di Nicoletta Bourbaki *
Ricordate la foiba volante del Friuli orientale, l’inesistente fenditura che per mesi, alla fine dello scorso inverno, tenne in ostaggio ben 800 cadaveri di cui nessuno aveva notato la mancanza?
Ebbene, contrariamente alla nostra pessimistica previsione di allora per cui «al di là del bailamme sulla stampa di questi giorni, possiamo stare certi che la smentita non ci sarà», la smentita è ora arrivata nientepopodimeno che da Tito!
È infatti il procuratore Raffaele Tito a chiedere al GIP l’archiviazione del procedimento scaturito dal bailamme intorno al documento rinvenuto a Roma dal presidente della Lega Nazionale di Gorizia Luca Urizio, dacché nulla a sostegno dell’esistenza della millantata foiba è emerso dalle indagini.
Riteniamo che con la liquidazione del procedimento legale attorno alla foiba-che-non-c’è la vicenda si possa ritenere chiusa una volta per tutte.
Era del resto evidente che dai «sette anfratti» di cui parlava il dott. prof. Ivan Buttignon, nonostante la primavera e l’estate passate a frugar cavità, non fosse emerso alcunché.
Per questo la foiba volante, nonostante la generosa copertura mediatica offerta dal Messaggero Veneto – diretto (allora) da Tommaso Cerno – a colpi di presunti scoop susseguitisi un giorno sì e l’altro pure, aveva già da tempo interrotto l’appassionante tour che l’aveva portata a visitare una decina di località friulane.
E ora è lo stesso Messaggero Veneto a chiudere – si spera – la discussione a mezzo stampa su questa assurda vicenda.
Quanto alla credibilità del terzetto BUS (dai cognomi dei tre ricercatori: Buttignon, Urizio, Salimbeni), valgano le parole del presidente dell’ANPI regionale del Friuli Venezia Giulia Elvio Ruffino, per cui si tratterebbe di « storici sprovveduti» .
Alcuni forse ricorderanno che il Senatore Alessandro Maran del Partito Democratico minacciò il collettivo Wu Ming di adire le vie legali per il fatto che, in una prima stesura del post, si era ipotizzato che avesse fornito un contributo economico alla ricerca del BUS.
Nonostante l’errore fosse stato prontamente corretto con relativa comunicazione su Twitter pubblicamente rivolta al diretto interessato – il che equivale a una rettifica con le caratteristiche di tempestività e pubblicità previste dalle normative vigenti –, due giorni dopo Maran, ritenendo che «anche l’odierna versione del post insinua (subdolamente) nel lettore una attività illecita posta in essere dallo scrivente, avendo di fatto favorito due ricercatori, a discapito di altri. Anche tali affermazioni ledono gravemente la mia reputazione ed il mio onore», inviò una mail al collettivo Wu Ming invitandolo formalmente
«entro e non oltre 24 ore dal ricevimento della presente ad eliminare dall’articolo pubblicato qualsivoglia riferimento al sottoscritto, precisando che qualora la presente comunicazione non dovesse trovare integrale accoglimento, sarò costretto a tutelare i miei diritti in ogni opportuna sede».
Ovviamente al Senatore Maran si rispose NO, spiegando il perché.
Al momento la minaccia di adire le vie legali non risulta aver avuto alcun seguito, sicché, in assenza di un procedimento legale atto ad acclarare le dinamiche della vicenda, è stato lo storico e politologo, dottore di ricerca in marketing Prof. Dott. Coach Ivan Buttignon, come sempre assai ciarliero, a fornirci, nell’ennesimo intervento autoapologetico e autopromozionale, informazioni più precise sia sull’origine della ricerca che sulla natura del «supporto organizzativo» fornito dai buoni uffici del Senatore Maran.
