Lettera aperta a Carlo Lucarelli sulle violenze (quelle vere) alla #Granarolo

Quale dei due è Lucarelli?

Quale dei due è Lucarelli?

Caro Carlo,

una doverosa premessa: questa non è una “disputa tra intellettuali”, ma una storia dove lavoratori sono stati licenziati per un giorno di sciopero e poi denunciati, pestati e ripestati, gassati e calunniati dai media. Non sono in ballo le nostre reputazioni: sono in ballo le loro esistenze.

Chiarito questo: tu lo conosci quel «Carlo Lucarelli» che ha rilasciato dichiarazioni sui giornali di Bologna a proposito della vertenza che oppone i lavoratori della logistica alla Granarolo e della manifestazione di sabato scorso a Bologna? Quello che parla di «rabbia fine a se stessa che si traduce in minacce, violenze, liste di proscrizione»?

Te lo chiediamo, ricordando le molte occasioni di incontro e collaborazione che abbiamo avuto con te, perché i quotidiani sembrano voler contrapporre, con una furbesca titolazione, due generi di scrittori: quelli “buoni” e quelli “politicamente scorretti” che legittimerebbero la violenza. Una distinzione inaccettabile.

La «violenza»: ma quale violenza? Non c’è stato alcun atto di violenza da parte dei lavoratori in lotta, in massima parte migranti. C’è stato quell’uso della forza che è proprio di ogni sciopero e si esprime nei picchetti, nei blocchi, nell’intenzione di danneggiare gli interessi economici della controparte come forma di pressione sindacale.

Al contrario, la violenza fisica delle manganellate e degli spray urticanti, gli arresti ingiustificati dei delegati sindacali (in violazione delle norme), i licenziamenti, il mancato reintegro dei lavoratori in spregio agli accordi sottoscritti  (ed anche, a Milano, il pestaggio in stile mafioso del sindacalista del Si Cobas Fabio Zerbini) sono forme di violenza padronale. Una violenza fisica, reale, su cui avremmo voluto sentire da quel «Carlo Lucarelli» qualcosa di più che il semplice «sto dalla parte dei lavoratori». Perché se poi il dichiarante  «non entra nel merito», ma proprio nel merito ci sono la violenza e la negazione dei diritti, allora le parole non corrispondono alle cose, e questo tu e noi, come scrittori, giornalisti e lavoratori nella cultura, lo sappiamo bene.

In secondo luogo, nella dichiarazione di quello strano, non molto credibile «Carlo Lucarelli» si mescolano cose diverse in modo improprio: le «liste di proscrizione» di cui si parla sono in realtà una protesta avvenuta non alla Granarolo ma all’università. Una protesta a nostro avviso legittima, contro abusi e illegalità che avvengono ad opera di quelli che un tempo si sarebbero chiamati «baroni universitari», e che è giusto vengano denunciate da chi le subisce, se chi di dovere non se ne accorge, o non interviene. In ogni caso, è una battaglia combattuta con le armi della critica, come in democrazia dovrebbe essere pacifico.

Ma cosa c’entra questa vicenda universitaria con quella delle vertenze nella logistica? Nulla. Però l’accostamento tra le due cose, accompagnato dal nome di uno dei collettivi impegnati nello sciopero della logistica, crea l’impressione che esista un’organizzazione violenta che sovrintende a questo e quello. Abbiamo da tempo constatato che su alcuni giornali ogni volta che c’è un evento “politicamente scorretto” si corre a fare il nome di un centro sociale o un collettivo, per suggerire al lettore che non di movimenti sociali, ma di «cattivi maestri” (o “cattivi allievi”) si tratta. Lo stesso metodo poliziesco che troviamo nell’interrogazione parlamentare presentata da 10 senatori del PD e di Forza Italia, nella quale si nominano centri sociali e sindacati, esortando il Ministro degli Interni a visionare le pagine web dei loro siti. Questa sì ci sembra una lista di proscrizione.

Facchini in corteo a Bologna

I dipendenti comunali che hanno donato 300 buoni pasto ai lavoratori in sciopero, i lavoratori degli asili nido che hanno annunciato il boicottaggio dei prodotti Granarolo per non rendere i bambini «complici dello sfruttamento», o i partecipanti alla manifestazione di solidarietà che scendevano in piazza sabato scorso, contribuiscono forse a costituire «un clima preoccupante»? Forse preoccupano chi continua a raccontarci che i conflitti sociali, le lotte e i diritti dei lavoratori sono un retaggio del Novecento, epperò vuole il latte fresco in frigorifero ogni mattina, che è anch’esso un retaggio del Novecento.

A noi preoccupa invece il fatto che in questa vertenza – e non solo in questa – si stia perdendo il senso di parole come «padrone», «crumiro», «proletario», «diritti», «sindacato». Ci preoccupa che Granarolo e Legacoop possano comportarsi da padroni, e pretendere di essere considerate cooperative di sinistra, e avere la solidarietà congiunta dei senatori e delle senatrici PD e FI dell’Emilia-Romagna. E ci preoccupa, anche, l’uso della violenza contro i lavoratori in lotta – ma questa, tu ci insegni, è un’altra storia, o no?

Valerio Evangelisti – Wu Ming – Alberto Prunetti – Girolamo De Michele

Bologna, 3 febbraio 2014

AGGIORNAMENTO 

Qui sotto c’è la risposta di Carlo.

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65 commenti su “Lettera aperta a Carlo Lucarelli sulle violenze (quelle vere) alla #Granarolo

  1. Intanto cominciamo col boicottare Granarolo e i suoi prodotti. Un’azione concreta che tocca direttamente gli interessi dell’azienda. E poi, d’altro canto, vediamo se Lucarelli può precisare meglio quel che pensa sulla vicenda. Senza confusioni.

  2. Compadres, faccio mie in toto le vostre parole, come ovvio, e nel caso voleste allegate pure mia firma con enorme piacere.
    La regressione continua senza sosta, il paese viaggia Km luce all’indietro e pare anche orgoglioso di quest’orrore quotidiano.
    Hanno rotto il cazzo tutti, scrittori compresi.
    Che merda.
    Luca Di Meo

  3. Ma sono io che porto sfiga?
    Possibile che ogni vertenza, lotta, campagna cui prendo parte (anche in modo marginale come in questo caso in cui mi sono limitato ad invitare al boicottaggio e al cantare una vecchia canzone) debba essere un episodio – o una somma di episodi- di violenza eversiva? O forse è molto semplicemente il contrario? Mediaticamente si etichetta come violento e gratuito ogni gesto che è realmente incisivo, in una narrazione tossica che accetta i girotondi ma non i blocchi, che tollera razzismo, sessismo e tonnellate di altre schifezze, ma non perdona ció che davvero mette sabbia negli ingranaggi del potere? Domanda ovviamente retorica

  4. “Il clima è preoccupante, e spero come tanti che tutto possa tornare nei confini della civiltà e del rispetto delle regole”.

    quali sono i confini della civiltà?
    cosa significa rispettare le regole?
    le regole di chi?
    chi sono i ‘tanti’?

    Che un uomo colto e intelligente, un intellettuale, possa usare termini banali e qualunquisti da spot televisivo per bollare le lotte sociali mi lascia alquanto perplessa e delusa.

    Che un *intellettuale di sinistra*, con i tempi che corrono, non tifi rivolta ma senta di dover rivestire il ruolo del pompiere significa che (oltre ad avere dei privilegi da difendere per cui tifa pacificazione sociale) davvero siamo ai minimi storici del discorso politico, che all’avanzamento della crisi e dei soprusi del capitale non corrisponde nessuna presa di coscienza collettiva e diffusa nella società (se non, ovviamente, in chi non riesce più a portare il pane in tavola).

