[Chi bazzica queste lande si è imbattuto tante volte in Mauro Vanetti. Oltre a essere uno dei commentatori di Giap – e guest blogger – più acuti e apprezzati, è stato anche il curatore dell’antologia Tifiamo Asteroide. Mauro è un informatico e un attivista politico. Nella sua città, Pavia, è tra i protagonisti di una multiforme battaglia contro le mafie e il business legale del gioco d’azzardo, nonché tra i promotori di Senza Slot e co-autore del recentissimo libro Vivere senza slot. Storie sul gioco d’azzardo tra ossessione e resistenza (nuovadimensione, 2013).
A monte di tutto questo, Mauro è un militante comunista, membro del PRC e della Tendenza Marxista Internazionale, che in Italia si raggruppa intorno al giornale Falcemartello.
E’ proprio dal sito di Falcemartello che riprendiamo la seguente chiamata alla solidarietà, perché Mauro sta subendo un attacco e bisogna aiutarlo a difendersi e contrattaccare, al di sopra delle differenze, delle diverse appartenenze e dei tribalismi delle tante sinistre.
A noialtri, poi, usare Giap per difendere un giapster sembra il minimo.
N.B. In generale, a Pavia c’è un clima pesante. Emblematico quel che è accaduto a Giovanni Giovannetti, autore del libro Sprofondo Nord (2011). Non solo Giovannetti ha subito un fuoco di fila di querele: ha avuto anche la casa incendiata, e nel rogo è andato distrutto il magazzino della sua piccola casa editrice, Effigie.]
Volantinaggio lunedì 7 gennaio 2014 alle ore 9 davanti al Tribunale di Pavia, in occasione della prossima udienza
Fare politica a Pavia dalla parte dei lavoratori
Mauro Vanetti, un nostro compagno di Pavia, ha subito un attacco giudiziario da parte di Pietro Trivi (NCD), un esponente del centrodestra al governo della città. Pavia è una città lombarda a forte penetrazione mafiosa, dove la deindustrializzazione continua (ultimo caso, la annunciata chiusura dello stabilimento Merck, che dà lavoro complessivamente a circa 400 persone) ha lasciato spazio a un capitalismo parassitario e speculativo (palazzinari, gioco d’azzardo, corruzione). L’università e gli ospedali sono i centri di potere più importanti e non è casuale se proprio il direttore sanitario dell’ASL, Carlo Chiriaco, è stato al centro di un grande scandalo ‘ndrangheta nel 2010 che ha coinvolto (con intercettazioni, imputazioni e arresti) anche esponenti del PdL, della Lega Nord e di una locale lista di centro. Tra le persone intercettate mentre si trovava in automobile con Carlo Chiriaco durante la campagna elettorale figura per l’appunto Pietro Trivi.
Sulla questione della mafia e della corruzione i nostri compagni pavesi sono sempre stati molto vigili intervenendo con azioni di denuncia politica e anche contribuendo in modo decisivo ad organizzare manifestazioni pubbliche di protesta. Sono intervenuti anche nelle maggiori vertenze sociali legate al lavoro (Elnagh, Merck) e alla casa (sfratti, Green Campus, Punta Est), oltre che nel contrasto alle violenze dei neofascisti locali, legati in vari modi alla destra ufficiale.
Con queste attività militanti i compagni si sono fatti molti nemici tra i potenti di Pavia. L’attacco a Mauro è essenzialmente un attacco contro tutti noi e contro quello che abbiamo fatto in questa città a partire dagli anni Novanta.
Ritorsioni politiche del centrodestra contro gli attivisti antimafia?
Il 12 ottobre 2011 due esponenti molto in vista del PdL di Pavia, l’avvocato penalista Pietro Trivi [a destra nella foto], assessore al Commercio del Comune di Pavia, e Carlo Chiriaco [a sinistra nella foto], ex direttore dell’ASL, vengono assolti in primo grado dall’accusa di corruzione elettorale aggravata. Secondo il giudice, la consegna di denaro da parte di Chiriaco e Trivi al sindacalista della UIL Galeppi durante la campagna elettorale non configurano un reato. Immediatamente parte una campagna politica da parte del centrodestra pavese volta ad affermare che chi aveva sostenuto che ci fossero infiltrazioni mafiose nella politica di Pavia doveva “chiedere scusa”. «Ora qualcuno dovrà chiedere scusa» dice il sindaco Alessandro Cattaneo a “la Provincia Pavese” del 13 ottobre 2011. Due settimane dopo, Pietro Trivi querela esponenti di diversi partiti avversari che vanno dal PD a Rifondazione Comunista passando per il Movimento 5 Stelle.
(Eppure le infiltrazioni mafiose nella politica di Pavia ci dovevano ben essere se nel dicembre 2012 Carlo Chiriaco viene condannato in primo grado a 13 anni per concorso esterno in associazione mafiosa. Tra le accuse: «costituisce elemento di raccordo tra alti esponenti della ‘ndrangheta lombarda e alcuni esponenti politici; favorisce gli interessi economici della ‘ndrangheta garantendo appalti pubblici […]; procura voti della ‘ndrangheta a favore di candidati in occasione di competizioni elettorali comunali e regionali»!)
Mauro Vanetti, classe 1979, militante comunista da quasi vent’anni molto conosciuto in città, attivista antimafia e antislot, riceve una querela per diffamazione. Questa querela ha lo scopo di mettere il bavaglio a un oppositore politico: se Vanetti venisse condannato saremmo di fronte a un precedente inquietante sia per le libertà digitali nel nostro Paese sia per la libertà di critica politica.
