[Mentre scriviamo quest’intro, ancora una volta, soffia aria di imminente sgombero per XM24, che dal 15 novembre scorso occupa una parte dell’ex-Caserma Sani, in zona Casaralta, Bolognina est.
Chi ha visitato il nuovo XM24 sa che atmosfera si sia respirata in questo mese abbondante di autogestione e recupero dal basso di un’area enorme (e verde), dismessa e chiusa da decenni.
Ora la Procura ha ottenuto dal Gip il sequestro preventivo dell’area, che è proprietà di Cassa Depositi e Prestiti. Mossa che di solito prelude all’intervento delle forze dell’ordine.
A quest’occupazione si è arrivati dopo il fallimento – per la “melina” e il sabotaggio dell’amministrazione comunale – della trattativa per un nuovo spazio. Il tavolo era stato riaperto il 6 agosto, giorno dello sgombero di via Fioravanti 24.
Molti ricorderanno bene quello sgombero, eseguito con ruspa “salviniana” e tanto protervo da procurare al PD di Bologna la solidarietà di Salvini stesso dal Papeete e la presa di distanza di dirigenti del PD nazionale. Dall’altra parte, invece, una resistenza preparata a lungo, fatta di gioia, canti, performance art e sorprendenti allestimenti teatrali. Non c’era, non poteva esserci confronto. Una figuraccia memorabile, che costrinse la ruspante amministrazione a dare un segnale “distensivo”.
L’urgenza era limitare il discredito, dopodiché si sarebbe potuto traccheggiare, tra proposte finte e alzate di spalle, nella speranza che la spinta di XM24 si affievolisse.
Cosa sia accaduto da allora a oggi lo racconta nel dettaglio Wolf Bukowski, in questa miniserie in due puntate. Buona lettura. WM]
di Wolf Bukowski *
Raccontiamo qui di seguito gli ultimi mesi della sfida che XM24 ha lanciato contro il Nulla neoliberale che governa la città di Bologna. Una sfida che il 29 giugno ha riempito le strade, nei giorni precedenti lo sgombero ha dato vita a una quotidianità eccezionale – neppure i media mainstream hanno potuto evitare di raccontarla – e il 6 agosto ha animato la resistenza creativa alle ruspe del Nulla. Una sfida che è stata anche di fantasia, declinata nel segno del fantasy e della difesa di Fantàsia, cioè del proprio universo di autodeterminazione. Per questo tra chi combatteva il Nulla – su manifesti, disegni, in effimere sculture di palloncini… – svolazzava, arruffato e determinato, Falkor, il fortunadrago.
La giornata dello sgombero era stata accompagnata dal contrappunto dei fuochi d’artificio, e si era conclusa – dopo che gli ultimi e le ultime resistenti erano scesi dal tetto di via Fioravanti 24 – proprio davanti allo stabile aggredito, nel parchetto. In una dimensione di dolore – la casa a cui avremmo voluto tornare era lì, ma le forze del Nulla la sequestravano – ma anche di amara festa. Lo sgombero faceva male ma il Comune era stato messo all’angolo, trovandosi costretto a firmare la promessa di assegnare una sede allo spazio, entro e non oltre il 15 novembre.
«Il Nulla non ha vinto»
Il Nulla quindi, pur avendo conquistato lo stabile, era in affanno; tanto in affanno da farsi vittima di sé stesso. L’assessore Matteo Lepore, dopo aver firmato la promessa in rappresentanza di tutta la giunta, aveva cercato di mimetizzarsi tra le parole d’ordine e le immagini plasmate da XM24. Il post su Facebook con cui faceva il punto sulla giornata iniziava con le parole «Il Nulla non ha vinto». Che è una curiosa ammissione oggettiva incapsulata in una negazione soggettiva: Lepore dichiarava la sconfitta del Nulla, ma fingeva di non essere parte costitutiva di quello stesso Nulla.
