Grazie alle Edizioni Alegre e agli sforzi di Wu Ming 1 e Alberto Prunetti, dal 26 febbraio sarà in libreria The Frontman. Bono (Nel nome del potere).
Il libro di Harry Browne è un’approfondita e spietata inchiesta sui progetti filantropici di Bono Vox, sulle sue connection nella politica e nella finanza mondiale, sull’impero affaristico degli U2.
Bono è un caso emblematico, è l’esempio perfetto. Descrivere la sua parabola serve a smontare e analizzare il mito dei nababbi buoni, di quei milionari che ci mostrano il proprio cuore palpitante per i derelitti e i bambini che muoiono di fame, e al contempo promuovono e difendono le politiche di sfruttamento e depredazione che producono derelitti e affamano quei bambini.
Più in generale, il bersaglio è l’ipocrisia fatta sistema che permette a certi riccastri di presentarsi come difensori della “gente”, dei vessati, degli impoveriti.
Uscito in Irlanda, Gran Bretagna e Stati Uniti nel 2013, The Frontman ha fatto incazzare un sacco di gente, a partire dallo stesso Paul Hewson in arte Bono.
Harry Browne è esperto di storia e politica irlandese e insegna al Dublin Institute of Technology. Presto, qui su Giap, potrete leggere un’intervista/conversazione tra lui, WM1, Prunetti e altr*.
Clicca sull’immagine sopra per aprire il pdf della copertina completa (coi testi di presentazione in quarta e sulle bandelle).
Dall’Introduzione:
«[…] L’immagine che Bono dà di sé come persona al di fuori, al di sopra e al di là della politica ha spesso reso difficile esprimere opinioni politiche semplicemente diverse dalle sue. Perciò, che siate o meno d’accordo sul fatto che Bono Makes It Worse, il senso di questo libro consiste nel posizionare saldamente il personaggio e, per estensione, l’umanitarismo delle celebrità nel campo della politica e quindi delle differenze in politica. Fare questo significa sottolineare alcuni fatti incontestabili, e cioè: Bono rappresenta un particolare tipo di discorsi, valori e forze materiali all’interno di un esteso dibattito sulla povertà globale, sullo sviluppo e sulla giustizia; questi discorsi, valori e forze, sebbene spesso espressi in modo vago e fuorviante, possono essere complessivamente caratterizzati come conservatori, occidente-centrici e filo-capitalisti; sono ritenuti sostanzialmente innocui dalle élites che hanno mandato in rovina il mondo; possono essere contestati e criticati fortemente in linea di principio e in termini di efficacia […]
Si pensi che Bono abbia o meno ragione, spero che dopo la lettura di questo libro risulti difficile a chiunque considerarlo “di sinistra”. Anzi, a partire dal 2005 lui e le sue organizzazioni hanno spesso deriso posizioni che consideravano di sinistra […]
Naturalmente, nell’improbabile caso gli venisse chiesto, direbbe che non è nemmeno di destra. È proprio l’idea che l’approccio da “problem-solving” tecnocratico difeso da Bono sia in qualche modo apolitico quella da contestare [Vi ricorda qualcosa o qualcuno?, N.d.R.]
L’ascesa di Bono come attivista politico sin dai tardi anni Novanta è legata ai più grandi e inquietanti sviluppi nella governance transnazionale, mediante i quali gli Stati più grandi, le multinazionali, le fondazioni e le istituzioni multilaterali hanno minato la responsabilità democratica e la sovranità ovunque nel mondo, spesso in nome dell’umanitarismo.»
Grande iniziativa! Proprio l’altra sera, qui a Bissau, io e il mio compagno abbiamo visto questo documentario
http://www.youtube.com/watch?v=cgGP3zV8kdU, Give Us the Money -Why Poverty? Che parla di tutta la bontà di Bono. Ci siamo detti che se Bono avesse trascorso anche solo un anno in uno dei paesi africani toccati dalla sua grazia, si sarebbe probabilmente auto-censurato e forse non avrebbe contribuito, come ha invece fatto con la drop the debt campaign, a fare il gioco delle elite tra le piu orripilanti del globo. Saluti.
