Il 21 settembre, con un concerto dedicato a Federico Aldrovandi, sul palco del festival “Frammenti”, si è concluso il vagabondaggio estivo del Wu Ming Contingent, cuore musicale del Révolution touR.
Oltre a non-esibirci alla Festa Democratica di Firenze, in quest’estate di guerra e “bombe d’acqua” abbiamo suonato per platee a quattro cifre e per quattro gatti, alle feste di Radio Sherwood e Radio Onda d’Urto, in stabilimenti balneari e centri sociali. David Colangeli ha recensito su KeepOn il nostro live del 28 giugno al CSA La Torre di Roma:
«Salgono sul palco i Wu Ming Contingent, iniziando subito con una indiavolata “Soldato Manning”, un brano quasi dark new wave mentre si declama la storia dell’attivista statunitense che ha sputtanato gli Stati Uniti e la loro politica della guerra al terrore.
Il secondo brano è dedicato a “Peter Norman”, sportivo e caposaldo dei diritti civili. Anche qui si tratta di un punk, dove il recitar cantando ricorda le influenze dei CCCP ma con un andamento meno salmodiante e con più feedback. L’idea è quella di stare ad ascoltare una versione punk dell’antologia di Spoon River se fosse stata scritta da uno studente di storia contemporanea del ‘77. L’esperienza dei gloriosi anni bolognesi in cui si vendevano più chitarre elettriche che aperitivi, quell’atteggiamento che ha portato alla formazione dell’orecchio alternative-punk italiano, si fa sentire e molto.
E poi un funky su Peter Kolosimo, un ufologo radicale e partigiano. Sembra di assistere ad un’assemblea studentesca ma musicata. Ironia e impegno politico vanno a braccetto, senza scadere in quell’avanspettacolo che ai giorni nostri sembra l’unico modo per parlare di temi impegnati.[…]
Si passa poi al primo inedito della serata, che farà parte del secondo lavoro dei Wu Ming dedicato alle donne: “Laila’s blues” è, appunto, il bluesaccio partigiano di questa donna che ha dedicato la sua vita alla resistenza. I racconti delle torture, dell’estrema fermezza e fragilità di una ragazza costretta dagli eventi. Il racconto strappa più di una lacrima, ve lo assicuro.
[…] Il mio consiglio è quello, tralasciando la propria indole politica, di andarli a sentire il prima possibile: se siete amanti della loro versione cartacea è un must, e ritroverete le atmosfere e l’ironia. Se non li conoscete, conosceteli: sono una delle poche realtà editoriali (e ora, finalmente, musicali) che propone intrattenimento (perché alla fine, la narrativa ti deve far rimanere incollato il naso alla pagina) che però educa ( ma non nel senso di: la mia opinione è quella giusta, in questo caso è perché ogni cosa è raccontata con un’accuratezza storica capillare) e diverte. Soprattutto diverte, perché non c’è la spocchia autoriale, dato il genere scassone del punk quattro quarti scelto come carroarmato per accompagnare. Andate a divertirvi. E sono sicuro che se non siete d’accordo con quello che dicono, davanti ad una o più birre, saranno direttamente disponibili loro a parlarne con voi.»
(Qui il pezzo integrale)
Quello stesso live – il secondo del tour estivo, dopo la data ferrarese per la Giornata del Rifugiato – era stato annunciato in un’intervista di WM2 con la romana Radio Città Aperta.
Wu Ming 2 intervistato a Radio Città Aperta – Roma.
(Inizia dal min. 5.54)
Un mese prima, il 20 maggio, avevamo pubblicato su Giap un primo florilegio di recensioni bioscopiche. Nel frattempo, sono usciti una valanga di nuovi articoli dedicati all’album, che come al solito montiamo qui sotto in piccoli frammenti, con i link alle versioni complete.
Il primo che vi proponiamo viene da uno dei migliori numeri di Alias che ci sia capitato di leggere quest’anno. Nelle altre pagine, si parla anche di Gabriella Ghermandi, l’autrice di Regina di Fiori e di Perle, e del suo progetto Atze Tewodros: jazz italo-etiope nato per cantare le storie dei patrioti arbegnuoc che combatterono contro l’esercito fascista.
L’articolo-intervista che ci riguarda si intitola “Wu Ming Contingent, visioni pedagogiche” ed è firmato da Simona Frasca:
«Bioscop è una ventata di ilare dissacrazione, un inno al risveglio cadenzato su un pentagramma di note grosse e su un groove punk rock con abbondanti sporcature new wave […]. Rivoluzione è la parola che risuona durante l’ascolto delle 10 tracce immediate, trascinanti e dichiaratamente militanti.
– Testi e musica in Bioscop descrivono uno scenario rivolto soprattutto alle giovani generazioni che brancolano sempre più nella difficoltà oggettiva di orientarsi nella storia recente del nostro paese, è così?
