[Per capire quali mostri si nascondano in certi discorsi contro il “degrado” delle nostre città e in difesa del “decoro”, nulla di meglio che osservare il fenomeno dall’ultimo lembo nordorientale d’Italia, Trieste, dove tutte le tendenze si manifestano più estreme, con contenuti più espliciti e contorni più netti. Lo abbiamo detto in molte salse: il Nordest – e soprattutto l’estremo Nordest – è un osservatorio privilegiato. Più volte abbiamo esaminato retoriche e tendenze nazionali a partire da come si manifestano ed esprimono nelle zone ex-“irredente”. Di recente, abbiamo analizzato lo “sdoganamento” nazionale di Salvini e la nascita del fascioleghismo partendo da quel che è avvenuto a Gorizia il 23 maggio. Anche stavolta vi proponiamo un bel “caso di studio”. Buona lettura.]
di Andrea Olivieri e Tuco (Martino Prizzi)
L’episodio in sé è ridicolo: una rissa tra ragazzi e quattro scritte sui muri di uno stabilimento balneare. Sufficienti però a far eclissare la totalità dell’intellighenzia che da anni si crogiola nella auto-rappresentazione da intellettualità mitteleuropea, e far salire alla ribalta saltimbanchi e ballerine, impegnati dapprima nel mobbing mediatico dei cittadini kosovari che vivono in città, e poi nell’esaltazione di una inesistente “comunità omogenea triestina”, tesa a mantenere la propria armonia attraverso l’ideologia del decoro, dispositivo di discriminazione ormai rodato e cartina di tornasole del coincidere tra ciò che viene chiamato “integrazione” e l’integralismo culturale, linguistico e religioso.
A salire sul carro della “lotta al degrado” stavolta anche un pezzo della Trieste che si vorrebbe “progressista”, persino “alternativa”, quasi a scimmiottare il folle esperimento renziano di costruzione a tavolino dell’avversario politico perfetto, quel Salvini razzista fino al midollo utile a scompaginare le carte nel campo avversario. Salvo poi sdoganare nella società tutta i peggiori istinti xenofobi e ritrovarsi quell’avversario, che si riteneva manovrabile e incapace di imporsi, più forte di chiunque altro. Si veda quanto sta accadendo nella bergamasca dove la Lega sta tentando di trasformare la popolazione in una sorta di Ku Klux Klan all’italiana contro i rifugiati.
Scherzare col fuoco è sempre pericoloso, ma a Trieste assume tratti storicamente grotteschi e inquietanti. Soprattutto se il frame nel quale ci si muove è fin dall’inizio segnato dalla metafora della guerra etnica.
1. Come ti fabbrico una piccola guerra ex-Iugoslava
16 giugno. A partire da una rissa tra due gruppi di adolescenti avvenuta la sera prima in una strada secondaria del centro, Il Piccolo, attribuendo lo scontro a kosovari contrapposti a serbi, inaugura la costruzione mediatica di un conflitto interetnico estraneo alla città, ma nel cuore della città, e nei successivi dieci giorni soffierà sul fuoco dell’allarme, dipingendo Trieste in mano a “bande balcaniche”.
17 giugno. Il Piccolo “scopre” che ai “Topolini”, storico stabilimento balneare triestino, in mezzo al groviglio di scritte e tag di cui sono ricoperti i muri degli spogliatoi ci sono alcune scritte inneggianti alla Serbia e al Kosovo. Anche su alcuni scogli qualcuno ha tracciato con la vernice rossa la scritta KOSOVO. Il Piccolo riporta anche alcune voci che riferiscono di atti di bullismo che un gruppo di ragazzini kosovari avrebbe compiuto nei confronti di coetanei e coetanee serbi e italiani. Il Piccolo mette immediatamente in relazione questa “scoperta” con la rissa precedente, nonostante non sia emersa nessuna evidenza in tal senso.
18 giugno. Su alcuni profili Facebook di personaggi legati all’estrema destra viene lanciata l’idea di “riconquistare i Topolini” con la forza.
Ci si pone il problema di tentare di fare la cosa “con testa”, evitando di finire in galera mentre i “puniti” verrebbero curati all’ospedale “con i soldi delle nostre tasse”.
19 giugno. L’ex campione italiano dei pesi massimi Fabio Tuiach, cattolico dichiarato, assiduo pellegrino a Medjugorje e vicino alla Lega Nord, ha la soluzione: lancia un appello su Facebook per “riprendersi i Topolini” diventati “territorio di bulli stranieri”. L’appuntamento è per il 28 giugno. Tuiach parla come “padre di famiglia”, dice che andrà ai Topolini con moglie e figli, e invita una decina di amici a unirsi a lui “per difendere la legalità”. Aggiunge che “se ci sarà qualche prepotente, troverà pane per i suoi denti”. Tra gli amici che chiama a raccolta ci sono alcuni di quelli che il giorno prima avevano lanciato per primi l’idea della “riconquista” – alcuni sono nomi noti del milieu nazionalista italiano. Inoltre ci sono Pierpaolo Roberti, segretario della Lega Nord, e Alessandro Gotti detto “Tonfa”, responsabile del servizio di sicurezza del Movimento Trieste Libera ai tempi d’oro (cioè l’anno scorso). Tutti soggetti che in teoria sarebbero su fronti contrapposti degli schieramenti localistici triestini.
Sempre 19 giugno. A distanza di poche ore, l’associazione ricreativa SPIZ, di ispirazione vagamente progressista, nota per la promozione di una certa triestinità goliardica, e vicina al sindaco Cosolini (PD), lancia sempre per il 28 giugno una mobilitazione per la ripulitura dei Topolini da scritte e tag.
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L’iniziativa di SPIZ non nasce in opposizione a quella di Tuiach: le due iniziative diventano subito, di fatto, la stessa iniziativa. Qualche giorno dopo, Paolo Stanese (collaboratore di SPIZ e del portale Bora, impegnato in progetti istituzionali contro gli stereotipi di genere) spiegherà:
«Credo che le intenzioni di Fabio di “riconquistare i Topolini” siano del tutto pacifiche, e la manifestazione simbolica: ovviamente, che sia un peso massimo a invitare le famiglie a partecipare crea una sicurezza (psicologica) che la stessa proposta non avrebbe, se fosse formulata da un pallido bibliotecario.»
Il mondo ha bisogno di pugili, non di bibliotecari, ovviamente: a chi solleva perplessità sull’opportunità di gemellare le due iniziative, visto il codazzo che Tuiach si porta dietro, quelli di SPIZ rispondono che “l’importante è fare”, e che “la politica non c’entra”.
20 giugno. Su Facebook nasce il gruppo “Trieste ai triestini”, che in quattro giorni raccoglie più di 3000 like. Sulla bacheca dilaga il razzismo più becero, molti dicono che se la polizia e il sindaco non fanno niente, allora bisogna fare da soli, organizzarsi per ripulire Trieste dai balcanici. Il plauso all’iniziativa di Tuiach è totale – e spesso imbarazzante nei toni. La pressione sulla comunità kosovara si fa sempre più forte. C’è chi invoca la riapertura della Risiera, chi il manganello e l’olio di ricino, chi l’intervento dell’esercito e chi…
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21 giugno. Il Piccolo lancia in grande stile l’iniziativa di Tuiach, e dedica qualche riga a quella di SPIZ.
23 giugno. Compare magicamente il “kosovaro buono”. Gazmend Muqa, piccolo imprenditore nel ramo dell’edilizia, prende spugnetta e solvente e va ai Topolini a cancellare la famigerata scritta “KOSOVO” dallo scoglio. Con lui c’è probabilmente un fotografo del Piccolo, perché la pulitura dello scoglio nel giro di qualche ora diventa la notizia del giorno.
24 giugno. In modo del tutto inspiegabile, l’iniziativa di Tuiach conquista la ribalta nazionale. Il Corriere della Sera dedica al pugile un’intera paginata sull’edizione nazionale, a firma di Giusi Fasano. La giornalista, pur impegnata sul tema delle discriminazioni di genere, confeziona un racconto edificante pieno di melassa, tralasciando di dire che Tuiach è uno che su Facebook scrive cose così:
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25 giugno. Il Piccolo pubblica una foto di Tuiach e Muqa che si stringono la mano. Cori di evviva, l’ammore ha trionfato, il conflitto etnico è scongiurato, siamo tutti triestini, la stretta di mano tra i due maschi alfa ha riportato la pace nella comunità. E poco importa se su facebook la valanga di merda xenofoba non accenna a fermarsi. Le ultime perplessità in area “liberal” svaniscono: il 28 giugno “sarà una festa del civismo”.
27 giugno. Dopo dieci giorni di campagna di demonizzazione sulla “città in mano alle bande balcaniche”, Il Piccolo riferisce che secondo la Procura della Repubblica la rissa che avrebbe scatenato tutto “non nasce da una «guerra etnica» in corso bensì da uno scontro tra gruppi legato a «dinamiche adolescenziali pur complesse»”, versione confermata dalla questura. L’allarme da quel lato ha prodotto comunque la bellezza di 29 indagati per rissa, di cui 19 minorenni, di ogni nazionalità e provenienza, compresa quella italiana.
Intanto però i buoi sono scappati, il parossismo anti-degrado prende la ribalta, senza però rimuovere il dato etnico, ma permettendo una costruzione “più aperta” della giornata proposta da Tuiach: Spiz, il portale Bora e il blogger Andrea Rodriguez – dei cui ruoli parleremo tra breve -, da più parti messi in guardia sui rischi di fare “le spugnette” con i fascisti, replicano che la loro presenza tutelerà da eventuali incidenti. Come se il problema fossero inesistenti rischi per l’ordine pubblico, anziché l’ennesima legittimazione politica, da sinistra?, di discorsi e pratiche securitarie e razziste.
2. Flashback: i Topolini anni Ottanta
I Topolini sono uno stabilimento balneare che si stiracchia per quasi un chilometro su un tratto del lungomare che fa da ingresso a Trieste. Dieci piattaforme di cemento a forma di semicerchio, da cui appunto il nome Topolini, dove i triestini vanno a prendere il sole e a farsi un tuffo in pausa pranzo e nei weekend.
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L’ingresso è gratuito. Anzi, l’ingresso nemmeno c’è, perché ai Topolini ci si arriva direttamente dal marciapiede, di cui le piattaforme sono una specie di protesi che si affaccia diritta sull’acqua profonda: i Topolini sono uno dei topoi della triestinità, di quelli che finiscono nei libri di Claudio Magris per capirci. Li frequentano un po’ tutti, indipendentemente dalla classe sociale. Quasi indipendentemente: i ricchi, quelli veri, in realtà non ci mettono piede, anche se poi da vecchi ne parlano come se da ragazzini li avessero frequentati assiduamente. Perché chi non ha passato l’adolescenza ai Topolini non è un “vero triestino”.
In realtà i Topolini – quelli dal settimo al decimo in particolare – sono da sempre il setting ideale per lo sfogo di una certa marginalità adolescenziale. Chi li abbia frequentati da ragazzino negli anni Ottanta – ovvero l’epoca in cui tra “i bulli” c’erano tanti di quelli che oggi si ergono a paladini del decoro e della disciplina – dovrebbe ricordare che è su quelle piattaforme di cemento affacciate sull’acqua che molti di noi facevano esperienza delle prime malefatte della vita: nell’universo sospeso delle vacanze estive, perlopiù sottratto alle regole e al controllo dei grandi, passavano le prime sigarette, le prime bottiglie di birra o peggio di vodka, i primi spinelli di hascisc di pessima qualità. Nella calura e in costume da bagno era un attimo ritrovarsi a scambiare i primi impacciati gesti del sesso e considerare i ben poco intimi spogliatoi lo schermo ideale per amplessi poco consapevoli ma di cui si sarebbe favoleggiato per mesi. Ma soprattutto erano i Topolini il contesto ideale per le prime guerre tra bande, dove – ben al di là dell’esperienza ludica infantile – si faceva esperienza della puerile quanto violenta necessità di difendere il territorio, e dell’impulso alla definizione di ruoli e gerarchie – lo stesso gioco in cui si sono dilettati alcuni uomini di mezza età il 28 giugno.
È qui che i maschi soprattutto facevano esperienza della violenza di gruppo, spronati dal tacito obbligo di “fare l’uomo”, a cui poteva capitare di dover rispondere accettando le provocazioni di un bullo più grosso, o accanendosi in gruppo su un debole preso di mira, oppure indugiando nello “scherzo” più classico, quello di buttare a mare una ragazza vestita, oppure slacciandole il reggiseno prima del tuffo, e quindi facilmente passando dallo scherzo all’intimidazione violenta e alla denigrazione.
Per quello che leggiamo e sappiamo su come sarebbero andate le cose, nemmeno un decimo di tutto ciò sarebbe accaduto nelle ultime settimane per mano dei famigerati “ragazzini kosovari”, mentre non vi è la minima evidenza che i ripetuti episodi di bullismo e vandalismi di cui i Topolini sono da sempre scenario, riguardino solo alcune etnie e non altre – cosa di cui pare convinto Tuiach, che infatti finisce per spiegare qual è il problema dal suo punto di vista, ovvero che i ragazzini triestini “sono più tranquilli bravi ragazzi mammoni”
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E anche ammettendo la regola per la quale se fai il bulletto prima o poi arriva qualcuno più grosso a metterti a posto – nella vita reale falsa nella maggior parte dei casi -, non si capisce per quale motivo a ciò dovrebbe porre rimedio una ronda improvvisata di quaranta-cinquantenni testosteronici, con il supporto attivo dei media che fingono di non sapere dove andrà a parare questo discorso, quando il tema dominante del dibattito politico è la fantomatica “invasione degli stranieri”.