  5. Proprio perché quelle dichiarazioni di “Carlo Lucarelli” ci sono suonate male, come rintocchi di una campana ammaccata, abbiamo deciso di rivolgerci direttamente a Carlo Lucarelli – rimarcando che si tratta di un amico e di uno scrittore con il quale abbiamo più volte lavorato – per dargli l’opportunità di chiarire, aggiustare il tiro, rettificare. Gli abbiamo annunciato la nostra intenzione, ha ringraziato e ha detto che coglierà l’occasione. Non rimane che attendere.

  6. Intervista a Wu Ming 4 su Radio Città Fujiko di #Bologna:
    http://www.radiocittafujiko.it/news/facchini-wuming-a-lucarelli
    #Granarolo #logistica

  7. Perchè Granarolo fa paura?
    difficile fare esemplificazioni, ma vedendo le cose dalla prospettiva dell’autorganizzazione sociale, in cui ci sono dentro da quasi dieci anni, devo e non posso che constatare che quel modello vivente e reale e concreto di ribellione fa paura perchè mette in discussione la dirigenza di un sindacato concertativo, anche di sinistra e diventato corporazione lobbistica che tutela le coop.rosse che di rosso hanno solo la violenza padronale, il capitalismo apicale, e la vergogna di un modello nato alla fine della guerra per altri scopi, ma poi le cose son mutate in modo anche a dir poco rapido; fa paura perchè sono lavoratori che operano in un settore strategico importante dallo sfruttamento immenso e specialmente perchè non sono italiani. Se si ribella la manodopera non italiana, non autoctona, son dolori, tanti dolori. Ma fa anche paura perchè si colpisce l’immagine di un prodotto e di un sistema che nasconde dietro il suo travaglio condizioni degne della peggior inciviltà ed il tutto accade in Italia, nel Paese della “brava gente”. A questa violenza si risponde con la lotta. E la lotta non si fa mica con le caramelle. E’ fondamentale questa presa di posizione in Giap, ed è fondamentale che questi modelli di lotta e di solidarietà possano estendersi ovunque ed in ogni ovunque. Lucarelli probabilmente sistemerà il tiro, o spiegherà meglio le sue parole,attendiamo!

  8. Allora eccomi qua. Intanto vi ringrazio di questa lettera aperta che mi permette di chiarire il mio pensiero. Lo farò il più brevemente possibile, perché come dite giustamente qui non è in gioco la nostra reputazione ma le esistenze dei lavoratori.

    Allora: la mia dichiarazione su rabbia, violenza e riscaldamento dei toni non si riferiva allo sciopero dei facchini in modo così diretto come è sembrato e come anche voi mi rinfacciate. Sollecitato da più parti perché mi esprimessi su quello che stava succedendo alla Granarolo ho rifiutato di farlo perché non ero abbastanza informato sulla vicenda. Ho accettato di esprimermi soltanto su uno stato generale di rabbia e di potenziale violenza a livello nazionale (di cui mi sento per tanti motivi competente), nella cui deriva temevo potesse finire anche lo sciopero in questione come tante altre battaglie più che legittime o necessarie. Il mio essere dalla parte dei lavoratori in quel contesto significava che sono contro i licenziamenti a prescindere: non si licenziano i lavoratori che hanno bisogno o si ricollocano con giusta soddisfazione.

    Attenzione, non sto cercando giustificazioni: ho sbagliato. Una dichiarazione fatta in un determinato contesto, per quanto generica o indiretta, finisce sempre per riguardare anche quello e basta poco per trovarsi arruolato da una parte piuttosto che da un’altra. Per esempio: non mi sono mai espresso contro i blocchi alla Granarolo (sui blocchi in generale penso se fatti in un certo modo siano comunque uno strumento di lotta più che legittimo e necessario) e non intendevo neppure riferirmi a voi (posso essere di diverso parere, “prendere le distanze” è un’altra cosa: non accetto di far parte di una lista di “buoni” contro “cattivi” politicamente scorretti). E non mi sono neppure espresso riguardo alla manifestazione di sabato, la mia dichiarazione era precedente anche se è uscita quel giorno, e non ci ha niente a che fare.

    Ripeto, però: non voglio giustificarmi. Ho sbagliato e me ne scuso. Colpa mia, probabilmente come scrittore e comunicatore non sono così bravo come a volte penso. Non esprimerò più nessun parere, neppure generico o indiretto, su nessuna vicenda della quale non sia a conoscenza secondo il metodo che ho sempre applicato: accettare quello che leggo su giornali, blog e newsletter –di una parte o dell’altra- soltanto come spunto di riflessione e poi andare a vedere personalmente. Lo farò anche in questo caso appena sarò di nuovo in grado di muovermi liberamente dopo un incidente che mi tiene confinato in casa da un paio di mesi.

    Rivendico, naturalmente, il diritto di non essere d’accordo su tante cose. Per esempio non condivido l’analisi della storia –e in parte anche del presente- del movimento cooperativo fatto su queste pagine, mi lascia perplesso la citazione dello Squalo e continuano a non piacermi le liste di proscrizione in genere. Continuo a pensare che certi toni (e di nuovo, qui non mi riferisco alla vicenda in particolare e neppure a voi) non servano e anzi facciano il gioco di un potere oggi così subdolo e “ambientale” da dover essere combattuto in un altro modo che non frontalmente.

    Ma queste sono opinioni che possono essere oggetto di dibattito, come anche le mie precisazioni, ma che in fondo non hanno grande importanza.

    Lo avete scritto e lo ripeto: in questo caso non sono in gioco le nostre reputazioni ma il futuro dei lavoratori.

    • ..Onestamente per me la risposta di Lucarelli non cambia molto. Non dico che tutti gli intellettuali debbano essere Pablo Neruda o Sartre..ma il livello delle sue dichiarazioni è stato al di sotto della decenza. Poi C. L continua a parlare di liste di proscrizione che francamente non vedo…ha ragione Luca il livello di regressione culturale e politica di questo paese è spaventoso..In ogni caso posso almeno risparmiare ..il prossimo Lucarelli certamente non lo compro.

      • Ovviamente rispetto la tua posizione, però mi sembra che tu non stia cogliendo il punto: con la chiarezza e la trasparenza, si è smontata un’operazione mediatica che mirava a contrapporre gli scrittori “buoni” che stanno col PD agli scrittori “cattivi” che stanno con gli estremisti. Lo scopo vero, però, era dipingere i facchini come violenti (“sono violenti, lo ha detto anche Lucarelli”). La risposta di Lucarelli è sincera e fa chiarezza su questi punti: non ha mai condannato i blocchi, li ritiene una forma di lotta legittima, è contro i licenziamenti, non ha mai “preso le distanze” da noialtri, appena potrà andrà da quei lavoratori a constatare la situazione con mano, non si farà più tirare per la giacca a esternare. Questa è la sostanza.

        • ..Per carità molto bene per l’operazione…poi è legittimo che mi faccia(non solo io) un’opinione sulle singole persone e sugli scrittori..
          Anche perchè temo che questa operazione, sarà ripetuta nei prossimi mesi con figure molto simili..
          Qualsiasi elemento fuori dallo schema delle larghe intese è percepito come violento ed eversivo..un collettivo di universitari lancia un pò di vernice? Sono terroristi..i facchini fanno legittima lotta sociale ..non sia mai..Io credo che stiamo davvero perdendo la misura delle cose..e mi spiace vedere sempre intellettuali e giornalisti prestarsi a questo gioco..

          • Concordo parola per parola con Saint Just. Lucarelli si sarà pure scusato (in parte), ma le sue parole sono di una gravità indiscutibile. Il primo commento era decisamente degno di un rappresentante di SEL. Da pacificazione sociale.
            Le scuse a metà invece lasciano sempre l’amaro in bocca.