– Più di un recensore ha sottolineato la dimensione “pedagogica” di Bioscop. A volte con disgusto, altre con sorpresa o entusiasmo, altre ricorrendo a etichette come edutainment e propaganda. E’ una sottolineatura che ci colpisce, perché significa che la canzone politica e di protesta è ormai una stranezza. Brani che raccontano il mondo oltre il cortile di casa, con una prospettiva più vasta della propria esperienza individuale, sono considerati inconsueti, se non sospetti. Più in generale, mi pare che la musica italiana risenta del clima di un Paese dove chi prova a interpretare la realtà viene percepito come supponente, ideologico. Dove un cantante come Cristicchi può fare uno spettacolo sulle foibe e i profughi istriani (Magazzino 18) e poi respingere le critiche politiche e storiografiche dicendo che il suo è teatro, racconto, emozione. “Sono solo canzonette” – gridava Bennato sullo spartiacque tra Settanta e Ottanta – “macché politica, ché cultura”. Oggi sembra che ci si debba giustificare del contrario. L’invito di Calvino alla leggerezza si è trasformato nell’obbligo a non prendersi mai sul serio e con la scusa dell’ironia si sono sdoganate le peggiori schifezze: le serate di musica spazzatura fanno il pienone anche nei centri sociali.
Di fronte a questa situazione, credo che l’Archivio possa svolgere un ruolo fondamentale, se impariamo a rianimarlo. A pochi clic di distanza dalla home page di un motore di ricerca si trovano storie esemplari di conflitto, di lotta, di conquiste popolari, di resistenza. Storie che dobbiamo imparare a smontare, pulire, aggiustare, rimettere in moto. Chi sottolinea l’intento educativo del nostro lavoro di narratori, spesso non capisce che a noi non interessa diffondere contenuti, ma strumenti. Non raccontare la storia di Tizio Caio, ma mostrare cosa si può fare con quella storia. E non ci interessa nemmeno usare le storie come armi: disseppellire il tomahawk è un rituale, poi si combatte con i fucili o con le frecce. Ma per combattere bene, bisogna prima scavare, fino in fondo, con gli attrezzi giusti. I nostri libri, la nostra musica, il blog Giap, sono tutti laboratori per imparare a farlo bene.»
(Simona Frasca su Alias, Supplemento settimanale de “Il Manifesto”, n.29, Anno 17, 19 luglio 2014)
Tra le tante interviste, una menzione speciale va a quella con Tony “Face” Bacciocchi, storico membro dei Not Moving e dei Lilith, autore di libri futbologici come Rock’n’Goal, di un saggio biografico su Gil Scott-Heron e di un memoir dal titolo eloquente: Uscito vivo dagli anni ’80. Le risposte sono di Cesare “Big Mojo” Ferioli, il batteraio della band.
«Il WU MING CONTINGENT ha realizzato “Bioscop”, uno dei migliori album italiani del 2014 caratterizzato da un duro sound, ipnotico e ossessivo che unisce post punk, la new wave più abrasiva (dalle parti dei PIL e Massimo Volume), su cui si parla di alcuni personaggi “minori” ma altamente iconici (dal calciatore Socrates allo scrittore Peter Kolosimo) fino alla rilettura moderna di “Revolution will not be televised” di Gil Scott Heron. Lavoro interessantissimo che ci porta all’intervista di oggi […]
5) Vivere di musica e “arte” in Italia è possibile ?
– Parlando della mia esperienza personale ti posso dire che in passato e per anni ho vissuto solo suonando, questo ho fatto a tempo pieno dall’87 al 1999 circa. Dal 1990 al 1996 con la blues band Dirty Hands, fondata da me e dal chitarrista Andy Carrieri, con cui già collaboravo nei Jack Daniel’s Lovers, un anno arrivammo a fare 190 concerti.Una bella faticaccia, te lo assicuro, ma era l’unico modo per far stare in piedi i conti. Il nostro mercato di riferimento sia per gli album che per i concerti erano oltre all’Italia, la Svizzera, il Belgio e l’Olanda, la Francia e non da ultimi gli Stati Uniti.
