Sincronicità. Abbiamo ricevuto questo appello poco prima delle ultime notizie che stanno mettendo in subbuglio vasti ambienti della destra romana, “post”-fascista e neofascista, istituzionale e “di sottobosco”. Arresti, perquisizioni, imputazioni per associazione mafiosa… Indagato anche l’ex-sindaco Gianni Alemanno.
L’operazione della Procura di Roma, secondo i giornali, si chiama «Terra di Mezzo». Il riferimento tolkieniano ci è subito risuonato alle orecchie.
Da anni lavoriamo per smontare la strumentalizzazione di J.R.R. Tolkien fatta dall’estrema destra “nostrana”, soprattutto romana, e più precisamente di derivazione “evoliana”. Per dire, uno dei sedicenti massimi “esperti” di Tolkien è segretario della Fondazione Julius Evola.
Ribadiamo che è un unicum in tutto il pianeta: solo in Italia Tolkien era finito in simili luoghi. Quando lo racconti all’estero strabuzzano gli occhi.
Perché l’operazione della Procura contro fasciomafiosi di vario calibro porta l’allusivo nome di «Terra di Mezzo»?
Forse solo perché sonda una “terra di mezzo” tra (post-)fascismo e criminalità organizzata, connubio che peraltro non è una novità? Oppure c’è dell’altro, un riferimento più preciso? Ci sono “fans del Tolkien in salsa Evola” tra gli arrestati e i semplici inquisiti? Plausibilissimo. Lo stesso Alemanno è uso citare a tutto spiano brani del Signore degli Anelli. E alcuni dei nomi usciti sui media sono a un solo grado di separazione – al massimo due – dal “pensatore” razzista e antisemita. Persino nell’immaginario pop: pensiamo a quel Massimo Carminati che ha ispirato “il Nero” di Romanzo criminale, ex-discepolo di Evola.
Sincronicità, si diceva. Proprio mentre rimuginavamo su tutto questo, ci è arrivato – quanto mai attuale – il testo sul “virus Evola” che pubblichiamo sotto. Ce l’ha mandato uno degli autori, Enrico Manera, che i lettori di questo blog ben conoscono. Il lavoro di Enrico su Furio Jesi è stato molto utile anche per la decostruzione del “Tolkien evoliano” propinato in Italia.
È in corso da anni un tentativo di “ripulitura” e riabilitazione della figura e del pensiero razzista di Evola. Tentativo che trova terreno fertile nella fase che stiamo vivendo, durante la quale si moltiplicano conflitti “diversivi” contro capri espiatori non certo nuovi (migranti, Rom e Sinti ecc.) e le destre xenofobe europee fanno con rinnovato vigore lo sporco lavoro di sempre: deviare le proteste, fomentare guerre tra poveri, confondere gli sfruttati, salvare il sistema da conflitti reali che ne minerebbero le basi.
Prima di augurarvi buona lettura, ricordiamo una frase di Alemanno del settembre 2012: «Un’oscura maledizione pesa sulla regione Lazio». Noi l’abbiamo anche spiegato, da dove inizia. E abbiamo predetto che avrebbe continuato a colpire la destra “post”-fascista di Roma e provincia. Di questo racconto-realtà (la “maledizione abissina” di Affile) abbiamo parlato il 27 aprile 2013 alla European Resistance Assembly di Correggio (RE), l’audio dell’intervento è qui, c’è anche la traduzione consecutiva in tedesco, il tutto dura un’ora e venticinque minuti.
Nuovi modi di raccontare la Resistenza – WM1 & WM2 a Correggio, feat. Lidia Menapace
Nuovi modi di raccontare la Resistenza – WM1 & WM2 a Correggio, feat. Lidia Menapace
E ora, davvero, buona lettura.
Aggiornamento. Qualche ora dopo, sui giornali l’operazione era chiamata non più «Terra di Mezzo», ma «Mondo di Mezzo». Il riferimento resta comunque “tolkieniano”, preso dalla cosmogonia norrena a cui Tolkien si ispirò.
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Chi fu Julius Evola e quale virus diffonde chi lo celebra
«Ma qui vale attirare l’attenzione anche sull’opera distruttrice che l’ebraismo, così come secondo le disposizioni dei “Protocolli”, ha effettuata nel campo propriamente culturale, protetto dai tabù della Scienza, dell’Arte, del Pensiero. E’ ebreo Freud, la cui teoria s’intende a ridurre la vita interiore ad istinti e forze inconscie, o a convenzioni e repressioni; lo è Einstein, col quale è venuto di moda il “relativismo”; […] lo è lo Stirner, il padre dell’anarchismo integrale e lo sono Debussy […], Schönberg e Mahler, principali esponenti di una musica della decadenza. Ebreo è Tzara, creatore del dadaismo, limite estremo della disgregazione della cosidetta arte d’avanguardia, e così sono ebrei Reinach e molti esponenti della cosiddetta scuola sociologica, cui è propria una degradante interpretazione delle antiche religioni.»
Julius Evola, Introduzione a I “Protocolli” dei “Savi Anziani” di Sion, (terza edizione, 26°- 35° migliaio), La Vita Italiana, Roma 1938 (datata settembre 1937), pp. XXV-XXVI
Stanno accadendo alcune cose in un contesto molto specifico della cultura italiana, apparentemente marginale e poco rilevante, che sono però sintomatiche e forse paradigmatiche di alcuni processi culturali in corso nella nostra società.
In una lettera redatta in inglese e inviata alle mailing list della European Association for the Study of Religion (EASR), sigla che include il gotha della storia delle religioni europea, un professore italiano, vicepresidente di quella stessa associazione e membro del consiglio direttivo dell’organizzazione federata italiana (SISR), pubblicizza un convegno dedicato all’«eredità» culturale di un noto esoterista, fascista e propagandista antisemita italiano del secolo scorso: Julius Evola (1898-1974). Nel testo della mail si accredita Evola come studioso di calibro, autore di pubblicazioni notevoli nel campo della storia delle religioni, e si invita alla rivalutazione del suo lavoro senza animosità né pregiudizi, per assegnargli finalmente il posto che merita nella storia della storiografia. L’intento dichiarato è quello di riabilitare accademicamente e scientificamente le opere dedicate alle religioni e al religioso di un pensatore fascista.
Per comprendere il tipo di operazione che si è svolta a Roma il 29 novembre scorso, è utile fornire qualche informazione sul contesto in cui si è celebrato il convegno. Patrocinato da un folto gruppo di logge massoniche, l’incontro è organizzato da un centro studi sulle «scienze ermetiche» che nel la sua « mission », improntata alla tolleranza universale e a un umanesimo spiritualizzante, menziona per ben due volte l’intento di affratellare le diverse «razze umane». La presentazione del convegno è affidata a un cerimoniere dai titoli altisonanti che si diffonde sul valore culturale del pensiero evoliano «a prescindere dai suoi presunti [sic] orientamenti politici, più o meno condivisibili [sic]». L’opacità di questa breve e retorica contestualizzazione della figura di Evola nella storia italiana risulta evidente al lettore esperto. Last but not least , il convegno è organizzato in collaborazione con la Fondazione Julius Evola, un ente notoriamente lontano dall’interrogazione critica del pensiero dell’eroe cui è dedicata.
Intendiamoci: in un regime democratico e liberale un’operazione del genere è legittima, nella misura in cui, entro i limiti di legge, chiunque può studiare ciò che vuole e organizzare simposi anche stravaganti . In questo caso, un problema serio di opportunità si pone, però, se tra i relatori figurano diversi docenti di discipline differenti che insegnano nelle università italiane. Non per nulla l’iniziativa, pubblicizzata nell’ambito degli studi religionistici, ha scatenato un putiferio presso la comunità scientifica internazionale informata dell’evento. L’autore di un importante volume sullo studio della religione in ambito accademico sotto il fascismo interbellico ha immediatamente risposto censurando una riabilitazione mascherata da interesse storico-storiografico, additandone la continuità con alcuni passati tentativi “alchemici” di filtraggio dello studioso serio dall’ideologo fascista e antisemita e richiamando al carattere esausto (oltre che molesto) di questo genere di iniziative.
Altre mail sono seguite, più o meno ostili all’iniziativa: alcune, tra cui un paio provenienti da studiosi di fama e calibro mondiali, gridano apertamente allo scandalo, altre cercano di gettare acqua sul fuoco, altre ancora mostrano di condividere l’atteggiamento metodologico difensivo per cui si tratta di saper distinguere il valore (scientifico e culturale) dell’opera dall’eventuale disvalore dell’uomo. Il parallelo apologetico, prevedibile quanto ormai logoro, con le vicissitudini politiche di Martin Heidegger e Carl Schmitt è stato puntualmente utilizzato dall’estensore della lettera iniziale.
Lo scambio epistolare elettronico si fa a questo punto articolato e complesso, ma la questione che ci sentiamo di sollevare concerne la situazione storico-culturale in cui questo episodio si inscrive e di cui è al tempo stesso sintomo e paradigma. Durante il lungo ventennio berlusconiano, nell’accademia italiana si sono aperte le porte della redenzione al pensiero pseudoscientifico, pseudostoriografico e antimodernista: un processo sottilmente revanscista che ha accompagnato le ben più crasse riabilitazioni promosse o tollerate dai governi di centro-destra. In pratica, ciò che prima non poteva essere messo per iscritto perché svergognatamente ideologico, è stato possibile dirlo e farlo passare come rispettabile risultato di una volenterosa pratica storiografica. Nella storia delle religioni italiana si è assistito così all’ingresso prepotente di ogni sorta di infiltrazione metafisica, filoesoterica e perennialista: una paradossale reazione contro quell’unica accademia europea che aveva da sempre coerentemente sviluppato ed espresso i corretti anticorpi storicisti contro le prospettive ermeneutico-fenomenologiche destrorse, irradiantisi dalla figura controversa di uno studioso pur importante e significativo come il romeno Mircea Eliade.
Ma torniamo all’oggetto dello scandalo. Chi è Julius Evola?
Nato a Roma nel 1898, ha una educazione filosofica ed estetica tipica per il periodo e un’attività giovanile di pittura dadaista. Ufficiale nella Grande guerra, è turbato dai cambiamenti dovuti all’impatto della società di massa su quello che restava dell’ancien régime europeo. Nel dopoguerra arriva l’“illuminazione” con la scoperta di uno spiritualismo di marca indoeuropea che si associa alla speculazione filosofica del più spinto irrazionalismo tedesco. In Teoria e fenomenologia dell’individuo assoluto, 1927-1930 compaiono gli elementi caratteristici del suo pensiero: una sintesi di metafisica ottocentesca, esoterismo e spiritualismo. Frequenta circoli mistico-magici, collabora con riviste del settore («Ultra», «Ignis», «Atanor»). Interessato al fascismo italiano e alla romanità, ne critica la vicinanza con il cattolicesimo (1928, Imperialismo pagano ), per poi fondare la rivista «La Torre», votata a un fascismo eroico e aristocratico. Apprezzato in Germania, Evola non farà breccia nella profana, essoterica e provinciale mentalità fascista, per poi venire riscoperto dal neofascismo esoterico post-bellico.