In una lettera al trimestrale Isonzo-Soča (n. 110, marzo-maggio 2016), Buttignon scrive:
«Alla base sta una ricerca, cui partecipò anche il sottoscritto, svolta nell’ottobre 2015 grazie all’interessamento del Senatore Alessandro Maran e del gruppo del PD al senato nonché a un’idea di Luca Urizio […]
Per tornare alla ricerca: i fondi consultati furono quelli degli Archivi centrali di Stato (soprattutto Ministero dell’Interno e Presidenza del Consiglio dei Ministri) e quello della Farnesina (Ministero degli Affari Esteri) [le ridondanze sono nel testo originale, NdR].
Rispetto ai primi, trovammo buste e fascicoli già pronti, così come richiesto dal Gruppo del PD al Senato alle funzionarie archivistiche.»
Il tassello di informazione fornito dal Prof. Dott. Coach Buttignon, unico elemento di un certo interesse della lettera, offre ulteriori elementi utili a chiarire un’azione, quella del Senatore Maran, che lo stesso interessato aveva nell’atto di minacciar querela chiarito nei seguenti termini:
«Un mio collaboratore ha girato la loro richiesta all’Archivio, ha preannunciato l’oggetto della ricerca e, una volta giunti nella capitale, ha indicato ai ricercatori la strada per raggiungere l’Archivio centrale. Punto.»
Confidiamo nel fatto che in futuro Maran e Buttignon possano offrire all’opinione pubblica una versione dei fatti in grado di tenere insieme:
– l’intervento di Maran presso il suo collaboratore;
– l’azione intrapresa dal gruppo del PD al Senato;
– l’evidenza che pure alla Farnesina (Ministero degli Affari Esteri) risulta il BUS abbia visionato «migliaia di documenti», la qual cosa sembra contravvenire al regolamento dell’archivio per cui, all’Articolo 12, «Lo studioso può richiedere un numero massimo di tre buste (o registri) al giorno».
Tenuto conto degli elementi di contrasto tra le differenti versioni diffuse a mezzo stampa, viene da chiedersi, e infatti ce lo chiediamo, in che cosa sia consistito l’interessamento del Senatore Maran che Buttignon pone «alla base della ricerca» e perché nell’atto di minacciare di adire le vie legali il Senatore non ne parli, concentrandosi invece su indicazioni stradali che avrebbe fornito a chiunque. Questo perché qualcuno potrebbe pensare che un simile «interessamento» costituirebbe sì «(l’)ave(r) di fatto favorito due ricercatori, a discapito di altri».
Non è infatti prassi che i ricercatori si rivolgano ai Senatori della Repubblica eletti in quota del principale partito di maggioranza per corrispondere con archivi fruibili da ogni privato cittadino né per ottenere indicazioni stradali, e comunque, in ogni caso, se Maran si fosse astenuto dall’offrire un aiuto irrituale al trio del BUS si sarebbe se non altro risparmiato di veder il proprio nome associato alla ricerca del Nulla.
Maran, in uno dei numerosi articoli che hanno alimentato la bubbola mediatica della foiba-che-non-c’è, dice: «Li ho solo aiutati ad entrare negli archivi perché, anche se non sono uno storico, credo che più si fa luce su certe vicende, meglio è per tutti», il che sembra risuonare con l’affermazione di Urizio secondo cui alla Farnesina «ci vogliono almeno sei mesi di richieste in anticipo e poi serve l’approvazione. Ci sono andato grazie alla collaborazione dello staff del Pd, di Alessandro Maran. Queste cose non hanno colore politico».
Come dev’essere intesa tale dichiarazione? Si potrebbe pensare che senza l’interessamento di Maran la ricerca non si sarebbe svolta in tempi così brevi – per non dire affrettati.
Al di là delle considerazioni espresse con il senno di poi, c’è tutta una serie di motivi per cui, oltre al rispetto per chi segue le regole e per chi non dispone di armi speciali al di fuori del proprio ingegno personale, saltare la fila non è mai una cosa buona.
