È on line la terza puntata del nostro reportage su un’opera grandemente inutile, sicuramente dannosa, mellifluamente imposta: il Passante di Bologna.
Nell’episodio che conclude il trittico (ma non il nostro lavoro di inchiesta sul Passante, che andrà avanti su questo blog e in città) ci occupiamo del colore più evocato dai poteri costituiti per pararsi le terga.
Il verde.
Ma prima di augurarvi buona lettura, c’è ancora qualcosa da dire sulle figure che abbiamo chiamato i «difficilitatori» e le «difficilitatrici».
Perché una di loro ci ha risposto.
E non si tratta di una qualsiasi.
Nella seconda puntata del reportage mettevamo al centro del racconto il ruolo di Avventura Urbana, la società che ha organizzato il Confronto pubblico sul Passante.
Avventura Urbana ha come riferimento teorico, e probabilmente anche come eponimo, il libro Avventure Urbane di Marianella Sclavi, del 2002. Sclavi è coinvolta direttamente o con la società Ascolto Attivo in diversi processi partecipativi, tra questi un paio che gravitano attorno a quartieri che conosciamo bene: Isola a Milano e Bolognina nella nostra città. Il primo è definitivamente gentrificato, il secondo è da tempo sotto attacco.
Sarebbe interessante costruire una mappa delle facilitazioni, delle OST, dei processi di «ascolto» dei cittadini… Questa mappa sarebbe poi da sovrapporre a quella dei processi di espulsione delle classi popolari, degli sfratti e degli sgomberi, dell’infighettimento commerciale. Abbiamo la sensazione che i confini sarebbero simili – ma è un lavoro che non abbiamo ancora fatto. Se la sensazione è giusta, lo scopo dell’urbanistica sedicente partecipata emergerebbe una volta per tutte, e nessuno potrebbe più invocare la buona fede come scusante. Ma per adesso è solo un’ipotesi, a disposizione di chi la voglia sviluppare.
Una memorabile Avventura Urbana
Avventura Urbana ha un portafoglio clienti importante, che spazia da associazioni (che evidentemente non sanno gestire la propria dialettica interna), articolazioni locali del PD, fondazioni bancarie, fino a istituzioni (compresa la Commissione Europea) e aziende private. Tra queste il gruppo immobiliare di Sergio Scarpellini, il «re del mattone» arrestato con Raffaele Marra nell’ambito dell’indagine che sta facendo tremare la giunta Raggi.
«Er sor Sergio, come lo chiamano tutti, ha ottenuto che la Romanina – un quartiere quasi tutto abusivo a sud est della città – fosse la sede di una delle 18 centralità previste dal Piano regolatore di Roma.»(fonte)
Si trattava, inizialmente, di un intervento da un milione di metri cubi di cemento; in seguito la cubatura sarà quasi raddoppiata. Avventura Urbana, nel 2005, propone il proprio progetto per «Fare Centro alla Romanina», ma perde. Nonostante il concept prefigurasse «esperienze memorabili», come si legge sul Divisare Journal.
Nel 2008 si concretizza un lavoro pe’ er sor Sergio. Sempre alla Romanina: si tratta della riqualificazione dello stabilimento ex-Italcable, che grazie ad Avventura Urbana diventa «una grande attrezzatura culturale, sociale, ludica, educativa, sportiva e di ricerca avanzata. La nuova città – dichiara Sergio Scarpellini – inizia dalla cultura». Cultura, partecipazione, verde: il cemento, quando viene coinvolto in un’avventura urbana, assume nomi rinfrescanti.
Nel 2010 l’urbanista Giorgio Pizziolo, parlando della legge regionale sulla partecipazione, testimonia di un ruolo assai ingombrante di Avventura Urbana in Toscana:
«Un’ulteriore limitazione nell’applicazione della legge è data dal ruolo di monopolio svolta da alcune strutture private spesso ricorrenti negli incarichi ed in particolare con il caso di Avventura Urbana. Questa struttura che aveva avuto un ruolo decisivo in fase di elaborazione ed approvazione della legge, ha poi potuto partecipare alla gara di assegnazione dei progetti attuativi e l’ha vinta ed ora, proprio in questa circostanza, si trova anche a svolgere l’attività di bilancio dell’esperienza stessa. Ogni commento ci pare superfluo, se non fosse ulteriormente necessario segnalare che i rigidi metodi adottati da questa struttura spesso hanno un effetto di boomerang per le popolazioni che hanno avuto questa esperienza, le quali non vogliono più sentire parlare di partecipazione, e per le quali la partecipazione stessa è ormai bruciata.»