Per tutti gli anni Trenta si dedica a ricerche sul mondo dei simboli, sullo spiritualismo, sull’alchimia e pubblica su riviste del fascismo intransigente e antisemita («La Vita Italiana» e «Il Regime Fascista » ) articoli legati a una visione del mondo antiborghese e cavalleresca. Nel 1934 pubblica Rivolta contro il mondo moderno , nel 1937 Il mito del sangue , nel 1941 Sintesi di dottrina della razza . Nel 1938 in Romania incontra, ammirato, Corneliu Codreanu, leader della Guardia di ferro, il movimento paramilitare fascista cristiano integralista, violentemente antisemita, dedicato all’arcangelo Michele.
Dopo la scoppio della guerra chiede di partire volontario a combattere contro l’Unione sovietica, ma non viene arruolato. Nel 1943, in Germania, sarebbe tra i pochi italiani che ricevono Mussolini liberato dal Gran Sasso. C ollaboratore del Sichereitsdienst (SD), il servizio di sicurezza delle SS, aderisce alla RSI su posizioni aristocratiche e reazionarie. Vive le ultime fasi della guerra come lo scontro dei custodi della “Tradizione” e dello “Spirito” occidentale contro le forze materialiste e corrotte delle odiate democrazie europee e dei partigiani attivi nei movimenti di liberazione.
In seguito a un bombardamento su Vienna rimane paralizzato agli arti inferiori. Tornato a Roma trova lo spirito legionario per sostenere ideologicamente i movimenti della destra italiana con il testo Orientamenti (1950), pubblicato sulla rivista Imperium . Nei documenti giudiziari è indicato come il “padre spirituale” del gruppo che sotto il nome di Far (Fasci di azione rivoluzionaria-Legione nera) nei primi anni cinquanta mette a segno attentati dinamitardi nella capitale: tra i personaggi coinvolti figurano noti rappresentanti dell’Msi. Il 1953 è l’anno del fondamentale Gli uomini e le rovine , in cui trovano posto i consolidati concetti di tradizione, gerarchia e diseguaglianza. Di fronte a una modernità che erode le fondamenta e distrugge l’ordine sociale, il credo politico esposto consiste nella restaurazione di un ordine tradizionale e gerarchico per mano del soldato politico in piedi tra le rovine del mondo occidentale. Dopo Cavalcare la tigre (1961), nel 1963 pubblica Il Fascismo visto dalla Destra , in cui attribuisce al fascismo il merito di aver rivitalizzato antichi simboli e di aver teorizzato un nuovo tipo di uomo. A partire dal 1968 verrà venerato da giovani discepoli, che riconoscono in lui un “Maestro” (e che ne sono ancora oggi i divulgatori). Nel 1974, dopo ulteriori difficoltà cardiache, muore a Roma.
Dopo la morte, Evola è rimasto punto di riferimento costante per tutte le realtà della destra radicale. Nel 1998 il suo centenario è stato riccamente celebrato dall’intera destra italiana: libri, mostre, convegni, centinaia di pagine web sono a lui dedicati. È un autore di culto anche per l’euroasiatismo ed è di interesse per alcuni ambienti di fondamentalismo islamico.
Tutto questo è, in estrema sintesi, l’Evola uomo, pensatore e mito politico che un certo bipolarismo metodologico, ricorrente nelle scienze umane, vorrebbe separare dallo studioso di religione/i con il cordone sanitario della bibliografia promossa, citata, edita e riedita in genere dagli stessi impresari del suo successo. Ma chi è l’Evola storico delle religioni?
Nella sua opera si trovano soggetti e principi espressi dal perennialismo esoterico di René Guénon (cicli storici, crisi della modernità, simbolismo) che appaiono estremizzati e politicizzati in direzione di un differenza qualitativa tra mondo moderno e mondo tradizionale. Quest’ultimo è caratterizzato dalla dimensione spirituale: come tale non è affrontabile con i concetti validi nel consueto spazio-tempo e dunque non può essere adeguatamente studiato con il metodo storico. Laddove autorevoli storici delle idee sostengono che il pensiero evoliano non abbia prodotto nulla di significativo in termini di conoscenza e guadagno scientifici , chi ne raccoglie l’eredità invece esalta il valore delle varie monografie su argomenti come ermetismo, tantra, buddhismo, taoismo, alchimia, Sacro Graal.
Ora, Evola certamente conosceva la vasta produzione letteraria in materia tra ‘800 e ‘900. Nella sua opera si trovano continui riferimenti ai miti di una età aurea, di una “Tradizione” primordiale, di Iperborea, di Atlantide e in particolare di una civiltà nordica portatrice di una superiore spiritualità “maschile” e “solare”, contrapposta a tratti “femminili” e “lunari” di rango inferiore. La spiritualità nordica è per lui espressione della razza “aria”, aristocratica e guerriera, «dello spirito», un argomento che si affianca all’esaltazione di un modello sapienziale “eroico”: da qui il valore sacrale degli archetipi e dell’azione, la centralità degli aspetti magici del reale e il fascino per i presunti poteri paranormali esperibili dai più “elevati” spiritualmente.
Tali dati relativi a un sapere ermetico ed erudito non avevano pertinenza storico-storiografica rispetto ai criteri standard dei termini: si tratta piuttosto di veri e propri “materiali mitologici”, su cui la storia della storiografia ha effettivamente e legittimamente molto da dire e da indagare, per mettere in luce i pregiudizi ideologici e gli interessi pratici degli autori che se ne occupavano, come su Evola è stato fatto da studi storici solidi e documentati, non suscettibili di fascinazione per l’oggetto della loro ricerca. Il punto che intendiamo sottolineare è che proprio nei lavori dell’Evola “storico delle religioni” si produce – a detta dei suoi stessi apologeti – una “rottura di livello” sul piano ermeneutico, che non può essere accettata senza problemi da chi non ne condivida i presupposti metafisici. Evola deve essere cioè considerato a partire da un “neo- paganesimo” teorizzato, creduto e, per così dire, “praticato”. I suoi lavori tradiscono infatti una chiara intenzione pragmatica, cioè una funzione indistinguibile dalla riflessione politica e dal razzismo nel segno della rivoluzione conservatrice. Sono appunto quegli studi che, violando i principi elementari dell’epistemologia scientifica dell’antropologia e della storia, ne hanno fatto un punto di riferimento per il neofascismo e le destre radicali; e da questo punto di vista è noto come la teoria evoliana dell’azione abbia influenzato i protagonisti dell’eversione “nera” nella storia politica italiana.
Come tutto questo, se anche fosse possibile prescindere dal nazismo e dall’antisemitismo di Evola, sia compatibile con uno studio scientifico della religione, è davvero per noi un mistero. Non lo è invece il fatto che la storia delle religioni italiana attraversa da anni una profonda crisi, teorica e metodologica: zavorrata da simili ipoteche – responsabili di un tentativo di indottrinamento all’apprezzamento del paranormale, del sovrannaturale e persino delle ideologie di destra estremista – la ricerca accademica in chiave localistica e antiscientifica ha raggiunto livelli di retroguardia allarmanti.
Se torniamo al nostro scambio di lettere iniziale e lo prendiamo come segnale di un incendio, vediamo ora chiaramente che qui è in corso un tentativo di ammantare di rispettabilità scientifica uno dei principali esponenti del fascismo e dell’antisemitismo del secondo dopoguerra da parte di docenti delle università di stato, alcuni dei quali sono anche rappresentanti di importanti associazioni di settore e tradiscono rapporti di promiscuità intellettuale con controverse figure dell’estrema destra nostrana. Questi intellettuali, che come tutti gli accademici sono anche responsabili dell’avanzamento delle carriere e dell’accreditamento di giovani ricercatori , insegnano, fanno didattica, propagano idee: formano cervelli e persone. In quanto studiosi, crediamo che l’università sia costituita in primo luogo dalle comunità di ricerca che vi lavorano e dagli studenti che la popolano, pagano le rette e meritano di accedere a un sapere critico, intellettualmente onesto, fondato scientificamente ed epistemologicamente, ancorato ai valori costituzionali e antifascisti della Repubblica italiana.
A fronte di tutto questo, riteniamo che l’episodio che viene qui raccontato sia molto grave e tale da sollecitare il mondo accademico italiano, in primis i docenti afferenti al settore disciplinare direttamente coinvolto, a prendere posizione con sollecitudine e forza, perché l’istituzione universitaria non risulti più compromessa con iniziative para-scientifiche di analoga ambiguità.
Il testo, espressione del comune sentire di un gruppo di lavoro di studiosi di differenti discipline storiche, è stato redatto con il contributo di Roberto Alciati, Leonardo Ambasciano, Luca Arcari, Sergio Botta, Francesco Cassata, Cristiana Facchini, Enrico Manera, Emiliano Rubens Urciuoli.
In connessione con l’introduzione al post: quest’articolo -apparso sull’Espresso a settembre- descrive bene gli intrecci tra l’estrema destra romana e le mafie: gli affari e gli interessi che ci sono in gioco, il susseguirsi di omicidi e altri fatti di cronaca legati a quell’ambiente:
http://espresso.repubblica.it/inchieste/2014/09/09/news/i-fasciomafiosi-alla-conquista-di-roma-1.178836
Compare ovviamente il nome di Carminati, dominus del milieu, insieme a quello di altri personaggi, alcuni dei quali hanno esorbitato da Roma e sono arrivati alla politica nazionale, come Gennaro Mocbel.
L’autore dell’inchiesta, Lirio Abbate, era già da anni sotto scorta e ha di recente subito, proprio a Roma, nuove intimidazioni:
http://espresso.repubblica.it/attualita/2014/11/12/news/inesguita-e-speronata-l-auto-di-scorta-dell-inviato-dell-espresso-lirio-abbate-1.187803
Del resto, la storia delle mafie è piena di liaisons con la destra radicale, che non sono di certo un’esclusiva romana, ma a Roma ormai da parecchio tempo si stanno manifestando con molta più evidenza (e capacità di penetrazione) che altrove. Per i precedenti storici, un esempio su tutti: la “nuova” ‘ndrangheta dei Di Stefano nei ’70, legata agli ambienti dell’eversione fascista reggini.
PS:
Colonna sonora dell’appello: http://www.youtube.com/watch?v=rphq-GRd02w
A proposito di liaisons: giusto ieri su EuroNomade è stato pubblicato questo articolo che collega la cronaca di stamane alla fascistizzazione delle curve (a partire dall’omicidio di Ciro Esposito). Quanto a Carminati (=il “nero” di Romanzo Criminale), l’elenco di tutto quello in cui è entrato e da cui è riuscito a sgusciare via basterebbe a fare l’indice di una collana di romanzi: Fausto e Iaio 1978, per dire (si, certo, fatta salva la presunzione di innocenza). Inchiesta non solo da seguire con attenzione, ma da sviluppare e accrescere con un lavoro di controinformazione parallela, perchè i fili che pendono dalla matassa sono molti, ma la matassa ha un nodo centrale da non perdere di vista.
E giusto domani, se ben ricordo, (ri)esce “Il derby del bambino morto” di Valerio Marchi. Per chiudere (si fa per dire, ché non si chiude niente) il cerchio.
Ricordi ben :-) Domani facciamo un post.
Stamattina avevo letto su repubblica.it la notizia di Roma, e riguardo a Terra di Mezzo è stato inevitabile fare lo stesso insieme di considerazioni riportare qui sopra.
Oggi torno su repubblica.it e l’inchiesta è già diventata “Mondo di mezzo”…
http://roma.repubblica.it/cronaca/2014/12/02/news/perquisizioni_alla_pisana_e_in_campidoglio-101923254/
Mah.
Strano, in effetti. La maggior parte degli organi di informazione continua a chiamarla operazione «Terra di Mezzo».