Un attacco ai diritti democratici digitali
Le frasi incriminate sono due commenti che secondo Trivi sono apparsi su Facebook. Trivi non ha prodotto nessuna prova dell’esistenza di questi commenti, si è limitato a stampare degli screenshot, cioè a riprodurre con una stampante le immagini che sostiene essere apparse sul suo computer. Non c’è stata nessuna indagine per verificare che quei commenti siano effettivamente comparsi su Facebook (provate a cercarli: sono introvabili) né che a scriverli sia stato Mauro Vanetti. Non sono stati forniti URL, log, sorgenti HTML della pagina web, indirizzi IP, niente di tutto ciò che normalmente gli inquirenti allegano a un processo di questo tipo e che è richiesto dalla giurisprudenza per condannare qualcuno per ciò che scrive sul Web.
Nel corso delle udienze Pietro Trivi ha cominciato a produrre un grande numero di screenshot: vi compaiono altri commenti su Facebook attribuiti a Mauro Vanetti, pagine del suo sito con articoli e lettere sulla questione della ‘ndrangheta a Pavia, foto del profilo ecc. Che cosa significa questo “pedinamento virtuale”, questa schedatura delle opinioni politiche di Vanetti, che peraltro non sono mai state nascoste, visto che ha scritto molti articoli su riviste e siti di sinistra e ha addirittura pubblicato un libro contro il gioco d’azzardo a Pavia?
Un attacco al diritto di critica contro il sistema mafioso
D’altronde, anche il contenuto dei presunti commenti non diffama Pietro Trivi!
Il primo commento recita: «Uno dopo l’altro, tutti i politici pavesi che se la intendono con la mafia la stanno facendo franca. Non saranno i giudici a levarceli dai piedi, dovremo pensarci noi». Nello screenshot non compare il nome di Pietro Trivi né di nessun altro politico. L’autore del commento (che secondo Trivi è Mauro Vanetti) si limita ad affermare che esistono a Pavia dei politici che se la intendono con la mafia, e che la stanno facendo franca. Più sotto l’autore del commento chiarisce: «non penso che la mafia sarà mai sconfitta in tribunale se non viene prima sconfitta nella società, semplicemente perché gran parte di ciò che fa la mafia non è tecnicamente illegale». È forse questa opinione politica che è stata portata in tribunale?
Il secondo commento è una battuta in un lungo scambio di commenti: «Mi diverte sempre quando qua sopra interviene un picciotto». Che il “picciotto” in questione sia Pietro Trivi lo ha dedotto… Pietro Trivi stesso, nella querela. Subito sopra al commento (ammesso che si pensi di poter ricostruire in modo univoco un thread di Facebook, ma non è così visto che i commenti possono essere modificati e rimossi) ci sono altri commenti che non sono di Pietro Trivi. In ogni caso la parola “picciotto” ha un significato vago, letteralmente vuol dire “ragazzo”, talvolta indica le persone che non fanno parte dell’alta gerarchia mafiosa ma di cui si servono le organizzazioni criminali per perseguire i propri interessi.
A Pavia esistono dei politici che se la intendono con la mafia? e a Pavia esistono dei “picciotti”, degli individui compiacenti che sono utilizzati dalla mafia per i propri scopi? Chi osa dirlo, anche senza fare nomi precisi, deve essere portato in tribunale e messo a tacere? Non sarebbe meglio punire semmai chi osa negarlo, dopo che su questo argomento si sono scritti fior di libri e sentenze giudiziarie?
Con le querele i potenti mettono un prezzo alle nostre parole
Trivi ha querelato negli stessi giorni anche altre persone con accuse analoghe. Da una di queste persone querelate ha ottenuto 15mila euro. Chi vuole criticare la mafia a Pavia rischia di dover pagare 15mila euro? Le querele dei potenti contro i cittadini che non stanno zitti sono uno strumento per zittirci, sono un sopruso, sono il tentativo di chi ha il potere di sfruttare le proprie conoscenze e la propria influenza per far condannare ingiustamente delle persone comuni.
Con questa campagna vogliamo far crescere la consapevolezza di questo scandalo giudiziario che rischia di svolgersi a Pavia nei prossimi mesi e al tempo stesso chiediamo un aiuto ad amici e compagni: difendiamo Mauro Vanetti da questa persecuzione, difendiamo tutti i pavesi dall’omertà. Raccogliamo fondi per contribuire alle ingenti spese legali, per annullare l’effetto di questo micidiale meccanismo intimidatorio.
Costruiamo una campagna di lotta e solidarietà contro la prepotenza della destra!
Sinistra Classe Rivoluzione – FalceMartello – Pavia
Donazioni di solidarietà:
- con PostePay dedicato 4023 6006 5041 3893 intestato a Mauro Stefano Vanetti
- con PayPal inviando denaro a mauro.vanetti@email.it con causale “Zitti mai”
Per informazioni dettagliate è possibile contattare direttamente Mauro Vanetti all’indirizzo mauro @ marxist.com o al numero 328-3657696 o su Twitter (@maurovanetti). Questa campagna sarà improntata alla massima trasparenza: vi terremo informati di cosa avviene nel tribunale, vi faremo avere le carte processuali, vi daremo spiegazioni sui retroscena, vi daremo un rendiconto delle donazioni ricevute e del loro utilizzo. Dateci una mano e impariamo insieme come ci si difende da prepotenze come questa.
