«Sulla linea del fronte li abbıamo visti spesso iniettarsi in vena nelle braccia sostanze di cui non sappiamo l’origine. Il loro corpo, una volta morti, dıventava come di plastica. Durante il combattimento è necessario colpirli pıù volte alla testa per uccıderli. Solitamente i loro corpi si decompongono molto pıù lentamente.»
Gli uomini dell’ISIS/Daesh descritti da combattenti YPJ di Kobane
A un anno esatto dall’uscita in libreria e dall’inizio del RévolutiontouR (centoventi presentazioni), vi proponiamo il download gratuito e DRM-free de L’Armata dei Sonnambuli in cinque diversi formati.
Grazie a chi ha condiviso con noi l’impresa, e a chi ancora non lo ha fatto, beh… Buona lettura.
Dopo la lettura del romanzo, ci permettiamo di consigliarvi:
– il rendez-vous con spoiler libero;
– il racconto «Stramonio» di Alberto Prunetti;
– le diverse edizioni del Laboratorio di magnetismo rivoluzionario, a cura di Mariano Tomatis e Wu Ming.
– la canzone Cura Robespierre del Wu Ming Contingent.
[Quest’ultima va benissimo anche prima di leggere il romanzo :-) ]
ePub – Mobi (Kindle) – Azw3 (Kindle) –Pdf – Odt
Come sempre, ringraziamo hubertphava.
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GALLERIA DI RECENSIONI
«Il romanzo storico ha origini gloriose (Dumas, Hugo) ma con il tempo è diventato un po’ manierato e prevedibile, soprattutto nel folto ramo anglofono. Si distingue la britannica Hilary Mantel, una delle poche che ha saputo creare autentica letteratura dalla materia della storia. Vent’anni fa Mantel ha pubblicato un romanzo molto acuto sulla Rivoluzione francese, finalmente pubblicato in Italia questa primavera. Ora appare l’ultima prova dei talentuosi Wu Ming, un racconto brillante sul Terrore e la reazione monarchica che ha già conquistato un gran pubblico. Siamo nell’inverno tra il 1793 e il 1794, e “gira la cittadina Fame”, ma intanto “Robespierre e Saint-Just terginicchiano, parlaversano, fan passare le ore.” La curiosità e simpatia degli autori vanno dritti ai poveri, il popolo di Parigi: qui rappresentati da Marie, umile sarta del “foborgo” Sant’Antonio e dal guitto italiano Scaramouche, affiancati da un esperto in mesmerismo. Un altro mesmerista, però, vuole plagiare la massa contro i giacobini, creare disturbi e controrivoluzione. Come nel loro fortunato primo romanzo Q i Wu Ming sono bravi a scorgere nello specchio del passato gli incubi e le speranze del presente, e brillano per le invenzioni linguistiche. Viva la Rivoluzione e chi la racconta con gusto ed energia!»
– Frederika Randall su Internazionale
«Si affonda dentro le strade bagnate di sudore, lastricate di sangue e annaffiate di alcolici di pessima qualità. Siamo a Parigi, l’epicentro dello scandaloso evento storico che arbalta il mondo. Ma si aprono anche i sentieri selvaggi delle regioni a qualche giorno di viaggio dalla città della Bastiglia ma separate anni luce dalle scosse telluriche repubblicane. I due luoghi, la città e la provincia, rappresentano rispettivamente l’effervescenza terragna della sommossa permanente e l’arretratezza quasi metafisica della servitù. Due universi contigui ma inconciliabili, parte della stessa nazione che si ritrova nel fervente subbuglio con gli occhi del mondo antico puntati addosso: chi sta in alto in preda al terrore e chi sta in basso impegnato a riscaldare con combustibile di fortuna l’ardore rivoluzionario.»