Ad ogni modo, «Mondo di Mezzo» è sempre un riferimento tolkieniano.
È bene ricordare anche la collaborazione di Evola alla rivista “La difesa della razza”. Non che il razzismo di Evola sia da dimostrare: ma quella rivista era la punta di diamante della propaganza razzista e antisemita del regime.
Su Evola c’è un bel saggio di Cassata uscito per Bollati Boringhieri che analizza dettagliatamente le correlazioni e le chiare e dirette implicazioni politiche del suo ” pensiero metafisico” che spesso si vuole sciolto dalla realtà. Il libro è A destra del Fascismo – profilo politico di Julius Evola e dopo il vostro post l’ho ripreso in mano velocemente ieri sera.
Volevo riportarne qui sotto un pezzo dall’introduzione che secondo me tocca un punto centrale sulla tentativo di sdoganamento e normalizzazione del pensiero di Evola da parte dei destrorsi in ragione del fatto che il razzismo come concepito da Evola (il cosidetto “razzismo spirituale”) sarebbe qualitatviamente diverso e “rispettabile” rispetto, per es., al razzismo di marca specificatamente nazista. A supporto di questa tesi viene sempre citato dai camerati De Felice il quale nel suo Storia degli Ebrei sotto il fascismo opera una distizione tra razzismo di marca evoliana e razzismo biologico
“E l’Evola,a sua volta, respinse anche più recisamente ogni teorizzazione del razzismo in chiave esclusivamente biologica, tanto da tirarsi addosso gli attacchi e il sarcasmo dei vari Landra. Con ciò non vogliamo dire che la teoria “spiritualistica” della razza fosse accettabile, essa aveva però almeno il pregio di non disconoescere del tutto certi valori, di respingere le aberrazioni tedesche e alla tedesca e di cercare di mantenere il razzismo (che, indubbiamente, da Boulainvillers a de Gobineau a Renan, da Herder e Kant a Nietzsche, da Fichte a Vacher de Lapouge ha avuto un suo pur discutibile e torbido significato culturale ed etico, oltre che politico) sul terreno di una problematica culturale degna di questo nome”. Storia degli Ebrei sotto il fascismo. De Felice.
Ora sarebbe interessante anche fermarsi un attimo a ragionare sull’utilizzo politico di queste poche righe di De Felice da parte dei destrorsi per leggitimare e sdoganare il razzismo di Evola. De Felice infatti scrive nero su bianco che il razzismo evoliano non è accettabile quindi non lo “sdogana”. Semmai uno degli errori di De Felice è quello di ritenere l’opera di Evola in questo senso degna di prender parte al dibattito culturale (affermazione che, tra l’altro, verrà duramente contestata dal suo maestro Cantimori).
Proprio per ribattere a questa malsana idea di razzismo “buono” Cassata nel saggio che citavo prima fa notare che:
“[…]Evola, negli anni 30 e 40 non ha mai parlato di razzismo “spirituale”. Preferiva definire la propria “dottrina” in termini di razzismo “totalitario” o “tradizionale”. La sua concezione di un razzismo articolato su tre livelli (razzismo del corpo, dell’anima e dello sprito) presupponeva un processo di razzizzazione ben più rigoroso e discriminante di quello concepito dal razzismo biologico. Con parole un po’ semplici ma efficaci l’idea di base evoliana si potrebbe riassumere così: non limitiamo l’indagine razziale ai corpi, ma estendiamola anche all’interiorità (anima) e alla visione complessiva del mondo (spirito). Ad ogni “salto” di grado (dal corpo all’anima allo spirito) corrisponde un ulteriore giro di vite nella selezione razziale. Pertanto il razzismo evoliano non è affatto come vorrebbe De Felice un razzismo per così dire “dal volto umano”: esso non esclude il razzismo biologico, ma lo potenzia con l’affiancamento della “psicantropologia” e del “razzismo dello sprito”.” A Destra del fascismo – profilo politico di Julius Evola, Francesco Cassata
Tra l’altro mi sono fatto un giro su wikipedia per verificare un paio di cose.
Ci sono alcune note interessanti su questa cosa Evola – De Felice che vede per protagonista il nostro “caro” Presbite.
https://it.wikipedia.org/wiki/Discussione%3AJulius_Evola
Non sono molto bravo ad analizzare nel dettaglio i fogli di lavoro di Wikipedia.
Se magari qualche giapster ha tempo magari esce fuori qualcosa di interessante per arricchire l’altro post su wikipedia e riscrizione della storia ad uso e consumo dei camerati.
Saluti
p.s. chiedo scusa se il post inviato risulta doppio. via google chrome mi da sempre errore nel caricamento del submit. ho provato a cambiare browser.
Molto interessante il tuo commento, soprattutto per due punti:
1. Cantimori su De Felice è lapidario: critica il fatto che lo storico, oltre a dare “peso e importanza” dia anche “valore (se con questa parola si esprime un qualche giudizio positivo)” alle espressioni del razzismo europeo otto-novecentesco. “Proprio non mi pare” è la risposta data da Cantimori (e sottolineata da Jesi) a De Felice e a chiunque si ostini a “dare valore” a Evola.
2. Hai fatto benissimo a parlare della voce di Evola su wikipedia. Anche io avevo notato alcune stranezze, però nella pagina in inglese. Le avevo notate tempo fa e mi ero riproposto di parlarne qui, dove l’attenzione per wikipedia è giustamente alta.
Non so, qualcosa non mi convince della pagina in inglese su Evola. Lunga e dettagliata quanto quella italiana, probabilmente redatta da ambienti italofoni, nella piccola introduzione definisce Evola addirittura “an anti-fascist”.http://en.wikipedia.org/wiki/Julius_Evola
non so, qualcuno più esperto di me riguardo le dinamiche di wikipedia potrebbe anche dare una scorsa alla discussione in inglese. un esempio:
“Evola, a somewhat eccentric intellectual, accused Jews, as well as what he termed the “semitic spirit,”[52] of having a corrosive effect on the “Nordic” race ”
diciamo che se devo definire qualcuno che pensa agli ebrei come “corruttori della razza nordica” diciamo che, beh, “eccentrico” non è proprio il primo aggettivo che mi viene in mente…
Caspita! Non avevo mai esplorato la voce inglese di Evola su Wikipedia.
ci sono dei passaggi assurdi…
“Evola never joined Mussolini’s National Fascist Party, he considered himself an anti-fascist, and catalogued fascist squadristi as peasants. Mussolini considered Evola of the “hysterical fanatics” who could serve the fascist interests.”
E mi sono fermato qui.
Ora tanto per…mi sono preso in mano i Taccuini Mussoliniani (Ed. Il Mulino, 2010) per vedere così a braccio come e in che termini Mussolini parla di Evola.
Tra i due pezzi più interessanti ho trovato questi.
Il primo è inserito in un discorso in cui Mussolini elenca le differenti culture che hanno caratterizzato e caratterizzano l’essenza del regime fascista. Ecco a questo proposito Mussolini dice:
“[…] L’ultima cultura, quella della storia della rivoluzione che ha per ispiratori Volpe, Ercole, Evola, Spirito, Gentile, è quella alla quale più tengo e che, a lungo, testimonierà la nobiltà della nostra vittoria.”
Più avanti
“Hanno messo al bando della cultura ufficiale del fascismo Giovanni Preziosi e Julius Evola. E’ stato un errore. Sono degli oltranzisti, dei diffusori di violenza, degli anatemizzatori in servizio permanente effettivo, dei creatori di fantasmi da abbattere. Ebbene, li preferisco ai cantori della pace in assoluto, che sono il cuore duro degli entusiasti senza ragione. [..] Chi, tra gli umanisti ufficiali della rivoluzione, ha, più del barone Evola, testimoniato della decrepitezza di un occidente cui recare il soccorso dell’ultima spallata rivoluzionaria, per poterne riutilizzare le macerie, prima che la notte sommerga i continenti?”
Ecco. Mi sembra un qualcosa che vada un po oltre l’idea che Evola fosse un semplice spauracchio utilizzato da Mussolini a seconda delle necessità. Mi sembra che ci sia una chiara e piena rivendicazione del pensiero evoliano. Tra l’altro trovo molto esemplificativo che metta sulla stessa linea valoriale Spirito – Gentile e quindi Evola. Non credo che Evola figurerebbe a fianco delle due stelle polari dell’architrave ideologica fascista se non esprimesse la stessa identica importanza.
Una domanda laterale ma forse neanche tanto visto che viene citato nel post….ma a livello storiografico invece come è visto/giudicato oggi Eliade?
Ora..Ricordo perfettamente le analisi di Jesi su Eliade…però ai tempi della tesi lavoravo sui Benandanti di Ginzburg e mi ritrovai quindi a leggere di Eliade e dei suoi studi sugli sciamani. Poi non ricontrai più Eliade fino a che non lessi il lavoro della Laignel-Lavastine su Cioran ed Eliade che tuttavia si limitava ad indagare l’aspetto prettamente politico/biografico del rumeno rispetto al fascismo senza entrare nei dettagli della sua produzione accademica. C’è qualche libro, Jesi a parte, che indaga nel dettaglio la sua produzione storica in rapporto alla sua visione ideologica/politica (un po come il libro di CAssata su Evola per dire)?
Grazie.
Nell’edizione del 1961 della “Storia degli Ebrei” De Felice aveva scritto:
…cercare di mantenere il razzismo (che indubbiamente, da Boulainvilliers a De Gobineau e Renan, da Herder e Kant a Nietzsche, da Fichte a Vacher de Lapouge ha avuto un suo valore culturale ed etico, oltre che politico) sul terreno di una problematica culturale degna di questo nome…
Nel 1993 aveva aggiustato il tiro:
…cercare di mantenere il razzismo (che indubbiamente, da Boulainvilliers a De Gobineau e Renan, da Herder e Kant a Nietzsche, da Fichte a Vacher de Lapouge ha avuto un suo pur discutibile e torbido significato culturale ed etico, oltre che politico) sul terreno di una problematica culturale degna di questo nome…
p.s. La posizione di Presbite su Evola e gli evoliani nelle discussioni di it.wiki è sicuramente una posizione di critica senza ambiguità. E’ la posizione di Presbite su De Felice, invece, ad essere ambigua e reticente. In pratica la preoccupazione maggiore di Presbite non è tanto quella di impedire agli evoliani di ripararsi dietro De Felice, quanto quella di tener pulito De Felice. Infatti Presbite cita la frase di De Felice del ’93, non quella del ’61.
Da non sottovalutare è anche l’emergere di un’ala eboliana nella lega nord (ad esempio Silvano Lorenzoni) e in generale in diversi ambienti indipendendentisti o neo-indipendentisti, soprattutto qua al nord. La cosa non deve sorprendere, perchè Evola non era nazionalista. Era contro il nazionalismo, in quanto l’idea di nazione aveva sovvertito l’ordine antico. Così capita che tra i nostalgici dell’ impero austro-ungarico ci siano anche evoliani come ad esempio l’avvocato del Movimento Trieste Libera, Edoardo Longo.