Vorrei sottolineare, anche se è già stato fatto nel post, che non si tratta solo di solidarietà a Mauro Vanetti, per quanto amico, per quanto impegnato, stimabile e tutto quanto. È una una battaglia importantissima che riguarda tutte e tutti, contro chi pensa di potersi comprare quel cazzo che vuole, compreso il fatto di aver ragione e il silenzio altrui, perché ha più soldi. Non c’è niente di più odioso del ricatto di chi può sputtanare soldi in avvocati, pensando che x la controparte invece 1000 euro in più o in meno fanno la differenza e quindi si cagherà in mano e accetterà qualsiasi condizione. Io spero che questo riusciamo insieme a mandarlo a casa con la coda tra le gambe, magari la prossima volta ci pensa due volte anche se si trova davanti uno meno conosciuto o più sprovveduto di Mauro. Scusate il linguaggio scomposto, questa cosa mi fa molto incazzare.
Buon Natale a tutti
Francesca ha colto benissimo il punto.
Questo processo prima o poi lo andiamo a vincere, perché in Cassazione è praticamente impossibile che passi una cosa così assurda come condannare qualcuno per uno screenshot che mostra dei commenti dove in ogni caso non è neppure menzionato il presunto diffamato.
Ma intanto ci siamo fatti (non solo io, anche le persone che mi stanno vicino, i compagni, l’avvocato che è compagno a sua volta ecc.) già oggi un anno di stress, di riunioni, di udienze preliminari, di ore perse a scrivere e correggere memorie difensive, comunicati stampa, appelli politici. Intanto abbiamo dovuto spendere soldi in carte bollate e tante ore di lavoro di avvocato, segretaria e praticante (e per fortuna esistono avvocati come il mio che non ci lucrano sopra).
La cosa peggiore però è un’altra: che queste intimidazioni funzionano. Puoi fare l’eroe quanto vuoi, ma ti influenzano. Faccio un esempio: nel libro sulle macchinette che hanno citato i WM in questo post, Trivi compare. Per forza: è assessore al Commercio, le macchinette nei bar sono una questione legata al commercio cittadino. Nella prima stesura del libro, lo chiamavamo di nome e citavamo i rapporti tra questa persona e Carlo Chiriaco. Nel libro pubblicato, abbiamo tolto i riferimenti e abbiamo tolto il suo nome. Non ce la siamo sentita di mettere noi e la casa editrice a rischio. Abbiamo perso giornate a limare le virgole, a non sentirci liberi di dire le cose come stanno; la preoccupazione non era solo “diciamo la verità” ma anche “riduciamo la probabilità che qualcuno ci quereli anche se vinceremmo la causa”.
E secondo voi perché quell’appello è scritto così in “avvocatese”, come mi ha detto una giapster? Perché sappiamo che pure il testo dell’appello, che Trivi ha sicuramente già letto con attenzione, rischia di finire nelle mani di un altro poliziotto e poi di un altro giudice. Ogni frase imprecisa o eccessiva può procurarci altre grane. Come si fa a occuparsi di politica in questo modo?
A Pavia c’è una vera pioggia di querele. Giovannetti, che è citato nel post, ne ha ricevute decine nell’ultimo decennio, ieri mi ha elencato almeno 14 persone diverse che lo hanno querelato, e in quella lista di nomi era riassunto tutto il potere della città nelle sue varie componenti: politica, affaristica, massonica, immobiliare, ‘ndranghetista. Da quel che sento in giro, anche da certi racconti di amici giapster, mi sembra che molte piccole città vivano una situazione del genere. Nelle metropoli succede, ma in fondo i potenti sanno che c’è troppa gente che li critica, non possono beccarli tutti; a Pavia il dibattito politico è miniaturizzato, ce la puoi fare a isolarci tutti uno per uno (anche colpa nostra che siamo deboli e divisi, ovvio).
La campagna è nata per necessità, ma pensiamo che possa creare un piccolo precedente: far vedere in un caso per noi propizio (perché io sono debole ma un po’ meno debole di altri) che si può trasformare il bavaglio in un megafono. Che esiste gente competente di questioni informatiche (più competente di molti personaggi che frequentano tribunali e questure) che si indigna per una follia come questa e te la sa smontare sul terreno tecnico – l’avete visto il finto screenshot che abbiamo portato in aula? Che esiste un “giro dei compagni” che ha canali organizzativi e comunicativi che i potenti non si aspettano, perché ci vedono divisi in molte sigle semisconosciute, e che se gli vai a rompere i coglioni si attiva e li rompe a te. Che non basta fare attacchi soft (perché una querela è un attacco soft rispetto a quello a Giovanni a cui è stata bruciata la casa o rispetto agli sfrattati di Pavia a cui vengono fatte ogni settimana cose indicibili) per restare sotto la soglia dell’indignazione e della solidarietà: l’unico modo per non farci arrabbiare è lasciarci in pace.
Se vinciamo su questa cosa, creiamo un precedente che farà archiviare al volo tutti i prossimi tentativi di lorsignori. Se vinciamo, i soldi che ci stanno arrivando e di cui ringrazio veramente di cuore, come ringrazio tantissimo per tutta l’attenzione che state dando alla cosa (partendo dai Wu Ming che ci hanno voluto dedicare questo post dopo averci mandato una cospicua donazione dal fondo cassa del Coniatore), li potremo mettere da parte e riutilizzare per uno degli altri tanti casi analoghi.
Non svegliare il Giap che dorme: non ti conviene.
Oltre alla naturale vicinanza a Mauro, una brevissima riflessione.