Credere nella pillola indorata
Ma torniamo a noi. Sei giorni dopo l’uscita di Arrivano i facilitatori, sulla pagina Facebook di Avventura Urbana viene postata una reazione – che si suppone meditata, visto il tempo passato.
Riteniamo che sarebbe stato più sagace, da parte loro, non aprire un confronto portando argomentazioni così puerili. Se fossero semplicemente una srl avrebbero fatto così, probabilmente. Ma si percepiscono davvero come missionari di ciò che chiamano «partecipazione» e credono fino in fondo al loro ruolo di indoratori della pillola e propugnatori del meno-peggio, e quindi scrivono. E scivolano.
Per iniziare: non abbiamo mai detto che il Confronto pubblico sia stato «guidato» da Autostrade. Abbiamo scritto che è stato affidato «a una società privata, individuata con un meccanismo che non è affatto garanzia d’indipendenza». Nel resto dei punti 1 e 2 Avventura Urbana precisa cose… che noi abbiamo già riferito in modo perfettamente corretto. Abbiamo scritto:
«L’articolo 3 bis dell’accordo per la realizzazione del Passante di Bologna, assegna ad Autostrade per l’Italia il compito di individuare “specifiche professionalità con comprovata esperienza” al fine di attivare un confronto pubblico […] è [quindi] Autostrade che ha incaricato Avventura Urbana. L’accordo dice che la scelta deve avvenire “di concerto con le parti”, cioè con i firmatari pubblici (governo, regione, comune…), ma non è affatto chiaro chi debba pagare le “specifiche professionalità con comprovata esperienza”.»
Dire che la scelta dell’affidamento ad Avventura Urbana (e quindi ad Andrea Pillon) è fatta da Autostrade con i firmatari pubblici è esattamente la stessa cosa del dire, come fa il post su Facebook, che la scelta è stata fatta dal «Comitato di Monitoraggio». Perché il Comitato di Monitoraggio è costituito precisamente da… Autostrade e dai firmatari pubblici.
Piuttosto: noi facciamo un passo in più e chiediamo chi si accolla i costi del Confronto pubblico, e poi facciamo la nostra ipotesi. Sarebbe stato più interessante, da parte di Avventura Urbana, chiarire questo punto – invece di suggerire precisazioni a dati che sono già riportati precisamente.
Sul punto 3 tocchiamo il vertice del puerile:
«prima di accettare l’incarico Andrea ha fatto un incontro con i Comitati contrari all’opera dicendo loro che avrebbero potuto rifiutare il suo nome, in tal caso avrebbe rifiutato l’incarico. Non l’hanno fatto.»
Non è possibile dare una risposta a un’affermazione così imprecisa ed evanescente: tocca fare altre domande per tornare su un piano di realtà.
Chi ha incontrato Pillon, e come ha scelto chi incontrare?
Quali erano le opzioni proposte da Pillon, e cosa sarebbe cambiato se al posto suo ci fosse stato un altro? (Per noi: nulla.)
E infine, ma soprattutto: chi rappresentavano le persone che Pillon ha eventualmente incontrato, e perché il loro assenso avrebbe dovuto impegnare altri che se stessi?
Il punto 4, se è indirizzato a noi, è un promemoria. Quello che critichiamo del «Confronto pubblico» è proprio questo: simulare la partecipazione quando invece l’opera è già decisa. Grazie per il post-it, ora ce lo attacchiamo sul monitor.
Anche l’obiezione del punto 5 conferma le nostre posizioni: tra le critiche che abbiamo da fare al Comitato «Passante di Mezzo No Grazie» c’è quella di aver accettato il piano del Confronto Pubblico nonostante l’opera fosse già decisa. Mai avrebbero dovuto mettere i propri esperti nel Comitato scientifico; e se l’estensore del post di Avventura Urbana avesse voglia di leggersi anche la prima puntata dell’inchiesta scoprirebbe che, quegli esperti, li critichiamo ferocemente.
Spiace ripetersi, ma anche sul punto 6 abbiamo già detto tutto. Quando scriviamo che questa finzione partecipativa ha «funzionato perfettamente» e ha «posto le premesse per futuri Confronti pubblici ancor più intimi» formuliamo una facilissima profezia. Se non sono arrivate mail di protesta è perché chi si è bevuto questa partecipazione era già a posto così, gli altri erano sfiniti, delusi, fuggiti – oppure non riconoscono Pillon come interlocutore e quindi non si sognano di scrivergli.