Uno dei contatti fra la Lega e certo neofascismo romano è Mario Borghezio, che viene da un passato simile e non a caso recentemente ha fatto manifestazioni a fianco di Casa Pound, anche in vista del piano di Salvini di creare una Lega nazionale. E cercando su Borghezio online si possono trovare anche queste parole
Il camerata leghista non ne parla volentieri. Ammette solo che faceva parte di “Jeune Europe”. Non era una specie di gioventu’ post hitleriana? “No, eravamo europeisti, guardavamo a Evola. Tempi passati. Anche se non ho mai rinnegato le origini di destra. Come non ho rinnegato la mia straordinaria ammirazione per il Sacro Romano Impero”
http://archiviostorico.corriere.it/1996/settembre/08/Borghezio_via_dal_Nord_statue_co_0_96090811068.shtml
Veramente il riferimento era all’espressione usata da Massimo Carminati per spiegare il ruolo della sua organizzazione: collegamento ed interfaccia tra il mondo politico imprenditoriale e quello criminale.
http://video.espresso.repubblica.it/attualita/carminati-l-intercettazione-che-spiega-la-teoria-del-mondo-di-mezzo/3713/3735
Certo, Carminati utilizza quella locuzione per significare quello che intende lui, ma la locuzione stessa non è una sua invenzione e ha una precisa derivazione dalla mitologia norrena. Del resto, a onor del vero, anche Tolkien la utilizzava adattandola al proprio mondo fantastico.
Solo che Carminati l’espressione non l’ha inventata né l’ha presa in prestito a caso. L’ha estrapolata – cambiandone il significato ma conservandone l’alone mitologico – dall’insieme di riferimenti “tolkieniani” (quantunque di un “Tolkien in salsa Evola”) di cui la sua area politico-culturale è intrisa fin dagli anni Settanta. Troviamo il “mondo di mezzo”, ad esempio, nel primo poema di Tolkien dedicato a Eärendil, dove si fa riferimento a “the mid-world’s rim” (i margini del mondo di mezzo). Il tòpos viene dalla mitologia norrena. Wu Ming 4 potrà spiegare meglio di me cosa evoca quell’espressione a chi si occupa di Tolkien, e che posto abbia nell’ispirazione e nel lavoro dell’autore de Il signore degli anelli.
Io e WM4 ci siamo incrociati :-)
[…] maxi-indagine, ribattezzata “MondoDiMezzo” (a proposito del nome scelto, leggersi il commento di Wu Ming su Giap), si potrebbero scrivere centinaia di articoli. Da ieri ne stanno pubblicando di continuo e […]
Interessante e stimolante, ed anche divertente nel cortocircuito Evola/Ebola, il post di Manera % co. Interessante per me, che studio Evola (ohibò) in riferimento principalmente alla rivoluzione conservatrice tedesca, di cui il barone siciliano si sentiva indubbiamente parte – salvo poi utilizzare, nelle sue lettere agli illustri rappresentanti d’oltralpe (Schmitt e Jünger su tutti), un tedesco piuttosto raffazzonato -, interessante perché sottolinea giustamente tutti i limiti del pensiero di Evola, anzi i suoi costitutivi fattori di militanza spirituale, che Manera fa bene a ricordare; e stimolante, perché mi permette di gettare uno sguardo sull’odierno statuto scientifico degli studi storico-religiosi in Italia, che non conosco troppo da vicino (io vengo da studi di letteratura, pur con corposi interessi nel campo storico-religioso) e mi fa capire che la situazione non è certo rosea, se è vero quanto scrive Manera, “che la storia delle religioni italiana attraversa da anni una profonda crisi, teorica e metodologica: zavorrata da simili ipoteche – responsabili di un tentativo di indottrinamento all’apprezzamento del paranormale, del sovrannaturale e persino delle ideologie di destra estremista – la ricerca accademica in chiave localistica e antiscientifica ha raggiunto livelli di retroguardia allarmanti”.
E tuttavia, partendo proprio da questa citazione: mi pare di poter dire che il post di Manera soffra di una tendenziale semplificazione del quadro diciamo accademico e scientifico più generale. Per cui confesso di non aver ben capito: la citazione che ho riportato vuole significare che gli storici della religione italiani stiano diventando sempre più “leghisti”, alla ricerca di improbabili – ma politicamente efficaci, Jesi docet – legittimazioni “celto-padane”? Oppure vuole dire che in quel campo degli studi non ha – non dovrebbe – avere diritto di residenza uno studioso che intenda affrontare il nodo dell’occultismo, o (che so?) la figura di Aleister Crowley (sul quale peraltro anni fa ho letto una – pregevole, come si usa dire – monografia scientifica)? Certo, Manera ricorda come esistano studi seri su Evola (e io condivido) basati sulla constatazione di “una ‘rottura di livello’ sul piano ermeneutico” da parte di Evola, che denuncerebbe in tal modo il carattere “militante” anche dei suoi pretesi “studi” storico-religiosi. Ma questo – mi verrebbe da aggiungere – è vero per molti storici della religione “classici”, da Frazer in giù, e non necessariamente solo per quelli coinvolti nel nazismo (e sono legione, ahimé). In questo senso mi sono preso la briga di leggere la presentazione di questo famigerato convegno, e vi trovo studiosi che stimo e che conosco, e che dubito fortemente arriveranno lì per dire che il camerata Evola aveva capito tutto e che occorre riscoprirlo; certo, la cornice è quella che è, prima ancora ridicola che minacciosa, la Fondazione Evola la conosciamo, e lungi da me voler sottolineare in qualche modo l’importanza di studiare Evola purtuttavia; ma mi pare una facile conventio ad exclundendum dire (e spero mi perdonerete se semplifico): siccome Evola è un razzista nazista, che non voleva solo “studiare” i miti del sangue, la mitologia graalica, la guenoniana crisi del mondo moderno ecc. ecc., ma anzi metterli in pratica, e non solo nel Ventennio fascista, da aristocratico dello spirito, ma anche dopo, da guerriero sulle rovine, allora non dobbiamo toccarlo neppure con le dita (e cito qui ancora lo Jesi di Cultura di destra, un libro potente e affascinante – di cui pure si dovrà dire però che è anche un libro pieno di errori, un po’ tirato via). Mi pare invece necessario leggerlo, studiarlo (e criticarlo, va da sé), ma comprendere anche il suo ruolo non solo all’interno del neofascismo italiano postbellico, ma anche, ad esempio, di mediatore culturale (l’Evola traduttore di Jünger, di Bachofen e di Spengler, per dire); e soprattutto indagarne proprio quella rottura di livello ermeneutico di cui parla Manera, all’interno di una temperie storica e scientifica che di tali rotture spesso si alimentava.
Scusami, Gabriele, ma Jesi sulla necessità di studiare Evola dice il contrario di quel che gli attribuisci. Tu scrivi:
«siccome Evola è un razzista nazista […] allora non dobbiamo toccarlo neppure con le dita (e cito qui ancora lo Jesi di Cultura di destra […])»
La frase su Evola che “non va toccato neanche con le dita” viene spesso attribuita a Jesi dai suoi detrattori (evoliani, ça va sans dire), ma si dà il caso che non l’abbia mai scritta. La citazione esatta è questa:
«Julius Evola è un personaggio con cui ancora nessuno ha fatto bene i conti. Non basta, infatti, dichiararlo un razzista così sporco che ripugna toccarlo con le dita (il che è vero) e così insulso che non vale la pena di dedicargli alcuna attenzione (il che non è vero). Questa è la posizione assunta nei suoi confronti da vari studiosi che in tal modo si sono privati dell’occasione di esaminare un materiale significativo. Ma nello stesso tempo non si può ammettere che abbiano fatto veramente i conti con Evola quegli altri studiosi che sono rimasti in qualche modo rispettosi della sua aureola culturale: esaminarlo come una personalità culturale significativa non deve affatto voler dire attribuirgli meriti e statura culturali rilevanti.»
Nella riedizione del 2011 di Cultura di destra (Nottetempo), questo passaggio è a pag. 142.
Come si vede, Jesi afferma che nonostante ripugni toccarlo con le dita, Evola va studiato eccome, e lo dice criticando proprio il genere di posizione che tu invece gli attribuisci.
Caro WM1, probabilmente non si era capito molto bene, da come avevo scritto, quello che in realtà intendevo col richiamo a Jesi, e me ne scuso.
Ovviamente conosco bene la citazione, e so perfettamente come continua: proprio per questo sottolineavo come, a mio modesto parere, nell’appello/denuncia di Enrico Manera si finiva per restare fissati – o almeno per dare l’impressione di farlo – sulla prima parte della citazione jesiana, cioè per sottolineare che Evola sia un razzista così sporco che ripugni toccarlo. Insomma, per tornare alla tesi principale del mio intervento: fatto salvo che Evola è razzista, che la fondazione Evola intende glorificarlo, ecc. ecc., mi sembra che il post si risolva con una (troppo) facile conventio ad excludendum, che in fondo non aiuta mai la ricerca scientifica. Proprio nella raccolta di saggi del volume collettaneo curato da Junginger, che Manera citava obliquamente, si ritrova invece – come è giusto – un’impostazione analitica e critica utile ma non necessariamente denunziatoria.
E torno a dire, in maniera sommessa ma decisa (rafforzato in questa idea da un commento seguente, piuttosto superficiale nel mantenere vivo il giudizio su un Evola come Marcuse di destra): non vi pare di aver troppo incensato un libro come “cultura di destra”, che è opera di un autore certamente fondamentale, affascinante, erudito, impegnato come Furio Jesi, e che pure contiene idee e concetti ermeneuticamente utilissimi (le idee senza parole) – ma che non credo sia la sua opera migliore?
Gabriele, tu scrivi:
«rafforzato in questa idea da un commento seguente, piuttosto superficiale nel mantenere vivo il giudizio su un Evola come Marcuse di destra»
e io ancora una volta non capisco cosa tu intenda dire. Il “commento seguente”, quello di Carlo Trombino, contesta con forza e irride – come la contestava e irrideva Jesi – l’idea di un Evola “Marcuse di destra”.
Poi scrivi che Cultura di destra contiene “idee e concetti ermeneuticamente fondamentali”, e ne citi una (le “idee senza parole”), ma ce ne sono svariati altri: il “lusso spirituale”, l'”azione priva di scopo” ecc. e si dà il caso che quelle idee “ermeneuticamente fondamentali” tanto noi quanto Manera e altri abbiamo cercato di “farle lavorare” e di applicarle anche a esempi di cultura di destra che Jesi non fece in tempo a conoscere. Abbiamo dunque, foucaultianamente, usato il libro come “cassetta degli attrezzi”. Tu non credi che sia “la sua opera migliore”. Sicuramente ha scritto libri più organici, ma su altri argomenti e con altri scopi. Erano quindi cassette degli attrezzi diverse. “Migliori”? Boh, dipende da cosa uno deve fare, e con quali attrezzi. Se devo asportare un ascesso, non mi serve la scatola di tempere e pennelli di un pittore. Se devo fare un tavolo, non chiedo fialetta e siringa all’infermiera. Se devo cercare le invarianti nelle diverse manifestazioni delle culture di destra, tra i libri di Jesi mi è più utile Cultura di destra di Che cosa ha veramente detto Pascal.
Provo a riprendere i punti essenziali del documento/testo, che è opportuno sottolinearlo, è stato redatto da più persone, provenienti da studi che vanno dal religionismo alla storia delle idee e della scienza, proprio per tenere conto dei diversi punti di vista di uno studio scientifico della religione e della storia delle idee.
Sul piano politico, su Evola non c’è molto da aggiungere: tutti ci siamo mossi, sulla base di comuni interessi di ricerca, con l’idea che in lui il piano teorico e quello politico non siano distinguibili. Senza contare che non risultano suoi contributi di storia delle religioni che non siano riprese di temi già noti, peraltro senza approccio critico.
