deterrente alla nascita di partiti di sinistra. Inoltre, come fatto notare sopra, hanno svuotato il concetto di “sinistra” in italia, rendendolo una posizione perdente in partenza.
Io è da tempo che lo dico, anche movimenti come Occupy PD, o posizioni di rottura come i vari Civati, Serracchiani e Puppato mi convincono poco e li vedrei meglio fuori dalla carcassa putrescente che rappresenta l’attuale PD, ma fuori cosa c’è? per ora niente, fuorché la puzza della suddetta carcassa.
Il “male minore” è stato un equivoco per milioni di persone che di destra non sono – lavoratori, gente che si è sbattuta politicamente, attivisti di comitati di cittadini, persone che fanno volontariato, che sostengono cause antirazziste etc.
Il “voto utile” è stato il principale volano di tale equivoco.
Il PD è stato la messa-in-partito del voto utile quindi è l’equivoco organizzato par excellence, perché è la massa gravitazionale del PD ad avere prodotto l’aggregato mostruoso noto come “centrosinistra”.
Se tutto questo non lo capite da soli, non starò a rispiegarvelo. Continuate pure a crogiolarvi nel sentirvi migliori degli altri all’interno della vostra nicchia, quella dove tutti avevano già capito tutto, e magari a pensare che il mondo coincida con gli scazzi e le scissioni tra partitini e correntine dell’estrema sinistra.
@loser, permettimi di non essere d’accordo, e di portare un esempio. I miei genitori, nati nel 48, immigrati a Milano nel 69, sono sempre stati e sono ancora persone con una mentalità di sinistra: hanno idee molto chiare per esempio sulla questione migranti, sulla scuola pubblica, sul precariato, sulla TAV.
Quando si tratta di elezioni però, finiscono sempre a votare il buon vecchio PD. La loro partecipazione politica (non sono mai stati “attivisti”) è ridotta alla farsa delle primarie PD – in cui votano quasi sempre il candidato “laico” o “più a sinistra” – e ai vari turni elettorali.
La cosa che mi colpisce di più è il loro rapporto sempre meno razionale alla politica parlamentare e ai risultati elettorali. Ho potuto osservare, da dieci anni a questa parte in cui non vivo più con loro, una degenerazione verso un manicheismo con tinte da tifo sportivo per i candidati PD. Per me discutere con loro di politica è sempre costruttivo e piacevole, finché non si tratta di partiti e di elezioni. Lì tutto va in corto circuito, e compaiono frasi del tipo “Prodi era comunque meglio di Berlusconi”, “Bersani è una brava persona sono contento di votarlo”, “ma se non voti pd, non vorrai mica votare Grillo” etc.etc.
Credo che casi come questi siano molto comuni nella loro generazione (penso ai genitori di mia moglie o a quelli di alcuni amici), e – a mio avviso – sono esemplari di questa totale perdita di orizzonte politico. Un lavaggio del cervello che ha trasformato la dialettica partitica in un affrontamento tra opposte tifoserie. Di questo credo che il PD sia molto responsabile, e per questo credo che il PD stesso faccia grande ostruzione alla nascita di un movimento davvero di sinistra.
@wuMing, il tempo di scrivere il mio commento, e ho visto il tuo, che spiega perfettamente quello che ho voluto supportare con un esempio :-)
Temo di non essere stato chiaro, io sono d’accordissimo con wu ming, la prima cosa da fare è riconoscere il problema, il “name the shame”, se non si tolgono queste narrazioni fallate, questi concetti artificiosi su cui si basa il Pd, come il voto utile o quella strana forma di antiberlusconismo “da dentro”, si resta in un limbo di confusioni e mali minori. Gli elettori vanno a votare con questi concetti in testa e bisogna farne piazza pulita.
Dico appunto che dal mio punto di vista lo sforzo delle varie correnti (Civati, Renzi, etc.) è indirizzato a mantenere il PD, magari rinnovarlo, ma mantenendo questa architettura di concetti che invece sono da rimuovere e preferirei che questi sforzi fossero spesi verso il fuori.
Forse non sono stato compreso (anche a causa della doppia negazione evitabile a inizio post?) e me ne rammarico, anche per il post al vetriolo di Wu Ming 1 successivo al mio.
@notchosen, il post “al vetriolo” era per @loser, vincitore del premio “Giapster che ha scritto la stronzata più arrogante nella storia del blog”.
Credo che da qualche parte in questa diramazione ci sia stata confusione tra votare PD e militare, riconoscersi, attivarsi.
Che fra gli elettori del PD ci siano un sacco di compagn* interessanti è fuor di dubbio; ma chi si avvicina un po’ di più, di solito o scappa via per la puzza o, se resta, è perché la puzza gli piace.
Non è invece sempre così per ciò che fa da sponda a sinistra del PD, che spesso ha una maggiore capacità mimetica, riuscendo quindi a inquinare molte realtà interessanti con il proprio apporto.
Più sopra citavo il PRC; la prima cosa che associo al PRC (a SEL, etc.) è la realpolitik come arma di sedazione dei conflitti, l’azione di appiattimento sistematico delle lotte per inquadrarle in un modus operandi accettabile, il volare basso come stile di vita.
Oggettivamente, questo non è imputabile al PD odierno se non, forse, in realtà locali in cui c’è ancora un embrione di lotta poco radicalizzata, e in cui quindi in PD può ancora avere qualcosa da dire senza essere ridicolizzato prima ancora di aprir bocca.
Il potere normalizzatore e repressivo del PD si esprime nel concreto del potere statale (e locale) e nei salotti televisivi, ma il PD ha da tempo perso la capacità di ammazzare le istanze di sinistra da dentro.
@Wu Ming1:
“@loser, vincitore del premio “Giapster che ha scritto la stronzata più arrogante nella storia del blog”.”
Addirittura?
@inogniriga:
“Che fra gli elettori del PD ci siano un sacco di compagn* interessanti è fuor di dubbio; ma chi si avvicina un po’ di più, di solito o scappa via per la puzza o, se resta, è perché la puzza gli piace.”
Ecco, sono d’accordo.
Chissà cosa vincerò ora :-)
Vedo che molti commenti si sono soffermati su questa affermazione contenuta nell’ultimo paragrafo: “che i sedicenti democratici si rendano conto di essere ormai il principale ostacolo politico alla rinascita di una sinistra che possa dirsi tale”. In effetti credo che questo sia l’architrave dell’intero ragionamento. Così come qualche tempo fa in un altro vostro intervento tifavate rivolta nel Movimento 5 Stelle. Questo perché, sintetizzo, anche quel movimento sarebbe un ostacolo alla rinascita di una sinistra che possa dirsi tale.
In realtà la sinistra non rinasce perché non esiste da decenni un pensiero alternativo radicale. Non esiste un progetto di società che ponga in discussione le fondamenta del modello capitalista – borghese dominante. Non esiste nessun tipo di alternativa realistica. Ma neanche velleitaria e irrealistica a ben guardare. Le lotte No Tav, non si sono collocate all’interno di una visione politica organica. Infatti il loro unico referente politico è il Movimento 5 Stelle, che inserisce questa lotta nella dicotomia consolatoria cittadini – casta.
In questo vuoto ideale, se domani sparisse il PD probabilmente avremmo un M5S più grande (e magari il trionfo del progetto totalitario di Grillo – Casaleggio). Se non ci fosse neanche il M5S avremmo forse un movimento di destra radicale, tipo Forza Nuova che ne prende il posto. La sinistra è assente come idea, prima di tutto. E questa idea non si genera magicamente se spariscono gl altri.
Quindi, se grazie al PD non abbiamo il trionfo del progetto totalitario di Grillo & Casaleggio, ma grazie al progetto totalitario di Grillo & Casaleggio non abbiamo un movimento fascista di massa… No, aspetta, mi sono perso! :-/
A parte la scarsa coerenza dello scenario che descrivi, io davvero invito a smetterla con l’horror vacui, con la paura che si aprano nuovi spazi. Esorto ad alzare lo sguardo, perché alzandolo lo si allarga. Basta con l’italiettocentrismo. Ci rtendiamo conto o no che stanno nascendo movimenti radicali in tutto il pianeta? L’assenza di discorsi, strategie e prassi alternative a quelle del piccolo cabotaggio politicista è un’assenza prodotta ad arte e alimentata proprio dal frame italocentrico. Se rinunciamo a quest’ultimo, se guardiamo oltre le punte dei nostri nasi abituati a sniffare merda, vedremo che una rigenerata idea di sinistra sta influenzando lotte per ogni dove (o meglio, le lotte stanno dando forma a una rigenerata idea di sinistra).
In Italia la situazione non cambierebbe “magicamente” dopo la rimozione del PD e di quella falsa alternativa che è il M5S, ma una cosa è certa: niente cambierà mai se non spazzeremo via gli equivoci, i diversivi, i “mali minori” che in realtà minori non sono, perché sono in perfetta simbiosi coi mali “maggiori”. In Grecia stanno messi male, ma almeno il Pasok l’hanno annientato, e l’hanno annientato con le lotte, e da quell’annientamento è cresciuta Syriza, che ha mille limiti e difetti, ma è innegabilmente meglio del PD che governa con Berlusconi.
“In Italia la situazione non cambierebbe ‘magicamente’ dopo la rimozione del PD e di quella falsa alternativa che è il M5S, ma una cosa è certa: niente cambierà mai se non spazzeremo via gli equivoci, i diversivi, i ‘mali minori’ che in realtà minori non sono, perché sono in perfetta simbiosi coi mali ‘maggiori’.”
E infatti… proprio perché il senso dell’articolo, in fondo, è questo, la conclusione secondo cui il PD sarebbe il principale ostacolo alla rinascita della sinistra è così poco perspicua, e contraddice anzi tutto il resto!
Il PD campa su questa retorica del male minore – anche se ci camperà sempre meno, visto il modo in cui si sta sputtanando. Fatto sta che non si può pretendere che sia *il PD* a rimuovere questo equivoco. Segherebbe il ramo su cui sta seduto!
La rimozione dell’equivoco spetta quindi a chi questo equivoco lo vede o dovrebbe vederlo, ma o non lo vede o fa finta di non vederlo. E che, a forza di non vedere o di far finta di non vedere, ha finito per tagliarsi le palle, perdendo iscritti, voti, radicamento nella società.
Cavolo, ci sono pezzi di sinistra partitica che ancora sperano nella spaccatura del PD per rifondare, con l’ala sinistra in uscita, il fronte socialdemocratico! Il che, tradotto nell’ottica nostalgica (e miope) di alcuni, significherebbe… rifondare il vecchio PCI.
Per non parlare di quanto tempo c’è voluto – e di quante umiliazioni si sono dovute subire – perché altri pezzi arrivassero finalmente a rendersi conto che è ora di farla finita con la subordinazione al centrosinistra! Senza menzionare il fatto che a parole son tutti bravi; ma quando poi si tratta di ricavarne le estreme conseguenze e togliere il sostegno alle giunte degli enti locali… apriti cielo!
Proprio perché si tratta di guardare oltre il cortiletto italiettocentrico, sarebbe ora di chiudere una buona volta con gli opportunismi e di gettarsi nella ricostruzione di un’egemonia di sinistra nella società e nelle lotte. E non è certo il PD l’ostacolo affinché questo accada… ma piuttosto la subordinazione al PD e al governismo in cui si è di fatto cullata la sinistra radicale in questi anni.
Devo dire che continua a sembrarmi un’obiezione poco utile e poco cogente. La frase con cui ti dici d’accordo:
“niente cambierà mai se non spazzeremo via gli equivoci, i diversivi, i ‘mali minori’ che in realtà minori non sono, perché sono in perfetta simbiosi coi mali ‘maggiori’”
dice la stessa cosa della frase che contesti.
Se posso permettermi, credo di aver capito la posizione di Little Commie, o almeno tenterei una sintesi tra le due posizioni: ovviamente è innegabile la colpevolezza del PD nel bloccare la nascita di una nuova sinistra, ma non ci si può aspettare che sia il PD stesso a farsi da parte o a dire “beh, è vero, il centro-sinistra non esiste, siamo di destra pure noi”, a che pro dovrebbero farlo, se lo facessero sarebbe come il famoso paradosso del bugiardo che dice di mentire, rinnegherebbe se stesso.
Dunque secondo il compagno Commie la colpa sarebbe in parte da attribuire ai partiti che vorrebbero essere davvero di sinistra, perché spetterebbe a loro svelare l’inganno, e invece piuttosto si accodano al PD.
Riassumendo, dal PD ce lo si aspetta, per gli altri è meno perdonabile, anche se secondo me, aldilà dell’etica, le colpe del PD nella pratica sono molto maggiori.
Rispondo qui perché l’altro thread ormai è al 20esimo commento.
Ragioniamo in prospettiva. Poniamo che, in Italia, il consenso verso il PD arrivi ad un punto di rottura, sulla base del sostegno a governi “di larghe intese” votati a manovre lacrime e sangue; poniamo, cioè, che il PD faccia la fine del PASOK – visto che si è tirata in ballo la Grecia.
Da che cosa dipenderebbe, in questa eventualità (probabilmente remota, ma non si sa mai), il fatto che rabbia, dissenso e disillusione vengano raccolti *da sinistra*, in un modo simile a quanto accaduto in Grecia con Syriza? Dipenderà forse… dal PD? O dipenderà piuttosto dalla capacità, da parte delle forze di sinistra, di offrire un’alternativa credibile? E che cos’è che ostacola oggi la nascita di un’alternativa credibile di questo tipo? Il PD, forse? Oppure gli errori del passato, le divisioni, gli scazzi, il disorientamento generale che prevalgono a sinistra?
Quando poi dici, WM1: “Continuate pure a crogiolarvi nel sentirvi migliori degli altri all’interno della vostra nicchia, quella dove tutti avevano già capito tutto, e magari a pensare che il mondo coincida con gli scazzi e le scissioni tra partitini e correntine dell’estrema sinistra.” Beh, te lo dico: siamo sul limite dell’offesa esplicita. Perché si tratta di una semplificazione non tanto diversa da quella di chi dice che gli elettori del PD sono tutti deficienti.
Riporto un aneddoto, giusto per dare qualche elemento concreto su quali siano i motivi che mi portano a vedere in quel che resta della sinistra radicale partitica il vero tappo, il vero ostacolo da rimuovere, oggi, per rilanciare un vero progetto di sinistra. Un aneddoto fra i tanti possibili, ma a mio avviso molto significativo.
Alle ultime amministrative si votava nel mio comune d’origine, cittadina di 40.000 abitanti nel profondo Nordest. Feudo democristiano prima, leghista poi.
Il PD propone un candidato sindaco a vocazione renziana, diciamo. Giovane professionista, legato al mondo cattolico. Viene costruita una coalizione di liste che include: PD, SEL, una lista civica “civetta” (che si presenta come “giovane” e al di là degli schieramenti per catalizzare il voto grillino), una lista civica di trasfughi del centrodestra (principalmente ex-AN, di cui uno assessore con la precedente giunta PDL-Lega).
Il PD, come partito, al primo turno *perde voti* rispetto alle elezioni del 2008, circa 800. Questo, anche per avere magari un punto di vista meno esagerato sulla funzione di “tappo” che sarebbe svolta dal PD. Comunque, grazie all’appoggio delle altre liste (soprattutto della lista dei trasfughi) e all’appeal del candidato sindaco, la coalizione va al ballottaggio… e lo vince. Il candidato sindaco, fra parentesi, già al primo turno prende 2.000 voti in più rispetto alla coalizione.
E adesso viene il bello. Perché a queste elezioni si presenta una lista civica di sinistra, formata da iscritti al PdCI, ex di Rifondazione, alcuni giovani e qualche altro libero battitore (simpatizzanti del PCL ecc.).
Sono talmente settario, snob e convinto di sapere tutto, che per quel che mi è possibile, a distanza, a titolo individuale, do’ una mano tramite parenti e amici a raccogliere le firme per presentare la lista; mi tengo in contatto con i compagni (sebbene quello con cui sono in contatto più diretto sia del PdCI…!), li incontro e ci discuto quando ho occasione di salire in Veneto. Tutto questo perché, nonostante i numeri e le energie ridottissime, negli anni passati i pochissimi compagni e compagne attivi sul territorio hanno fatto comunque del loro meglio, impegnandosi, per quel che era possibile in un territorio particolarmente difficile, su tutta una serie di temi.
Mi sembra incoraggiante anche la scelta di muoversi indipendentemente, anche se il progetto politico non va al di là delle elezioni e non è del tutto chiaro su molti punti, a partire dal rapporto con la coalizione di centrosinistra. Tra me e me, però, penso: pazienza, non ci si libera dell’eredità di un passato di opportunismi e tradimenti in quattro e quattr’otto; ci vuole tempo, diamo fiducia a questo progetto.
I risultati del primo turno sono pessimi: circa 200 voti, intorno all’1%.
Ma qualche giorno prima del ballottaggio, ecco che mi arriva un messaggio dalla mailing list: al ballottaggio, la lista sosterrà il candidato di centrosinistra. Perché? Perché c’è la “speranza” di una rottura con il passato (parole testuali). Perché il candidato sindaco ha una formazione “orientata ai bisogni”…
Insomma: anziché prendere atto della sconfitta, riflettere sul perché e rilanciare un progetto autonomo e indipendente per il futuro, ci si attacca al carro del vincitore. Il tutto nella speranza, neppure troppo nascosta, di raccattare qualche briciola, entrare nelle istituzioni e da lì “ripartire”.
Nelle discussioni che avevo avuto dal vivo con i compagni, al contrario, ci si era trovati d’accordo sulla necessità di una nuova idea di sinistra, finalmente non subordinata al PD, capace di ricostruire un’egemonia nella società e nelle lotte, capace di contestare le politiche antipopolari a prescindere dal fatto che a portarle avanti sia cdx o csx… ma ecco che alla prova dei fatti prevale, ancora una volta, il vecchio modo di vedere le cose! Si svendono coerenza e libertà d’azione per il futuro in cambio del proverbiale piatto di lenticchie. E c’è da scommetterci che la scelta di sostegno al centrosinistra al ballottaggio non sia stata presa senza il consenso dei proverbiali “piani alti”.
Io quindi il tappo lo vedo lì. Poi è questione di prospettive; se qualcun altro pensa che il problema principale sia il PD, pazienza, non sarò certo io a convincerlo. Per quel che mi riguarda, continuerò a fare del mio meglio per lavorare, con la mia organizzazione, ad ogni valido tentativo che nasce a sinistra per ricostruire un fronte unitario d’intervento politico e sociale, basato su rivendicazioni “forti e chiare”. Nella convinzione che soltanto in presenza di qualcosa di simile le molte persone di sinistra che votano PD turandosi il naso avranno finalmente la possibilità di… sturarselo.
Sono d’accordo con Craig. È vero tutto, che il PD ha sedato le lotte, presentandosi come sinistra di governo, come unica alternativa alla destra, che per svolgere questo ruolo doveva mediare col centro catto-populista (ovvero svendere le posizioni di sinistra a questo centro), che oggi grazie al porcellum può appiattire tutto in funzione del voto utile. Ha potuto fare politiche di destra, liberiste, ecc. leggittimata dal voto utile, ma ha potuto farlo solo continuando a dirsi sinistra o centrosinistra. Questo però è stato reso possibile solo dalla leggittimazione datagli da Rifondazione! Nel ’94 aveva senso provare un’alleanza, non c’erano ancora i popolari nella coalizione e dall’altra parte c’era un Fini fresco di festaggiamenti dell’annversario della marcia su Roma e una Lega dal razzismo incontenuto. Ma la discussione e la conseguente scissione del ’95 sull’appoggio a Dini (al quale fra gli altri andò anche il voto di Vendola) era già sintomatica di codismo, così l’appoggio a Prodi. Il vero colpo però fu quello che accadde nel ’98 e a seguire: Rifondazione ebbe l’occasione d’oro di denunciare definitivamente il PD (allora DS) che inventava il precariato, che respingeva gli immigrati, che ammazzava la scuola pubblica e che andava a bombardare il Kossovo, poteva far rinascere una sinistra comunista autonoma e forte e invece? Prima Diliberto&co. vanno a fare la stampella di Prodi, poi la desistenza del 2001 e infine l’alleanza organica del 2006, coll’orribile tradimento dei movimenti, fiancheggiati da un decennio e poi dati in pasto a Mastella e Dini. In questo modo non solo uccise se stessa, uccise anche l’idea stessa di una sinistra oltre il PD, perché i movimenti la abbandonarono come traditrice e il PD la abbandonò come “estremista”. In questo modo chi voleva rimanere di sinitra si è rifugiato in un movimentismo sempre più antipartitico dando il là a Grillo per orchestrare l’annientamento dei moviemnti stessi, e a chi importava fermare Berlusconi si è buttato sul PD o alla meno peggio sull’elemento più a sinistra della coalizione del PD. Ma la maggior parte delle persone se ne è andata nell’astensionismo e nell’inattività: non nel PD perché di destra, non nel PRC perché o troppo moderato o perché insufficiente a battere Silvio.
In fine quindi la situazione attuale È colpa del PD, in quanto con la storia del voto utile (nata guarda caso nel 1998, dopo la caduta di Prodi) e la sua nullità culturale data dalla compresenza di pulsioni opposte ha bloccato la sinistra in un antiberlusconismo inutile e senza prospettiva. Ma è anche colpa di Rifondazione che ha prima leggittimato il PD come sinistra di governo, alleandocisi, e ha poi delegittimato la prospettiva di una sinistra diversa dal PD, con il suo codismo paralitico.
Qui nessuno sostiene che la colpa sia *solo* del PD e che il codismo non sia stato deleterio. “Male minore” e codismo vanno sempre insieme. La controversia, se così si può definire, è nata perché Craig non era d’accordo sulla nostra definizione del PD come “principale ostacolo” alla rinascita di una sinistra. Ho già cercato di spiegare, materialisticamente, cosa intendiamo con quell’espressione: è il principale ostacolo perché è il più grosso, a ogni tornata elettorale, che le cose gli vadano male, maluccio, bene o benino, riesce comunque ad abbindolare milioni e milioni di persone. Senz’altro una parte del suo voto gli deriva dall’esercizio di un potere sui territori, quindi è un voto mosso da cordate, burocrazie e clientele, ma c’è anche tanta gente di sinistra che si è lasciata convincere dal discorso del voto utile. E’ a una parte di quelle persone che il nostro post si rivolge. Da qui anche la scelta di alcune espressioni anziché altre, e di alcuni esempi anziché altri. Non è un post che predica ai convertiti, a chi certe cose sul PD le sa già.
Il senso del mio ragionamento – e della querelle che ne è venuta fuori – è questo: se ci sono persone di sinistra che votano PD perché restano vittime della logica del “male minore” è perché manca un’alternativa credibile e valida a sinistra. E la mancata nascita di questa benedetta alternativa non può essere attribuita al PD, che su questo equivoco anzi ci campa (e con ogni probabilità continuerà a camparci). Quindi non ha senso dire che il PD è il principale ostacolo alla rinascita della sinistra. Tutto qui. Per liquidare la cosa con una battuta: non ce la si può prendere con la merda perché puzza. Pensiamo piuttosto a come costruire appositi dispositivi anti-merda; e iniziamo, magari, a scaricare una volta per tutte chi per anni ci ha detto che con quella puzza ci si doveva convivere.
Mi sembra un articolo quanto mai opportuno, soprattutto per quanto diceva poi in un commento WM1 e cioè della persistenza di questo “horror vacui” della scomparsa del Pd che secondo alcuni farebbe da argine alle destre. Molta gente ragiona ancora così ed è questo un problema fondamentale. Stanno venendo però meno una dopo l’altra tutte le possibili obiezioni del menopeggio e del sempiterno “allora fate vincere Berlusconi”. Dopo anni che hanno rotto con questo disco scassato (mentre distruggevano il paese con Pacchetto Treu, Turco Napolitano etc.)ora hanno finalmente pure il loro bel governo politico assieme a Berlusconi. Non vedo cosa si debba aggiungere più dopo quanto è successo in Italia. Concordo anche sul ruolo delle lotte contro il PASOK: l’unica strada è questa, viceversa puntare direttamente sulla nascita di una Syriza italiana sarebbe, ed è, assolutamente fallimentare. Io gente come Esposito e De Luca, per dirne due di “democratici” zelanti repressori dei movimenti, vorrei che fossero spazzati via dalle lotte.
“Concordo anche sul ruolo delle lotte contro il PASOK: l’unica strada è questa, viceversa puntare direttamente sulla nascita di una Syriza italiana sarebbe, ed è, assolutamente fallimentare.”
Ma se non si costruisce una “Syriza italiana” o, meglio, una Sinistra italiana, come si può pretendere che le lotte pasokizzino il PD? E come si può sperare che il risultato di questo processo sia positivo per la sinistra? Non è una questione di temere cosa potrebbe prendere il posto del PD una volta che questo dovesse sparire, la questione è che siamo certi che qualunque cosa si insediasse al suo posto NON sarà di sinistra. A meno che non nasca PRIMA un movimento di sinistra esteso, generalizzato e con una ideologia (inteso come sistema di idee) sui problemi del presente e su come risolverli.
“Ma se non si costruisce una “Syriza italiana” o, meglio, una Sinistra italiana, come si può pretendere che le lotte pasokizzino il PD?”
Non saprei io rimango scettico riguardo i protagonisti della sinistra politica che abbiamo oggi in Italia: quale soggetto organizzato dei residui della vecchia sinistra radicale potrebbe mai costruire un partito del genere oggi? Manco tutti i pezzettini messi assieme. Ma soprattutto nessuno di questi soggetti è mai stato capace di fare conflitto sociale avendo piuttosto altri obiettivi tra cui menzionerei un ventennio di accordi locali e/o nazionali con il Pd. Che poi possano nascere altre forme di aggregazione dal basso, come dici tu “un movimento di sinistra esteso, generalizzato e con una ideologia (inteso come sistema di idee) sui problemi del presente e su come risolverli” allora le vedo alquanto diverse anche da Syriza e più simili ai movimenti stile Occupy presenti nel resto del mondo.
C’è un elemento del quale mi accorgo solo ora, vorrei evidenziarlo per capire se e dove mi sbaglio.
In questo articolo mi sembra che si parli del PD come una entità unica, coesa, coerente. Questo contrasta però con l’immagine del PD estremamente frammentato e in preda alle lotte di potere tra correnti (non so a Roma, solo voci, ma anche solo in un consiglio di Zona a Milano ho visto questo genere di lotte) che si è affermata soprattutto dalle elezioni di Febbraio.