L’affare Slot muove interessi molto grandi. Quelli che si stanno esponendo a viso aperto in questa battaglia molto più cruenta di ciò che appare, devono avere un livello di attenzione alto. Dietro le slot c’è una massa di liquidità enorme a cui nessuno vuole rinunciare.
Per cui bisogna stare vigili, senza paranoie ma vigili.
L.
Grazie Luca.
Quel che è successo nelle ultime ore dopo l’approvazione dello scandaloso emendamento Chiavaroli (“salvaslot”) secondo noi dimostra che è finalmente esploso ciò che covava sotto la cenere da mesi: un odio popolare generalizzato contro il business privato-statale del gioco d’azzardo. I senatori che hanno fatto questa porcata si sono trovati sottoposti a una pubblica gogna e sono stati costretti a ricorrere a scuse inverosimili.
Per chi si fosse perso i dettagli, in sintesi l’emendamento diceva che se un ente locale riesce a limitare il gioco d’azzardo nel proprio territorio deve *risarcire lo Stato centrale* per i guadagni perduti. Leggere l’emendamento per credere.
Luca ha ragione a dire che su questo tema è facile toccare degli interessi molto grandi e molto poco disposti a fare dei passi indietro. Lo sa bene il mio socio, compagno e amico Pietro, che in quanto fondatore e registratore del nostro sito si è dovuto sobbarcare un’altra vicenda giudiziaria parecchio antipatica. In quel caso a prendersela con noi sono stati i confindustriali che rappresentano gli interessi degli “operatori del gioco lecito”. Un altro giapster, Luca Casarotti, si è occupato di parlarne su Dinamopress, raccogliendo molte adesioni tra cui anche quella degli immancabili Wu Ming: http://www.dinamopress.it/news/difendiamo-senza-slot-e-tutto-il-movimento-no-slot
In quel caso siamo più sereni perché crediamo che non solo la demenziale querela contro di noi finirà in nulla, ma che addirittura saranno i confindustriali a dover staccare un bell’assegno intestato al compagno Pietro Pace. Interessi miliardari capaci di spostare intere ali del parlamento restano comunque piuttosto minacciosi e se si arrivasse alla resa dei conti su questo tema c’è da aspettarsi veramente di tutto.
Forse non c’entra, ma c’entra: sull'”Huffington Post” di oggi (con tutte le molle del caso), un articolo sulla lobby delle slot che ha infilato nella legge di stabilità il famigerato emendamento pro-slot. Qui.
Com’è ovvio, solidarietà a Mauro da Girolamo (a.k.a. Vittorio A. :-P)
Il caso di Mauro dimostra nuovamente che “niente da nascondere = niente da temere” non è un’equazione esatta. Non c’è bisogno di immaginarsi scenari distopici di psicopolizia e complotti segreti. Mauro, che non è certo uno sprovveduto, è incappato nella denuncia grazie ad una manciata di screenshot (privi di riscontro) in relazione alla sua trasparente e notoria attività militante.
Mauro non è un black bloc accalappiato dalla Celere, né un hacker pizzicato con le mani nell’hardisk altrui. Mauro è (anche ma non solo) uno di noi che posta il suo dissenso su Facebook e a cui sovente clicchiamo “mi piace” o “condividi”. E se scrivesse che nel consiglio comunale della sua città ci fosse il sospetto di infiltrazione mafiosa, e io lo condividessi e l’indomani qualcuno lo denunciasse perché sentitosi tirato in causa, io cosa avrei compiuto? Apologia di reato?
Gli effetti collaterali della pubblicazione incontrollata sono più immediati e sottili di quello che pensiamo. Con un meccanismo che dà credito al valore degli screenshot (pare che anche la polizia postale li usi per eludere i sistemi di criptaggio PGP/GPG per accedere ai contenuti email direttamente a “video”) e all’autenticità di un account (come si dimostra un eventuale “furto di identità”? Nel caso di un account gestito in collettivo, la responsabilità su chi ricade?), lo scambio di persona o, come per Mauro, la vertenza legale potrebbe essere all’ordine del giorno. “Comunisti” e non, tanto per colpirne 1 ed educarne 1k.
Daje Mauro: #ZittiMai!
Sono abbastanza allucinato, questo tentativo persecutorio – se non intendo male di tentativo si tratta finora – cerca di spostare l’asticella molto in basso, per una serie di motivi chiari nell’articolo.
La prassi della repressione economica del dissenso è consolidata, ma chiaramente se non basta neppure evitare di fare i nomi per evitare una querela per diffamazione siamo alla negazione della libertà di parola.
Vicenda da seguire assolutamente, grazie per la segnalazione, ora scrivo a MV per chiedere di essere aggiornato
Scusate una domanda: nell’articolo c’è scritto che non c’è nessuna prova che i commenti siano esistiti o che siano attribuibili a Mauro. E va bene, siamo d’accordo, lo screenshot stampato mi sembra parecchio debole come prova. Però non ho capito una cosa: Mauro nega di averli mai scritti?
faccio io una domanda a te: è importante sapere questo?
il post è molto circostanziato e spiega bene le attività del gruppo di attivisti a Pavia di cui Mauro fa parte. Ed è abbastanza chiaro, come scrive Francesca qui sopra, che una querela è un atto intimidatorio contro questo attivismo. In questo contesto entrare nel merito dell’oggetto della querela-pretesto mi sembra sinceramente irrilevante e non fa che seguire la logica di chi l’ha fatta.