C’era un forte “rinascimento” del blues in quegli anni e noi cavalcavamo la tigre spontaneamente. Avevamo promoters locali che ci organizzavano concerti e partecipazioni ai festivals, vendevamo dischi, anche se poche migliaia di copie ad album. Insomma, come si dice in gergo, ci stavamo dentro. Ora la situazione è più complessa, c’è lo spettro della crisi economica, i budget ora sono praticamente quelli che incassavamo in lire allora ma la benzina per fare un esempio costa quasi tre volte tanto, così anche per autostrade ed alberghi, insomma, ora è molto ma molto più dura. Il liberismo non è più solo una macabra favola uscita dai testi di gruppi come Dead Kennedys o Angelic Upstarts, è ovunque ed è intenzionato ad abbattere il potere d’acquisto e i diritti sociali di tutti, ovunque, anche in Italia.Per dirla molto sinteticamente, girano meno soldi e la gente pensa a spendere per mangiare e sopravvivere, sempre meno per Musica e Arte.E poi non da ultimo, trovo che la cultura generale si è parecchio massificata»
(L’intervista completa è qui)
In versione audio, è rimasta traccia di altre due chiacchierate, una tra Francesca Ognibene e Yu Guerra, su Radio Sherwood, e l’altra con WM2, su Radio Emilia Romagna. Avremmo voluto completare il quadro con la voce di WM5 a Radio Gold di Alessandria, ma purtroppo il file è stato rimosso dal podcast.
«Bioscop è il primo album di canzoni per il collettivo di scrittori Wu Ming, anche se i musicisti e musicisti/scrittori non sono di certo mancati tra gli zoccoli duri coinvolti in questa anima creativa. Il successo di Wu Ming mi ha sempre fatto ben sperare nella rivalutazione dell’umanità che ha voglia di una rivoluzione culturale e ci crede e ama il guizzo creativo di chi dal racconto trova il filo della storia che brucia, che storpia, che ride e attacca, in una dimensione punk new wave, sensata e convincente.»
(Qui l’audio dell’intervista e qui WM2 intervistato a “Scelto per voi” su Radio Emilia Romagna.)
Come sempre, diamo spazio anche alle critiche negative, che spesso contengono spunti interessanti, e quando non li contengono, diventano ottimo materiale per fascette e medaglie da appuntare nella colonna qui a destra.
«I dieci brani di questo Bioscop, mescolando punk e new wave (CCCP, Offlaga Disco Pax, Diaframma), danno vita a un disco che fa dei testi il suo punto di forza e della componente strumentale il suo punto di debolezza. I vari pezzi, infatti, nonostante incuriosiscano con il loro raccontare, coinvolgono ben poco per quanto riguarda la parte suonata (piuttosto scarna e monocorde). Un disco buono solo per gli appassionati di musica “narrata”.»
Francesco Cerisola su In Your Eyes e-zine
«Testi immaginifici. Funambolismi oi!. Karma britannico.
I Wu Ming riescono sempre a sorprenderci. Non questa volta. Così ci tocca ascoltare questo disco nato dall’incontro tra il famoso collettivo di pittori e Idetoshi Buddharuki.
L’album è un (in)credibile esorcismo, burrascosamente kitsch-vintage-pop, che celebra icone cosmopolite e rotondamente mid-cult, adatto a rivoluzioni nella propria camera.
Acid-punk, citazionismo antifrastico ma ottusamente pedante, per un suono che inserisce un folk urbano ed eccessivo in un contesto assolutamente no(w) wave. Ogni riferimento a Kaspar Brotzmann è del tutto casuale.
Il gruppo lo si può immaginare come un incontro tra Al Bano e i Green Day.
Stupefacente. Ma speriamo non abbia seguito.
10 per l’etichetta, 3 per la musica.»
Bianco I. Stefani su Polygen:Recensioni Indie.
«Le parole raccontano dieci storie-biopic di altrettanti vari protagonisti eletti a emblema alternative. Tutti simboli di quella generica protesta contro il potere che da sempre caratterizza l’agire culturale dei Wu Ming e che qui viene ulteriormente glorificata nell’icastica urgenza della più classica e verbosetta canzone di protesta. Il top è il (bel) funk jazzato La Rivoluzione (non sarà trasmessa su You Tube) di Gilscottheroniana memoria, fulcro teorico, diciamo così, di tutto il cucuzzaro, in cui si spiega che la rivoluzione non sarà caricata su YouTube né postata su fessbuc e men che meno trasmessa in televisione ma verrà dal basso e sarà inevitabilmente tremenda oltre che prevedibilmente violenta; diciamo un’analisi non nuovissima ma funzionale. Naturalmente, nell’attesa la Rivoluzione (sic) arrivi a schiantarci tutti, i Wu Ming ingannano l’attesa e allettano il loro pubblico agitandosi su You Tube, fessbuc e blog, con parole che ci raccontano che la Rivoluzione non sarà caricata su You Tube né postata su fessbuc e men che meno trasmessa in televisione (eccetera eccetera); diciamo un comportamento non nuovissimo ma funzionale.»
