[Ieri la rivista online tedesca Telepolis ha pubblicato, in inglese (come l’avevamo rilasciata a Tomasz Konicz) e in traduzione tedesca un’intervista in cui siamo tornati, con importanti aggiornamenti, sulla faccenda QAnon, e abbiamo proposto alcune riflessioni su teorie del complotto, debunking e tattiche di guerriglia comunicativa. Ne riportiamo qui la traduzione italiana, con l’aggiunta di alcuni utili link. Buona lettura.]
TK. Accadono cose strane nei social network come 4chan dove si ritrovano i gruppi di destra, anche dando per scontato il basso livello a cui l’estrema destra ci ha abituati. Una bizzarra teoria del complotto ha preso terreno e si chiama semplicemente «Q», come una delle vostre opere più note. Su 4chan e altri forum «Q» afferma che Donald Trump, da vero eroe americano, è impegnato in uno scontro titanico per debellare una congiura planetaria ordita da una potente organizzazione di pedofili. Siete stati voi Wu Ming a generare questa teoria del complotto usando tattiche di guerriglia comunicativa?
WM. Wu Ming e la Wu Ming Foundation non si dedicano a beffe mediatiche. Quella era una delle attività del Luther Blissett Project dal giugno 1994 al 31 dicembre 1999. Al termine di quel periodo, chi aveva preso parte al LBP è andato avanti, avviando nuovi progetti e fondando nuovi collettivi.
Wu Ming è il nome adottato nel gennaio 2000 dagli scrittori che, usando lo pseudonimo collettivo «Luther Blissett», avevano scritto il romanzo Q. Dopo la fine del LBP e l’impatto globale del libro, decidemmo di proseguire i nostri esperimenti sulla forma-romanzo e la narrativa metastorica. Negli anni seguenti abbiamo scritto 54, Manituana, Altai e L’Armata dei Sonnambuli, e in questi giorni stiamo finendo un nuovo romanzo intitolato Proletkult. Abbiamo scritto anche libri su storie vere, basati su una forte documentazione, che molto semplicisticamente si potrebbero far rientrare nella «non-fiction creativa». Noi li chiamiamo Oggetti Narrativi Non-identificati, Unidentified Narrative Objects (UNO).
In Italia, intorno ai nostri romanzi e UNO si sono sviluppate forme di fan activism, intorno al nostro blog Giap e al nostro profilo Twitter è cresciuta una vasta comunità che si dedica a vari esperimenti, narrazioni transmediali, progetti collaborativi, laboratori e seminari, nuovi collettivi e blog, persino nuove associazioni alpinistiche. Un processo già partito negli anni Zero, ma che si è fatto più intenso e ha preso sempre più spinta negli anni Dieci. Questo «collettivo di collettivi» è ciò che chiamiamo la Wu Ming Foundation.
Siamo entrati nel dibattito internazionale su «QAnon» perché questa beffa ha molte somiglianze sia con le azioni del LBP sia col nostro vecchio romanzo. Nelle scorse settimane siamo stati contattati da parecchie persone. Già prima dell’intervista a Buzzfeed avevamo ricevuto decine di email e messaggi diretti via Twitter. Di fronte alle notizie sul fenomeno QAnon, chiunque abbia letto il nostro romanzo, trova ovvio concludere che l’ispirazione venga da lì, e tutti costoro volevano sapere come la pensavamo.
I collegamenti con il romanzo saltano all’occhio – a partire dal più evidente: il medesimo «Q» coi suoi comunicati – ma colpiscono ancora di più le similitudini tra QAnon e il genere di beffe mediatiche che eravamo soliti ordire ai tempi di Luther Blissett.
TK. Potete spiegarci le tattiche di guerriglia comunicativa inventate dal vostro gruppo? Fate qualche esempio.
WM. Non siamo certi di aver “inventato” alcunché, ma sicuramente mettemmo a punto una sintesi efficace di strategie e tattiche, che chiamavamo «il manuale». Quel che sta avvenendo sembra una versione distorta di alcune di quelle tattiche, ed emergono molti dei temi che affrontavamo all’epoca: la pedofilia, il satanismo, il potere della Chiesa, decessi simulati o immaginari ecc.
Organizzammo beffe molto elaborate per dimostrare quanto fosse pericoloso il grande allarme-pedofilia che investì l’Italia e l’Europa nella seconda metà degli anni Novanta. Certe beffe erano parte di controinchieste e campagne di solidarietà, come quella per dimostrare l’innocenza di alcune persone accusate di «abusi rituali satanici». Mettemmo on line vaticano.org, una versione del sito ufficiale del Vaticano – il cui dominio è invece vatican.va – quasi identica all’originale, ma con sottili modifiche intese a lasciare perplessi i visitatori. Simulammo la scomparsa e la morte di personaggi famosi mai esistiti, come gli artisti Harry Kipper e Darko Maver. Nel fare tutto questo, adottammo tattiche e tecniche narrative molto vicine a quelle tipiche dei giochi di ruolo dal vivo [LARP] e dei giochi di realtà alternativa [ARG].