3. Balcanofobia: il ritorno del rimosso
A Trieste il tema dell’ “invasione degli stranieri” ha caratteristiche tutte particolari, che tuttavia se lette con attenzione permettono di capire meglio alcune dinamiche anche a livello generale. Trieste ha poco più di 200mila abitanti, dei quali circa 20.000 sono immigrati con passaporto e cittadinanza stranieri, ma residenti a Trieste. Di questi, circa 12.000 provengono dai Balcani (più di 5000 sono serbi e quasi 2000 sono albanesi, di cui più di 1000 provenienti dal Kosovo). Sono presenti a Trieste praticamente tutte le nazionalità della ex-Jugoslavia, e quasi ciascuna di esse, con l’eccezione di albanesi e macedoni, vanta una componente storica (i cui membri sono cittadini italiani e quindi non sono compresi nei numeri riportati qui sopra) su cui si è poi innestata la componente di immigrazione recente.
In altre parole, oggi Trieste è – come è sempre stata – una città anche balcanica. Questo dato fa parte del rimosso nell’autorappresentazione che la città dà di se stessa: un mix di ipernazionalismo italiano e austronostalgia, condito di “triestinità”. Il fatto è che dal 1915 i Balcani sono il luogo dell’attrito tra l’imperialismo italiano e quello austrotedesco. E Trieste è stata a lungo l’avamposto d’Italia nella conquista di quello che essa considerava il proprio Lebensraum nei Balcani. L’Italia entra in guerra, nel 1915, per prendersi l’intero Adriatico orientale e l’Albania. E’ alleata della Serbia e nemica degli austrotedeschi. Passano 20 anni. Nel 1939 l’Italia occupa l’Albania, nel 1940 attacca la Grecia e nel 1941 si spartisce la Jugoslavia coi tedeschi, che stavolta sono alleati e non nemici. Ma la rivalità coi tedeschi nello spazio balcanico riemerge, e così l’Italia comincia ad appoggiare i cetnici serbi (formalmente nemici) a discapito degli ustascia croati (formalmente alleati). Allo stesso tempo appoggia l’opera di albanizzazione violenta del Kosovo portata avanti dalle autorità di Tirana sottoposte al protettorato italiano.
Questa breve carrellata serve a dimostrare come storicamente siano stati gli italiani a invadere i Balcani, e non viceversa. E come le tensioni etniche e i nazionalismi che negli anni ’90 hanno distrutto la Jugoslavia siano anche un portato della politica coloniale italiana – e austrotedesca – nei Balcani durante la prima metà del ventesimo secolo. Trieste come si è detto vive sospesa tra rigurgiti nazionalpatriottici “italianissimi” e austronostalgia irrancidita. I Balcani sono la coscienza sporca di Trieste, perché evocano il rimosso di entrambi i miti tra i quali oscilla la città. Trieste ha paura dei Balcani perché ha paura di se stessa.
Il rapporto di Trieste coi Balcani è paradigmatico del rapporto tra Europa, immigrazione e rimozione del passato coloniale.
4. «Topolini Day»: l’ordine regna a Trieste
Il 28 giugno, verso le 9.00, al decimo topolino una decina di uomini di mezza età si pavoneggiano davanti a una batteria di telecamere e di microfoni, esibendo muscoli e tatuaggi. Sono Tuiach e i suoi amici. Tra questi alcuni volti noti dell’estrema destra nazionalista triestina di qualche lustro fa. Intorno a loro, una ventina di donne e di uomini di mezza età, però senza tatuaggi e non particolarmente muscolosi, si danno da fare con spazzole e spugnette per ripulire da scritte e tag le porte degli spogliatoi e i sedili di pietra sul bordo della piattaforma. Sono i soci di SPIZ.
Quattro pulitori in realtà i muscoli li hanno: sono Muqa e i suoi amici. Ci sono anche alcuni ragazzini e alcune ragazzine che sembrano annoiarsi a morte mentre osservano i loro coetanei che si tuffano dal nono topolino. Per circa due ore gli uomini muscolosi continuano a pavoneggiarsi davanti alle telecamere, mentre i kosovari, le donne e gli uomini non particolarmente muscolosi continuano a pulire, e i ragazzini e le ragazzine continuano ad annoiarsi.
Tra i pulitori c’è anche un uomo dalla folta barba: si tratta di Andrea Rodriguez, blogger triestino che dopo aver simpatizzato per il M5S e poi appoggiato il Movimento Trieste Libera, ora sta lavorando alla costruzione di un rassemblement civico in vista delle prossime amministrative. Rodriguez non sembra molto efficace nel lavoro di spazzola, così uno degli amici di Muqa gli dice gentilmente: “Dammi, faccio io”. Dopo un po’ il barbuto se ne va a scrivere quanto sia stata bella l’iniziativa.
Tra gli uomini muscolosi si aggira anche Gotti, che a differenza degli altri non è in costume da bagno. Indossa maglietta nera, pantaloni neri a mezza gamba e anfibi. Non ha l’aria particolarmente soddisfatta, forse perché la sera prima la pioggia ha fatto saltare uno degli incontri di Muay Thai che da anni le giunte comunali, di centrodestra come di centrosinistra, gli patrocinano malgrado gli alti e bassi della sua carriera di promoter.
O forse anche perché, come si sa, non c’è posto per due galli nello stesso pollaio.
Al bar, durante una pausa, un uomo muscoloso coi tatuaggi offre da bere a un kosovaro, che lo ringrazia. L’uomo muscoloso allora tende il braccio e dice: “Dux nobis!”.
A un certo punto qualcuno porta delle birre e dei panini al prosciutto. I ragazzini vengono precettati per colorare un cartellone su cui c’è scritto in triestino: “Barcola xe de tuti. Comportemose ben”.
Verso le 13.00 il decimo topolino è proclamato pulito, e l’adunanza si scioglie. Il tutto è durato circa quattro ore, si è svolto in uno spazio di circa 200mq, e ha coinvolto circa una cinquantina di persone.
5. Il microcosmo di una comunità organica
Il racconto della giornata confezionato dal Piccolo, dal portale Bora – primo blog triestino, partito con velleità culturali e progressiste, poi ampiamente disattese –, dall’associazione SPIZ – che ha persino intruppato un’insegnante di italiano per stranieri – e persino dal TG1 nazionale è un condensato di buoni sentimenti da strapaese. Grazie alla stretta di mano tra Tuiach e Muqa la comunità ha ritrovato la sua armonia e si è pacificamente riappropriata dei Topolini. La Trieste multietnica, multiculturale, civile e tollerante ha trionfato, riscoprendosi unita in nome del “diamoci da fare per il decoro”. Il fatto che nessuno si sia fatto male viene portato a dimostrazione della bontà dell’iniziativa.
Noi abbiamo visto qualcosa di molto diverso.
Abbiamo visto un giornale lanciare una campagna di demonizzazione, facendo leva sull’atavica fobia dei triestini nei confronti dei Balcani.
Abbiamo visto un crescendo di xenofobia e una comunità immigrata criminalizzata per giorni e giorni.
Abbiamo visto un manipolo di uomini di mezza età, con trascorsi nell’estrema destra e decisi a riprendersi i Topolini con le buone o con le cattive, trasformarsi in due agili mosse in “buoni padri di famiglia” tutti sorrisi, pacche sulle spalle e ciò mi ciò ti.
Abbiamo visto un atto di vassallaggio etnico. Perché la stretta di mano tra Tuiach e Muqa – dopo che Muqa ha ripulito lo scoglio – ci racconta esattamente questo: una comunità etnica è stata criminalizzata, e per sottrarsi al mobbing ha compiuto un atto di vassallaggio.
Attenzione: qua non si sta parlando delle motivazioni personali di Muqa, che non conosciamo. Qua si sta parlando del ruolo che Muqa ha interpretato nel racconto che i media hanno confezionato su tutta questa vicenda. La prova? E’ molto molto concreta: il 28 giugno al decimo topolino Muqa spazzolava le pietre col solvente, mentre Tuiach mostrava i suoi tatuaggi ai giornalisti.
Abbiamo visto spacciare per triestinità inclusiva un cartellone con una scritta in triestino “che capiscono tutti” – e a nessuno è venuto in mente che forse sarebbe stato giusto scrivere la stessa frase anche in albanese o magari in serbo. E ancora abbiamo visto spacciare per triestinità inclusiva una merenda a base di prosciutto e birra, nonostante la maggior parte dei kosovari sia di religione musulmana.
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Abbiamo visto almeno un saluto romano – ma sicuramente sarà stato ironico.
Abbiamo visto trasformarsi in paladino del decoro un blogger che nel 2008 esortava a riempire i muri di tag e a pisciare nei vicoli contro la gentrificazione della Cittavecchia.
Abbiamo visto un’anima in pena con gli anfibi aggirarsi tra bagnanti, telecamere e la polizia.
Abbiamo visto i volontari di SPIZ fare le semplici comparse nei servizi televisivi dedicati al “big man” della giornata, Tuiach, il gladiatore che ha guidato la riconquista dei Topolini. Li abbiamo visti fare (letteralmente) il lavoro sporco, un lavoro in sé anche apprezzabile (tutti noi preferiamo andare a fare il bagno in uno stabilimento tenuto bene), ma al servizio di un capopopolo improvvisato e della banda di teste calde fasciste, leghiste e neoindipendentiste che si è tirato dietro. E come atto di vassallaggio questo ci è sembrato il più stomachevole.
6. Vive la trance!
L’idea che quindi viene fatta passare di un’iniziativa che ha coinvolto poche decine di persone ma ha avuto una ribalta mediatica potentissima, è quella di una manifestazione civica e spontanea, il classico “dì di festa” all’italiana, famiglie, bambini, volontari, e un po’ di ex cattivi ragazzi a dimostrare che nella vita si può cambiare ed essere migliori.
La città sembra volerci credere, le voci che si ostinano a sottolineare le incongruenze e i rischi per il futuro vengono liquidate come i soliti bastian contrari, quelli che sanno solo criticare mentre gli altri *fanno*. Insomma, cancellate tutte le scritte dai Topolini, sembra ne resti una soltanto, a segnalare che forse ci stiamo davvero trasformando tutti in un armata di sonnambuli: VIVE LA TRANCE!
Non considerando la merda ormai sdoganata di quelli che “allora sì, sono razzista!”, sono due gli atteggiamenti che sembrano prendere piede nelle discussioni sui social network come in quelle al bar o tra amici.
Il primo è quello di chi non riesce a leggere (a volte non vuole) ciò che sta in fondo alla vicenda, la sua dimensione razzista, e in qualche modo si compiace dell’idea del decoro come metro di misura per la qualità della vita di una città. Chi sceglie questa forma di sonnambulismo sembra non avere idea di come storicamente si sono affermati i fascismi, né di cosa sia la microfisica del potere. Eppure tra i redattori del portale Bora c’è anche chi dovrebbe aver almeno leggiucchiato Hannah Arendt o Michel Foucault, tanto per dire. C’è invece chi in un articolo rivendica di fare “un uso mentale, non storico della parola «fascista»” per giustificare il fatto di accompagnarsi a gente che su facebook scrive cose del genere.
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Il dubbio che qualcuno stia scherzando col fuoco, sapendo di farlo, si fa forte.
Forse meno preoccupante l’atteggiamento di chi magari anche intuisce o ha chiara la strumentalità politica della cosa, ma non riesce a vedere i rischi dello sdoganamento nel senso comune di queste forme di fascismo. Il discorso dominante in questo caso è una sorta di “benaltrismo” che si basa sull’insuccesso numerico dell’iniziativa paragonato ad altre mobilitazioni, ma non considera che il suo successo mediatico equivale all’aver lanciato una palata di letame contro un ventilatore che gira a tutta forza.
Le persone che a Trieste stanno rimuovendo e ridimensionando quanto successo non si pongono alcune domande:
perché i media danno tanto risalto a questa cosa?
Perché almeno in una fase iniziale l’elemento etnico viene fatto risaltare, per poi confondersi (ma continuando a lavorare sottotraccia) tra le altre considerazioni naturalistiche sulla qualità della vita, il decoro, la storia di tolleranza e convivenza?
Ma soprattutto: perché si accetta che la propria città venga rappresentata a questo modo? Un luogo bidimensionale, privo di complessità, nel quale è semplice mettersi d’accordo se tutti assieme si collabora, mettendo da parte le differenze, per il “bene della città”.
7. L’ideologia del decoro
Lo schermo per mascherare il messaggio implicito di esclusione che parte da questa giornata è fornito dall’ideologia del decoro, grosso modo nelle stesse modalità con cui essa si è imposta alla ribalta mediatica nazionale, ad esempio con la vicenda delle spugnette milanesi.
Cos’è l’ideologia del decoro? Il blogger Zeropregi ne aveva individuato alcune costanti che ne caratterizzano i discorsi e l’essenza reazionaria:
«Se la città è sporca è colpa di chi rovista nei cassonetti. Se i mezzi pubblici sono fatiscenti è colpa di chi non paga il biglietto. Se il patrimonio pubblico/artistico di questa città è tenuto male è colpa degli hooligans venuti da fuori o di chi mendica, creando un circolo vizioso che contrappone gli indigenti ai cittadini, come se entrambi non fossero parte dello stesso tessuto sociale. Con i suoi pro e i suoi contro.»