C’è una mala prassi, anche politica, che tende a individuare nelle regole e nella «burocrazia» un ostacolo da abbattere sempre e comunque, senza andare troppo per il sottile. L’istituzione viene descritta come necessariamente nemica, un’entità arcigna che non mette a disposizione il prezioso contenuto da cui dipende invariabilmente «l’interesse comune».
Ora, se questo «interesse comune» esiste nelle favole, dal misero esito della ricerca del BUS si può comunque trarre un insegnamento di cui possono giovarsi in molti, e cioè che le regole di accesso agli archivi, al di là della frustrazione che a volte ne deriva, hanno un senso e una loro importanza.
Come gli ostacoli rendono il viaggiatore più consapevole delle proprie intenzioni, così l’anticipo per prenotare il posto in archivio, la richiesta di presentare titoli personali e finalità della ricerca e i limiti nell’erogazione dei materiali non sono solo altrettanti dispositivi per proteggere i documenti da chi ne fa lo spoglio, ma spingono i ricercatori a orientarsi sempre meglio nella sovrabbondanza e/o impenetrabilità delle fonti.
Il primo ingrediente per fare ricerca non sono infatti i materiali ma l’interrogativo di ricerca stesso, strutturato anche attraverso la conoscenza della letteratura già disponibile sull’argomento.
Sapendo che cosa chiedere alle fonti e dopo mesi di preparazione è dunque possibile iniziare a lavorare sui documenti, con una modalità, la possibilità di ottenere un certo quantitativo di materiali al giorno, che dipende semplicemente dalla necessità di impiegare il tempo necessario a valutare i materiali stessi.
Il preavviso, il tempo da impiegare sul campo, l’investimento anche economico che il ricercatore assume si possono descrivere come rituali di preparazione ad un’attività particolarissima che per portare a qualche frutto richiede soprattutto pazienza e disciplina.
Rimuovendo questi sigilli l’archivio, profanato, non può che rimanere muto o, peggio, subire il saccheggio di «migliaia di documenti» che vengono tritati nelle rotative della stampa di provincia per finire in pasto alle bettole, com’è successo al BUS.
Come ha scritto recentemente David Bidussa in occasione della scomparsa di Claudio Pavone, il grande storico ha sempre pensato che
«il problema dei documenti, dei manoscritti non era mai il documento singolare, ma era la serie, era il luogo o il mazzo di carte dove si trovava, dove era stato conservato e in che modo. E che uno storico, a differenza di un detective deve chiedersi dove ha trovato il documento che sta citando o utilizzando, come lo ha trovato. Soprattutto chiedersi, spesso, perché non si trovasse dove sarebbe stato logico trovarlo. Perché il documento non è la scoperta della verità che rovescia il senso comune, è una traccia per riflettere su un uso, su una consuetudine, su come pensa un’istituzione. È una finestra che si apre su un mondo.»
Sono parole, queste, che sembrano applicarsi al caso specifico di una ricerca basata su di un documento inattendibile, redatto da ambienti di intelligence e rinvenuto nell’archivio della Farnesina senza che nessuno, salvo Alberto Buvoli, Presidente dell’Istituto Friulano per la Storia del Movimento di Liberazione, ci abbia trovato qualcosa di strano.
Diversamente dal BUS, che l’ha frettolosamente evocata e cavalcata, gli inquirenti hanno escluso l’esistenza della foiba del Friuli orientale incrociando materiali d’archivio e testimonianze – «Nulla né dalle ricerche sul campo, propedeutiche a una significativa attività di scavo, né dall’esame del materiale cartaceo acquisito negli uffici ministeriali, né dalla testimonianza di chi avrebbe potuto o dovuto sapere» – e arrivando a formulare un’ipotesi sulla fondatezza del documento citato da Urizio, il cui autore avrebbe «esagerato o ingigantito fatti». Anche secondo la magistratura, dunque, la «foiba volante» non esiste.