  9. Grazie, Carlo. Non che avessimo chissà quali dubbi, ma è bello constatarlo: quel “Carlo Lucarelli” che i giornali hanno scagliato contro di noi, ma soprattutto contro i facchini in lotta alla Granarolo, non era il Carlo Lucarelli che conosciamo da tanti anni. E siamo contenti che la lettera aperta sia servita. La lucha sigue.

  10. Sono molto contento del chiarimento di Lucarelli che ha acquistato ancora piu stima da parte mia.”Hasta la victoria….forse”

  11. “non voglio giustificarmi. Ho sbagliato e me ne scuso”. L’umiltà è ciò che contraddistingue le grandi persone dalla comune presunzione di arroganza, da ciò vi è molto da imparare, io per primo.
    Grazie per questa bella ed umana lezione, non capita tutti i giorni di leggere quello che ora qui stiamo noi tutti leggendo.

  12. Diciamo che forse quest’altra volta ci penseranno un po’ più a lungo, prima di costruire un pezzo con forbici e colla in cui si fa dire a Carlo Lucarelli (o a chicchessia) quello che serve a (com’è che si diceva un tempo, quando gli imprenditori erano “padroni”?) lorsignori.
    Smontare questa macchina della disinformazione, e farlo nel più breve tempo possibile, era forse meno facile che abboccare e ululare alla luna contro il rinnegato Kautsky di turno, ma senz’altro più utile alle presenti e future lotte.
    E sì, l’umiltà di dire “ho sbagliato e me ne scuso” va sottolineata, perché è merce rara.

  13. ..Non si tratta di abbaiare alla luna..mi spiace..tra l’altro ,per come la vedo io, ad avercene oggi di Kautsky..
    Solo faccio una previsione: qui non si tratta di disinformazione ..qui si tratta di interessi..e del fatto che un determinato potere culturale ed editoriale si sta schierando in modo massiccio contro chi invece dissente..
    Ma vi ricordate cosa hanno fatto al buon Erri De Luca..Ribadisco ,non sono così ingenuo da pensare che un intellettuale sia più sveglio della media..ma almeno non troppo al di sotto..quell’operazione era talmente leggibile..

  14. Tanto per capirci: Repubblica Bologna, in un sottotitolo, descrive lo scambio avvenuto qui sopra come una “lite tra scrittori”.
    Nel testo dell’articolo, citando la nostra lettera, toglie le virgolette da “Carlo Lucarelli”.
    Nel citare la risposta di Carlo, toglie la parte dove si scusa.
    Per non farsi mancare niente, ci definisce – seppure tra virgolette, saranno le stesse che hanno tolto dall’altra parte? – “rivali”.
    Voilà.

    • È chiaro che le parole oneste di Carlo Lucarelli bruciano come vetriolo a chi troppo in fretta voleva schierarlo nel suo partituzzo di carta stampata e cartamoneta. Questo rende la risposta di Carlo non solo onesta, ma pure coraggiosa: il suddetto partituzzo non ammette defezioni. Tra l’altro, trovo molto indicativo che certi giornali, di fronte alle rissose liti parlamentari si scandalizzino, mentre quando di lite non ce n’è manco l’ombra, allora, delusi, se la inventano.

      • Compadre, tu lo sai già come recensiranno il prossimo romanzo, vero? :-)
        Si va al massacro.

        Suicide

  15. Non credo sia il momento di farsi ulteriori nemici (posto che sia mai il momento) però trovo un po’ curiosi sia il vostro ottimismo (abbiamo smontato un’operazione che ci contrapponeva) sia la replica di Lucarelli.
    Sull’ottimismo l’articolo di Repubblica arriva a proposito: non si riesce a smontare tanto facilmente. E purtroppo, il secondo punto, il post di Lucarelli, aiuta pochino. Al di là della bella frase, il continuo accennare a queste benedette e inesistenti liste di proscrizione o alla “rivendicazione” (ma perché tutti vittima della sindrome di Dazieri? ma siete davvero così antipatici?) di un’opinione difforme di cui temo non ci sia traccia tra i suoi interventi (a meno che non me la sia persa: dov’è la ricostruzione alternativa di Lucarelli alla questione delle cooperative? A cosa si riferisce?) mi pare un’ulteriore errore. Peccato, capisco l’esigenza di tutti di chiudere l’incidente, però….

    • Su scala “macro”, ovviamente, l’operazione non è smontata, perché la criminalizzazione dei facchini durerà quanto la vertenza, e più in generale la criminalizzazione di chi lotta andrà avanti perché va avanti da sempre. Ma nello specifico dell’episodio, con questo thread che probabilmente stasera toccherà le 10.000 visite e domani andrà avanti a questo modo, io credo che qualcosa lo si sia dimostrato. E’ davvero così poco importante che Carlo abbia preso le distanze dal “framing” delle sue dichiarazioni e si sia scusato? Io constato che chi sta portando avanti quella lotta insieme ai migranti sta giustamente dando peso alla cosa. Nessuna voglia di “chiudere” “l’incidente”, ma cristo, dobbiamo sempre e comunque spararci nei maroni?

  16. La risposta di Lucarelli è ammirevole e fa giustizia di chi ha cercato altrove di buttarla in caciara inventandosi risse intellettuali e purismi vari. Il polverone non serve a nulla, quel che conta è sostenere le lotte. Nessuno di noi ha interesse a coltivare il proprio ego a colpi di risse e rivalità. Non si tratta di assegnare torto e ragione, ma di sostenere chi è più esposto ai ricatti sul posto di lavoro. Per le risse intellettuali ci sono palchi migliori di Giap, Carmilla e dei conflitti sociali in corso. Sarebbe come caricare anche il proprio rancoroso status di intellettuali sulle spalle dei facchini. Serviva invece non la rissa bensì un messaggio di chiarezza per smontare un’operazione furbetta di un giornale e quel messaggio, con grande lucidità di Lucarelli, è arrivato.

  17. Non commento qua sopra da un sacco di tempo e attualmente sono anche in “pausa di riflessione” o qualcosa del genere dall’attivismo di movimento.

    Comunque, ho seguito la vicenda, e riguardo alla questione specifica trovo superfluo aggiungere altro alle cose condivisibilissime che hanno già detto i Wu Ming e altri compagni qui e altrove, a parte esternare la mia piena e completa solidarietà e complicità ai lavoratori e deprecare l’ennesima riproposizione di questo maledetto frame narrativo violenti/non violenti, buoni/cattivi. Andiamo a parare sempre là.

    Ci tenevo e ci tengo però a spendere anche qui due parole su un’altra questione, mi sembrava corretto perchè il dibattito è iniziato qua, e perchè oltretutto i 140 chr di Twitter sono minimizzanti e riduttivi: sono francamente terrorizzata da come molti collettivi, compagni (o presunti tali) stanno reagendo a questa cosa. Compresi vari commenti in questo dibattito.

    Proporre il boicottaggio di libri come pratica di movimento è una cosa francamente D I S G U S T O S A… Noi dovremmo scardinarlo, il frame violenti/non violenti e buoni/cattivi, non capovolgerlo e riproporlo in negativo.

    Personalmente, sono cose come questa che mi fanno pensare di prolungarla a tempo indeterminato, la pausa di riflessione.
    Collettivamente, è l’ennesima dimostrazione che i tempi sono cupi, e che la merda ci circonda da tutti i fronti. L’alternativa per cui voglio lottare io non è un’alternativa in cui si bruciano i libri di Celine perchè era collaborazionista, per dire la prima cosa che mi viene in mente, or something like that. (e nonostante quanto ho scritto sopra, probabilmente riprenderò a farlo perchè non riesco proprio a farne a meno, e il fatto che ho scritto questo commento lo dimostra, ma vabeh).