A ben guardare, è proprio l’ideologia del decoro il vero degrado, il viatico per ogni sopruso e discriminazione. Il decoro diventa un surrogato della dignità, perché consente di rimuovere dalla vista la merda e comportarsi come se non esistesse. Ad esempio: si cancellano le scritte sui muri senza interrogarsi sui conflitti sociali che le hanno prodotte. Su “Riza psicosomatica”, a proposito dell’ansia di ordine e di pulizia, si legge:
«Si tratta a tutti gli effetti di una forma d’ ansia acuta, nella quale si scarica un fortissimo bisogno di controllo. Di solito è un modo inconsapevole per impedire alle emozioni di emergere, o per gestire insicurezze radicate, o per sentirsi a posto con la coscienza: in questo caso l’ordine diventa per analogia un ordine morale, un senso di “pulizia interiore”»
Ovviamente a tutti fa piacere vivere in un ambiente ragionevolmente pulito. Ma quando il desiderio di pulizia diventa ossessione e si trasforma in priorità assoluta, allora tutto il resto scompare dall’orizzonte. In nome del “decoro” diventa accettabile qualunque cosa, anche mettersi al servizio di un manipolo di bulli di mezza età e lavorare di spugnetta mentre quelli si pavoneggiano davanti alle telecamere. Il razzismo, la gerarchizzazione delle etnie, il sessismo, l’omofobia ecc. passano in secondo piano, perché “l’importante è darsi da fare”.
Con queste premesse, è impossibile aspettarsi che si apra un dibattito sullo stato della città, sugli sfratti, sulla situazione nelle periferie, sulle tariffe dei ricreatori comunali che sono raddoppiate, sulle bocciature di bambini stranieri in prima elementare per mancanza di insegnanti di sostegno, sulle carenze dell’amministrazione comunale in tutto ciò che si trova al di fuori del salotto buono, piazza Unità e dintorni. Il vero degrado, a Trieste, è il razzismo sociale prodotto dalla crisi e l’incapacità delle istituzioni di intervenire a favore di chi ne sta pagando il prezzo. Le scritte sui muri ci parlano di questo, se le sappiamo leggere. Cancellarle non elimina la realtà che le ha prodotte. Di più: cancellarle sotto la direzione di Tuiach e dei suoi è un ulteriore elemento di degrado che si aggiunge alla realtà che le ha prodotte.
Ma la domanda fondamentale è: a cosa mira l’ideologia del decoro?
È il messaggio di tutta questa vicenda: il povero, il disgraziato, il diverso, il subalterno – ma anche l’insegnante precario o lo stato insolvente – devono stare al proprio posto, non rompere i coglioni mentre “il mondo va avanti”, magari a colpi di Jobs Act, di riforme della scuola, di ulteriore clandestinizzazione dei migranti. Che importa quindi se in una prima elementare triestina tre bimbi (guarda caso tutti stranieri) vengono bocciati perché la scuola non è stata economicamente in grado di garantire un servizio fino a poco tempo fa considerato indispensabile come l’insegnante di sostegno (si badi bene, parliamo quindi di un posto di lavoro destinato a uno delle migliaia di insegnanti precari e disoccupati italiani). I loro fratelli maggiori vanno ai Topolini perché è il passatempo più economico sulla piazza: il messaggio che in questi giorni è passato – e che Il Piccolo continua a riproporre – è che questi ragazzi, che siano bulli o meno, là non hanno diritto di stare. Perché se i tuoi comportamenti non sono nella norma – se non sei “un bullo italiano o triestino” – devi essere “schiacciato”…
Cosa sappiamo dei ragazzini kosovari che avrebbero “colonizzato” il decimo topolino? Niente. Sono dei fantasmi. Nessun giornalista ha tentato di parlarci, nessuno è andato al mare a osservarne le dinamiche di gruppo, nessuno si è chiesto chi siano i loro genitori, in che zona della città vivano, che alternative abbiano al ciondolare per strada durante l’estate (lo stesso vale ovviamente per i loro coetanei serbi, cinesi, italiani, eccetera). Non sappiamo in realtà nemmeno se siano kosovari! Invece sui media si è costruito il personaggio del “kosovaro buono” da contrapporre ai “kosovari cattivi”, il gigante Muqa che metterà in riga la sua comunità, collaborando col gladiatore Tuiach, in nome del decoro – ma , dettaglio sfuggito ai più, iniziando dal cancellare una scritta che in realtà era in serbo e non in albanese!
8. Triestinité™ e comunità
L’ideologia del decoro, per potersi pienamente affermare ed essere utilizzata politicamente, ha bisogno di fare riferimento a una comunità che si pretende coesa attorno alla difesa del “bene comune”. Poco importa che si stia discutendo di quattro scarabocchi anziché di altri vandalismi, decisamente più criminali e impuniti.
Di “spronare” la comunità che si “riprenderà” i Topolini per “restituirli” alla città – dopo aver valutato che l’iniziativa avesse preso il giusto carattere da “family day” – si incarica Andrea Rodriguez, non nuovo a florilegi della “triestinité”, sulla falsa riga proposta dal portale locale Bora. Quest’ultimo aveva costruito la sua immagine e la sua fortuna sull’esaltazione di alcuni aspetti che di certo contraddistinguono in maniera abbastanza netta la città da altri luoghi del nord Italia: la cucina, il mare e il Carso, il dialetto e… la famigerata storia. Su buona parte di questi elementi negli anni la redazione ha via via dato l’impressione di essere intrappolata negli stessi luoghi comuni che ha contribuito a creare, sull’ultimo aspetto – la storia – ha dimostrato, in negativo, che tentare di fare i trasversali e gli ecumenici su tutto finisce sempre per farti fare la parte del reazionario. E del resto l’esaltazione di una specificità, per quanto la si voglia aperta e inclusiva, è pur sempre una chiusura.
Andrea Rodriguez è da decenni ormai un faro della vita giovane triestina, promotore di spazi ed eventi “alternativi” e di iniziative “nel sociale”. Forse per l’età, negli ultimi anni ha deciso che era necessario guardare anche alla politica “per il bene della sua città”. Proprio sulle pagine di Bora aveva a suo tempo confezionato lo spot di lancio – quasi una chiamata alle armi – dell’allora ascendente Movimento Trieste Libera, concludendo il racconto di un dibattito piuttosto movimentato con queste parole:
«Anzi la mia idea è che lo scontro si radicalizzerà sempre più, anche perché è solo attraverso questa radicalizzazione che MTL può puntare ad ottenere qualche risultato.
Se prima avevo dubbi, ora ne sono certo: è l’unica strada possibile.
Dura, durissima, dolorosa ma l’unica possibile.
Niente elezioni, niente urne.
Questo non è 5 Stelle.
Solo strade e piazze.
Sì o no.
Tutto o Niente.»
Nella vita si può essere e fare tutto, e il suo contrario: se ci si ritiene “spiriti liberi” non c’è contraddizione nel fomentare al vandalismo in Cittavecchia ed entusiasmarsi per aver contribuito a cancellare “un groviglio di scritte orrende” ai Topolini. E si può flirtare con personaggi di Forza Italia, tifare per Beppe Grillo, abbracciare la causa indipendentista, difendere strenuamente il diritto di Ernst Nolte a parlare nella città che ospitò l’unico campo di sterminio del sud Europa, mentre si elogia il rap militante e antifascista degli Assalti Frontali… e poi rivendicare con orgoglio di essere fan dei fascisti Zeta Zero Alfa.
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In fondo è l’essenza della “triestinité” che alcuni rivendicano: un groviglio inestricabile di pretese contraddittorie e cangianti, italianità e austronostalgia, ribellismo anarcoide e pulsioni d’ordine, sentimenti inconciliabili che spesso convivono nella stessa persona, un marasma rivendicato come prova di un’identità certa, da difendere e affermare anche a costo di intraprendere “strade dolorose e durissime”.
Come sostenere di aver esitato inizialmente e poi decidere di aderire e promuovere l’iniziativa di Tuiach, convinti da quello che viene letto solo come un gesto di unità d’intenti, la stretta di mano tra Gazmend Muqa e Fabio Tuiach. Del post con cui Rodriguez lo annuncia vale la pena notare questo passaggio:
«La Comunità che io concepisco è APERTA e INCLUSIVA: è Triestino (cioè fa parte della Comunità della città in cui vivo) chi vive, lavora e contribuisce alla sua crescita e al suo sviluppo in armonia.
Uno può venire da qualunque Paese del mondo: se vive, lavora e contribuisce alla e allo sviluppo in armonia E’ UN TRIESTINO, cioè appartiene alla Comunità triestina, tanto quanto uno nato a Trieste da genitori nati anch’essi a Trieste.»
Verrebbe da chiedere quale sarebbe il destino di chi non dovesse volere o poter “vivere, lavorare e contribuire allo sviluppo in armonia”; ma soprattutto: cosa cazzo sarebbe questa armonia? E chi decide chi è armonico e chi non lo è?
Di certo, chi ha preso un clamoroso abbaglio per l’ingloriosa parabola indipendentista dovrebbe contare fino a dieci prima di appiccicare aggettivi come “aperta e inclusiva” alla scivolosa idea di una “omogenea comunità triestina”. Scivolosa come hanno dimostrato anche stavolta il colorato poster monolingue già citato, “Barcola xe de tuti”, e la merenda “interculturale” a base di pane, carne di maiale e birra: a chi ha fatto notare che non era il menù più rispettoso dei kosovari, in maggioranza musulmani, sono seguite reazioni sdegnate come questa:
«se mi te ofro de magnar e no te va ben per le tue fisime religiose, xe cazi tui. Qua xe Trieste se magna cussì, se no te va ben torna a casa tua».
Welcome into our community, peace & harmony!
9. Comunità e Sicurezza
In questa occasione però Rodriguez trova il tempo per chiarire di essersi smarcato dal giro indipendentista quando si iniziò a parlare di ronde contro i rumeni – ovvero giugno 2014
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Amara sorpresa scoprire che dietro a tanti discorsi su comunità aperte, e multiquesto e multiquello, cresceva e si alimentava l’odio di cui parti della “comunità triestina” sono capaci nei confronti degli stranieri e dei poveri, oltre ovviamente a quello classico, contro i s’ciavi – termine dialettale spregiativo riferito agli slavi in generale e gli sloveni in particolare.
Eppure proprio qui su Giap si era pronosticato quell’epilogo fin dall’inizio, proprio come oggi ci tocca di prestare attenzione a una vicenda da quattro soldi che però contiene in sé tutti gli elementi di una pericolosa saldatura dell’estrema destra nazionalista-leghista-indipendentista. E che alla fine va a parare un’altra volta sulla proposta delle ronde e della giustizia fai da te…
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Non lo sa Rodriguez che “è normale in un popolo che si autoidentifica”?
Il tema degrado/decoro era già entrato da tempo nel discorso del MTL. È del resto un sottotesto quasi ossessivo dell’idea di città che emergeva in quell’ambito: può un paradiso fiscale, che ambisce ad attrarre grandi capitali, con una polizia e una fiscalità proprie, essere immaginato come un posto degradato? Certo che no.
Il 28 giugno non è stato esattamente un successo per chi più di ogni altro ha costantemente riproposto questo discorso. Alessandro Gotti con il suo Gruppo Sicurezza Trieste Libera ha tentato in diverse occasioni di lanciare manifestazioni dei triestini “per la sicurezza” e per difendere i cittadini dall’invadenza di suonatori ambulanti, mendicanti, writers e graffitari.
Il gruppo si è dichiarato autonomo da tutte le correnti dell’ex MTL, mentre sembra essersi saldata una alleanza politica con Giorgio Marchesich, che ritiene di essere l’unico depositario della verità indipendentista, anche se i neoindipendentisti, e Gotti stesso, solo pochi mesi prima lo tacciavano di essere un venduto. Il che è probabilmente vero, dal momento che Marchesich ha più volte finito per flirtare con la Lega Nord. Ora Gotti però si è trovato a dover aderire a un’iniziativa lanciata da un collega pugile, di area leghista, ma alla quale sono stati invitati – e hanno aderito entusiasticamente – anche i “nemici” di Trieste Pro Patria, i nazionalisti italiani che di TLT non vogliono sentir parlare. Com’era quella frase sulla politica e gli strani compagni di letto?
Triste parabola quella di Gotti se ha dovuto mettere da parte il suo orgoglio per una questione di opportunità i cui frutti sono tutti da dimostrare. Perché il dato è questo: ti sbatti per due anni a promuovere l’idea delle ronde…
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…e nel giro di una settimana arriva qualcun altro a far passare quell’idea, con tanto di banda che suona la sviolinata, su Bora, sul Piccolo, persino sul Corriere della Sera e il Tg1. Quel qualcuno fa in fondo il tuo stesso mestiere, però è più giovane, più famoso, più vincente. Soprattutto è un buon padre di famiglia, pieno di valori religiosi (e di testosterone) e soprattutto… non è mai stato in galera.
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Chissà se Gotti – a cui di certo non facciamo una colpa per essere stato in galera – si è posto la stessa domanda che da giorni ci poniamo anche noi, trovando insoddisfacenti tutte le risposte che fanno riferimento alla casualità: cui prodest? A chi conviene l’ascesa del personaggio Tuiach? E tutta questa vicenda montata ad arte sui media?