L’obliqua ammissione di Lepore veniva subito sepolta sotto strati di melassa organicista, affinché il lezzo della contraddizione non ne emergesse:
«Naufraghi, ci siamo ritrovati ieri sulla stessa barca a attraversare una tempesta in mare aperto. Poteva vincere il Nulla che con il suo ghigno malefico è apparso di buon mattino tra le nuvole all’orizzonte. Stanchi e provati abbiamo fatto buon uso della nostra risorsa più preziosa e infinita, la fantasia. Solo con la nostra immaginazione potremo sconfiggere il male, sta a noi decidere quanto essa possa […] essere messa a servizio di un percorso collettivo e in quanto tale civico o piuttosto lasciata al libero arbitrio edonistico e individuale di qualcuno. Credetemi, l’Italia ha bisogno che Bologna usi la propria immaginazione al servizio delle persone.» (Potete leggere qui per intero il testo, senza passare da Facebook)
La metafora del «siamo tutti sulla stessa barca», ineluttabilmente reazionaria dai tempi di Menenio Agrippa, diventava per l’Assessore l’occasione di esibire, in chiusura del post, il disegno del galeone tra i flutti – chiaro riferimento all’immaginario anarchico.
Salto di Lepore
La posizione in cui l’amministrazione comunale si era cacciata era assai scomoda, e sarebbe stato difficile tenerla a lungo. E poi, che diamine!, chi ha ruspe e reparti di Celere a disposizione prima o poi rialza la testa. Così, nel giro di tre (3!) giorni, il Nulla riemergeva e cominciava a cicatrizzarsi attorno alla ferita infertagli da XM24. È di nuovo un post su Facebook ad annunciare il cambio di passo. Lepore, qui, abbandona i panni da poser punk di Assessore all’Immaginazione e indossa il completo grisaglia da Assessore al Patrimonio (ma sì, è sempre lui):
«gli operatori [entrati in via Fioravanti 24] hanno trovato una situazione fortemente compromessa […]: condizioni igieniche pessime che hanno richiesto una massiccia disinfestazione ancora in corso; una struttura fatiscente priva di condizioni di sicurezza per le persone. Ho scelto a questo proposito solo una delle tante foto del dossier consegnatoci. Come Assessore al Patrimonio ritengo sia assolutamente impossibile considerare quello stabile adatto a ospitare qualsivoglia forma di aggregazione, alle condizioni trovate.» (qui il post intero)
Una «massiccia disinfestazione» dove c’era un centro sociale: un concetto perfetto per un assessore leghista, che invece esce dalla penna di chi – pochi mesi dopo – sarà il primo politico italiano a benedire le sardine. Le foto di via Fioravanti 24 scelte da Lepore segnano un impressionante salto iconico rispetto al galeone di soli tre (3!) giorni prima, e riproducono (scrive l’assessore), «una delle tante bombole ritrovate; il cumulo di rifiuti rimossi; gli allacci dell’illuminazione installati da ACER».
Delle bombole parleremo tra un attimo, soffermiamoci un momento sugli altri scatti: il «cumulo di rifiuti» non è un letamaio in cui razzolavano le persone che frequentavano XM24, come suggerisce Lepore tra le righe, ma quello creato dalla ruspa «dem». Prima dell’arrivo del Nulla, quei rifiuti infatti erano il bancone di un bar, pannelli, biciclette, porte… quasi tutto pazientemente costruito con materiali di recupero, a impatto ambientale nullo, e poi disfatto dai colpi vibrati dalla benna.
Un’altra foto mostra «gli allacci dell’illluminazione installati da ACER», ed è stato un diavoletto a spingere Lepore a parlare proprio di elettricità. Due settimane dopo il sei agosto, infatti, gli sgomberati realizzano che il cantiere del Nulla sta consumando elettricità a spese di XM24, e disdicono il contratto di fornitura elettrica. Gli strenui difensori della legalità però, guarda caso!, non si indignano per lo scrocco subito da XM24 ma, al contrario, accusano quest’ultimo di fare «i dispetti», perché ha osato chiedere l’interruzione della fornitura… nonostante fosse venerdì!
La scelta di pubblicare la foto di una bombola per spaventare i bravi cittadini e aizzarli contro XM24 è a prima vista una forzatura. Le bombole del gas servono a cucinare quando non c’è accesso alla rete del gas di città. Non ci sono leggi che le vietino, tanto che sul sito del dipartimento dei Vigili del Fuoco è possibile consultare delle indicazioni su come utilizzarle. Anche il riscaldamento a gas per esterno è trattato come legittimo da una sentenza della Cassazione del 2018, che contesta a un esercente l’omesso ancoraggio del «fungo», non certo la sua alimentazione a bombola. Ovviamente il gas è pericoloso, e purtroppo le esplosioni hanno luogo, ma questo accade a prescindere da quale sia la fonte del gas: bombola, bombolone condominiale esterno, gas di città.
