Giovedì 8 giugno, alla Casa della Conoscenza di Casalecchio di Reno, presenteremo Meccanoscritto per la prima volta in terra emiliana. Tre giorni più tardi, alla festa di Letteraria, lo porteremo a Roma per la seconda volta.
In questi primi due mesi, il nostro romanzo ipercollettivo e operaio ha viaggiato soprattutto in territorio milanese, tra presidi e circoli, biblioteche e sedi sindacali. Nelle utlime settimane, però, stanno arrivando inviti da varie zone d’Italia e anche le recensioni si vanno accumulando, segno che un testo così particolare aveva bisogno di un tempo di maturazione più lungo rispetto a un classico libro “di narrativa”.
Di seguito, pubblichiamo alcuni estratti dalla rassegna stampa raccolta fin qui, con i link agli articoli integrali. Altro materiale (podcast di interviste, pdf di quotidiani, servizi televisivi) si trova sul sito di Ivan Brentari.
Buona Lettura.
«Leggere la crisi del presente in controluce, la luce della storia delle lotte. È l’obiettivo felicemente raggiunto da Meccanoscritto (Edizioni Alegre, 2017), un libro collettivo a firma del Collettivo MetalMente con Wu Ming 2 e Ivan Brentari. Un testo sperimentale figlio di un prezioso e faticoso lavoro di scrittura che tiene insieme due epoche e incrocia racconti individuali e collettivi, «infrastorie» raccontante attraverso documenti, giornali, testimonianze, dialoghi e narrativa.»
A. Santagata, Le pagine di una corale vita operaia (il manifesto)
«Sono partiti da una curiosità, un concorso letterario bandito dalla FIOM negli anni 60, per ripercorrere, narrativamente, la storia di alcune lotte operaie dell’Italia di allora, intrecciandole con scritti “metalmeccanici” di oggi e con il racconto, per molti versi agghiacciante, dell’evoluzione storica del sopruso padronale. Intercalando poi con infra-racconti legati ai titoli dei giornali dei tempi, come cartine di tornasole rivelatrici di come si fa a rigirare la frittata, i responsabili di tutto ciò hanno prodotto da una apparente frammentazione un progetto solidissimo, uniforme, e un libro di impressionante forza.»
Franco Foschi, La parabola laica del lavoro (Carmilla)
«Ed è così che Wu Ming 2 si inventa un parallelismo tutt’altro che scontato: riunisce un gruppo di operai della Fiom in un laboratorio di scrittura che prevede la produzione di storie a più mani, in senso collaborativo. Non più l’approccio solitario al foglio bianco, ma un giustapporsi di pensieri e idee che siano elaborate all’unanimità; è proprio il senso della coesione quella che si vuole sottolineare con questo esperimento, una coesione che negli anni ’60 si sentiva forte, che usciva dalla vita della fabbrica e si riproduceva all’esterno di essa nel senso di appartenenza, una coesione che si è andata sfaldando nel tempo e che sembra riprendere forma solo ora.»
Martina Sacchi, Poliscrittura e polipensiero: un esperimento narrativo sull’Italia che lavora, (Viaggio nello scriptorium)
«Ma proprio aver scelto dei racconti, e non la ricerca sociologica, ci fa capire cosa unisce queste due fasi storiche così diverse: quelli che lavorano nelle fabbriche sono persone. Persone obbligate, ieri come oggi, a lottare per vedere rispettata la propria dignità.»
Michael Braun, Italieni, (Internazionale del 26/05/17)
«Due dei racconti del 1963, Uniti si vince e I Crumiri, terminano con le note di canti e cori di lotta. Parole da tutti conosciute, di bandiere rosse e rivoluzioni, che spaventavano i padroni e rappresentavano un orizzonte comune, materiale e simbolico, per gli operai. Parole e canzoni che oggi tutt’al più appaiono come innocue o folkloristiche. Abbiamo bisogno delle nostre parole per riconoscerci e lottare assieme.»
CLAP Roma, Meccanoscritto. Raccontare lavoro, lotte, sfruttamento. Insieme. (Dinamo Press)
«Oltre a essere letterariamente interessante — pur con alcune, ovvie ingenuità stilistiche — Meccanoscritto ha anche un valore aggiunto. Dice a gran voce, in un panorama dove “il racconto del lavoro non fa notizia, anzi non è notizia”, che le fabbriche esistono ancora. Che la produzione esiste ancora, contro ogni ideologia di immaterialismo, ed esiste il dolore che la produzione genera: il tempo perso, i movimenti ripetitivi, lo sfruttamento; le intimidazioni, i ricatti padronali, le delusioni del crumiraggio. Non sono relitti del XX secolo, ma realtà che ci accompagnano quotidianamente: se molti non le vedono è perché hanno minore dignità e centralità nel discorso pubblico, e perché sono in parte dislocate. Inutile aggiungere che rispetto agli anni Sessanta il movimento operaio ha una forza assai minore, e che molti dei sogni di quell’epoca sono andati incontro a una brutale sconfitta. Anche il paragone tra l’Unità di allora e quella di oggi fa male al cuore.
Eppure il pregio di questo libro è quello di non abbandonarsi affatto a una sterile nostalgia. Anzi. Attraversando gli anni del grande riflusso con rinnovata energia — e veicolandoli attraverso le storie, uno degli ultimi argini di resistenza rimasta — ricorda al lettore il valore della lotta.»
Giorgio Fontana, La parola collettiva, la lotta, la fabbrica. (A – rivista anarchica)