    Cheers.

    E.

    • ..Non c’è dubbio..poi un libro che parla di Rivoluzione..di questi tempi è eversivo..in compenso molti tra di noi sono disponibili a fare “mucchio selvaggio” un’ultima volta..
      @ Eve , anche a me non esaltano i boicottaggi ..ma i compagni avranno diritto anche leggere i libri che vogliono..o è violenza anche questa..?
      In ogni caso paragonare Lucarelli e Sandrone (oh, my god) a Celine mi sembra sbagliato sotto tutti i profili..

  18. @saint-just

    Wait. Tra “I compagni possono leggere quello che vogliono” e ciò http://radio.rcdc.it/archives/facchini-hobo-se-la-prende-con-lucarelli-132699/ passa un abisso. L’articolo che ho linkato è riduttivo e minimizzante su tutta la vicenda, ma quello che leggo nell’immagine è PROPRIO un invito al boicottaggio per motivi politici, non ci sono altri termini per definirlo. E come quello ne ho letti altri, sempre da presunti compagni (non wannabe sinistroidi in odore di grillismo, proprio gente che sta nei movimenti da una vita). Ed era già successo, nemmeno tropo tempo fa, con Erri De Luca, quindi non nascondiamoci dietro un dito, dai.

    Per inciso, non stavo affatto paragonando Lucarelli e Dazieri a Celine, lungi da me, sarebbe abbastanza esilarante. E, anzi, tutto il discorso era più generico, più ampio ed esulava da Lucarelli e Dazieri, e non voleva essere una difesa a loro, che per altro leggo poco e non sono tra i miei scrittori preferiti già di base. Ho tirato in ballo Celine solo perchè per mia esperienza personale è lo scrittore più bistrattato da presunti compagni per la storia del collaborazionismo, stop.

  19. A me, che sono stato oggetto di invito al boicottaggio, la semplice espressione “boicotta i libri” fa orrore. Se poi è il risultato di una narrazione tossica nutrita dai prodotti di quella stampa di regime che si pretende di contestare, e che invece viene presa per buona (dall’articolo del “Corriere” alla sintesi di “Repubblica”), preferisco raccogliermi i testicoli rotolati giù al piano di sotto e pensare ad altro.

    • Anch’io ho un po’ di latte alle ginocchia, anche perché così si dà spago a chi l’ha buttata subito in caciara e adesso su Twitter fa la vittima e dice di temere un “auto da fé”. Mi rendo conto che il clima è esasperato e certe parole sono state kerosene sulla fiamma viva, ma proprio per questo bisogna essere lucidi e ponderare ogni mossa.

      • Come volevasi dimostrare.
        Intenzionalmente, scientificamente, ci si muove per – come ha detto con efficacia il Prunetti qui sopra – “caricare anche il proprio rancoroso status di intellettuali sulle spalle dei facchini”.
        I padroni hanno proprio ragione a puntare sugli scrittori per “rompere il fronte”. Siamo perfetti, riusciamo sempre a comportarci com’era prevedibile.
        Stavolta, a farne le spese sono i lavoratori in lotta alla Granarolo. Noi abbiamo tentato di parlare di loro, ma niente, la musica non può cambiare, la band preferita dai colleghi è sempre Me First & the Gimme Gimmes.

        • E comunque, compagni di Hobo, questa potevate anche risparmiarvela, eh, porcozzìo, ziocane, spontanea madonna >:-|

  20. Per fortuna i wu ming avevano detto, ridetto e straripetuto che il fulcro di questo dibattito sono i lavoratori Granarolo e non gli intellettuali. Il post era funzionale a una lotta, giuste o sbagliate che siano nel merito, trovo queste divagazioni fuori tema.

  21. La risposta di Carlo Lucarelli alimenta una riflessione interessante, chi ha un ruolo pubblico come intellettuale è a rischio costante di strumentalizzazione, basta poco a tutti i livelli.
    La stampa con una dichiarazione creata ad arte ti sposta e ti utilizza a piacimento contro chi vuole, quindi occhi agli interlocutori…..
    Più volte anche in questa comunità virtuale si è parlato del modo di fare gli articoli da parte dei grandi network, Repubblica e il Corsera in primis, e mi convinco sempre di più che le scelte non sono dettate dall’incompetenza, ma sempre più spesso dall’indirizzo politico che si vuole dare in maniera diretta.
    Il lettore medio legge titolo, occhiello e catenaccio e poche righe o nulla dell’articolo.

  22. La stampa ha (quasi) tutte le colpe del mondo ma quello di Lucarelli era un comunicato diffuso dall’ufficio stampa di Lucarelli medesimo, giunto alle redazioni in una mail con oggetto “vertenza facchini”, non proprio una dichiarazione creata ad arte e nemmeno sul contesto nazionale (non l’avrebbe pubblicata nessuno una dichiarazione generica sul clima sociale nel Paese).

    Detto questo, Lucarelli ha dimostrato intelligenza e onestà nel fare marcia indietro. Resta la curiosità di sapere chi l’avesse sollecitato fino a fargli prendere posizione su un tema di cui era così poco informato. Le pressioni sono molto forti, altro che partituzzo. E questa storia dei facchini della Granarolo ci parla di una realtà molto complessa, che non si riduce al facchino buono contro il padrone storicamente rosso e cattivo anche se è evidente che il facchino ha ragione e il padrone torto.

    Non è certo un caso che ci sia rimasta impigliata Granarolo, per colpe sue proprie ma non necessariamente perché sia peggio di altri, anzi per certi aspetti è il contrario: Granarolo ha dato ragione ai Cobas mandando a casa le coop che avevano tagliato gli stipendi; altri non l’hanno fatto ma di loro si parla molto meno, specie sui giornali ma anche qui e nel sedicente movimento; altri ancora, anche del mondo coop, qui a Bologna hanno risolto il “problema Cobas” in modo senz’altro efficace ma anche più feroce di Granarolo (che peraltro non l’ha risolto) e se n’è parlato molto poco.

    Tutto ciò per dire che non è nemmeno vero che i padroni (e le coop) sono tutti uguali. Piuttosto bisogna interrogarsi su un intero establishment bolognese sedicente di sinistra, cui per fortuna si sottrae Lucarelli, pronti a seguire Granarolo sul terreno di un vittimismo che mal di addice a un’azienda di quelle dimensioni

    • Alessandro, quest’ultimo punto è interessante: di quali situazioni ci si occupa, e di quali no. E’ una questione che ogni tanto torna fuori. Licenziamenti e sfruttamento ci sono dappertutto, anche nel mondo coop bolognese; perché la solidarietà attiva proprio ai facchini del presidio alla Granarolo?

      Io mi sono dato più risposte:

      1) la solidarietà si dà a chi lotta. Questi facchini portano avanti una lotta durissima da più di nove mesi, determinati, compatti. Molte altre vertenze nemmeno iniziano, oppure iniziano e poco dopo si spengono nel nulla, non fanno nemmeno in tempo ad attirare l’attenzione;

      2) la lotta alla Granarolo non è isolata ma fa parte di un’ondata di lotte nella logistica (uno dei settori più strategici dell’economia) a livello nazionale, ondata che si è sollevata l’anno scorso e continua a travolgere magazzini e stabilimenti; quindi occuparsi della lotta alla Granarolo significa occuparsi delle lotte nella logistica;

      3) questa forza-lavoro migrante che rifiuta e denuncia la guerra tra poveri ha colto (quasi) tutti di sorpresa. Se è il prodromo di future mobilitazioni, dedicarsi a essa è costruire un pezzetto di avvenire;

      4) appunto, il vittimismo della Granarolo e di chi la difende; il “chiagni e fotti”, come diceva Wolf nel primo commento. Sinceramente, è roba che non si può vedere né sentire. E quindi fa incazzare.