Giuliano Santoro su Dinamo Press
«Non aveva forse lo stesso Freud definito l’inconscio ein anderer Schauplatz, “un’altra scena”? E infatti la scena è una delle chiavi di lettura di questo romanzo strutturato come un copione teatrale, al cui interno è narrata la gran scena del mondo sulla quale si agita il «teatro vivente della rivoluzione» nel quale le maschere non hanno soltanto una funzione scenica, ma diventano armi; e dentro la scena della Grande Parodia, la piccola parodia della rivoluzione recitata tra gli alienati; e all’interno dei rivoluzionari, l’altra scena dell’inconscio… Così stando le cose, non stupisce che uno dei protagonisti di questa sarabanda sia proprio un attore cresciuto nel mito di Goldoni, il bolognese Leonida Modonesi-Léo Modonnet – i cui tratti rimandano (ma non sveleremo come) al Gert di Q., ma anche all’impiegato di De André: che travisato da Scaramouche viene a restituire al potere un po’ del suo terrore. Questo vendicatore un po’ maldestro – un antidoto alla caduta nel mito tecnicizzato e fascistoide dell’eroe, dal quale è sempre bene tenersi lontani – sembra contenere una delle possibili morali non solo di questaArmata, ma di un’intera carriera letteraria svolta sotto l’impegno di “pensare la Rivoluzione” in tutte le sue declinazioni e le sue derive: forse, sembrano suggerire i vari Léo, Marie, Bastien, D’Amblanc, Treignac, se la morale ha un senso, il vero rivoluzionario (come Stefano Tassinari, cui è dedicato in memoriam il romanzo) è chi riesce a non essere indegno di ciò che gli accade.»
Girolamo De Michele su Carmilla
«E leggendo queste pagine sulla Rivoluzione par excellence non possiamo fare a meno di pensare ai nostri tempi di crisi, alla criminalizzazione dei movimenti, all’austerity, alla repressione violenta (cronaca di questi giorni) delle occupazioni abitative.
Ma pensiamo anche, senza lagnanze, a quelli che Wu Ming 1 definisce i divenire rivoluzionari; magari non si tratta dell’alba del Sol dell’avvenire, ma di una grande quantità di lotte che in questi anni, nel mondo come in Italia, testimoniano di una tensione rivoluzionaria che non si spegne e che è bene continuare a inseguire, nei libri e nelle strade.»
Radio Sherwood / Global Project, introduzione a una videointervista a WM1
«L’armata dei sonnambuli è un libro che va letto e basta – e poi eviscerato, mandato in infinitudine, a contagiare come mesmerismo tutto e tutte e tutti, in un rovesciamento della “cattiva infinità” di cui fu padre teorico Hegel, uno di quelli che mi sembrano essere espliciti nemici di questa narrazione, il filosofo che vede Napoleone dalla finestra di casa e inventa su quella figurina a cavallo la categoria dell’”uomo cosmico-storico”, ulteriore restaurazione che lotta contro l’eroe, cioè il personaggio principale e ambiguo di cui il racconto della storia non può fare a meno di narrare. Vabbè, sono appunti impressionistici, ma davvero è difficile dire qui perché Marie Noziére si chiama davvero così e cosa c’entrano gli Area e perché D’Amblanc si chiami Orphée e quale inferno scenda a violare per riportare cosa in superficie e fallendo in che modo. Leggete questo romanzo e unitevi al coro di tutti noi, adepti di Scaramouche e del fluido magnetico che, esattamente come accade per il veleno, che in greco fa “phàrmakon”, può essere mortale o salvifico: dipende dalle prospettive e dai modi d’uso e dall’impiego quantitativo di quella qualità.»
Giuseppe Genna, Leggere L’Armata dei Sonnambuli
«Il paradigmatico precipitare degli eventi, delle speranze e delle conquiste eccita e deprime gli animi di chi ancora oggi vuole azzardarsi a credere nella disposizione dell’uomo a tendere al progresso, a costruirsi futuri migliori. La forza dell’Armata dei sonnambuli, composto da una pluralità di lingue e di voci dal timbro pressoché impeccabile, lingue che spesso si spingono al limite con risultati davvero eloquenti e godibili, sta proprio nella sua capacità di raccontare fatti avvincenti e, dietro o sotto di loro, sommovimenti ideali e culturali. È il marchio di fabbrica dei Wu Ming, d’altronde, ma stavolta la posta era altissima, perché grossomodo veniamo tutti da lì, dalla Parigi di quegli anni, da quelle vittorie e soprattutto da quelle sconfitte, e allora ancor più alto è il loro merito di essere riusciti in quest’ambizioso proposito.»