Stefano I. Bianchi su Blow Up
La Rivoluzione (non sarà trasmessa su You Tube) è uno dei brani del disco più citati. A qualcuno, evidentemente, è sfuggito il senso del verso “La rivoluzione verrà fatta con ogni mezzo necessario, ma nessun mezzo necessario farà la rivoluzione”. Altri lo hanno colto e analizzato meglio:
«Sicuramente in questo lavoro c’è molto punk dei primi anni ’70. Evidente in Soldato Manning (definito un Robyn Hood al silicio) l’eco delle New York Dolls, in un brano tirato, ritmato, punk, più parlato che cantato,così come affiorano Ramones e Television in La Notte del Chueco, punk primi ’70 con un accenno di melodia quasi pop nel ritornello. Ad un ascolto attento, si scorgono anche influenze black. In La Rivoluzione (non sarà trasmessa su Youtube) rivedono a modo loro la celebre Revolution Will Not Be Televised di Gil Scott-Heron, arricchendola di citazioni relative al mondo della comunicazione contemporanea (Fabio Fazio, Endemol, Youtube, Facebook, Benigni, Grillo, X Factor), ricordandoci che la rivoluzione si fa con ogni mezzo necessario (altra citazione, da Malcom X), ma nessun mezzo è necessario per fare la rivoluzione. Brano splendido, con un sax infuocato che si innalza sulle chitarre incendiando le polveri. Il sax di Guglielmo Pagnozzi introduce Italia Mistero Kosmiko, brano dall’aria funky dedicato all’archeologo spaziale Peter Kolosimo, e in Dio Vulcano! spuntano ritmi black e andatura in levare alla Clash. Ma anche la memoria dei primi C.C.C.P. sembra essere presente nel bagaglio musicale del Wu Ming Contingent, emerge nel ritmo serrato di Peter Norman, e nella splendida Cura Robespierre, in cui, su un ritmo pulsante sostenuto da chitarra e batteria, si propone la cura del celebre rivoluzionario francese per questi tempi idioti e ottusi, e per i moderati (volete Coca–Cola senza caffeina, volete sigarette che non facciano fumo, volete amare il prossimo purché non vi disturbi, né destra né sinistra). […] Un grande esordio per il Wu Ming Contingent, che ci fa attendere con ancora più interesse il già annunciato secondo capitolo, dedicato a dieci figure femminili.»
(Qui l’intero articolo di Giorgio Zito su Storia della Musica)
La Rivoluzione (non…) figura anche tra le motivazioni che hanno spinto Lino Brunetti a scegliere Bioscop come Disco del Mese, sul numero di giugno del Buscadero:
«La formula è quella dei testi letterari declamati su trame rock, e se vi vengono in mente formazioni come Massimo Volume, Offlaga Disco Pax o certi Bachi da Pietra non siete fuori pista. Così come le tre formazioni citate differiscono però tra di loro, anche il WMC trova una sua ragion d’essere ed una sua peculiarità nell’allestire trame sonore incalzanti e dinamiche. […] Sopra di esse, Wu Ming 2 declama brevi biografie maschili, spunto per affrontare temi fra i più disparati, spesso scomodi, con l’occhio critico che chi conosce l’opera dei Wu Ming apprezza da tempo. Si scagliano contro l’omologazione, contro il disimpegno e la banalità culturale, soprattutto di questi nostri tempi oscuri, affrescando un disco politicamente lucido e schierato, che nella fenomenale La Rivoluzione (non sarà trasmessa su You Tube) ha un innodico apice. Tematicamente e musicalmente potentissimo e variegato, Bioscop è un ottimo album e una gran bella boccata d’aria fresca. Disco del mese.»
Lino Brunetti su Buscadero, Giugno 2014
Un altro brano molto gettonato nelle recensioni è Stay Human, inserito anche nella compilation Save Gaza, nata per iniziativa della Rete Romana di Solidarietà, con l’intento di sostenere il Centro Italiano di Scambi Culturali VIK. I brani sono tutti in Creative Commons e si possono scaricare da Bandcamp e Jamendo. Le due piattaforme sono collegate a un conto bancario per le donazioni.
«Non è per pura affezione alle storie, che i Wu Ming si muovono. Come hanno dichiarato, queste sono «brevi biografie maschili usate in maniera pretestuosa per parlare d’altro». Quest’altro non è che la coscienza collettiva troppo ferma ad aspettare che ci pensi sempre qualcuno al di fuori, che rimane poco avvezza alla novità e anzi la denigra, optando per una «rivoluzione senza rivoluzione/ossimori a quintali per non ingrassare» (refrain di Cura Robespierre). Sintomi palesi di una società in realtà grassa e sempre più affamata, attaccata selvaggiamente nell’ultima, anatemica, declamazione finale Stay Human, dove il motto di Vittorio Arrigoni viene accostato forse un po’ forzosamente ma con un’efficacia inaudita al motto Stay hungry, stay foolish pronunciato da «un tizio che vendeva smartofoni e calcolatori».
Sebbene questo sia un progetto parallelo, non è stato ideato affatto come svago. E non con leggerezza pretende di essere ascoltato. La dichiarazione esplicita è quella di far riflettere, di far smuovere le idee in quante più forme possibili. Non sarebbero i Wu Ming, altrimenti. Al momento, non ci resta che aspettare con grande entusiasmo il secondo capitolo, dedicato interamente a figure femminili.»