A me non interessa, neanche per curiosità. E a te?
ps non mi interessa neanche come metro per misurare la coerenza politica del Compagno sulla base della rivendicazione o meno di 2 frasi su fb. Ancora una volta, il post racconta cosa fa quel collettivo, fuori da facebook.
@unit
Ecco, questa domanda mette in luce quanto è paradossale la situazione.
Se ti rispondessi che quei commenti sono stati falsificati, Trivi potrebbe querelarmi perché lo calunnio. Altro giro altro regalo.
Se ti rispondessi che quei commenti li ho scritti io, alimenterei il meccanismo da Inquisizione spagnola (nessuno se l’aspetta eppure eccola qua) per cui è l’accusato che fornisce la prova: Trivi immediatamente stamperebbe pure questo thread e lo porterebbe al giudice.
Conclusione: mi tocca non dire né una cosa né l’altra, situazione davvero piuttosto imbarazzante.
Ad ogni modo riteniamo che i commenti non siano diffamatori e in particolare se ciò di cui siamo accusati è credere che a Pavia il sistema mafioso non sia stato demolito con le condanne di Carlo Chiriaco e Pino Neri, ebbene sì, questa è la nostra opinione politica. A Pavia la mafia esiste ancora, si salda con quella che Giovannetti definisce “criminalità urbanistica” e che non è tecnicamente ‘ndrangheta (cfr. http://sconfinamento.wordpress.com/2013/07/28/confisca/), costituendo il “sistema Pavia”, che in altre circostanze abbiamo definito con l’espressione un po’ suggestiva di “Pavia Città Criminale” (http://www.avvocatolaser.net/2012/07/10/pavia-che-resiste-vs-pavia-citta-criminale/). È il capitalismo improduttivo di una città che non produce più un cazzo.
Immaginavo una cosa del genere, però se i commenti non fossero tuoi, o ancora meglio non fossero mai esistiti, credo che tu possa dimostrarlo chiedendo i log della tua attività su facebook. Non sono un esperto di cose legali legate a facebook, ma credo che se il proprietario di un account chiede il tracciamento della propria attività passata per ragioni legali non dovrebbero rifiutarsi, no?
Allora, la faccenda è complicata. Facebook sostiene che quando cancelli un “elemento” (status, foto, video ecc.), lo cancella definitivamente e in modo irreversibile (al netto delle poche ore necessarie per far fuori cache, repliche del DB ecc.).
Sarà vero? Secondo molti, non è del tutto vero. Ma Facebook insiste che è proprio così e quindi se gli chiedi i log ti dice che non esistono e che non può sapere se il commento non c’è mai stato o è stato rimosso.
«Manteniamo i dati per le forze dell’ordine solo in caso di ricezione di una richiesta di mantenimento prima che l’utente in questione abbia eliminato tali contenuti dal nostro sito.» (https://www.facebook.com/safety/groups/law/guidelines/, una pagina molto interessante, tra l’altro)
Questo significa che non posso neanche dimostrare di non aver mai scritto quei commenti.
Resta il fatto che per chiedere il commento bisogna saper dire almeno vagamento dove si trova, nella querela di Trivi non è indicato nessun URL né ID del profilo utente, quindi figuriamoci…
A proposito, sapete per quante utenze le autorità italiane hanno chiesto a Facebook dei dati nei primi sei mesi del 2013? 2306. Facebook ha rilasciato dei dati in circa metà dei casi. Ci battono solo gli Stati Uniti, l’India e il Regno Unito. Le statistiche sono fornite da Facebook stesso: https://www.facebook.com/about/government_requests
Molto interessante, credevo che proprio a fini legali tenessero tutto almeno per un periodo esteso di tempo, indipendentemente dalla cancellazione. Comunque solidarietà anche da parte mia.
Ciao Mauro, sapevo della situazione pavese da un compagno che lavora come ingegnere nel campo delle costruzioni…hai tutta la mia solidarietà.
Anche se non c’entra nulla te lo chiedo, che magari ne sai qualcosa. E’ possibile sapere quali profili sono stati monitorati su richiesta delle autorità italiane? Voglio dire, non intendo conoscere i nomi, ma le “categorie” monitorate. E facebook sa dire per quale motivo nella metà dei casi ha detto di no? In base a quali criteri?
@uitko
Grazie di tutto.
No, Facebook non mi sembra che fornisca dati più dettagliati di quelli che ti ho mostrato. Il fatto che in quasi metà dei casi dica di no è interessante ma se tanto mi dà tanto da quel che ho visto in questo processo credo che la metà delle richieste non soddisfatte sia dovuto al fatto che chi le formula lo fa senza quel minimo di competenza tecnica richiesta. Per esempio nel mio processo sembra che nessuno colga la differenza tra il nome con cui è rappresentato un account (“Mauro Vanetti” o “Pinco Pallino”) e il suo profile ID univoco. Se chi scrive a Facebook è un asino su questo tipo di argomenti, Facebook (giustamente) risponde con una bella pernacchia.
PS: Ad ogni buon conto, alla prima udienza preliminare noi abbiamo chiesto il rito abbreviato condizionato alla produzione di una perizia, da parte di un perito informatico scelto dal giudice (per noi andava bene chiunque), sulla validità delle prove portate. Il giudice ci ha detto di no, dicendo che la perizia la farà lui stesso e abbiamo accettato controvoglia l’abbreviato non condizionato (mi scuso se la terminologia è imprecisa).
Unit, stai facendo collassare uno sull’altro due piani diversi, ovvero le due linee difensive: quella che contesta il metodo inquirente, e quella che contesta nel merito l’accusa.
