L’ibridazione, libri d’azione. Il blog di #QuintoTipo…

Quinto Tipo

…non è solo «il nuovo blog della collana diretta da Wu Ming 1», ma uno spazio dove riflettere e sperimentare. Dove opporsi alle narrazioni pacificate e finto-ribelli. Dove incontrare intelligenze aliene al mainstream.

Dall’editoriale di Wu Ming 1:

«[…] Nel frattempo, persino nell’asfittico establishment italiano, tutti sembrano essersi accorti – alla buon’ora? – che sta succedendo qualcosa.
Nella presentazione della collana [2014] elencavamo le definizioni approssimative con cui – fin dai tempi del New Journalism americano – si cerca di delimitare il campo che ci interessa: “non-fiction novel”; “creative non-fiction”; “reportage narrativo”, “docufiction”, “autofiction”… Scritture che per comodità diremo “non-romanzesche”. Una definizione più merceologica che letteraria, perché in fondo si usano – anche e soprattutto – le tecniche del romanzo, anche se per fare altro.
L’editoria ha recepito la tendenza a queste scritture, la cui importanza è riconosciuta da tutti: editori, librai, stampa mainstream e lettori.
Tutto bene, dunque? Abbiamo “vinto”? È davvero “la buon’ora”?

No.»

Continua a leggere l’editoriale di Wu Ming 1 → «Per incontri del Quinto Tipo sempre più ravvicinati e collettivi»

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3 commenti su “L’ibridazione, libri d’azione. Il blog di #QuintoTipo…

  1. Mi chiedevo, forse un po’ piccinamente (ci sono domande ben più interessanti, lo so), quali sono queste ” narrazioni addomesticate (o «finto-ribelli», che è anche peggio), narcisistiche, attardate in un postmodernismo d’accatto, reazionarie nel loro abbracciare l’esistente schernendo la presunta «ingenuità» di chi vi si oppone. Sono testi che si vogliono «post-ideologici» e in realtà intrisi di ideologia dominante”. Anche per capire meglio in cosa cosa si differenziano, in positivo, gli altri libri! Insomma: un po’ di nomi. Non per fare polemica letteraria, che penso non freghi nulla a nessuno, ma ripeto, per mettere insieme somiglianze e differenze di famiglia.
    Grazie!

    • «Non per fare polemica letteraria, che penso non freghi nulla a nessuno».

      Appunto.

      Alcuni nomi verranno fuori, ma solo se farli avrà una qualche utilità e se il decostruire la retorica di certe opere specifiche sarà qualcosa di diverso dalla stroncatura, genere che ci annoia e che infatti non abbiamo mai praticato, preferendo scrivere di quel che apprezziamo.

      Alcuni nomi verranno fuori, ma non è questione di nomi. Te ne importa davvero qualcosa se nomino o meno il tale o il tal altro blogger «promosso» dalla critica a Scrittore, o l’opinionista divenuto famoso perché attacca il «politically correct» (bestia nera immaginaria della destra) e considerato «autore» con la a maiuscola perché ogni tanto pubblica romanzi-pastiches, o uno a caso degli scrittori «giovani» – tra il renziano e il fascistello, in ogni caso qualunquisti – che sulla tale rivista fanno sfoggio del più conformistico e sempre più stiracchiato cinismo? Sono maschere, personaggi tipici, i nomi li faremo ma sono secondari.

      Sono secondari perché il problema è un mood diffuso, una tonalità emotiva nella quale troppi autori, polemisti, commentatori si crogiolano in modo acritico da troppo tempo, soprattutto in Italia.

      Quel mood si esprime nella parola proterva e irresponsabile, nell’ironia usata come paravento, nelle pose da “provocatori” mentre si prendono le posizioni più banali e di regime. È dunque il mood del “fascismo social” preso in esame da Prunetti qui su Giap, ma anche de “La zanzara”, de “Il Foglio”, di “Libero”. Questa è la versione più baldanzosa, poi ci sono gradi e sfumature, ne esistono versioni più snobistiche, che si vorrebbero più “raffinate”. Insieme che comprende il sottoinsieme che definirei «Sono di sinistra ma [segue esternazione reazionaria]».

      I portatori di parola irresponsabile sono miriadi, hanno opinion-leader giornalistici e politici di cui conosciamo i nomi, sono il prodotto di questa fase storica che trova espressione anche nell’ambito editoriale e letterario.

      «In cosa si differenzia» da tutto questo ciò che scriviamo e che Quinto Tipo pubblica dovrebbe essere chiaro leggendo quei testi.

      • Immaginavo che sarebbe stata questa la risposta. È anche comprensibile, del resto, e è difficile non essere d’accordo.

        Resta la curiosità, perché sì, chiaro, leggere, che so, Prunetti mi fa capire un poco la galassia di parole e idee dietro questi romanzi, ma confrontarlo con quelli che sono gli opposti estremi, mi da ancora meglio l’idea di quello che significa la sua voce: perché è diversa.
        Più che nomi di autori, chiedevo titoli, per poter vedere, confrontare, farmi una idea. Anche per capire eventuali altre posizioni in gioco.

        Ma come detto, capisco bene. E speriamo presto di leggere, quando si avrà due lire, Diario di Zona, che è tanto che mi interessa accattare.