10. Un esperimento di delirio collettivo?
Tuiach ha ampiamente fatto sfoggio delle sue convinzioni, religiose, politiche, ideali, dissimulando davvero poco da questo punto di vista: ha esternato molto le proprie convinzioni in tema di razzismo e omosessualità, con la premessa di essere uno abituato a lavorare con le mani e non con le parole e di non essere cresciuto in un ambiente agiato. Qualcuno – del Corriere, di Bora, di Spiz – avrebbe potuto fargli notare che non c’è nessuna relazione tra non essere cresciuti nella bambagia e il fatto di pensare che certi umani siano migliori o più meritevoli in base al colore della pelle, alla provenienza o alle preferenze sessuali. Molti ricchi, e ricchissimi, sono razzisti e omofobi. Moltissimi poveri sono vittime di razzismo e omofobia.
Allo stesso modo si può provenire da una famiglia di origini modeste e malgrado questo aver studiato. Un tema ricorrente nei commenti di Tuiach e di molti suoi seguaci o sponsor, perlopiù per attaccare chi esprimeva dubbi sull’iniziativa, è stato quello di non avere tempo da perdere in chiacchiere da intellettuali, concetto che Tuiach ha espresso così:
Immaginiamo che Antonio De Curtis, in arte Totò, avrebbe risposto così:
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Ancora una volta c’è da chiedersi quanto siano a loro agio con questo argomento anti-intellettuale i vari commentatori e promotori antidegrado, ma progressisti: se il fatto di non aver studiato non è certo una colpa, andrebbe chiarito che di certo lo è sbandierarlo come un merito.
Eppure qualcuno esperto di sondaggi e di metodologie delle scienze sociali ha avuto un qualche ruolo anche nell’evento ai Topolini, forse considerandolo un esperimento interessante – ne dubitiamo vista la scarsa partecipazione e quindi la limitatezza del campione -, o più probabile per sondare il campo per qualche operazione legata alla scadenza elettorale delle amministrative del 2016. Qualcuno che in qualche modo collabora con Tuiach il quale, subito dopo la comparsata ai Topolini, pubblicava questo post
che rimandava a questo sondaggio on line.
Dai quesiti sembra di capire che si intendesse da un lato misurare se i partecipanti tenessero di più alla propria identità italiana o a quella triestina – interessante notare che quella slovena non era nemmeno contemplata – a partire da due possibili scelte di nazionalità, “italiana” o “kosovara”, perché cliccando “altro” le domande erano poi rivolte a un’ipotetico intervistato kosovaro. Dall’altra parte si intendeva misurare l’atteggiamento verso gli stranieri – serbi e kosovari in particolare.
Al di là della scientificità del sondaggio è curioso che nemmeno 24 ore dopo qualcuno fosse già pronto a rilevare le percezioni dei partecipanti all’iniziativa.
11. Conclusioni
Ci sembra che questa vicenda andasse raccontata, malgrado o proprio in virtù della sua piccineria provinciale.
Ci ha colpito osservare come lo sdoganamento del “normale razzismo” della Lega e di Casa Pound – di cui Matteo Renzi porterà la parte più grossa di responsabilità di fronte alla storia – stia finendo per riempire di tossine il corpo sociale di questo paese, infiltrandosi nei discorsi in forme mutevoli di cui l’ideologia del degrado può alla bisogna essere sostituita da quella del merito, della legalità, della sicurezza, della competizione. Quel razzismo pubblicamente sbandierato penetra e si fa razzismo inconsapevole, ammantato di buon senso da quattro soldi. E finisce per trasformare personaggi che non nascondono le proprie idee reazionarie in figure di riferimento per una comunità inventata, sempre più arroccata nella difesa di un’identità indefinita ma opprimente.
Avevamo visto all’opera qualcosa di simile il 23 maggio scorso, su questa stessa frontiera ma poco più a nord, a Gorizia. In quel caso era stata la chiamata patriottica dei fascisti di Casa Pound a essere vissuta come la cosa più normale al mondo, al punto di ricevere il plauso di un pezzo dell’amministrazione di centrodestra di quella città: sul palco con Iannone e Di Stefano, stava anche l’assessore goriziana al welfare, politiche sociali e della famiglia, politiche sanitarie, servizi sociali e assistenziali, servizi educativi, pari opportunità, politiche della casa, Silvana Romano, eletta con Forza Italia. Assessore del “sociale” – tanto per parlare di merito e di competenze – in virtù di un diploma tecnico commerciale conseguito nel 1968, impiegata amministrativa dal 1969 al 1974, responsabile clienti dal 1976 al 1986, quindi dal 1986 a oggi commerciante… Questo il curriculum di Silvana Romano, che era stata ad annuire seriosa al comizio del capo di Casa Pound mentre questi vomitava odio davanti a un branco di flippati inneggianti alla bellezza purificatrice della guerra.
Anche in quella occasione la città non c’era, incurante, barricata in casa o tra gli stand di un festival dedicato alla Storia, dal quale non si era alzata una sola voce a dire che celebrare un massacro è da folli.
Anche in quell’occasione l’ectoplasma della sinistra istituzionale, il centrosinistra regionale di Deborah Serracchiani, aveva dapprima boicottato la generosa manifestazione antifascista, per poi nemmeno sollevare la questione delle dimissioni della stessa Romano dal suo incarico istituzionale, facendo passare il messaggio che sì, nell’Italia del 2015 si può stare al potere e salire su un palco circondati da braccia tese nel saluto romano, per dare dei vigliacchi agli antifascisti.
Non solo: il giorno successivo, a Trieste, la stessa retorica bellicista di Casa Pound era stata sfoggiata proprio dall’establishment renziano, con Serracchiani e Pinotti a celebrare come due liceali la stessa sanguinaria ricorrenza e lo stesso esercito che oggi, con la scusa di quattro scarabocchi – non ci stanchiamo di ripeterlo – viene nuovamente invocato per porre fine “all’invasione”. Tra tutti i “fenomeni” di questa vicenda il consigliere circoscrizionale che ha fatto questa proposta merita una menzione speciale.
E che dire del silenzio assoluto che ha accompagnato i dieci giorni di campagna anti-immigrati, riproponendo il pregiudizio anti-balcanico di cui questa città continua a non liberarsi, e che anzi riproduce come era accaduto il Primo maggio scorso?
Dove sono gli intellettuali che da decenni pubblicano interi scaffali di libri su questo “luogo-rifugio che Dio ha messo in fondo al Mediterraneo” mentre i loro concittadini abboccano alla più becera ignoranza razzista?
Pochi hanno avuto il coraggio di prendere parola in questa situazione, e spesso troppo timidamente, come se la critica di un certo modo di fare informazione, come è diventato quello di Bora, fosse un fatto privato e non una questione che ci interroga tutti e e tutte e che, discussa pubblicamente, aiuterebbe a dissipare la cappa di odio che si respira e la disinformazione che la alimenta.
In alcuni casi si ha quasi l’impressione che il vero bullismo di questa vicenda – dietro alla quale si scorgono facilmente tutti gli elementi di esaltazione machista, passati persino con l’aiuto di chi si dovrebbe occupare di discriminazioni di genere – sia quello a cui si è adeguato chi è rimasto in silenzio. E l’adesione di certe figure alla proposta di un pugile a fine carriera e con velleità politiche, sembra rispondere alla stessa dinamica per la quale, da ragazzini, si diventa adulatori del bullo più grosso per poter dire “sono suo amico”, e ottenerne la protezione. Se un peso massimo dà più garanzie di un bibliotecario, e se al centro dell’idea di città che si ha in mente non sta la battaglia per la dignità di tutti i suoi abitanti, ma quella contro il degrado di alcuni suoi luoghi caratteristici, è forse ora di prendere atto che qualcosa di grave sta accadendo, e badare bene a non ridimensionarlo.
[Per consentire una lettura non frettolosa e una discussione meditata e – soprattutto – pertinente, i commenti a questo post verranno aperti dopo il 15 luglio 2015.]
[…] Spugnette a Nordest. Una storia di topolini, «lotta al degrado» e fantasmi balcanici – di An… […]
Come ampiamente prevedibile – e previsto – dopo una breve parentesi di Peace & Love la paranoia xenofoba a Trieste è esplosa più forte di prima.
La mattina del 15 luglio il Piccolo ha pubblicato un articolo su una rissa – o un’aggressione, la cosa non è ancora chiara-, avvenuta la settimana prima fuori da una discoteca allo stabilimento balneare Ausonia. Il Piccolo riporta solo la testimonianza di un amico dell’uomo ricoverato in ospedale a causa delle percosse ricevute. Secondo tale testimonianza l’uomo sarebbe stato aggredito da quattro balcanici. La questura parla di “una presunta «lite» iniziata dentro l’Ausonia e finita male fuori, «con la persona aggredita da altre quattro che ha subito ferite di entità per cui si può procedere per lesioni a querela, ovvero con una prognosi sotto i venti giorni».” La dinamica dell’accaduto non è chiara, e soprattutto non è chiaro peché la notizia sia stata resta pubblica solo dopo cinque giorni. Quel che è chiaro invece è che a poche ore dalla pubblicazione della notizia Fabio Tuiach ha fatto una nuova chiamata alle armi su fb, taggando il solito Tonfa, Pierpaolo Roberti (probabile candidato sindaco della LN), e vari personaggi di Casa Pound e di Forza Nuova. Non ha taggato invece Gazemd Muqa. Il thread a seguire è il solito florilegio di commenti razzisti e forcaioli e di incitazioni all’azione violenta.
Il post originale di Tuiach, una vera e propria chiamata a raccolta è il seguente:
Le tag chiamano a raccolta tutti gli elementi della destra estrema triestina.
Gli elementi chiave sono l’individuazione degli “stranieri” in quanto classe responsabile del pestaggio e il tentativo di connessione con la vicenda dei topolini, senza ovviamente alcun elemento necessario e sufficiente.
La costruzione della psicosi è in stato avanzato, la patria è da riconquistare e difendere: su una base xenofoba, ma particolarmente slavofoba, as usual:
nella quale continua l’inflazione dell’immagine di una città in preda a “bande di slavi” (espressione usata 15 giorni fa a proposito dei Topolini).
Naturalmente la generalizzazione geografica e sociale è immediata, così come l’appello alla difesa con deadly force:
Parallelamente i commentatori (il post ha al momento della scrittura ha quasi 500 like e 350 condivisioni) iniziano a montare una rabbia indegna, ciecamente razzista:
Sul tema si inserisce agilmente Pierpaolo Roberti, probabile candidato sindaco della Lega nel 2016, con una scivolata nazional-familiar sentimentale. Naturalmente in chiave elettorale:
Man mano che i commenti, come vedremo, virano verso le ronde e l’incitamento a “impiccarli per le palle”, “spezzargli la spina dorsale” eccetera, qualcuno solleva a Tuiach un problema di opportunità e il pericolo di denuncia per istigazione all’odio.
Prontamente Paolo Polidori, presidente della Lega, si inserisce vischiosamente:
La Lega non sembra affatto estranea a questa compagnia. Del resto Tuiach ne è un fan sfegatato, come è noto.
Il tutto viene situato nella cornice romantica di una città che un tempo era armoniosa, senza conflitti, cullata nella sua triestinitè, nella quale non succedeva mai nulla di spiacevole.
Una qualche resipiscenza di opportunità appare in qualche commento che delira di “onesti” contro “delinquenti”. Ma chissà come mai “i delinquenti” sono sempre stranieri e la bagarre si scatena solo in questo caso.
Del resto, in una valle d’armonia chi altro potrebbe essere l’anomalia delinquente?
I commenti che incitano alle ronde stile giustizieri della notte non si contano:
Il buon mulone Tuiach, padre di famiglia incensato da Bora.La, Stanese e Rodriguez, non si sottrae:
Forse Fabio Tuiach potrebbe informarsi dai neofascisti su come si fa a pestare qualcuno a terra. Magari dopo averlo accoltellato.
Nel frattempo il tema non è ormai più nemmeno la “comunità armoniosa”, ma proprio “gli stranieri”.
In questo commento si dice chiaramente: al 5° topolino tre persone sono state allontanate dagli eroi proprio e solo in quanto “stranieri”.
Da notare il ruolo di Laura Tonero, giornalista del Piccolo, che si lascia andare a dichiarazioni inopportune, oltre l’incredibile.
Vista la campagna de Il Piccolo sui migranti, viene da chiedersi se siano rappresentative del pensiero della redazione:
Non sappiamo quale sia la foto che Laura Tonero suggerisce di togliere,
ma “un dialogo” nel quale si incita alla morte, alle sprangate, allo spezzare la spina dorsale di non identificati “stranieri” – tipicamente slavi – è per lei un dialogo “civile”.
Del resto la colpa del razzismo è degli stranieri.
Naturalmente, se uno “straniero” è coinvolto in una rissa allora il motivo è buono per essere razzisti.
Non fa una piega.
Tuttavia, bisogna agire con prudenza:
ma non si può aspettare.
Naturalmente da parte di quelli che hanno “fascicoli di 30 anni fa”.
Tipicamente per risse e pestaggi, legati alla loro militanza di estrema destra.