Io credo che Bono sia stato per il businness della musica quello che Madre Teresa fu per il businness del cattolicesimo. Visto che parliamo (anche) di libri a tal proposito vi consiglio “The Missionary Position: Mother Teresa in Theory and Practice” (penso ci sia anche in italiano) di Hitchens.
Qualcuno, quello che immagino venga raccontato in The Frontman, lo chiama “elemosina pelosa occidentale”. Il punto è che esiste un’emergenza su cui bisogna lavorare ora ed esiste una causa di questa emergenza su cui bisogna lavorare in modo continuativo. Questo, per farla davvero breve, pone su due piani diversi e contrastanti i Bono e, per dirne una, Marina Spaccini. A mio parere l’impegno immediato senza una profonda idea di cambiamento globale non è durevole, dall’altra parte però alla lotta su ciò che crea disuguaglianze sociali profonde va accompagnato un contributo concreto per mitigarne gli effetti (esempio: il volontariato, le donazioni, ecc). Ammesso e non concesso che Bono almeno questo faccia (eppure ne dubito), è chiaro che la sua azione è solo ed esclusivamente “pelosa” e, se mi è concesso, senza offesa per i fan, è chiaro anche che gli U2 fanno musica di merda da sempre.
Per carità, non apriamo sottodiscussioni basate sui gusti musicali.
In un episodio di South Park viene data un’interpretazione molto divertente del fenomeno Bono. La superstar sarebbe in realtà la più grande merda umana mai esistita, letteralmente, defecata da un magnate svizzero che ha poi deciso di tenerla e di allevarla come un figlio.
http://www.southparkstudios.com/clips/155668/bono-is-crap
Libro molto interessante, e utile assai.
stavo per inserire lo stesso link, mi hai bruciato…
certo, lo sfottò di Parker e Stone non ha radici culturali e ideologiche di sinistra ma inquadra bene il personaggio in un’opera comica
Nell’introduzione Browne cita debitamente quella puntata di South Park :-)
« […] in un mondo in cui il New York Times tratta Bono quasi sempre come un guru, mentre diversi giornalisti del Guardian lo ritengono un buffone; un mondo in cui innumerevoli europei lo considerano un grande artista, mentre gli autori satirici dell’americano South Park lo rappresentano letteralmente come un pezzo di merda; un mondo in cui nel 2008 la Bbc produce un documentario per la Tv che almeno si pone qualche domanda, intitolato I milioni di Bono, e l’anno dopo dedica un’intera giornata di programmazione radiofonica al lancio di un nuovo album degli U2; dove un amico che incontro al pub mi chiede perché voglio criticare Bono, e un altro che incrocio per strada considera il mio compito decisamente troppo facile e lungi dall’essere una grande sfida… In un mondo così, non esiste un approccio ottimale per scrivere questo libro.»
Io però eviterei di usare South Park come metro di paragone: è notorio che i suoi autori siano dei fan sfrenati del Partito Libertariano, le cui idee politiche e soprattutto economiche farebbero arrossire di vergogna anche Ronald Reagan.
Insomma, secondo me la critica di South Park e quella contenuta in questo libro non “c’azzeccano” un’acca l’una con l’altra: se, da un lato, uno degli intenti di questa (mi par di aver capito) è far capire che Bono è essenzialmente una persona che sostiene politiche di destra (correggetemi se sbaglio), quelli lo attaccavano, se possibile, da un’ala ancora più radicale del capitalismo.