La faccenda degli screenshot focalizza sul metodo, cioè sulla pericolosità del precedente che si vuole stabilire. Se un semplice screenshot può sostituire gli accertamenti del caso, si rende tutta la macchina della repressione economica (l’uso intimidatorio della querela e della causa civile) ancora più arbitraria.
La faccenda del contenuto dei commenti focalizza invece sul merito, cioè sul fatto che in quei commenti Trivi non viene mai menzionato ed è arbitrario concludere che vi sia attacco personale e diffamazione nei suoi confronti.
Sì sì, mi è chiara la suddivisione, infatti sul merito dei contenuti dei commenti non entro. Semplicemente chiedevo a Mauro se quei commenti fossero esistiti veramente o no perchè se la risposta fosse negativa (e sottolineo il se diverse volte :) ) suppongo si potrebbe provarlo. A quel punto si avrebbe il doppio vantaggio di smontare l’accusa e potersi porre la, credo lecita, domanda sull’origine degli screenshot.
“niente da nascondere = niente da temere” non è un’equazione esatta
perfettamente d’accordo. “niente da nascondere = niente da temere” e’ uno dei ricatti morali che vanno per la maggiore. un frame da smontare.
l’equazione giusta e’ “non rompere i coglioni a chi comanda=niente da temere”
daghe, mauro!
Penso che l’impianto accusatorio contro Mauro sia davvero *molto* fragile; sarei sorpreso se il processo si concludesse con una condanna. Comunque mi unisco agli altri giapster nella solidarietà.
Diciamo anche una cosa: Mauro è uno tosto, non lo si intimidisce facilmente. Ma questo è un dato soggettivo, in parte legato al fatto di aver costituito una comunità di amici e compagni complici e solidali. E di essere impegnato politicamente, il che vuol dire un’altra rete collettiva.
Al netto di questi elementi, cosa resterebbe? L’intimidazione oggettiva di una querela/denuncia. L’impossibilità (se sei scafato) di poter dire in pubblico quello che magari in privato puoi dire, perché la parola sbagliata al momento sbagliato ti frega: e se non sei scafato, l’oggettiva inferiorità di essere un parvenu davanti a dei professionisti della parola che sanno anche come e quando ti potrebbe scappare la parole sbagliata. Il timore di essere punito con una sanzione economica che non potresti permetterti, a fronte della possibilità di dichiararti colpevole e transare per una cifra comunque pesante, ma ancora compatibile con le tue sostanze. E una condizione di vita non sempre compatibile con lo sbattimento che comporta l’iter di una causa legale con tre gradi di giudizio. Tutte cose già note nella piccola comunità delle frequentazioni abituali del “giro allargato” dei giapster , e non a caso non sempre note in pubblico. E stiamo parlando di una comunità comunque piccola: che però scartavetra gli zebedei di default, com’è giusto che si faccia, al “potere”.
Fornisco un dato solo in apparenza sbilenco: c’è stato un tempo in cui a giurisprudenza sotto un certo voto ti tiravi indietro, perché con una laurea al di sotto di una certa media (diciamo 27/30) ci spinavi le alici. Da un certo momento in poi, gli studenti hanno cominciato ad accettare anche i 22-24/30: perché il “mercato del lavoro” della giustizia ha cominciato a tirare tanto, da richiedere anche passacarte e mozzaorecchie buoni per ottenere un rinvio, una perizia aggiuntiva, un gioco delle tre carte. È una delle tante limitazioni alla libertà di cui nessuno si accorge: chiunque può querelare chiunque, in teoria, ma non chiunque può vivere sotto querela.
Questo e’ un caso esemplare che mostra da un lato come la legislazione che riguarda la rete sia davvero ai minimi di decenza (uno screenshot sarebbe una prova? E di cosa?), e dall’altro come stiano aumentando a dismisura gli utilizzi di procedure legali (di dubbia utilita’, aggiungerei) a scopo intimidatorio a favore di chi “ten’ ‘e sord”, come si dice dalle mie parti. Ma forse non dovrebbe stupire, visto che il terreno legale e’ quello che da sempre ha palesato in maniera precisa la differenza tra la teoria e la pratica. “Le leggi: sappiamo cosa sono”, scriveva un signore francese tempo fa, poco prima della rivoluzione del ’48…
Uno per tutt*, tutt* per Mauro!
Piena solidarietà a Mauro; non ci conosciamo ma è possibile che ci siamo visti in una delle iniziative degli ultimi vent’anni di Rifondazione da Ventimiglia verso la mai raggiunta Parigi, ad Amsterdam, fino a Caracas, dalla Campania dei campeggi alla Genova del massacro, dai teatri alle piazze, comprese quelle che se te le ricordi non c’eri.
Ovviamente, non vi è base per alcun processo in tribunale ed il tentativo di limitazione della libertà di espressione e del dovere di denuncia richiedono una risposta politica, collettiva, unitaria.
Fermo restando la necessità di avere abbastanza soldi per le spese legali, so dall’alto della mia ignoranza che è necessario querelare l’accusa per essere risarciti.
Ciao Pasquale, sicuramente potremmo essere stati insieme a Genova nel 2001. Io ero allo stadio Carlini da mercoledì fino alla fuga precipitosa del sabato sera. Non ho partecipato però al corteo di via Tolemaide, con cui non ero d’accordo.