Per qualsiasi discorso che riguardi lo studio della mitologia, l’antropologia o la storia delle religioni è proprio la ‘rottura di livello’ che risulta problematica: proprio perché non può essere indagata con gli strumenti razionali delle scienze umane, un’analisi rigorosa e fondata non può che essere fatta in termini di storia della “macchina mitologica” che la ha prodotta.
In altri termini, si possono studiare le credenze di chiunque in qualsiasi cosa; da lì a postulare l’esistenza di correlati post-umani nelle credenze c’è un salto, che prevede la condivisione in termini di credenza dei presupposti e con il quale ci si pone di fatto fuori dai criteri standard della scienza della religione.
Da studioso di “scienza del mito” penso che l’apporto più importante di Furio Jesi (a cui si deve la formulazione della “macchina mitologica” che appartiene all’ambito post-strutturalista) sia proprio questo, non tenere conto del quale significa entrare in territori che Jesi definiva ierologia o mistica del potere. Jesi ha probabilmente avanzato anche interpretazioni suggestive e senza parapetto, ma sulla filologia e sul metodo è molto solido e Cultura di destra è un libro importante.
É chiaro quindi che il discorso che qui viene fatto per Evola può riguardare anche altri autori, le cui teorie siano anche meno ideologicamente orientate, che nell’affrontare temi di storia delle religioni non hanno saputo o non hanno voluto tenere la distanza opportuna.
É opinione comune tra chi ha redatto con me l’articolo, anche con maggiore cognizione di causa, che in gioco ci sia la difesa dello studio scientifico e non metafisico dei sistemi religiosi.
Il riferimento alla religionistica italiana riguarda proprio un dibattito interno alla comunità di ricerca che va in questo senso: del resto è un dibattito non nuovo, ma che si ritrova ad esempio nel noto confronto tra Pavese e De Martino e in tutti i dibattiti su Eliade, Dumézil e l’indoeuropeismo, solo per citare i nomi più noti.
In termini largamente culturali il discorso vale anche per autori ben più rispettati e studiati: è noto che sono problematici dal punto di vista metodologico anche Eliade e Heidegger per la filosofia, le cui teorie sono politicamente orientate proprio in virtù del loro coinvolgimento metafisico. (In loro, si può ragionevolmente discutere su originalità e guadagno conoscitivo e infatti la discussione è interminabile e continua).
Altro ragionamento riguarda il fatto che Evola è un monumento culturale per la destra, citato anche solo per la sua ‘aura’; la sua fortuna attuale si deve molto al ventennio berlusconiano, in cui si dovevano riaccreditare posizioni culturali mediante l’individuazione di autori fondamentali.
La sensazione di molti addetti ai lavori che la storia della storiografia sia stata anche un cavallo di Troia per rilegittimare nel dibattito accademico autori che così si trovano alla stessa dignità di altri sul piano teorico. É un gioco epistemico che altrove ad esempio ha permesso che darwinismo e creazionismo venissero presentati come alternative ugualmente plausibili.
In Italia, in questo senso, i libri su Evola che consiglio sono quelli di Germinario e Cassata. Naturalmente, ognuno può scegliere le proprie bibliografie come ritiene opportuno. Oltre che a metodo e fonti, i contesti, gli ambienti e i modi in cui si parla di qualcosa sono qualificanti per la qualità scientifica di uno studio. L’invito del post è quello di una considerazione critica dei saperi.
Sui valori di chi insegna e fa cultura non posso che ribadire quanto scritto sopra. Sto dedicando molto tempo a ricostruire vicende di vita spezzate dal nazismo e dal fascismo. Questo mi rende particolarmente attento agli aspetti etici e politici delle scienze umane e sensibile alle situazioni in cui si possano trovare atteggiamenti che vanno dal fanatismo razzista alla vacuità politica.
I.M.H.O, Enrico
Sulla questione “mondo di mezzo” ecco un commento scritto con cognizione di causa:
http://www.corriere.it/cronache/14_dicembre_03/quel-mondo-mezzo-destra-eco-sbiadito-narrativa-tolkien-b300274e-7adf-11e4-825c-8af4d2bb568e.shtml
L’articolo di Marco Letizia sintetizza l’essenziale. Ma c’è un passo in avanti da fare, che riguarda il “mondo di mezzo” come luogo del potere: questo mondo è un luogo di trasformazione dei soggetti. Un diagramma delle forze (la Terra di mezzo di Tolkien funziona più come il diagramma di Foucault che come una camera di compensazione affaristica) che mette in moto processi di produzione di soggettività. Nel “mondo di mezzo” chi era sopra e chi era sotto non restano uguali a sé stessi, ma vengono modificati dalle relazioni e dai soggetti con cui si rapportano (così come gli abitanti del m.d.m.). È importante smontare non la metafora del “mondo di mezzo”, ma la sua interpretazione da parte di Carminati, per sfuggire a un doppio e simultaneo errore: la lettura del “sono tutti uguali”, e la lettura di questo mondo come un luogo in cui ci si limita ad entrare, fare affari e poi uscire tal quali si era entrati.
Commento questo bell’articolo giusto per ricordare alcuni punti fallaci dell’eredità evoliana, fatti notare da Jesi in Cultura di Destra.
“Evola è il nostro Marcuse, solo più bravo” diceva Almirante, bisognoso di contrapporre idoli intellettuali al mondo della sinistra negli anni ’70.
Una frase di puro marketing politico, priva di alcuna base fattuale. Ciononostante alcuni intellettuali di destra dell’epoca (De Turris, presente al convegno di cui si parla nell’articolo) presero sul serio la boutade del segretario MSI, cercando analogie tra Evola e l’autore di Eros e Civiltà.
Il punto di contatto starebbe nella passione per Bachofen, comune a Evola come ai francofortesi.
Bene, nel 1979 Furio Jesi demolì questa ipotesi, ricordando come, da un lato, l’unico francofortese a interessarsi a Bachofen fu Benjamin (quello cioè meno organico al gruppo) e dall’altro come la conoscenza dell’opera di Bachofen (il monumentale Muterrecht) da parte di Evola fosse scarsa, limitata a poche pagine e soprattutto legata ad una interpretazione del testo propria della destra tedesca che veniva contestata fortemente da Benjamin e dai francofortesi. E come se non bastasse Jesi notava, col testo alla mano, come la traduzione italiana di brani scelti di Bachofen fatta da Evola fosse piena di errori marchiani.
In pratica, il giudizio di Jesi su Evola è questo: un uomo che poteva svettare in un ambiente culturale asfittico come quello italiano-fascista solo per il fatto di parlare il tedesco. Nessuna delle sue opere può avere un valore scientifico, come invece quelle di altri studiosi di estrema destra, come Eliade e Guenon, cui Jesi riconosceva almeno la notevole erudizione e lo studio approfondito (e originale) di alcuni temi di storia delle religioni.
Insomma, è davvero assurdo che l’Università italiana senta il bisogno di celebrare un modesto studioso (oltreché modesto pittore) “..è in corso un tentativo di ammantare di rispettabilità scientifica uno dei principali esponenti del fascismo e dell’antisemitismo del secondo dopoguerra da parte di docenti delle università di stato, alcuni dei quali sono anche rappresentanti di importanti associazioni di settore e tradiscono rapporti di promiscuità intellettuale con controverse figure dell’estrema destra nostrana.”
Il problema è che a destra non hanno altro. Evola è ancora “il loro Marcuse”, anche ora che sono entrati nelle Università e possono organizzare convegni in suo onore.
Azioni, riflessi, comportamenti che sono naturaliter di destra ammorbano l’aria che respiriamo a bassa quota tanto quanto ad alta quota, a destra e, sempre più, a manca (appunto). Non occorre far la lista qua (uno dei pochi luoghi dove si cerca continuamente di sottolineare che ‘non sono tutti uguali’, che rimarcare la differenza tra destra e sinistra non è mai stato più importante di oggi) di detti comportamenti, dentro ma soprattutto fuori le istituzioni. Se è vero che esiste una riprovevole, a volte inconsapevole, cecità di fronte ai riflessi di destra che molte persone mettono in campo, da parte di questi stessi attori ma non solo, forse significa che anche se a destra ‘non hanno altro che Evola’ per diffondere il loro ammorbante ciarpame, si servono di altri strumenti. E questi sono efficaci, capillari, e difficili da estirpare. Nessun dorma.
Indubbiamente si capisce meglio Yvers dopo avere letto questo articolo. Per piacere sareste così gentili da indicare autore e titolo di: “L’autore di un importante volume sullo studio della religione in ambito accademico sotto il fascismo interbellico”? Mi interesserebbe leggerlo. (Sarà mica uno di voi? in genere non siete per l’anonimato nelle citazioni.)
Grazie.
Il volume cui si fa riferimento è questo: H. Junginger (ed.), The Study of Religion Under the Impact of Fascism. Leiden-Boston: Brill, 2008.
Ottimo, grazie, lo cerco.
Saint-Just, per cortesia: tu non ignori che non si dimenticano le bienséances.
Nel caso possa servire: l’ordinanza di applicazione di misure cautelari a carico di Massimo Carminati et al. a seguito dell’inchiesta “Mondo di mezzo”: http://contropiano.org/images/Foto/ORDINANZA_MONDO_DI_MEZZO.pdf
Sul razzismo e l’antisemitismo di Evola, la cerchia neonazista che si ritrova su Stormfront (forum inaccessibile dall’Italia a meno di non navigare via proxy o anonimizzatore) è molto più schietta e coerente degli “intellettuali di destra”. Meglio i sinceri degli ipocriti.
Come al solito, pur di difendere gli evoliani da minacce di “censura” o “epurazione” che non ci sono state e da “cacce alle streghe” inesistenti (si sa che il vittimismo è centrale nella retorica dei neofascisti e dei loro corifei), si stanno facendo paragoni assurdi tra Evola e vari filosofi e ci si produce in supercazzole per negare che il pensiero di Evola sia razzista, nel senso che si vede molto bene qui:
«Si assiste ad una negrizzazione, ad un meticciamento e ad un regresso della razza bianca di fronte a razze inferiori più prolifiche.»
(Julius Evola, “L’America negrizzata”, 1957)
Si arriva persino a sostenere che il razzismo “spirituale” di Evola fosse in realtà… antirazzismo, e che il suo criticare il fascismo *da destra*, perché troppo morbido, fosse in realtà… antifascismo.
Sul forum di Stormfront, già qualche anno fa (era il 2011) un certo AryanWolf791488 denunciò questi mascheramenti e infingimenti. Ed è evidente che ha ragione lui:
«I sedicenti “evoliani” che usano il concetto di “razzismo spirituale” in chiave antirazzista come se esso fosse sganciato dalla base biologica sono dei mentecatti che probabilmente non hanno mai letto il Barone o lo hanno leggiucchiato alla cazzo di cane molto superficialmente non comprendendolo affatto…
Il “razzismo spirituale” evoliano come il “razzismo morfologico” di Freda sono razzismi integrali ovvero non prendono in considerazione solo il dato biologico-materiale di una Razza in sè e per sè fine a se stesso ma analizzano i legami che il dato materiale ha con le sfere superiori, e come ci sia un nesso biunivoco tra spirito e materia, ma il dato biologico è fondamentale, non potrebbe essere diversamente, è questo che non capiscono… avere “buon sangue” è basilare.