Anche molti tra i simpatizzanti del PD (me incluso, prima di Febbraio – anche se votai SEL sperando in un ruolo di contrappeso “a sinistra”) c’è questa visione, nello specifico di una direzione alienata dal mondo, e che primeggia su un mare di correnti dal potere relativo (e messo a tacere in una spartizione di cariche). Insomma, più che del PD, non dovremmo oggi parlare della sua direzione?
Per dire, per me un Civati è diverso da un Renzi.
Finora la litigiosità interna del partito, che è costitutiva ed è fin dalla nascita (anzi, da prima) parte irrinunciabile della sua immagine, non gli ha mai impedito di procedere sempre nella stessa direzione, quella che descriviamo nel nostro articolo. In superficie il PD appare poco coeso, ma alla fine tout se tient. Per quanto rumorosi siano stati, gli scazzi sono sempre stati contese politicistiche, riguardavano riposizionamenti di correnti e lotte tra fazioni. Fazioni che poi hanno sempre trovato una formula di compromesso, di mediazione al ribasso, e insieme hanno preso decisioni coerenti col percorso pluriennale del partito, cioè un percorso di subalternità alla destra e pesante compromissione con poteri economici di varia natura. Nelle lotte interne al partito, l’esistente non è mai stato messo in discussione se non in modo vaghissimo, con qualche slogan “nuovista”, da parte della “faccia pulita” di turno, di solito un/a ragazzotto/a azzimato/a, una specie di yuppie pettinato con la riga da una parte, o uno che si mette in posa col sorriso simpatico, e magari fa un mestiere à la page. Scalfarotto, Serracchiani, Renzi, Civati… Ne abbiamo visti tanti oramai. Sul piano personale Civati può pure essere quello che fa meno schifo, ma in fin dei conti che ce ne frega? Il punto non è quello. Anche lui alimenta l’equivoco che per il PD si debba passarci per forza.
L’Apparato su facebook aveva definito Civati come “trotskista peluche”. E questo in effetti è. Andarci dietro vuol dire continuare a giocare nella stessa casetta animata come sappiamo.
“Anche lui alimenta l’equivoco che per il PD si debba passarci per forza.”. E la domanda è: perché, se lui è quello che fa meno schifo, continua a rimanerci?
Perché sono in fondo tutti uguali, lo vedi da quelli dei “giovani democratici” biliosi alla prima critica che a 18 anni fanno i brogli per diventare “responsabili regionali” e lo vedi nella “politica di palazzo”: quello che interessa non è stabilire una linea politica, quello che interessa ai piddini è farsi votare. Su quale programma poi lo decide il capo (o meglio: la corrente maggioritaria), ma intanto si è in poltrona. Non è un discorso da Grillo, è un discorso sulla natura di quel partito, non è nemmeno una critica, forse, è una constatazione, perché ho avuto compagni di scuola che sono là dentro che veramente han fatto brogli per diventare a 18 responsabili regionali di non ricordo manco più che cosa, è evidentemente una roba che gli insegnano da piccoli…
La funzione del pd è quella di andare in cerca del consenso generale e siccome il consenso generale è stato plasmato dal neoliberismo come da d’Alema e Berlusconi, la direzione del PD è quella assunta dal mercato. Non è che son solo intrinsecamente di destra (o meglio, lo sono sulla gestione appaltistica delle cose), lo sono anche per miopia, per stupidità. Ti trovi poi davanti a parenti che ti dicono “il problema è che siamo un paese di destra x cui abbiamo dovuto diluire le istanze”, il che tradotto vuol dire in sostanza: siamo dovuti correre dietro un elettorato che andava sempre più a destra diventando più di destra. Io qui rispondo sempre “contenti voi”.
Io Civati l’ho visto un paio di settimane fa, mentre contestando il primo anno di disastri portati avanti dalla giunta Doria a Genova (tra cui il tentato sgombero della Buridda e la gestione delle case popolari allucinante, l’appoggio matto e disperatissimo alla costruzione del TAV terzo valico, l’appoggio a tutte le tesi repressive della questura e quant’altro) ti accusava di non lasciarli parlare. Con una claque di vecchietti che avesse avuto delle bottiglie da lanciare a noi “contestatori” le avrebbe tranquillamente lanciate e che invece di gridare al fascista a Doria che ripeteva tranquillo “io la casa non lo vedo come un problema” (con una ragazza sotto sfratto che a quel punto s’è alzata e in silenzio gli ha messo in mano la lettera di sfratto e se n’è andata in lacrime) lo diceva a noi perché “non lo lasciavamo parlare”. Civati era silenzioso, la sua funzione non era quella di star lì, era quella di contestarci il giorno dopo su repubblica, riciclando le critiche con “certamente pensiamo sia un problema ma contestare così…” (pensi, contessa, addirittura delle urla…).
Purtroppo credo che l’ostacolo maggiore alla creazione di una sinistra sia il PD, però credo che un grosso ostacolo siano tutti quelli che c’hanno creduto in quella retorica e per i quali la risposta “non potevamo lasciare il paese COMPLETAMENTE nelle mani di berlusconi” è del tutto sensata siano un altro grosso ostacolo. Perché mentre il primo te lo trovi su Repubblica a urlare al black bloc e a favore della repressione i secondi sono quelli pronti a prenderti a pugni in faccia e a darti del fascista se difendi il corteo, e sinceramente non so chi sia meglio ma mentre i primi sono in pochi, potenti ma pochi, gli altri sono, purtroppo, tantissimi.
” E la domanda è: perché, se lui è quello che fa meno schifo, continua a rimanerci?”
È quello che gli chiedono quasi tutti sul suo blog e sulla sua pagina Facebook, mentre gli altri (me incluso) credono ancora in qualche modo nel PD (forse più per speranza astratta che per reale possibilità, o quantomeno questa sta diventando la mia idea). Finora non mi sembra che abbia risposto concretamente, o quantomeno con qualcosa che “resti in testa”.
Secondo me per ora non se ne esce. Non è solo per horror vacui, è proprio che numericamente ci sono troppe persone che voterebbero ancora PD solo perché non è Grillo e perché non è il Nano.
Credo che se il PD non si ammazza da solo (vedi: correnti, Renzi, Letta, Alfano, governissimo del rinvissimo – una cosa che nota perfino Civati stesso) ci vorrà comunque molto prima del suo canto del cigno, per ragioni puramente frizionali.
Oppure ci sarà l’apoteosi dell’astensionismo, vedremo. Ora come ora ripasso un po’ di teoria dei giochi…
Buona sera a tutti, intervengo su Giap per la prima volta.
A riprova che il PD non ha nulla (di Sinistra) da dire (e non lo ha mai avuto), alla Festa del PD di Carpi (MO) oggi è stato ospite Matteo Renzi, l’uomo nuovo del partito, il giovine, bla bla bla.
Per una questione di principio non sono andato ad assistere, sebbene la festa sia a cinque minuti di bicicletta da casa mia, ma ho seguito l’evento in streaming e già dopo dieci minuti hanno cominciato a calarmi le palpebre e arrivare alla fine è stata una lotta durissima.
Oh, in un’ora abbondante di discorso non ha detto UNA cosa di Sinistra, neanche la più semplice e banale! Nothing, nada, rien!
I soliti discorsi sul finanziamento ai partiti, sul congresso, sulla legge elettorale… i soliti discorsi ormai ossessivi che ho quasi lo sbocco quando li sento. I soliti discorsi auto-referenziali ad uso e consumo di chi non “mette la testa fuori dal vaso della Nutella” (frase storica della mia prof. di Italiano alle Superiori).
A giudicare da come ha trattato i vari temi del suo discorso, l’impressione che ho avuto è che una sua eventuale (se non certa) vittoria al prossimo giro elettorale porterebbe alla definitiva concretizzazione di quel partito dedito alle controriforme descritto nel post su Internazionale. Intendiamoci, non è che nel post avete esagerato a descrivere il PD, anzi, siete stati pure troppo teneri! :-) Molto semplicemente, con Renzi come guida cadrà anche la più debole apparenza, ogni maschera dietro la quale il partito si è rifugiato in questi anni.
Per usare un’espressione vecchia, abusata e fin troppo nota:- Come se tutto ciò che si è verificato in precedenza fosse stato solo un preludio a quel momento!-
Fai te che la settimana scorsa siamo andati a fare una piccola contestazione con qualche striscione e dei volantini contro il tav ad una festa del PD, quasi non ti veniva far altro che compatirli.
Da un lato c’era burlando, con la solita aria da genio inespresso che biascicava qualcosa su “ma che belli i brevetti sul sapere, che brava è finmeccanica, che belli gli f35, come ci piace un tunnel di 40 km nella serpentinite di polcevera”, dall’altro 15 vecchietti con l’aria di quelli che ne han viste più di chiunque altro che guardavano come avrebbero guardato una serie tv di rai 1 senza sottotitoli per non udenti. Viene davvero la depressione a veder ste cose… Salvo che poi ti rendi conto che lo stesso vecchietto non più tanto sveglio è quello che ti dà del fascista appena apri bocca contro “il segretario/il sindaco/sticazzi” e che burlando è quello che va in giro raccontando che in liguria piangiamo tutti se han definanziato il terzo valico e che festeggia a ogni vento repressivo che arrivi dalle procure..
Come descrivere il pd: un cuore di depressione dentro una croccante sfoglia di merda…
Beh, gli F35 sono utili, no? Compriamone una trentina e gli incendi saranno solo un ricordo! Una cosa simile l’ha detta uno del PD, o sbaglio? :-)
Ma il Pd ha perso già milioni di voti e un terzo degli iscritti, ma non c’è nessun soggetto politico di sinistra che abbia raccolto questi consensi. E secondo me non c’è perché non c’è un’idea forte di sinistra (radicale e alternativa). Vuoto evidente se pensiamo all’esperienza di “rivoluzione civile”. Quindi, piuttosto che sperare nella definitiva dissoluzione del PD bisognerebbe elaborare una proposta alternativa. Se il Pd sparisce non appare magicamente un partito di sinistra. Se invece ci fosse un soggetto di sinistra con un progetto forte, il PD si squaglierebbe in un giorno.
C’è un dettaglio che mi sfugge: dove lo abbiamo mai scritto che bisogna limitarsi a “sperare” nella dissoluzione del PD e che se questo succede “appare magicamente un partito di sinistra”? Perdona il vuoto di memoria…
“Se invece ci fosse un soggetto di sinistra con un progetto forte, il PD si squaglierebbe in un giorno.”
Magari fosse così semplice… la “tecnicizzazione dello smarrimento”, come è stata definita altrove, poggia su tutto un apparato mica da ridere! Dal legame organico con il sindacato ai circoli di quartiere, il PD gode ancora di un radicamento sociale e territoriale. E’ l’unica cosa che, finora, l’ha salvato, soprattutto nelle regioni “rosse” dove un sacco di persone, quando mettono la crocetta sul simbolo del PD, sono ancora convinte di votare PCI.
E poi c’è l'”allargamento a destra”, ossia il crescente legame con il mondo cattolico, con CL, con le realtà imprenditoriali, con la finanza ecc. che hanno determinato il successo di candidati di area PD alle ultime elezioni amministrative nel Nordest.
Il PD sta procedendo su due strade: da un lato, tenersi stretto lo “zoccolo duro” continuando a presentarsi come soggetto di sinistra; dall’altro, ridefinirsi nello spettro politico, presentandosi come *il* partito affidabile agli occhi delle classi dominanti. Si tratta di una contraddizione.
A me sembra che questa contraddizione andrà sciogliendosi sempre di più, e non sulla spinta di fattori soggettivi (come la nascita di un nuovo soggetto di sinistra), ma sulla spinta di fattori oggettivi. Se Renzi vincerà la battaglia congressuale, la tendenza “centrista” farà un salto di qualità determinante.
I fattori oggettivi sono le scelte politiche concrete a livello governativo e amministrativo, e le conseguenze che hanno sulle vite di milioni di persone. Se quindi il PD non si autodissolverà, perderà comunque sempre più consensi, susciterà sempre più delusione, disillusione e distacco. E non è da escludere che questo processo sarà molto meno “catastrofico” di quanto accaduto da altre parti – in Grecia col PASOK ad esempio. Si tratta di dinamiche sui quali i margini di intervento sono molto ridotti, ed è questa la ragione per cui non riesco a vedere nel PD il principale ostacolo alla rinascita della sinistra. L’unica chance di rimuovere questo ostacolo dipende dallo sviluppo delle condizioni oggettive, non dal nostro slancio soggettivo nello sbugiardare il PD ad ogni piè sospinto; se non basta quello che questi qui fanno ogni giorno nell’attività di governo e nell’amministrazione locale, difficilmente noi potremo supplire con la nostra verve o il nostro acume.
Il vero nodo, comunque, è chi o che cosa capitalizzerà su questa disillusione, che a prescindere dalla rapidità crescerà inevitabilmente. In assenza di un soggetto di sinistra, capace di presentarsi come alternativa all’austerità, ai tagli e alle privatizzazioni, l’odio verso le politiche antipopolari del PD finirà inevitabilmente a destra. E il principio “there is no alternative” si rafforzerà ulteriormente.
La tua conclusione, quindi, potrebbe essere riformulata in questo modo: se ci fosse un soggetto di sinistra con un progetto forte, le contraddizioni interne al PD potrebbero sfociare in una riapertura importante del fronte di lotta e di opposizione *a sinistra*. Si tratta allora di capire quali sono gli ostacoli da rimuovere e i tappi da far saltare affinché un progetto di questo tipo prenda finalmente il via e si sviluppi.
Non so se mi spaventa di più l’ottusità di chi si ostina a considerare il PD un partito di sinistra, arrivando a negare l’evidenza di fronte alle vostre argomentazioni, oppure il candore di chi, pur ammettendone la veridicità, si aggrappa al “There Is No Alternative”, questo c’è e questo ci teniamo, altrimenti c’è Grillo/Berlusconi/Satana.
Curiosa tra l’altro questa affinità con le argomentazioni grillesche “se non c’è il M5S ci sono i fasci”, “se non voti Grillo chi voti?” che è l’ennesima riprova della responsabilità che ha il PDS-DS-PD nell’ aver impantanato il discorso politico in una mera scelta del “male minore” a cui *affidarsi* – perché ormai è solo una questione di fiducia/non fiducia, di ricezione passiva, che esclude qualsiasi possibilità di concepire un movimento politico che non sia preconfezionato e calato dall’alto.
Riprendo da un post su Militant ( http://www.militant-blog.org/?p=9359 ) di qualche giorno fa, a firma Elisabetta Teghil: “[…] la socialdemocrazia […], trasformatasi in destra moderna, ha occupato lo spazio del conformismo e del conservatorismo mantenendo il lessico socialdemocratico, ma accettando la missione di naturalizzare il neoliberismo.”
In quel post ci sono molte cose che non condivido, su tutte l’analisi tutta spostata sulla geopolitica e, ancor più, le conclusioni che se ne traggono (l’orizzonte nazionale, il richiamo a Mao, l’auspicio di un Fronte di Liberazione Nazionale…). Però condivido il passo riportato, almeno per ciò che riguarda l’Italia: la socialdemocrazia da noi ha avuto quella funzione. Il PD ha (avuto) quella funzione.
Tempo fa un altro post di Militand aveva toccato l’argomento: http://www.militant-blog.org/?p=9127 e addirittura richiamava il concetto di “socialfascismo”. Anche in quel post ci sono parecchie cose che non condivido e anche in quello però condivido diversi “pezzi” di analisi. Mi rendo conto che non è buona prassi portare qua la discussione su quei post però mi sembra che affrontino in parte le stesse questioni. Senza voler far partire una disamina delle conclusioni a cui giungono su quel blog, trovate che le loro analisi abbiano senso, abbiano posto in questo discorso che fate? Se ho letto bene, voi siete più propensi a giudicare il PD come fallato perché vorrebbe tenere insieme socialdemocrazia e liberismo, mentre Militant sostiene che questa fallacia, questo non-sense, sia del tutto intenzionale. Forse avete ragione entrambi, nel senso: per alcuni è intenzionale e per molti è semplice non-senso; in molti hanno smarrito del tutto l’orientamento e qualcuno ha tecnicizzato questo smarrimento. Scusate ancora la cattiva prassi di portar qui scritti altrui in questo modo, m’interessava un vostro parere, ma capisco se ritenete non sia il caso di mettersene a parlare qui/ora.
Sulla questione se sia più “a monte” (o se sia più sensato avere come bersaglio) l’equivoco del PD o l’ipocrisia di SEL aggiungo che ci sarebbe pure l’anomalia di B, e forse non è in fondo un discorso sensato, è troppo simile al discorso di chi vi dava come pagati del PD quando criticavate Grillo: è un sistema dove ogni pezzo fa da puntello ad altri. Io sono però poco propenso a credere che ci sia una regia occulta dietro questo sistema di puntelli. Il neoliberismo mi sembra un’ideologia che viene adottata da diversi agenti politici e declinata in diverse strategie, senza che nessuno ne abbia un controllo generale. La via montiana a un nuovo centrismo ad esempio ha fallito. Il bipolarismo imperfetto all’italiana non si è mai compiuto (uno dei due poli è una persona, e le persone col tempo si consumano e muoiono) e oggi infatti è in crisi più che mai, è un bipolarismo letteralmente fuso su se stesso. Anche chi dice che There Is No Alternative deve ammettere che in realtà già ora ci sono diverse alternative, per quanto spesso false alternative. Il futuro mi pare anzi più incerto che mai. Ci sono solo alternative.
“Qualcuno ha tecnicizzato lo smarrimento” mi sembra la sintesi perfetta. Il PD campa su un equivoco che il suo ceto politico ha alimentato in malafede (per difesa della cadrega, del reddito e degli affari procacciati ai “compagni di strada”) e molte persone alimentano in buonafede. Solo che noi non siamo avvocati in cerca di attenuanti, nella nostra analisi malafede e buonafede sono aspetti secondari. C’è un dispositivo che difende l’esistente, riproduce l’ideologia dominante e carbura a confusionismo, sconfittismo, “rassegnatismo”, “cosavoletefarci-ismo” e quant’altro. Questo dispositivo deve smettere di funzionare, con le cattive o con le cattive. Bisogna incepparlo, ma bisogna saperlo fare, saperlo fare bene, imparare a saperlo fare bene.
Credo che sarebbe importante sviluppare la discussione a partire dalla semicitazione nell’ultima riga in questo intervento di WM1, perché è prioritario contrastare questo dispositivo discorsivo riassumibile nella “tecnicizzazione dello smarrimento”. Personalmente ho spesso il modo di discutere, sul posto di lavoro, con persone che si riconoscono nel PD o che comunque lo hanno votato e lo votano: ci si trovano sensibilità differenti, in parte in continuità diretta con DC-PPI-Margherita, altri che invece arrivano da esperienza della sinistra istituzionale del passato (in primis dal PCI, ma non solo). In entrambe i casi se vi mettete a discutere di questioni concrete, se gli contestate posizioni, scelte e proposte avanzate dal PD scordatevi di riuscire a discutere nel merito: generalmente le risposte rifuggono nel There Is Not Alternative o, in alternativa, nella incapacità/rifiuto di prendere una posizione netta di campo. Esempio, il primo che mi viene: lo scontro FIOM-FIAT degli ultimi anni, se ne discutete è tutto un barcamenarsi, un “sì però”, ecc. ecc. Chiaro, si può discutere di tutto, entrare nella complessità, ma una posizione da cui volgere il proprio sguardo e da cui costruire le proprie ragioni è necessario prenderla.
È interessante anche spostare l’osservazione sulla dimensione amministrativa locale, per vedere quanto questa logica pèrmei profondamente chi sostiene e vota il PD. Conosco la realtà di tanti piccoli comuni del “profondo nord”, dove la Lega ha nell’ultimo ventennio raccolto pacchi di voti e partecipato quindi alle amministrazioni di tanti comuni; in primo luogo conosco il comune in cui sono nato e in cui ho la residenza pur vivendo da anni in altre città, comune in cui era presente una tradizione di sinistra e in cui all’ultima tornata elettorale mi sono rifiutato di votare, perché la lista in cui doveva, sulla carta, sentirsi rappresentato uno/a di sinistra aveva come candidato sindaco un ex assessore della giunta leghista, uno che aveva appoggiato le note scelte xenofobe e razziste di cui anche nei piccolissimi comuni la Lega si fa portatrice (ad es. l’esclusione dei figli di migranti – per inciso, saranno due… – dal contributo per il trasporto scolastico). Il punto è che quando chiesi a più riprese a chi mi voleva convincere a votare questo figuro, gente del PD, una – dico una – ragione o proposta convincente per votare quella lista, la risposta è stata sempre e solo: “e allora lascia che vinca la Lega”. Quindi, l’ho lasciata vincere, e non per dire: è finita 667 a 666, non mi ha certo fatto piacere, ma non si può sempre e comunque mangiare merda, io non ci trovo grossa differenza tra il mangiare uno stronzo intero o fatto a pezzetti, sempre merda rimane. Tra l’altro trovo questo “terrore” infondato: se vincono gli altri succede quello che si sta verificando scientificamente negli ultimi vent’anni, esattamente le stesse cose, in perfetta continuità con l’ideologia dominante.
Per chiudere e tornare all’urgenza che esprimevo nelle prime righe, il PD è sicuramente il catalizzatore principale di questa tendenza e il “tecnicizzatore” per eccellenza di questo dispositivo, ma non è il solo; l’urgenza , credo, sia trovare le modalità atte a inceppare questo dispositivo che si basa sulla rassegnazione diffusa: “saperlo fare, saperlo fare bene, imparare a saperlo fare bene”, farlo insieme.
Inizio a leggere l’articolo e già dopo il titolo dico “Finalmente qualcosa sul PD”. Anzi…”Finalmente una analisi sul PD”. (Per l’analisi “del” PD resuscitate Freud e poi ne parliamo).
Leggo e, tra una riga e l’altra, mi dico: sì!, ok!, giusto!, finalmente!, e via esclamando.
Però arrivato alla fine, mi domando: e poi? e quindi?
Io sono 10 anni che mi sono stancato di votare questo “male minore” e sono contento di vedere che qualcuno ne scrive, però a sostegno del “keep calm and…no fear of horror vacui” serve anche altro!
Perdonatemi, non sto dicendo nè di avere la soluzione ne’ vi voglio accusare di incompletezza: io il vostro sbattimento lo apprezzo tantissimo. Ma viziato dai post e articoli lunghi e lunghissimi su No Tav e M5S, su Marco Bruno e Grillo, mi chiedo se non serva altro per questa famosa “sinistra”.
Anche io tifo rivolta nel M5S, ma lo faccio un po’ col cuore per vedere quel movimento sfasciarsi e un po’ con la ragione pensando che qualcuno di buono possa uscirne fuori.
Nel caso del PD succede il contrario, cioè tifo rivolta col cuore perchè sarà pure vero che non è un partito di sinistra ma tra i suoi elettori e i suoi attivisti, io qualcuno di sinistra, qualcuno che meriti più considerazione dei “pari-ruolo” grillini, ce lo vedo ancora!
Cito allora una frase presa da un precedente commento di Wu Ming 1: “Se rinunciamo a quest’ultimo [frame italocentrico], se guardiamo oltre le punte dei nostri nasi abituati a sniffare merda, vedremo che una rigenerata idea di sinistra sta influenzando lotte per ogni dove (o meglio, le lotte stanno dando forma a una rigenerata idea di sinistra).”
Io credo che le lotte stiano dando forma, più semplicemente, ai nostri desideri di un mondo migliore.
Probabilmente questi desideri e questo mondo sono “a forma di sinistra” ma non dimentichiamoci che sono lotte abbastanza separate così come lo sono le diverse concezioni di sinistra. Citando ancora Wu Ming 1 “Ci rendiamo conto o no che stanno nascendo movimenti radicali in tutto il pianeta?”…ok, credo che ce ne rendiamo conto in tanti, ma in tanti vogliono ancora qualcosa “a forma di partito”.
Forse lo sforzo sta nel “confederare” queste diverse concezioni, ricacciando quell’idea di unirle/omogeneizzarle/egemonizzarle che ha assunto negli anni diversi nomi da film horror (da “la cosa” a “il piddì” passando per “L’Ulivo”).
Magari come Wu Ming l’idea di un partito politico non vi aggrada, ma capire almeno come colmare il gap tra movimenti radicali e l’azione politica parlamentare, quella che fa le leggi per intenderci, sarebbe un grande passo.
Capire cioè cosa si intende con “Questo dispositivo deve smettere di funzionare, con le cattive o con le cattive. Bisogna incepparlo, ma bisogna saperlo fare, saperlo fare bene, imparare a saperlo fare bene.”.
PS: scusate le tante domande e dubbi che ho incollato così nel tentativo di dare un senso logico al discorso ma, come tanti che hanno commentato prima di me, mi sento toccato dentro come persona che si considera, magari sbagliando, di sinistra.
Abbi pazienza, va bene un certo grado di “supplenza”, ma non possono essere quattro romanzieri a indicare la via della costruzione del nuovo partito di sinistra. Più che ripetere che, con tutti i limiti e gli accidenti, sarebbe meglio avere una Syriza che avere il PD, cosa possiamo dire? Ad ogni modo, l’organizzazione nasce dalle lotte. Dopodiché serve a farle meglio, ma senza quelle non nasce. E per organizzazione, qui, non intendo un partitino o un gruppuscolo o una correntina di qualcosa.
Penso che, se scrivi che “questo dispositivo deve smetterla di funzionare, con le buone o con le cattive” allora hai una idea di quali siano le maniere buone e quali le maniere cattive. E forse puoi farne qualche esempio.
E anche io non intendo gruppetti/partitini/gruppuscoli/correnti…anzi, penso che tutti quelli che stanno scrivendo su questo post da ieri (almeno quelli che hanno i miei dubbi) vogliano evitare di assistere alla nascita dell’ennesimo topolino partorito dalla montagna.
Continuo a pensare che ci sia un problema che vada oltre l’organizzazione ed è il “chi?”: non parlo di un singolo leader, ma il terrore è vedersi ricomparire altri “vecchi” personaggi o piuttosto nuovi “messia”. Possiamo essere smaliziati ed evitare di seguirli e votarli, comunque non faranno altro che far perdere tempo e togliere forze.