Dal punto di vista dei rilievi storiografici, su cui gli storici sono i più titolati per compiere ricerche d’archivio e verificare gli eventuali riscontri sull’effettivo svolgimento di un fatto storico, i rumors sulla «foiba volante» non avrebbero mai potuto ricevere credito.
Rimane, per inciso, da sottolineare come l’attività di ricerca di riscontri fattuali a questi rumors abbia comportato lo sperpero di soldi pubblici per i sopralluoghi dei carabinieri e per l’impegno che la magistratura, già oberata di lavoro, ha dovuto sostenere per quelle che, a questo punto, possono essere indicate come fisime, interessate o meno, del BUS.
Ma torniamo al ruolo di Maran.
Se è vero quanto racconta Buttignon, il senatore ha agito discrezionalmente in favore di tre ricercatori e non altri. Non solo: si è pure prestato ad un’attività che contravviene ai presupposti essenziali della ricerca scientifica, come le parole di David Bidussa mostrano perfettamente, ovvero nel caso specifico la ricerca all’ingrosso di spunti pruriginosi da offrire all’opinione pubblica senza alcun controllo delle fonti.
La vicinanza con il potere è una delle cifre degli ambienti come quello in cui è maturata la ricerca del BUS, ovvero un’associazione nazionalista che si reca a Roma con il contributo economico di un’amministrazione comunale di destra e il supporto operativo offerto dal gruppo al Senato e da un Senatore di un partito di centrosinistra.
Al di là dell’entità dei favori effettivamente concessi al personale della Lega Nazionale, Maran ha in qualche modo finito per prestarsi ad una specie di patrocinio, da cui gli abbondanti riferimenti apparsi sulla stampa in merito al suo «supporto operativo» alla ricerca. Dispiace che il Senatore, anziché minacciare querele, non abbia ritenuto di intervenire per precisare la sua posizione ai tempi delle prime rivelazioni del BUS.
⁂
Dal 2005, dopo che nel marzo dell’anno precedente venne istituito il Giorno del ricordo, ci siamo abituati a riscontrare nei discorsi che ogni 10 febbraio accompagnano le celebrazioni, così come nei resoconti sui media, un appiattimento della narrazione sul «confine orientale».
Tale narrazione ha messo in moto una dinamica di feedback positivo che ne ha intensificato di anno in anno, e autoriprodotto, la visione semplificatoria.
Ciò non stupisce, dato che nella logica delle celebrazioni ufficiali la storia può solo fare da ancella alla «memoria» e sono escluse a priori – spesso tacciate tout court di revisionismo – le voci critiche e chiunque ribadisca la necessità di affrontare, al fine di una corretta comprensione storica, la complessità della questione.
In pratica, si conserva e rinnova «la memoria della tragedia degli italiani e di tutte le vittime delle foibe, dell’esodo dalle loro terre degli istriani, fiumani e dalmati nel secondo dopoguerra», come recita la legge istitutiva del Giorno del ricordo, ma della stessa legge si dimentica l’indicazione a mettere in relazione questa memoria con «la più complessa vicenda del confine orientale».
Lo scorso 10 febbraio anche sulla rivista Internazionale, nella versione on-line, è stata pubblicato un articolo/scheda dal titolo Cosa sono le foibe. Purtroppo e diversamente da quello che in questo caso ci si poteva aspettare – essendo Internazionale una rivista diretta con competenza, obiettività e indipendenza – nell’articolo abbiamo riscontrato imprecisioni e il ricorso a dati che, non entrando nello specifico di ciò che viene contabilizzato, non solo inficiano la possibilità di inquadrare la questione, ma indirizzano il lettore verso una data interpretazione.