Il tuo consiglio finale non è del tutto assurdo, in certi casi è la cosa migliore da fare: si crea un bel cortocircuito e spesso finisce a pari e patta, ma ci si raddoppia la perdita di tempo e la rottura di scatole e se non si sono fatti bene i conti si finisce per dover pagare le spese legali due volte.
Un abbraccio.
Ciao e grazie infinite a tutti voi.
Siccome mi sembra che Giap e i giapster abbiano dato finora il contributo più vasto alla campagna e siccome questo è senz’altro il luogo più frequentato dove poter lasciare un commento, vorrei fare un primo bilancio dell’avvio della raccolta fondi.
Ho ricevuto 740 euro, di cui quasi 600 via PayPal, spesso con allegati messaggi buffi e/o commoventi. Hanno partecipato alla colletta trenta persone da tutta Italia. A questi soldi vanno aggiunte alcune promesse di donazioni dirette che mi hanno fatto persone di Pavia. Non ho incluso nella cifra i soldi che provengono da me e dai miei compagni più stretti di Pavia, cioè da quelli che hanno lanciato l’appello.
Si tratta di un risultato straordinario in un tempo così breve, che si somma all’eco notevolissima che ha avuto la questione, costringendo Trivi & co. a mettersi sulla difensiva. Vanno quindi ringraziati anche tutti quelli che per vari motivi non hanno potuto fare una donazione ma hanno contribuito alla causa con il sostegno politico e con la parola. Faccio un esempio che mi ha colpito per quanto è “obliquo”: http://suprasaturalanx.wordpress.com/2013/12/26/in-occasione-della-condanna-di/ (by Gaber Ricci, che ho conosciuto a distanza in occasione di #TifiamoAsteroide).
Cosa succede intanto a Pavia? Questo: http://laprovinciapavese.gelocal.it/cronaca/2013/12/27/news/avvertimento-a-trivi-auto-danneggiate-1.8366236 Naturalmente non c’entriamo un bel cazzo e dubito che si tratti di altro che vandalismo apolitico, ma questo non ha impedito a vari esponenti del centrodestra e della destra estrema di essere ancora più espliciti di Trivi nel puntare il dito contro di noi. Insomma: stanno tutti sbroccando.
Questa è anche una battaglia contro il provincialismo idiota e soffocante del dibattito politico nelle piccole città. Grazie compagni!
Ciao a tutti nuovamente, spero di non annoiarvi con un altro aggiornamento da questo posticino insignificante che è Pavia, ma siccome qualcuno di voi mi chiede informazioni e i social network costringono a dividere la realtà in scampoli, sfrutto spudoratamente questo spazio.
Martedì abbiamo dato i volantini davanti al tribunale, per coincidenza il primo lo abbiamo dato proprio al giudice, Luigi Riganti. Particolare che finora avevo taciuto: Riganti fu consigliere comunale della Democrazia Cristiana prima di diventare magistrato e prima dello scioglimento di quel partito, questo forse spiega come mai i miei avversari insistano nel caratterizzarmi politicamente come “rappresentante dell’estrema sinistra” nel testo della querela. Sperano scatti qualche riflesso condizionato?
Nel pomeriggio si è tenuta l’udienza, dove il mio avvocato (proprio quel Sommariva di cui parliamo all’inizio del libro sulle macchinette mangiasoldi) ha depositato una memoria che sviscera i vari punti della questione, sia quelli di forma sia quelli di merito. Alla consegna della memoria Riganti ha detto: “Il volantino invece ce l’ho già”. :-)
Abbiamo chiesto che l’ultima infornata di screenshot (dove compaiono “prove” surreali come una mia foto con la felpa della FIOM, una discussione su un fumetto sulla vita di Trotskij ecc.) non venisse ammessa come nuove prove, visto che stiamo facendo un abbreviato. In realtà non ci interessa tanto quello (chissenefotte se vogliono parlare delle mie felpe) quanto la richiesta che facciamo in subordine, ovvero: se proprio volete tenere buone le felpe e i fumetti, per favore accogliete anche la nostra richiesta di includere una perizia imparziale di qualcuno che ne capisca qualcosa di Facebook, un tecnico o anche un poliziotto competente di reati informatici. Mi chiedo davvero come faranno di fronte all’opinione pubblica a giustificare che in questo processo tutto faccia brodo tranne qualcosa di obiettivo, ma forse mi sfugge qualche particolare giuridico. Se ci ammettono la perizia tecnica, che però già in passato ci hanno respinto, vinciamo a man bassa.
Al processo si è presentato anche Trivi che però è entrato baldanzoso ed è uscito abbacchiato (qui lo potete ammirare nella fase baldanzosa, sullo sfondo compare a sua insaputa il povero Casarotti che odia essere fotografato: http://laprovinciapavese.gelocal.it/cronaca/2014/01/08/news/diffamazione-trivi-in-aula-contro-vanetti-1.8434784). Forse comincia ad accorgersi che si è ficcato in un ginepraio e infatti insiste a pretendere che io “confessi” sollevandolo dal problemuccio di produrre delle prove che fin dai tempi delle streghe di Salem ostacolano il corso della giustizia sommaria.
Un punto interessante che abbiamo fatto emergere è un clamoroso errore (spero si tratti di errore!) da parte della Procura. Cerco di spiegarlo senza tecnicismi: in Italia la diffamazione è un reato che procede a querela, cioè chi si sente diffamato deve chiedere alla Procura di chiedere al Tribunale l’imputazione del diffamatore. La Procura non può assolutamente procedere d’ufficio come invece può (e deve) fare per roba come l’omicidio.