L’unica cosa su cui i razzismi integrali mettono in guardia è di non fare del sangue un feticcio quindi di non farsi troppe seghe mentali sulle minime percentuali di sangue impuro, come fanno i biologisti estremi, perchè per chi è illuminato è lo spirito che rettifica e trasmuta la materia e la purifica.»
Che dire? In questo caso, diciamo grazie ai neonazisti conclamati, perché dicono pane al pane e sangue al sangue, e fanno opera di demistificazione.
La verità è che:
1) dal punto di vista di chi combatte i razzismi, il “razzismo spirituale” di Evola è *molto peggio* di qualsivoglia razzismo biologico.
2) il razzismo “spirituale” di Evola, in ogni caso, implica anche razzismo biologico, come si vede bene qui:
«Una donna, i cui rapporti sessuali con un uomo di colore sono cessati da anni, può dare alla luce un figlio di colore nella sua unione con un uomo, come lei, di razza bianca: qui una idea confittasi in condizioni speciali nella subcoscienza della madre in forma di un «complesso», anche dopo anni ha agito formativamente sulla nascita. Se tutto ciò ha una possibilità reale, può benissimo pensarsi ad un ripetersi di un processo simile in sede collettiva.»
(Julius Evola, “Sintesi di dottrina della razza”, 1941.)
Non solo lo implica, ma lo presuppone:
«Naturalmente per venire a tanto bisognerà cercare di limitare e di ELIMINARE alcune componenti razziali che, presenti nella razza italiana in senso lato, lo sono anche in quelle semitico-mediterranee: e questo lavoro di selezione sarebbe certamente disturbato ed anzi neutralizzato qualora si permettesse che nuovo sangue ebraico s’introduca nella razza italiana: donde l’opportunità delle misure prese dal fascismo contro le unioni miste. Ma il piano vero della incompatibilità si trova più in alto, cosa parimenti riconosciuta dalla legislazione fascista, la quale, a parte la dichiarazione generica che la razza ebraica è diversa da quella italiana, ha messo al bando l’ebraismo sulla base di considerazioni concernenti non tanto il dato puramente biologico, quanto l’aspetto politico e spirituale, l’aspetto legato alle opere, denunciando l’azione dissolvitrice dell’ebraismo e, infine, le precise tendenzialità antifasciste di esso. Cosa che equivale a riconoscere che l’incompatibilità, soprattutto, di SPIRITO, di TRADIZIONE.»
(Julius Evola, “Inquadramento del problema ebraico”, 1939)
Qualche altra perla, delle innumerevoli che il repertorio di Evola potrebbe offrirci nell’arco di un’abbondante trentina d’anni:
«Non vi sono dubbi su quali siano gli scopi del Giudaismo: da un lato si serve di altisonanti principi democratici e egualitari per livellare il corpo sociale e istituzionale delle società non ebraiche; dall’altro lato conduce ad una identificazione nazionalistica e razzistica che innalza il popolo ebraico al rango di popolo “eletto” conformemente alle disposizioni della Torah , del Talmud e del documento programmatico noto come “Protocolli dei Savi Anziani di Sion” ovverosia del programma di accampamento, occupazione e spoliazione delle nazioni gentili.»
(Julius Evola, “Psicologia criminale ebraica”, 1939)
«Da segnalare l’impegno della televisione, che sa solo dire bene dei negri e non perde nessuna occasione per prenderne le parti con distorsioni di ogni specie, che proietta film americani dove si vedono negri in veste di giudici, di avvocati, di attori, di poliziotti e via dicendo, che arruola cantanti negri e mescola ballerine bianche con ballerine negre, tanto da assuefare il pubblico ad una comunanza bastarda non priva di pericoli dato il livello morale proprio, purtroppo, ad una parte così grande della nostra popolazione.»
(Julius Evola, “I tabù dei nostri tempi”, 1969)
«Si depreca il regime detto segregazionistico – quello dell’Apartheid – mentre è il solo ragionevole e che non fa torto a nessuno.»
(Julius Evola, “L’America negrizzata”, 1957)
Faccio notare che per Evola se una donna bianca fa sesso con un uomo nero, persino dopo anni potrebbe partorire un figlio nero anche se il fecondatore è bianco, in quanto l’idea del figlio nero (o meglio, il “complesso”, il timore, il senso di colpa possibilmente incarnato nel figlio nero) si sarebbe “confitta” nel suo subconscio.
Come si possa pensare – anche a “sinistra”! – di “rivalutare” uno che pensava e scriveva simili mentecatte idiozie, resta per me un mistero.
Ora, a proposito di chi si adopera per “rivalutazioni” e per la “cosmesi” in chiave “antirazzista” (!) del pensiero di Evola…
Quando leggete qualcosa di Gianfranco De Turris (su Tolkien o su altro), pensate a questo: De Turris è segretario di una fondazione intitolata al tizio che pensava, diceva e scriveva le cose riportate sopra. Pensateci giusto per farvi un’idea completa, senza rimozioni di sorta.
De Turris è anche autore del libro Elogio e difesa di Julius Evola, dove – tra le altre cose – ci tiene a far notare che Furio Jesi, “intellettuale ebreo”, è morto per le esalazioni di una stufa a gas. Noblesse oblige?
Sempre per completezza:
De Turris ha scritto non una ma due prefazioni ad altrettanti libri di Gianluca Casseri, uno dei quali era un pamphlet contro Umberto Eco in difesa della “veritiera falsità” (nel senso che il testo, pur essendo un falso, direbbe cose vere) dei Protocolli dei Savi di Sion.
De Turris ha anche coinvolto Casseri nel progetto di antologia “Albero” di Tolkien, che ha curato personalmente e pubblicato con Bompiani nel 2007.
Sia chiaro: scrivere prefazioni è legittimo e De Turris si dedica solo alla “battaglia delle idee”.
Tuttavia, non si può non constatare un dato di fatto: nel suo giro di collaboratori – e Casseri e De Turris co-laboravano, è innegabile, ci sono ben tre libri a provarlo – figurava un tale che le proprie idee di superiorità razziale (molto simili a quelle che plasmano il pensiero di Evola, si vedano le citazioni riportate sopra) le ha messe in pratica nel più drastico dei modi.
Insomma, prima di denunciare vittimisticamente la presunta “violenza” altrui e i supposti “cattivi maestri” del campo avverso, forse quanti premono per la rivalutazione di Evola – a cominciare proprio da De Turris – dovrebbero dare un’occhiata nei propri immediati dintorni.
Questa è un’altra citazione di Evola:
“Così respinsi il feticismo della purità razziale intesa in termini soltanto fisici: la razza esterna può rimanere pura in tipi in cui però quella i interiore può essersi spenta o sfaldata: cosa ben visibile in numerosi casi (per es. olandesi, scandinavi). Lo stesso problema degli incroci doveva essere ridimensionato: l’incrocio ha effetti senz’altro negativi quando la razza interna è debole; se invece questa è abbastanza forte, la presenza di un elemento esterno introdotto dall’incrocio (naturalmente, sempre mantenuto entro dati limiti), può agire come una sfida e avere un effetto complessivo galvanizzatore (come in certi ceppi aristocratici che tendono alla degenerescenza in sèguito ad un
lungo regime di endogamia).”
E’ tratta dall’autobiografia di Evola e “parla da sola”.
Ragazzi: ma qualcuno si è preso almeno la briga di leggere una delle relazioni presentate al convegno? In tutto ‘sto strombazzamento isterico non ho letto uno, dico uno, che sia entrato nel merito di ciò che si è detto in questo dannato convegno. Partiamo pure dal presupposto massimamente condiviso (anche dal sottoscritto) che Evola era un co***ne e ha scritto un mare di ca***te; andiamo poi a leggere documento di Alciati &co. sottoponendolo ad una mera analisi logica (che ai miei tempi si insegnava in terza elementare): 1) “Lo studio dei fascismi e delle ideologie ad essi connesse è ovviamente necessaria e doverosa, sia per la costruzione di una società pienamente democratica sia per stroncare sul nascere ogni forma di apologia” (traduco: “non stiamo dicendo che non potete fare un convegno su Evola, e figuriamoci se possiamo «prescindere dai suoi presunti orientamenti politici» come scrivete nella presentazione del convegno, l’unica roba che noi, professori seri, abbiamo letto”). 2) “Per raggiungere questi due obiettivi il percorso è obbligato: il metodo storico-critico.” (traduco: “solo noi siamo pienamente democratici e vi ricordiamo che l’apologia del fascismo è un reato penalmente perseguibile: che cazzo ci frega di Evola e della sua produzione scientifica o pseudoscientifica”). 3) “Pertanto, come studiosi osserviamo con apprensione la tendenza a riabilitare Evola, presentato oggi quale personalità autorevole in diversi campi accademici” (traduco “la premessa non c’entra un cazzo con la conseguenza, pertanto (pertanto!) questo convegno su Evola non s’ha da fare”). 4) “Tale riabilitazione è il prodotto di una premeditata e impraticabile separazione tra gli aspetti ideologici, politici e scientifici del pensiero evoliano.” (traduco: “quando parlavamo di adottare il metodo storico-critico stavamo scherzando: non ce ne frega un cazzo del valore scientifico o non scientifico di quello che scriveva Evola: era un fascista, punto e basta! E se non siete d’accordo, andate a fanculo!”)
Analisi logica, ragazzi, analisi logica (e ricordatevi L’affare Sokal, voi della CPS, Comunità dei Professori Seri…)
Analisi logica un paio di palle. L’analisi logica è il riconoscimento della funzione sintattica delle varie parti di una frase. Prima di rimandare gli altri alle scuole elementari, assicurati di non essere il primo a dire scempiaggini.
Dopodiché tieni conto che da queste parti la tolleranza verso gli interventi supercazzolanti e provocatori è scarsina. Mettere in bocca agli altri cose che non hanno detto o scritto rientra nella fattispecie. I tuoi “traduco” non traducono proprio un bel niente, ma anzi, distorcono e infiorettano a uso e consumo della provocazione quanto scritto nel documento che abbiamo riportato. Questo è inaccettabile, oltreché ridicolo.
Ma soprattutto, mentre attacchi gli altri perché secondo te l’unica cosa che hanno letto è la presentazione del convegno, tu non hai letto manco quella. Altrimenti invece di venire qui a cercare di sobillare una trista polemica, alla quale nessuno abboccherà, te l’assicuro, ti saresti accorto da solo che si è trattato di un convegno celebrativo, tenutosi in occasione del quarantennale della morte, il cui scopo era dichiaratamente quello di ripulire Evola separando il suo pensiero tradizionalista dal suo pensiero politico. Come se non fossero due aspetti connessi di un’unica visione del mondo.
Nella presentazione si afferma che: “i principi di natura iniziatico-spirituale, che sono alla base dei suoi scritti, risultano essere, soventemente, molto distanti da quegli atteggiamenti del totalitarismo che, dal 1920 al 1945, orientò la vita e la giovinezza non solo del nostro personaggio ma di tutto il popolo italiano”.
Direi che basta e avanza. Il fascismo, razzismo e antisemitismo di Evola sarebbero una leggerezza di gioventù, circoscritta al Ventennio, nella quale caddero tutti e quindi… nessuno. Come se gli antifascisti non fossero esistiti; come se la storia del fascismo fosse relegabile al regime mussoliniano e non avesse una trista coda postuma (alla quale Evola è tutt’altro che estraneo); come se Evola non avesse continuato a diffondere odio verso “negri” ed “ebrei” fino alla fine; come se il pensiero di un presunto filosofo potesse essere sezionato e selezionato eliminando quello che disturba per tenere il resto; come se il resto non fosse invece parte integrante e causa motrice di quello che disturba. Come se la storia e la filosofia fossero una colossale supercazzola.