      Detto questo, “partituzzo” era più un dispregiativo che un diminutivo. Sappiamo bene a quale grande dispositivo ci troviamo di fronte.

    • Il tuo intervento mi sembra davvero ciò che mancava a questo dibattito, ovvero la possibilità di restituire la complessità e difficoltà delle parti senza perdere di vista i riferimenti e le passioni.
      Il tuo sottolineare l importanza di un certo tipo di lavoro, fatto di attriti e levigature e non di scene davanti ai cancelli mi sembra molto centrato sulla questione.
      E se una certa immagine si diffonde e si impone non è’ sempre colpa della narrazione tossica e del frame narrativo che… È anche perché non si da sufficiente spazio a questa complessità.

    • Ma infatti i blocchi vanno difesi (e temo che ci saranno anni processi, quando nessuno si ricorderà).
      Sono lontanissimo da quell’uso del “sedicente”, per carità, e non volevo offendere nessuno, perfino affettuoso. Ma anche “movimento” non si può sentire quando si muove così poco e qualunque altro nome non va bene…
      Avete fatto bene a non gridare al venduto perché non è venduto, siete stati molto eleganti. Però è significativo che Lucarelli sia stato sollecitato, il “grande dispositivo” si muove anche goffamente…

      • …Ecco più che sedicente direi (quasi) movimento..e si è visto nelle maniferstazioni di solidarietà.
        Ma esattamente nonostante ne vediamo tutti i limiti questi compagni si sono schierati (insieme a pochi altri) in difesa di questa lotta..
        .. E questo fa la differenza, in una fase in cui il picchetto sindacale è tornato ad essere una forma di violenza! E pensare che a suo tempo avevo letto una marea di giurisprudenza (anche costituzionale) che la rendeva legittima..
        C’è poco da fare siamo tornati davvero ai primi del 900..e anche gli intellettuali (salvo Valerio. i Wu ming e davvero pochi altri) sono di nuovo da una parte sola..vedo davvero difficile smontare questo apparato ideologico..

  23. Tutto giusto, da 1) a 4), spiega l’attenzione e la solidarietà. Però aggiungerei:

    5) A questo punto la storia della Granarolo è facile, per i giornali come per il cosiddetto o sedicente movimento. Il padrone rosso, grande marchio difeso dai potenti, contro il facchino nero sfruttato e licenziato; di qua “le botte della polizia come alla Diaz” (!) e di là “i violenti” o magari “quelli di Crash” (!!) e le centinaia di milioni di danni al giorno dei blocchi lì davanti. Pure troppo facile no? Lo posso scrivere da casa mia…

    Invece mi pare tutto più complicato, alla Granarolo e nella logistica in generale, dove Granarolo non è certo il peggio che puoi trovare ma anche per questo il conflitto si avvita proprio lì, con danni enormi e altri posti di lavoro a rischio (sul serio, se nessuno li difenderà, e non puoi dire “crumiri” se non c’è neanche uno sciopero). Io li ho visti, lì davanti, padri di famiglia contro altri padri di famiglia.

    Il tavolo in prefettura non era obbligatorio, altri non ci sarebbero andati. Senza quel tavolo i lavoratori non avrebbero la cig fino a marzo, che fa la differenza

    Forse è il “grande dispositivo” che non funziona più. Alla Centrale di Coop Adriatica, però, aveva funzionato: massacrati i Cobas, nessuno ne ha più parlato (ma suppongo che lì vada meglio di prima a chi ci lavora, come del resto in Ctl). Come non si parla degli accordi che stanno facendo i Cobas in diverse aziende anche con nomi riconoscibili (Bartolini, mi dicevano oggi), dove hanno trovato ampio spazio nella devastazione delle relazioni sindacali, costringendo la Cgil – che esiste, cos’è? – a correre ai ripari, in un settore che conta 6 mila addetti o forse di più, cresciuto dal nulla, in larga parte senza regole.

    Questo è. Non il sol dell’avvenire. E nemmeno la ricerca del corpo a corpo con la polizia e i carabinieri lì davanti, che non serve a un cazzo. E’ una dura e ammirevole lotta per il posto di lavoro. Che ora passa per una una faticosa mediazione in prefettura, una cosa che ai rivoluzionari sembra pure meschina ma invece è importante, come e più del blocco lì davanti.

    • Adesso sono stanco, è una giornata intera che correggo bozze e ogni tanto torno qui. Vado a letto ma al volo integro (non per te, che lo sai benissimo, ma per chi legge e magari non lo sa): senza i blocchi e gli scontri non si sarebbe avviata alcuna mediazione in prefettura.

      E mi viene da pensare che “la storia della Granarolo è facile [da raccontare]”, sì, per chi vuole tenerla facile. Questa vicenda della lettera a Lucarelli con risposta è stata una faccenda complessissima. Appunto, come diceva Giro, sarebbe stato facile gridare al “venduto”, al “servo dei padroni”; noi abbiamo scelto un’altra strada.

      Sulle altre questioni relative alla logistica bolognese, mi sa che qualcuno verrà a dire qualcosa.

      Però, dai, “sedicente movimento” l’hai già detto una volta, se lo dici ogni volta diventa fastidioso, “sedicente” è un aggettivo con una brutta storia, un brutto uso. Lasciamolo fuori da una discussione seria.

  24. Niente, c’ho un’età e ancora mi faccio andare il sangue alla testa.
    Le parole di Alberto sono sacrosante, ed era proprio quello da non fare. Potrei dire che è per quel motivo che quando ho letto le parole di S. ho sclerato, ma in quel modo c’ho messo del mio.
    Mi deludo sempre, cazzo. Ieri sò stato male.
    Scusate.
    L.

  25. “Troviamo interessante e curioso l’atteggiamento di indignazione sul “boicottaggio dei libri” (lo diciamo a prescindere da questo caso specifico). Da tempo immemorabile ci diciamo che i saperi sono centrali nelle forme di produzione e accumulazione del capitalismo contemporaneo. Se così è, i libri sono merci come altre: perché boicottare la merce-latte va bene e boicottare la merce-libro è ignobile? Quando blocchiamo i cancelli della logistica blocchiamo un sistema complesso, fatto di merci tangibili e intangibili, di flussi materiali e immateriali, di camion e comunicazione, di container e simboli. Quando boicottiamo i prodotti Granarolo stiamo boicottando dei saperi oggettivati in un marchio, così come i prodotti delle case editrici sono saperi oggettivati in un libro. È proprio la capacità di tenere insieme questi due piani, assolutamente unificati nell’accumulazione capitalistica, il tipo di lotta che è in grado di far male al padrone, cioè di colpirne gli interessi materiali. Nel momento in cui dai saperi si estrae valore, significa che essi sono un campo di battaglia. A meno che non si voglia tornare a stantie divisioni tra lavoro manuale e lavoro intellettuale, e sostenere che il secondo non ha niente a che vedere con la lotta di classe. Noi pensiamo che al contrario anche qui, come giustamente dicono i Wu Ming, un padrone è un padrone, uno sciopero è uno sciopero, un picchetto è un picchetto. E un crumiro è un crumiro.”

    Un commento dei e delle compagn* di Hobo
    http://hobo-bologna.tumblr.com/post/75684563969/da-che-parte-stare

    • Continuiamo a spostare il focus.

      Lo vogliamo capire che ogni parola in più su questa sotto-vicenda rafforza il frame della “lite tra scrittori”, nonché il vittimismo narcisista di scrittori che si sono tirati in ballo da soli, dando fiato a una diatriba laterale del tutto artificiosa e sviante, e questo è nell’interesse della controparte?