Un po’ meglio consigliato, Tuiach fa una qualche retromarcia:
che però non argina, né di fatto si scosta davvero, dalla valanga:
Magari, semplicemente declinata con più furbizia:
A questo punto risulta ancora più chiara la gravissima responsabilità politica che SPIZ, Bora e Rodriguez si sono assunti sdoganando Tuiach e i suoi e facendoli passare per un’allegra compagnia di muloni. Nei giorni immediatamente precedenti e immediatamente successivi al “topolini day” hanno impiegato fiumi di parole per impapocchiare una versione mistificatoria e melensa dell’iniziativa a cui avevano deciso di partecipare, e per rivendicare a sé il merito di aver trasformato una situazione potenzialmente a rischio in una festa del civismo. Il tutto senza affrontare minimamente il vero nodo della vicenda, cioè il clima di caccia allo straniero in cui l’iniziativa era nata. Dopo la pubblicazione di questo post, sia Bora che Rodriguez hanno deciso deliberatamente di ignorare tutte le questioni da noi poste, e di unirsi al coro di chi ci liquida come intellettuali segaioli. Hanno deciso di parlare di altro, di libri spariti da uno scaffale del book-crossing (Rodriguez) – dimostrando tra l’altro di non sapere cosa sia il book-crossing -, oppure delle provocazioni di Roberti sui profughi che partono in pullmann da Piazza Unità – salotto buono di Trieste – alla volta dei centri di accoglienza, rovinando la vista ai turisti appena sbarcati da una nave da crociera (sempre Rodriguez), o ancora dell’olimpiade delle clanfe, tradizionale iniziativa ricreativo-goliardica organizzata da SPIZ all’Ausonia (Bora). Ora, dopo che Tuiach sulla sua bacheca fb, sotto gli occhi della giornalista del Piccolo Laura Tonero che partecipa alla discussione, ha chiamato a raccolta l’estremismo di destra triestino nella sua crociata a difesa della città., Rodriguez tenta di fare il pompiere e di richiamare alla calma la sua comunità armoniosa:
Un tentativo patetico, fuori tempo massimo. E SPIZ? Ci chiediamo se abbia in programma di organizzare le spugnette con Tuiach e i suoi anche all’Ausonia.
“Subumani”, “razze di merda”, “ci vuole il napalm”, “bastonarli”, “pulire la città”, “notti dei lunghi coltelli”, aspettare per strada il magistrato che ha osato aprire un fascicolo per istigazione all’odio razziale… Benvenuti sulla bacheca di Alessandro Gotti detto “Tonfa”.
LEGENDA: la frase “non me ne frega niente dei bambini [fioi] e del loro futuro” sembra una frecciata a Tuiach, che parla anche lui di passare all’azione, come Tonfa, ma atteggiandosi sempre a buon padre di famiglia. Qui, se abbiamo capito bene, Gotti gli invia il messaggio: sei un ipocrita, non serve la verniciatura buonista, è guerra tra umani e uentermenschen, è lotta tra etnie (è un concetto che Gotti ha usato più volte).
Ricordiamo che Gotti è l’ex-responsabile del servizio d’ordine del Movimento Trieste Libera, poi uscito dal gruppo e resosi autonomo.
Molto bene, oggi (oggi!) Vascotto di SPIZ chiama di nuovo Tuiach ai topolini per via di due sbiriboci sul muro.
https://twitter.com/monster_chonja/status/621673050413637632
Tra gli altri, Vascotto chiama anche Giorgio Degrassi, uno che si rammarica di non aver partecipato alle devastazioni di Treviso contro i profughi
https://twitter.com/monster_chonja/status/622526932593283072
Ho letto con interesse questo post e i precedenti su Trieste e dintorni. Anche se ho l’impressione che i fatti raccontati in questo post facciano tanta notizia solo qui, dove un anziano che si ribalta in bici ancora finisce sul Piccolo, ho trovato diversi spunti per pensare…
Innanzitutto, io sono probabilmente quel tipo di persona citato nell’articolo che non ritiene di dover sollevare una discussione su certe cose (es. gestione del blog Bora.la), e certamente perché non vedo lontano come chi ha scritto l’articolo, oltre che per carattere. Quindi grazie per la pulce nell’orecchio e la visione diversa, sempre utile.
In secondo luogo, mi ha colpito la velocità con cui i commentatori e (presumo) il pubblico del giorno delle spugnette si siano accodati al neonato leader pugile, che forse non sarà tra i peggiori del gruppo delle pulizie (o forse sa solo mordersi la lingua su Facebook, a differenza degli altri), ma non mi pare particolarmente carismatico o ricco di contenuti, né ha un passato politico, mi pare di capire (sbaglio?). Insomma, come se tanti aspettassero solo di essere parte di qualcosa, e mi sembra abbiano iniziato prima dell’endorsement del Piccolo. Sarebbe interessante capire se sia il tema ad averli convinti o se semplicemente ci sono tante pecore in giro (o tanti con idee di questo tipo).
Condivido la preoccupazione sull’amministrazione comunale che lascia al primo arrivato lo spazio per appropriarsi alla leggera di un tema evidentemente sensibile, creando un precedente o legittimando personaggi e pratiche.
Ho una domanda per chi sta a Trieste e/o frequenta alcune delle minoranze interessate da questi episodi. Che percezione hanno i componenti delle comunità di quanto accaduto (ammesso che leggano la stampa italiana e certi gruppi Fb)? I giovani sono più consapevoli dei 50-60enni? C’è stata qualche risposta non filtrata dalla stampa italiana?
L’idea del post più che quella di mettere pulci nelle orecchie era quella di mostrare un elefante che in troppi sembrano non vedere. I fatti di queste ore in Italia, e le ennesime chiamate alle ronde triestine di cui si parla nell’aggiornamento a questo post, stanno purtroppo a testimoniarlo. Altri commenti qui e al post su Ventimiglia approfondiscono la questione.
Riguardo alla tua domanda credo che la risposta sia implicita nel paragrafo sulla “balcanofobia”, ovvero: Trieste è anche una città balcanica e le componenti storiche da quell’area sono parte del tessuto sociale della città. Personalmente sono piuttosto convinto che questo si traduca in una sorta di “integrazione” di fatto, che è cosa ben diversa dall’integrazione per assimilazione demagogicamente sbandierata da molti: la prima ha sue dinamiche rodate e, soprattutto, autonome attraverso le quali si definiscono i termini e le “regole” del vissuto di chi proviene da determinati luoghi – mi riferisco qui alle componenti storiche dai Balcani a Trieste, ma sono piuttosto convinto che questo sia un meccanismo che, sul medio-lungo periodo, vale per tutti gli stranieri che decidono di stabilirsi in un determinato luogo. La seconda può produrre solo frustrazione e disastri in nome della supposta esistenza di una maggioranza che si ritiene, appunto, “omogenea” e che pensa di avere caratteristiche quasi antropologiche irrinunciabili, alle quali “gli altri” dovrebbero adeguarsi.
Prendiamo l’esempio della comunità serba. C’è da sempre a Trieste, ma già chiamarla comunità, se assumiamo questo concetto per me reazionario di “omogeneità”, è perlomeno contraddittorio: ci sono varie associazioni di serbi, alcune hanno anche una matrice nazionalista, altre caratteristiche puramente dopolavoristiche, o commerciali, o religiose, ma di fatto buona parte dei serbi di Trieste non ne fanno parte, o ne sono persino esclusi. Inoltre, mentre nel cliché triestino i serbi sono tutti muratori, esiste ormai una borghesia serba, anzi più borghesie serbe: quella imprenditoriale rampante, quella intellettuale colta, quella laica, quella tradizionalista, quella progressista…
Fai bene a introdurre l’argomento “generazionale”, perché spesso l’esclusione, o l’autoesclusione, parte proprio dai più giovani, cioè da quegli individui che per ragioni le più varie – culturali, politiche, amicali, di orientamento sessuale o chissà che altro – vogliono o debbono decidere da sé le condizioni della propria presenza in un determinato luogo, e il primo conflitto di solito avviene in famiglia.
Va da sé che l’accesso all’informazione di queste persone segue le stesse dinamiche di quello dei loro coetanei, perlopiù indipendentemente dalla provenienza etnica o linguistica. Insomma, non mi risulta che ci sia stata una lettura “da fuori” di quanto successo, ma solo percezioni individuali o di piccoli gruppi, del tutto in linea con quanto successo per gli altri triestini, che spesso non hanno capito le implicazioni complesse degli eventi. La comparsa del “kosovaro buono” ne è un esempio.
Di conseguenza sono convinto che da questa situazione si esce tutti assieme, proprio a partire dal superamento delle appartenenze, come tutti assieme si rischia di cadere nelle trappole della disinformazione e del discorso razzista.
[…] Non mi sono dilungato molto anche perchè tutto quello che è successo e come si sia sviluppato, è ben raccontato e documentato, al solito, da wuming che consiglio di leggere prima di continuare se non lo avete già letto. […]
Questa vicenda al centro dell’attenzione pubblica a Trieste si svolge su due territori, i Topolini e la Movida, e coinvolge due ideologie sottoculturali, il maschialfismo e il bullismo.
Il territorio dei Topolini non è reale, ma potentemente simbolico. Le tribù giovanili triestine d.o.c. hanno abbandonato il territorio dei Topolini da tempo per installarsi rispettivamente i teen sul tratto di costa detto “Cali”, dall’abbrevazione del bar California Inn, e i giovani – e giovanilisti – sul tratto di costa della Pineta di Barcola.
Se non è un più un territorio reale giovanile, i Topolini sono però un simbolo per gli adulti che lo consideravano un loro territorio quando erano a loro volta “muleti”, termine dialettale per dire adolescenti. Un simbolo vivo e potente anche perchè, per esempio, Miss Topolini si chiama il più importante concorso di bellezza della città che però non è un concorso di miss come tutti gli altri. Può essere giudicato con un sorrisetto snobistico, ma tra giugno e agosto muove decine di eventi e decine di migliaia di persone con visualizzazioni e voti su internet e attraverso i tagliandi del giornale locale Il Piccolo.
Un territorio giovanile reale è la Movida, anche questa spesso oggetto di atteggiamenti snobistici, ma anche questa capace di movimentare migliaia di persone anche se non è ovviamente quella di Ibiza. Ma, oltre che reale per i giovani, la Movida è anche un territorio simbolico per gli adulti che l’hanno frequentata quando erano giovani.
Il controllo, in parte reale, ma in parte ancora più grande simbolico, dei territori dei Topolini e della Movida muove così alcuni adulti che si ritengono maschi alfa e i loro follower che li risconoscono come tali dando vita auna sorta di movimento maschioalfista triestino d.o.c. per riassumere il controllo di questi territori di alta valenza simbolica per l’immaginario storico di questi adulti.
Ma sono veramente maschi alfa? Forse lo sono stati da adolescenti, ma da adulti decisamente no. Ora da adulti maschi alfa lo sono i loro coetanei di quella parte di borghesia “godereccia” triestina – a Trieste spirito del capitalismo ed etica protestante non sono mai andati molto d’accordo, anche prima del berlusconismo – che è dotata di forza socioeconomica che ha e ha sempre avuto giovani amanti a tempo, fin dai tempi dell’impero asburgico pescate tra le frequentarici dei caffè e oggi tra studentesse movidare e modelline piccole star locali. I presunti maschi alfa che tali di fatto non lo sono più si sentono sottrarre anche l’immaginario storico e partono alla carica per la riconquista dei territori dei Topolini e della Movida ipotizzando ronde e cose simili prendendo a pretesto la presenza in questi contesti di bulli, in buona parte di origine balcanica, che mirerebbero a prendere il controllo di questi territori con metodi violenti.
Quello dei bulli è un pretesto per altri scopi, ma i bulli ci sono veramente come è emerso anche dai fatti di cronaca. E qui contro i bulli bisogna schierarsi chiaramente. Contro il bullismo nelle scuole (e nelle caserme) si sono battuti i collettivi studenteschi già negli anni Settanta e non certo l’estrema destra. Il bullismo è prevaricazione nei confronti dei più deboli per costruire gerarchie autoritarie nel mondo giovanile sia che i bulli siano presunti triestini d.o.c o di origine straniera. Ora l’estrema destra triestina identitaria dai volti fascio-leghista-indipendentista-austronostalgica-criptonazista vuole impossessarsi dell’anti-bullismo per trasformarlo in una guerra allo straniero. Ma su questo terreno non va lasciato loro campo libero limitandosi a prese di posizione di principio anti-razziste. Per questo la mia valutazione sull’operato dell’associazione Spiz e di Bora.La diverge. Sono entrati con una prassi su questo terreno per fare dell’anti-bullismo non un mezzo strumentale anti-stranieri, ma uno scopo a sè, al di là dell’origine dei bulli. Possono aver fatto degli errori, ma allora bisognerebbe proporre un’alternativa nella prassi sul terreno dell’anti-bullismo, altrimenti si salva l’anima, ma si lascia quel terreno sgombro all’estrema destra per i propri scopi.
Proprio perché il bullismo è un problema serio, è una responsabilità gravissima quella di aver legittimato Tuiach e la sua ghenga di bulli quarantenni, mettendosi addirittura sotto la sua protezione, come ha esplicitamente detto Stanese su Bora.