Altroché se un’iniziativa del genere va stigmatizzata. Non perché parla di Evola. Ma perché lo difende.
Ribadisco l’importanza dell’analisi logica: Quel “pertanto” nel documento di Alciati&co. = “Perciò, quindi, dunque; conferisce valore deduttivo-conclusivo a una frase o sequenza di discorso rispetto a quanto detto in precedenza”
“Deduttivo-conclusivo” un paio di palle, per prenderti le parole in prestito. Semplice analisi logica, caro mio. Non ho nessun interesse a difendere le idee di Evola (sono antifascista geneticamente), ma qui vi siete tutti fumati il cervello se non riuscite nemmeno a capire il nucleo del problema: censura di un evento avulsa dall’analisi dei contenuti che si vorrebbero censurati (bastano e avanzano due righe della presentazione). I danni provocati dal fascismo (che di censura ideologica se ne intendeva) non hanno proprio insegnato niente. Per come intendo io la democrazia, invece di strombazzare sterilmente “è inammissibile un convegno su Evola”, si leggono gli interventi al convegno, ed eventualmente si organizza un convegno che propone tesi alternative o contrarie: questo si fa. Imparate dai colleghi fisici o matematici, cacchio.
Al pari della premessa «Non sono razzista ma…», l’excusatio «Non sono fascista ma…» è parte essenziale di quella retorica che Mauro Vanetti ha definito, con felice formula, il «vittimismo prepotente» dell’ideologia italiana.
Ideologia prettamente di destra, è ovvio, ma spesso chi la esprime non se ne rende nemmeno conto (o forse sì, boh), e magari mentre supercazzoleggia ti regala espressioni ossimoriche come «antifascista geneticamente». Bel lapsus, non c’è che dire. Bello, e anche evoliano.
Il punto è: siamo andati talmente in là nel «senso comune anti-antifascista» (S. Luzzatto) e nella definizione a cazzo di cosa siano “violenza” e “censura”, che ci si inalbera e si grida alla “censura” perché qualcuno ha osato criticare – argomentando – l’impostazione di un convegno. La cornice di quel convegno è patentemente agiografica, nelle parole e nella simbologia. Si può dire?
L’apice del grottesco si tocca però quando chi ha osato esprimere quella critica viene accusato di oscurantismo accademico, di «non volere che venga studiato Evola» e consimili fesserie. Non importa che Francesco Cassata – per dire solo il caso più eclatante – abbia studiato Evola per anni e abbia scritto uno dei libri più utili per capire il barone razzista, il monumentale A destra del fascismo. Profilo politico di Julius Evola (Bollati Boringhieri, 2003). Sono cinquecentocinquantatré pagine dense di analisi, note, fonti, fact-checking, ma quanto vuoi che pesino se sull’altro piatto della bilancia metti un «pertanto»? Ah, l’analisi logica!
Caro “Raskolnikov”, sei cascato male, perché qui i cialtroni li sgamiamo. Vai ad ammazzare vecchiette da un’altra parte.
Il libro di Cassata A destra del fascismo merita dall’inizio alla fine, ma c’è una parte che da sola basta a demolire il castello di cazzabubbole eretto negli ultimi anni per “scagionare” Evola e derubricare il suo antisemitismo e anticamitismo (cioè odio per i neri) a “sventatezza di gioventù”.
Impresa che parrebbe impossibile, viste le cose che Evola scrisse fino all’ultimo (vedi citazioni nei commenti sopra), eppure qualcosa è passato, qualcuno ci è ci cascato.
La parte del libro a cui mi riferisco è il capitolo 15 (pagg. 430 – 489), intitolato «Il “lungo” razzismo (1949 – 1974)».
Tra le tante collane di “perle” passate in rassegna, c’è anche l’invettiva di Evola contro Ella Fitzgerald, “massa informe e urlante di carne”, negra colpevole di irretire i bianchi che l’ascoltano cantare. E pure l’amara constatazione che oggi molti «ariani o cristiani […] come carattere o “razza interna” danno prova di un ebraismo al 100 per cento». Evola dice che nel dopoguerra non ha proseguito la polemica specificamente antiebraica perchè «quel che si può condannare nell’ebreo, come carattere e mentalità, oggi lo vediamo prorompere dappertutto».
In un altro scritto, parlando dei lager e dello sterminio sistematico degli ebrei da parte dei nazisti, Evola afferma di esserne stato all’oscuro durante la guerra ed esprime qualcosa di vicino al cordoglio (di circostanza), ma subito dopo intona la canzoncina relativista (così fan tutti, anche i giacobini allora, anche i bolscevichi allora etc.) e si smaschera scrivendo: «nessun prezzo sarebbe stato troppo alto qualora […] si fossero avuti questi risultati: spezzare la spina dorsale alla Russia sovietica […]; […] impedire l’insurrezione dei popoli di colore e la fine dell’egemonia europea […]»
Noialtri invece, in exergo alla prima parte del nostro Asce di guerra (2000), apponemmo questa citazione:
«Noi ci auguriamo con tutte le nostre forze che le rivoluzioni, le guerre e le insurrezioni coloniali vengano ad annientare questa civiltà occidentale di cui Lei tutela i parassiti fin nell’Oriente, e invochiamo questa distruzione come lo stato di cose meno inaccettabile per lo spirito.»
Lettera dei surrealisti a Paul Claudel, poeta e ambasciatore di Francia in Giappone
[Il bello è che i surrealisti ed Evola si erano pure incrociati, se non fisicamente almeno artisticamente, condividendo un piccolo segmento di percorso nel dadaismo.]
Francesco Cassata, A destra del fascismo. Profilo politico di Julius Evola, 2003. Pdf completo (non ricercabile) caricato dall’autore su academia.edu.
https://www.academia.edu/311975/A_destra_del_fascismo._Profilo_politico_di_Julius_Evola
segnalo anche questo
Francesco Cassata
«La Difesa della razza»
Politica, ideologia e immagine del razzismo fascista
http://www.academia.edu/311752/_La_Difesa_della_razza_._Politica_ideologia_e_immagine_del_razzismo_fascista
c’è un interessante capitolo che spiega perchè evola fu allontanato dalla rivista: per una convergenza tra cattolici (che non accettavano il suo paganesimo) e interlandiani (per motivi sostanzialmente di beghe tra teste di cazzo)
Che la cornice sia stata agiografica (possiamo risparmiare gli avverbi, direbbe un buon editor) posso convenirne; in tema di avverbi, posso inoltre ricordare che esiste pure un loro senso traslato, figurato ed estensivo (era il caso di “geneticamente” se non si fosse capito) (non che io non ami gli ossimori: tutt’altro) (ma oserei suggerire, in aggiunta, che il valore del determinismo/riduzionismo genetico mi pare sia stato ridimensionato, in ambito biologico, piuttosto recentemente – se questo commento non esplicitasse ulteriormente la mia ovvia identità destrorsa: identità di cui, finora, ero ahimè del tutto ignaro: implorerò aiuto ad un esorcista); continuo stupidamente a chiedermi se qualcuno abbia letto o ascoltato le relazioni presentate al convegno: perché criticare preventivamente la cornice (messa lì, credo, come un’esca – cui avete abboccato tutti, facendo così il loro gioco: e poi il cialtrone sarei io – per scatenare sterili polemiche) senza esaminare i contenuti, vi posiziona automaticamente dalla parte del torto (in senso tutt’altro che brechtiano): mi fa piacere che abbiate letto tutte le 553 pagine (mancano purtroppo quelle non numerate) del libro di Cassata: non credo farebbe male a nessuno che sia dotato di senso critico e strumenti metodologici adatti leggere cosa diavolo hanno detto questi arditi mentecatti convegnisti.
Detto questo, io di Evola, onestamente e ossimoricamente, me ne frego! :-)
Le relazioni, molto ovviamente, le leggeremo se e quando saranno disponibili. Naturalmente, di alcune di esse – poiché conosciamo certi nomi e qualche cursus “honorum” – potremmo scrivere l’abstract già ora, trattandosi dei soliti spacciatori della solita solfa.
Quanto alla cornice – id est la cornice concettuale/narrativa del convegno, il suo frame – dire che l’abbiamo criticata “preventivamente” è un’altra fallacia logica. L’abbiamo criticata dopo averla vista, conoscendo background e contesto e avendo letto – sul sito della Fondazione Julius Evola, per di più – presentazione e annunci, prendendo nota dei soggetti coinvolti.
Può anche darsi che qualcuno sia andato a fare una relazione non celebrativa del personaggio, ma l’eventuale carica critica è stata – stavolta sì l’avverbio ha senso – preventivamente disinnescata dalla cornice in cui il tutto è avvenuto. E comunque non è che uno è obbligato ad accettare gli inviti di chiunque. Se va a ficcarsi in un contesto del genere noi qualche conclusione siamo liberi di trarla.
La reazione di alcuni convegnisti alla critica, poi, è stata talmente prevedibile (“un linciaggio”, “killeraggio accademico”, “e allora le foibe”) da farci pensare che, come sempre, anche i contenuti ci sorprenderanno ben poco.
C’è da aggiungere che quel convegno è l’ultimo di una serie che la Fondazione intitolata a Evola ha patrocinato nell’arco di quest’anno, in occasione del quarantennale della morte. Uno di questi incontri è stato organizzato, manco a dirlo, da Casa Pound.
I testi che introducono i vari convegni – ripeto – parlano chiaro e stabiliscono una cornice ben precisa, appunto, che delimita la finalità del convegno stesso, e cioè ripulire Evola e stabilirne “l’eredità” in senso positivo. Se a un convegno del genere venisse invitato anche un solo studioso serio che potesse inquadrare Evola per ciò che è stato nella storia del pensiero di destra italiano (“a destra del fascismo”, appunto) sarebbe soltanto per nobilitare l’agiografia mettendola surrettiziamente all’interno di un “dibattito” e di una dialettica che in realtà non esistono. Di alcuni dei personaggi in questione abbiamo avuto modo di conoscere le strategie argomentative adottate nei confronti di Tolkien, e sono le medesime. Per questo, stigmatizzare tali iniziative non significa chiedere che vengano censurate – il leit motiv vittimista dei fasci e degli stolti che pensano di saperla lunga – ma che non vengano avallate e legittimate come “serie” in determinati contesti (nella fattispecie quelli accademici). Significa, né più né meno, tenere la guardia alta rispetto ai fasci. Evola, come tanti altri pensatori di estrema destra, va studiato, non censurato, fuori da contesti agiografici e ipocriti. E non vale il tipico secondo argomento degli utili idioti e degli indifferenti, cioè quello riduzionista: “Ma cosa vuoi che contino?”. Come afferma l’incipit del documento che abbiamo riportato nel post: “Stanno accadendo alcune cose in un contesto molto specifico della cultura italiana, apparentemente marginale e poco rilevante, che sono però sintomatiche e forse paradigmatiche di alcuni processi culturali in corso nella nostra società.” Questo dice tutto ed è terribilmente vero. Fingere che non sia così o venire qui a rintuzzare chi fa notare la gravità di certe cose accusandolo di censura preventiva, è anche questo segno dei tempi… o forse bisognerebbe dire sonno dei tempi.