Ora, nella querela ai danni miei (e di uno del PD che però è stato stralciato e non verrà processato) si chiede di processarmi per *due* frasi (quelle che spieghiamo nell’appello), ma si cita en passant una *terza* frase diciamo “satirica” per cui *non* si chiede di processarmi (si tratta di uno scherzo sulla possibilità che venga costruita una centrale nucleare sulle rive del Ticino…). Cosa dicono le carte della Procura? che i capi di imputazione su di me sono *tre*, cioè includono anche la frase sulla centrale nucleare. A parte che farebbe molto ridere se si parlasse di questo argomento assurdo in un aula di tribunale, ma il punto è che non si possono avere tre capi di imputazione se la querela ne riguarda due: è passato un anno e sembra che nessuno tranne noi se ne sia ancora accorto.
Lunedì prossimo alle 12:30 siamo stati riconvocati e sapremo dunque almeno due cose:
1. Se gli screenshot su felpe e fumetti sono stati ammessi come prove extra (?).
2. Se finalmente si chiederà l’opinione di qualcuno che ne capisce di informatica.
Cosa succede intanto altrove a Pavia? Lo sfratto che doveva tenersi la mattina stessa è stato rinviato, per merito del movimento messo in piedi dai compagni della Rete Antisfratto. Gli operai della Merck hanno accettato con rassegnazione (per ora) un accordo che decreta la fine della fabbrica, nonostante i nostri sforzi affinché si costituisse un comitato di lotta: http://laprovinciapavese.gelocal.it/cronaca/2014/01/08/news/merck-lavoratori-danno-l-ok-all-accordo-1.8431142 Un altro assessore (mai imputato, ma anche lui intercettato nell’ambito delle indagini sulla ‘ndrangheta pavese) ha subito un misterioso danneggiamento alla sua auto: http://laprovinciapavese.gelocal.it/cronaca/2014/01/06/news/vandali-contro-l-auto-dell-assessore-greco-1.8417893
Ma c’è un’altra notizia clamorosa: per la prima volta è stato documentato che a Pavia si paga il pizzo. http://www.ilgiorno.it/pavia/cronaca/2014/01/09/1007187-ndrangheta-pizzo.shtml Sta a noi trasformare queste “notizie nude” in consapevolezza e mobilitazione popolare. Ma zitti mai.
Cari compagni,
penultimo rapporto dalla campagna #ZittiMai che si avvia a una piacevole chiusura: abbiamo vinto!
Oggi sono stato assolto pienamente secondo l’art. 530 comma 2 del codice di procedura penale, che riguarda i casi in cui «manca, è insufficiente o è contraddittoria la prova». Il giudice ha dato subito lettura delle motivazioni della sentenza, che dicono in buona sostanza che non si sono fatte neppure le indagini e visto che io non ho rivendicato le frasi (che è quel che molti si aspettavano che facessi, giocandomi alla roulette la solidarietà altrui) non si può far altro che assolvermi.
Il giudice ha ripreso nella sentenza un passaggio scritto dal mio avvocato, dove si dice che una condanna per diffamazione via web basata solo su screenshot sarebbe come essere condannato per una cosa scritta su un giornale che non si sa nemmeno se sia mai comparso in edicola. Insomma, con questa causa i potenti d’Italia si sono dati la zappa sui piedi creando ulteriore giurisprudenza inequivoca sui limiti fatali di “prove” costruite in questa maniera. Se volete portarci in tribunale, dovete faticare!
Sono davvero molto contento, devo ammettere che non ce lo aspettavamo: il trionfalismo di Trivi ci aveva un po’ accecati, ma a giudicare dalla sua reazione in aula aveva accecato anche lui… :-D La campagna ha avuto un ruolo importantissimo per molti motivi, soprattutto perché adesso questa assoluzione è diventata una notiziona e l’eco che ha avuto spaventerà i prossimi che vorranno tentare questa via, a partire dagli autori delle querele analoghe già depositate da altri politici a Pavia.
Non so come ringraziare tutti voi, siete stati davvero formidabili ed è bello avere vinto assieme. L’ultimo rapporto che manderò riguarderà i fondi raccolti e quelli spesi; c’è infatti una sola cattiva notizia: le nostre spese legali le dobbiamo pagare noi, ma cercheremo di gestire la cosa nel modo migliore. Poteva andarci molto peggio.
Segnalo, anche se non c’entra nulla, che a Pavia è tornato Luca, uno dei “devastatori-saccheggiatori” del G8 di Genova, a cui sono stati concessi i domiciliari con 2 ore di libertà al giorno. La congiuntura astrale dev’essere favorevole e si sente già sibilare l’asteroide…
Ciao, riesumo questo post per lasciare l’ultimo commento che avevo promesso, cioè quello con i numeri della grana raccolta e spesa.
Le donazioni ricevute sono state quaranta, di cui una parte molto ampia proveniente dal mondo dei giapster, che ringrazio ancora di cuore. A queste si aggiunge la mia quota individuale: ho pensato che fosse giusto accollarmi metà delle spese legali.
Il risultato è che abbiamo dato 1283,98 euro all’eroico avvocato Sommariva (che praticamente ha lavorato un anno per la gloria) e ci sono avanzati 326,64 euro.
Nel frattempo a Pavia ci sono stati arresti clamorosi, che forse getteranno un po’ di luce anche sulla vicenda dell’intimidazione incendiaria raccontata nel post.
Qualche dettaglio in più si trova qua: http://www.marxismo.net/lotta-alla-destra/campagna-qzitti-maiq-un-bilancio
Avanti!