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Il tutto era tenuto insieme da un’eclettica teoria della «mitopoiesi», ovvero puntavamo a creare miti, narrazioni condivise che pungolassero l’immaginazione collettiva e la cooperazione. Il mito primario era proprio l’alias collettivo «Luther Blissett», che fu preso in prestito da un calciatore britannico. Centinaia di persone adottarono il nome per stimolare insieme, azione dopo azione, burla dopo burla, dichiarazione dopo dichiarazione, la reputazione aperta di un burlone immaginario.
Senza quest’intento mitopoietico, la nostra principale attività negli anni di Blissett potrebbe essere ridotta al fabbricare complicate fake news. Ma quelle fake news non erano importanti di per sé. Avevano sempre finalità precise: dovevano attirare l’attenzione su certi temi delicati e sul modo in cui i media ne parlavano; dovevano avere un aspetto “pedagogico” incentrato sul fai-da-te: eravamo sempre noi a fare ingegneria inversa delle nostre stesse beffe, rivendicandole pubblicamente e spiegando con dovizia di dettagli quali automatismi culturali e difetti del sistema dell’informazione avevamo sfruttato. Il racconto di come si era portata a termine la beffa era più importante della beffa stessa. Infine, ogni beffa aggiungeva elementi alla reputazione mitica di Luther Blissett e rendeva il chiamarsi Luther Blissett più interessante e coinvolgente. Adottando lo pseudonimo multi-uso condividevi uno stile, un certo immaginario, persino quando non avevi mai incontrato di persona nessun altro membro.
Mariano Tomatis, un mago che fa parte della Wu Ming Foundation, ipotizza modi di svelare il trucco dietro un numero di magia che, lungi dal rovinare lo spettacolo, lo rendano ancora più magico. Ecco, per noi una buona beffa mediatica dev’essere questo: un numero di magia che trae beneficio dalla propria ingegneria inversa.
Diffondere fake news non è mai stato così facile; quel che è sempre più difficile è mantenere quest’equilibrio, quest’aspetto educativo, questo senso di finalità condivisa, e la convinzione che il pensiero critico non sia nemico della meraviglia, e nemmeno il contrario.
TK. Riuscite a immaginare gruppi di sinistra che, influenzati dal vostro lavoro, inventano QAnon? Cosa pensate della tattica di disseminare teorie del complotto false e assurde negli ambienti di estrema destra? È legittimo, per discreditarli, oppure pone troppi problemi, in un’epoca in cui si crede volentieri anche alle bugie più bislacche?
WM. Cerchiamo di fare il punto. Noi sospettiamo che chi ha fatto partire QAnon lo abbia inteso come un esperimento-beffa sulla destra americana, un inganno politico che – perlomeno all’inizio – ha tratto ispirazione direttamente dal nostro lavoro. Ben presto, e non era difficile prevederlo, la beffa ha cominciato a vivere per conto proprio: è diventata una sorta di gioco di ruolo nazi in cui i giocatori più di spicco aizzavano i più creduloni tra i fan di Trump, dopodiché tutti si sono impegnati perché la narrazione diventasse sempre più selvaggia, assurda, oltraggiosa, sconcertante.
Chi ha portato avanti QAnon ha ottenuto simultaneamente due risultati: diffondere contenuti razzisti e fascisti in un modo nuovo ed eccitante, e lasciare interdetto l’establishment dei media mainstream – ai quali l’alt-right è solita riferirsi con la sigla MSM. Gli opinionisti erano stupefatti, non potevano credere che così tanta gente credesse a simili stronzate.
È rimasta una beffa, a certi livelli, ma chi la sta giocando, e alle spese di chi? Se all’inizio QAnon poteva avere un risvolto critico e radicale, nel corso del tempo è finito sotto strati di rumore (suprematista) bianco. Non puoi davvero a “trollare” gente che userebbe qualunque cosa e giocherebbe qualunque partita pur di colpire il nemico. Non conviene dare corda a chi farebbe di tutto per impiccarti. Negli Stati Uniti, nelle scorse settimane si è più volte sfiorata la violenza armata nel nome di QAnon, e il tizio che in California ha appiccato il grande incendio chiamato «Holy Fire» era un avido consumatore di propaganda QAnon. La situazione presenta molti rischi.
Per questo, a un certo punto, siamo intervenuti e abbiamo spiegato le similitudini tra QAnon e il nostro lavoro degli anni Novanta, suggerendo che il tutto fosse partito come beffa. È stato anche un modo di sgonfiare – almeno un poco – e depotenziare quella narrazione. E in effetti siamo riusciti a seminare confusione nell’alt-right, e diversi forum di destra hanno preso le distanze da QAnon dicendo che li faceva sembrare «un mucchio di idioti».