Ma qui Lepore non sta facendo un discorso precauzionale sui pericoli del gas: sta solo inanellando pretesti per sabotare la difficile «trattativa» appena iniziata. Perché quindi esibisce proprio una bombola? Non escludo che la scelta porti in sé una traccia – più o meno consapevole – del mito plasmatosi nel corso dello sgombero di via del Curtatone (piazza dell’Indipendenza) nell’agosto del 2017.
Quella che va in scena a Roma in quei giorni è, limpidamente, lotta di classe. Diverse centinaia di persone, in gran parte migranti eritrei, vengono cacciate dalla casa di via del Curtatone in cui abitano, perché la proprietà – Idea Fimit sgr, parte dell’immensa galassia finanziaria De Agostini – vuole rientrare in possesso dell’immobile. Lo stato dunque, per realizzare il desiderio dei padroni, manda la polizia e sgombera gli abitanti. Prima li espelle dall’edificio e nei giorni seguenti li sgombera anche, con insistenza diabolica e persecutoria, dalla piazza in cui si sono accampati, e il tutto senza offrire reali soluzioni alternative.
Nonostante i manganelli e i cannoni d’acqua, i migranti – quelli e quelle che sono in condizione di farlo – oppongono resistenza. «Abbiamo fatto la guerra d’indipendenza, siamo scappati da una dittatura, abbiamo attraversato il Mediterraneo, resistiamo e andiamo avanti», dice uno di loro ad Annalisa Camilli.
Anche riguardandola oggi, la resistenza degli occupanti di via del Curtatone è un’immagine abbagliante. I confini sono nettissimi, taglienti, e gridano: «Tu da che parte stai? Stai coi subalterni in lotta o coi padroni immobiliaristi?». Chi non vuole ammettere il proprio schierarsi con gli speculatori è costretto a inventarsi un sacco di storie per sfocare quell’immagine così netta. Per esempio la storia, maschilista e coloniale, della carezza dell’aggressore all’aggredita (ne ha parlato Leonardo Bianchi su Vice). O appunto la storia delle bombole, che diventa ben presto centrale nella narrazione di quelle giornate, e oggetto prediletto della propaganda salviniana. Scrive l’agenzia Agi in una sorta di riepilogo:
«La polizia afferma che alcuni rifugiati stavano utilizzando realmente come armi bombole aperte, e che l’utilizzo degli idranti si era reso necessario soprattutto per eliminare subito il pericolo che esse rappresentavano. […] Le forze dell’ordine avevano davvero qualcosa da temere? Foto della Polizia di Stato riprese da numerosi media mostrano una persona tirare una bombola di gas aperta da una finestra dell’ex Federconsorzi.»
Basta vedere le immagini delle persone colpite dagli idranti – una donna con la stampella, per esempio – per capire che il nesso tra i getti d’acqua e le bombole è un volgare pretesto. Il lancio della bombola dalla finestra è invece documentato, ma è da inserirsi nel clima di «lancio di suppellettili nello spazio antistante il palazzo che era assolutamente vuoto di persone», come dice l’avvocato degli accusati e come dimostra persino il filmato diffuso dalla polizia. E in ogni caso, scrive a caldo Infoaut,
«Ci sembra ci sia poco da stupirsi del lancio di oggetti vari. Se provano a sbattere fuori di casa te e la tua famiglia, se ti umiliano e ti trattano come un animale ti difendi con cosa hai sottomano: voi non fareste così? […] È importante sapere che le bombole sono ormai l’unica soluzione per scaldarsi e cucinare nelle occupazioni abitative visto che l’art. 5 del Piano casa di Renzi vieta di allacciare regolari utenze negli stabili occupati, aumentando ancora il disagio di persone che si trovano già in situazione precaria.»
La giusta prudenza per il gas, quindi, diventa paura della bombola perché la bombola, soprattutto dopo l’approvazione dell’appena citato articolo 5, è il modo in cui cucinano i poveri, i criminalizzati, gli abusivi. Come spesso accade, il discorso securitario assume obliquamente giuste istanze di sicurezza, e le indirizza però non verso un miglioramento delle situazioni reali, ma verso la costruzione di uno stigma. Il post di Lepore è perfettamente inserito in questa dinamica.