Vista la reputazione positiva riconosciuta a Internazionale, Nicoletta Bourbaki ha scritto una lettera aperta alla redazione, poi sottoscritta da altri soggetti individuali e collettivi, dove si segnalano punto per punto le criticità riscontrate nell’articolo pubblicato e chiedendo, nella conclusione della lettera aperta, che «la rivista, coinvolgendo una pluralità di voci e firme, prepari sul sito uno speciale che dia conto della complessità del tema, in primis reinserendo nel quadro le responsabilità dello stato italiano sul confine orientale a partire dal 1915».
Martedì 20 dicembre la Lettera aperta sul giorno del ricordo è stata pubblicata sul sito di Internazionale. Buona lettura.
⁂
* Nicoletta Bourbaki è il nome usato da un gruppo di inchiesta sul revisionismo storiografico e le false notizie storiche in rete, con particolare riferimento alle manipolazioni su Wikipedia, formatosi nel 2012 durante una discussione su Giap. Con questa scelta, il gruppo omaggia Nicolas Bourbaki, collettivo di matematici attivo in Francia dal 1935 al 1983. Questa è la sua pagina su Facebook.
LEGGI ANCHE L’INCHIESTA A PUNTATE:
Viaggio nelle nuove foibe
1. Chi sogna una foiba in Maremma? Il caso Roccastrada – di Alberto Prunetti
2. La foiba volante del Friuli orientale – di Nicoletta Bourbaki
3b. Le nuove foibe, 3a puntata | Ritorno dal Bus de la Lum in compagnia della Xa Mas
Per la vicenda della foiba volante vedi anche:
Sulla patacca della non-foiba di Rosazzo
Materiali e documenti sul sito diecifebbraio.info
Un’integrazione. Nel post di Nicoletta Bourbaki un debito rimane implicito, perché interamente affidato ai link, ma è doveroso ricordarlo a chiare lettere: tra chi ha contrastato la bufala della “foiba volante” – fin dai primi giorni e addirittura, per certi versi, prevenendola – spiccano le ricercatrici storiche Alessandra Kersevan e Claudia Cernigoi, anime del collettivo Resistenza Storica, che è anche una collana delle edizioni KappaVu.
Le edizioni KappaVu hanno pubblicato saggi storici di importanza capitale, da noi recensiti, discussi, segnalati e/o più volte citati nel corso degli anni, su questo blog o sul sito “storico”, come Operazione «foibe». Tra storia e mito di Claudia Cernigoi, Metamorfosi etniche. I cambiamenti di popolazione a Trieste, Gorizia, Fiume e in Istria. 1914-1975 di Piero Purini, La foiba dei miracoli. Indagine sul mito dei «sopravvissuti» di Pol Vice, Esuli a Trieste. Bonifica nazionale e rafforzamento dell’italianità sul confine orientale di Sandi Volk e Fenomenologia di un martirologio mediatico. Le foibe nella rappresentazione pubblica dagli anni Novanta ad oggi di Federico Tenca Montini.