Ciò detto, ci dispiace aver ripetuto tante volte il nome di Pillon: l’abbiamo fatto solo perché costretti dall’impostazione del testo su Facebook, costruito come una difesa d’ufficio. A noi non interessa personalizzare, per noi un nome vale l’altro, un professionista vale l’altro. Tutti bravi uguali, tutti ugualmente criticabili quando decidono di prestarsi a dare forma a uno «strumento di democrazia» (cit. Merola) che è il suo contrario.
C’è un altro nome, invece, che ci disturba. Quello che «firma» l’intervento di Avventura Urbana. Cosa ci fa il Commissario di Governo della Tav Terzo Valico sulla pagina – e con accesso al profilo FB – di Avventura Urbana? Iolanda Romano si è dimessa da presidente di Avventura Urbana nel gennaio scorso; il Passante di Bologna è stato deciso in aprile. Non si può neppure dire che stia seguendo con interesse partecipe un processo iniziato da lei, vista la tempistica.
Ci domandiamo come Avventura Urbana potrà rendere credibile, dopo quel post su FB, la sua finzione partecipativa. Come potrà farlo, ora che tutti sanno che i suoi canali comunicativi sono a disposizione di qualcuno che, come Iolanda Romano, è dall’altra parte? A disposizione di chi, per contratto e nomina, ha il dovere istituzionale di fare le opere, non solo di abbellirle con un po’ di smunta partecipazione?
Ci piace infine notare una curiosa vibrazione «per simpatia» tra l’incipit di questo post su Facebook e un tweet del senatore del PD Stefano Esposito.
E ora, sì, buona lettura della terza puntata!
Come promesso, con il completamento del reportage apriamo i commenti. Se qualcuno ha testimonianze da riportare, argomentazioni da aggiungere, precedenti da citare, quesiti da porre, questo spazio è a disposizione.
Processi di ascolto dei cittadini anche per costruire consenso alla privatizzazione dei servizi educativi: a Torino con il Progetto Crescere 06 del 2013/2014, promosso dal Comune e realizzato in collaborazione con Avventura Urbana.
Riporto qui un documento del Coordinamento Genitori sul Progetto, molto critico sull’uso dei suoi risultati per legittimare forme di “flessibilità” e di privatizzazione dei servizi (politiche anche frutto del debito olimpico, come già avevo ricordato in un commento sul post di Giap sul post-Olimpiadi torinese)
“Torino 22 febbraio 2015
Nel giugno 2013 i Servizi Educativi di Torino lanciano il percorso partecipato “Crescere 0-6”.
Il CooGen decide di partecipare sedendosi al “tavolo degli stakeholder” e attraverso i suoi associati ai tavoli circoscrizionali che si sono tenuti in due tranche tra il 2013 e il 2014.
Al momento di trarre le conclusioni, si confermano le impressioni iniziali in merito al fatto che il percorso di consultazione cittadina fosse fortemente orientato verso linee di azione/ di cambiamento già definite.
I tavoli di discussione per ogni circoscrizione sono stati tre: “La domanda, i modelli di servizio e la loro sostenibilità”, “Gli elementi di qualità in un servizio educativo per l’infanzia”, “L’integrazione tra pubblico e privato nei servizi per la prima infanzia”.
Fin dal principio molti indizi hanno legittimato il sospetto che il percorso partecipato fosse inteso come funzionale ad ammantare di presunta condivisione delle decisioni già prese dal Comune di Torino, a cominciare dal titolo del terzo tavolo circoscrizionale (L’integrazione tra pubblico e privato nei servizi per la prima infanzia), che dava un’indicazione precisa sul fatto che la discussione potesse svolgersi solo entro i limiti di un determinato modello di governance, e con pochi margini di apertura a soluzioni che potessero tutelare in modo più ampio la gestione diretta del servizio.
Anche il materiale preparato in vista di una più ampia consultazione cittadina nelle circoscrizioni ha insinuato forti dubbi circa l’oggettività con cui si stava conducendo questo percorso.