“Le cattive” sono lotte che siano esplicitamente anche *contro* il PD, che annoverino esplicitamente tra i nemici l’apparato di potere del PD e il blocco di potere economico che questo rappresenta, e quindi si pongano fuori dal frame del “male minore”. In Grecia hanno fatto così, in Spagna fanno così, in Val di Susa idem, per il referendum bolognese sulla scuola si è fatto così. E’ solo con quest’approccio che il dispositivo viene inceppato, e la vera natura del PD (quella rappresentata dagli Stefani Espositi, per dire, ma anche dai Virginii Meroli) viene fuori senza infingimenti.
Allora, invece che “cattive”, l’avrei semplicemente chiamata “verità” :-)
Sono troppo fondamentalista se penso che sia sempre necessario evidenziare gli errori e le colpe del PD?
Io, personalmente, se posso lo faccio, ma quando è il caso evidenzio anche gli errori dei partiti “minori”…che siano SEL o chiunque altro: sia perchè dobbiamo cercare di far uscire tutto quello che succede, sia perchè non vedo utile un passaggio di voti dal PD a SEL. Come non mi è piaciuta la fuga di voti dal PD al M5S (e il loro parziale ritorno al PD).
Per questo motivo, se come dicevi sopra anche Syriza ha fatto errori, mi sembra giusto parlarne, elencarli e condividerli. Per questo motivo e anche per evitare di ripeterli.
Solo per la precisione, non ho parlato di “errori” di Syriza, perché su specifici errori non ho competenza né autorevolezza, non posso parlarne in modo specifico. Ho detto che sicuramente anche la formula-Syriza ha limiti e difetti: mi hanno raccontato di scazzi tra le correnti, gente che tira di qua e altra che tira di là, una comunicazione non sempre efficace, e il programma riflette anche questi limiti. Tuttavia, al netto degli eventuali difetti mi sembra la cosa più interessante avvenuta in Europa sul versante della politica che non diserta le elezioni.
Sul versante dei movimenti e della loro autonomia, invece, la più interessante mi sembra il movimento 15 Maggio spagnolo, intendendolo come matrice di tutte le ramificazioni ed evoluzioni viste in questi due-tre anni.
Sotto l’aspetto della tenuta di un movimento e dei vincoli solidali che gli permettono di lottare, mi sembra invece che le esperienze della ZAD in Francia e dei No Tav in Val di Susa siano le più avanzate.
Per SEL non ho alcuna simpatia. Conosco molti compagni che stimo, gente sulla cui limpidezza posso mettere la mano sul fuoco, che provano a starci dentro, a combinare qualcosa, ma mi sembra una roba senza capo né coda, l’ennesimo “partito personale” costruito intorno a un leader presuntamente carismatico. C’è Vendola, c’è un “alone” intorno a Vendola e c’è una rete di circoli che traccheggia tra il velleitario, l’illuso e l’inconcludente. E ripeto, lo dico con la massima stima per molti singoli ben intenzionati che ci stanno dentro. La presenza di SEL sui territori mi sembra labile se non aleatoria. Anche per questo – ma ovviamente potrei sbagliare – mi sembra che non rappresenti un grosso rischio di “deriva”, e che non ci sia da emettere chissà quale preallarme…
Guarda, non ho mai lontanamente pensato che tu avessi simpatie per Vendola e SEL :)
Condivido l’idea del partito personale: dopotutto, si parla della “Fabbrica di Nicky”, non della fabbrica di SEL o della fabbrica in generale…ci sarà un motivo, no?
Io credo che ci sarà un ripiego di alcuni elettori giovani del PD verso SEL: non parlo di spostamenti notevoli, ma più in generale mi sembra di osservare un “ping pong” dei voti tra PD, M5S e, in minor parte, SEL, accompagnati da un’emorragia consistente di voti. Che sia dovuto anche questo alla narrazione tossica costruita intorno al PD? (domanda forse più retorica che altro).
Ammetto canditamente di non conoscere così bene tutti i movimenti che hai citato, dalla Spagna alla Grecia passando per la Francia.
Ma so che in Italia, forse per l’italo-centrismo più volte citato, la visione creata dai media mainstream è ancora quella che vede a sinistra 3 blocchi: il PD, i comunisti-Rifondaroli-SEL e “quelli fuori dei centri sociali”. Quando parlo delle notizie e delle immagini passate continuamente dai media mainstream, mi riferisco a quelle immagini che ci hanno presentato il movimento No Global come i Casarin che per andare alle manifestazioni pretendevano di prendere il treno gratis o gli Agnoletto che facevano tanto i filosofi e poi si facevano mettere sotto da Fiammetta Nirenstein in una trasmissione televisiva.
E quindi, mi ripeterò ma lo ritengo necessario, oltre alla forma di organizzazione interna è necessario trovare un modo di comunicare che attecchisca tra la gente: io, te e tanti altri che si ritrovano su giap, sappiamo bene che questo “attecchire” non ha uno scopo commerciale e personale, che non vogliamo vendere assicurazioni o dare/darci il potere…ma qualcosa che faccia tornare la passione ci deve pur essere!
E sottolineo “passione”: perchè chi manifesta oggi lo fa per necessità, perchè è *già* stato costretto in un angolo dalla crisi o da chi vuole speculare sulla casa o sul territorio…ma se non si riacquista la passione per la politica (che parole antiquate!), arriveremo ad arrabbiarci sempre dopo e mai prima che accada qualcosa. Prima che qualcuno solo proponga di squarciare la valle e la montagna, prima che qualcuno pensi solamente di regalare soldi a scuole private più o meno confessionali.
Parafrasando una battuta di Luttazzi: questo modo può essere qualcosa di già visto, può essere Kennedy che ci dice “vi porto verso la nuova frontiera” o Che Guevara con “el pueblo unido jamas sera vencido”…più convincente di D’Alema e del suo “è pronta la mia barca?”.
L’assenza della passione politica è evidente, basta girare un po’ sui social network per vedere che c’è una gran “passione di facciata”, tutti parlano di politica perché è facile da fare, è facile lamentarsi delle scelte del governo, Grillo ci ha portato avanti una campagna elettorale sulle lamentele, però poi tutto si ferma lì, nessuno alza il sedere dalla sedia e le proteste rimangono sterili, proprio come insegna il M5S.
Si pensi per esempio alla questione degli F35, senza entrare nel dettaglio ma ci sono state raccolte firme da 300.000 persone e oltre, indignazione trasversale sul web, bene, qualcuno ha preso parte alle proteste? Ovvio che non ci si aspetti un rapporto 1:1 tra sdegno e partecipazione, ma la situazione mi pare davvero tragica.
La questione della comunicazione mi pare esattamente il punto centrale, è LA questione, sia per quanto riguarda le proteste in senso stretto che l’eventuale proposta politica delle stesse (dualismo importante che fa notare il buon Vanetti più sotto). Dunque dove sta la soluzione? come lo troviamo un metodo comunicativo efficace? Visto che siamo qui su Giap pensiamo a Wu Ming! In La salvezza di Euridice questo punto è affrontato con cura, servono delle storie: “vi porto verso la nuova frontiera”, “el pueblo unido jamas sera vencido” sono tutte storie, hanno la forza di trascinare la gente perché trascendono le sole idee, una nuova Igiene Comunicativa mi pare l’unica strada per il cambiamento!
«Io credo che le lotte stiano dando forma, più semplicemente, ai nostri desideri di un mondo migliore.
Probabilmente questi desideri e questo mondo sono “a forma di sinistra” ma non dimentichiamoci che sono lotte abbastanza separate così come lo sono le diverse concezioni di sinistra»
No, non sono separate. E non solo sul piano oggettivo, ma anche su quello soggettivo. In Turchia non è per i 600 alberi; in Brasile non è per i 7 centesimi; in Val Susa non è per un treno; a Notre-Dame-des-Landes non è per un aeroporto. Gli “occupiers” non solo sono, ma si sentono parte di ciò che accade ad Istanbul; i “çapulcu” solidarizzano con i Notav perché si sentono vittime della stessa repressione; i Notav dicono «né qui né altrove» perché non c’è altrove, se il “qui” è ovunque.
Il movimento è globale: non esistono lotte locali, anche se l’italocentrismo può farcene convincere. Siamo davvero fra gli ultimi not thinking globally.
È un po’ difficile coniugare “siamo davvero gli ultimi not thinking globally” con il fatto che quelli in Val di Susa si sentano occupiers e solidarizzino con le altre lotte globali.
Il movimento è globale ma è ancora “un mondo a parte”! Vogliamo dire che quelli che votano PD credono a tutto quello che i media mainstream propongono e che tutto quello che i media propongono è dettato dal PD o dal PdL? Bene, allora non bastano le lotte e l’organizzazione che nasce da esse, serve un modo per entrare nella testa delle persone.
Ma per far questo, bisogna evitare, come dicevo sopra in risposta a Wu Ming 1, che vecchie e nuove figure escano fuori impersonificando la figura dei nuovi leader…insomma, giocando quel gioco della politica emotiva che ci ha un po’ rotto le scatole! Che siano il “leader maximo d’alema”, un bertinotti, un casarini-agnoletto o un vendola, possiamo dividere le colpe (col proporzionale o col maggioritario) ma rimane il fatto che sono queste tipo di figure che dobbiamo evitare (mio parere, ovviamente).
“Il movimento è globale: non esistono lotte locali, anche se l’italocentrismo può farcene convincere. Siamo davvero fra gli ultimi not thinking globally”.
premetto che questo mio commento non varra’niente, è un aside tutto in-cardato e slabbrato dell’una e mezzo di notte, non meglio articolabile temo. ma c’è una cosa credo importante da dire, anche se forse non riusciro’ a dirla.
insomma monsieur en rouge, questa cosa che hai scritto m’a laissée songeuse (imbarazzante pausa dislessica), e non mi piace, come non mi era piaciuto (scusate wuminghi) il post che linki, forse anche solo per quel tirare in ballo in prima riga i fatti svedesi di due mesi fa, che purtroppo con quel che succede in spagna o in turchia hanno poco a che vedere.
e poi anche questi termini: locale-globale (glocale..), e i concetti/utopie/immagini guida/beate speranze e pie illusioni che nel tempo ci si sono afflosciate sopra: ci abbiamo davvero creduto (da un po’ mi chiedo), seriously? ‘cosa hanno fatto per noi’ questi termini, queste belle parole per anime belle o belle persone, dieci o quasi vent’anni dopo essere stati potenzialmente utili (=eventualmente addomesticabili e radicalizzabili, come pantere non abbastanza rosse ancora)? insomma cosa hanno prodotto, se non creare il riflesso condizionato social, e forse un paio di dubious ‘buoni’ libri di sociologia?
scusate ancora, non riesco a argomentare per via del delirio da stanchezza, ma insomma, dopotutto non puzzano di capitalismo queste parole (che da quell’ambientaccio vengono poi)? e di capitalismo democratico, ‘che è peggio’? non sono state una delle tante vie oscure della resa che ci ritroviamo istoriata addosso, quasi senza esserci neanche accorti della biopotente possessione/tortura che operavano, e anzi, spesso, trovando delizioso, kinky (come da manuale del resto) il disciplinamento-apparato di cattura nelle reti ‘sociali’, che infatti usiamo e viviamo superambivalentemente, nel migliore dei casi (cioé, assumendo che abbiamo una coscienza infelice ma pur sempre cosciente del feticismo)?
non so, io non ci credo, sono esausta di usare e sentire queste parole, e penso che usarle e averle usate sia stato un errore (e beata me per questo, ché col senno di poi son bravi tutti).
‘lotta’ invece, ‘lotta’ no, quella secondo me è una parola ancora solida, ancora tutta bella sporca e imbarazzante, come si deve, è una parola che sono fiera di usare, e insieme una parola ‘comfortable’, ‘qui me sied’, perché sento che so bene nel corpo e nella pelle quello che significa, perché quella non è un’immaginina sacra, un’icona, una cittadella da liberare o assediare, né in senso proprio e solido né in quello perverso ma rivoluzionario dell’ano di lawrence, ma una pratica precisa – un insieme di tattiche e strategie e giochi di corpo e di mente che mi agiscono, che non sono per me un oggetto – e che mi ha tante volte salvato la pelle direttamente, e non per interposto delirio.
pero’ quindi ‘lotta’, che insiste sul conflitto, penso che vada risolutamente disgiunta da ‘locale’, che invece secondo me prolunga in half-life il santino ubiko di un’utopia / mitologia del ‘territorio’ che pure se è necessaria all’epic e ti scalda il cuore e ti salva il culo a botte di adrenalina e scariche nel cervelletto quando sei per strada a -tour à tour- disertare e resistere, pero’ poi ti frega quando durante il riposo del guerriero ti lasci intortare dall’immagine bella e finisci per ‘crederci’, cosi’ che poi continui a cercare nel ‘territorio’ qualcosa che non è ‘né qui né altrove’, è vero, ma non certo perché ‘il “qui” è ovunque’, come dici tu monsieur en rouge, ma forse piuttosto, come dice il cinicone zen ma non solo lui, perché il “qui” non sta da nessuna parte, perché non c’è o non c’è più (o non c’è mai stato).
e va bene, se anche fosse (mi sdoppio isterica), ma allora cosa c’è al posto del “qui”? (=’sotto’ il “qui”, o ‘dietro’ il “qui”, o ‘al posto del “qui”, a seconda delle varie scuole e scuoline e chiese e chiesette e chiesettine cui apparteniamo).
io non lo so ovviamente, direi la monetina di chip o la monetina di munster (del resto una vale l’altra forse), ma comunque qualcosa di ben più mobile-ingannevole-elusivo-instabile, e difficile da immaginare-intelligere compiutamente che il “territorio” che ci siamo ritrovati a (cercare di ) pensare, senza poi riuscirci probabilmente, povero “territorio” rimasto desolato.
va bene, fine del delirio, spero che si capisca qualcosa lo stesso. mi scuso per lo stile di questo post, che non è giap material, ma diverso stavolta proprio non veniva.
Io, in effetti, devo ammettere di averci capito poco. Non è necessario scrivere da stanchi, eh. Se uno/a deve esordire dicendo: “questo commento non varrà niente” e chiudere con “fine del delirio”, faccio notare che può anche aspettare di avere le idee un minimo più chiare.
Ad ogni modo, “locale” e “globale” non sono parole capitalistiche, o meglio: sotto il capitalismo *tutte* le parole sono capitalistiche, ma queste non lo sono più delle altre. Sono parole latine, derivano da “locus” e “globus” e significano rispettivamente: “pertinente a un luogo specifico” e “pertinente al pianeta”.
quanto ai termini “locale” e globale” proprio non sono d’accordo: l’origine di “globale” come lo usiamo ora è economica (nel senso della disciplina) e poi – per altri versi – popolarizzata negli anni 60 dai libri di mcluhan, e quanto a “locale” come aggettivo, questo prima di essere usato complementarmente-oppositivamente a “globale” era praticamente inesistente.
difatti, al posto della coppia “globale-locale” odierna, in filosofia e discipline sorelle e discorsi cugini si sono da sempre usate quelle di “universale-particolare” e “universale-singolare” (di cui forse si potrebbe dire che la prima illustra la relazione disforica/derogatoria e la seconda quella euforica/utopica fra i nostri “globale” e “locale”).
e che poi l’immaginario (in senso bachelardiano) dei termini che stanno dietro a “globale” e “universale” (“globus” e “universum” rispettivamente) sia più o meno lo stesso e/o che sia più o meno opportuno distinguerlo (a fini rivoluzionari), questo è tutto da discutere.
intendo, io non ho certo la risposta, ma in ogni caso trovo che questi termini “pesanti” non vadano usati alla leggera, mai.
quanto al resto, mah, le excusatio maldestre erano semplicemente timidezza per aver usato uno stile non previsto su giap, ma che nel caso di questo commento rivendico, e spero che se a te non è stato utile a qualcun altro lo sia stato.
ciao.
Ritengo condivisibile l’articolo scritto per Internazionale, fotografa una realtà oggettivamente problematica e, anche nel caso del PD, tossica.
Ci sono due elementi che però, nonostante tutto il marcio e i bocconi amari da ingoiare di questo ventennio, mi sembrano abbastanza reali.
Il primo elemento riguarda *noi*: comunque siano andate le cose, non siamo stati capaci in 15-20 anni di costruire un’alternativa politica alla liberaldemocrazia praticata dal Pd a livello nazionale e locale; parlo di un programma che si confronta con l’elettorato e raccoglie cifre significative, che stiano attorno al 15% almeno. Non ci sono prove visibili che qualcosa si stia muovendo in questa direzione, non ci sono Syriza all’orizzonte ( teniamo conto del fatto che la coalizione Syriza c’ha messo un quindicennio a ritrovarsi, e solo dopo tale *traversata nel deserto* ha trovato un’unità dapprima impensabile). Siamo smembrati, siamo usciti dalle sezioni e dalla militanza partitica. Siamo dunque isole, lotte diverse ma uguali. Che queste lotte (locali, globali) ci siano lo sappiamo benissimo, ma lo sappiamo perfettamente dal 1999, dal 2001. Già nel 2001 nella dimensione dei Social Forum (poi naufragata come tutto il resto) eravamo coscienti di un mondo che lottava in ambiti diversi, e che tali ambiti andassero legati, perché erano parte di una stessa lotta, che chiamerei una lotta ecologica per il pianeta, nella definizione più estesa dell’aggettivo. Tuttavia, questo patrimonio di lotta e conoscenza, non è sfociato in nulla di *organizzato*. Come tutte le manifestazioni politiche occidentali degli anni Zero e ’10, non esistono più organismi (partitici o meno) in grado di convogliare la maggioranza delle energie in un unico sentiero. C’ho creduto, c’ho provato assieme ad altri, ma dopo 17 anni di militanza, e all’altezza di un fottuto 2013, penso che non ne siamo più capaci. E’ vero che le lotte di cui parliamo si riferiscono sempre e costantemente ad una dimensione *universale* ma a regime, esse si insediano in un luogo, in un certo spazio politico, e tendono a rimanervi. In parte è la loro ragione di vita, in parte è il loro modo di andare avanti e non morire. Questo non esclude il fatto che se una lotta non si da una dimensione più larga del proprio essere *locale*, ha elevate possibilità di disgregarsi ed essere dimenticata (la lista è lunga).
Dicevamo: le lotte esistono, ci sono, vanno seguite, vanno raccontate, van trovati i frame che riescono ad infiltrare il pensiero unico TINA. Quello che non vedo all’orizzonte è la possibilità – almeno in Italia – di unire questa conflittualità sotto un unico tetto. Mi sembra contrario alle tendenze fondamentali del nostro tempo, e quindi non vi faccio (più) affidamento.
Il secondo punto riguarda il PD: partendo dal presupposto che siamo d’accordo su questa mediocre e pericolosa gestione dell’esistente, occorre tuttavia smetterla di osservarlo come un golem di pietra. Il PD soffre – a livello di elettorato e di organizzazione – degli stessi *mali* di cui soffre la società intera tutta. Anzi, ne è l’espressione più visibile, a livello quantitativo. Lo smarrimento dell’elettore medio del PD, che ha raggiunto un picco incredibile negli ultimi 6-7 mesi, non provocherà per forza uno spostamento a sinistra (o a destra) come reazione a tale smarrimento. Non siamo nel 1975-76, quando le spinte che provenivano dalla società si canalizzarono in un enorme afflusso di voti al PCI, non c’è più quel legame diretto, quella dipendenza di causa-effetto che portava enormi masse (di giovani, soprattutto) a confluire in un’area politica per rafforzarne l’attività. Anzi, è più probabile che tale smarrimento continui a vivere nella *complessità* del PD stesso e che non si muova di lì. I maggiori smottamenti interni ce li ha quel partito e non altri; una discussione plurale e conflittuale è presente all’interno del PD e non in altri partiti. I militanti e i simpatizzanti, incazzati come delle biscie con i propri dirigenti, preferiscono di gran lunga rimanere in quel partito e votarlo (le ultime elezioni amministrative dicono questo) piuttosto che prendere il largo verso lidi sconosciuti e con un mare incertissimo.
Non credo che il Pd si dissolverà tanto facilmente, come è capitato al PASOK. E non sarà semplicemente la battaglia per la cadrega da parte dei notabili: è la gente stessa che, almeno in parte, percepisce il proprio partito come un bene di cui occuparsi, e questo, forse, non è nemmeno un atteggiamento negativo.
Ciò che scrivo è parziale, nemmeno io ho idee nette in proposito. Non è cinismo né pessimismo della ragione a tutti i costi: vedo una situazione piuttosto ingarbugliata, e qualsiasi tentativo di risolverla con metodi e dinamiche novecentesche mi sembra inutile. Bello eh, ma impossibile da realizzare.
D.
Ciao Punkow,
dici che “I militanti e i simpatizzanti, incazzati come delle biscie con i propri dirigenti, preferiscono di gran lunga rimanere in quel partito e votarlo (le ultime elezioni amministrative dicono questo)”. Chiediamoci quale sia il motivo. Il motivo principale, secondo me, è che il PD è ancora, malgrado tutto, la più radicata macchina di controllo politico e di redistribuzione di risorse pubbliche e “parapubbliche” che c’è in Italia. Il potere del PD di distribuire risorse, costruire carriere, “fare networking” come dicono loro, è ancora tanto, e non imploderà del tutto finché le risorse pubbliche e “parapubbliche” a loro disposizione continueranno ad essere ingenti. Per fortuna, con la loro spensierata adesione alle politiche di austerity, si stanno segando da soli il ramo su cui siedono, e questo forse è l’aspetto più divertente della questione. Credo che l’esistenza in vita del PD sia collegata soprattutto al mantenimento della rete di relazioni economico-politiche che chiamano “sussidiarietà”: finché ci sarà l’uno, ci sarà l’altra e viceversa. Secondo me, i rivoli gelatinosi di clientelismo attorno allo stato sociale all’amatriciana, contemporaneamente inefficiente e costoso (vedi analisi del sistema scuole di Bologna) sono uno dei maggiori freni alla crescita di pratiche alternative, perché riescono ancora a incollare tanti strati sociali.
Finché il PD controlla la redistribuzione delle risorse pubbliche a livello locale in tante “chiazze” di territorio nazionale (non solo con il proprio personale politico, ma anche con il rapporto a doppio filo con le burocrazie) ha una ragione per continuare ad esistere. Ed è per questo che alla fine stanno tutti dentro: l’oggetto del contendere delle discussioni interne al PD non è “spostare il PD a destra, a sinistra, sopra o sotto” come dicono talvolta i commentatori politici da bar (e quelli dei quotidiani), ma è solo concordare un nuovo equilibrio, tra bande o correnti, per spartirsi i proventi di questa enorme rete di relazioni, di mediazioni e di redistribuzione di vantaggi. Forse solo l’esaurimento del combustibile (mediazione tra soldi pubblici e interessi privati) può far finire (come merita) la deriva del PD. Ma hanno ancora troppi buoni affari tra le mani. Tifiamo austerity? E’ un paradosso?
Ciao giac,
direi che il tuo ragionamento fila. Il PD è una macchina che esercita il potere su molti fronti (si è allargato a livello europeo e internazionale negli ultimi 15 anni), ma il settore della sussidiarietà e di quel che rimane del welfare è essenziale per il mantenimento di tale fetta di potere. Ho vissuto in regioni governate dal csx e ho visto, come altri, la progressiva riduzione degli spazi di socialdemocrazia in favore di legami molto concreti con ciò che chiamiamo privato. Il privato è stato fatto entrare dalla porta principale, si sono creati questi spazi privati – anche alla vista – dove sono confluiti pian piano i democrats all’italiana. Questo legame è diventato “enorme rete di relazioni”. Il fallimento del PD si accompagna spesso con la sparizione del combustibile di cui parli tu, anzi è proprio per questa contraddizione che si manifesta la sua deriva. Non credo comunque che il PD possa crollare *da solo* senza lasciare voragini anche attorno a sè…sarebbe una caduta imponente. Esiste un radicamento che non permette comunque un disfacimento in tempi brevi, e c’è ancora troppo movimento interno – barcollante, ma movimento – per decretarne una possibile deriva. Nel 2014 ci sono le elezioni del parlamento europeo, il banco di prova per il PD posizionato a livello europeo. In questo momento non sono convinto ad esempio, che vi sia una concreta possibilità di emarginare il PD da un punto di vista elettorale…
Ciao, ok, ma solo una precisazione: a me delle europee del 2014 e di “emarginare il PD da un punto di vista elettorale…” non me ne importa granché. Secondo me i terreni dove far rinascere il confronto sono altri, il problema della rappresentanza elettorale al limite verrà dopo.
A me preme, per prima cosa, lo scioglimento del reticolo dei poteri locali dei cacicchi e dei bonzi PD – quello che una volta era l’ “apparato” – , che è, secondo me, il principale ostacolo politico alla rinascita “di una sinistra che possa dirsi tale”, per usare l’espressione usata da WM nell’articolo.
Dopo, qualcosa a sinistra succederà, forse. Ma non chiedermi di preciso cosa, perché non saprei prevederlo…
Capisco. Nemmeno io sono affezionato a soluzioni elettorali per problemi ben più ingenti. Quello che sottolineo è che ci sono n modi per favorire o accelerare il processo di disintegrazione di un partito. Nessuno di questi modi (a parte l’autoimplosione) lo vedo all’orizzonte. Neanche io riesco a prevedere cosa succederà a sinistra. Solo, questo reticolo di poteri di cui tu parli non è una struttura che possa essere eliminata in qualche giorno, è appunto una rete fitta, che alcuni cittadini sarebbero pronti anche a difendere, se necessario.
D.
Scusa se insisto. Non sottovalutare Renzi, il “sottovuoto spinto e vincente”. Per me è come l’antimateria, se si prende il partito lo fa scomparire in meno di due anni. Lo scioglie lui, per prendere i voti di destra.
Logico no?
Gli eletti sono già pronti, basta guardare la tragicomica giornata di ieri in senato.
Gli elettori quasi: la carota della “vittoria” sarebbe più che sufficiente.
E’ l’italia. E’ l’analfabetismo di massa.
L.
Luca,
tu dici che Renzi scioglierà il partito nella formalina. Secondo me più che scioglierlo lo dividerà in due tronconi: uno che andrà a ricoprire il probabile vuoto lasciato dal cdx, l’altro che di andare a destra non ne vorrà sapere. Sugli elettori andrei cauto, è un partito che scalpita.
D.
Due cose senza vaselina.
1) Sarà divertente vedere cosa si inventano per salvare il culo ad Al Fano sul disastro kazako. Impresa impossibile ma ce la faranno.
2) Chi ha a cuore la distruzione del pd (tra cui io) sostenga con entusiasmo Renzi.
L.