[…] È ufficiale: la «foiba volante del Friuli» non esiste. E, a proposito di #foibe, una lettera aper… di Nicoletta Bourbaki, 23.12.2016 … la foiba volante, nonostante la generosa copertura mediatica offerta dal Messaggero Veneto – diretto (allora) da Tommaso Cerno – a colpi di presunti scoop susseguitisi un giorno sì e l’altro pure, aveva già da tempo interrotto l’appassionante tour che l’aveva portata a visitare una decina di località friulane… […]
[…] italiana e sui falsi storici in tema di foibe. Tra i vari risultati, ha contribuito a smontare la bufala della cosiddetta «foiba di Rosazzo», altrimenti detta «foiba volante». Per l’edizione on line della rivista Internazionale, in […]
[…] italiana e sui falsi storici in tema di foibe. Tra i vari risultati, ha contribuito a smontare la bufala della cosiddetta «foiba di Rosazzo», altrimenti detta «foiba volante». Per l’edizione on line della rivista Internazionale, in […]
[…] italiana e sui falsi storici in tema di foibe. Tra i vari risultati, ha contribuito a smontare la bufala della cosiddetta «foiba di Rosazzo», altrimenti detta «foiba volante». Per l’edizione on line della rivista Internazionale, in […]
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[…] italiana e sui falsi storici in tema di foibe. Tra i vari risultati, ha contribuito a smontare la bufala della cosiddetta «foiba di Rosazzo», altrimenti detta «foiba volante». Per l’edizione on line della rivista Internazionale, in […]
[…] per seppellire i corpi in una fantomatica grande fossa comune, che però non è mai stata trovata (vi ricorda qualcosa?). Del resto, non risulta vi sia alcun «pezzo di monte esploso», né esiste alcuna testimonianza […]
[…] italiana e sui falsi storici in tema di foibe. Tra i vari risultati, ha contribuito a smontare la bufala della cosiddetta «foiba di Rosazzo», altrimenti detta «foiba volante». Per l’edizione on line della rivista Internazionale, in […]
[…] italiana e sui falsi storici in tema di foibe. Tra i vari risultati, ha contribuito a smontare la bufala della cosiddetta «foiba di Rosazzo», altrimenti detta «foiba volante». Per l’edizione on line della rivista Internazionale, in […]
Ho letto la “Lettera aperta sul giorno del ricordo” pubblicata su “Internazionale”. Ho altresì visto che è stata pubblicata una risposta sul sito della associazione degli esuli istriani, leggendo la quale fra l’altro ho imparato un nuovo termine “giustificazionismo”. Non credo che siate interessati ad iterazioni infinite di botta e risposta, ma ero curioso di sapere se la loro risposta in qualche modo era stata da voi analizzata.
Sì, a suo tempo leggemmo due diverse lettere aperte. Ritenemmo che lo stesso speciale pubblicato di lì a poco dal sito di Internazionale costituisse una più che esaustiva risposta ad entrambe, senza ulteriore bisogno di commentare le inconsistenti e pretestuose accuse.
[…] italiana e sui falsi storici in tema di foibe. Tra i vari risultati, ha contribuito a smontare la bufala della cosiddetta «foiba di Rosazzo», altrimenti detta «foiba volante». Per l’edizione on line della rivista Internazionale, in […]
[…] – Urizio – Salimbeni) che qualche anno fa innescò la bufala della cosiddetta «foiba volante». La sua è una pagina di storia patria che contiene un unico, fuggevole accenno (una riga) a una […]
[…] aggiunti a piene mani ogni volta che si racconta la vicenda; fosse comuni vuote, introvabili e addirittura “mobili”; vittime non solo mai trovate ma addirittura mai esistite – come la fantomatica «Jolanda […]
[…] italiana e sui falsi storici in tema di foibe. Tra i vari risultati, ha contribuito a smontare la bufala della cosiddetta «foiba di Rosazzo», altrimenti detta «foiba volante». Per l’edizione on line della rivista Internazionale, in […]
Alcune novità su Paolo Garlant il cercatore di cimeli ritornato alla ribalta delle cronache. Ha appena avuto grane – guarda caso – per apologia del fascismo per aver messo dei sobri fasci littori sopra la sua abitazione.
https://www.ilgazzettino.it/nordest/udine/gemona_fasci_littori_casa_paolo_garlant_non_e_apologia_al_fascismo-4871103.html
https://messaggeroveneto.gelocal.it/udine/cronaca/2019/11/19/news/fasci-sul-muro-non-e-apologia-di-fascismo-1.37920329
https://www.altofriulioggi.it/gemona-del-friuli/gemona-accusato-apologia-fascismo-19-novembre-2019/
http://www.venetouno.it/notizia/55480/collezionista-di-cimeli-fascisti-assolto
Secondo il giudice il fatto non sussiste.
Nel frattempo su due dei tre profili facebook a lui intestati (tuttora chiusi dopo le vicende di cui sopra) ha come immagine del profilo un ritratto con l’ausiliaria della X Mas Fiamma Morini.