Giovanni Dozzini sul quotidiano Europa
«Di libro in libro, i Wu Ming hanno messo a punto una formula magica che è facile imitare e difficilissimo eguagliare. Lavorano con cura meticolosa sulla realtà storica, ma riescono a farla parlare con altrettanta precisione del presente: questa vicenda di rivoluzione e controrivoluzione, cosa ben diversa dalla mera restaurazione, è una parabola che abbiamo vissuto anche noi, nell’Italia degli ultimi decenni. Procedono lungo i binari di una narrativa epico-popolare, che guarda a Dumas più che a Ken Follett, ma allo stesso tempo lavorano sul linguaggio con passione sperimentale degna della più sofisticata avanguardia. Di romanzo in romanzo, i Wu Ming perseguono un progetto che è tanto letterario quanto politico, spostare i riflettori sui dimenticati della storia, le insorgenze cancellate e oscurate dai vincitori perché se ne perdesse anche la memoria: i contadini d’Europa infiammati e poi traditi dalla Riforma in Q, i partigiani disarmati e non domati del dopoguerra italiano in Asce di guerra, le tribù guerriere e destinate allo sterminio nell’America di Manituana, le rivoluzionarie e i sanculotti di Parigi in quest’ultimo romanzo. Sono storie di sconfitte che invece di scoraggiare accendono speranze e restituiscono fiducia. Dicono che, comunque sia finita, è valsa ogni volta la pena di lacerare, anche solo per un momento, l’ordine eterno delle cose.»
Andrea Colombo sul manifesto
«Ogni rivoluzione e perfino ogni periodo di sola effervescenza sociale dispone delle proprie casamatte topografiche: il quartiere parigino di Belleville durante la Comune, San Lorenzo a Roma o Kreuzberg a Berlino negli anni settanta, 23 de Enero a Caracas ancora oggi. Ai tempi della rivoluzione francese l’epicentro rivoluzionario era il Faubourg Saint-Antoine con la sua popolazione di operai dediti alla creazione di beni acquistati dalle classi abbienti. È questo l’intreccio di relazioni umane, di osterie, di club, di comitati, di solidarietà e potere diffuso che si propone di attaccare la reazione: “Abbiamo piegato la volontà della plebaglia, l’abbiamo annichilita, colpendola dove essa era usa radunarsi”, commenta soddisfatto l’oscuro personaggio che impersona la controrivoluzione nel romanzo di Wu Ming. Del resto anche oggi dalle recenti cronache venezuelane apprendiamo che a essere colpiti dall’opposizione antibolivariana sono i presidi medici e sociali di cui usufruiscono le persone dei quartieri popolari, quasi come a volerne spezzare il morale e la rete di solidarietà.
Ma la reazione manda in piazza le proprie armate di mostri eterodiretti quando il riflusso è già iniziato, quando le varie fazioni rivoluzionarie hanno finito per massacrarsi vicendevolmente e la rivoluzione ha affievolito la sua spinta propulsiva, facendo emergere nuove contraddizioni. Da questo punto di vista, molto interessante è il fenomeno della gioventù dorata, dei moscardini, che nel romanzo compaiono con il nome di “muschiatini” […]»
Luca Cangianti su Micromega
«In contrasto con la lunga tradizione romanzesca che ha narrato gli anni della Rivoluzione con un deciso orientamento reazionario (da Balzac, Les Chouans, ad Anatole France,Gli dei hanno sete, da Dickens, Le due città, alla Baronessa Orczy, La primula rossa; e il cinema non è stato da meno, con i film strappalacrime su Maria Antonietta), i Wu Ming optano per il feuilleton, Sue e Dumas naturalmente. I personaggi popolari — Marie, Bastien, Treignac — ricordano invece I miserabilidi Hugo. Una scelta, comunque, quella del feuilleton che, oltre a regalare le migliori pagine del romanzo, ribadisce la scelta di campo dei Wu Ming dalla parte del popolo. Quanto infine al linguaggio,L’armata dei sonnambuli, fra documenti d’epoca e capitoli avventurosi, dedica largo spazio a una scrittura che vuole imitare (inventare?) un parlato sanculotto. Che è un misto di gergo dialettale infarcito di parole francesi italianizzate con un certo oltranzismo. Tegolerie per Tuileries, Sant’Onorio per Saint Honoré, Ponte Nuovo per Pont Neuf, foborgo per faubourg. E forse in questo pastiche si coglie la riprova di un omaggio a Carducci, al Carducci cantore della Rivoluzione, oggi del tutto dimenticato, travolto nel generale rifiuto che ha colpito da tempo tutta la produzione del poeta.»