Luca, per quanto desideri la distruzione del PD, sostenere Rienzi e pure con entusiasmo mi pare una richiesta eccessiva per il mio povero stomaco :)
Ma in realtà non sono neanche troppo d’accordo. Appurato che, come dice WM1:che ce frega del pd, io credo che abbia preso una avviata molto chiara. Anche con il ruolo di Lettino e il suo insulso governo a me paiono una fase preparatoria all’ avvento di Renzi l’uomo nuovo, l’unto da Mike Buongiorno. E quando arriverà quel tempo tutto il popolo dei sedicenti democratici sarà boccheggiante come pesci in una pozzanghera e vedranno qualsiasi sputo che viene dall’alto con speranza e gratitudine. E quello sputo sarà Renzi. Cosi tutto sarà compiuto… e a noi ci bombarderanno cogli F35.
La frase di Little Commie Craig all’inizio di questa discussione ha sorpreso anche me:
“…che i sedicenti democratici si rendano conto di essere ormai il principale ostacolo politico alla rinascita di una sinistra che possa dirsi tale…”
Nel resto d’Europa, oltre alla Grecia con il caso di Syriza, ci sono altri casi, ma di problemi ne pongono molti: in Spagna all’interno del movimento #15m la discussione sul trovare una forma di di partecipare alle elezioni c’è, ma è una discussione tutt’altro che serena; in Portogallo il movimento Que se Lixe a Troika è di fatto molto legato al Bloco de Izquerda che proprio oggi ha chiesto l’uscita dalla crisi di governo delle ultime due settimane mediante un alleanza col Partito Comunista e il Partito Socialista, ma quest’ultimo è proprio quello che ha dato il via alle politiche della troika.
Contraddittorio, difficile e in alcuni casi paraculo, ma il dato è che comunque, in questa fase, il discorso contro la BCE\FMI\Troika mi sembra si stia ormai allargando anche all’interno delle istituzioni.
In Italia questo discorso lo fanno M5S e la Lega (a volte). Ma è un discorso che viene da destra, identitario, quando non nazionalista.
IL PD ovviamente non si sogna nemmeno di fare un discorso del genere, ma rimane il fatto in questo momento in Italia non c’è una spinta per una soluzione istituzionale, partitica. Mi sembra che non ci sia neanche tra le nuove leve, neanche fra i giovani epurati, esclusi e delusi.
Credo che ciò avvenga anche perché al blocco PD si aggiunge il blocco M5S.
Il referendum bolognese, come notava wm1, è effettivamente un tentativo differente da altri. Qualche altro caso territoriale di un legame FormaPartito-Movimento c’è: in Val di Susa il movimento ha conquistato qualche Comune e forse anche il caso del Sindaco di Messina (su cui so molto poco, quindi in caso scusate lo svarione) è interessante, ma al momento sono tutte cose molto separate.
C’è forse anche un dato storico che va preso di petto: in Italia i movimenti sono extra-istituzionali (e contro-istituzionali) come poco avviene altrove.
Poco tempo fa un mio amico (comunista, non anarchico), commentando il fatto che i portoghesi cantano l’inno nazionale nelle manifestazioni, mi diceva: “Lo sai qual è il problema? Che a noi lo Stato ci è sempre stato sui coglioni, è per questo che a noi l’inno nazionale ci fa schifo. E piuttosto che portarci dietro il tricolore la bandiera la bruciamo”
No, scusa, l’inno nazionale no!
Meglio il silenzio, musicalmente poi. “Vittoria schiava di Roma […] siam pronti alla morte, l’Italia chiamò”; l’unità che è negazione di conflitto, il male come esterno (“calpesti e derisi perché […] siam divisi […] le vie del Signore, […] uniti con Dio”).
http://www.quirinale.it/qrnw/statico/simboli/inno/
D’accordo storicizzare, ma almeno la Marsigliese viene da una rivoluzione…
E comunque, ci sarebbe da capire cosa è stato lo Stato per i Portoghesi rispetto a noi, diciam dopo Salazar via. Noi abbiamo ancora il tricolore dei Savoia e del fascismo (senza stemma, ok), ecco, (poi sbiadito da un qualche governo Belusconi nei rossi, se non ricordo male). E tutto quel che da lì s’è portato dietro, fino a Nassyria. E’ da allora che s’è ricominciato a cantare dappertutto l’inno nazionale, se non sbaglio.
Ma qui non è questione di nazione.
Non vorrei passare per nazionalista, ma c’è un limite anche alle inesattezze. Il “Canto degli italiani” – poi diventato “Inno di Mameli”, ecc. – è stato scritto nel 1848, e le sue parole, che oggi appaiono retoriche e pompose (ma l’hai letto il testo della Marsigliese, coi riferimenti al sangue impuro dei tedeschi?), andrebbero comprese nel senso che avevano quando furono scritte: tra l’altro, da un convinto repubblicano, che è morto difendendo una rivoluzione (quella romana) ben più avanzata, sul piano sociale, di quella francese. È un inno nato non per caso nella republicana e mazziniana Genova che ha rappresentato, per tutto l’Ottocento, il Risorgimento insurrezionale e repubblicano, cioè anti-sabaudo, dalle Cinque giornate di Milano alla Repubblica romana del 1849: e infatto fu vietato sia dai Savoia, sia dal regime fascista (con buona pace di quel che dice, qui errando, wikipedia), e fu immediatamente fatto proprio dai partigiani – morivo per cui fu preferito, rispetto ad altri, come inno nazionale quando ancora soffiavano refoli di “vento del nord”. Quanto al tricolore, non è sabaudo, e non ha nulla a che fare con la tradizione sabauda: nasce come insegna giacobina e repubblicana, che i Savoia sono stati costretti, obtorto collo, ad assumere come propria.
Nasce, ma è distante anni luce dalla tradizione francese da cui in ultimo deriva, e lo è in senso infinitamente più patriottico e nazionalista, nonché cattolico (come Mazzini appunto) e discretamente splatter, che rivoluzionario (borghese sia pure, ma non solo). Ogni istanza di quel genere scompare.
Basta leggersi le parole e confrontarle, anche riportandole in quel contesto. Il solo problema è l’unificazione nazionale vista come salvifica (Siam da secoli calpesti e derisi perché siam divisi, ci unisca un’unica bandiera; l’unione e l’amore rivelano ai popoli le vie del Signore ecc.). Il testo fu scritto nel 1847, quindi prima della proclamazione della Repubblica romana del febbraio 1849.
Dopodiché anche tra i partigiani c’erano i nazionalisti. E i cattolici.
Lo stesso è stato del tricolore stemmato Savoia, simbolo di oppressione monarchica più che di altro. Ma se si era cresciuti con quei simboli, magari nell’ultima atmosfera dell’irredentismo, a quelli, nel bel mezzo di una guerra, ci si attaccava, nel momento in cui si cercava di rifarsi a qualcosa che fosse altro dal fascismo – e scongiurasse pericoli diabolici di coscienza di classe.
Gli inni nazionali di ispirazione ottocentesca andrebbero lasciati tutti perdere in situazioni come l’attuale; prenderli come simbolo di unità (di chi? di cosa?) davanti al liberismo mi pare un errore marchiano. (Il nemico è “fuori” ecc. ecc. ecc.)
Messina è un caso talmente interessante che già alcuni docenti universitari stanno istituendo un osservatorio… per farsi un’idea, ecco cosa sta nascendo ad appena un mese dall’elezione di Renato http://renatoaccorintisindaco.it/manifesto-per-la-rete-delle-citta-in-comune/
Secondo me sia qui su Giap sia in generale in Italia ci stiamo un po’ fossilizzando in uno scontro costante tra due visioni contrapposte: chi fa di necessità virtù e dice che bisogna cogliere l’occasione della scomparsa della sinistra organizzata per fare finalmente la sinistra senza partiti e senza sindacati che fa le lotte sul territorio e se ne fotte di tutto il resto, e chi invece è ossessionato dalla questione politico-elettorale e pensa che finché non troviamo la formula magica per avere un bel partitone di riferimento siamo spacciati. Però le lotte si moltiplicano anche senza partitone, ma appena si sviluppano e mettono un po’ di radici nel popolo non si accontentano mai dell’antagonismo ma puntano al protagonismo organizzato, esprimono l’aspirazione a risolvere i problemi una volta per tutte cambiando segno al potere (la frase che ho sentito più volte davanti a una fabbrica in chiusura dove stiamo andando è “Se avessimo un governo diverso…”).
Si continua a parlare di come sono messi meglio di noi quelli negli altri Paesi, e si continua a non vedere lucidamente il processo che ha portato il quadro della mobilitazione sociale e dell’organizzazione di classe in altri posti ad essere in una posizione più avanzata della nostra – e comunque non priva di contraddizioni anche pesanti, perché va bene dire “Facciamo come in Grecia” e lo dico sempre anch’io ma vediamo anche come sono conciati il movimento e la sinistra in Grecia in tutte le sue principali componenti.
La particolarità della situazione italiana è anche dovuta al fatto che il momento di crisi di credibilità massima della sinistra radicale (2008, Sinistra Arcobaleno) è coinciso con l’inizio della crisi e con la fondazione del PD. Crisi e austerity sono anche state più lente nell’attaccare rispetto a Paesi economicamente più fragili, le contraddizioni tra CGIL e FIOM si sono temporaneamente risolte in un modo deprimente invece che dando uno sbocco sul quadro politico, il contraccolpo dato dalla base di Rifondazione alla crisi del 2008 e all’offensiva di Vendola si è esaurito rapidamente sugli scogli delle difficoltà e degli opportunismi elettorali, il Movimento 5 Stelle ha occupato e sterilizzato gli spazi che si sono aperti durante il governo Monti.
In tutti questi fattori che hanno determinato le difficoltà della sinistra non ne vedo neanche uno che non sia superficiale e congiunturale, non ne vedo neanche uno che prometta stabilità duratura a questo sistema. Va sempre di moda dire che le cause di qualcosa sono profonde, ma spesso non è vero. Mi perdonerete se metto un link agli amici miei, ma questo articolo mi ha colpito moltissimo perché cita come gli sbirri vedono la situazione sociale e politica in Italia; secondo me dice più di tanti ragionamenti inter nos: http://www.marxismo.net/politica-italiana/quello-che-la-sinistra-non-vede-il-conflitto-sociale-con-gli-occhi-della-polizia
Non è questione di essere ossessionati “dalla questione politico-elettorale e pensa che finché non troviamo la formula magica per avere un bel partitone di riferimento siamo spacciati.” Né si tratta di preferire il movimentismo al partitismo o viceversa. La questione è che se i movimenti non trovano uno sbocco politico (sia questo un partito, un cartello o un comitato referendario) semplicemente non possono vincere perché per ottenere quello che vogliono devono o conquistare il potere (e lo si fa con un partito) o costringere chi il potere ce l’ha a fare quello che i movimenti vogliono (e questo o lo si fa coi referendum supportati dall’attenzione del movimento, come successo con l’acqua, o si fa con la resistenza non-violenta [e non è detto che basti, soprattutto se la questione è molto importante per le classi al potere], o si fa con la violenza, ma in questo modo NON si fa, perché ti alieni il supporto della popolazione, fondamentale per vincere). Consideriamo poi che non esiste in Italia un movimento “globale” nel senso di movimento che affronta tutti i problemi del reale politico, esistono solo movimenti specialistici, che affrontano solo lotte particolari. Il movimento NoTav è particolarmente esemplare in questo senso: in tanti anni sono riusciti semplicemente a stallare tutto, ma non potranno allontanare gli occupanti dalla Valle fintantoche non nasca un partito di sinistra che ritiri le truppe (o che abolisca il concetto stesso di truppe, ma questo è anche troppo avanzato da aspettare).
Ravviso, nelle critiche al PD, un senso di incredulità di fondo, come se ci aspettasse che Bersani o gli altri satiri un giorno confessassero che era tutto uno scherzo, che loro sono rimasti di sinsitra ed hanno solo giocato a fare gli inciucisti, i salvacorrotti, i militaristi, i bancarottieri.
Fuor di complotto, la verità è palese: il PD, e anche SEL (lo dico con l’esperienza diretta dell’essere Pugliese) non rappresentano i valori della sinistra in cui crediamo.
E allora ?
Grillo ?
Ci vuole pelo sullo stomaco a votarlo, ed esistono 1.000 ragioni per farlo o non farlo.
Di nuovo, e allora ?
Al tempo della seconda elezione di re Giorgio, Giuseppe Genna lanciò un manifesto on line per raccogliere persone e idee di una costitueda sinistra, ma dei manifesti on line sono piene le fosse.
E allora ?
Coraggio, militanza individualista, esperienza sul campo ?
Non è che si limitano a non rappresentare i valori della sinistra: sono proprio di destra. E non parlo della “destra-della-sinistra”, parlo proprio di destra. Rimuovere il conflitto intrinseco alla società è l’operazione preliminare di ogni pensiero di destra. E se pensiamo alla riflessione di Jesi sulla destra come massima spacciatrice di “idee senza parole”, cioè di concetti dati per certi senza essere mai spiegati, pensiamo all’uso che il PD fa di parole ormai vacue e indefinibili come “riforme”, “democrazia”, “cittadini”…
Come mai SEL non sarebbe di sinistra, scusate? Almeno sul lato del sociale lo è, mi sembra.
Senza volere aprire una tavolata inutile su che cosa sia la sinistra, s’intende.
Nel commento menzionavo il PD, che ritengo in tutto un partito di destra. Trenta-quarant’anni fa sarebbe stato a destra del PLI (ma meno laico).
Caro Wu Ming 1, io rispondeto a dikotomiko che parlava di SEL : )
“il PD, e anche SEL […] non rappresentano i valori della sinistra in cui crediamo.”
questa discussione è essa stessa illuminante, anche per il solo fatto che ha luogo… e ha luogo su un blog come questo… e per il solo fatto che ci siano ancora persone che credono/pensano (fosse anche in modo dubitativo) che il PD si possa in qualche modo collocare a “sinistra”…
ma sveglia ca##o! volete aprire occhi e orecchie?
il PCI degli ultimi anni (memo: compromesso storico) era già socialdemocratico con forti tendenze centriste, poi c’è stato l’outing con il PDS e via via sempre più verso il centro e il centro-destra (tralascio tutti i passaggi per farla breve)…
fino al PD che oggi è una roba cattocentrista liberista di DESTRA (hint: larghe intese = compromesso storico reloaded, con traslazione a destra: il PD che sta al centrodestra e i fasci-PDL+nazi-Lega ecc. che stanno a destradestra)
se non si fosse capito, lo ripeto: il PD sta a DESTRA!!!
Questa storia del “tifo” a me sembra molto vera. Quando il governo Monti sostituì Berlusconi, persone insospettabili erano convintissimi che sarebbe stato migliore. E lo erano anche sei mesi dopo e forse continuano ad esserlo. Per un sacco di gente, anche di sinistra, è diventata del tutto irrilevante l’attività di governo; non importa se migliorano o peggiorano i dati sull’occupazione, sul reddito, se finanziano o no scuole private, se consentono scempi ambientali o faraoniche quanto inutili grandi opere. Inutile un discorso “politico”, tutto ridotto a tifo: il mio è meglio del tuo; “ma allora preferisci che vinca quello stronzo di”, “c’è sempre uno più puro”, “ma vuoi mettere la Boldrini con Fini o Schifani con Grasso” e via di questo passo. Tu sei un semplice spettatore, come allo stadio o in tv. Beniamino Placido raccontava di un’intervista fatta ad un pastore sardo ai tempi dello scudetto del Cagliari: “ma scusi, a lei cosa ne viene se il Cagliari vince lo scudetto?” con la risposta “e cosa me ne viene se non vince?”. Ecco, la perdita di fiducia sull’attività politica è di questo tipo. Tutto è diventato inutile, il mondo non si cambia, che almeno vincano i miei, anche se per me sarà lo stesso. Il meccanismo ricade come un macigno su quelli che immaginano (non solo da seduti) mondi diversi e attività politica che sia altro dal solo voto. Persino l’impegno tradizionale – la riunione di partito, la militanza culturale, la campagna elettorale con quattro soldi – è diventato oggetto di sarcasmo, figuriamoci quella “moderna”, fuori dai partiti, legata a singole questioni che da “parte” diventano “tutto”. Tutti questi sono “estremisti”, “sognatori” ma che soprattutto “invece loro cosa cambiano”? Quindi alla fine, meglio “noi” che lavoriamo sodo (ovviamente gli altri no, tant’è che hanno tempo per queste attività inutili).
Proprio in questi giorni è uscito un pezzo sulla questione dell’euro. Il pezzo si apriva con un “astenersi quelli che credono di fare la rivoluzione, continuino a prepararla, non perdano tempo con questo”. La stessa questione dell’euro (sacrosanta, come lo sarebbe quella del controllo dei capitali o della ri-pubblicizzazione della Banca d’Italia o quelle della nazionalizzazione di aziende e banche) diventa, persino a sinistra del PD un pezzo ancora nelle mani dei pensosi saggi che sanno che il mondo si cambia a poco a poco e che gli estremisti, alla fine, fanno il gioco del PD.
Se ne esce? Si, secondo me si. In fondo negli anni ’30 sono convinto che le cose fossero messe molto peggio e non erano in tanti a credere che le cose sarebbero cambiate tanto rapidamente. Certo, il grande capitale non farà lo stesso errore di allora, ma siamo marxisti no? non nasconderà le contraddizioni per sempre.
Ecco, per esempio, uno che non legge Giap: sul manifesto di oggi “Il popolo di centrosinistra chiede unità e cambiamento”, Franco Giordano http://www.lasinistraquotidiana.it/?p=5728
Tutti i tic e gli esercizi verbali (verbosi) della “sinistra” contemporanea.
A proposito di ostacoli, “tappi” e gente che per anni ci ha detto (e continua a dirci) che con la merda si deve convivere…
Se non si iniza con lo scaricare personaggi come Giordano (ma la lista sarebbe lunga) hai voglia a sforzarti di sciogliere gli equivoci e a rilanciare un progetto di sinistra degno di chiamarsi tale!
Io non capisco una cosa, su questo affare del convivere con la merda e del cosa si è sbagliato finora.
Il luogo comune vuole che la sinistra sia divisa in partitini sempre più piccoli e che riesca a litigare su tutto ( e che dunque non governi, non sia in grado di fare nulla ), oltre al fatto che c’è sempre qualcuno che è più di sinistra di un altro. Se nasce un progetto di sinistra come si deve, sarà un partito? Mi auguro di sì, avrebbe il mio voto ( per quanto io ho votato SEL e ho letto da poco gli articoli di Girolamo de Michele, a proposito di convivere con la merda ). Ma poi in parlamento se non ti allei con il PD o con qualcun altro, la maggioranza non la ottieni. Puoi fare mille lotte fuori, ma se ti candidi ti candidi per governare, o sbaglio? E se governi dovrai convivere con la merda, perché non tutti la pensano come te, e con loro le persone che li hanno votati.
“se ti candidi ti candidi per governare”
ecco, questa e’ una cosa che per me e’ incomprensibile. sara’ forse un fatto generazionale, ma io in questo ordine di idee non ci sono mai entrato e non capisco come si faccia ad entrarci. ci si puo’ candidare per tanti motivi. senza tirar fuori per forza il pci e il suo ruolo – con tutti i limiti che vogliamo – nel fornire uno sbocco legislativo ad alcune delle lotte degli anni sessanta-settanta (robetta tipo statuto dei lavoratori), penso ad esempio alle denunce di lelio basso sulla tortura negli anni cinquanta. e penso che non sarebbe male se in parlamento ci fosse qualcuno del suo stampo a denunciare la repressione in val di susa.
grazie per la risposta. Direi che non c’entra il fatto generazionale, la mia non è neanche una certezza. Poi certo ci sono vari modi per incidere, quelli detti da te ( ho letto un saggio di Della Porta sui cambiamenti nelle forze dell’ordine ), la via referendaria eccetera. Ovviamente si sta in parlamento per rappresentare ( e denunciare ) e si può fare giustamente opposizione. Magari è più efficace la via intransigente, non lo so. Però se dai appoggio a un governo e sei decisivo, e poi fai cadere un governo per essere intransigente, cosa ci guadagni? E se non governi mai non perdi di efficacia? Al di là delle porcate, che tanto restano. Però perché è così incomprensibile l’idea di governare?
@jackie.brown
Secondo me chi pensa che si debba stare sempre all’opposizione è una minoranza veramente microscopica non solo nella società ma anche nella sinistra più estrema.
Semplicemente molti di noi pensano che piuttosto che essere complici di un governo che sta coi padroni è più lungimirante stare all’opposizione e da lì impegnarsi per ottenere un domani la forza necessaria a far governare la società ai lavoratori e alla povera gente.
Tutto sommato le classi oppresse sono maggioranza e quindi non è utopico pensare che possano riuscire a conquistare il potere (forse, sull’onda di lotte molto vaste, anche per via elettorale).
Che poi il punto è che anche tutti quelli di sinistra vogliono governare. Solo che davvero pensi di andare con il PD e governare tu? E’ mai successa questa cosa?
Più seriamente questa storia del “governare” è diventata curiosa. Io “governo per” non è che faccio “qualcosa per governare”. Voglio governare per redistribuire reddito, ribadire la laicità dello stato, fare in modo che la giustizia non sia classista (i giudici, con rispetto parlando, sono prevalentemente dei pezzi di merda, scusate il tecnicismo), accogliere gli immigrati eccetera eccetera. Se queste cose non le posso fare a che cosa cacchio mi servirebbe governare?
ok, probabilmente è più lungimirante consolidare un’opposizione. Ma ( @ robydoc ) per il futuro o il PD si scioglie ( e bisogna sperare che il suo elettorato rimanga ) oppure può migliorare e a quel punto non per forza il dialogo è infruttuoso. Io onestamente che le classi oppresse siano maggioranza non lo credo, a meno che non ne facciamo una questione di reddito ( ma l’asticella dove la mettiamo? ) oppure che non le consideriamo inconsapevoli della propria condizione. Ma su questo devo riflettere e studiare.
@jackie.brown
“Io onestamente che le classi oppresse siano maggioranza non lo credo”
Quindi pensi che la maggioranza sia composta dalla classe dominante? Dovremmo essere nel regno del Bengodi quindi…
“a meno che non ne facciamo una questione di reddito”
Be’, un po’ sì. Così a occhio direi che il motivo per cui la classe al potere sta al potere è perché vuole guadagnarci.
“ma l’asticella dove la mettiamo?”
Da qualche parte a metà tra l’italiano medio e Silvio Berlusconi.
“oppure che non le consideriamo inconsapevoli della propria condizione”
Molti di loro lo sono, e molti di quelli che invece sono consapevoli non sanno bene come uscirne. Niente di nuovo sotto il sole, direi.
@ Mauro
beh, bisogna intendersi sulle parole. Io potrei far parte degli oppressi rispetto a Silvio B., ma potrei essere dominante rispetto a un lavoratore sfruttato qua o in qualche parte del mondo. Ma non mi sento affatto oppresso, non ho subito particolari ingiustizie ( parlo di ingiustizie sistemiche, non di cattivo governo ), seppure non sono un benestante. Mi sono sempre chiesto come mai la sinistra non vinca sistematicamente le elezioni in ogni paese occidentale. Mio padre ha fatto l’infermiere, mia madre è impiegata alla regione, dopo aver fatto la portinaia. Sono oppressi? No, infatti votano PD. Inoltre c’è chi si sente oppresso dallo Stato e chi dai padroni o da entrambi.
@jackie.brown
“beh, bisogna intendersi sulle parole.”
Scusa ma mi sembra un semplice sofismo per sfuggire alla semplicità della faccenda, che praticamente chiunque, quando parla seriamente e non per paradossi o per fare le pulci, capisce al volo.
Di conseguenza abbandono volentieri la sterile discussione, lasciandoti nel terribile dubbio se una portinaia sia o non sia parte dell’élite dominante in questa società.
mah, presumi un po’ troppe cose, tipo che starei usando paradossi ( no ) o che giochi, perché altrimenti è tutto molto evidente. Che la discussione sia sterile per te mi pare ovvio, ma lo era in partenza, dato che sono io che pongo questioni o dubbi per mio interesse, ma questo non vuol dire che ti stia prendendo in giro ( potrei essere inconsapevole di farlo ). Che però classe oppressa sia quello che vuoi tu non mi pare così semplice, e neanche così automatico che allora fai parte della classe dominante. La portinaia pagata dallo Stato ( o cmq pagata in modo da vivere decentemente ), per come la vedo io non fa parte degli oppressi e neanche dei dominanti, quindi non è utopico che le classi oppresse possano conquistare il potere, è che queste classi è tutto da dimostrare che siano classi, dal momento che per via elettorale non si è mai manifestata questa congiuntura.
Poi parlando di reddito se raggiugiamo quella asticella cosa impedisce di metterne un’altra? Ma l’idea che tutti debbano guadagnare lo stesso non è per forza più giusta, oltre al fatto che non risolve il problema di chi dovrebbe fare i lavori peggiori, e la disuguaglianza di per sé non è sinonimo di dominio o di oppressione ( e neppure di ingiustizia ).
Ecco… forse anche per chiarire terminò logicamente la querelle con @Jackie.brown sarebbe meglio parlare di sfruttati/sfruttatori. Dicotomia che non appartiene ai sedicenti democratici che infatti si riempiono di continuo la bocca di “Paese” come se “fossimo tutti sulla stessa barca”. In effetti siamo tutti sulla stessa barca, ma c’è chi balla in prima classe e chi arrostisce nelle stive della terza. Ah, la seconda classe è quasi vuota.
ps
curiosamente, dopo la tua imbeccata:
http://www.leliobasso.it/documento.aspx?id=41f6802b63587abccd2881e8d88cfe16
:-)
“L’unico risultato veramente importante del centro-sinistra è stata la cattura del Psi: io non guardo alle cose che doveva fare e non ha fatto, ai programmi non realizzati, tanto non ci ho mai creduto. Ma questo aspetto, la cattura cioè del partito socialista e la conseguente scissione nelle forze della classe lavoratrice è importante anche perché ha diminuito l’ampiezza dell’opposizione. Ora io vorrei dire a Nenni: se tu vai al governo in una situazione come questa, in cui la Dc fa quello che vuole, non ottieni proprio nulla; ma una forte opposizione, invece, può ottenere qualcosa. Se la Dc vedesse ogni cinque anni le sue posizioni indebolirsi, se fosse schiacciata, tallonata da una opposizione forte, che avanza anche numericamente perché riesce a creare una tensione nel paese, probabilmente farebbe di più. Così invece, l’opposizione è indebolita dalla sterilizzazione del partito socialista.