Mh. Vi segnalo un canale di YouTube molto “illuminante” in questo senso: Mahatma Zen. Questo simpatico romanaccio, che a quanto pare fa il maestro di scuola elementare, raccoglie gratuitamente adepti per il suo “sangha”: gli insegna la meditazione attraverso Skype e fa hangout dove si discute di tutto e di più, dato che lui si fa chiamare tranquillamente “Maestro”, proprio come Gesù. A detta sua il gruppo che ha radunato è paragonabile ai discepoli che si riunivano attorno Gesù o Buddha. Ha fatto molti video in cui spiega il pensiero di Evola, definendolo un “Buddha fascista” e non ha problemi a definirsi lui stesso una sorta di Buddha eversivo, raffigurandosi col saio e il bindu in fronte mentre imbraccia un mitra. Incita i suoi discepoli, che sono circa una cinquantina, a ribellarsi ai politici appena si sentiranno pronti e, da buon “antimodernista”, è contro il consumismo e la pornografia, è omofobico (anche se stima Pasolini e Mishima), è a favore di una gerarchia, che sia di tipo spirituale (?), incita i suoi adepti ad amare la Chiesa Cattolica, di cui riconosce tuttavia le contraddizioni. Ripeto: dovrebbero essere una cinquantina, i suoi discepoli, da tutta Italia. Chi non rispetta la gerarchia viene sgridato e alla fine se rompe troppo, “cacciato” virtualmente dal sangha. Il simpatico Maestro, infatti, non ha la pazienza di fare confronti critici: a chi fa domande ragionate o esprime dubbi dice di limitarsi a leggere i testi da lui consigliati. Se poi si rintracciano contraddizioni tra i testi e ciò che dice, beh…in quel caso ti ignora.
Vi chiederete come mai ho perso tanto tempo con questo Mahatma Zen. Risposta scontata: disoccupazione. Anzi, tecnicamente: inoccupazione (gli stage e le ripetizioni non contano come lavoro).
Fatevi un giro su questo canale: la galassia è sterminata, e la realtà è sempre più complessa di quanto si immagini…ma fa anche ridere…
qualunque esperto di comunicazione, senza entrare nel merito del contesto antifascista peculiare di questo blog, conosce e divulga l’estrema importanza del frame che circonda un’evento.
così come, se si è contrari all’expo penso sia uno sbaglio parteciparvi con uno stand credendo “però” di portare una voce critica all’evento (come ad esempio ha scelto di fare maledizione Banca Etica), allo stesso modo partecipare ad un evento evidentemente celebrativo di un fascista rende chi vi partecipa complice dell’evento stesso.
purtroppo quasi a nessuno (in particolare agli organizzatori stessi) interesserà davvero quello che diranno i partecipanti all’evento, in quanto il contesto dello stesso è già stato descritto nelle dichiarazioni di intenti.
infine, vorrei sottolineare come il certosino e ultradecennale lavoro dei wuming di scovare in ogni dove miasmi di fascismi e affini dovrebbe dare un pò più di credito ad un post che, sì all’apparenza sembra “preventivo e prevenuto”, ma a ben guardare è ben documentato e allarmante.
grazie
Quando vedrò il patrocinio di una Università pubblica (non fosse altro perché spreca i miei soldi) ad avallare simili iniziative (non la presenza di singoli professori che partecipano a titolo privato a un incontro patrocinato da improbabili fondazioni uscite da puffolandia) (anche i puffi sono fascisti antisemiti, sapete?), allora, forse, la faccenda varrà la mia indignazione.
Risparmiate le forze per le battaglie davvero utili, se non volete che le persone perdano la capacità di indignarsi causa eccessiva stimolazione dell’organo indignatorio.
Firmato: un utile idiota, cialtrone, fascista, supercazzola.
D’accordo al 100% con la tua firma.
aggiungerei anche “un qualunquista”, visto l’argomento “mi muovo solo se mi tocca nel portafogli”…
e fra i trucchetti di raskolnikov già segnalati, aggiungerei:
I. il cambio di argomento con passaggio dal dire (come faceva all’inizio) che per criticare il convegno bisognava andarci e ascoltare, al dire (come fa adesso) che non vale la pena occuparsene perché “patrocinato da improbabili fondazioni uscite da puffolandia”;
II. l’espediente davvero dozzinale di chiamare “indignazione” un intervento critico;
avrei messo infine anche un punto III per tutto quel mettere le mani avanti “evola era un coglione” e “di evola me ne frego”, quando poi di fatto ha dedicato tempo ed energie a polemizzare per difendere un convegno celebrativo di Evola, però ho pensato che rientrava già nella definizione “non sono fascista ma”.
molto probabilmente non lo è, fascista, ma le altre autodefinizioni ci stanno tutte.
Proviamo a rispondere al provocatore Raskolnikov: c’è chi dice di “non nutrire i troll”, ma buttargli un tozzo di pane (preventivamente immerso nel lassativo) non costa nulla.
“In tutto ‘sto strombazzamento isterico non ho letto uno, dico uno, che sia entrato nel merito di ciò che si è detto in questo dannato convegno.”
Infatti il problema non era questo. Tu, caro Raskolnikov, hai letto le prime tre righe di presentazione del convegno? Credo di no, altrimenti avresti taciuto. Eccotele:
“La celebrazione di Julius Evola quaranta anni dopo il suo passaggio dal mondo visibile al mondo invisibile, è, ai nostri giorni, un atto più che dovuto da parte di tutti coloro che sono interessati alla storia e alla evoluzione della Tradizione iniziatico-spirituale Italico-mediterranea, A prescindere dai suoi presunti orientamenti politici, più o meno condivisibili, molti aspetti della sua poderosa opera rimangono ancora da valutare.”
La celebrazione di Evola è un atto dovuto. E’ proprio questo il punto da cui parte la critica al convegno. Secondo molti, NON è affatto un atto dovuto.
“qui vi siete tutti fumati il cervello se non riuscite nemmeno a capire il nucleo del problema: censura di un evento avulsa dall’analisi dei contenuti che si vorrebbero censurati”
Il convegno si pone come obiettivo esplicito la “celebrazione” di Evola, “un atto dovuto”. Viene detto chiaramente nella presentazione. Se gli organizzatori non sono dei pazzi furiosi, dobbiamo trarne che i vari interventi (alcuni a firma di studiosi tutt’altro che impreparati nel loro campo di studi) che tu ci inviti ad analizzare siano null’altro che protesi alla “celebrazione” di Evola e della sua eredità intellettuale. Un convegno agiografico (come dici tu) non vuole indagare la complessità di un pensatore “scomodo”, ma vuole solo celebrarlo. Da qui la critica, fatta in modo educato e pesando le parole.
“non credo farebbe male a nessuno che sia dotato di senso critico e strumenti metodologici adatti leggere cosa diavolo hanno detto questi arditi mentecatti convegnisti.”
Sono d’accordo, infatti non vedo l’ora che vengano resi pubblici gli atti del convegno. Mi divertirei molto (e credo non sarei l’unico) a leggere interventi interessanti come “La sociologia islamica e il pensiero evoliano”, oppure “La figura di Julius Evola nel contesto culturale iniziatico-spirituale degli anni ‘70”.
Non abitando a Roma, non ho potuto presenziare al convegno. Caro Raskolnikov sarebbe carino da parte tua se, dopo aver deriso gli estensori del presente articolo per non aver letto gli interventi, ti decidessi a contattare i vari studiosi per convincerli a rendere disponibili per tutti noi i testi degli interventi.
Non ti ci vorrà molto: sicuramente meno di quanto ci hai messo a scrivere i tuoi arroganti interventi su questa pagina.
Riesumo questa discussione perché in tutto questo credo che non si sia detto che il problema fondamentale è che la Destra di stampo evoliano abbia commesso l’ennesimo crimine culturale di riappropriazione indebita.
In questo periodo in Italia si sta cominciando molto lentamente a riparlare di paganesimo e neo-paganesimo, sia in ambito accademico, sia musicale, sia come curioso interesse: giusto per fare un piccolo esempio, l’XM24 a Bologna da anni organizza la Festa Pagana. Chiaramente non ha nulla dell’accademico ma è per rendere l’idea :)
Oppure ancora, in Val Badia un illustratore della zona organizza il Tera Salvaria, minifestival folk senza corrente elettrica dedicato alla Natura. Si vede che qualcuno aveva avuto subito dei sospetti sull’iniziativa, ma proprio l’organizzatore, in una nota sulla pagina facebook, ha manifestato chiaramente la repulsione totale nei confronti di accostamenti al fascismo esoterico:
“After two years of activity we think that it is about time to take a stance about some important questions about the nature and spirit of Tera Salvaria and the people and thoughts behind it.
The first and most important driving force of Tera Salvaria is the strong and unique bond between man and nature and the consequences this has on the traditions, philosophies, craftsmanship, religions and artistic expressions throughout mankind’s history, mostly in, but not limited to, the Alps and Europe.
Second, artistically and philosophically we strongly believe in the strength and sacrity of individual freedom, of thought, existence and artistic expression. Following this we strongly oppose and despise every totalitizing movement, thought, filosophy or political group which aims to limit or repress individuality. By this we also mean fascist individuals or entities masquerading as traditional, nature and history inspired entities. We do not accept ambiguity in the use of symbols, nostalgy and celebration of historic periods. There is a difference between using an ancient symbol for its (maybe lost) historic and cultural value and using it just for the sake of political ambiguity and provocation.
In other words,Tera salvaria is no place for political, social, cultural fascism or political totalitarians, or nostalgiscs whatsoever, from neither end of the political, social and religious spectrum. Tera salvaria is a place for the individual, for nature and the sacred vital, cultural, material, spiritual and artistic bond which has always bound and will always bind them.”
Purtroppo infatti, quando si vuole parlare di Paganesimo si ha sempre il timore di essere scambiati per fascisti, o peggio nazisti dediti all’esoterismo quando, a guardar bene, lo studio delle antiche religioni – e delle tradizioni precristiane che ancora oggi persistono per miracolo – risulta una materia non solo inestimabile per la cultura europea e locale, ma anche del tutto priva di concetti che possano richiamare il fascismo.
Tanto per dirne una, i culti mithraici pre-cristiani dell’antica Roma nulla hanno a che vedere con l’immaginario bellico nazista. Mi accollo anche il diritto di pensare che risultino nei loro testi molto pacifisti (scrivo a caldo, ma penso che tra l’altro lo stesso culto mithraico derivi da quello di Zarathustra) Idem per il cosiddetto Celtismo.
Il giochino delle destre è sempre stato quello di cercare qualsiasi scusante che avvalori il loro concetto di “Difesa della Tradizione”.
I NOTAV a loro modo stanno difendendo una tradizione, i Pellerossa piuttosto che i popoli andini difendono la loro Tradizione e nel caso dei Pellerossa mi verrebbe da dire che più pagani di loro non c’era nessuno.
Non dimentichiamoci poi che la stessa origine del termine ‘pagano’ è quanto di più proletario ci sia! L’Urbe al centro e i pagus al di fuori di essa.
Per questo credo che lo sforzo di Wu Ming 4 sugli studi Tolkeniani sia un passo importante non solo nella riabilitazione delle opere letterarie di Tolkien e del suo pensiero, ma anche nella possibilità di poter riprendere in mano quella grossa fetta di cultura popolare così ricca di simboli e significati che è stata decimata dal Cristianesimo prima, fraintesa nel Novecento e ingannata dal Capitalismo.
Non immagino neanche quanto sarebbe bello poter affrontare seriamente e liberamente la cultura italica pagana senza l’ombra del pregiudizio.