Le istituzioni sabotano la «trattativa»
Nei mesi che seguono la giunta Pd di Bologna indirizza la «trattativa» verso un buco nero. Un fabbricato privato in via Bignardi, sul quale inizialmente sembravano orientarsi le preferenze dell’amministrazione, viene poi lasciato cadere, probabilmente perché il comune non vuole impegnarsi in un’interlocuzione con la proprietà. Come un boccone digerito male, però, proprio mentre scriviamo queste righe lo stabile torna su e diventa oggetto di uno scoppiettante reportage del Carlino:
«L’atmosfera sarebbe quella di un piccolo angolo di paradiso, lontano dal trambusto della città […]. La realtà, però, è un’altra: tra via Bignardi e via del Navile, si nasconde il regno di punkabbestia e rave party. Un grosso capannone, abbandonato da almeno quindici anni, frequentato da qualche mese da individui che si spostano in camper, con tanto di cani.» (Carlino Bologna, 14 dicembre 2019)
Parte così l’ennesima campagna antidegrado, ovviamente senza mai domandarsi a quali esigenze risponda quel capannone dal punto di vista di quegli «individui che si spostano in camper». Che, se lo frequentano, avranno anche loro dei motivi. Ma capire la società non è considerato compito degno dai politici, ciò che importa è dividerla in bravi e cattivi cittadini, fomentare l’odio dei primi contro i secondi e poi, in modo altrettanto irriflesso, aderire ipocritamente a campagne contro la politica dell’odio. Così, senza porsi neppure mezza domanda, il presidente di quartiere, Daniele Ara, si tuffa nel flusso discorsivo generato dal Carlino: «la situazione non può andare avanti così»; «è ora di fare qualcosa: lo scenario è da irresponsabili».
Torniamo alla «trattativa». Scartata via Bignardi, l’assessore Lepore aveva depennato gli altri fabbricati in modo altrettanto sbrigativo: la caserma Sani perché non di competenza comunale; un ex deposito dell’azienda dei trasporti perché il proprietario è la Città Metropolitana (il cui sindaco, però, è sempre Virginio Merola!). Ancora: i piccoli immobili presso l’Ippodromo venivano derubricati perché in parte privati, e comunque ritenuti inadatti. Come scriverà XM24 in un comunicato stilato alla fine di questa farsa,
«Durante la trattativa, incontro dopo incontro, l’amministrazione ha […] scartato ognuno dei luoghi proposti, senza neppure motivare adeguatamente. “Un’istruttoria su ogni spazio? Macché, l’istruttoria c’est moi!”, diceva l’assessore.»
Tutte le criticità degli spazi, oltretutto, dovevano necessariamente essere note a Lepore e alla giunta già prima del sei agosto: perché quindi avevano sottoscritto l’impegno a trovare una sede a XM24 «a partire dalla valutazione degli immobili precedentemente proposti», che erano proprio i quattro appena riepilogati? Semplice: perché quell’impegno era falso fin dalla sua nascita.
Astuzia da Nulla #1
Prima di venire alla mossa conclusiva con cui il Comune di Bologna ha sbattuto la porta in faccia a XM24 – cercando ovviamente di far ricadere la colpa su quest’ultimo – è necessario ricordare brevemente il tentativo precedente.
Nel 2018 erano due anni da che il comune aveva lasciato scadere la convenzione con XM24, inanellando risibili progetti per giustificare lo sfratto dallo stabile di via Fioravanti. La variabilità di questi progetti lasciava trapelare l’inconfessabile evidenza: XM24 era un freno alla gentrificazione, normalizzazione e hipsterizzazione della Bolognina, ed era per questo che il comune voleva spazzarlo via. La via scelta per farlo, nel 2018, era stata quella dei bandi per l’assegnazione di uno spazio comunale. I bandi sono l’ennesimo strumento con cui il comune simula la partecipazione (vaghe «assemblee territoriali» senza alcun potere decisionale), iniettando nel contempo nella società dosi di meritocrazia e di retorica della «rigenerazione» e della «sussidiarietà».