E vorrei sottolineare un altro aspetto negativo di questi cinque anni di centro-sinistra: il trasformismo del Psi, il fatto che un partito con grandi tradizioni di lotta alle spalle sia andato al governo per lasciare le cose più o meno com’erano, ha contribuito a far crollare la fiducia dell’opinione pubblica nei partiti. Proprio così: oggi la gente tende a non distinguere più fra partiti di governo e partiti di opposizione, attacca il sistema dei partiti dicendo che sono tutti eguali, proprio perché ha l’esempio fisico del Psi, questo partito che dopo aver detto per molti anni, quand’era all’opposizione, certe cose, è andato al governo e le ha dimenticate.”
LOL
Il passaggio-chiave nell’intervento di Giordano, a mio parere, è il seguente:
“Bisognerebbe rifuggire da due complementari tentazioni presenti nel dibattito: un adattamento acritico e silente al marasma del Pd e l’antico richiamo identitario di una formazione che assembla forze alternative al Pd medesimo nell’illusione di uno spazio politico ripetutamente negato da tutte le più recenti tornate elettorali”.
Secondo Giordano, non c’è alternativa al PD per il semplice motivo che in parlamento si entra solo alleandosi col PD.
Questo è il succo. Tutto il resto, nel testo di Giordano, è così sciatto, così impersonale e stereotipato, così tirato via, da apparire palesemente strumentale. E’ evidente che Giordano riesce ormai a ragionare solo in termini di seggi da acquisire alle elezioni e di possibilità o meno di andare al Governo.
Mi vengono in mente certe vecchie analisi di Marcuse sul modo in cui determinati linguaggi rivelano un grado pauroso di chiusura mentale, di incapacità anche solo a concepire qualsiasi cosa esuli dai binari predefiniti del proprio sapere tecnico. Ormai, più che di cretinismo parlamentare, bisognerebbe parlare di “sinistra a una dimensione”.
E purtroppo non si tratta solo di Giordano. Come si vede anche dall’aneddoto che avevo raccontato in questo http://viadiscorrendo.blogspot.it/2013/01/io-non-sono-piu-niente.html
post è un sentimento diffuso, temo in tutto ciò che è stato parlamentare e rimane di sinistra. Il timore di essere irrilevanti li ha condannati alla definitiva irrilevanza.
Io non penso che in futuro potranno fare ancora danni come hanno fatto con rivoluzione civile, credo che quel fallimento li abbia definitivamente affossati e che quindi possiamo smettere di occuparcene. Però tenendo presente la lezione.
E’ che il simpatico Giordano reitera il ragionamento – tipicamente rifondarolo/pdcino – per cui la “sinistra” non conta più un cazzo in Italia perchè è scomparsa dal Parlamento, dunque non facendo più parte delle istituzioni dove si manovrano le famigerate leve del potere, non riesce più ad incidere sulla società.
E’ vero esattamente l’opposto: la “sinistra” (in questo caso quella dei partiti ex-post comunisti) è scomparsa da anni dalla società, si è ritirata da ogni contesto “vivo”, e la conseguenza di questa ritirata è stata la scomparsa elettorale. Invertire la causa con l’effetto è il giochino retorico che impedisce a questi dirigenti di fare i conti con la propria sconfitta, che non è solo la loro personale ma soprattutto quella di un pezzo di società lasciato senza rappresentanza, e che in assenza di altro la sta ricercando in “organizzazioni politiche” sempre più distanti da ogni possibile idea di sinistra.
Ad ogni elezione provano a centrare il jolly di una possibile sopravvivenza elettorale, non capendo che quella elettorale non è una lotteria che può andare bene o andare male a prescindere da quello che fai e da quello che sei durante il resto dell’anno. E’ il risultato del tuo lavoro sociale, dell’alimentare i conflitti, organizzarli e dargli una prospettiva politica, è insomma il risultato della capacità di dare a un pezzo di società una visione comune dei propri problemi e delle rispettive soluzioni.
Alessandro
ma come si fa ancora ad argomentare sul PD?cos’altro deve succedere perche’ si smetta di dire:”conosco delle persone DI SINISTRA che sono dentro al PD,magati confuse,magari imbrogliate,ecc,ecc,bla,bla”???
non sarebbe meglio dirigere energia e forza su altri obbiettivi?non manca forse una analisi un po piu profonda e un po piu centrata su ognuno di noi rispetto al proprio stile di vita,su cosa si “consuma”,sia a livello fisico che mentale,su come ci si relaziona con gli altri e con noi stessi.
perche’ ancora il mito tipo:”il parito comunista andava piu o meno bene…poi la diaspora..rifondaroli..i comunisti italiani..e avanti cosi con DS e l’ulivo e ancora il PD,sel,ecc,ecc,…ma come si fa a non rendersi conto che il problema dell’essere o no di “sinistra”(per usare una categoria alquanto abusata…) ha radici ben piu profonde che questi ultimi 20-25 anni???
come si fa solo a pensare a un cambiamento insieme a personaggi che visto nella loro vita privata non si differenziano in niente o quasi da altri che invece votano “a destra”,se non per un delirio autoreferente che li fa pensare ed interagire come se fossero ancora(!!??!!) di sinistra?non saro’ l’unico qui a rendersi conto che alla fin fine,alla ora di fare i conti non c’e una grande differenza fra dx e sx..e non solo in parlamento..ma anche alla base…il modello consumistico e iperliberista si e’ imposto su tutti i fronti e non solo in italia,am anche in europa(do you remember tony blair?)
perche per vedere atteggiamenti normali,che poi si definiscono immediatamente straordinari,quando invece sono solo coerenti normalmente,si deve andare fino in uruguay,per vedere dove e come vive il presidente della repubblica?
non ci rendiamo conto di quanto antropologicamente siamo cambiati,di quanto ormai l’omologazione abbia raggiunto una vetta di normalita che e’ impossibila da smascherare perche e’ ormai troppo generalizzata???
e la cosa piu bella e’ che se qualcuno cerca in modo autogestito di fabbricare esempi di relata’ differente partendo dal basso,ritirandosi verso un tipo di vita diverso,viene tacciato dai vari movimentisti come qualcuno che si rifugia nel privato,che scappa dalle lotte(ma quali?)che si esime dalle proprie responsabilita,quando invece solo con l’esempio quotidiano che parte da noi stessi si puo cercare di individuare un percorso fattibile e relamente alternativo allo schifo che ci amalgama a tutti e ci omogeinizza senza che neanche ce ne possiamo rendere conto.
Mi dispiace tornare su qualcosa su cui si è già discusso molto, tuttavia anche io credo, come Little Commie Craig, che dire che il pd oggi sia l ostacolo principale alla nascita di una sinistra radicale e anticapitalista in Italia sia un errore. Il vero problema, secondo me, e quello proprio non solo di tanti partitini rappresentativi solo di loro stessi, ma anche di grosse parti di movimento, che continuano a vedere nel pd e in sel referenti o potenziali alleati. Questo equivoco però non mi sembra tanto del pd quanto ‘nostro’, il pd ha dimostrato negli ultimi anni la sua totale ostilità alle lotte e la sua cieca ostinazione nel difendere lo status quo, sta a noi imparare a trattarlo come un nemico al pari del PDL, la lega e tutti gli altri. Personalmente non credo che l equivoco in questione sia così presente e importante nella società italiana quanto lo e fra i militanti, certo ci sono milioni di persone che votano il pd, ma non credo che questi siano i potenziali nostri alleati nel futuro prossimo, sono (ovviamente non tutti ma la maggior parte) piccolo e medio borghesi che dal capitalismo (pensano) di avere tutto da guadagnare. Allo stesso tempo fette sempre più ampie di nuovo proletariato hanno nei fatti superato questo equivoco e le nostre analisi; sono tutti quelli “ne di destra ne di sinistra” ma “di sinistra” che non votano proprio e che tutta via sviluppano sempre di più l ostilità verso lo stato, la legalità borghese e i padroni e che già sanno identificare il pd stesso come un altro partito dei padroni.. Ecco io credo che noi dovremmo smetterla di pensare a cosa fa questa pseudo sinistra e concentrarci sui soggetti sociali che queste contraddizioni le hanno già superate e che nelle metropoli italiane sono tutt altro che minoritari.
La penso nello stesso identico modo. Non è il PD: è una parte di noi il problema, che continuiamo a proporre sante alleanze con chi dovremmo trattare come nemico, mentre paradossalmente fette sempre più larghe di popolazione si distaccano – coscientemente o meno – proprio da quei partiti identificati come cause della propria povertà (ma qui non c’entra l’analisi di Wu Ming, che invece coglie bene la contraddizione principale del PD).
Se l’elezione di Marino a Roma (ad esempio), votato da meno della metà dell’elettorato, viene salutata come vittoria “antifascista”, c’è evidentemente un problema di analisi politica, di tattiche sbagliate, di coazioni a ripetere (o a riperdere). Ci si concentra sul dito (il risultato elettorale del PD), dimenticandoci della luna (l’irrilevanza di una proposta politica di classe, l’enorme astensionismo, ecc..).
Una volta ci si lamentava della società dei due terzi, dove un terzo veniva escluso dal progresso e dall’inclusione sociale. Stiamo rapidamente arrivando alla società dell’un terzo, quel terzo che si trova rappresentato più o meno bene dalle attuali proposte politiche. Due terzi della popolazione sono ormai di fatto esclusi da ogni possibile forma di progresso (almeno nei paesi occidentali post-industriali). Di questo passo tale esclusione si rispecchierà anche a livello elettorale. Un terzo di votanti si sceglierà la propria proposta politica più corrispondente; due terzi se ne asterranno, voteranno a caso o se ne disinteresseranno. A noi decidere se occuparci di tattiche politiche riguardanti quel terzo o decidere di organizzare quei due terzi non rappresentati.
Alessandro
Nel frattempo, ci dimentichiamo di una base locale del PD, il quale non è solamente la direzione nazionale.
https://www.facebook.com/photo.php?fbid=10151773528997489&set=a.473524202488.251072.260348547488&type=1&relevant_count=1&ref=nf
Forse – anzi, nessun forse da parte mia – è ora di tifare rivolta anche per il PD…
P.S. quel foglio l’ho firmato e l’ho ancora a casa, anche se la X io la misi su SEL innervosito da una deriva centrista del PD. Strategia di voto comunque fallimentare.
Nel frattempo, ci dimentichiamo di una base locale del PD, il quale non è solamente la direzione nazionale.
https://www.facebook.com/photo.php?fbid=10151773528997489&set=a.473524202488.251072.260348547488&type=1&relevant_count=1&ref=nf
Forse – anzi, nessun forse da parte mia – è ora di tifare rivolta anche per il PD…
P.S. quel foglio l’ho firmato e l’ho ancora a casa, anche se la X io la misi su SEL innervosito da una deriva centrista del PD. Strategia di voto comunque fallimentare.
Confesso di non aver letto tutti i commenti. L’articolo mi è piaciuto: concordo sulla visione de PD come principale ostacolo o g g i all’organizzarsi di una sinistra più larga in Italia; diiacmo pure che lo si vedrebbe ottimamente come partito di destra se si scompaginasse il blocco sociale estraneo agli interessi più marcatamente “mafiosi” dell’attuale partito di cdx: la “continuità con l’agenda Monti” invocata da Bersani in campagna elettorale vorrà pur dire qualcosa, andassero in pace.
Non mi sembra che si possa dire che il PD si limita a “negare il conflitto”, per quanto l’idea del conflitto sia cara a questo blog. Il PD ha una parte attiva nel conflitto, come mostrano le sue politiche in termini di redditi e lavoro che ha già negli antenati, dall’abolizione della scala mobile (1993) in poi, per arrivare alle riforme Fornero, al mancato referendum per cui erano state raccolte le firme necessarie e a quanto ha fatto il governo Letta allentando ancora più i vincoli del precariato. Il PD negherà magari il conflitto a parole, ma lo pratica con veemenza e determinazione. Ha una parte chiarissima nell’odierna rideterminazione europea e globale degli spazi di manovra delle classi sociali, e non è quella delle conquiste delle fasce più deboli.
Spero che il piacione coi riccioli alla vostra destra mi risparmi la mannaia (mi molesta quello lì, ecco).
“e a quanto ha fatto il governo Letta allentando ancora più i vincoli del precariato”
Perché, il governo Letta ha fatto qualcosa?
Sì. Ha ridotto ancora i tempi tra un contratto precario e un successivo, e ha tolto la necessità di una causale che precisi perché il contratto dev’essere a tempo determinato anziché indeterminato non solo per il primo contratto, ma anche per i successivi.
Mi sembra che abbia allentato i già debolissimi vincoli della Fornero pure sulle partite IVA.
Questo governo agisce, anche se non sembra. Sulle riforme costituzionali, ad esempio, in senso autoritario (repubblica presidenziale, possibilità di riformare la Costituzione pure senza maggioranza qualificata ecc.).
http://www.ilfattoquotidiano.it/2013/06/19/ricetta-jp-morgan-per-uneuropa-integrata-liberarsi-delle-costituzioni-antifasciste/630787/
e il documento linkato dall’articolo sembrano proprio le sue linee guida…
Sicuramente lo sapete già, ma avete spinto Leonardo a tirarvi in ballo e fare un po’ di polemica. Anche se, più che in difesa del PD, mi pare si schieri per una rassegnata accettazione della mancanza di alternative.
Anche se forse alla fine è la stessa cosa…
http://leonardo.blogspot.it/2013/07/dal-g8-grillo.html#comment-form
Sicuramente non è educato commentare il post di Leonardo qui, però fatemi dire che non si possno leggere frasi come “e allora che proponete?” “le elezioni a settembre?”. Un politicismo devastante.
Il PD non ha nulla di sinistra… si dice giustamente, poi c’è che dice che chi di sinistra lo vota e sostiene e per scongiurare un male maggiore… ugualmente realistico.
Ma se questo è ormai un partito democristiano perché non prenderne atto? E perché non capacitarsi che come c’èra prima questa corposa parte elettorale catto-tutto-e-di-più della società non dovrebbe esserci oggi?
In passato per chi voleva, foss’anche per scongiurare il male maggiore, partiti di sinistra c’erano, intendo comunisti, ma non raccoglievano consensi adeguati.
Il perché è sempre da ricercare nella volontà popolare o plebiscitaria la mancanza di certe scelte: questo paese non va e non vuole andare a sinistra… inutile piangere sul latte versato.
Secondo me l’unico imprevedibile sviluppo poteva essere l’accettazione da parte del m5s della “mano” tesa di Bersani. Di sicuro se avesse accettato non saremmo dove siamo, ma neanche dove saremmo andati, un mistero insomma. Non ho simpatie per entrambi, però l’arma ricattatoria usata dalla destra PD insieme al PDL è secondo me inferiore a quella che sarebbe stata un rivolta grillina a un volta faccia de PD… infatti dopo il famoso rifiuto di Grillo il m5s ha perso gradualmente colpi, e pure parecchi, nonostante strampalata quanto pretestuosa storia che comunque il PD avrebbe favorito Berlusconi… io non ci credo, il PD con quella proposta si sarebbe infilato in un cul de sac dal quale non ne sarebbe mai più uscito, rimane da capire se Bersani lo fece inconscamente o sicuro del rifiuto di Grf e dico questo perché anche se non si può mettere la mano sul fuoco per un cambiamento almeno parziale ne è venuto fuori il vero dramma di questo paese: è governato da cattofasci eletti da cattofasci, l’opposizione poi sta in mano ai peggiori… vedi proprio in queste ore l’assenza dei parlamentari m5s e SEL, dopo tanto minacciare sfracelli e raccogliere voti sulla questione NoTav… meglio kazzekaggiare???
azz… m’è scappato un tasto:
“Bersani lo fece inconsciamente o sicuro del rifiuto di Grillo… personalmente propendo per la seconda visto quant’era chiaro il ruolo del m5s come pompiere antisstema, e dico questo etc…
mi scuso:(
Per chi non ne fosse al corrente, un fatto che riporta a molti temi trattati su questo blog.
Marta, studentessa di Pisa, era in Val Susa il 19 luglio a manifestare contro la Torino-Lione. Come tant* altr* (una 60ina di feriti) ha ricevuto i manganelli, ha inoltre denunciato di essere stata toccata nelle parti intime e insultata dagli agenti di polizia.
Oggi il PD di Pisa ha respinto la mozione di solidarietà a Marta in consiglio comunale.
Questo inoltre un fantastico tweet offerto da Stefano Esposito, PD (punteggiatura originale dell autore):
Stefano Esposito @stefanoesposito:
“Parte da Pisa per andare a fare la guerra allo stato, prende giustamente, qualche manganellata e si inventa di essere stata molestata #bugia”
http://abbattoimuri.wordpress.com/2013/07/26/pisa-il-pd-non-vota-la-mozione-di-solidarieta-a-marta/
Posso dire a cosa penso ormai quando sento dire “PD” o le bestemmie su Giap sono poco gradite?
Ho letto con interesse tutti i commenti, i botta e risposta, ho dato anche il mio “contributo”.
Capisco chi dice sia difficile trovare sia “il come” sia “il cosa”: creare un partito o un movimento? continuare le lotte e aspettare che altri creino delle alternative? E così via…
Ma ci sono due domande che sono secondo me fondamentali e da risolvere prima di fare certi passi:
– perchè il M5S sì e il PD no? Si tifa rivolta nel M5S, tentando di attirare il loro voto, mentre per il PD si desidera la disintegrazione del partito.
– perchè si considerano gli elettori del PD come persone “non desiderate”, appartenenti ad una classe sociale non di sinistra, confondendo così le classi sociali e la lotta di classe (veramente e ancora esistenti) con l’idea di sinistra?
Insomma, ci sono stati tanti spunti interessanti, ma mi sembra di trovare anche una vecchia idea di “extraparlamentarietà”, o anche l’idea di ritornare a votare altri partitucoli di sinistra. Tutte cose che renderebbero i nostri sforzi terribilmente inutili.
La seconda delle tue domande chiama in causa altri, ma la prima:
“perchè il M5S sì e il PD no? Si tifa rivolta nel M5S, tentando di attirare il loro voto, mentre per il PD si desidera la disintegrazione del partito.”
chiama in causa noi, perché “tifiamo rivolta” è un’espressione nostra. Ebbene, noi abbiamo più volte specificato che “tifare rivolta nel M5S” significa tifare perché il M5S venga devastato dalle sue contraddizioni interne e si tolga di mezzo insieme all’equivoco che rappresenta. Cioè la stessa identica cosa che ci auspichiamo per il PD.
Ovviamente la seconda domanda chiama in causa voi per il termine da voi coniato, ma penso che chiami in causa tutti quelli che lo abbracciano.
Probabilmente è solo una mia impressione, probabilmente sbagliata, mi sembra però che ci sia un desiderio di avvicinare quegli attivisti M5S che vengono ritenuti “onesti ma con le idee confuse dal pifferaio magico Grillo”, quelli che ad esempio hanno ripetuto più volte di essere stati di sinistra ma di non aver potuto partecipare alle scelte come riescono a farlo ora con il M5S, per fare un esempio.
Al contrario, per il PD ho letto molte righe da voi spese sul suo essere senza senso, sul fatto che sia un ostacolo per la costruzione di un vero movimento di sinistra, ma sui suoi attivisti ed elettori niente che li considerasse possibili partecipanti di un nuovo (per quanto finora fantomatico) soggetto. Immagino che abbiate le vostre idee al riguardo, ma non le ho lette.
Ripeto, sono mie congetture e nessuno ha l’obbligo di dare (ulteriori) spiegazioni o di essere “supplente per ogni materia”.
Ma come considero grave ed esemplificativa la parobola bersaniana sulla Lega, considero poco fertile e utile l’idea di eliminare dalla scena gli “ex compagni”.
Ecco perchè per me la seconda domanda chiama in causa anche voi: se vogliamo tornare a parlare di conflitto di classe bisogna ammettere che questo conflitto se lo portano dentro entrambe queste formazioni politiche.
Pardon, all’inizio volevo dire “Ovviamente la prima domanda chiama in causa voi…”.
PS: ma quale è il limite minimo di caratteri per un post? Se non ne metto abbastanza scatta il warning “attenzione: più il commento è corto, più è alto il rischio di scrivere cazzate” :-D
Scusami, ma conviene che la rileggi, questa discussione, perché ci attribuisci il contrario della posizione che abbiamo più volte, e in polemica con altri, espresso.
Chi ha fatto di ogni erba un fascio dicendo che tutti quelli che votano per il PD sono borghesi o di destra o stronzi lo abbiamo cazziato senza mezzi termini, e abbiamo ripetuto che secondo noi il PD è stato il più grande ostacolo e un grande equivoco (equivoco organizzato e perpetrato ad arte) proprio perché, nella logica del “meno peggio”, ha attirato i voti e i consensi – per quanto con la molletta al naso – di milioni di persone. Persone che, *ovviamente*, potrebbero e dovrebbero essere parte di tutt’altro percorso.
Questo è accaduto in Val Susa, per fare un esempio, dove migliaia e migliaia di persone hanno abbandonato il PD, il partito ha espulso frotte di suoi dirigenti e amministratori etc.
E’ di *questo* conflitto interno al PD che ci importa, quello che avviene nei territori, riguarda scelte concrete e ha come esito una nuova comprensione del ruolo nefando di quell’apparato.
Non ci interessa invece il finto conflitto interno delle correnti, degli esponenti più mediatizzati, della corsa alla segreteria etc., quella è fuffa politicistica, della quale il PD si nutre da prima ancora che fosse fondato, fuffa che non ha mai cambiato nulla, non ha mai alterato di un centimetro la rotta autoritaria, repressiva, liberista e austeritaria di quella forza politica.
Lo ribadisco con forza perché ciò non venga più equivocato: per noi la cosa migliore che si possa fare col PD è rinunciare a ogni illusione sul suo ruolo. Il suo ruolo è quello di servo obbediente dei diktat padronali e finanziari, nonché di zelante repressore delle lotte.
Scusa letterecaffé, ma quale parte della risposta di WM1 qui sopra non ti è chiara?
Della risposta qui sopra mi è chiaro tutto. Non solo: sono d’accordo su questa visione del PD, così come dei suoi elettori, attivisti ed amministratori (più o meno cacciati).
In particolare, sul PD che campa come l’alternativa “meno peggiore” così come questo ruolo non sia stato assunto per una “naturale demenza”, ma anzi con coscienza e in modo ben organizzato, ne parlo, scrivo (e litigo) da anni.
Ma rileggendo questa discussione così come altre, non riesco a trarne fuori una opinione così “forte” e chiara come invece è chiara la risposta sopra.
Sarò preciso anche io: se mi dici che tutti quelli che hanno fatto di ogni erba un fascio sono stati cazziati…non mi ci ritrovo proprio. Altrettanto precisamente ti dico che è il minore dei problemi, come scrittori non avete il ruolo di guardie morali.
Un mio (non solo mio, mi sembra che anche altri non avessero chiara questa parte della vostra visione) limite interpretativo sicuramente, ma sono contento della precisazione di WM1.
Ripeto (e riutilizzo un termine di Wu Ming 1): a parte questa idea comune sul PD, qui si incontrano persone con idee molto diverse sul futuro; non viene richiesta “supplenza” ma, piuttosto, un aiuto nel trovare dei metodi efficaci ed efficienti con cui comunicare e che permettano di ripartire da una base comune per dare vita a qualcosa di sinistra.
Però a me questo non sembra un problema nuovissimo. Se fossero esistiti i blog negli anni Settanta potremmo linkare a verbosissimi post che criticano il partito comunista di Lama. Il tutto è decisamente peggio, ma il punto è che per vincere le elezioni questi hanno fatto di tutto, e sono finiti a destra, molto. Il problema è però antropologico: se vuoi vincere le elezioni, in Italia, provi a essere di destra. A questo non trovo soluzione, anzi ne trovo sempre una. Migrare in massa, ma non risolve nulla.
Credo sia illuminante quanto scrive Lennepark: “se vuoi vincere le elezioni, in Italia, provi a essere di destra”. Molte difficoltà del PD e molti malumori dei suoi votanti nascono da qui: dalla consapevolezza che siamo in un Paese dove la vera egemonia culturale è di destra, non di sinistra, quando per “cultura” si prende un’accezione estesa, antropologica.
E allora bisogna chiedersi se, rebus sic stantibus, non esista anche una necessità di agire dall’interno e di trovare compromessi che tengano a freno una delle peggiori destre d’Europa.
Chi pensa che l’alternativa ai tanto vituperati “inciuci” e “governissimi” potrebbe essere qualcosa di diverso da uno sfacciato sultanato berlusconiano, si illude, almeno in questa temperie.
@Andrea
“la vera egemonia culturale è di destra”
Ma esiste uno straccio non dico di prova, ma almeno di indizio, a favore di questo luogo comune? L’ho sentito dire così tante volte che mi sono convinto che sia falso. :-)
Non pretendo di poter provare inconfutabilmente quanto affermo, ma ci sono alcuni indizi, afferenti a campi diversi, che dovrebbero far riflettere. Nelle elezioni politiche non c’è mai stata una maggioranza degli italiani che abbia votato a sinistra. Il PCI nel momento del massimo splendore ha preso poco più di un terzo dei voti degli italiani. Quando il sistema politico della cosiddetta “prima repubblica” si è sfaldato, i partiti che pur si sono presentati a sinistra del Pds-Ds-Pd non hanno mai raccolto percentuali significative e al massimo è potuto andare al governo, per periodi brevi, il “centro-sinistra”.
Ma lasciamo anche perdere i dati politico-elettorali: basta andare al bar o ascoltare una conversazione su un treno per cogliere, in molti casi, un “discorso comune” che è chiaramente connotato a destra: e spesso lo è inconsapevolmente. Esiste una costellazione valoriale di riferimento da cui affiorano continuamente machismo, insofferenza per le regole, comunitarismo, un razzismo posto in modo quasi “innocente” e scherzoso ma non per questo meno sintomatico di un sentire sottostante, disprezzo per la cosa pubblica, ammirazione per atteggiamenti predatori.
Elezioni politiche 1948:
Assemblea Costituente, PSIUP + PCI + PdAz + PSdAz + DL + PCIN = 42%
Elezioni politiche 1963:
Camera, PCI + PSI + PSDI = 45%
Senato, PCI + PSI + PSDI + PSdAz + PCI-CS = 46%
Elezioni politiche 1976:
Camera, PCI + PSI + PSDI + DP + PR = 50%
Senato, PCI + PSI + PSDI + DP + PR = 49%
Non vedo come questi dati possano dimostrare che il Paese sia da sempre sottoposto a un’egemonia di destra.