      E anche volendo prendere per buona la riflessione di Hobo sul piano generale (io la ritengo insoddisfacente in diversi punti ma non è questa la sede), resta che nel caso specifico l’invito a boicottare i libri di Lucarelli “servo dei padroni” (e di Dazieri, contribuendo a tenerlo coinvolto in una storia che non lo riguardava) è stato un esempio di eiaculazione precoce, visto che poco dopo Lucarelli ha chiesto scusa e la faccenda sicuramente non si è risolta del tutto, ma ha rivelato aspetti diversi.

      Diciamo che noialtri e i compagni di Hobo abbiamo lavorato nelle stesse ore con approcci opposti. Non ci siamo coordinati, e il risultato è brancaleonesco.

      A me sembra che ieri abbiamo (o avevamo?) “portato a casa un risultato”. Risultato parzialissimo, per carità, ma che ha creato problemi alla narrazione tossica della controparte.
      Invece di “passare all’incasso”, partendo da quel risultato per imporre un frame nostro, si è preferito aiutare i media a imporre il frame della “diatriba intellettuale”. Al centro del dibattito non ci sono più i facchini, ma questo o quello scrittore e i loro libri.

    • Spiace che i compagni di Hobo non siano in grado di riconoscere un errore tattico perfino quando è la loro stessa ricostruzione dei fatti a renderlo palese. Mentre qualcuno si dedicava a smontare e disinnescare la montatura del Corriere (lo scrittore buono contro gli scrittori cattivi) ottenendo la replica di Carlo Lucarelli, con tanto di scuse per l’ingenuità dimostrata con la stampa, qualcun altro aveva fretta di aggiungere un nome (famoso) alla lista degli avversari di classe. Sappiamo tutti quanti che le battaglie si vincono se anche sul piano comunicativo si riesce a essere efficaci, oltre che su quello “logistico”. Quando si è portato a casa un risultato come è successo con Lucarelli, è una cazzata madornale non riconoscerlo e non passare all’incasso. Bastava darsi il tempo di attendere la replica, invece di essere compulsivamente frettolosi. Mi spiace, compagni, ma anche questo fa parte di quell’ABC delle lotte la cui dimenticanza stiamo imputando a chi ha scelto di stare dall’altra parte. La fretta frega sempre. Meditarci un po’ sopra non guasta.

      • Io e WM4 ci siamo incrociati. Bene così.

        • Detto questo, aggiungo a titolo personale che, qualunque cosa venga scritta, in questo thread non intervengo più, mi sono rotto i maroni.

      • Io qui scrivo come Classe. Personalmente le vostre risposte sono condivisibili, mi sembra però che i compagni di Hobo abbiano chiarito bene l’importanza di concentrarsi sulla vertenza dei facchini (ho riportato solo una breve parte del testo), volendo però comunque sottolineare le proprie prese di posizioni riguardo a determinate questioni emerse in questi giorni.

        Poi per quanto mi riguarda, e immagino sia sentimento condiviso, la lotta avviene ai picchetti, ma è chiaro che mi aspetterò (a seconda delle possibilità) di vederci dei compagni piuttosto che altri, e saprò che i facchini avranno la solidarietà di coloro che ne comprendono la disperazione e la volontà di rottura col presente.

      • La montatura del Corriere? Lucarelli ha fatto un comunicato stampa che i giornali hanno pubblicato in poche righe, poi se l’è rimangiato

        • La montatura, come scrive il mio compare n.4, mi pare stia nell’incorniciare la questione in termini di “scrittore buono vs cattivi”. Poi mi pare che Lucarelli stesso dica che certe cose le ha scritte – magari male, ma le ha scritte. Infatti non dice “sono stato frainteso”, dice scusatemi.

        • Lucarelli ha fatto un comunicato che è stato ripreso in un certo modo dal Corriere. Se non ti piace “montatura”, scegli pure un termine più morbido, basta che ci intendiamo. Il senso è che Lucarelli ha peccato di leggerezza nel lasciarsi tirare dentro a una questione di cui sapeva poco, esprimendo un parere generale che è stato immediatamente schiacciato sul caso specifico. Infatti ha ammesso che l’errore a monte è il suo, e lo ha fatto dopo la sollecitazione della nostra lettera. Che la stampa ci abbia marciato sopra dando un certo taglio alla cosa è conseguenza di quell’errore. Repubblica ha fatto anche peggio, presentando quello che è un chiarimento e un’ammissione di ingenuità da parte di Lucarelli come una contrapposizione tra lui e noi. Insomma da parte di certa stampa l’acqua la si vuole tirare verso un certo mulino anche a dispetto dell’evidenza.

          • Arrampicarsi sugli specchi per giustificare prese di posizione che nascono dall’aver preso per buone le narrazioni tossiche di “Corriere” e “Repubblica”, e averle rilanciate – finendo per avvalorarle – è più facile che fare 5 secondi di autocritica e dire: scusare, siamo stati ingenui a credere al “Corriere” prima di verificare? Se così è, da Lucarelli – che si scusa per essere cascato nella trappola del “Corriere”, ma non ha problemi a dire: io quelle cose non le ho dette, c’è davvero molto da imparare. Ma molto davvero.

            • ..Oddio che ci sia da imparare sul piano tattico è vero..ma francamente , dopo questa vicenda, i compagni di Hobo mi sono decisamente più simpatici di alcuni scrittori..
              Tra l’altro capisco Lucarelli..ma Sandrone? Mi devo essere perso alcuni passaggi degli ultimi anni..

  26. – Ma perché hai scritto che non intervieni più?
    – Perché ormai è andata. Questo thread non si recupera più. Non siamo riusciti a mantenere il focus sul punto della questione, e ormai ogni parola in più alimenterà polemiche fuorvianti, fuorviate e autoreferenziali su ogni escrescenza della vicenda: il boicottaggio di libri, le ragioni della tale e della tal altra realtà di movimento, la buona fede o meno di Lucarelli, le polemiche su Twitter, vi potevate telefonare, tu ieri per strada non mi hai salutato ecc. E’ colpa anche nostra. Io sono sempre più schifato dall’effetto “tossico” che, volenti o nolenti, finiscono per avere gli scrittori nel discorso pubblico, anche quelli “sui generis” come noi.

  27. Senza polemica, io sono senz’altro di parte anche se non c’ero. A me non pare che il Corriere abbia fatto chissà quale operazione su quel comunicato, nemmeno ha enfatizzato particolarmente la contrapposizione buoni/cattivi (l’ha fatto Rep ma secondo me senza cattiveria: il comunicato di Lucarelli seguiva il vostro pezzo e non a caso gli avete scritto). Sul Corriere sono uscite poche righe, quando in teoria il comunicato offriva lo spunto per farne anche di più, nella logica non solo di una montatura ma anche di un’operazione giornalistica banale. Francamente ero convinto che quelle frasi fossero state strappate a Lucarelli da un giornalista a caccia di dichiarazioni antiviolenza, quando ho visto il comunicato non ci potevo credere. E oggi la Cgil si nasconde tra Arci e Libera (!!) per dire le stesse cose, sempre con lo stile vagamente staliniano di chi nemmeno nomina soggetti e contesti che sono bersaglio della polemica…

    Peraltro (ma anche qui sono di parte) mi sembra che il Corriere più di altri giornali, anche in nazionale, abbia problematizzato la vicenda dei facchini più che schierarsi in modo netto contro i Cobas.

  28. Sulla vicenda specifica non voglio aprire ulteriori polemiche. Semplicemente continuo a pensare che chiamando Lucarelli ed organizzando con lui una risposta/rettifica, invece che interpellarlo in pubblico, l’effetto sarebbe stato molto migliore (era davvero difficile prevedere che i giornali avrebbero lanciato il frame del “litigio tra scrittori”?).