(da”Bioscop, un album di storie firmato Wu Ming Contingent” di Stefano de Romanis, su Dailystorm)
«C’è un filo rosso che lega le storie di questi personaggi tanto diversi tra loro per attributi, provenienza, competenze ed estrazione sociale, che – non si nasconde certo – è quello della rivolta. Sono tutti ribelli e rivoluzionari, ognuno a modo suo, nelle forme e nei campi che gli competono. Il lavoro dei Wu Ming Contingent prende dunque una piega espressamente politica, e sfrutta il genere biografico e la forma canzone per parlarne.
Se sul piano musicale una leggerezza stilistica combinata con questo formato può portare a una ridondanza di riff e melodie, la qualità dei testi e il valore dei temi trattati ricompensa costantemente l’orecchio dell’ascolto – toccando il suo zenit proprio nel brano di chiusura del disco, dedicato ad Arrigoni. A dar man forte ai testi ci sono poi brani di valore assoluto come il già citato Soldato Manning, Cura Robespierre e La rivoluzione (non sarà trasmessa su youtube) – brano paradigmatico sin dal titolo, che occupa la metà esatta del disco non a caso.
Dagli scaffali delle librerie ai blog, dai reading al palco: i Wu Ming – nelle varie forme che il volto di questo noto Sig. Nessuno via via assume – non perdono la capacità di lasciare un segno, e al contrario vengono premiati da ogni nuova frontiera che decidono, brillantemente, di varcare. Rivoluzionari.»
(Qui il resto dell’articolo di Andrea Suverato su outune.net)
«Ci sono storie, storie di persone di cui riconosciamo senza difficoltà il ruolo nella Storia. E poi altre persone delle quali invece spesso sappiamo poco. Ed altre ancora di cui addirittura ignoriamo l’esistenza. Ognuna di queste però ha compiuto delle scelte che hanno inevitabilmente influenzato il corso degli eventi; quel fiume che diventa il corpo della Storia. Ma la Storia, oltre a custodire il senso di ciò che siamo, porta con sé un difetto: tende ad appiattire le figure adagiate sulla freccia del tempo. E soprattutto la Storia è soggetta a reinterpretazioni e cancellazioni a seconda di chi ha il potere, in un dato momento, di riscriverla. Mentre è dovere dello storico riuscire a mantenere per quanto possibile una certa oggettività, spetta sovente alla letteratura il compito, ricorrendo anche a delle invenzioni, di restituire tridimensionalità ai personaggi cercando di rielaborarne una complessità tutta umana nella sua contradditorietà. E proprio sullo slancio della propria avventura letteraria, anche in “Bioscop” il collettivo Wu Ming si concentra nel narrare storie nella Storia, tratteggiando i contorni tanto di personaggi noti (Ho Chi Minh, Sòcrates), tanto quelli dapprima sfumati di altri diversamente relegati al ruolo di comparse (Bradley Manning, Peter Normann): “nel nostro album c’erano le foto che credevamo di conoscere bene…ma c’è vita oltre la cornice e una voce che tace fuori campo” (cit. Peter Normann). E le storie scelte da Wu Ming hanno quasi sempre a che fare con delle rivoluzioni.
Uscito quasi in contemporanea con l’ultimo romanzo collettivo “L’armata dei Sonnambuli”, questo lavoro discografico non stupirà più di tanto i più attenti seguaci dei Senza Nome. A più riprese infatti, alcuni autori del collettivo hanno nel corso degli anni prestato la loro voce e la loro presenza su più di un palco.[…]
Anche se verrebbe la tentazione di citare i veterani CCCP per via di un limitrofo terreno punk, vale la pena sottolineare come siamo invece molto lontani dalle litanie salmodiate di Ferretti. Non tutti i brani di “Bioscop” raccontano delle storie. In continuità con l’attività di critica militante esercitata in rete attraverso la comunità Giap, il Contingent non risparmia di passare al tritacarne convinzioni e convenzioni di quest’era assolutista di mercificazione del pensiero; l’esaltante La Rivoluzione (non sarà trasmessa su YouTube) non si ferma semplicemente a rendere omaggio al poeta e musicista Gil Scott-Heron, quanto piuttosto sembra suonare come una vera e propria dichiarazione di guerra! Subito dopo ci pensa Cura Robespierre a smantellare alcune stupidità partorite dal basso ventre di “questi tempi idioti” (cit.). Un discorso a parte merita Stay Human, nel quale l’esortazione di Vittorio Arrigoni viene contrapposta, attraverso un’amara oscillazione dei significati e delle attribuzioni, allo ‘stay foolish, stay hungry’ di Steve Jobs. Per concludere, bisogna sottolineare come alle volte, durante l’ascolto, si senta il bisogno di un cambio di dinamica perchè si possa riprender fiato. Ma forse il modo migliore per affrontare “Bioscop” è lo stesso che molti adottano nella lettura di una serrata raccolta di racconti brevi: un po’ per volta. D’altronde è chiaro che questo non è un disco come gli altri.»