Gli spazi (inadeguati) messi a disposizione coi bandi vengono infatti assegnati con criteri competitivi tra associazioni e gruppi. Per infilare «il dito nella piaga» XM24 ha partecipato da subito alla «cordata» di tutti i gruppi presenti all’«assemblea territoriale» per l’assegnazione di uno spazio in via Fioravanti 12. Quella «cordata» si chiama Bancarotta srl, dove «bancarotta» fa riferimento al fatto che si tratta di locali che prima ospitavano un’agenzia bancaria, e «srl» indica causticamente che si tratta di uno «spazio relativamente liberato».
Per le dimensioni e la struttura lo spazio al civico 12 era ed è assolutamente inadeguato a diventare la sede di XM24, e in ogni caso XM24 mai ne avrebbe chiesta l’assegnazione esclusiva a danno degli altri gruppi presenti. Ancora: la sistemazione e la manutenzione di quello spazio è insostenibile per un gruppo da solo, ma allo stesso tempo esso non può accogliere tutti i gruppi insieme. Nondimeno quella procedura (non ancora conclusa) ha generato la ripetuta fake news che il comune avesse assegnato una sede a XM24, e che questi avesse spocchiosamente rifiutato.
Astuzia da Nulla #2
Infine, mentre si avvicinava la scadenza del 15 novembre l’assessore Lepore aveva tirato fuori dal cappello un magazzino in via Zanardi, oltre la cintura autostradale della città, a più di 50 minuti a piedi da via Fioravanti 24. Nel tentativo di spedirvi XM24, argomentava:
«Confido sul fatto che siano ragionevoli […] e a un certo punto accettino di andare in uno spazio dove si può fare un certo tipo di attività». E questo, sottolinea [Lepore,] «senza dare troppo fastidio a chi vive la città, ma offrendo opportunità» ai residenti della zona.
Lo stile è quello del Lepore bombola, non del Lepore galeone, che ormai giace sul fondo degli abissi della politica bolognese. Chi fa «un certo tipo di attività» (ovvero laboratori, scuola d’italiano, palestra, cultura… ma tutte schierate in opposizione al Nulla neoliberale) evidentemente è un soggetto inconciliabile con chi «vive la città». E chi sarebbero questi ultimi? Ipotizziamo: turisti ricchi e gourmand da ristorante costoso, coccolati da una ricca offerta di attività gastroculturali che stimolano la digestione e predispongono al ruttino di soddisfazione.
Quello di Lepore è un Daspo urbano, scriveva XM24 respingendo la proposta; ed è il completarsi della strategia ferocemente repressiva che nel corso degli ultimi anni ha spinto gli spazi sociali sempre più lontano dal centro cittadino. Quando infatti fuori dalle mura non bastava più, Lepore sdoganava l’area esterna all’anello autostradale, e la propagandava con il solito divide et impera: «porterò in giunta la proposta di prendere quello spazio e metterlo a bando. Sono convinto che molte associazioni della nostra città parteciperanno.»
Quelli di Xm24 «vogliono uno spazio finito e pronto in Bolognina, ma un posto così in Bolognina non c’è. Inutile discutere per mesi», diceva infine sibilando come una bombola. Ovviamente invece un posto così, anzi molto meglio di così, in Bolognina c’era. Si trovava in via Fioravanti 24, ed era stato proprio il comune di Lepore e Merola a volerci fare qualcosa, qualsiasi cosa dalla caserma al cohousing, pur di espellerne XM24.
Questo è il dato di fatto da cui partire, ed è ormai storia. Quindi, per così dire, «inutile discuterne per mesi».
Fine prima parte. Nella prossima assisteremo all’eclissi dell’assessore Lepore a favore di una nuova star del firmamento piddino, ma soprattutto alla partenza di XM24 verso la propria «odissea per lo spazio».
Aggiornamento: la seconda puntata è qui.
* Wolf Bukowski scrive su Giap, Jacobin Italia e Internazionale. È autore per Alegre di La danza delle mozzarelle: Slow Food, Eataly Coop e la loro narrazione (2015), La santa crociata del porco (2017) e La buona educazione degli oppressi: piccola storia del decoro (2019).
Sarebbe interessante analizzare la comunicazione di Lepore tenendo conto di ciò che abbiamo scritto su come funziona Facebook.