Non è vero neppure che nella Seconda Repubblica la gente che votava a sinistra del PDS fosse poca (e comunque questo non dimostrerebbe l’egemonia di destra):
Politiche 1992:
Camera, PRC = 6%
Senato, PRC = 7%
Politiche 1996:
Camera, PRC = 9%
Senato, PRC = 9%
Politiche 2006:
Camera, PRC = 6%
Senato, PRC = 7%
Ad ogni modo, mi sembra un po’ un ragionamento circolare dire che la sinistra perde le elezioni perché il Paese è di destra e il Paese è di destra perché la sinistra perde le elezioni.
Sull’andare al bar e ascoltare, a parte il fatto che ho molte perplessità sul fatto che i bar siano ancora un luogo rappresentativo della vox populi, io ci vado ai bar e sento discorsi di tutti i tipi, non sempre maschilisti, razzisti ecc. Mi sembra a dire il vero che, per fare un esempio, l’intolleranza verso gli omosessuali e verso gli stranieri sia pesantemente declinata negli ultimi anni e sia oggi in nettissima minoranza, al punto che addirittura la destra ufficiale fa fatica a difendere apertamente posizioni omofobe e razziste e deve trincerarsi dietro battaglie di retrovia (“OK alle unioni civili ma no al matrimonio gay”, “Non siamo razzisti ma andiamoci cauti con lo ius soli” ecc.). L’insofferenza per le regole non mi pare un tratto tipico della destra, anzi. Per quanto riguarda la cosa pubblica, se vogliamo affrontare il tema in termini politico-culturali e non moralistici, più che guardare a quante cartacce vengono buttate per terra io guarderei all’atteggiamento che ha la popolazione italiana verso le privatizzazioni, verso la difesa dei beni pubblici ecc., dove spesso prevale *anche tra chi vota a destra* una concezione di sinistra. L’ammirazione per gli atteggiamenti predatori io non l’ho mai vista neanche dipinta, l’odio per la “casta” che è così diffuso (fin troppo!) non si spiegherebbe se fosse vero questo luogo comune per cui l’italiano medio ammira chi fa il furbo.
Non sto dipingendo un Paese dove tutti sono di sinistra, sto semplicemente dicendo che la destra ha una sua forza che non è dovuta alla capacità di innestarsi con un presunto “sentimento nazionale” di destra dalle misteriose origini genetiche. Capire le cause vere della forza della destra (che comunque non è affatto “egemone” altrimenti riuscirebbe almeno a eleggere qualche sindaco) è essenziale se vogliamo combatterla, attribuire la sua forza a cause immaginarie è il modo migliore per perdere in eterno.
I dati elettorali che hai postato sono riferiti tutti ad elezioni in cui ha vinto il centro-destra, e fra l’altro hai messo insieme partiti che da una parte stessa della sinistra ricevevano l’accusa di… non essere di sinistra. Insomma, vogliamo negare il fatto che per decenni al governo non c’è stato un esponente di sinistra?
Discorsi da bar: anche io ne sento di tutti i tipi e non sto sostenendo che la regola sia ascoltarne di destrorsi. Diciamo però che la frequenza e il modo in cui sento trattare certi argomenti mi suggeriscono l’esistenza di una destra ancora radicata e forte, che forse non esprimerà un “sentimento nazionale” ma di certo ne interpreta una parte tutt’altro che trascurabile.
Certo, l’intolleranza verso omosessuali e stranieri è declinata, ma d’altro canto non è nemmeno sorta l’esigenza elettorale di sancirlo dal punto di vista normativo. Il PDL sostiene apertamente che gli omosessuali non devono avere gli stessi diritti degli eterosessuali, e questo non provoca affatto cadute di voti. Il PDL va a braccetto da sempre con un partito i cui esponenti principali fanno proclami apertamente razzisti e i suoi elettori, di certo, non lo trovano un motivo per smettere di votarlo. Il linguaggio è cambiato per questioni di “correttezza politica”, ma quando escono tirate razziste o “dagli al frocio”, nessuno straccia la tessera, e molti ammiccano più o meno silenziosamente. Personaggi che in un altro Paese d’Europa dovrebbero dimettersi un minuto dopo aver affermato certe idiozie, in Italia vengono difesi a spada tratta da colleghi di partito e da militanti della base, nella piena consapevolezza che lo scotto in voti da pagare per uscite anche pesantissime è inesistente. Non dico che sia una caratteristica degli “italiani” tout court. Ma di una quota rilevante e che spesso riesce a raggruppare una maggioranza relativa, sì.
Quanto a quello che definisci “luogo comune”, cioè l’ammirazione per chi fa il furbo, la retorica anti-casta non mi sembra la dimostrazione: la “casta” presa di mira è quella dei “politici”, cioè di chi è chiamato a gestire la cosa pubblica, automaticamente assimilata a mangiatoia e fonte di prebende immeritate da parte di moltissimi elettori. Sulle furbizie di altre categorie la soglia di tolleranza è molto più alta. Due stilisti che hanno sottratto 200 milioni di tasse non mi pare siano oggetto di boicottaggio…
Infine, non dico che ci siano misteriose origini “genetiche” a fondare la forza della destra in Italia. Sono però interessato a capire, secondo altri, per quale motivo la destra vince così spesso e così facilmente le elezioni (e lasciamo stare le amministrative che sono una storia molto diversa dalle politiche).
“I dati elettorali che hai postato sono riferiti tutti ad elezioni in cui ha vinto il centro-destra”
Nel ’46 ha vinto il “centrosinistra” (accordo tra i partiti dell’ex CLN), nel ’63 ha vinto il centrosinistra (DC-PSI), nel ’76 si è fatto il compromesso storico (DC-PCI), nel ’92 governo tecnico con appoggi di centrosinistra, nel ’94 pochi mesi di Berlusconi e poi Dini con appoggi di centrosinistra, nel 2006 ha vinto il centrosinistra.
“Insomma, vogliamo negare il fatto che per decenni al governo non c’è stato un esponente di sinistra?”
Certo che lo nego. Ci sono stati un’infinità di ministri dei partiti di sinistra e pochissimi ministri che si autodefinissero di destra.
“Discorsi da bar: anche io ne sento di tutti i tipi e non sto sostenendo che la regola sia ascoltarne di destrorsi.”
Quindi quella che chiami “egemonia culturale della destra” consiste nel fatto che eccezionalmente, ma non di regola, nei bar capitino discorsi di destra?
“Il PDL va a braccetto da sempre con un partito i cui esponenti principali fanno proclami apertamente razzisti e i suoi elettori, di certo, non lo trovano un motivo per smettere di votarlo.”
Ti faccio notare che il PdL ha appena perso, alle ultime elezioni politiche, qualche milione di voti.
ma non credo proprio sia vero! d’accordo, abbiamo capito (e grazie a tutti per avermelo reso così lampante) che il PD è di destra, ma la gente che lo vota pensa che sia di sinistra! Gli elettori che vogliono votare a sinistra ci sono eccome! Questa cosa dell’Italia-paese-di-destra mi sembra tanto un’altra narrazione falsata, proprio per pararsi il sedere se ti sgamano il gioco!
“ma allora il PD è di destra”
“ok, sì, lo ammetto, però in Italia essere di destra è l’unico modo per essere di sinistra”
beh, io non ci sto. Mi pare una presa per i fondelli e non vedo nemmeno un motivo per crederci, l’unica cosa di cui si può dare atto è che, paradosalmente, in Italia da un po’ di tempo la destra è più convincente della sinistra. Ma anche perché la sinistra vera latita per colpa di questa sinistra fasulla.
Questa storia che “il PD è di destra” e viene votato da una massa di rincitrulliti che non sanno distinguere la destra dalla sinistra è, a mio parere, la narrazione falsata.
L’Italia-paese-di-destra è un’espressione che non ho usato, è troppo generalizzante. L’Italia è un Paese in cui affermare cose di sinistra è difficile perché, specialmente in alcune popolose regioni, esiste una diffusa sintonia con valori non di sinistra. E quindi essere di sinistra è difficile, più difficile che in altri contesti. Negarlo a mio avviso non aiuta a risolvere il problema, così come non aiuta limitarsi a crocifiggere il PD, pur pieno di difetti, timidezze, contraddizioni e tentennamenti. Perché piaccia o no, nel partito democratico si riconoscono fra mille mal di pancia molti elettori di sinistra, a cui non si può solo dire: “siete proprio ciechi, non capite nulla, state votando un partito di destra”.
Ma tanto per capirsi, quali sarebbero questi contesti dove essere di sinistra invece è facile? La Norvegia? Cuba?
Altra domanda: ma il tuo discorso di “egemonia culturale” ha qualcosa a che vedere con la cosiddetta “produzione culturale”, tipo musica, film, libri ecc., o è solo un’espressione forbita per dire “come la pensa la gente”?
Infine: se la gente che vota il PD non lo fa per sbaglio e “cecità” ma per vera convinzione, anzi, alcuni sono molto più di destra del PD visto che il Paese è egemonizzato culturalmente dalla destra… come mai ora gli elettori sono tutti incazzati? e come mai le cose per cui sono incazzati sono cose di sinistra?
“Egemonia culturale” ha anche a che vedere con la produzione culturale, tipo musica, libri, film. Certo. Basta entrare in una qualsiasi biblioteca e chiedere quali sono i libri che vanno per la maggiore, o accendere alcuni seguitissimi canali televisivi. Poi, senza voler essere “forbiti”, è anche un modo di dire “come la pensa la gente”, visto che in senso lato “cultura” include anche quello.
La gente che vota PD è incazzata perché il PD ha fatto un accordo di governo con Berlusconi. E il tizio in questione fa venire l’orticaria agli elettori del PD: ma anche per motivi che attengono alla sfera etica e giudiziaria che per motivi esclusivamente politici. Tu dici che “le cose per cui sono incazzati sono cose di sinistra”, ma trascuri il fatto che all’interno dell’elettorato PD ci sono vaste fasce che trovano del tutto accettabili, in astratto, i discorsi sulla flexsecurity, l’idea che in Italia i lavoratori godano di eccessivi diritti, che l’Italia non faccia abbastanza per “attirare gli investimenti”, che i No Tav stiano bloccando un’opera di progresso, etc. etc. Quando a fare il discorso è Berlusconi (o un suo sodale) scatta un rifiuto che viene argomentato razionalmente ma la cui origine è data dall’insofferenza assoluta per il personaggio (e per coloro di cui si circonda). Se però cose molte simili le afferma, in modo appena un po’ stemperato e con maggior garbo, un esponente del PD, una buona parte degli elettori del PD le considererà condivisibili.
Questa idea che vedo circolare, secondo la quale gli elettori del PD sarebbero contenti se il PD fosse il PCI, è a mio avviso largamente destituita di fondamento.
Gli elettori del PD non sono comunisti che vorrebbero un partito comunista. Altrimenti non sarebbero elettori del PD, dato che di partiti comunisti da scegliere ce ne sono in abbondanza. Gli elettori del PD semmai possono essere ex-comunisti che hanno introiettato il “fallimento del comunismo” e cercano un modo di essere di sinistra in un mondo in cui non esiste più la prospettiva storica del comunismo.
La “gente” checché se ne dica conosce bene la differenza tra destra e sinistra, cerchiamo di non esser classisti dando dell’inconsapevole o ignorante a una buona fetta di generazioni che pur avendogliela sbattuta il faccia la sinistra, e il concetto di sinistra, se n’è guardata bene di imboccare quella svolta.
Dirsi di sinistra fa figo perché è la storia che dà ragione al progetto stesso socialista dopo secoli di oscurantismo e sciamanesimo, un progetto che ha per anticamera necessariamente il comunismo… e lì casca l’asino: se non si ristabilisce questo principio/percorso, comunismo>socialismo>sinistra, non se ne verrà mai fuori.
Essere o dirlo non è farlo.
sì e no, la gente conoscerà anche la differenza tra destra e sinistra, ma è a questo punto che entra in gioco la storia del “meno peggio”, potrei farti almeno un centinaio di esempi tra i miei conoscenti che hanno votato PD pensando che fosse almeno un po’ di sinistra o meno peggio che votare PDL o M5S, il tutto sommato al voto utile. Anche io ci sono cascato quando ero appena meno smaliziato di adesso. Come risposta a questo basti guardare due cose: primo la base degli elettori del PD, incazzati perché non si è abbastanza di sinistra, non apertamente, ma di fatto le lamentele sono, come fatto notare sopra, su cose di sinistra, dall’altro il fatto che la gente se ne sta accorgendo mano a mano, guarda i voti ai 5s che venivano dal PD, secondo te perché si sono spostati, se non perché hanno visto qualcosa di sinistra nel 5S che nel PD non c’era (e già questo vuol dire molto, visto che del M5S si è discusso per bene qui), oppure al numero sempre maggiore di persone che non votano, questi si sono accorti della incosinsistenza delle proposte politiche, e ne conosco tant* di sinistra che non votano più.
@Maurovanetti, tutte le elezioni che citi possono essere state vinte dalla sinistra dal punto di vista nominale, ma il cetomediume aveva e ha valori di destra. Senza farti un riassunto di quel che successe dopo il 1976, mi fermo a dieci anni indietro, quindici.
La legge turco Napolitano, i cie, non li ha certo inventati Berlusconi. La legge treu fu appoggiata dall’allora PDS. La riforma Moratti era la copia carbone della bozza di d’alema, che conteneva anche l’abolizione del valore legale del titolo di studio (!). Se voti un partito che non ha alcun valore di sinistra, o sei un coglione o non sei di sinistra. Io tendo a evitare di considerare le persone cretine, quindi suppongo che anche chi si definisce di sinistra perché del pd, seppure si dichiari di sinistra, sia di destra: esemplificativi i però, i ma, gli avversativi del medio votante del pd: io sono di sinistra però i notav sono dei terroristi, ma gli immigrati no, ma i cani dei centri sociali che schifo… Potrei andare avanti. In conclusione, seppur mi si dice che l’odore è quello del fiore, a me sembra sia rimasto soltanto un sacco di letame.
@Lennepark
Devo dirla tutta: questo modo di porre la questione mi fa inorridire. Capisco che lo fai “da sinistra”, ma finisci per convergere sulle argomentazioni simmetriche che vengono fatte da chi difende il PD: state entrambi dicendo che il gruppo dirigente del centrosinistra o della sinistra è un legittimo rappresentante delle vere aspirazioni del “popolo di sinistra”. Questo significa assolvere totalmente tutta la stirpe PCI-PDS-DS-PD, e volendo pure il ramo collaterale socialista e socialdemocratico, dalle sue gravissime responsabilità. In fondo – sembra che diciate – alleandosi con Berlusconi il PD non sta facendo altro che dare sfogo alle vere ambizioni dei suoi elettori.
Questa teoria si scontra frontalmente con una quantità enorme di dati dell’esperienza, prima tra tutti la convinzione veramente di massa, al punto di diventare un luogo comune e un topos satirico, che il PD sia un partito di traditori, venduti, mollaccioni, che fa tutto il contrario di quello che spererebbe la sua base elettorale.
Se poi si cerca di dare a questa teoria assolutoria una parvenza di giustificazione sociologica, attribuendo addirittura all’elettorato del PCI la qualifica di “ceto medio di destra”, si arriva a un vero e proprio assurdo. Se l’elettorato del PCI e del PSI che nel ’63 votò in massa i partiti di sinistra, finendo per mandare al potere il PSI insieme alla DC, era sotto sotto “ceto medio di destra”, vuol dire che anche operai, braccianti, “giovani con le magliette a righe” che tre anni prima al costo di una catasta di cadaveri erano riusciti a fermare il governo Tambroni… erano in realtà ceto medio di destra? E allora perché non si sono tenuti Tambroni?
Non è meno assurdo il riferimento alla TAV: “Io sono di sinistra però i notav sono dei terroristi”; guarda che in Val Susa il PD ha perso una caterva di voti proprio perché i suoi elettori si sono accorti che non era coerente rispetto alla questione TAV. Schierarsi a favore della TAV non è una cosa che il PD abbia fatto per assecondare gli umori del suo elettorato, è una cosa che il PD ha fatto andando contro al suo elettorato e per assecondare gli interessi della lobby pro-TAV.
@Lennepark, a mio avviso, purtroppo (o per fortuna?) la situazione è molto più complicata. Nella sua risposta Maurovannetti ti fornisce un paio di argomenti molto solidi.
Il punto su cui non sono per nulla d’accordo con te è la frase seguente:
“Se voti un partito che non ha alcun valore di sinistra, o sei un coglione o non sei di sinistra.”
La trovo eccessivamente semplificatoria. Per controbattere a questo argomento, posso rimandarti a un intervento di WM1 nel primo thread (non so come linkare i commenti :-( ), di cui ti cito uno spezzone che secondo me ribatte molto bene al tuo argomento:
“un equivoco per milioni di persone che di destra non sono”
Mi permetto di riprendere il mio commento nello stesso thread. Si tratta di un piccolo esempio – ti rimando al commento per i dettagli – senza nessuna pretesa di valenza statistica (anche se credo che sia un caso abbastanza diffuso, probabilmente ne conosci anche tu).
In sostanza, sono esempi di persone (della generazione nata nell’immediato dopoguerra) effettivamente di sinistra nei fatti, nei discorsi antifascisti, antirazzisti e di giustizia sociale che hanno sempre tenuto e continuano a tenere. Persone scandalizzate dai cie, dall’omofobia strisciante, dalle grandi opere inutili e per nulla ingannate dalla verve di Grillo. Persone che d’altro canto farei fatica a definire coglioni. Ma che si ostinano a votare PD, in maniera quasi completamente irrazionale, magari illudendosi che tutti siano come Pisapia…
Io penso che il nodo effettivamente sia qui. Se vogliamo limitarci alla questione elettorale, c’è un elettorato che, in qualche modo, come un partner cornuto ma innamorato, continua ad autoconvincersi (ma sempre meno, visti i dati numerici…) che il PD sia il PCI e a chiudere gli occhi sulla sua evidente natura di destra.
C’è molto poco di razionale in tutto ciò, e per questo credo che la tua dicotomia “elettore PD = destra o coglione” non sia così netta come scrivi. Vorrei concludere con una semplice osservazione: anche in Francia (dove vivo da ormai 10 anni), dopo il quinquiennio Sarkozy, si comincia a ripetere più o meno lo stesso schema del “meno peggio”, con l’elezione di Hollande. Ma qui l’alternativa a sinistra (e purtroppo, anche molto a destra…) c’è e va forte.
La logica del meno peggio non si applica solo ai partiti. I partiti sono fatti di persone simile (spesso peggiori) ai propri elettori. Mauro, io non sono sicuro che tu abbia capito, ma riscrivo. Il compromesso storico è uno dei punti di non ritorno. Non capire la differenza fra il PCI del 63 e quello del 76 sarebbe troppo miope da parte tua. Se mischi la merda con il risotto, da lì in poi ti aspetti che il risotto non sia buonissimo, anche se aggiungi tonnellate di riso. La merda resta, e prolifera. Fare il governo con la DC fu l’errore a cui arrivò un PCI stanco di stare all’opposizione, con la voglia di mettere in alcuni posti di comando persone che sono state reputate da sempre dei fari della sinistra. Quello di cui parli tu avviene tutto prima di quei momenti. Da lì in poi le scelte sono state rovinose prima, e distaccate dai sentimenti della base dopo. Ma la base non solo continua a rassegnarsi. Muta, così come muta la testa del pesce, che mentre marcisce, fa marcire il resto del corpo. Come un organismo mutante, la base ha accettato il meno peggio e ci si è adeguata, sostenendolo. Le due cose sono degradate in modo parallelo. Il riferimento agli avversativi è a un pezzo recitato da Ascanio Celestini, che posto qui (io lo sentii per la prima volta al campeggio di Chiomonte, un anno fa, con lievi ritocchi).
http://www.youtube.com/watch?v=ZtImefE5s_A
Trova un elettore del PD che sia in completo disaccordo sulla gestione dei CIE e dei permessi di soggiorno in questo paese, però occhio, che potresti stupirti.
Io la Valle ce l’ho dietro casa, e posso dirti che non votano PD, e quindi mi dai ragione: se sei di sinistra, per davvero, non voti PD! L’ironia del partito di venduti è simile a quella che c’è a destra: i berluscones finiscono sempre per votare il loro partito, e anche loro sanno che è marcio. Il rassegnarsi è sentimento tipico di destra: a sinistra si lotta, anche e soprattutto dentro al partito, senza viverlo come un oggetto fuori dal controllo degli elettori.
@Lennepark
Sul discorso storico sono d’accordo fino a un certo punto. Il PCI nel ’63 rifiutò l’ingresso nel centrosinistra, diversamente dal PSI (che comunque era una parte importante della sinistra), ma già in passato aveva fatto scelte simili a quello che poi sarebbe stato il compromesso storico. La “svolta di Salerno” di Togliatti era addirittura un “compromesso storico” con Badoglio!
Comunque, quel che stai dicendo sull’oggi è che secondo te la base del PD è complice dei suoi dirigenti. Se per “base” intendiamo gli iscritti, sono in buona parte d’accordo, il pesce è marcito dalla testa e ha fatto marcire pure loro, ma si tratta di una base parecchio ristretta: il PCI trasformandosi in PDS, poi DS, poi PD ha perso quasi tutte le sue strutture, la sua militanza ecc. Se per “base” intendiamo gli elettori, invece, che sono milioni, secondo me c’è rassegnazione per mancanza di alternative, ma non c’è complicità.
L’esempio della Val Susa dimostra che a un dato momento l’elettorato si incazza e quindi che non è stato convinto dallo slittamento a destra del partito. L’alternativa che l’ex elettorato PD ha trovato in Val Susa (il M5S) non è che mi entusiasmi un granché, e non mi stupisce che a livello nazionale molti elettori PD non facciano quella scelta.
Ad ogni modo, anche se ammettessimo che gli elettori del PD sono tutti complici di Letta (e mi sembra come minimo un’esagerazione), gli elettori del PD sono una piccola minoranza degli abitanti del Paese. Tutti gli elettori dei partiti delle “larghe intese” sono in realtà una minoranza, se fate i conti.
@Lennepark: Il mio commento non era affatto di comprensione o perdono verso chi, pur di sinistra, si piega alla logica elettorale del meno peggio. Ma devo ammettere che anch’io ci sono cascato fino al 2006.
Sono completamente d’accordo con te sull’organismo mutante e l’esempio della marcescenza che si diffonde dalla testa al resto del corpo. Il problema è che le cellule stesse (cioè gli elettori), pur rendendosi conto della mutazione, non riescono nemmeno a concepire la possibilità dell’esistenza di corpi sani, magari convinte che il resto dei corpi (cioè i partiti) siano o troppo deboli, o in uno stato di decomposizione molto più avanzato, o gonfi d’aria fritta.
Ti assicuro che conosco persone in completo disaccordo con la gestione dei CIE e dei permessi di soggiorno (e con cognizione di causa, visto che lavorano tutti i giorni per e con i migranti!) che si abbassano a ogni tornata elettorale a mettere la croce sul PD (c’è da dire che altri stavolta hanno “svoltato” su M5S…). E ci litigo spesso, perchè neppure io capisco quali enormi fette di salame marcio possano ricoprire il loro cervello razionale. Spesso un motivo di scontro è il rifiuto dell’astensione… pur di votare, si ingoia lo stronzo di turno e si vota PD… Il paragone con un* partner cornut* che a ogni tradimento perdona l’amante è sempre valido.
Tu dici: se sei di sinistra, non voti il PD. D’accordissimo, ma aggiungerei: a meno che tu non creda (o ti abbiano fatto credere) che sia la sola possibilità. Se questo vuol dire essere “coglioni”, allora siamo d’accordo.
Però usare questo termine e classificare tanta gente come coglioni lo trovo da un lato un po’ insolente (anche se comprensibile), dall’altro controproducente. Per questo ti rimando al commento di WM1 nel primo thread che citavo già nel mio commento precedente e con cui mi trovo perfettamente d’accordo.
Continuando a sfruttare la sua penetrazione nell’elettorato potenzialmente di sinistra, basata su motivi storici (eredità del PCI) e contingenti (antiberlusconismo parossistico nelle campagne elettorali), ingiustificati nella realtà delle cose, il PD ha devastato la sinistra italiana. Anche su questo mi sembra che siamo d’accordo. Ma non vuol dire che tutti gli elettori siano o di destra o coglioni. Sono fiducioso che una parte di questi elettori sia ancora “recuperabile”, anche se la retorica piddina veicolata da (quasi tutti) i media è molto potente (e con aspetti ben poco razionali). In Valle tutti han visto il vero volto del PD, ma a prezzo di avere una valle militarizzata. In Grecia c’è voluta la Troika perchè gli elettori PASOK votassero Syriza… altrove in Italia il PD fa ancora leva sul suo potere per fare da tappo alla sinistra (e il M5S lo aiuta mica poco…).
PS: grazie per il video di Celestini, è eccezionale!
il compromesso storico con Badoglio fu fatto con un bastardo spaventoso che si era messo sul carro di quello che vince, e da furbo aveva vinto. Pensi che Togliatti se avesse potuto lo avrebbe strozzato a mani nude, ma era un politico abbastanza scafato per non farlo. Non aveva la forza militare per farlo, e lo sapeva bene. Le sue forze erano stremate e alla fame. La politica e la guerra correvano su un continuum a noi poco visibile, per fortuna.