(Qui l’intero articolo di Aldo De Sanctis su Distorsioni.)
Di tutte le recensioni, la più lunga e articolata è quella uscita sul blog The Great Complotto Radio (da notare che il titolo di un libro-oggetto che ci sta molto a cuore è Piermario Ciani. Dal Great Complotto a Luther Blissett, AAA, Bertiolo, 2000)
«Wu Ming Contingent è la bella versione musicale di ciò che i Wu Ming continuano ad essere in letteratura. New wave, rock, spirito punk e digressioni jazz: la musica vive di un carattere proprio e non è mera ombra a testi ispirati, curiosi ed interessanti.
Un disco efficace, bello ma soprattutto al posto giusto nel momento giusto.[…] All’inizio Bioscop può sembrare uno strano reading non focalizzato ma superata questa prima errata sensazione si entra appieno nel linguaggio delle 10 tracce, sorrette da un buon e consapevole punk anni ’90, il rock dalle radici new-wave, le digressioni jazzate che esprimono sia la matrice culturale nella quale i nostri crescono sia il gusto e le passioni che si possono evincere anche nei loro testi: il risultato è quindi un substrato sonoro fertile ed in continua mutazione su cui adagiare i testi e rendere partecipe l’ascoltatore dei dubbi, delle circostanze, del mistero e del fascino che ogni “racconto” esprime. […] Si richiede concentrazione, astenersi i perditempo con il dito facile per skippare selvaggiamente le canzoni.
Come si diceva il primo impatto è spiazzante, poi si inizia a fare amicizia con il suono e con la parola, ci sono momenti in cui cala lo spessore della proposta perché “pesante” la recitazione, perché “sfuocata” la musica in sé, perché tanta sincerità non implica quasi mai simpatia incondizionata e può succedere di trovarsi “contro”, ma presto si torna a catalizzare la propria attenzione sulla musica, sui testi, in alternanza o in comunione: e sentirsi vivi viene da sé, e viene fame di altri dettagli, di altri suoni, di carpire nuovi stimoli che certo sono in abbondanza.[…]
Sono uno che ancora crede che le parole nelle canzoni possano realmente essere “disciplina del vivere” ma, forse, recentemente si sono perse in un’estetica troppo compiaciuta o addirittura in una frivola sostanza che a guardarla meglio risulta un vento leggero. Forse ignoranza, forse paura di esprimere concetti che ai più risultano scomodi. Sicuramente non un vento di rivoluzione.
Tutto questo però prima di BIOSCOP.
Tutto questo perché BIOSCOP dei WU MING CONTINGENT è un incalzare di suggerimenti e stimoli nel rimanere vigili ed attenti non solo al proprio quotidiano ma anche a quel flusso che ci circonda, che potremmo definire storia, ma anche coscienza collettiva, di questi tempi merce rara.[…]
Personalmente credo sia un album necessario, ma soprattutto tempestivo, sicuramente sincero.»
(da “Wu Ming Contingent: Bioscop e le sue gemme di rivoluzione“)
Infine, molti recensori hanno sottolineato l’aspetto poliedrico o multimediale della nostra produzione, sul quale ci eravamo espressi anche nella già citata intervista con Simona Frasca, su Alias:
«- L’attività live non vi manca. Che spazio occupa la musica a questo punto del vostro percorso?
– Fin dalle origini del nostro progetto amiamo definirci “cantastorie” e coltiviamo l’ambizione di “raccontare con ogni mezzo necessario”. Tuttavia, al di là di questa dichiarazione d’intenti, il nostro mestiere è la narrativa scritta, la nostra cassetta degli attrezzi è fatta di parole. Questo comporta, da un lato, la necessità di collaborare con altri soggetti, per farci condurre fuori dalla nostra “zona di comfort”; dall’altro, la natura “creola” di queste collaborazioni, dove abilità diverse si incontrano, senza la pretesa di fondersi. Se guardi la nostra produzione ci sono fumetti, audiolibri, dischi, libri fotografici, film, cortometraggi, romanzi, oggetti narrativi non identificati, saggi, guide per escursionisti, spettacoli di magia, reportage… Tuttavia, non siamo scrittori polivalenti ed eclettici, ma narratori che provano a portare il loro linguaggio dentro diverse discipline, con l’aiuto di chi, in quelle discipline, è già un maestro artigiano. La musica – di tutti gli “altrui mestieri” – è indubbiamente quello che sentiamo più vicino, tanto per ragioni biografiche che per attitudine naturale. Di conseguenza, è quello dove ci risulta più immediato – ma non per questo “più comodo” – sperimentare nuove forme narrative.»