Il materiale a disposizione di tutti i cittadini – una ricerca di Fondazione Agnelli commissionata dal Servizio Educativo, un documento di sintesi elaborato dal tavolo degli stakeholder e due documenti contenenti la restituzione (decisamente parziale) delle interviste condotte dal Servizio Educativo e da Avventura Urbana (la società incaricata di gestire il percorso partecipato) – mette in evidenza:
– l’esigenza di una maggiore flessibilità del servizio rispetto “a mutate esigenze dei genitori”
– una qualità del servizio incentrata solo ed esclusivamente sulla competenza e preparazione degli educatori o maestre, senza entrare nel merito degli appropriati rapporti numerici educatori/bambini (e anche dove è menzionato il rapporto questo è esteso ad un più generico “adulti/bambini”)
– l’esigenza, “a fronte delle scarse risorse economiche”, di un modello di integrazione tra pubblico e privato.
Negli incontri svoltisi nelle circoscrizioni fin dall’inizio è stato evidente a molti che chi li conduceva aveva un’idea molto precisa da far emergere. Dunque è stato faticoso ottenere che venissero messi in evidenza una serie di punti fondamentali per noi (e per la maggior parte dei presenti), inerenti la qualità del servizio:
• il rapporto educatore/bambino, la centralità del bambino/a e le sue esigenze di orario (e non la flessibilità oraria),
• la mensa come momento educativo fondamentale
• una riorganizzazione del pubblico mirata a salvaguardare la gestione diretta.
Forti del fatto che alcuni elementi erano per tutti dei “fondamentali” eravamo certi che sarebbero stati enumerati nei report redatti dal personale del Servizio Educativo. Invece nessuno di noi si è rispecchiato completamente in quei documenti e tantomeno si rispecchia nel documento conclusivo sul “Percorso Crescere 0-6”, che NON considera e NON risponde a nessuna delle istanze mosse dai genitori nei tavoli circoscrizionali.
Il Servizio Educativo si arroga quindi il diritto di dire che in modo condiviso si introducono una serie di “innovazioni”: in nome della qualità si decide la riorganizzazione dei nidi con capienza maggiore di 100 bambini (c’era bisogno del percorso partecipato per questo?) oppure, tra gli altri, la rimodulazione delle fasce orarie di frequenza? (Oltretutto delle scuole dell’infanzia, mai citate negli incontri cui siamo stati presenti, e da cui le famiglie avrebbero un vantaggio molto dubbio) Sono questi i risultati emersi del percorso partecipato?
I GENITORI DICONO NO!
Il rapporto educatore/bambini è risultato essere per tutti il PRIMO elemento di qualità del servizio, un mantra per tutti i genitori, eppure nei report ciò che viene messo in evidenza sono elementi che si dovrebbero dare per scontati: la formazione, competenza e qualità del personale.
La flessibilità è stato un tema decisamente meno presente nella voce dei genitori, e quando è stato sollevato, era riferito non a una flessibilità generalizzata ma ad un margine di mezz’ora/un’ora rispetto all’orario ufficiale (come emerge dalla stessa ricerca di Fondazione Agnelli!) o a casi specifici e circostanziati di esigenze lavorative. (Ossia proprio la flessibilità che si è perduta con le correnti disposizioni in merito a pre- e post- scuola!)
Un esempio per tutti di quello che è stata la restituzione della partecipazione è fornito dalla testimonianza di una nostra associata, riportata qui sotto, che ben risponde a questa frase estratta dal documento conclusivo redatto dal Servizio Educativo: (…) “Emerge da tutti i contesti di confronto per percorso Crescere 0-6 la necessità di assumere l’organizzazione e lo sviluppo di un sistema di offerta educativa cittadino che transiti da un “sistema misto” ad un “sistema integrato (…)”.
I dati di partenza erano chiari, i punti arrivo pure – identici a quelli di partenza: il cerchio si chiude, grazie per aver partecipato e buona lettura!
Report di Chiara Bertone, che ha partecipato in qualità di madre di un bambino frequentante un asilo nido comunale.
Ho partecipato ai tavoli di discussione sull’integrazione tra pubblico e privato (sia quello della mia Circoscrizione che quello conclusivo) ed all’incontro di restituzione nella mia Circoscrizione. Le prime perplessità le ho avute su come era stato formulato il mandato dei gruppi, dato che era delineato nella presentazione del tema soltanto il modello neoliberista del pubblico ridotto a regolatore, non erogatore di servizi: quale spazio avrebbe potuto esserci per visioni diverse? Le perplessità sono notevolmente aumentate nell’incontro conclusivo.