Harry Browne cita South Park solo nel passaggio che ho riportato, come esempio – tra tanti – di estrema “polarizzazione” delle opinioni su Bono in Europa e Nordamerica. Polarizzazione di cui ha tenuto conto, anzi: da cui ha preso le mosse nello scrivere il libro. Aggiungo che una delle domande implicite a cui risponde nel libro è: “Come mai negli USA (non solo là, ma soprattutto là) considerano Bono tendenzialmente ‘di sinistra’?”
Sì, l’avevo intuito, infatti la mia puntualizzazione non era rivolta all’autore del libro, ma a chi più su aveva commentato citando quella puntata di South Park. Che non c’entra niente con questo libro, credo, se non altro perché quella è un’opera di satira, e questa un’inchiesta.
Visto che tante volte voi avete insistito sull’importanza del “da dove si parla”, l’ho fatto anch’io:-).
In realtà l’episodio di South Park parte dall’ossessione dei personaggi maschili della serie per le proprie feci, ossessione dovuta alla frustrazione per il fatto di non poter vivere l’esperienza del parto. E l’amore di un uomo di potere per le proprie cagate genera…Bono.
Spero di non andare off-topic con questo mio commento, dato che già almeno tre commenti vertono sul rapporto tra opera d’arte e idee politiche dell’artista.
Serenissima, gaberricci e valesiempre hanno espresso le loro opinioni basandosi sia sull’arte che sulle idee politche di U2 o south park; ma la mia opinione è che le cose andrebbero tenute completamente separate.
Forse l’adesione (temporanea e paracula) di Pirandello al regime fascista sminuisce la portata delle sue opere? o il sostegno di Ezra Pound al fascismo toglie qualcosa alla grandezza dei suoi versi? o il fatto che Burroughs fosse un femminicida deve influenzare il giudizio sulla sua arte? l’eventualità (cui io non credo) che woody allen abbia violentato una bambina dovrebbe farci odiare i suoi capolavori? le opinioni politiche dei creatori di South Park davvero possono impedirci di amare la loro arte e di riderne, quando raggiunge una carica satirica così forte? l’adesione alla repubblica di salò dovrebbe farci odiare ugo tognazzi? l’adesione al m5s di Fo deve farci odiare ‘morte accidentale di un anarchico’ o il gramlot? io dico di no, e lo stesso vale per bono e gli U2.
La mia idea (del tutto personale) è che bisognerebbe scindere nettamente le opinioni politiche dell’artista dalla sua opera.
Se vi piace la musica di Bono potete continuare ad amarla, e al contempo potete rendervi conto che è un “pezzo di merda” odioso e che specula sulle disgrazie globali. le due cose non si escludono.
D’altronde, conosco personalmente persone che hanno votato (e votano ancora) per Berlusconi e che amano alla follia i Wu Ming e i loro romanzi; e ho visto questi elettori di Forza Italia venire alle vostre presentazioni per farsi autografare (in mandarino :) ) la loro copia di Manituana.
Gente che ama la vostra arte ma che non condivide la vostre idee politiche.
Ripeto, spero di non essere andato off-topic, anche perchè il giudizio su un libro come The Frontman non può che essere emotivo (come dimostra il commento di valesiempre) e quindi sarebbe bene distinguere nettamente fra l’opera e l’autore.
Mi permetto solo una piccola correzione: io sarò old-fashioned ma secondo me “il giudizio su un libro come The Frontman” andrebbe dato dopo averlo letto. Non è ancora nemmeno uscito e già si danno giudizi? Lo si legga, e poi se ne parla. Oppure ne parli chi lo ha già letto (in inglese o in anteprima). Gli altri portino un poco di pazienza.