Il punto è che votare Pd a quelle condizioni presuppone una incapacità politica. Il votante medio del Pci era una persona attenta, criticava il partito o era a volte in accordo miope, ma esprimeva la sua opinione in sezione. Il punto è proprio questo: non è necessario essere razzista e classista e giustizialista e menopeggista per avere un pezzo di cultura di destra. Basta un pezzo!!! Chi più chi meno, tutti gli elettori Pd hanno almeno una di queste caratteristiche. Io stesso – faccio outing una volta per tutte – nella mia regione ho votato Sel. Ho lavorato spesso con Airaudo e ne conosco il valore politico e umano. Si è candidato e ho seguito con interesse le battaglie della FIOM nella mia città. Avrei votato per lui lo stesso, non per i vendoliani
E conosco la sua posizione sulla Tav, come conosco la sua posizione rispetto a Marchionne e alla gestione della mia città di Fassino. Nonostante tutto, l’idea che fosse assieme al Pd mi ripugnava non poco. Quindi anche io ho ceduto al menopeggismo, che è una malattia che risale alla destra, molto piû che alla sinistra. Alcuni compagni, conosciuti qui sopra e presenti anche su twitter, mi hanno cazzi atto duramente. E posso dire con ragione! Ho ceduto alla farse del meno peggio, a un valore tipicamente di destra. Quando dico questo, non dico che sono un coglione, ma che non ho votato con la testa di uno di sinistra, che avrebbe dovuto rifiutare la posizione, entrare dentro una sede di Sel per far valere le proprie ragioni, e se non ci fossi riuscito uscire sbattendo la porta e non votarli. Invece li ho trattati come roba non mia, come fantocci. E da fantoccio vengo trattato. Nonostante tutto ho scelto di farlo, ma capite che non è questione di coglione o meno, ma di quanto un elettore sviluppi un senso critico o meno. E questo, un elettore del pd, per un verso o per l’altro non lo fa. Si adatta, come la carne marcia attaccata alla testa di un l’esce che puzza. Un pesce con un cognome tipicamente partenopeo, ultimamente. ;)
Gli Impact, storico gruppo hardcore punk italiano, rifiutano di suonare alla festa del PD a Ferrara. Interessanti le motivazioni: “Per quanto ci riguarda, esibirsi e/o collaborare in contesti come quello di una festa del Partito Democratico, a meno che non lo si faccia per esigenze di sopravvivenza, equivale ad alimentare il falso mito dell’appartenenza a sinistra di un’organizzazione invece di estrema destra, palesemente eversiva, guerrafondaia e criminale.”
La fonte è: http://popoff.globalist.it/Secure/Detail_News_Display?ID=82672&typeb=0
A parte dire che sono d’accordo con quasi tutto quanto scritto qui da Lennepark (e il pericolo di deriva qualunquista che questo implica mi è chiaro, ma mi pare inevitabile correrlo se si vuole cercare di capire la storia della sinistra comunista in italia), vorrei solo far notare a tutti quanti pensano che l’egemonia culturale in italia non sia di destra, e non lo sia quasi sempre stata, che l’italia è da moltissimo tempo un paese in cui integralismo cattolico e cultura, pratiche e discorso patriarcale innervano fin nel midollo il comportamento quotidiano degli individui (donne comprese) e delle ‘masse’ – anche di quelle rivoluzionarie – oltre che il rapporto colle istituzioni locali e nazionali, col ‘diritto”, e naturalmente, le istituzioni e la giurisprudenza stessa, fin dalle origini (della sinistra).
se invece di contare le percentuali di partiti di sinistra e centrosinistra al governo si guarda ad altri indicatori cruciali, come per esempio la posizione di se non ora quando e della ‘sinistra’-femminista in generale sulla prostituzione, la percentuale di partecipazione al referendum per la legge 40, lo stato di salute politica della 194, le percentuali per struttura sanitaria pubblica di obbiettori di coscienza che rifiutano di fare aborti, o anche solo il successo pluridecennale e perfino la rivendicazione da parte della ‘sinistra’ femminista dell’anestetizzante e sedante pillola a estrogeni come mezzo di contraccezione ideale per le masse, allora la verosimiglianza dell’idea che tanta gente sia ‘di sinistra’ crolla rovinosamente.
se si va più indietro nel tempo si trova, certo, un’ottima battaglia per divorzio-aborto-contraccezione, e una battaglia che è stata vinta, certo, ma da chi (e ‘su’ chi?)?
chi è stato solidale delle femministe all’interno della ‘sinistra’? (e poi all’interno del femminismo stesso, è sempre utile distinguere le posizioni delle emancipazioniste da quelle di chi era per la ‘liberazione’).
la riforma del diritto di famiglia in senso laico in italia è avvenuta tardissimo (e è stata pesantemente incompleta, vedi statuto dei figli ‘illegittimi’), e poi si è arenata (=la’sinistra’ non l’ha più sostenuta) quando si è cominciato a parlare di stupro, e soprattutto a definirlo come l’oggetto di un discorso globale su ‘di chi è’ il corpo di una donna’ il cui soggetto politico pertinente erano le attrici della lotta per la liberazione femminile o quanto meno il femminismo, non certo la curia o il governo ‘di sinistra’ di turno, e neppure ‘la sinistra’ di movimento come tale ( che non è mai stata né necessariamente né prevalentemente femminista, anzi).
e alla fine, coll’egemonia del ‘pensiero della differenza’ il femminismo italiano (a mio parere) è tornato beatamene all’ovile, (trasformandosi sia a livello istituzionale che a livello politico all’interno dei movimenti, da movimento rivoluzionario di massa che era stato, in pura difesa delle ‘pari opportunità’) al che ‘la sinistra’ ha tirato un sospiro di sollievo e ha archiviato il tutto come un incubo finito.
e infine, visto che sono state tirate in ballo le ivolenze ‘declinanti’ (?!) nei confronti dei generi non conformi, vorrei chiedere a tutti quanti fra voi lo sono, quanti ne frequentate, e quanti dei vostri compagni ne sono e ne frequentano di questi queer ormai out e al sicuro e che la sinistra ha ascoltato e indiscutibilmente adottato, al bar o meno.
di certo esempi ‘devenir-femme’ (detto con tutte le riserve del caso sul concetto guattardeleuziano) io ne ho visti pochi, perfino in ambienti antagonisti.
se poi vi sembra che questa posizione del problema sia off topic (ma se non lo è, come mai nessuno in più di cento commenti l’ha neppure accennata?), allora buona fortuna a tutti, ma temo che a breve non ci aspettino che vicoli chiechi, ‘a sinistra’.
@dzzz
Dici: “Se invece di guardare le percentuali dei voti alla sinistra si guardano ad altri indicatori cruciali, si vede che gli italiani sono quasi tutti di destra”. Ho citato quelle percentuali perché il mio interlocutore diceva che quella era la prova dell’egemonia della destra, non perché lo ritenga un “indicatore cruciale”. Permettimi però di avere qualche dubbio pure sui tuoi “indicatori cruciali”; il primo che elenchi è “la posizione di Se Non Ora Quando sulla prostituzione” (mi pare interessante – e neanche tanto – per capire come la pensa SNOQ ma non chi abbia l’egemonia culturale in Italia), poi “la partecipazione al referendum sulla legge 40” (“solo” 11 milioni di persone votarono sì su un tema obiettivamente di difficile comprensione, costringendo la Chiesa alla battaglia di retroguardia per l’astensione!), “lo stato di salute della 194” e la cosiddetta obiezione di coscienza (che per me non c’entrano niente con l’egemonia culturale, ma dipendono da quello che fa chi sta al potere – o crederai mica che gli “obiettori” siano davvero dovuti a motivi di coscienza?), infine addirittura scopro che in Italia la destra ha l’egemonia culturale perché… si usa la pillola contraccettiva.
Insomma, o la pensano tutti esattamente come te oppure la destra ha l’egemonia culturale, i compagni in realtà sono tutti fascisti e non ci si può fare niente. Non è un po’ semplicistico?
Per chiudere, non ho mai detto che le violenze omofobe siano declinanti, ma semplicemente che le posizioni discriminatorie verso gli omosessuali sono passate in minoranza. Per certi versi l’aumento della violenza omofoba si spiega in parte anche con la perdita di egemonia culturale da parte degli omofobi: sono diventati minoranza, ma una minoranza consistente e disperata che non accetta la situazione, e quindi pericolosa. La Francia insegna. Leggere le violenze omofobe di oggi come il segno del fatto che le ideologie discriminatorie stiano stravincendo nella società mi sembra proprio una perdita di contatto con la realtà.
maurovanetti,
a me spesso piacciono moltissimo e trovo spesso moltissimo da imparare dai tuoi commenti e dalle tue riflessioni qui su giap, ma sulla ‘questione femminile’ e sul peso (dell’incomprensione-cattiva gestione) di questa nella storia della sinistra italiana abbiamo già chiarito di non essere d’accordo, come forse ricordi.
e il fatto che proprio uno come te, col tuo tipo di sensibilità e cultura, sottostimi la questione (o comunque la consideri un’altra’ questione) è sintomatico del fatto che butta male, per tutti.
sulla crucialità degli indicatori che ho suggerito non spieghi perché tu non la ritenga tale (mentre a sostegno del fatto che lo siano c’è una vasta letteratura e un intenso dibattito all’interno del femminismo sia di riflessione che di movimento), e quanto poi a che ‘i compagni in realtà sono tutti fascisti e non ci si può fare niente’, non l’ho mai detto né pensato, altrimenti non sarei mai stata in un collettivo antifa misto né avrei mai scritto e tentato di dialogare su giap, e comunque non vedo come lo puoi desumere da quello che ho scritto.
infine, quanto al fatto che ‘la francia insegna’, se è alla legge sul matrimonio omosessuale che alludi, beh, questo è proprio un esempio problematico, proprio poiché, appunto, questa è una legge pro-matrimonio, cioè, alla base, una legge che quanto meno avalla il patriarcato, e proprio per questo la posizione della sinistra femminista, perfino di quella istituzionale, e proprio in francia, è molto, molto scissa (anche se le portavoci del femminismo istituzionale hanno dato un appoggio pubblico generico, salvo poi lavare i panni sporchi in casa).
senza dimenticare, poi, che ‘la francia insegna’, purtroppo, anche per altri versi: questo è il paese, infatti, in cui dopo una disastrosa legge sul velo concepita, discussa e approvata nell’ignoranza e nel rifiuto totale della riflessione fatta sul velo dalle dirette interessate, (le donne velate o interessate al velo residenti in francia), e nel palese rifiuto della loro autodeterminazione, adesso, anni dopo, lo stato sta sottilmente ma sistematicamente inasprendo la repressione, e perfino le femministe non-istituzionali (per la maggior parte, del resto, bianche, anti-religiose e non-immigrate) pur vedendo bene il problema, ancora non riescono a rapportarsi né tanto meno a coordinarsi con gruppi che sono – sia per storie personali sia fisicamente – cosi’ distanti da loro (le prime vivono nell’inner-city, sono tendenzialmente middle-class e françaises de souche, le altre per la maggior parte proprio niente di tutto questo).
e ti posso dire che anche se la francia è il paese che amo di più e in cui più mi sento a casa, non ultimo per via della solida cultura laica e repubblicana che sento come ‘lenitiva’ (delle mie ferite personali e di gruppo d’appartenenza causate dal patriarcato ultracattolico e fascistoide italiano), proprio per questa sua storia, è in questo momento il più cieco, o comunque il più restio alle vertenze sottili e complesse che sarebbero necessarie perché una nuova sinistra degna di questo nome e infine consapevole e attiva quanto alla questione femminile potesse prendere corpo e ‘dire son nom’.
purtroppo, siamo molto, molto lontani da questo (e non solo in italia, ovviamente).
e, scusa, dimenticavo:
quanto alla visibilità e al peso della questione ‘queer’ in ambiente femminista da una parte e ‘di sinistra’ dall’altra, citero’ semplicemente un aneddoto, che resta tale, ma che io trovo per varie ragioni esemplare:
all’ultima riunione antifa femminista cui sono stata, e il cui scopo dichiarato e genuinamente propositivo era di federare le forze femministe antifasciste, pur nelle loro infinite differenze, le transfem se ne sono andate quasi immediatamente, e le lesbiche non genderbender, quanto a loro, hanno insistito quasi senza esclusione (e questo a una riunione affollatissima e molto ‘pubblica’ quasi uno ‘stato generale’) la loro volontà di conservare una forma non mista a questo esperimento, proprio perché all’interno dei collettivi anarchici e antifa misti certi discorsi (quelli femministi e queer) non sono proprio previsti, non passano (come spesso le persone stesse che ne sono il soggetto vengono più o meno esplicitamente respinte), quindi figurarsi riflessioni basate su questi, o, ancora di più, implicazioni da trarre, a partire da tutto questo, quanto agli errori presenti e passati fatti dalla ‘sinistra’ quanto all’identificazione dei potenziali rivoluzionari e delle priorità per la giustizia sociale.
ora devo andare. ciao.
(e comunque, mi fa sempre piacere parlare con te di queste cose, ‘fratello’ ;) )
@dzzz
Sorella, premetto che la frase sui “compagni che sono tutti fascisti” era il risultato di un forte intesimento che il tuo primo commento mi ha suscitato. Mi scuso per l’iperbole, non è giusto attribuirti una posizione caricaturale che non hai espresso.
Il fatto è che mi mette un po’ sulla difensiva leggere frasi (e se ne trova una anche più esplicita proprio diretta a me nel secondo commento) che lasciano intendere che io o altri non consideriamo grave l’oppressione di genere o che non pensiamo sia un terreno dirimente. Credo che sia un cliché che viene appioppato a forza a chiunque abbia una visione “classicamente marxista” senza voler distinguere una grande ampiezza di posizioni che esistono sul tema.
Sono assolutamente d’accordo che se il maschilismo avesse l’egemonia culturale in Italia, quello sarebbe un valido indicatore del fatto che esiste un’egemonia culturale di destra. Non sono d’accordo però che si possano prendere l’uso della pillola anticoncezionale o la forza di posizioni moraliste dentro comitati interclassisti e istituzionalisti come SNOQ come “proxy” della diffusione del maschilismo tout court nella società. Secondo me in questo modo confondi il dibattito in certi ambienti di movimento con l’andamento ideologico generale della società. Oppure, quando parli di applicazione della 194, secondo me confondi la condizione della donna in Italia (che secondo me è tremenda) con il livello di consapevolezza sulla questione che c’è nella testa delle donne e degli uomini. Ma la condizione della donna non è determinata soltanto da quello che la gente comune pensa! Secondo me il potere e quindi le politiche che vengono messo in campo non sono rappresentativi del livello di coscienza delle masse, perché il potere non è nelle mani delle masse ma di una élite molto ristretta. La cattiva condizione delle donne in Italia ci dice soprattutto che il potere in Italia è maschilista; in particolare riguardo all’aborto a me pare che gli antiabortisti siano una minoranza infima (me lo diceva apertamente qualche anno fa a un dibattito il leader locale del Movimento per la Vita), ma questa minoranza grazie ai suoi agganci riesce a sabotare dall’interno la legge 194.
Questo è alla fine secondo me il punto di questo specifico thread e di questo sottothread che è sorto negli ultimissimi giorni. Io penso che sia un errore gravissimo attribuire alla massa della popolazione una complicità con l’attuale potere politico e in particolare col PD. Chi ha sostenuto questa posizione ha prodotto una varietà di esempi, anche contraddittori tra di loro, ma tutti questi esempi sono viziati a mio giudizio da un atteggiamento un po’ snob, e hanno più o meno questa forma:
“Siccome il popolo non è abbastanza a sinistra da fare/pensare X, allora non c’è da stupirsi che governi il PD.”
Secondo me invece, in un certo senso, c’è da stupirsi. C’è una scollatura per l’appunto stupefacente tra i sentimenti delle masse e la condotta del potere. Riconoscere questa scollatura e stupirsi adesso equivale a non stupirsi quando un domani questo gap verrà colmato da una reazione popolare esplosiva. Per questo motivo, e non per “segnare dei punti” in qualche dibattito astruso, mi interessa contrastare con la massima forza qualunque teoria volta a dimostrare che abbiamo il governo che ci meritiamo.
PS: Sulla Francia dici delle cose molto interessanti e lungi da me sopravvalutare queste misure prese da Hollande. Quando ho scritto che la Francia “insegna” mi riferivo però soltanto al carattere delle manifestazioni rabbiose della destra contro la legge sui matrimoni gay: mi sembra che quei cortei e quelle violenze siano soltanto indice della disperazione delle forze più reazionarie, e non di una qualche egemonia culturale. Fino a non molti anni fa, i cortei minoritari di protesta avremmo dovuto farli noi, oggi devono farli loro; secondo me significa che hanno perso, anche su questo terreno tradizionalmente favorevole alla destra, un’egemonia culturale.
Boh, secondo me l’egemonia culturale maschilista in Italia esiste eccome. Posso anche essere d’accordo sul fatto che la politica contro le donne sia fatta da una minoranza di integralisti, e che se tu chiedi a 100 uomini se sono pro o contro l’aborto, 99 (sparo a caso) ti rispondono pro. Ma questo non esclude che il maschilismo nella vita quotidiana, nel linguaggio, nella mentalità (sia degli uomini che delle donne) sia presente e imperante.
un piccolo commento che porta questo thread sempre più off-topic: da un lato è vero che in Francia l’omofobia è ormai un’idea minoritaria e stigmatizzata in quasi tutti gli ambienti culturali. Dall’altro però la destra ha sempre organizzato manifestazioni, per esempio contro la legge sull’aborto nel 1979:
http://www.ina.fr/video/DVC7908268801
non per questo la destra francese è minoritaira, anzi l’UMP continua la sua “front-nationalizzazione” nella speranza di risalire la china del consenso elettorale… e le manifestazioni “pour tous” (nome alquanto soprendente visto il motivo della manifestazione) hanno dato slancio a questa sterzata a destra e alla mediatizzazione di Marine Le Pen.
Dall’altro lato ribadisco il mio accordo sullo stupirsi della scollatura elettorato-governo. Se ne sente odore anche oltralpe (dove per esempio un progetto di aeroporto a Nantes ha dato vita a un movimento simile al no-TAV), e sono curioso di vedere se la strategia del PS sia quella del PD… intanto Hollande è uguale a Letta e la cosa mette i brividi….
(scusate l’OT)
è da stamattina che rimugino su questi thread e non riesco a togliermeli dalla testa, provo a scriverne in modo da mettere un pò d’ordine fra le idee, spero di non essere prolisso o scontato (e scusate se vado per punti ma mi riesce più facile quando i pensieri sono ancora abbozzati)
1) Siete certi che si possa porre un collegamento così netto fra “antropologia” di una nazione e linea politica?
Lenne mi sembra scriva: “noi italiani, in fondo, siamo intrisi di una cultura conservatrice, è nell’ordine delle cose che esprimiamo una politica conservatrice”. Leggo e penso che è vero, che è vero che al bar si sentono discorsi razzisti/machisti e sull’autobus pure e fra i colleghi di lavoro e…
Poi leggo Mauro che dice: “Ma no, se ci pensiamo bene c’è un “campo” della sinistra che comunque sia è ampio e probabilmente più avanzato della propria dirigenza su molti temi”. E ancora mi trovo d’accordo: i referendum del 2011, quel sondaggio citato sullo ius soli, mia madre che si sorprende perché il genero fa i lavori di casa
2) A questo punto mi viene da pensare che sia meglio tenere separata l’antropologia dall’analisi politica contingente e che volendo allargare il campo oltre il PD sia forse più produttivo riferirsi a quel medio periodo che si potrebbe chiamare “ascesa e declino del neoliberalismo” (e che in qualche modo ha a che vedere anche con la metamorfosi del PCI fra il ’63 e il ’76). Insomma, ho appena finito di leggere “Nascita della biopolitica” e non riesco a non pensare che quello che Foucault chiama “neoliberalismo tedesco” sia la linea politica che hanno *tutti* i partiti socialisti/socialdemocratici europei e che il PD sia particolarmente disprezzabile per alcune ragioni specificamente italiane, ma in sostanza non così differente da PSOE, SPD, SFIO, ecc. Insomma più che di una cultura italiana di destra, parlerei di una cultura propria di una società neoliberale che permea tutta l’Europa
3) Infine Dzzz parla di una cultura patriarcale che sarebbe ancora ben viva e quindi impedirebbe di parlare di un autentico pensiero di sinistra diffuso ma io riesco a darle ragione solo sulle due affermazioni e non sul nesso.
Sono d’accordo che il patriarcato esiste ed è egemone ma anche in questo caso terrei separata la politica da un ambito più ampio che chiamerei cultura, altrimenti dovremmo dire che Durruti non era di sinistra (e in effetti era anarchico :-P) perché non si è pronunciato sui diritti queer (magari l’ha fatto e ci faccio una figuraccia). Non equivocatemi: non intendo dire che la lotta di classe viene prima, solo che certe trasformazioni sociali sono più complesse di una buona legge o di una redistribuzione del reddito e penso vadano perseguite con strumenti diversi. Per cui: sì, il patriarcato c’è e anche all’interno della sinistra non sembra essere tema centrale; però, al di là del disprezzo che spesso ricevono le tematiche di genere all’interno di questi ambiti, non penso si debba parlare di “falsa sinistra” (intendendo il termine con l’accezione minimale che ne danno i padroni di casa) ma di un problema generale della società con il sesso, la libertà ecc…
Mi trovo quindi d’accordo con chi dice che non c’è una cultura di sinistra (ma è una sola, la sinistra?) all’altezza dei tempi, ma credo che il problema vada oltre la necessità (che c’è) di imparare dagli studi LGBTQ e riguardi soprattutto una parolaccia come “universale”, da trattare con tutta l’impertinenza dovuta.
Scusate la lunghezza, se è troppo cancellate tranquillamente
ps: quella parte dello spettacolo di Celestini è eccezionale, vista dal vivo mi ha impressionato anche perché c’era chi, fra il pubblico, applaudiva al momento sbagliato confermando l’amarezza delle conclusioni
Un Partito deve difendere gli interessi di una o più classi sociali “contigue”; la difficoltà odierna sta nella determinazione di quali siano queste classi. Ad esempio un recente sondaggio della BBC in collaborazione con accademici di sei Università britanniche http://www.bbc.co.uk/science/0/21970879 ne rileva sette:
precariato 15% , lavoratori tradizionali 14%, lavoratori nei servizi “emergenti” 19%, lavoratori “benestanti”15%, tecnici ad alta retribuzione 6%, appartenenti all’establishment 25%, elite 6% (le percentuali sono, in parte, mie.
Questo sondaggio é stato criticato, inter alii, dal prof. Colin Mills di Oxford http://oxfordsociology.blogspot.it/2013/04/the-great-british-class-fiasco.html ma può servire ad una riflessione sull’attuale distribuzione dell’elettorato italiano in quanto le percentuali rilevate, raggruppando le classi due a due ed escludendo le elites, sono 29% per ie prime due, 34% per le intermedie e 31% per le ultime due.
Si nota una divisione in tre parti simile a quella rilevata nei risultati elettorali politici generali. A mio avviso, scusate questo approccio materialistico, alla semplificazione della proposta poltica consegue un minor risultato complessivo e quindi una minore forza di decisione o di interdizione. Occorre quindi comporre le divergenze all’interno e non contrapporsi in termini tali da non consentire una onorevole mediazione.
Non sono convinto che si possa collegare il voto alla “classe sociale” in modo così diretto: PD, PDL e M5S raccolgono voti trasversalmente in ognuno dei segmenti che hai citato. Tendenzialmente si nota una prevalenza del PD nei lavoratori garantiti a medio reddito; del PDL nei liberi professionisti e nei benestanti; del M5S nei precari e nei giovani. Ma si tratta di correlazioni abbastanza deboli. E’ un luogo comune ad esempio che i lavoratori pubblici votino in massa il centro-sinistra, ma dagli studi sul comportamento elettorale emerge che qualcosa come il 40-45% dei lavoratori pubblici vota centro-destra. Viceversa non è così vero che “il popolo delle partite IVA” voti graniticamente per Berlusconi, come mostrano i risultati di un M5S che contemporaneamente promette il reddito di cittadinanza.