Ranieri Polese su La lettura (inserto settimanale del Corriere della Sera)
«Wu Ming è, come sempre, attento ai controtempi storici, ai rimbalzi tra le epoche della ricezione della storia della Rivoluzione e ancora di più del suo mito e dei diversi miti rivoluzionari (e controrivoluzionari). Nel recente Utile per iscopo? di Wu Ming 2 si legge che il romanzo storico non cerca né il vero né l’utile ma punta a «falsificare la narrazione dominante, mostrarne le stratificazioni, sostituire allo stereotipo il conflitto» e l’obiettivo è pienamente centrato, grazie a un uso dell’anacronismo consapevole, volutamente spinto per interagire con altri tempi alla ricerca della dialettica con il lettore.
Se il lettore è sempre istanza attiva nei confronti del testo, quest’affermazione sembra essere ancora più centrata in questo caso rispetto al modo di intendere la vita delle storie raccontate. L’atto quinto, Come va a finire, è qualcosa di più dei consueti “titoli di coda” nei quali si rivelano fonti e modalità di lavoro dei singoli pezzi: il romanzo è disseminato di “botole” o “varchi temporali” che intendono spingere i lettori a rileggere, indagare e seguire i percorsi tracciati, magari per aprirne di nuovi e inattesi.
Membri di una comunità di lettori affamati di racconti che parlino ancora di un ‘noi’ (anche perché orfani di altre comunità?) ci ritroviamo addosso il desiderio di continuare il lavoro sul mythos interpretandolo e portandone alla luce virtualità inespresse, fino a far coincidere Wu Ming con We Ming.»
Enrico Manera su doppiozero
«L’armata dei sonnambuli è un libro terribilmente amaro, doloroso, disperato forse. L’attesa di una società migliore, la pretesa di un governo razionale sul corso degli eventi si rivelano illusioni. Tagliare la testa al re non ci libera dalla fame, e neppure incarcerare gli accaparratori di farina ci permette di avere quello che ci occorre.
E proprio dalle rivoluzioni il potere trae la sua potenza. La potenza che le rivoluzioni esprimono, la potenza del lavoro e del teatro, del sapere e del desiderio si ossifica nelle forme sempre nuove del potere.
E allora cosa resta? E allora perché ribellarsi?
[…] La rivolta serve a sapere che esistiamo, serve a dare un senso alla sofferenza e anche alla sconfitta. Prima non sapevo di esistere e subivo la violenza del potere come se fosse naturale: la rivoluzione mi ha permesso di riconoscermi, ho capito che potevo ribellarmi, ho capito che esisto, che posso rifiutare e quindi cominciare a essere, ho capito che posso posso incontrare altri che come me si ribellano, ho conosciuto l’amicizia, impensabile prima della rivolta.
L’esperienza della rivolta rende possibile la costruzione di senso, cioè quell’indipendenza dal potere che consiste nella coscienza di sé, nel disprezzo e nell’odio. L’esperienza della rivolta rende anche possibile l’amicizia, la tenerezza, l’avventura, sconosciute a chi subisce l’ipnosi del salario, della paura, della legge.»
Franco “Bifo” Berardi
[…] lettura più che consigliata. Maxime ora che i Wu Ming hanno rilasciato, come loro solito, l’ebook gratuito sul sito http://www.wumingfoundation.com/giap/?p=20879#more-20879 […]
Grazie mille un anno fa ho acquistato il libro, solido, da toccare, stropicciare, prestare, sfogliare ecc. tutto quello che si può fare con una cosa che si può anche toccare, oggi scarico la versione Ebook, per… parti per il mondo e non ti porti una biblioteca, grazie mille e tutti
[…] recente L’Armata dei sonnambuli, il collettivo di scrittori Wu Ming si cimenta nel racconto della Rivoluzione francese. Sotto […]
[…] Nel romanzo la protagonista è la rivoluzione francese e il periodo narrato si concentra in due anni (1793 e 1794), due anni che però nella storia dell’umanità hanno avuto il peso dei secoli. Quattro personaggi, di estrazione differente e protagonisti della storia minore, che parlano, pensano, agiscono in modo diverso. Si tratta di personaggi storici, esistiti davvero, dei quali i Wu Ming hanno romanzato il “realmente accaduto” e intrecciato le storie in maniera credibile. Il commento di Tatiana Larina qui. Potete trovare l’ebook gratuito disponibile in tutti i formati sul sito Wumingfoundation. […]