scusate, mi faccio un po’ di pubblicità, visto che siamo (quasi) in tema…
http://www.lindiceonline.com/index.php/blog/occident-express/1246-viva-il-libro-abbasso-l-autore
Grazie carolingus, hai espresso perfettamente per esteso i concetti che pensavo di racchiudere nella mia domanda su causa/effetto (bontà dell’azione/integrità di chi la compie). Comunque alla fine credo di essere andato fuori traccia, nel senso che il libro, a quanto si evince dalla presentazione, ricerca nella dimensione politico-economica dell’artista Bono i segni della sua truffaldoneria. Mai toccando l’aspetto puramente musicale (de gustibus). Con palese evidenza “toccare” l’artista che è stato capace di emozionarti ti impedisce di costruire un piano di osservazione indipendente dal pathos. Vale per Bono, per Tognazzi, Woody Allen, Polanski ecc..Cercherò di leggere il libro rendendomi conto di quanto possa essere odioso un simile pifferaio del capitalismo vorace, ma sempre emozionandomi sulle canzoni che appartengono alla mia storia.
Chi è senza peccato scagli la prima pietra..voglio dire, una “buona azione” si giudica dall’effetto, risultato concreto che ha prodotto in termini di riduzione della causa, oppure dall’integrità (coerenza) di chi la promuove? Bono vox è una fabbrica di denaro e in quanto tale bisogna diffidare, soprattutto se si presenta come l’illuminato di turno (con luce autoprodotta), ma se è riuscito ad ottenere una diminuzione del debito estero dei paesi africani o se ha sensibilizzato i suon fan circa la vita di San Suu Kyi, perchè no? Dite che son troppo cerchiobottista? Giuro che non voto Pd….semplicemente non credo alla visione binaria della realtà (buoni che fanno il bene, cattivi che fanno il male), trovo sia un pò più complessa la cosa…
Una delle cose che Browne dimostra con più chiarezza e senza mercede, dati alla mano e “always historicizing”, è proprio questa: i grandi risultati di cui Bono si vanta sono pura fantasticheria e fumo negli occhi.
Non ho detto che Bono sia buono, ho posto un interrogativo circa chi sia titolato o meno a fare cose buone…perchè la radicalità del giudizio diventa ottusità se il metro di misura è solamente la dicotomia buono/cattivo..comunque Mea Culpa, non ho letto il libro, ero dell’idea che qualche “buona” azione” l’avesse fatta. Evidentemente non mi sono informato in profondità (e m’innamorai sulle note di “the joshua tree”)
L’analisi di Browne di ottuso non ha proprio nulla, anzi, affronta la complessità ed è ammirevole di quanti aspetti, contesti e sfaccettature riesca a rendere conto. Traccia una genealogia della reputazione planetaria di Bono partendo dall’Irlanda, passando per il Regno Unito, gli Stati Uniti, l’Africa, l’Europa continentale, mettendo in fila episodi, citazioni, dati, confrontando le diverse, contraddittorie versioni di ciascun episodio fornite da Bono in trent’anni di interviste e monologhi, poi va a vedere chi sono i suoi soci d’affari, i bilanci accessibili delle sue società, le situazioni reali nei paesi in cui è intervenuto etc. etc. L’anno scorso su Counterpunch hanno scritto “Sarà difficile smontare The Frontman”, e infatti non c’è riuscito nessuno.
Terry Eagleton recensisce sul Guardian The Frontman di Harry Browne. #MaloVox
Il libro di H. Browne è un pamphlet diabolico. Nel senso che separa, che divide, che apre e viviseziona l’oggetto della sua critica. Un vero “destro d’incontro” che colpisce Bono e la filantropia delle celebrità, ma che arriva all’osso su questioni di importanza strategica: il capitalismo globalizzato, le dinamiche tra centro del potere e paesi del cosiddetto “Terzo Mondo”, lo sguardo occidentale sull’Africa, il recupero del dissenso nei paesi occidentali, i giochi della finanza (a partire dal caso di Facebook, di cui il cantante degli U2 possiede una percentuale di azioni). Bono non è solo un valletto del potere o una vedette della società dello spettacolo. O meglio, non solo. Questo lo pensavo prima di leggere il libro di Browne. Dopo averlo letto, sono rimasto stupito io per primo, perché la realtà è ancora più complessa. Nel capitalismo “fluido” contemporaneo, gente come Bono ha un ruolo di rilievo. Di più per ora non voglio dire. Aggiungo una cosa sola: l’autore se la cava bene anche sul piano del sarcasmo e dell’umorismo. Vedrete.