La prima cosa che mi è venuta da pensare dopo aver letto sto lunghissimo pezzo su un episodio che nella prima riga si definisce ridicolo e nelle centinaia successive diventa invece una questione epocale, è la gran perdita di tempo. Ma non avete niente di meglio da fare che l’agiografia (per quanto critica, ma come si sa l’importante è che se ne parli, bene male poco importa) di figure di elevatissima caratura, come il pugile Tuiach, di cui non essendo appassionato alla disciplina ho sentito parlare per la prima volta, o il segretario della Lega Nord per l’Indipendenza della Padania o il responsabile del servizio di sicurezza di uno dei tre movimenti indipendentisti, detto Tonfa… Degli sfigati che ora sono delle star, e il merito – oltre che al Piccolo – va anche a voi. Un bel regalo per la loro probabile prossima campagna elettorale (che poi se arrivano in consiglio comunale Tuiach o Tonfa al posto di Camber o Antonione…).
Inutile fare l’analisi testuale di pagine e pagine, apprezzo la capacità di inventarsi connessioni pressoché infinite su una storia che io avrei raccontato in 12 righe…
Nelle conclusioni si raggiunge il parossismo. Ai Topolini è andata in scena l’ideologia renziana di sdoganamento di Casa Pound e Lega… ma dove, perché, cosa centra… l’anniversario della I guerra mondiale… sì, cadeva più o meno in quei giorni, ma dov’è il nesso? C’è stata anche la crisi greca e l’accordo con l’Iran sul nucleare, sarebbe da approfondire il ruolo del pugile Tuiach in queste vicende.
Il pregiudizio anti-balcanico, filo conduttore di tutto il ragionamento: c’era, sì, ideologico nel dopoguerra, poi trasformatosi in disprezzo fino agli anni 80, quando arrivavano le corriere di acquirenti a Ponterosso e nelle jeanserie di Borgo Teresiano (il becero Druse Mirko Drek della Cittadella, che oggi non credo potrebbe venir pubblicato neanche sulla Padania). Poi negli anni ’90 c’è stata la guerra, eravamo in piazza ogni giorno a Ponterosso, noi pacifisti, a fianco dei serbi davanti alla loro Chiesa, pur con motivazioni diverse. E la tragedia di Lucchetta, Ota, D’Angelo. Trieste si è mostrata solidale e sempre in prima fila.
Secondo voi “Trieste” = “Tuiach, Tonfa, Roberti”. Ma tra Barriera e San Giacomo c’è quasi una balkan-town che non evidenzia particolari problemi; episodi di razzismo o anche solo di sufficienza io che abito in zona non ne ho mai notati: sono immigrati che imparano la lingua alla svelta, operosi, hanno costumi abbastanza simili ai nostri, Trieste c’è abituata da secoli, sono assai meno problematici di tanti altri. Dov’è sto pregiudizio nella città reale? Siete caduti “come peri” nella trappolona del Piccolo, che in estate deve inventarsi le notizie e quest’anno si è inventata questa della guerra urbana contro i balcanici (lo scorso anno c’era una fantomatica pantera nera che girava tra Grado e Fossalon).
Quello che più mi amareggia è che l’elite della sinistra antagonista si perde nel celebrare le gesta degli avventurieri dell’altra parte politica, che con grande furbizia si sono inventati un modo per accreditarsi presso l’opinione pubblica benpensante della città con un’iniziativa non razzista (c’era il buon Kossovaro) e di buon senso civico (togliere le scritte che hanno rotto le balle anche a me, visto che la mia strada in centro ne è devastata, e non centra la destra o la sinistra, che siano tag indecifrabili, anarchici o ultras curva nord, è questione di educazione), riuscendo anche a mettere in difficoltà una sinistra ormai stretta all’angolo, talmente priva di idee e di iniziativa da essere costretta ad accodarsi armata di spugnette. A un anno dalle elezioni un capolavoro di marketing, al quale voi date il vostro buon contributo. L’aumento della temperatura fa vendere più copie al Piccolo e porterà voti a Lega, indipendentisti, e co. alle comunali del prossimo anno. Quelli che poi ci vanno di mezzo sono gli immigrati.
Nel dettaglio, non mi è chiaro perché contrastare il degrado di alcuni luoghi caratteristici della città sia una colpa così grave! Scritto niente contro gli ambientalisti che armati di sacchi neri hanno ripulito dalle immondizie Bosco Farneto o la spiaggia di Canovella? E Guerilla gardening, allora, fascisti?!
Non capisco il costrutto di questi saggi fluviali sulle piccinerie della destra, che mi pare denotino più che altro il vuoto dell’altra parte.
Il commento qua sopra merita di essere sezionato e analizzato punto per punto, perché è un condensato di tutte le tecniche per svicolare da una questione.
1. “PERDITA DI TEMPO!”
La prima cosa che mi è venuta da pensare dopo aver letto sto lunghissimo pezzo su un episodio che nella prima riga si definisce ridicolo e nelle centinaia successive diventa invece una questione epocale, è la gran perdita di tempo.
Nella prima riga del nostro post si definisce ridicolo l’episodio che dato il via a tutta la faccenda, non la faccenda che si è sviluppata a partire da quell’episodio. Infatti uno dei focus del post è su come si possa costruire mediaticamente una “guerra balcanica” partendo da alcuni fatti di cronaca scollegati tra loro, facendo leva su paure ataviche ampiamente diffuse nella città.
2. “GLIELA DATE VOI LA VISIBILITA’!”
Ma non avete niente di meglio da fare che l’agiografia (per quanto critica, […]) di figure di elevatissima caratura, come il pugile Tuiach, […] il segretario della Lega Nord […] o […] Tonfa… […] Un bel regalo per la loro probabile prossima campagna elettorale […].
L’agiografia di Tuiach l’hanno fatta il Piccolo, Bora, e soprattutto il Corriere e il TG1. Noi abbiamo portato alla luce quello che i suddetti media avevano accuratamente occultato: le posizioni politiche di Tuiach e della decina di amici che aveva convocato ai Topolini, e il ruolo che tali posizioni hanno avuto nell’organizzazione dell’iniziativa.
3. “TROPPO LUNGO!”
Inutile fare l’analisi testuale di pagine e pagine, apprezzo la capacità di inventarsi connessioni pressoché infinite su una storia che io avrei raccontato in 12 righe…
La posa anti-intellettuale e l’ostentato disprezzo per i testi lunghi sono altri espedienti tipici per evitare di confrontarsi con le questioni complesse.
4. “COSA C’ENTRANO QUESTO E QUELLO”
Nelle conclusioni si raggiunge il parossismo. Ai Topolini è andata in scena l’ideologia renziana di sdoganamento di Casa Pound e Lega… ma dove, perché, cosa centra… l’anniversario della I guerra mondiale… sì, cadeva più o meno in quei giorni, ma dov’è il nesso? […]
Lo schema che si è proposto ai topolini è esattamente quello tipicamente renziano: si sdogana il razzismo dei fascisti e dei leghisti minimizzandolo, facendolo passare per legittima protesta di cittadini, oppure semplicemente non parlandone, o facendo finta che sia possibile cooptarlo in qualche iniziativa di carattere civico; ma la realtà è che ai topolini ad essere cooptati – da fascisti e leghisti – sono stati proprio gli utili idioti che illudendosi di esprimere civismo hanno dato una patina di rispettabilità a un’iniziativa nata razzista e rimasta razzista – anche se in forme più sottili. La giornata del 23 maggio a Gorizia (corteo di Casa Pound a celebrazione dell’entrata in guerra dell’Italia) si è svolta secondo lo stesso schema: che c’è di male se si celebra l’inizio della prima guerra mondiale? Lo hanno fatto anche Serracchiani e Pinotti. E poi quelli di Casa Pound hanno sfilato in ordine, in fila per cinque. Mica come quei brutti antifascisti sguaiati e senza disciplina. E poco importa cosa ha detto Di Stefano sul palco, affiancato da un’assessore in carica di cui il centrosinistra si è guardato bene dal chiedere le dimissioni. L’importante è che tutto si sia svolto in ordine.
5. “DATE UN’IMMAGINE FALSA DI TRIESTE!”, part 1
Il pregiudizio anti-balcanico, filo conduttore di tutto il ragionamento: c’era, sì, ideologico nel dopoguerra, poi trasformatosi in disprezzo fino agli anni 80 […]Poi negli anni ’90 c’è stata la guerra, eravamo in piazza ogni giorno a Ponterosso, noi pacifisti, a fianco dei serbi davanti alla loro Chiesa, pur con motivazioni diverse.[…] Trieste si è mostrata solidale e sempre in prima fila.
Il pregiudizio antibalcanico c’era molto prima del secondo dopoguerra. C’era nel 1920, ad esempio, quando fascisti e militari del Regio Esercito incendiarono il Narodni dom. Ma c’era già ancohe prima della grande guerra, e serviva a giustificare l’imperialismo italiano: si legga Timeus. Per spostarci ad anni più recenti, i balcanici “autoctoni” di Trieste (leggi: la comunità slovena) potrebbero raccontare per ore di pestaggi, aggressioni, atti di bullismo subiti durante l’infanzia e l’adolescenza negli anni ottanta. Quando scoppiò la guerra in Jugoslavia, nel ’91, a Trieste per due anni ci fu una new wave irredentista con cortei partecipatissimi che chiedevano la “restituzione” dello “spazio vitale” dell’Italia nei Balcani. Venendo all’oggi, basta leggere un campione delle migliaia di commenti comparsi su social network in questi giorni per rendersi conto di quanto la balcanofobia sia ancora radicata nella mentalità triestina.
6. “DATE UN’IMMAGINE FALSA DI TRIESTE!”, part 2
Secondo voi “Trieste” = “Tuiach, Tonfa, Roberti”. Ma tra Barriera e San Giacomo c’è quasi una balkan-town che non evidenzia particolari problemi […] sono immigrati che imparano la lingua alla svelta, operosi, hanno costumi abbastanza simili ai nostri, Trieste c’è abituata da secoli, sono assai meno problematici di tanti altri. Dov’è sto pregiudizio nella città reale?
Ovviamente Trieste non è “Tuiach, Tonfa, Roberti”. Trieste siamo anche io e Andrea che abbiamo scritto il pezzo, tanto per dire. Trieste sono le cento e passa persone che ieri sera hanno ascoltato Ivan Grozny parlare di Kobane all’ex Ospedale Psichiatrico di San Giovanni. Trieste sono le associazioni antirazziste, ad esempio quelle che hanno partecipato all’organizzazione del controcorteo a Gorizia il 23 maggio. Eccetera eccetera. Ma Trieste è anche “Tuiach, Tonfa, Roberti”, e fare finta che non esistano non li fa cessare di esistere. Barriera e San Giacomo li conosco bene visto che ci ho vissuto per anni. Piazza Garibaldi fino a poco tempo fa era il luogo in cui i caporali caricavano sui furgoni i muratori e li portavano a lavorare nei cantieri. Non c’è razzismo in questa organizzazione del lavoro? Di più: non è forse il razzismo uno dei principi regolatori del mercato del lavoro? Io in Barriera ci ho vissuto, come ho detto, e so bene cosa si diceva in bar di “piazza Belgrado”. E lo sa bene anche l’autore del commento, visto che frequenta assiduamente il forum di Bora e ha partecipato alle discussioni kilometriche in cui vari utenti imputavano il degrado del rione alla presenza di immigrati balcanici. Interessante poi la gerarchizzazione etnica operata inconsapevolmente dall’autore del commento: per spiegare che a Trieste non c’è pregiudizio antibalcanico ci dice che i balcanici si comportano bene e che le comunità che danno problemi sono altre.
7. “FATE IL GIOCO DI […]!”, part 1
Siete caduti “come peri” nella trappolona del Piccolo, che in estate deve inventarsi le notizie e quest’anno si è inventata questa della guerra urbana contro i balcanici […].
Quindi ricapitolando: il Piccolo si inventa una guerra balcanica nel cuore di Trieste e la città entra in paranoia per settimane. Noi smontiamo l’invenzione del Piccolo, e nel far questo saremmo noi quelli che hanno abboccato al trappolone. La logica non è per tutti.
8. “FATE IL GIOCO DI […]!”, part 2
Quello che più mi amareggia è che l’elite della sinistra antagonista si perde nel celebrare le gesta degli avventurieri dell’altra parte politica, che con grande furbizia si sono inventati un modo per accreditarsi presso l’opinione pubblica benpensante della città con un’iniziativa non razzista (c’era il buon Kossovaro) e di buon senso civico […] riuscendo anche a mettere in difficoltà una sinistra ormai stretta all’angolo, talmente priva di idee e di iniziativa da essere costretta ad accodarsi armata di spugnette. A un anno dalle elezioni un capolavoro di marketing, al quale voi date il vostro buon contributo. […]
Di nuovo: la “sinistra” istituzionale, indirettamente tramite blog e associazioni “d’area”, legittima Tuiach mettendosi al suo servizio per la ripulitura dei topolini, chiudendo entrambi gli occhi davanti alla merda razzista che monta intorno all’iniziativa, e pubblicando articoli imbarazzanti come quello di Stanese su Bora. Ma per l’autore del commento saremmo stati noi (lui dice: la sinistra antagonista) a celebrare le gesta di Tuiach, noi che invece abbiamo smontato il raccontino edificante confezionato in loco ma arrivato fin sul Corriere e sul TG1.
9. “IRRESPONSABILI!”
Quelli che poi ci vanno di mezzo sono gli immigrati.
L’autore del commento farebbe bene a leggere il post su Ventimiglia, per chiarirsi le idee su chi ha a cuore la vita dei migranti e chi ci specula sopra.