Noi teniamo fermo questo: se un romanzo ha potuto generare un tale tsunami, significa che la letteratura è ancora importante.
TK. Non c’è dubbio che, in tutto il mondo, dei complotti abbiano luogo davvero. I libri di storia ne sono pieni, e riguardano ad esempio l’inizio della seconda guerra mondiale (l’incidente di Gleiwitz) o quello della guerra del Vietnam (l’incidente del Golfo del Tonchino). Cosa rende tanto pericolosa la diffusa credenza nelle teorie del complotto? Quand’è che si supera la linea divisoria tra il ragionevole dubbio e l’ideologia?
WM. Per certi versi, i teorici del complotto stanno nell’insieme che include paragnosti, maghi, astrologi e guru della pseudomedicina. Tutte queste persone operano nel campo della meraviglia, il campo delle visioni spiazzanti e alternative, della fascinazione, di quello che voi tedeschi chiamate Das Unheimliche [il Perturbante]. Tutti costoro vengono incontro a bisogni e necessità umane, perché nelle nostre vite noi abbiamo bisogno di sorpresa, meraviglia, nuove angolature da cui guardare alle cose e pensare che siamo diversi dagli altri. i teorici del complotto offrono tutto questo, e incanalano ogni ansia riguardo alle nostre esistenze in una narrazione che sembra spiegare tutto.
Gli scettici e i debunker che fanno scoppiare i palloncini della pseudomedicina, del paranormale e delle teorie del complotto fanno invariabilmente la parte dei guastafeste. E se fai scoppiare un palloncino complottista in nome dell’establishment, facendo leva su una qualunque autorità – politica, giornalistica o accademica –, non fai che rafforzare il desiderio di visioni “alternative”. «Guastafeste del cazzo!» è la reazione collettiva, culturale, quando un MSM cerca di smontare le teorie del complotto.
E infatti, benché in giro si faccia molto debunking, anche di eccellente qualità, le teorie del complotto prosperano in tutto il mondo. Perché credere in una cospirazione ti fa sentire contro il potere, contro le verità ufficiali. Siamo tutti d’accordo sul fatto che quei palloncini vadano tirati giù, ma farli scoppiare non risolve il problema di fondo, perché non affronta i bisogni di cui parlavamo poco fa, e soprattutto non espone il nucleo di verità.
Ogni teoria del complotto si forma intorno a un nucleo di verità. Dire che il governo degli Stati Uniti si è organizzato da solo l’11 Settembre e ha fatto crollare le Torri Gemelle è da deficienti, chiaro, ma è storicamente provato che l’incidente del Golfo del Tonchino, che menzionavi nella tua domanda, fu un falso attacco messo in scena dagli USA per dare inizio alla guerra del Vietnam. È anche provato che nel 2003 il generale Colin Powell presentò al Consiglio di Sicurezza dell’ONU prove false sulle presunte armi di distruzione di massa in mano a Saddam Hussein, e così via. Il governo USA ha mentito più volte sulla condotta dei propri nemici, e spesso gli USA si sono letteralmente attaccati da soli per avere un casus belli. Se smonti le assurde teorie sull’11 Settembre senza parlare del loro nucleo di verità, non farai che rafforzarle in testa a chi ci crede.
In molti paesi le organizzazioni di scettici hanno chiesto le consulenze di importanti illusionisti, come James Randi negli USA e Silvan in Italia, per svelare i trucchi usati dai paragnosti. I paragnosti sono illusionisti che non si dichiarano tali. I loro colleghi illusionisti possono smascherarli con grande facilità, ed è una tradizione che risale a Harry Houdini, arcinemico dei medium.
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Ebbene, è incredibile che gli scettici e i debunker professionisti abbiano imparato così poco dagli illusionisti con cui lavorano da così tanto tempo! Sono ricorsi agli illusionisti solamente per “distruggere”, per smascherare i ciarlatani. Invece, avrebbero dovuto chiedere consigli su come essere costruttivi. Come facciamo a mantenere, mentre facciamo debunking, quel senso di meraviglia e differenza che paragnosti e teorici del complotto sfruttano ogni giorno? Come possiamo sgonfiare il palloncino senza farlo scoppiare come un qualunque guastafeste?
Ci interroghiamo su questo da anni, collaboriamo con Mariano e altri maghi, facciamo esperimenti narrativi. Anche il modo in cui ci siamo inseriti nel dibattito su QAnon – smontare una beffa, al tempo stesso ravvivando lo spirito delle nostre beffe degli anni Novanta – deve molto a questa ricerca.