Nell’agenda dell’ultimo incontro plenario dei tavoli pubblico/privato sono stati proposti tre temi da affrontare, tra cui quello della flessibilità, presentandoli come temi che emergevano dalle discussioni locali precedenti. Avendo letto i verbali delle discussioni di tutti gli incontri precedenti, ho potuto rilevare come questa fosse una evidente manipolazione dell’agenda, dato che non questo non era tra i temi principali sollevati negli incontri. E così, rispetto alla questione del personale, è stata posta come questione che emergeva come prioritaria il rapporto tra personale “vecchio” nel pubblico e personale “giovane” nel privato (terzo tema da affrontare): anche di questo c’era poca traccia negli incontri precedenti, dove invece emergevano questioni legate alle condizioni di lavoro.
Dei due gruppi finali sul rapporto pubblico privato, in quello a cui ho partecipato abbiamo discusso per una buona parte del tempo sulle condizioni di lavoro del personale, con un generale consenso sulla loro importanza (importanza di contratti non temporanei, orari giornalieri non eccessivi, limiti alla flessibilità degli orari).
Nella restituzione dei gruppi è stato correttamente riportato che non vi era assolutamente consenso sulla funzione del pubblico solo come regolatore dei servizi, ma il pubblico veniva chiamato a mantenere la sua funzione e responsabilità di erogatore diretto dei servizi. C’era stata in effetti una forte presenza di interventi che indicavano chiaramente come priorità l’investimento nel preservare il servizio pubblico esistente e l’importanza di un controllo pubblico sulla qualità del servizio erogato dai nidi privati. È stato soprattutto il dirigente del Comune presente nel gruppo a cercare di orientare la discussione sulla perdita di consistenza del rapporto pubblico-privato e sull’idea di un pubblico che deve solo regolare: ma non ha avuto consensi. Credo che sia inoltre grave di per sé che un dirigente del Comune abbia partecipato alla discussione tentando pesantemente di influenzarla.
Dunque, i risultati effettivi dei gruppi non sostengono assolutamente quanto riportato successivamente dalla stampa sui risultati del percorso “partecipativo”:
– nessuna maggiore flessibilità (che dagli articoli di stampa si intuisce essere retoricamente applicata all’accesso ai servizi, per raccogliere consenso intorno a questa idea evocando un possibile miglioramento nell’accessibilità dei servizi, ma che in realtà parrebbe orientata a peggiorare le condizioni di lavoro delle lavoratrici dei nidi, riducendo i vincoli esistenti riguardo alla loro flessibilità di orario).
– nessuna “mano ai privati”.
Spiace che un’amministrazione che si dice di centro-sinistra sposi così spudoratamente un modello neoliberista di rapporto tra pubblico e privato, peraltro fortemente sostenuto dai dirigenti presenti nei gruppi, dando prova di non avere nessuna intenzione di ascoltare la cittadinanza.”
Aggiornamenti dalla dis-avventura urbana di cui sopra:
Un utente FB inserisce, quale commento allo status di Avventura Urbana, il link a questo post. Avventura Urbana (leggasi: Romano), prontamente, gli cancella il commento:
«Mi scusi […] ma fare pubblicità al blog di Wu Ming proprio no. Se vogliono replicare – dopo avere avuto a disposizione ben tre numeri di Internazionale- possono farlo qui e mettendoci la faccia e il nome, come facciamo tutti. Un cordiale saluto» (30 dicembre, ore 16:55)
Tutto fa brodo, pur di non rispondere nel merito; eppure conviene fare una veloce ricerca in rete per evitare figuracce sull'”anonimato” di noi presunti anonimi. Quello del “metterci la faccia”, poi, è un claim tipicamente renziano. (Come renziana, e non da ieri, è Romano: http://www.affaritaliani.it/culturaspettacoli/cosa-fare-come-fare-intervista-a-iolanda-romano211112.html )
In un commento successivo Romano si arrampica su un terreno sempre più scivoloso:
«ha proprio ragione, non è democratico [avere cancellato il link]. Ma la pazienza ha un limite….se vogliamo un confronto democratico facciamolo a viso aperto e con eguali gradi di visibilità.