    Mi interessa invece allargare l’ottica all’utilizzo “militante” della rete. Dove ovviamente con rete non parlo solo di internet ma anche del circuito giornalistico “classico”, perché mi pare evidente che le due dinamiche siano ormai definitivamente con-fuse.

    A me sembra che il meccanismo del blog non funzioni più da tempo. Quando dico che non funziona intendo che non è più capace di innescare processi innovativi. Sulle pagine di Giap assistiamo a lunghe discussioni, l’impostazione di questo spazio permette di evitare i flame (insulti, deviazioni casuali, allusioni imprecise, offese gratuite) del “modello facebook”, ma la sensazione è che comunque se si impernia l’attività in rete sul “confronto tra utenti” se ne spreca tutta la potenzialità.

    Da ormai qualche anno è in atto una normazione della rete che la riduce a “spazio virtuale” separata dallo “spazio dei corpi”. Voi stessi l’avete denunciato mettendo a critica più volte il concetto di “popolo della rete”. Ma la descrizione della rete come semplice “spazio di incontro” o “spazio di confronto” mantiene tutte le tossicità intrinseche alla narrazione dello “spazio virtuale”. Se si pensa ad internet solo come ad un luogo che permette un dialogo tra tanti e diversi, magari anche come la federazione di tanti luoghi “indipendenti”, si ricade paradossalmente nel presupposto della neutralità dello spazio del dialogo.
    Non più una neutralità ideologica, of course: chiunque viene su Giap sa che scrive su uno spazio “di parte”. Però una neutralità “di possibilità”: si trascura il fatto che la stessa presa di parola di “utenti che commentano” devia un processo di soggettivazione che poteva non avere alcun bisogno dell’emersione di tante prese di posizione singolari. La valorizzazione della diversità che la rete permette viene depotenziata dal moltiplicarsi di “linee d’opinione” che soffocano l’emergere della novità realmente interessante (i #facchininLotta in questo caso, o il boicottaggio alla #Granarolo).
    I giornali si trovano spaesati di fronte ai continui blocchi dei camion ma non hanno alcuna difficoltà ad incasellare le prese di parola di uno o più intellettuali (anche se anti-sistema) dentro al meccanismo del “dibattito”?

    Mi ripeto. Lo spazio del dialogo non è neutro, l’impostazione pure ottima di questo blog non disinnesca la dinamica della continua discussione tra soggetti (che qualche pennivendolo chiama “litigio”) come contrapposta all’azione concreta e soprattutto COLLETTIVA.

    Davvero, negli ultimi anni abbiamo visto moltissime discussioni che decostruivano le narrazioni tossiche attorno alle lotte, abbiamo visto un fiorire di spazi di riflessione indipendenti, ma questo non ha di per sé ridotto il senso di impotenza. La potenzialità della rete oggi non sta nella possibilità di far emergere un discorso “altro”, bensì nella possibilità di innescare nuovi processi collettivi a partire dalla rete stessa.

    Ovviamente non penso che voi non vi poniate il tema delle dinamiche “altre”, mi pare che abbiate più volte innescato voi stessi dinamiche collettive a partire dalla rete. Quello che critico è la struttura del blog, metto totalmente in dubbio la sua possibilità di essere oggi motore di queste dinamiche.

    Quindi, per tornare al tema iniziale, non mi pare così assurdo che una discussione impostata sulla linea della “lettera via web” (quindi sul dialogo tra utenti, non è fondamentale qui il fatto che un utente sia l’utente collettivo WM, perché il punto è che si esprime in quanto “singolarità dentro la rete” e NON in quanto “singolarità dentro un processo”) sia rimasta intrappolata nel magma mediatico e non abbia per nulla aiutato la lotta dei facchini (nemmeno è stata d’impiccio, ovviamente). Chiunque oggi ha sentito parlare della mobilitazione alla Granarolo e della discussione Lucarelli-WM, si ricorda di questa discussione come di un fatto “laterale”, non dirimente e non centrale. In conclusione non importante.

    • ovviamente mi sono dimenticato (per troppa rapidità di scrittura) di scrivere che il soggetto che si è contrapposto a Lucarelli inizialmente erano WM-Evangelisti-Prunetti-DeMichele. Questo non cambia la mia idea (si tratta di un intervento individuale anche se sono in tanti a prendere parola), però mi sembrava meglio specificarlo perché mi sono accorto di averlo scritto male nel commento sopra e su wordpress non si possono modificare i commenti :)

  29. Riportiamo il focus sulla vertenza Granarolo e sulla logistica, appunto. Ecco il comunicato vergognoso di Cgil, Arci e Libera: http://www.cgilbo.it/flex/cm/pages/ServeBLOB.php/L/IT/IDPagina/565

    Ne incollo un estratto:

    “Occorre che la rabbia e le legittime rivendicazioni rimangano all’interno del conflitto democratico, previsto anche dalla nostra Costituzione, senza che da esso debordino, sfociando in violenza, sopraffazione e minacce. Non si possono tutelare i diritti dei più deboli esasperando il conflitto, trasgredendo le regole di un confronto libero e democratico, producendo di fatto uno scenario di scontro perenne che danneggia sia le aziende coinvolte che tutti i lavoratori. È sbagliato alimentare un clima di tensione che, lungi dal favorire la ricerca di soluzione, finisce per mettere i lavoratori gli uni contro gli altri giustificando qualsiasi mezzo per ottenere il proprio obiettivo; qualsiasi forma di prevaricazione colpisce innanzitutto i più deboli.”

    • ..Ma infatti se capisco benissimo i Wu Ming dal punto di vista delle necessità tattiche, e sono anche sostanzialmente d’accordo con loro.
      Bisogna anche capire l’affaire Lucarelli, non è un caso isolato..e il comunicato Cgil-Libera ne è il segnale. Sulla Cgil preferisco glissare .. ma il caso Libera è molto più inquietante..
      C’è un pezzo di mondo intellettuale e democratico che si schiera con il mondo della cooperazione e del Pd a prescindere.
      Sulla trasformazione del mondo cooperativo ricordo alcune pagine de Il Rivoluzionario di Varesi..molto efficaci..
      Quindi va benissimo la tattica..ma non sarà la tattica a salvarci..

      • Con molti presidi locali di Libera ho avuto un ottimo rapporto sulla questione della lotta al gioco d’azzardo e ho visto in molti attivisti di quella organizzazione la consapevolezza che si debbano colpire le mafie nel portafoglio.

        Davvero imbarazzante che i vertici di Libera Bologna non si rendano conto che portare la lotta di classe nella logistica, come a Rosarno e altrove gli immigrati l’hanno portata nel bracciantato agricolo, sia l’arma più potente che abbiamo per sconfiggere le mafie dal lato della produzione. Fotte sega se qualche spezzone “progressista” di grande distribuzione si lava la coscienza promuovendo i prodotti delle cascine confiscate, non merita “bollini” antimafia se poi intrattiene rapporti con quelle ditte di logistica che praticando supersfuttamento, caporalato, ricatti e crumiraggio organizzato sono uno snodo decisivo del capitalismo criminale.

