Ormai undici anni fa scrivevamo la prefazione al saggio di Henry Jenkins Cultura Convergente (Apogeo, 2007).
Una delle tesi di quel libro seminale era che l’universo del fandom, ossia la comunità degli ammiratori delle grandi narrazioni aperte che “abitano” gli universi narrativi stessi, non è (o non è soltanto) una folla di nerd in crisi di astinenza, bensì un’interessante esperienza partecipativa. Vale a dire un fenomeno più o meno esteso di condivisione delle storie che può perfino fornire una chiave di interazione con il mondo, e non già di evasione.
L’approccio di Jenkins non soltanto esaltava i fenomeni di fandom letterario, cinematografico e televisivo, ma evitava di disgiungere al loro interno un taglio “alto” da uno “basso”, considerando invece degne d’interesse tutte le articolazioni, che hanno nomi inglesi ormai entrati nell’uso comune: fanfiction, fanart, cosplaying, fanmovies, ecc.
Queste forme di ammirazione partecipata non sono necessariamente aliene allo studio e all’analisi critica, perfino accademica, circa un’opera di narrazione. Partecipare all’espansione di un mondo virtuale non esclude di studiarne le implicazioni poetiche, filosofiche, teologiche, politiche, di genere, eccetera. Al contrario, i due approcci potrebbero perfino essere complementari.
Niente incarna la tesi di Jenkins meglio del Tolkien Day che si terrà a Roma il prossimo 24 marzo, organizzato dall’Associazione Italiana Studi Tolkieniani.
Il fatto che un evento del genere venga concepito da chi si occupa di studiare l’opera letteraria di Tolkien e non solo di celebrarla o feticizzarla, dimostra che questi undici anni non sono trascorsi invano e che, appunto, l’intuizione di Jenkins era giusta. L’iniziativa dell’AIST precede di un giorno il Tolkien Reading Day, che i fan celebrano in tutto il mondo nella ricorrenza della distruzione dell’Anello (25 marzo), e che consiste essenzialmente in momenti di lettura pubblica o collettiva dei propri brani tolkieniani preferiti.
Il Tolkien Day romano va oltre. Basta uno sguardo al programma della giornata. A farla da padrone è senz’altro il gioco, attività collettiva e di condivisione per antonomasia. Si va dalle battaglie di miniature a tema, ai dibattiti sulle trasposizioni cinematografiche e televisive delle opere tolkieniane; dai giochi da tavolo e di ruolo, agli artist desk; per arrivare alla presentazione dell’epistolario di JRRT, a quella degli atti del convegno universitario su Tolkien e la Grande Guerra, e del volume Tolkien e i Classici, fino alle scritture elfiche e naniche. In mezzo a tutto questo ci sono ovviamente anche i reading letterari, che però diventano parte di un evento esteso a molti aspetti del fandom e della pubblicistica specializzata.
A questo si aggiunge che in occasione di questa scadenza sta per essere lanciato il crowdfunding per “Casa Tolkien”, un progetto che coronerebbe un percorso pluriennale.
Si tratta né più né meno che di un luogo fisico in cui raccogliere il frutto degli sforzi materiali, intellettuali, artistici dell’AIST e della rete di contatti che gravita attorno all’associazione. Una sorta di Ultima Casa Accogliente, per così dire, dove i viandanti tolkieniani possano trovare ristoro ;-)
La location è molto suggestiva, il borgo medievale di Dozza Imolese, sulle prime colline romagnole (a 35 km da Bologna), immerso in un paesaggio che potrebbe ricordare vagamente la Contea, dove già si tiene il festival biennale Fantastika e dove nel 2014 l’AIST è stata fondata. L’associazione ha firmato una convenzione con l’amministrazione comunale, che le mette a disposizione una porzione di edificio, su quattro livelli, perché venga trasformata in Casa Tolkien. Ossia uno spazio che possa contenere un centro studi, una piccola biblioteca, un bookshop, una mostra permanente, conferenze, presentazioni, proiezioni, corsi, e in prospettiva forse anche una piccola foresteria. Va da sé che in Italia non è mai esistito niente del genere, e forse nemmeno all’estero. Si tratta di un progetto avanzatissimo con un nome che è già tutto un programma. Per realizzarlo verrà lanciata la sottoscrizione aperta, di cui daremo notizia qui su Giap. Se con il contributo di molti la casa riuscirà ad aprire i battenti, varrebbe la pena di invitarci, insieme a tanti altri, proprio il prof. Jenkins, anche solo per dimostrargli che aveva ragione.