Cui Bono?
La Los Angeles Review of Books recensisce The Frontman di Harry Browne.
Per chi non la conoscesse, una geniale disamina “poetica” del personaggio (e della sua risma in genere):
http://www.youtube.com/watch?v=1MJEjwGdDSQ
Il testo:
Sick of your crucificool
Cootchy-coo, look at you, cootchy-coo,
look at you, and you’re a
Heck of a champion too
Hands to god, ‘rena rock,
hold the poor, in your heart, flash’em the
Shades and the leather perfume
Smell of God, martyr fool,
win their hearts, king of tools, king of the
Philanthropicacool
‘Mericans, Africans,
holding hands, buying pants
I’m on top of the new new thing
Gonna get the new line of bling, and I’ll
Shine shine shine shine like a white god
natives gonna worship me
I woulda done it anyhow, so I’ll
Buy it up buy it all right now, because
Africa just wants to have some fun
In the land where nothing grows, nobody even knows
Nobody knows that it’s a Chrissamuss, What do they do without the Chrissamuss, ooh
Let’s go on a safari, show these jungle cats how to party
This desert is so beautiful, hey let’s make a music video, yeah
Me and the natives will be singin’ holdin’ hands we gonna stop all the violence in this land
I’m gonna set this world straight, I’m suckin’ dick at the G-8, but
I’m not the only one lickin’ choads at this safari party
Clear channel men fellatiate me, censor me and proliferate me
Where’d ya get that jacket, Bo-no?
Where’d ya get those shades, Robo-Cop?
You and your little booby Bobby,
Sellin’ the new Spanish gold
Everyone out on the floor
It’s supergroup pop for the poor
Savin’ our souls at the store
Savin’ us all from the horror
Let your martryrs arms
Bear the winds
Of the wind machine, wind machine
Gonna get a little drunka tonight, gonna get a little drunka tonight, gonna get a little
Gonna get fucked up tonight, gonna get fucked up tonight ee-aigh-ee-aight,
Me and the kids are pickin’ fun at you, we’re pickin’ fun pickin’ fun pickin’ fun at you
Cuz when you’re actin’ like Christ on the cross, you look ridiculous OOHH
I admit it I don’t know what to do, I don’t know I don’t know what to do
But I know what not to do, and I know the smell of your leather perfume, it smells like
Death to me, smells like piss on a fire, smells like toxic fumes at a maquiladora
Where’d ya get that shirt asshole
Whncha make Whncha make up your mind
Are you bored Are you bored or inspired? Well either way
You just came to shoot your load off the stage
A pacifier for a nation of beige
After your concert and at the G-8
You came to party yeah you came to get laid
La verità è che Bono è solo un sintomo, non una causa. L’avventura del novecento è finita, ormai il mondo veleggia a tutta forza verso un ritorno alla stabile presenza di una oligarchia di stampo settecentesco, di una classe di oscenamente privilegiati che esercita il potere in modo talmente strabordante, tanto da portersi permettere al tempo stesso di fare la parte dei cattivi e dei buoni, dei rapinatori selvaggi e dei benefattori. (non sono forse oggi certe crisi finanziarie mondiali la riedizione del discorso che i latifondisti facevano negli anni di magra dei raccolti, ovvero: “se c’è metà raccolto, a me la mia parte, e al mezzadro niente, facesse la fame” ?).
Questa gente è così ricca che non ha neppure il problema di pagare le tasse: al limite le paga anche, mica è la cifra il problema! Il problema – per questi cazzo di narcisi ammorbati di eccesso di danaro – è che non accettano in nessun modo che siano gli stati democratici (ovvero l’odiato popolo gnorante) a decidere come queste loro laute tasse verranno usate. E così le evadono tutte, sistematicamente, creando così fondi stratosferici di danaro sonante, che confluiscono in fondazioni, le quali fondazioni altro non sono che il modo di sottrarre non tanto le tasse agli stati, quanto il potere di decidere come usarle.