Infatti é il rimescolamento trasversale che rende complessa la formulazione di una proposta sinceramente di sinistra ed attraente.
alcune questioni che non capisco:quando parliamo di italia,di cosa parliamo?ci rendiamo conto delle enormi differenze?solo per fare alcuni esempi:io sono cresciuto in un area”rossa”,la mia scuola elementare era intitolata a un eroe dell’antifascismo,la direttrice della squola era stata partigiana, cosi come la mia maestra,una giovane staffeta.noi si cantava “bella ciao” alle recite scolastiche,parlo dei primi anni 70,non di un secolo fa.prendiamo ad esempio reggio calabria i cui eroi recenti forgiarono la famosa “boia chi molla” adottata poi in lungo e in largo e anche con differenti significati.solo per fareun minimo esempio.l’italia e’ troppo variegata e diversa culturalmente e antropologicamente,per non parlare di altre categorie come la economica e la sociale,per poterla assimilare quando ci sono le elezioni nazionali e la partita ai mondiali di calcio.ricordiamoci che la unificazione d’italia e’ avvenuta a tappe forzate e strane:l’invasione del sud e la colonizzazzione dele truppe sabaude in cerca di briganti(con tutte le conseguenze delc aso,ancora visibili al giorno d’oggi)nelle trincee della 1 guerra mondiale,poi col fascismo che omologava e univa,(viva il duce,viva l’italia)poi da li man mano e’ andata avanti fino all’emigrazione di massa da sud a nord sotto il boom industriale post guerra e ovviamente la santa televisione….mike bongiorno,il giro di ciclismo con gli eroi di turno,l’onnipresente calcio,sport popolare,e da li avanti avanti fino alle veline e striscia la notizia.chi si sente italiano?io personalmente no,ma non per rifiuto di questo e di quell’latro,ma semplicemente perche mi e’ praticamente impossibile.ovviamente sento comunanza con certe persone,idee, lotte,ma non c’entra coll’essere italiano,mi succede lo stesso con persone di altri paesi europei ed anche extra-europei.un analisi frammentata del voto per regioni sarebbe piu utile a capire di cosa stiamo parlando.questo per quanto riguarda il fattore “nazionale”.poi c’e ‘ la questione destra e sinistra,in cui tout court il moviemento 5 stelle NON e’ di sinistra,mentre il Pd,vista la sua eredita’ di ex parito comuinista(sic!)..insomma parliamone..per cui come si definisce destra-sinistra?non mi dite di leggermi il libercolo di bobbio,eroe nazionale,perche non e’ sufficiente.come allora?dal programma(si puo dire che il programma di 5 stelle non sia di sinistra???),oppure dai meccanimsi interni di selezione del personale(si puo dire che il pd abbia meccanismi di sinistra?il 5 stelle no,lo sappiamo,e’ sparare sulla croce rossa!).come diceva qualcuno qui,non mi ricordo il nome,mi scuso,ci sono stati e ci sono tuttora diversi partiti perlomeno PIU’ di sinistra del pd.ma perche la gente,perche’ IL POPOLO non li vota?perch sono spariti nel giro di qualche anno dal parlamento? e’ solo colpa della legge elettorale?perche non ci si interroga su questa spaventosa massa di astensionisti:chi sono?dove lavorano?cosa mangiano?cosa fanno,come vivono?perche non votano a sinistra…che ne so..il partito trozkista..o una piu semplice ed accessibile rifondazione,c’e ancora il suo segretario come un ectoplasma in radio,in tv,in dibattiti e conferenze,(per non parlare dell’ex grande promessa,antico presidente della camera,che si incontra sovente sui rotocalchi abbuffnadosi ai buffet,speriamo che la boldrini non faccia la stessa fine,i presupposti ci sono),o che ne so…qualsiasi cosa che no sia pd o pdl???perche’?si parlava di produzione culturale di sinistra,cinema,musica,letteratura…esiste,c’e..siamo qui..leggiamo e ci informiamo:MA QUANTI SIAMO???non sara ‘ che visto che siamo abituati a frequentarci reciprocamente non ci rendiamo conto della scarsezza del numero?ovviamente non e’ bello andare in un centro commerciale alla domenica,pero vi assicuro che e’ molto istruttivo..per tornare alle chiacchere da bar per avere il polso della situazione..andiamo a vedere dove molte persone,e non certo delle classi privilegiate,passano il loro fine settimana,(dopo aver lavorato tutta la settiman per un salario da famre..fate i conti di come sia sia abbassato il salario negli ultimi 20 anni…da non crederci!il potere d’acquisto e’ sotto almeno di un 40 per 10o!)passeggiando i figli ,il futuro del nostro paese,tra vetrine e veline.che prodotti culturali consumano tutte queste persone?basta guardare la televisione…o se vogliamo fare un salto qualitativo enorme anche vedere cosa conssumano su internet..siamo insieme alla grecia(to,guarda un po che caso…)il paese con meno consumo di internet d’europa,pero cosa piu importante,e’ che cosa consumiamo?come si fa a dire che antropologicamante l’italia,nella sua totalita’ numerica,non e’ un paese di destra???perche non si accetta il fatto che pd e pdl( e grillo e 5 stelle adesso,in un altra prospettiva)sono il degno riflesso di gran parte delle persone reali che vivono in questo paese???poi certo come dicevo prima ci sono gli astensionisti..quelli che non esprimono il proprio voto..se togliamo i vecchiardi ormai fuori dai giochi perche’ castigati da madre natura,rinchiusi in ricoveri o segregati a punta di tavor e tv nelle proprie case,se togliamo una percentuale di personne piu’ o meno libere che non riescono a votare proprio nulla,per cui al massimo vanno e scatarrano sulla scheda,se togliamo molti giovinastri occupati in ben altre faccende,buone o cattive che siano,che nun glie’ ne puo frega’ de meno di andare a votare,chi ci resta?a roma hanno votato l’ultima volta meno del 50 per 100 degli aventi diritti..mi ricordo quando alcuni anni fa,parlando di politica ,si badava molto a differenziare fra europa e USA si additavano gli USA e si argomentava che la non c’era rappresentanza politica che valesse, che il rigido sistema di registrazione degli aventi diritti in ceti stai la impediva,che la poverta estrema in certe aree la ostacolava,che il famoso individualismo americano faceva si che piu della meta’ del paese rinunciasse,obbligato o meno,ad andare a votare..e si diceva che noi in europa..in itlaia eravamo diversi,,che la era tutta un altra storia..l’omologozione,il lavaggio del cervello,il qualunquismo becero toccavano cime a cui noi mai saremmo arrivati…ed eccoci qui…nella stessa barca(per non dire peggio,visto le ultime in arrivo….il pd che adesso si accorge che e’ al governo,e non da poco,remember monti e il consociativismo di tutti questi anni,con un impresentabile,adesso si che i signori giudici lo hanno stabilito,prima no…) e ancora con gente che crede che questo sia un paese in cui ancora esiste una coscienza di classe….ricordiamoci delle riforme del lavoro,dell’articolo 18,del trattamento disumano nei centri di tortura e detenzione per migranti extracomunitari,ricordiamoci di come si vive nelle patrie galere,ricordiamoci di genova(per non parlare di napoli solo qualche mese prima..non c’e scappato il morto per miracolo..ma si sa..non c’era berlusconi al governo,c’era quel sant’uomo di bianco,non quel cattivone di scajola),ricordiamoci dei tanti morti sul lavoro,una strage quotidiana,della condizione in cui si vive nei centri psichiatrici e senza andare molto lontano nei presidi ospedalieri per anziani,legati ai letti di notte per mancanza di personale,siamo il paese con 3 delle piu importanti mafie mondiali concentrate in un territorio ridicolo e che proporzionano uno dei fatturati piu alti dell’intera econoimia del paese,della non applicazioni delle leggi esistenti… l’aborto libero e gratuti per l’onnipresente obiezione cattolica..ci tocca fare ogni tot anni un nuovo referendum sul nucleare(,non cpaisco bene il perche’,ma non l’avevamo gia votato?) dei tanti referendum buttati nel cesso in questi ultimi anni,(che siano stati grillo e di peitro a convocarli,ne mi va,ne mi viene…)..solo alcuni esempi del nostro civilissimo e sicuermante non di destra paese,,solo perche se uno dice che e’ di sinistra,e visto che il politically correct ormai e’ un obbligo,me lo devo credere..apriamo gli occhi e rendiamoci conto di dove cazzo viviamo..se non facciamo questa elementare operzione prima di tutto su noi stessi,e’ inutile che andiamo avanti parlando di destra -sinistra….
nel 2006 voto’ l’83%, il 48% dei quali a sx, che pero’ ovviamente non e’ la vera sinistra. Ma qual e’ un paese europeo nel quale la maggior parte delle persone e’ di sinistra nel senso di comunista? la differenza con gli altri paesi e’ semmai se stanno meglio secondo i vari fattori, istruzione salute eccetera, rispetto delle leggi, livello di corruzione. su Internazionale tempo fa c’era un servizio sulla Svezia che unisce Welfare e Liberismo, inoltre ha minor disuguaglianza fra i redditi. La maggior parte dei lati negativi dell’Italia che citi sono indice di malfunzionamento, non di destrorsita’. e’ improbabile che gli ormai 10 milioni di astensionisti siano tutti comunisti, oltretutto sarebbero anche senza scuse per la loro scelta.
Sulla Svezia e sul modello “che unisce Welfare e Liberismo” ci sarebbe da discutere. http://www.globalproject.info/it/in_movimento/sulle-periferie-di-stoccolma-in-fiamme/14340
buon articolo questo secondo me, soprattutto la prima parte (mentre nella seconda io direi che si esagera ma proprio di molto la connessione fra gli attivisti politici di husby e i riot – che del resto gli attivisti stessi non rivendicano).
in particolare, e per come l’ho capita io, è vero che in svezia non c’è mai nessuna ‘unione’ di welfare e liberismo: semplicemente c’è una sovrapposizione di fasi per cui certe istituzioni di sostegno agli individui (istituzioni che io direi poi non propriamente di welfare ma più che altro biecamente pronataliste, causa paese sterile e desolato) che si sono sviluppate a partire dal dopoguerra (cioè dall’epoca in cui la svezia, vendendo ferro e affittando treni e rete ferroviaria ai nazisti si è guadagnata sia la pace in casa che un bel malloppo) si sono ritrovate a beneficiare – soprattutto dalla fine degli anni sessanta alla metà degli anni settanta – degli enormi fondi prodotti dalla (altissima) tassazione del lavoro, per poi, da vent’anni in qua, essere ripenetrate dall’onda di ritorno del capitalismo ‘tradizionale’ (prima credo fondiario, ora basato sui servizi).
ora, è vero che a livello sociale la famosa ‘coscienza delle masse’ di cui si parlava upthread poteva e puo’ sembrare sviluppata (la ‘libertà’ fisica e sessuale delle donne, il nudismo, la contraccezione); ma in fondo anche questo probabilmente non è stato che salutismo paranazista in controfase, come suggeriscono le tantissime e eugeneticissime sterilizzazioni delle indesiderabili – spesso forzate e neppure dichiarate alle ‘pazienti’ – fatte senza interruzione e ‘legalmente’, e nell’indifferenza generale, dall’inizio degli anni 20 credo fino almeno ai 60.
tutto questo ha prodotto una specie di ‘illusione ottica’ per cui il socialismo, sia pure per poco, sarebbe stato al potere (se di socialismo si puo’ parlare, visto che non è mai stato altro che una specie di new labour), mentre a un osservatore ‘continentale’ qualsiasi è subito chiarissimo che la svezia è rimasta culturalmente un paese luterano e rurale in senso deteriore, un paese in cui le differenze di classe (che sono sempre state enormi, nonché rigidamente sancite e difese e rispettate) sono percepite innanzitutto come un principio d’ordine da non disturbare (e questo nonostante il ‘tu’ enforced negli anni ’60, che del resto è un esempio da manuale del whitewashing tipico svedese).
al massimo le differenze di classe si possono smussare, e anche molto (come dagli anni 60 a 20 anni fa), ma questo solo se farlo ha un (buon) senso poliziesco: cioè solo gli individui accettano di usare ‘l’aiuto’ di stato proprio e solo per cio’ per cui lo stato lo fornisce, e non per altro (vedi, appunto, l’esempio delle allocazioni pronataliste, che non favoriscono gli individui come tali o comunque il loro proprio benessere, ma solo il loro figliare).
vale a dire, il welfare svedese non è welfare (anche se è ‘pubblico’), perché non è affatto redistributivo: il principio non è quello di usare i soldi ‘in più’ per migliorare la vita di tutti, ma – puritanamente e moralisticamente – di tassare tutti e in particolare ‘i ricchi’ il più possibile (in modo da castigare il lusso e l’orgoglio) per poi costringere poi a forza ‘i poveri’ a diventare ‘deserving poor’, cioè a comportarsi bene e a stare zitti (e questo svuota le strade: in cui sono praticamente assenti e comunque invisibili barboni, ubriachi, tossici e prostitute).
in svezia infatti, a livello sia quotidiano sia istituzionale (a ogni livello che io abbia osservato) ogni espressione anche solo della possibilità remota di un conflitto è tabù: le decisioni si prendono consensualmente (o almeno si recita il rito del consenso), e in ogni caso chi ha l’autorità per prenderle le impone agli altri, e un’elaborazione collettiva e dialettica è non solo assente, ma inconcepibile.
e è per questo del resto che negli ultimi vent’anni il liberismo ha ripreso piede a velocità supersonica (la sanità per esempio, dopo essere stata pubblica per forse trent’anni’anni, ora è di nuovo quasi completamente di nuovo privata – e fra l’altro in caduta libera o già pessima, secondo i luoghi; la scuola – in particolare quella delle ‘friskolor’ – è per metà o più privata, e spesso confessionale, e, si badi bene, strafinanziata pubblicamente; e il lavoro neppure credo sia granché più protetto che altrove: ma basta figliare, e si sopravvive), e alla fine tutto sommato tutti sono contenti, perché se lo vivono bene come un ritorno alla tradizione (che in svezia non è un concetto ridicolo e vecchiotto, o addirittura reazionario e nemico, ma un valore innocente, buono e giusto – e OVVIO).
questo spiega il velocissimo diffondersi e riorganizzarsi delle destre nazionaliste-xenofobe, questo spiega le guerre ‘etniche’ o i riot a base di disperazione e/o rivolta sociale nelle periferie (soprattutto, ma non solo, quella degli ‘alieni’ – che sono percepiti come ‘osvenska’, ‘non-svedesi’, ben oltre la 4a generazione – i quali per ovvie ragioni non si riconoscono nella ‘tradizione’ svedese, e con cui gli svedesi, a parte pagargli vitto e alloggio, o proprio per questo, tessono zero relazioni umane e territoriali), e questo, infine, spiega la specificità e l’orrore del femminismo radicale svedese, che è un femminismo (oltre che estremamente bianco e middle-class come quello americano) soprattutto antipolitico e ultrareligioso (anche se a parole ‘progressista’ e ‘laico’).
quindi, insomma, non tiriamo in ballo ‘l’esempio svedese’, ché quello è un fraintendimento enorme e mostruoso.
ti ringrazio per lo sguardo piu’ nel dettaglio, anche perche’ io non ho tirato fuori l’esempio svedese come modello, ma per dire che pure la’ , che viene comunemente ( e superficialmente ) riconosciuto come uno dei posti con meno disuguaglianza eccetera ( non vedo come non chiamarlo welfare + liberismo pero’, e in che modo il welfare non sarebbe redistribuitivo ), la sinistra che vorrebbe @ubiks non c’e’. e visto che come dici, tutto sommato stanno bene, neanche la vorranno immagino.
eh no pero’,
io dicevo (o credevo di aver implicato) che sono solo gli ‘etnicamente svedesi’ (come si chiamano loro stessi)
a essere a proprio agio in questo ritorno a una tradizione che pero’ non è stata né sarà a breve rielaborata
dialetticamente colla popolazione ‘straniera’(= non ‘etnicamente svedese/scandinava’ per molte generazioni),
che ormai è presente dappertutto in grosse percentuali, ma politicamente praticamente non ha voce.
e non dico che se avesse voce questa sarebbe di sinistra, né che la dialettica democratica fra i due gruppi etnici
sposterebbe necessariamente il paese a sinistra, ma quanto meno l’espressione e la pratica verbale
(cioé non solo via riot) del conflitto costringerebbero gli uni a una presa di coscienza politica (per chi veramente non ce l’ha) e a una revisione dialettica del loro ruolo oggettivo di oppressori, e gli altri a dare inizio a un processo collettivo di decolonizzazione, nel loro interesse e in quello del paese che hanno scelto o in cui si sono trovati a vivere.
ora, la mia posizione è che la specifica versione svedese del welfare è tailor-made proprio per evitare questo movimento di trasformazione,
o comunque per ritardarlo il più possibile, per mezzo appunto dell’invisibilizzazione e dell’isolamento dei marginali
(il caso della penalizzazione dei clienti delle prostitute – fatta per isolarle, fragilizzarle e cosi’ eliminarle – è esemplare in questo senso, come pure quello della tolleranza zero nei confronti delle ‘droghe’, con possibilità per la polizia di fare analisi random a chiunque abbia un’apparenza ‘sospetta’), per mezzo poi, appunto, del pronatalismo delle allocazioni familiari (che non favoriscono l’autodeterminazione delle famiglie né tantomento quella delle donne, ma, al contrario, la segregazione professionale di genere e le conseguenze economiche di questa su individui e famiglie),
e infine per mezzo della ghettizzazione spaziale (ottenuta tramite gestione da stato di polizia del mercato immobiliare
e di quella scolastica (grazie al sistema delle scuole private, in particolare confessionali,rese amministrativamente
e economicamente del tutto equivalenti a quelle pubbliche).
della destra nazionalista tollerata come se niente fosse non sto neanche a parlare.
detto questo, se poi devo spiegare meglio perché questo sistema di aiuto pubblico non mi sembra un sistema di welfare, allora ho problemi, perché non ho linguaggio né conoscenze tecniche sufficienti per spiegare la differenza (tutto quello che ho scritto finora deriva da osservazioni e esperienze personali, collettive e amicali, stampa generalista svedese, e quel poco di storia svedese che posso aver succhiato leggendo letteratura).
ma in ogni caso, intanto posso ribadire
che questo aiuto pubblico non è redistributivo (nel senso socialistico che si intende di solito) in quanto gli aiuti generalisti (=cui tutti hanno diritto in quanto – secondo i tipi d’aiuto – cittadini o residenti stabili) per la maggior parte non sono minimamente scaglionati per censo, e poi perché altri che sono riservati ai più poveri non prevedono una contestuale socializzazione sul territorio di chi li riceve (il che nel caso svedese sarebbe la cosa più urgente e più salvavite) e neppure, per quanto ne so, una socializzazione professionale o istituzionale (cioè l’aiuto economico arriva nudo, senza nessun tipo d’accompagnamento in termini di azione sociale che non sia
puramente coercitivo, come nel caso dei tossici o delle prostitute).
aggiungo – e non è marginale – che la psicoterapia senza farmaci è pratica rara (e percepita come ‘strana’ in generale) e nel servizio pubblico, sia medico sia sociale, è praticamente assente.
a questo proposito, tutto il livello di dettaglio che posso aggiungere (riguardo il perché del mio rifiuto di considerare ‘welfare’ questo sistema) è il concetto di ‘unconditional cash transfer’, che mi sembra adatto a spiegare la differenza di natura (come io la percepisco) fra il sistema svedese e altri sistemi di welfare europei come li conosco (sia pure solo a livello zero,
da utente). su wikipedia ho trovato questo: “CCTs that are oriented at inducing a socially optimum behavior
not guided by market forces should be seen as contracts with recipients for the delivery of a service, not as handout programs.
… In all cases, aligning private and social behavior will be cheaper through price effects income effects (unconditional cash transfers).” (1)
ecco, queste due cose mi sembrano fondamentali: a) secondo me il welfare o è un vero “hand out”, o non è welfare (e non è troppo direttamente
moralistico, altrimenti non è neppure aiuto pubblico, ma pura elemosina al deserving poor); b) la logica del sistema svedese di aiuto pubblico è puramente liberista (e moralistica), proprio perché non c’è alla base nessuna idea di solidarietà sociale, e ancora meno di giustizia sociale, c’è solo un calcolo economico che fa la scelta del mezzo “meno costoso” di controllo poliziesco della società (cosi’ io interpreto
“aligning private and social behavior”).
e secondo me, con tutti i difetti che hanno per altro, i sistemi di welfare europei non si basano su nessuno di questi due principi.
e quanto a me, io non credo neppure che possano a breve snaturarsi e integrarli, proprio perché in europa occidentale (per il resto non so), il welfare si è costituito soprattutto a partire dalle lotte operaie, femministe e sindacali. cioè non è stato calato dall’alto., è il risultato di una mediazione, la traccia e la promessa (o la minaccia, secondo i punti di vista) di un conflitto, e è proprio questo che lo rende ‘welfare’, secondo me non solo per chi ne beneficia, ma per tutti.
se non è questo è elemosina o polizia, e, ne sono convinta, ammazza.
(ma se qualcuno mi puo’ spiegare più in dettaglio o controargomentare che ho detto cazzate, o in qualsiasi altro modo aiutarmi a riflettere su queste cose, gliene saro’ grata).
(1) (‘Conditional Cash Transfer Programs: Are They Really Magic Bullets?’ by Alain de Janvry and Elisabeth Sadoulet, Department of Agricultural and Resource Economics, University of California, June 2004)
ti ringrazio ancora, io non so nulla di svezia, per cui prendo tutto. l’unica cosa e’ che se uno ti legge pensa a un brutto posto. ora, io non so come fai a dire che questo non-welfare liberista e’ elemosina o polizia, e che ammazza ( non alla lettera ). certo non e’ la societa’ che sogni tu.
jackie.brown rispondo qui, scusa, visto che abbiamo raggiunto il limite della nidificazione.
in effetti me lo dico anch’io che probabilmente la mia percezione è paranoica, ma quanto alla svezia non è solo mia; e in realtà quello che davvero ‘sogno’ è un sindacalista comparato o un ispettore del lavoro esperto di condizione precaria internazionale, qualche figura cosi’ che non so neppure se esista, che aiuti a fare chiarezza e a distinguere la realtà dai deliri o anche solo dalle percezioni opache che più o meno abbiamo tutti, almeno tutti noi precari eurotrash.
(e in realtà, dopo averti dato l’ultima risposta, ho trovato questo “work-lifestyle choices in the 21st century: a preference theory’ di catherin hakim, che almeno per la parte che riguarda più direttamente la condizione delle donne sembra fornire qualche risposta).
comunque dai, chiudiamo questo sottothread ormai abbastanza ot.
alla prossima.
maurovanetti nel suo ultimo commento qui scrive: ‘la condizione della donna non è determinata soltanto da quello che la gente comune pensa! Secondo me il potere e quindi le politiche che vengono messo in campo non sono rappresentativi del livello di coscienza delle masse, perché il potere non è nelle mani delle masse ma di una élite molto ristretta’.
e poi, più in generale: ‘Io penso che sia un errore gravissimo attribuire alla massa della popolazione una complicità con l’attuale potere politico e in particolare col PD … C’è una scollatura per l’appunto stupefacente tra i sentimenti delle masse e la condotta del potere’.
ora, seppure in termini generali e di principio io sia d’accordo (cioé sono d’accordo sul fatto che non c’è mai una relazione diretta fra i due piani, e certo che non bisogna desumere meccanicamente l’uno dall’altro), secondo me la pertinenza di queste affermazioni alla situazione italiana (o anche europea) è viziata dall’assunto – che in questo thread non è sostanziato granché, a me pare – che sembra fondarle: quello per cui “i sentimenti delle masse” e “il livello di coscienza delle masse” sarebbero in qualche modo più avanzati i quel che i modi e le pratiche dell quotidiano esercizio del potere da parte dell’élite’ lascerebbero immaginare.
se non ho frainteso, è proprio su questo che alcuni commentatori mi sembrano prendere un’enorme cantonata, e non ne so immaginare la causa, se non una loro prospettiva situata in un ambiente molto più ‘avanzato’ della media italiana (o europea per quel che ne conosco), e non solo quanto al ‘genere’ o alle tematiche ‘lgbt’ (vedi l’esempio della differenza fatta da ubiks fra un”area rossa’ e un paesino della calabria).
vale a dire – e per rispondere in parte anche a roy_montgomery – se il nesso fra l’egemonia maschilista (in particolare in italia) e ‘politica’ non è fondante delle pratiche quotidiane di resistenza e eventualmente di lotta all’oppressione, per esempio, allora di cosa stiamo parlando?
cioè, se il segno dello stato avanzato della ‘coscienza delle masse’ non si trova né a livello elettorale (elezioni nazionali, locali, referendum legge 40), né a livello di partecipazione di massa a gruppi politici organizzati e ‘avanzati’ (che sono tendenzialmente disertati, siano questi partitici, sindacali, di genere, ecc.) né a livello di rivolte efficaci e di massa su singole questioni davvero emergenziali, cioè a situazioni aberranti e cruciali come quella dell’impossibilità di abortire nei tempi legali in tantissimi comuni italiani (e indipendentemente dai moventi degli obbiettori, maurovanetti, che ai fini pratici sono totalmente irrilevanti) o come quella che vede una rapidissima ricattolicizzazione e quindi distruzione a tutti gli effetti dell’efficacia dei consultori, e se, infine, non è neppure nei ‘semplici’ gesti quotidiani che dovrebbero testimoniare della perdita d’egemonia del maschilismo patriarcale, almeno a ‘sinistra’, allora cos’è mai che puo’ far pensare che questo ‘scollamento’ ci sia?
io questo davvero non lo capisco.
ripeto, mi rendo conto della possibile e pericolosa deriva qualunquista e di disimpegno che puo’ venire da una constatazione del genere, ma, ripeto, è un rischio che dobbiamo correre se non vogliamo continuare a farci pie illusioni sullo stato della ‘sinistra’, e non solo in italia.
un’ultima nota infine quanto alla ‘marginalità’ dei movimenti e gruppi e gruppuscoli di estrema destra in europa, e in francia in modo particolare: io sono un po’ (e comunque ancora poco) informata
1) sui movimenti di estrema destra scandinavi, che di certo non sono e non sono considerati da nessuno ‘minoritari’ (cioè né da protagonisti e opponenti né da osservatori, e questo né da soggetti istituzionali, né ‘sociali’, né di movimento), e ché anzi, dopo essersi ben diffusi e radicati sul territorio negli ultimi vent’anni, ora si stanno tanto velocemente e efficacemente organizzando che stanno gettando saldissime propaggini istituzionali e partitiche, anche a livello parlamentare.
2) sui movimenti di estrema destra in francia, che non solo non sono esclusivamente bianchi e di tipo ‘tradizionalmente’ fascista e neonazista, ma sono inoltre molto più variegati di quanto forse siamo soliti immaginare, e soprattutto complicatissimi da mappare e gestire, da parte degli oppositori, ma perfino da chi ne fa parte, per il ‘semplice’ fatto dello stato ultrameticcio e post-post-coloniale di tante parti di movimento, che devono cardare, filare e tessere tratti identitari (e quindi anti- o comunque non-universalisti, e quindi difficilissimamente direttamente affiliabili alla tradizione della sinistra laica e repubblicana) legati alla provenienza, alla lingua, alla religione, alla classe, ecc., e poi al ruolo delle donne in tutto questo – e questi tratti vanno poi ulteriormente rielaborati ai fini specifici di lotta (sia questa fascista o antifascista), il che crea, come si puo’ immaginare, un’estrema ‘confusione’ sia nei gruppi piu’ o meno organizzati che nei singoli, e poi più ancora a livello di affinità, e poi tattico e strategico per alleanze possibili – perché ‘troppo’ spesso si creano in teoria e a volte nei fatti ‘collusioni’ ideali e/o identitarie trasversali rispetto all’appartenenza ‘destra-sinistra’ (e a volte addirittura rispetto all’interesse politico immediato degli individui e dei gruppi) che rendono l’attività e ancora di più l’azione politica spesso pericolosa e comunque complicatissima, soprattutto per gli attivisti di banlieue (che sono fino al collo e quotidianamente presi in contraddizioni e loop di questo genere), e (e soprattutto fra questi ultimi) per le donne.
quindi, insomma, volevo concludere con un’esortazione a non sottostimare l’efficacia e la velocità della riorganizzazione su micro e macroscala dei movimenti di estrema destra (ripeto, non solo tradizionalmente fascisti), e soprattutto a non sottovalutare la loro ‘creatività’ e versatilità attuale, tutte cose che del resto sono possibili proprio perché le posizioni da cui partono in europa sono da lungo tempo egemoniche, sia ‘culturalmente’ sia ‘politicamente’ – per quanto abbia senso distinguere i due piani.
e inoltre, ripeto, la natura stessa di questi movimenti sta cambiando: non so come chiamarla, se non per ora neo-neofascismo o simili, ma in ogni caso, a parere mio e di tanti, è qualcosa di qualitativamente diverso da quel che abbiamo visto finora, quindi secondo me in questa fase sarebbe preferibile presumere il meno possibile e tenere occhi e orecchie bene aperte per capire cos’è che si muove, e verso dove, per poter ‘rispondere’ efficacemente almeno all’uso della forza (che si sta generalizzando) e alle emergenze, e poi, in secondo luogo, per capire ‘come’ stare nella propria parte (almeno per quelli per cui ‘da che parte stare’ è già chiaro).
per le etichette e i conteggi ci sarà tempo poi.
ciao, nel thread su Internazionale a un certo punto si parlava di razzismo e “razzializzazione” della forza-lavoro”; proponevate anche una bibliografia minima, potreste postarla? mi interessa molto
GRZ
Potresti partire dal libro che citavamo qui, “La razza al lavoro”:
http://www.wumingfoundation.com/giap/?p=12928