10. “CHE C’E’ DI MALE A […]?”
Nel dettaglio, non mi è chiaro perché contrastare il degrado di alcuni luoghi caratteristici della città sia una colpa così grave! […]
Di nuovo viene elusa la questione principale. Non importa solo quel che si fa, ma anche e soprattutto con chi lo si fa e all’interno di quale contesto. Brigitte Bardot è un’animalista convinta ed è una razzista che dice cose oscene sugli immigrati. Chi si mettesse a fare iniziative a favore degli animali insieme a lei, diventerebbe immediatamente complice delle oscenità che lei dice sugli immigrati.
Grazie della risposta, Tuco.
Non so se possono essere utili delle precisazioni. Gli sloveni, a parte che sono parte della città e quindi non li consideravo tra gli immigrati “balcanici”, hanno sicuramente subito angherie fino a tempi recenti, gli anni 80 in cui ancora imperversava il Fronte della Gioventù di Roberto Menia: oggi il clima è cambiato, meno male!
Certo che i serbi a Trieste sono sfruttati (anche parecchi altri, eh?), non ho detto il contrario, io dicevo solo che non vedo episodi di razzismo, poi i problemi di lavoro sono evidenti ma non centravano tanto con il discorso.
Il senso del mio intervento, provo a riassumere, è che siamo sempre a “reagire” alle imprese della destra: loro indicono la (demenziale) celebrazione dell’entrata in guerra a Gorizia e noi facciamo la contromanifestazione, vanno a “riconquistare” i Topolini e noi ci lamentiamo su Giap, bruciano le suppellettili per i richiedenti asilo a Treviso e il giorno dopo si fa la manifestazione davanti la prefettura. Va anche bene, non è sbagliato, ma l’iniziativa è sempre in mano loro, noi a malapena riusciamo a reagire alle loro malefatte più grosse.
Siamo senza idee, in affanno. Ecco.
Veramente sulla questione dei migranti è proprio la sinistra (sociale ed extra-istituzionale) ad essere attiva: si veda Ventimiglia, si veda il Baobab a Roma (per dettagli rimando al post qua sopra e al rispettivo thread), si vedano le lotte nella logistica, le occupazioni abitative, ecc.. Invece è la destra ad essere reattiva, a giocare di rimessa, in modo rabbioso, con le bave alla bocca. Ed è la pseudosinistra piddina a correre dietro alla destra xenofoba e sbavante, convinta che per essere accettati socialmente e politicamente si debba dimostrare di essere almeno un po’ razzisti.
Stesso discorso sul 23M. Su Giap discutiamo da anni di confine orientale, Wu Ming 1 ha pubblicato due libroni sull’argomento. I post che abbiamo scritto sono una decina. Poi arriva Casa Clown con la sua lugubre parata e *ovviamnte* c’è stata una contromanifestazione antimilitarista e antifascista e su Giap l’abbiamo sostenuta e promossa, come prosecuzione “on the road” del lavoro fatto precedentemente. Mentre la pseudosinistra piddina non ha ritenuto di dire un cazzo di niente sulla faccenda, e ha lasciato a Saviano il compito di sparare la cazzata secondo cui il fatto che i fasci siano stati autorizzati a sfilare a Gorizia è stata una dimostrazione di antifascismo da parte delle istituzioni.
In queste ore sono esplose tutte le questioni che abbiamo messo sul tappeto. Sono mesi che si parla di degrado, e sempre associando tale parola alla presenza in un determinato luogo di migranti, in particolare di profughi. Doveva succedere, ed è successo a Treviso; ma sarebbe potuto succedere ovunque in Italia. Ieri fascisti e leghisti uniti hanno compiuto una vera e propria azione squadristica distruggendo gli appartamenti destinati a ospitare provvisoriamente un certo numero di rifugiati a Quinto di Treviso. La polizia non è intervenuta, e il sindaco (piddino) non ha proferito verbo. Di contro, oggi il presidio antirazzista davanti alla prefettura di Treviso è stato caricato violentemente dalla polizia e 40 compagni, molti dei quali minorenni, sono stati arrestati.
Siamo riusciti a ricostruire con più precisione l’inizio della campagna mediatica da cui è partita tutta la faccenda. Tutto è cominciato sulla bacheca facebook del gruppo “Trieste United Security”: il 14 giugno, quindi *prima* della rissa di via del Toro, sulla bacheca è comparso questo status:
https://www.facebook.com/644402132344356/photos/a.650571811727388.1073741829.644402132344356/754340678017167/?type=1&theater
seguito da una caterva di commenti razzisti, ma anche da un discreto numero di commenti ironici o critici nei confronti dell’amministratore della pagina. Il piccolo ha scoperto il “degrado” dei topolini solo il 17 giugno, *dopo* la rissa di via del Toro, e ha stabilito un collegamento arbitrario tra le due cose.
Ieri, 18 luglio, sul Piccolo è comparso un articolo firmato da Laura Tonero (sì, quella che annuiva alle sparate razziste sulla bacheca di Tuiach riportate nel primo commento di questo thread), che parla in lungo e in largo con tono entusiastico del gruppo “Trieste United Security”.
http://ilpiccolo.gelocal.it/trieste/cronaca/2015/07/18/news/trieste-cresce-il-gruppo-dei-volontari-anticrimine-1.11797100
Oltre a dirci che il gruppo in pratica ha delle ronde attive (in incognito) sul territorio già da mesi, Tonero ci dà un’ altra informazione importante: la presidente del gruppo – che ha sede (virtuale?) alle Hawaii – è tale Michelle Laura Kling. Chi è costei? Tonero non lo dice, ma noi sappiamo che è stata fino all’estate del 2014 nel direttivo della Triest NGO, l’organizzazione non governativa creata dal Movimento Trieste Libera, con sede virtuale a Londra.
https://opencorporates.com/companies/gb/08480293
Ecco quindi che, al di là della presenza “folkloristica” e scomoda di Tonfa ai topolini, risulta dimostrato un legame più profondo e sofisticato tra la campagna mediatica di questo mese e l’area del neoindipendentismo.
Nel post abbiamo scritto che la sera del 18 giugno Cinquepalmi aveva lanciato l’idea della “riconquista dei topolini” con la forza. E che il 19, alle 11 del mattino, Tuiach aveva lanciato la sua iniziativa, coinvolgendo lo stesso Cinquepalmi, seguito a ruota da SPIZ, e che poi le due iniziative si erano fuse. Curiosando su facebook abbiamo scoperto però che il 19 già alle 9 del mattino Mauro Vascotto di SPIZ aveva lanciato l’idea delle spugnette, chiamando a raccolta anche Tuiach, Degrassi e Desi. Gli ultimi due sono ultras della Triestina e legati all’estrema destra.
https://drive.google.com/file/d/0B5GeV249UR9NbUxWOWs5cmV0T28/view?usp=sharing
Quindi è SPIZ che ha cercato fin da subito certi soggetti. Per la cronaca, Degrassi è uno che si è rammaricato di non aver potuto partecipare all’azione squadristica di Quinto di Treviso.
https://drive.google.com/file/d/0B5GeV249UR9NYmZORTVBTVc3ZUk/view?usp=sharing
[…] Da rileggere l’articolo di Zeropregi su il manifesto del marzo 2015 e il recentissimo Spugnette a Nordest. Una storia di topolini, «lotta al degrado» e fantasmi balcanici di Andrea Olivieri e Tuco su […]
A proposito dell’episodio di Quinto di Treviso, mi e’ sembrata particolarmente significativa l’affermazione attribuita da Repubblica al segretario regionale di Forza Nuova Davide Visentin (e al “dirigente” Sebastiano Sartori):《Noi siamo qui per difendere gli italiani ed i nostri confini. Questa è Italia, non Africa. E ci sembra un bel modo per ricordare la vittoria della Prima guerra, quando questi confini sono stati fissati》. Gli illustri statisti non avrebbero potuto sintetizzare meglio in una sola frase tutte le questioni: il razzismo, la celebrazione tossica della guerra e della vittoria, i confini, la difesa dell’italianita’ minacciata…
Partito per sbaglio il send prima di concludere, scrivo da un tablet. Comunque il succo c’era, volevo solo sottolineare come nella costruzione del discorso razzista sulle presunte “emergenze profughi”, “emergenze sicurezza” e così via, con sprezzo del ridicolo, anche le tossine nazionaliste e guerrafondaie sulla Vittoria nella Prima Guerra tornino utili. Qui l’articolo di Repubblica che riporto perché anch’esso a suo modo significativo, esempio lampante di un certo modo di fare giornalismo, di narrare i fatti, di costruire frame che sempre più scendono la china populista, paracula, cerchiobottista e alla fine razzista. http://www.repubblica.it/cronaca/2015/07/17/news/la_rivolta_di_treviso_contro_i_profughi_roghi_e_scontri_via_i_neri_da_qui_-119252034/?ref=search
Seguo tutto questa vicenda surreale dall’inizio e vi ringrazio tantissimo per questo post, di cui si sentiva un gran bisogno (e non solo a Trieste). Purtroppo, man mano che passano i giorni, la sensazione di spaesamento, di incredulità, di vero e proprio disgusto si fa sempre più forte.
Leggo oggi su facebook, per esempio, che la direttrice di Bora.la non ritiene di dover replicare alle cose che avete scritto, perché lei – dice – lavora per l’integrazione in classi multietniche e tanto basta. Mi cascano le braccia, è come se uno andasse al family day e poi si giustificasse dicendo che ha amici gay. Oppure come se uno organizzasse la pulitura dei Topolini sotto la guida di un pugile che su facebook scrive cose super-omofobe, maschiliste e paternaliste, e poi magari si giustificasse dicendo di collaborare a progetti contro la violenza sulle donne.
Da un’altra parte Sara Matijcic dice che voi volete dividere il mondo tra fascisti e comunisti, solo che in questa storia non c’è traccia di comunisti, mentre di fascisti ce ne sono a pacchi. Con quei fascisti Spiz e Bora.la ci parlano e ci fanno le spugnette insieme, e mentre i fascisti non fanno mistero delle proprie posizioni, da Bora.la e Spiz non c’è stata nessuna critica verso le loro sparate.
L’ultima pseudo argomentazione usata dal giro di Bora.la – che poi è anche quella che mi infastidisce di più – è che bisognerebbe darsi da fare concretamente invece di farsi le pugnette tra intellettuali avulsi dalla realtà. Mi domando se chi scrive questo genere di idiozie sappia chi sono i Wu Ming e se conosca il modo in cui uno degli autori del post si è speso contro il CIE di Gradisca, pagando in prima persona il proprio impegno. Ma anche se i Wu Ming, Andrea Olivieri e Tuco per tutta la vita non avessero fatto altre che scrivere, la questione non cambierebbe di una virgola, perché scrivere, ragionare, diffondere pensiero critico, smontare frottole, aprire contraddizioni *è* lavoro, *è* impegno, *è* militanza. Per chi dirige una rivista on-line, per di più da posizioni di pseudo sinistra, questo semplice dato di fatto dovrebbe essere l’abc. O mi sono persa qualcosa per strada?
Se ti sembra imbarazzante ed evasiva la linea tenuta da Sara Matijacic, guarda, dopo giorni di silenzio ribollente, che intervento è venuto a fare qui sotto Diego Manna.
Intanto Tuiach, ormai sdoganato, dà il suo endorsement alla manifestazione di Forza Nuova a Muggia contro l’allestimento di un centro di accoglienza per profughi.
quoto claudiok.
non perdo tempo a analizzare le varie robe non corrette nel pezzo e nei commenti perchè tanto seguirebbero controanalisi e andremmo avanti all’infinito (controanalisi che arriveranno anche su questa frase).
commento solo questa parte di claudiok: “Il senso del mio intervento, provo a riassumere, è che siamo sempre a “reagire” alle imprese della destra”
ecco, mi spiace, ma da fuori l’impressione è proprio questa. eh ok, ora potete passare le giornate ad analizzare e rispondere che invece non è così perchè blablabla e citare mille iniziative ecc. ma l’impressione è esattamente questa, provate ad uscire per strada e chiedete in giro.
allora forse dovreste interrogarvi sul perchè, forse c’è un problema di comunicazione o di dare tropo risalto alle cose su cui si va contro e poco alle cose in cui invece si crede e si costruisce attivamente.
non commento “utili idioti”.
in realtà Diegolo, girando per strada e parlando con colleghi di lavoro, amici, parenti, il punto di vista demistificatore di questo blog non lo trovo da nessuna parte.
sento la collega che dice di incazzarsi perchè alla televisione intervistano una rumena con 2 bambini che dice (con arroganza, di qui l’incazzatura) di avere diritto ad una casa mentre la stanno sgomberando da un palazzo vuoto da anni: frame del extracomunitario, che poi i ruimeni manco lo sono, che vengono qua a rubarci la casa.
sento il cognato dire che per le strade del centro non ci si può più girare perchè è pieno di extracomunitari che chissà cosa fanno e poi ti passano davanti alle quote dell’asilo o delle case popolari (lascia stare che poi lui la seconda casa se la compri senza fare il mutuo, chissà come mai).
questo per dire che in strada, purtroppo, le critiche di questo blog non arrivano, perchè non vanno in tivvù (ma per fortuna alla radio sì…sintonizzati su rai3).
e poi, tu non provi un gran fastidio a leggere di queste iniziative fascistoidi?
non senti il razzismo sempre più emergente attorno a te?
boh…io trovo le analisi di questo blog molto critiche in primis nei confronti di chi scrive e poi rivolgendosi all’esterno.
il tuo contributo, invece, mi sembra un pò poco costruttivo.
come dice anche Massimo, secondo me non c’è un problema di comunicazione, bensì da un lato c’è un problema di disonformazione da parte di giornali e televisioni, dall’altro lato c’è una certa non curanza di cercarsi le informazioni (non curanza che ha origini differenti, qualcuno sarà semplicemente pigro e si accontenta delle informazioni del piccolo, qualcun altro non saprà dove andarle a cercare).