Tralaltro il caso Bono è niente confronto all’operato delle mega-fondazioni tipo quella di Bill e Melissa Gates…
Non facevano forse grandi opere d’arte, di cultura, di carità e di prestigio anche i ferocissimi casati nobiliari del settecento?
Ripeto: l’epopea del novecento è finita. Lo spettro del Marxismo ha lasciato la scena, la parentesi del conflitto sociale radicale è chiusa. (è stata una guerra persa, ma ancora oggi godiamo dei residuali risultati delle battaglie vinte)
Oggi, in modo pre-novecentesco e anche pre-illuminista, le proteste per il pane si fanno contro il fornaio, non contro il Re. E quelli come Bono spargono qualche cesto di Brioches con larghi sorrisi, senza risolvere un cazzo. E non perché non sono capaci o non capiscono, no, al contrario: non risolvono un cazzo perché non vogliono risolvere un cazzo. Risolvere problemi danneggerebbe il sistema che li ha resi quello che sono, e questa è gentaglia che pensa che quello che sono è una figata, e che quella alla fine è l’unica cosa che conta. Manca poco che ci inizino a raccontare di avere il sangue blu, magari questa volta elettrico.
Stavo giusto aspettando che qualcuno citasse Gates. Da quello che leggo in giro la sua fondazione invece ha raggiunto risultati importanti, non è così?
Unit, mi sa che stavolta dovrai resistere all’usuale pulsione di fare l’avvocato del diavolo almeno fino a quando non non avrai letto il libro di Harry Browne e capito perché in un’inchiesta sul ruolo di Bono si parla anche della fondazione di Bill & Melinda Gates. Prima di questo, e senza l’elemento imprescindibile del ruolo di Bono, se desideri parlare di quella fondazione e degli importanti risultati ottenuti da Gates nel liberare il pianeta dalla fame, dovrai proprio trovarti un thread apposito (in giro per la rete ce ne saranno parecchi, immagino).
Aggiungo che se davvero “stavi giusto aspettando che qualcuno citasse Gates”, soccmel, è roba da “Buona domenica” di Venditti… :-(
In realtà ne so poco o nulla sulla fondazione Gates, e immaginando a torto che nel libro non se ne parlasse, speravo se ne approfondisse qui. Vabbuò vedrò di comprarmi il libro.
Scusa l’asineria ma non frequento Venditti. E’ una canzone sulla tristezza della domenica? :)
http://youtu.be/mx4I2ZdLaPE
Che palle però cacciare 15 euri per tre pagine su Gates quando delle rimanenti duecento su bono non me ne frega nulla :(. Almeno non potevi spingere per fare la versione ebook? O c’è e non l’ho vista?
Non c’è nemmeno quella su carta, se è per quello. Il libro deve ancora uscire.
E in base a cosa tu abbia stabilito che su Gates ci sono “tre pagine”, è un mistero.
Infine, se di Bono non te ne frega nulla, la questione è parecchio semplice: il libro non lo compri, i 15 euro te li tieni, e questo thread – esplicitamente dedicato all’uscita di un libro su Bono – lo ignori.
Robe da matti.
‘mazza che irascibilità, dato che il preordine a 12.50 sembra solo per il cartaceo chiedevo se c’era anche la versione ebook nascosta da qualche parte, mi sembra una domanda se non altro on topic in un post sul libro. La cosa sulle 200 pagine su bono era solo una battuta, scusa se non sono stato adeguatamente austero come richiesto dal consesso.
salve è la prima volta che scrivo qui su giap e farlo andando OT e postando un link non è proprio il massimo… ma credo che sia utile per la discussione in generale
http://www.motherjones.com/environment/2013/12/gates-foundations-24-most-egregious-investments
Tra l’altro Bono si muove usando proprio i soldi di Bill e Melinda. I suoi li tiene in banca. Ma bisogna leggersi il libro di Browne per capire come questi signori stiano aprendo nuovi mercati in Africa per le proprie aziende, con la scusa di “aiutare i poveri”.