TK. Non vi sembra che l’estrema destra stia in qualche modo copiando le vostre tattiche di guerriglia comunicativa per diffondere più o meno elaborate false notizie? Certo, è una piatta imitazione, priva del suo senso progressivo, non c’è alcuna intenzione di “illuminare”, solo di sviare il pubblico…
WM. Non c’è nulla di nuovo, è quel che l’estrema destra ha sempre fatto. I fascisti hanno sempre copiato dalla sinistra le parole, le tattiche, gli slogan, l’immaginario, i colori delle bandiere, riproponendoli in versioni degradate, banali, orrende. Lo stesso termine «fascismo» deriva dalla parola italiana «fascio», che negli ultimi decenni del XIX secolo aveva assunto più o meno il significato di «collettivo»: un fascio era un collettivo di operai in lotta. Prima di fondare il fascismo, Mussolini era stato un importante esponente del partito socialista, è da lì che ha preso la parola «fascio», e a dirla tutta il fascismo continuò a usare anche il termine «socialismo», come fece anche la NSDAP in Germania, che era «nazional-socialista». I fascisti italiani si presero anche il nero delle bandiere anarchiche. Oggi gruppi neofascisti come Casapound sfoggiano le loro versioni delle occupazioni abitative e dei centri sociali, in gran parte esistenti solo sulla carta, tutta roba da chiodi, ma buona per la propaganda. Non c’è mai alcuna invenzione a destra, solo parassitismo, recupero di quello che inventano la sinistra, i movimenti sociali e i lavoratori in lotta.
TK. Quali sono gli ultimi sviluppi del complotto QAnon?
WM. Ieri, 21 agosto, è stato un giorno nero tanto per Donald Trump quanto per chi credeva alle «rivelazioni» di QAnon. Due dei principali collaboratori di Trump – il suo ex-avvocato Michael Cohen e l’ex-responsabile della campagna elettorale del 2016 Paul Manafort – sono stati riconosciuti colpevoli di diversi reati collegati all’elezione del presidente e alla sua amministrazione. Non è che l’inizio, probabilmente. Si stava avvicinando una tempesta, ma i sostenitori di Trump non se ne sono accorti, erano totalmente impreparati. Perché?
Per via di QAnon. A partire dall’ottobre 2017, i misteriosi comunicati firmati «Q» hanno spinto molta gente di destra a credere che le inchieste in corso su Trump e i suoi accoliti – tra le quali la più importante è la cosiddetta «Inchiesta Mueller» – non fossero davvero su Trump, ma fossero invece geniali diversivi ideati da lui stesso. Fingendo di essere lui l’indagato, Trump era libero di muoversi per sbaragliare una segreta cerchia di pedofili capeggiata dai Clinton… e da Tom Hanks. Trump era descritto come un genio, uno dei più grandi strateghi di ogni tempo. Per assurdo che possa sembrare, questo è ciò che i seguaci di QAnon pensavano fino ad ora.
In una situazione normale, la base di Trump avrebbe protestato e manifestato contro la tempesta perfetta giudiziaria che stava per colpire il suo capo. Invece, hanno impiegato tutto i loro tempo parlando di cospirazioni pazzoidi. Erano stati portati a pensare che quelle inchieste non fossero vere. Gli ultimi sviluppi li hanno presi alla sprovvista, e la fiducia in QAnon ne risulta fortemente danneggiata.
Nel nostro romanzo, lo scopo delle lettere di Q è disseminare false informazioni e spingere Thomas Muentzer e i contadini ribelli a pensare che la vittoria è scritta nel loro destino. Per questo arrivano a Frankenhausen del tutto impreparati alla grande battaglia, e in pratica vengono sterminati.
Di certo, sinora QAnon ha fatto più male che bene alla destra americana. L’ha distratta in un momento cruciale, ne ha indebolito l’opposizione all’inchiesta Mueller (perché Q diceva che Mueller era segretamente «uno di noi»!), e ha screditato una grossa fetta di sostenitori di Trump, tanto che altri settori della destra hanno preso le distanze per non essere contagiati e fare la figura dei mentecatti assoluti.
Pensiamo ancora che sia un gioco pericoloso, ma queste conseguenze rafforzano l’idea che QAnon sia una beffa ai danni della destra. Chi l’ha avviata può averne perso il controllo, e a tratti è diventata un incubo, ma in un certo senso la beffa ha mantenuto una parte del proprio nocciolo di senso e del proprio scopo. Se lo scopo era far perdere ai fascisti un sacco di tempo e farli apparire come degli idioti, beh, ha funzionato.
TK. Io so già quale sarà la prossima teoria del complotto di destra: «QAnon era tutta una montatura, un complotto di sinistra, liberal ed ebrei, pagati da Soros e dal deep state!»
WM. Hai ragione, è così che cercheranno di riformularla.