Questo blog ha molti meriti, se dovessi fare una lista al primo posto metterei proprio il fatto che non solo informa (con cognizione di causa, vedi la quantità di fonti che vengono messe) ma soprattutto decostruisce e ricostruisce una serie di discorsi che vengono raccontati sempre nello stesso modo.
La voce di questo blog (e di altri siti di informazioni) è ovviamente inferiore al frastuono ininterrotto dei media, ma qua non c’entra niente il “modo” di comunicare le cose.
Concludo citando Marx (che riassume meglio di me il mio ragionamento): “Le idee della classe dominante sono in ogni epoca le idee dominanti; cioè la classe che è la potenza materiale dominante della società è in pari tempo la sua potenza spirituale dominante. […] Le idee dominanti non sono altro che l’espressione ideale dei rapporti materiali dominanti, sono i rapporti materiali dominanti presi come idee: sono dunque l’espressione dei rapporti che appunto fanno di una classe, la classe dominante, e dunque sono le idee del suo dominio.” (K. Marx, F. Engels, L’ideologia tedesca)
Massimo, Kente: forse può esservi utile sapere chi è Diegolo.
Trattasi di Diego Manna, tra i fondatori della rivista triestina Bora.la. Quella citata nel post e nei commenti d’aggiornamento.
Ho sempre apprezzato quello che scrivi, ma sinceramente non ho mandato giù bene l’appoggio a sta cosa di Tuiach. Lascia perdere la cosa della pulizia che non è il punto della questione, visto che se questi fossero veri paladini delle pulizie dovrebbero essere in giro sempre, ma non è così, e inoltre è noto che Trieste fa cagare da questo punto di vista (peggior città per inciviltà nelle strade in tutto il nordest). Il problema è un altro e non è difficile da capire: questi son fascisti, punto. Lo sono nei metodi e nel linguaggio, lascia stare che siano TLT o nazi o semplici reazionari, lo sono, punto. Non sono io a dirlo, lo dicono le loro parole. Non si può collaborare con queste persone, vanno isolate, sono pericolose per la società. Sono il problema di questa città, sono la punta dell’iceberg del “nosepolismo” che ogni tanto si organizza solo per poter rimarcare il territorio, come i cani.
Voglio anche dirti che però concordo sul punto del “che fare”, ovvero che sta facendo la sinistra? Un bel nulla (a Trieste, del resto non parlo perchè non so), a parte le solite cose, che rientrano per lo più in manifestazioni di sensibilizzazione. Per motivi lavorativi mi trovo invece direttamente nel cuore della questione (stranieri). Tu non hai idea del razzismo che c’è in giro, e di come la gente ti guarda per città solo per il lavoro che fai. Un anno fa non era così, era molto più ridimensionata la cosa, quasi trascurabile. Il Piccolo ha costruito una campagna mediatica ad hoc che ha fomentato l’odio in maniera diretta. Tuiach ne è il prodotto-conseguenza, è marketing, e non vorrei che fosse collegato al marketing questo appoggio di Bora.la a questi “eroi del mastrolindo” (spero vivamente di sbagliarmi ma non ho potuto non pensarlo).
So che ci tieni a questa città, e alla sua cultura, ma sta gente sinceramente rappresenta il peggio che la città può esprimere, oltre che sono una minaccia reale, peggiore delle tag sui muri dei topolini.
En passant, visto che nei commenti sopra si parlava di TV. Ieri, per la prima volta, Giap è apparso in TV. Su La7. Schermate su schermate del blog riprese mentre veniva riassunta, per giunta in modo onesto, l’inchiesta di Matteo Miavaldi che abbiamo pubblicato a puntate.
Peccato che nel resto della trasmissione abbiano completamente ignorato i dettagli della sua ricostruzione, liquidandola brevemente e proseguendo a suon di luoghi comuni… evidentemente un confronto serio sul tema non interessa…
Vero, ma chi ha fatto il servizio lo ha fatto bene, e quello resta on line, fruibile senza la discussione consuetamente svicolatoria che ha cercato di neutralizzarlo.
Il problema è che come ha insegnato WuMing1 al #ConfineOrientale gli estremi si realizzano prima che altrove. Ed è vero.Ma non vi è il solo caso Trieste, dove comunque la creata mediaticamente balkanfobia è solo agli inizi,ora, il problema è più profondo, certamente è legato a questioni interne, certamente vi sono ragioni politiche ed elettorali, vista anche l’imminenza delle prossime amministrative, faro da non perdere mai di vista,il punto è che si adottano soluzioni che uniscono una certa sinistra con la tradizionale e reazionaria destra, ed insomma anche dal degrado che degrado non è, o meglio lo è quando serve a qualcosa,quando deve essere utile, (per esempio sui topolini era il 2013 quando denunciavo scritte del cavolo, ai Topolini http://xcolpevolex.blogspot.it/2013/03/quel-w-la-mafia-ai-topolini-di-trieste.html ed anche a sfondo razzista, ma nessun clamore è emerso) o funzionale a quella operazione che condurrà al partito della nazione, che è nato a Trieste a partire dall’operazione scellerata della memoria condivisa.
Cosa significa ciò? Riscoperta dei mitici ed epici valori del nazionalismo, della sicurezza, dell’ordine che il centenario della grande macelleria umana aiuterà certamente a rivitalizzare. Il problema comunque è esteso anche alla vicina Gorizia dove l’attuale Prefetto, che a breve andrà ad Udine, ha dichiarato che Monfalcone è come un sobborgo di Calcutta e che Casapound non è fascista ( vedi qui per chi è interessato/a http://xcolpevolex.blogspot.it/2015/07/se-per-il-prefetto-di-gorizia.html) e l’ultima è la questione che ha visto la Regione del FVG proclamare stato di emergenza per immigrazione per ” attuare controlli sanitari e l’identificazione dei richiedenti asilo privi di collocazione”.
Ma il titolo della notizia come pubblicata sul sito della Regione parla di prima accoglienza. Ovviamente in FVG non vi è alcuna emergenza in materia di immigrazione, ma è un semplice espediente amministrativo per risolvere determinate questioni. Ma non chiamatelo decreto per la prima accoglienza, bensì decreto d’urgenza per identificare i profughi, poi vengono le altre necessità. Avrebbero potuto scrivere nel loro comunicato, in attesa di leggere il testo del decreto, e sono molto curioso, che per garantire adeguate situazioni di accoglienza umanitarie e dignitose per i profughi e migranti si è reso necessario ricorrere allo strumento della decretazione dello stato d’urgenza. Così non è.E così non poteva essere. Perché? Perché sono mesi che a Gorizia spaccano la minchia, scusate la volgarità, ma a vole serve, sul fatto che dei migranti e profughi dormono per strada. Perché non “sanno dove e come accoglierli”.( Ovviamente potrebbero adottare diverse soluzioni, ma la situazione è voluta) Questa è la vera indecenza che ha portato ad una ordinanza specifica sul tema ed anche a denunce per profughi che hanno violato ciò. E certo, ovviamente erano a conoscenza dell’ordinanza comunale no? che ovviamente era scritta in diverse lingue, vero? Hanno spostato l’attenzione dalle politiche, volutamente, fallimentari di non accoglienza, su chi, non sapendo dove andare e dove stare, dorme per strada. La colpa non è di chi amministra, no, ma dei profughi che dormono per strada. Così è da mesi. Ed ovviamente silenzio assoluto sulle cause del perché queste persone fuggono. Già. Altrimenti si scoprirebbe che l’Italia avrebbe una responsabilità enorme. Nulla di straordinario. O forse sì. Lo è per una terra che ha accolto profughi istriani, che hanno avuto, in tantissimi casi, una marea di agevolazioni, che hanno creato anche diversi malumori. Ma questo non lo si deve dire. Nulla di straordinario per una terra che a causa della guerra ha costretto una marea di persone a fuggire in diverse località per trovare riparo. Per non parlare delle emigrazioni economiche e sociali. Tutto rimosso. Anche perché quelli erano italiani o persone che parlavano italiano ed erano utili alle cause nazionalistiche di questo Paese. Mi sono forse perso, una cosa è certa, questo centenario, per come governato a livello istituzionale, ha riportato in vetta valori che erano assopiti, o forse antiquati valori che hanno portato al fascismo, a situazioni reazionarie, all’odio razziale, quello che in Italia non è mai stato totalmente sconfitto, ove si ridimensiona il razzista italiano, ove lo si giustifica, lo si esalta, o “mulonizza” lo si prende come esempio, per farlo divenire l’eroe del momento, il paladino della giustizia locale, quello che magari in tutta la sua vita non ha mai letto un libro, però parlando di patria, dio e famiglia, questo basta, sì che basta per il nazionalismo che ritorna,anzi, è ritornato. mb
Considerazione iniziale: Trieste è piena di scritte, di baruffe più o meno violente e più o meno riprese, ma guarda caso per i media divanta un “caso” se sono coinvolti (presuntamente) i “non aborigeni” (ma, en passant, Tuiach non è figlio di immigrati,e tra gli altri siamo proprio certi che siano tuti “aborigeni”?). Stesso discorso per i spugnettari: si muovono quando la scritta è “Kossova” e stop. E poi, a proposito di sicurezza, sinceramente mi sentirei più al sicuro SENZA Tuiach & Co nei paraggi, che un aria tanto rassicurante proprio non ce l’hanno.
Seconda considerazione. Non credo sia una “moda” locale, ma rientra in una certa voglia di “vigilantes a difesa della qualità della (loro) vita” che ha preso certa autoproclamata “sinistra” (da cosa si misura la sinistrudine, dai buoni sentimenti?). Non ci sono solo i spugnettari nostrani, ce ne son stati anche a Milano, mobilitati dal “sinistro” Pisapia per ripulire le scritte dopo il 1° maggio. Questo è quello che sono oggi di fatto gli autoproclamati sinistri, che più sinistri (nel senso di infausti, loschi, truci) non potrebbero essere.
Uff, presentissima la sinistra. A Trieste c’è l’ICS, la Caritas, S.Martino al Campo, Casa delle Donne, a Gorizia Caritas, Forum e un gruppetto di volontari (che poi alcuni votano 5stelle) che da dicembre preparano ogni sera riso e fagioli per gli afghani, a Monfalcone – Comune problematicissimo per la presenza di un’enorme comunità bengalese sfruttata e abbandonata a sé stessa – c’è l’oratorio S.Michele e praticamente nient’altro. Tutta sta presenza della sinistra nella gestione pratica e quotidiana del problema io non la vedo. Comunque ora il piccolo ha i gay del giardino pubblico, problema kossovari archiviato.
Non ho capito a chi stai rispondendo, ad ogni modo, la fallacia logica alla base del tuo commento è questa: per “sinistra” intendi le sigle della sinistra politica, che
1) ‘sti cazzi (nel senso di “chi cazzo le vuole le attuali sigle della sinistra politica”);
2) sono in crisi *ovunque*, non solo a TS, e per ottime ragioni;
3) soprattutto, confondi due ambiti di intervento, perché qui stiamo parlando non di confronto politico in senso stretto, ma di intervento sociale, spesso su base volontaria individuale.
Io conosco personalmente molti operatori che si occupano di profughi a Trieste, per lavoro o per attivismo o per volontariato. Sono inequivocabilmente di sinistra, anche sinistra di movimento, ma è del tutto ovvio che non intervengano sul problema in quanto “la sinistra”, chiedere loro una presenza connotata in quel modo è assurdo, intervengono come operatori sociali, mediatori culturali e quant’altro. Quello che ciascuno di loro mette del proprio essere di sinistra nel suo impegno quotidiano è una cultura laica della solidarietà e del mutuo soccorso, diversa sia dalla beneficenza borghese lavacoscienza sia dalla carità cattolica.
Com’è finita? E’ finita che come previsto Tuiach ha lanciato una propria lista civica a sostegno del candidato sindaco della Lega in vista delle elezioni comunali del 2016. E’ finita che Tuiach si intrufola regolarmente in tutte le manifestazioni contro i migranti e contro il “gender nelle scuole”. E’ finita che di solito Tuiach porta sfiga alle suddette manifestazioni, che si risolvono regolarmente in un flop. E’ finita che il portale bora.la ha perso quasi tutti i suoi commentatori di sinistra e si è ridotto a uno sfogatoio per una mezza dozzina di razzisti forcaioli e rancorosi. E’ finita che ora Tuiach auspica che dalle spugnette si passi alle pistole.
https://twitter.com/monster_chonja/status/657077676423946240
(to be continued…)
[…] Come suol dirsi, chi si piglia si assomiglia: questo qui sotto è Buttignon, «tra i più brillanti storici contemporaneisti dell’ultima generazione», con il pugile e demagogo emergente Fabio Tuiach, del quale hanno scritto su Giap Andrea Olivieri e Tuco. […]