«Probabilmente non è un caso che nello stesso periodo d’uscita del loro ultimo romanzo (L’armata dei Sonnambuli) i Wu Ming abbiano deciso di pubblicare un disco, in un certo modo assimilabile al libro, come se fosse una continuazione di un progetto più profondo. La cosa non sorprende affatto data la bella produzione sempre poliedrica e multimediale del collettivo.
[…]Il passato musicale dei membri della band si fa sentire, ma non troppo. Ritroviamo accenni punk, dai Clash ai Ramones, oserei dire anche un po’ di Stooges per non parlare dei nostrani cari vecchi CCCP (non per la qualità testuale, che si discosta profondamente dalle salmodiate di Ferretti), ritroviamo anche il non propriamente cantato ma recitato, alla Massimo Volume e Offlaga Disco Pax giusto per fare due nomi belli e conosciuti. Ma essendo i Wu Ming poco propensi alle classificazioni a livello sonoro ci mettono dentro anche del blues, ritmi funk e quel pizzico di Black music che rende il tutto più accattivante.
Per quanto riguarda i testi invece c’è tutta la carica espressiva dei Wu Ming scrittori. Non sono mai banali ma non per questo pretenziosi, carichi di un bel realismo, spesso crudo ma volontario e necessario per descrivere le ambiguità e i fallimenti del nostro presente.[…]
Bioscop non è un disco da ascoltare in sottofondo, è un disco che va Ascoltato, che va compreso perché può darti realmente qualcosa, può arricchirti, informarti e darti la voglia di resistere e combattere.»
( da “Senza Nome ma con tante cose da dire” di Luca Vecchio su Antecritica)
«Il disco può dirsi davvero un libro da ascoltare, ma quello che emerge non è tanto il lavoro letterario, bensì quello musicale, definito a tuttotondo, ben curato, che non manca di nulla. Perciò al di là del loro passato e del loro futuro che probabilmente non si concentrerà sulla carriera musicale (anche se si vocifera un secondo disco in cantiere pieno di storie di personaggi femminili) i Wu Ming Contingent passano anche il varco di un’altra arte, potendo affermare senza riguardi che se si crede davvero nel messaggio che si vuole comunicare, i risultati si vedono eccome. Questa volta, attraverso il Bioscop.»
(Qui la recensione completa di Ivonne Ucci su Rockshock)
«Quando la musica travalica i confini, spesso si contamina con la letteratura o altre arti come la pittura o il cinema. E’ quello che in parte succede in questa espressione pura del pensiero indipendente che si identifica in Bioscop, opera prima musicale di un collettivo che risponde al nome di Wu Ming Contingent. […] Se non avete mai sentito parlare di loro sappiate che troverete in Bioscop quelle tipiche sonorità del punk e della new wave che fanno parte del retroterra musicale dei protagonisti del progetto. […] Il tutto trattato però con un personale approccio che permette ai WMC di costruire convincenti e coinvolgenti brani declamati che ricordano, più che attuali epigoni, le ancora valide provocazioni letterarie-sonore dei gloriosi CCCP.»
Tonino Merolli su Raro
«Intelligente, ispirato e stimolante, “Bioscop” è un gran bel debutto che presto, per nostra fortuna, sarà doppiato da un secondo capitolo dedicato a figure femminili.»
(Qui la rece di Giacomo Messina su kdcobain.it)
«L’operazione messa in atto dal collettivo Wu Ming Contingent a parole potrebbe sembrare forse pretenziosa e dunque pesante, ma l’attitudine squisitamente pop che la pervade la rende fortunatamente godibile e divertente. Un gruppo che non è solo un gruppo musicale, un disco che non è soltanto un disco comunemente inteso. Da provare.»
Francesca Scozzarro su Do You Realize
«La pubblicazione di questo esordio non è casuale. Il collettivo Wu Ming ha sempre collaborato con gruppi come Offlaga Disco Pax, Massimo Volume, Bachi da Pietra, Uochi Tochi, spesso supporter dei loro reading.»
Vittorio Lannutti su La Scena
«C’è l’incalzare rivoluzionario dei Fugazi e il conflitto di Assalti Frontali, le chitarre dei Television e anche derive ritmiche di funk bianco e nero, James Chance e Gil Scott Heron. Tutta musica che è incendio, scontro, barricate e ghigliottine. Rivoluzione. Un disco da suonare ad alto volume, assimilare tutto d’un fiato, come un bicchiere di whisky da trangugiare prima di lanciarsi a capofitto contro l’avversario. A mani nude e testa bassa.