Comunque se ci tiene davvero lo posti di nuovo, prometto di trattenermi dall’eliminarlo (a proposito sono la difficilitatrice Iolanda, il mio socio Andrea è molto più buono di me…)»
Apprendiamo così che chi ha organizzato e orchestrato un “confronto pubblico” per conto di Governo, Regione Emilia Romagna, Comune e Città metropolitana di Bologna, nonché della 17a azienda italiana (
https://it.wikipedia.org/wiki/Lista_delle_maggiori_aziende_italiane_per_fatturato
ritiene di non avere sufficiente “visibilità”!
E la “pazienza” cosa ha a che vedere con le critiche che si attira chiunque agisca sulla scena pubblica? Pensava davvero, Romano, che lo statuto di neutralità che i “facilitatori” si attribuiscono da sé fosse incontestabile e (soprattutto) sarebbe rimasto incontestato? Non è neppure la prima volta, come si può vedere nel commento che precede questo sul caso degli asili torinesi.
Ma sempre, e prima di tutto: cosa ci fa lì a discutere di pazienza e di limite, per conto di Avventura Urbana, la Commissaria della TAV Terzo Valico?
Comunque GN, l’utente (che avendo un nome e cognome verosimili si risparmia una tirata sull’anonimato), ri-posta il link, che stavolta viene tollerato. Nel corso della discussione che segue si scopre però che Avventura/Romano non aveva neppure letto ciò che aveva cancellato, visto che invita GN a postare il testo di Avventura Urbana su Giap. Ma non si è accorta che si trattava proprio di una replica a quello?
GN glielo spiega, e aggiunge: «io sono un normale cittadino di Bologna che si informa su più fronti e che ha anche partecipato all’incontro nel suo quartiere. Credo che ogni cittadino vada trattato con rispetto (come non mi sembra sia il suo atteggiamento) a maggior ragione se il vostro è un percorso di “facilitazione” (e pure democratico dovrebbe essere) […] se lo ritenute opportuno cancellate pure i miei post precedenti. Saluti»
Avventura/Romano risponde: «mi perdoni ma non credo proprio di averle mancato rispetto, anzi. Tuttavia noto che i toni sono sempre un po’ tesi intorno a questo argomento (ho subito attacchi da un altro cittadino bolognesi, non proprio rispettosi…).»
Di nuovo, come abbiamo scritto nella seconda puntata dell’inchiesta, c’è aria di scuola elementare. Siccome un bambino ha detto una parolaccia alla maestra vanno messi tutti in punizione?! (Quale bambino poi? Possiamo farci un’idea da soli o dobbiamo fidarci di quello che dice la maestra?) Va punito anche GN che ha avuto una pazienza e un garbo infiniti?
Poi: si tratta di un’opera che renderà ancora più soffocante l’aria che respiriamo, che contribuisce ad allontanare la possibilità di una mobilità meno tossica. Romano si aspettava toni sempre carezzevoli?
Sul finale la crisi d’astinenza di argomenti si fa conclamata e Romano/Avventura scrive: «In ogni caso no, non frequento quel blog anonimo […] dica a Wu Ming che se vogliono fare un incontro equilibrato e di persona (mettendoci ripeto “la faccia”) sarò più che felice di essere presente.»
Questa richiesta mi lascia sempre di stucco. Chi ha incarichi di rilievo per le istituzioni – di ogni tipo, compresa la facilitazione – deve parlare con i propri atti, documenti, prese di posizione ufficiali. Non si può entrare e uscire dai vestiti istituzionali a piacimento e venire a confrontarsi “alla pari” su Grandi Opere e Partecipazione – come se un minuto prima non ci si trovasse nelle stanze in cui le Opere si decidono e si realizzano. Questa enorme e puerilmente taciuta disparità di potere decisionale rende la gran voglia di confronto non solo sospetta, ma totalmente irricevibile.
Qui potete leggere tutta la discussione sintetizzata qui sopra: https://www.facebook.com/avventuraurb/photos/a.624554924302781.1073741828.620326898058917/1227296244028643/?type=3
[…] hanno gestito il «confronto pubblico» intorno al progetto «preliminare» dell’opera. Qui su Giap, abbiamo poi reso conto della reazione di una di loro, Iolanda Romano, alla pubblicazione di quel […]
[…] Croce del Biacco) e con l’altra si piantano, in lunghi filari e fasce mitigatrici, perché, come dice Adreas Kipar, “l’albero è un architettura che piace sempre di più”. Eppure, nonostante la retorica […]
[…] Probabilmente infastidita dal nostro reportage, la commissaria aveva replicato facendo un uso imbarazzante della pagina facebook di Avventura Urbana (società di cui, come detto, non era più […]