«La prima cosa sulla quale occorre fare chiarezza è che, nonostante i mezzi di informazione se ne siano dimenticati per mesi, la situazione all’interno del cratere non ha mai smesso di essere critica. Lungaggini burocratiche, ordinanze, inefficienza e un generale stato di caos informativo hanno sfibrato un tessuto sociale ed economico già devastato dagli eventi tellurici. Tanto da portare qualcuno a parlare di una vera e propria “strategia dell’abbandono”.»
Così scriveva In punta di sella nell’articolo «#Terremoto, un viaggio che non promettiamo breve. Rapporto dalle Marche a cinque mesi dalla prima scossa». Lo pubblicammo su Giap nel gennaio 2017, ma sembra scritto solo pochi giorni fa.
Non era la prima volta che ci occupavamo del devastante sisma noto ormai con il nome vuoto «Terremoto Centro Italia»: a poche settimane dalle scosse di ottobre 2016 avevamo già pubblicato un pezzo tristemente premonitore: «Non c’è nessun post-terremoto. Rapporto dalle Marche che non fanno più notizia».
Nel febbraio 2017 tornammo a ragionare, stavolta a voce alta, di strategia dell’abbandono: in cosa consiste? Quali interessi serve?
Abbiamo poi partecipato al Terre in Moto Festival, e contribuito a organizzare la seconda festa galattica di Alpinismo Molotov sui Monti Sibillini.
Passano i mesi, gli anni e i governi, ma rispetto a quanto si scriveva e diceva allora la situazione resta perlopiù immobile. Il governo «del cambiamento» Salvini-Di Maio ha a tal punto cancellato la ricostruzione dal dibattito politico e dalle priorità (anche mediatiche), che nel corso dell’ultima campagna elettorale nessuno dei leader dei due partiti di governo ha osato affacciarsi nei comuni strapieni di edifici «messi in sicurezza» e con le macerie in bella vista.
Chi aveva sperato in un cambio di passo rispetto alle precedenti – e nefaste – gestioni a guida PD è rimasto molto deluso; chi aveva annunciato che, finiti i tour elettorali della primavera del 2018 a base di ciaùscolo e selfie, Lega e M5s si sarebbero disinteressati del post-sisma ne ha avuto una rapida conferma.
A fronte della sistematica cancellazione pubblica e politica della ricostruzione sta emergendo però un elemento che se possibile rende il tutto ancora più squallido, e che a ben vedere ha poco a che fare con il terremoto in se o con le sue vittime. Negli ultimi tempi la categoria dei terremotati viene usata in contrapposizione a quella dei migranti, e come se non bastasse chiunque aiuti i migranti o manifesti loro solidarietà – a vari livelli – viene attaccato al grido di: «Ma perché invece non aiutate i terremotati?».
Nella stragrande maggioranza dei casi, chi pone la questione in questi termini se ne infischia dei terremotati, non ha mai fatto niente per loro, non è mai stato in quello che chiamano «cratere», ma usa semplicemente una categoria di persone in difficoltà che considera “neutra” – tralasciando peraltro che tra i terremotati ci sono anche migranti residenti nelle zone del centro Italia – per attaccarne un’altra.
Proprio a questo proposito, segnaliamo → l’intervista di Terre in Moto Marche alla referente del Progetto Sisma MC Emergency, un’occasione «per parlare con chi opera nell’assistenza a persone in difficoltà – non solo nel post terremoto – delle “contrapposizioni” create ad arte tra terremotati e migranti, perché sembra che di terremoto non se ne debba mai parlare tranne quando serve alla propaganda politica della paura».
Un’ONG che aiuta sia i terremotati sia i migranti senza guardare il passaporto? Orpo!
Speriamo che ai fanatici dell’«E allora i…?» non vadano in cortocircuito le sinapsi.