Speciale #Proletkult: seconda ristampa e nuove recensioni


Proletkult
è alla sua terza edizione in meno di due mesi, e continuano ad arrivare recensioni. Dopo gli speciali del 3 novembre, del 16 novembre e del 4 dicembre scorsi, ecco la quarta ondata. Buona lettura.

«Come sempre accade con la fantascienza migliore, siamo davanti a un’opera politica e non dovrebbe sorprendere che rechi la firma, sebbene sotto pseudonimo, di autori italiani. Il collettivo Wu Ming, che con il suo attivismo si colloca in una precisa area politica, facilmente identificabile quanto scarsamente rappresentata, non poteva scegliere dimensione migliore per inaugurare il nuovo corso dopo la fase del romanzo storico. Gli omaggi dichiarati a Ursula K. Le Guin e a Walter Tevis (ma anche a David Bowie e al suo Uomo che cadde sulla Terra, alla cui figura il personaggio di Denni è inequivocabilmente ispirato), oltre che alla fantascienza di Aleksandr Bogdanov, impreziosiscono una linea di ascendenza diretta con il filone più politico del genere.»
Giovanni De Matteo, «Comunismi paralleli e altri viaggi nell’utopia», Quaderni d’altri tempi→ recensione integrale qui.

«La scrittura è ricercata, non pesante ma piena, concentrata, uno stile quasi cinematografico, fatto di periodi brevi e immagini mirate, che si unisce allo studio di più menti che lavorano insieme… Un romanzo che miscela il fantascientifico con la storia, utilizzandolo come causa e pretesto per ridare luce a un periodo a noi quasi sconosciuto.»
Riccardo Rossi, «Alieni e comunisti, il nuovo romanzo dei Wu Ming», Sul romanzo, → recensione integrale qui.

«La nuova prova letteraria del collettivo Wu Ming è un’opera dell’altro mondo, letteralmente… Il romanzo riserva nelle descrizioni e nei dialoghi dei personaggi, per la maggior parte realmente vissuti, sfumature di profonda umanità e considerazioni politiche mai banali. E la figura centrale di Bogdanov esprime molto bene i tormenti di chi vedeva nelle due rivoluzioni (quella del 1905 e del 1917) solo il primo momento della liberazione dell’umanità.»
Glauco Bertani, 24Emilia.com, → recensione integrale qui.

«E così sono vissuto per alcuni giorni durante la stagione del decennale della rivoluzione russa, nel 1927 e ho condiviso, seguendo le vicende di Bogdanov – fondatore con Lenin del partito Bolscevico, scrittore, medico, filosofo – una storia avvincente a cavallo fra la realtà precisa, documentata, e la tentazione della fantascienza… È un libro epico a suo modo “Proletkult”, perché racconta di tempi epici e di personaggi epici, tutti veri, come vera fu la rivoluzione che attuarono, veri i rischi che corsero, vere le prigioni in cui li rinchiusero, vere le dispute politico-filosofiche che li divisero, li riunirono e li divisero ancora e che oggi appaiono lontanissime, ricoperte da uno spesso strato di quella polvere della sconfitta storica che le rende romantiche e un po’ inverosimili.»
■ Toi Bianca, «Il risveglio controverso e appassionato dopo la rivoluzione», Strummerleaks, → recensione integrale qui.

«Proletkult racconta la storia della Rivoluzione sovietica senza nostalgia, ma ribadendo ciò che non funzionò, ciò che andò storto con una lucidità rara. E già questo sarebbe degno di nota, ma lo fa attraverso una scrittura che sperimenta la fusione tra romanzo storico, genere fantascientifico e biografia. Il risultato è allo stesso tempo sconvolgente e travolgente. E ti resta appiccicato ai pensieri.»
Tatiana Larina, «Ci mettiamo la faccia: i migliori libri letti nel 2018», Recensioni russe, → rassegna integrale qui.

Infine, la recensione che Massimo Raffaeli – filologo e critico letterario, una delle migliori voci di Wikiradio su Radio Tre – ha scritto per Il Venerdì, apparsa sul n. 1003 del 7 dicembre 2018.

Proletkult

Massimo Raffaeli

La voce del protagonista esclama a un certo punto: «Se ti specializzi e rinunci a una visione d’insieme, hai la vita tranquilla». E infatti non lo fu quella di Aleksandr Aleksandrovic Bogdanov (1873-1928). Né accettò mai di recludersi in una disciplina specialistica il grande umanista che fu di volta in volta (e cioè in contemporanea) traduttore del Capitale in lingua russa, pioniere del bolscevismo e contraltare politico/filosofico di Lenin come di Plekhanov, economista, insigne ematologo nonché firmatario di un romanzo fantascientifico, Stella rossa (1908), che anticipa il movimento del “Proletkult” insieme con l’idea che la cultura proletaria debba inventarsi e germinare dal basso, nei modi di un perpetuo fervore rivoluzionario, e non essere dedotta e indirizzata dall’alto come invece vorrebbero burocrati e mandarini del Partito (per ragioni tattiche, Lenin incluso).

Alla figura di colui che pure si autodefinì un «marxista marziano», mal tollerato quasi fosse una pietra d’inciampo, sempre sospettato di eresia e sempre relegato ai margini del sistema sovietico, è dedicato Proletkult, che Wu Ming ambienta nel decennale dell’Ottobre e dunque agli estremi dell’esistenza di Bogdanov. Molto accurato nella localizzazione e nell’utilizzo delle fonti storico-filologiche, il romanzo è un caso tipico, per dirla con Alessandro Manzoni, di componimento misto di storia e invenzione.

Da un lato c’è l’autunno terminale di Bogdanov (e sullo sfondo tra la folla dei figuranti si vedono i segni della prima glaciazione staliniana), dall’altro l’irruzione di una revenant, fragile e ostinata silfide dell’utopia, che sembra direttamente uscita dalle pagine di Stella rossa nei modi di una promessa di umana alterità o di un pegno poetico.

Le due sequenze si incontrano, si armonizzano senza tuttavia contaminarsi come accade di regola nelle misture postmoderne. Lo stile è sobrio, controllato e scandito dal ritmo equanime che è la cifra di Wu Ming. Vi si irradia l’eco di un conflitto secolare, i riflessi tuttora persistenti di un grande bagliore, le fisiche ustioni di quanto fu detto «il sogno di una cosa», se non altro a ricordarci che noi non viviamo, qui e ora, nel migliore dei mondi possibili.

Un libro utile, e non è poco.

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