Un disco che è un elenco anthemico ed eccitante di storie di uomini. Uomini sui quali i riflettori della storia hanno fatto, spesso controvoglia, luce. Luce che ha generato mito. E uomini che invece sono rimasti fuori dalla ribalta.»
( da “Cura Robespierre” sul blog Dikotomiko)
A conclusione di questa lunga cavalcata, ringraziando tutti coloro che hanno recensito il disco, ricordiamo che:
1) Il Wu Ming Contingent ha un profilo Facebook, gestito da Yu Guerra e Cesare Ferioli. Al momento, si tratta dell’unico avamposto wuminghiano su quella piattaforma, una sorta di laboratorio semi-clandestino dove cerchiamo di capire se la creatura di Zuckerberg può essere usata in maniera creativa e contro sé stessa.
2) Bioscop, purtroppo, non ha ricevuto una distribuzione capillare. Con L’Armata dei Sonnambuli sugli scaffali, molte librerie che tengono anche dischi avrebbero di sicuro fatto una buona mossa a proporlo. Non è andata così. Per fortuna, esiste anche il sito dell’etichetta Woodworm, dove si può ordinare il CD a 10€ e il vinile + CD a 18€ più spese di spedizione. Chi volesse accattarsi il leggendario vinile “neon pink” farà bene ad affrettarsi perché sono rimaste le ultime copie.
3) Dal medesimo sito di Woodworm, si possono pure acquistare le magliette grigie “Cura Robespierre”, e a breve anche quelle nere. Nei banchetti wuminghiani, a latere di concerti e presentazioni, faranno presto la loro comparsa quelle rosse.
4) Prossima data fissa e già confermata per il Contingent:
22 novembre – Festa di compleanno del Centro Sociale Acrobax – Roma
Altre sono in orbita e presto atterreranno, ma in linea di massima ci prenderemo il mese di ottobre per iniziare i lavori sul secondo album.
5) Molti di voi avranno ormai ascoltato le tracce dell’album e qualcuno è venuto a sentirci dal vivo. Nei commenti, attendiamo le vostre impressioni.
Obbedisco e procedo con le impressioni ricevute!
Premetto che purtroppo ho avuto modo di vedere il concerto solo in forma ridotta al Riverock festival di Castelnuovo d’Assisi. Unica data facilmente incastrabile nei miei spostamenti vacanzieri su e giù per lo stivale.
Ad ogni modo, forma ridotta o meno, la band che avevo davanti era sempre e comunque la stessa.
Per quanto mi riguarda si trattava di un momento estremamente atteso perché prima di sentirli dal vivo ho ascoltato il disco circa un milione di volte. Non è colpa mia, giuro non lo ho fatto apposta. Proprio non riuscivo quasi ad ascoltare altro.
E’ come se su Bioscop fosse stato posto un incantesimo tale che l’album non venga mai a noia o forse, più semplicemente, è un lavoro maledettamente ben riuscito sotto ogni punto di vista.
Il live non ha in alcun modo tradito le aspettative. L’ esecuzione precisa ha reso un servizio impeccabile all’efficacia dei brani qui restituiti a dovere e sporchi quel tanto che ci si aspetta da un concerto di questo tipo.
Sul palco infatti, la voce grattata, acida e vagamente aggressiva di Wu Ming 2 corre incessante tra le varie vicende inscenate nel disco mentre la band elargisce riff e note con sorprendente efficacia. Mi permetto a tal proposito una menzione speciale per la sezione ritmica e una ancora più specifica per l’energica prestazione al basso di Yu Guerra che macina giri semplicemente esaltanti; uno per tutti quello su “Peter Norman”.
Il tutto resta comunque sempre a servizio delle storie che risultano dal vivo, ancor più che su disco, potenti, nette, disarmanti nella loro scarna efficacia.
Mentre a Castelnuovo d’Assisi la musica così si materializzava, di fronte al Wu Ming Contingent stava uno sparuto pubblico che, vista la circostanza di festival, in linea di massima non sembrava li per sentire loro. Nonostante ciò mi è parso di percepire un entusiasmo crescente pezzo dopo pezzo. Applausi e acclamazioni sempre più forti al termine di ogni brano. Segno questo che il Verbo del gruppo, diretto, privo di fronzoli, sparato come un proiettile, stava andando a segno.
La notizia ufficiosa della “messa in cantiere” del secondo album mi riempie di gioia perché il progetto Contingent ha tutta l’aria di essere in divenire, di avere molta strada davanti, molti terreni da esplorare e vuoti da riempire.
Mi domandavo se è possibile acquistare il cd in formato digitale. Io vivo all’estero e vorrei poter acquistare il cd, ma solo le spese di spedizione mi costerebbero 18 euro
Ciao Kente
Qui trovi il link per avere Bioscop in formato digitale.
https://itunes.apple.com/it/album/bioscop/id867839755
Saluti
Yu Guerra