  30. Scusate un secondino, io dopo aver letto questo intervento e visto i video, ho maturato questa riflessione http://xcolpevolex.blogspot.it/2014/02/fate-sempre-quello-che-cazzo-volete-la.html
    se ne avete voglia leggetela, il confronto tra chi ha firmato la lettera e lucarelli è stato importante, però, mi pare di capire, che,insomma, vista anche la portata di GIAP, si condivide in via complessiva un certo tipo di lotta, ed a me questa cosa non mi pare proprio per nulla scontata, così come non mi pare scontata la distanza enorme che emerge verso un certo sindacato che vuole espellere anche chi fa dissenso, così come non mi pare scontata la coalizione che si è creata tra lavoratori prevalentemente non italiani ed i centri sociali, coalizione che cercano di bollare come strumentalizzazione solo perchè si mette in discussione il potere sindacale classico della rappresentanza e di tutto ciò che vi è connesso. Qui si sta mettendo in discussione un sistema di controllo del conflitto storico e se la Granarolo vince la vertenza, magari concedendo qualcosina, sono cazzi amari ma sono cazzi amari anche se la perde. Cosa accadrà se i lavoratori vincono su tutti i fronti? significa dare un cazzotto mortale al sistema di sfruttamento di un certo sistema cooperativistico, che avrà un mero effetto domino devastante. Questo è il punto della questione. Quello che deve essere fatto è dare il massimo sostegno a quella lotta, dentro e fuori, in gioco ci sono diritti, dignità esistenziale, ed interessi economici incredibili. Il comunicato della CGIl ,Libera ed Arci è vergognoso, mettere i lavoratori gli uni contro gli altri? Questo lo stanno facendo quelli che dicono che il conflitto deve rientrare all’interno dei canoni democratici. Domanda quali sono stati gli atteggiamenti antidemocratici? Lo sciopero? Il picchetto? Il sedersi per terra? prendere manganellate dalla polizia o sentirsi dire dalla polizia che “vengono trattati bene” rispetto a quello che avrebbero potuto subire invece è democratico? Vedere la polizia che difende le aziende, il capitale privato è democratico? Aver sostenuto in modo complice lo sfruttamento dei lavoratori è democratico? Chi cazzo è lo Stato? La sovranità a chi appartiene? Il ricatto a cui sono sottoposti i lavoratori con il permesso di soggiorno è democratico? Probabilmente sussiste una piccola idea di democrazia abbastanza diversa e non conciliabile. Quel comunicato è figlio della paura. A nessuno piace gettarsi sotto un furgoncino per bloccare il trasporto per sostenere la lotta, ma il problema a parer mio non è chi si è buttato sotto il furgoncino ma chi guidava quel furgoncino e non ha solidarizzato con i lavoratori. Hanno distrutto la solidarietà, la cultura del ricorsificio e della delega ha ammazzato la lotta, la coscienza di classe, di appartenenza ad una categoria, ad un ceto,ad un gruppo, vedi quello che accade nella scuola dove si pensa di risolvere il problema solo con un ricorso e su questo vi sarebbe tanto da dire, è una società ove ognuno pensa ai cavoli suoi, e poi però quando questi individualisti verranno colpiti, quando verranno colpiti quelli che dicono tanto a me non succede nulla, o che lavorano gratis per mesi prendendo per buone le parole padronali quando in modo conciliante e papale ti ripetono che si tratta solo di una crisi temporanea e che tutto si sistemerà e poi però al momento giusto ti getteranno via in mezzo alla strada come un rifiuto disumano, beh che faranno, piangeranno? Diranno, ma nessuno solidarizza con me? Ed ora che faccio? Qui non si lotta solo contro i licenziamenti ma anche per le condizioni di lavoro! Ed oggi è una cosa eccezionale nel senso di eccezione! Chi ha creato il clima di tensione sono quelli che hanno sfruttato i lavoratori per anni con la complicità di quei sindacati che vendono prodotti finanziari e fondi pensioni, e che tutelano i lavoratori solo a parole, anzi manco con quelle, ed hanno fatto profitto sui diritti altrui. Nessuna lezione può essere data da chi è antidemocratico de facto, e che si riempe la bocca di democrazia quando sono i primi firmare accordi sindacali che uccidono la rappresentanza democratica nei luoghi di lavoro, perchè riportare le cose all’interno dei normali canoni, cioè tavolo di concertazione, burocrazia, accordi e conciliazione, significa semplicemente rinunciare a delle pretese specifiche che sono quelle che più creano preoccupazione ai padroni, e dico padroni e non datori di lavoro o imprenditori o padri di famiglia, perchè sono e resteranno sempre padroni

  31. Ho letto lo scambio e tutta la discussione. A un certo punto c’è stata una “deviazione” nel descrivere quel che è successo con le dichiarazioni di Lucarelli.
    All’inizio, anche nella lettera aperta, mi sembrava chiara la consapevolezza che l’operazione era politica prima che giornalistica. Era giornalistica perché il mezzo impiegato sono stati i giornali, ma quelli, appunto è solo il mezzo, il canale. L’emittente del messaggio – distorto o meno, non voglio parlare di questo – è stato Lucarelli, ma il “mandante” del messaggio chi era? Lo sappiamo o lo immaginiamo tutti. Lucarelli ha detto che molti gli avevano messo premura perché intervenisse sulla vertenza Granarolo. E’ forte il sospetto che questi “molti” fossero soggetti del PD e del coop-capitalismo bolognese (anche della CGIL, forse).

    Ma poi, trascinati dalla polemica o cercando di raddrizzare la barra della discussione, qui in diversi hanno cominciato a parlare di “operazione del Corriere” o “operazione di Repubblica”. Questo genera un ennesimo sottodibattito inutile, cioè il dibattito se sia stata più colpa di Lucarelli o più colpa dei giornali. A cosa serve? Se riavvolgiamo il nastro, lo ripeto, nella lettera aperta e ancora prima nel post di solidarietà, si prendeva di mira il “modello emiliano” e solo in seconda battuta l’informazione. E’ stata un’operazione non di un giornale, ma dell’establishment piddino-legacoop.

    • …Le cose che dice il mio quasi omonimo sono palesi dopo il triste comunicato Cgil -Libera.
      La questione non è su quanto sia sveglio (poco) Lucarelli, la questione è di come sviluppare lotte sociali, quando queste lotte sono conflittuali con il modello economico sociale emiliano e conflittuali con il Pd.
      E di come garantire il dissenso in una fase in cui le larghe intese sembrano chiudere ogni spazio.
      ..

  32. Riassumendo: il Corriere complotta, insieme al PD e alle COOP, per incastrare Lucarelli in dichiarazioni reazionarie, allora i WM polemizzano con Carlo tramite una lettera aperta. Lucarelli risponde scusandosi, però nel frattempo hobo (qualunque cosa sia) chiama al boicottaggio dei suoi libri, e la rete si divide tra boicottaggio sì o no. E in tutto questo il buon Sandrone, che non ho capito cosa c’entri, polemizza un po’ con tutti: hobo, lucarelli, wm e credo pure il corriere.

    Ho idee lontane da quelle normalmente espresse su giap, però ne ho enorme rispetto, anche perchè spesso il livello della discussione, anche indotta, è straordinariamente alto.

    Però, prendetelo come un punto di vista almeno un po’ esterno, mi sembra che in questa circostanza sia in atto un’epidemia di ipertrofia dell’ego, con esiti buffi e grotteschi, e che i poveri facchini non c’entrino nulla.

  33. ..Oggi su Repubblica (al di là dell’ennesima puntata sul caso scrittori) istruttivo articolo della Stancanelli di Lega Coop..si capiscono tante cose..
    Anche sull’idea di legalità pre-costituzionale di questa struttura ..erede di un glorioso passato.

  34. Era un po’ che non commentavo qui sopra (eoni), ma questa cosa di Lucarelli mi aveva davvero confuso. A rilegger tutto (e ci è andato del tempo) è una narrazione tossica, fatta di documenti letti in modo davvero pernicioso, facendo tagli a parti scomode, lavorando con dei Frankenstein fatti di testi, omissioni e aggiunte. Se l’editoria e i quotidiani sono in crisi, uno dei motivi è la sua completa incapacità tecnica e informativa.