La prossima volta che preallerto sulla pubblicazione di un libro tengo chiusi i commenti finché non è uscito, e non solo: installo un plugin con un “test d’ingresso”, 2 o 3 domandine a cui rispondere per dimostrare che lo si è letto, e solo a quel punto si può discutere.
Sì, a me personalmente è venuta molta voglia di leggerlo e mi pare proprio crudele far crescere un’ansia del genere. Oppure dire “fra poco uscirà libro x, nel frattempo potreste leggere y”. In effetti è curioso che si segnala un libro o un testo su un argomento che può essere utile approfondire nei commenti, soprattutto perché può capitare di avere dubbi su alcuni passaggi o di non capirne altri e qualcun altro può dare una mano, solo che poi il libro esce, pochi lo possono aver letto e quando magari se ne potrebbe parlare ne esce un altro. Facciamo come a scuola
Bono richiama alla memoria un altro cantante: Edgardo Laplante, il pellerossa bianco in camicia nera che girò l’Europa per difendere i diritti degli Indiani d’America, nel 1924 trovò l’appoggio di Mussolini, finché non venne smascherato.
http://www.marianotomatis.it/blog.php?post=blog/20140315
La sua storia è celebrata oggi a Torino al Museo Cesare Lombroso con due concerti jazz:
http://www.unito.it/unitoWAR/page/istituzionale/comunicazione_stampa_bea/alleventi4?path=%2FBEA+Repository%2F5670058
Ho di recente terminato la lettura di The Frontman. Il primo commento che mi viene da fare è il medesimo che ho formulato per Point Lenana: un libro da divulgare, da far leggere, leggere e leggere a più persone possibile. Il motivo è semplice: fa aprire gli occhi su un fenomeno (o meglio, una serie di fenomeni) che nella nostra società passano in secondo piano, non destano interesse o, quando lo fanno, riscuotono sincera simpatia. Un dovuto grazie quindi a Harry Browne per aver scritto il libro, e a WM1 e Alberto Prunetti che ce l’hanno portato in Italia.
All’epoca dell’ultimo live8 ero giusto un pischello entusiasta per il mega concertone: “e quando mi ricapita più di vedere i Velvet Revolver in diretta tv!?”. Beh, trovo che diffondere i concetti espressi da Browne anche tra i ragazzi sia importante, anche solo per una spinta ad accogliere razionalmente la realtà che ci viene propinata giorno per giorno dai canali di informazione principali. Browne toglie la maschera (anzi, gli occhiali) a Bono e ai suoi “colleghi” che amano tenere in mano i fili delle sorti del mondo.
Dal punto di vista del lettore, per scorrevolezza e piacere nella lettura, ho apprezzato maggiormente il primo e il terzo capitolo. Ma penso che il secondo capitolo, quello sull’Africa, sia indispensabile per rendere The Frontman inattaccabile e inespugnabile. Io, tra tutti quei nomi di società e rappresentanti ho faticato a tenere a mente il filo logico del discorso… A volte mi è sembrato di rileggere gli stessi concetti. Ma penso sia normale per me: un “non addetto ai lavori”.
The Frontman è anche stata una pugnalata al cuore. Son cresciuto ascoltando gli U2, alcune canzoni riescono ancora a smuovermi l’animo, ma son convinto che non riuscirei più a guardare una loro performance live senza uscirne “un pelino” nauseato. Però sono contento: “Sunday Bloody Sunday” non mi ha mai detto niente come canzone… e ora so anche perché: this is not a rebel song! =)