Lepore, antropologicamente parlando, è proprio il «règaz da Facebook». E la dinamica è da manuale: infila post su post dove si rappresenta al centro di eventi culturalmente importantissimi, epocali (e magari si tratta di inaugurare luminarie natalizie che compongono il testo di una canzone di Cremonini, o robe ancor più effimere e sdozze), e riceve risposte pesantemente standardizzate, con una proporzione segnale/rumore di 1 a 99 (la risposta più frequente è: «Bellissimo!»).
Ma c’è molto più di questo: il modo stesso in cui Lepore, da assessore, amministra i settori di sua competenza – e comunica i “risultati” del suo amministrare – è un modo totalmente gamificato: qualunque cosa è piegata alla logica del “contest” e della pseudo-gratificazione da rush di dopamina, è tutto un bando, un concorso, un punteggio, un like, una rece da TripAdvisor, un sondaggio, un televoto da reality, una «ricompensa variabile intermittente».
Del resto, è con Lepore che le politiche culturali bolognesi sono state ridotte, dichiaratamente, a «marketing territoriale», cioè al tempo stesso vendita della città e spettacolo di copertura, maquillage per politiche nient’affatto “simpatiche”.
Naturalmente, non è il caso di personalizzare troppo processi che sono ben più grandi e legati all’attuale fase del capitalismo. Fase che nelle città si esprime in violente “messe a valore”, in politiche discriminanti e classiste, in laissez-faire edilizio, in gentrification e ristrutturazioni urbane imposte a colpi di finte «emergenze» ecc.
Però far notare che Lepore è stato il règaz giusto al momento giusto può essere utile. Anche solo per capire il legame tra gamification della vita e politica sul territorio.
riposto qui un mio testo sull’ultima vicenda Mihajlovic che endorsa Salvini a pochi giorni dalle elezioni…
I fatti: il 9 dicembre l’assessore allo Sport Matteo Lepore (sì, c’ha pure quello allo Sport!) gongola con un post su Facebook per l’approvazione della proposta, sua e della sua giunta, di cittadinanza onoraria a Sinisa Mihajlovic. Oggi esce un articolo che riporta le dichiarazioni di Mihajlovic che dice di appoggiare Salvini, e che si augura che la Borgonzoni vinca le elezioni per la Regione Emilia-Romagna. I tifosi e la città si spaccano…
All’inizio mi è sembrata solo un’altra occasione per ghignarsela sui papocchi della Giunta comunale. Conoscevo ampiamente le opinioni politiche del personaggio, semmai mi sono meravigliato che non abbia appoggiato ancora apertamente Casa Pound o Fratelli d’Italia, piuttosto che Salvini.
Poi c’ho pensato meglio e ora son convinto che la vicenda rappresenta in nuce la miopia e l’idiozia politica di un partito che non smette di agonizzare.
Mi viene da pensare che le ultime generazioni di amministratori e governanti del PD, abbiano introiettato e tradotto lo slogan punk che recita “No future”.
Mi viene da pensare che i figli(occi) del PCI non potevano più aspirare ad essere parte del più grande partito comunista occidentale, non c’era più sol dell’avvenire all’orizzonte, c’era solo compromesso (storico e tattico), poi completa assunzione e compatibilità col piano neoliberale.
Quando non c’è futuro, non c’è speranza, non c’è ideale per cui lottare, c’è solo la sopravvivenza pigliando quanto e meglio possibile, senza preoccuparsi delle conseguenze. Ecco io credo che questo possa in buona parte spiegare tanta della pressappochezza e il provincialismo di tante scelte compiute a Bologna (ma non solo) dal PD.
Posso riportare con precisione e senza paura di sbagliarmi le trasformazioni e le minchiate che ho visto con i miei occhi in città.
E’ successo con l’aver condannato il centro di Bologna a non essere altro che un susseguirsi di locali fighetti di cibo e bevande, tendenzialmente trappole per turisti, di cui la maggior parte spacciano un’inesistente e/o artefatta tipicità e/o autenticità. Perché è stato fatto? Perché cos’è che tira più del food in questi anni?
Quante botteghe, librerie, ferramenta in centro hanno chiuso o chiuderanno in questi anni per far spazio a ‘sto scempio? Ma per Lepore, parole sue, “le start up del food e gli empori sono come i garage della Silicon Valley”.
Si possono piazzare dei container, che sono un pugno in un occhio, in zona universitaria per fare dei baretti fighetti solo perché hanno fatto così a Londra dove hanno riutilizzato dei container (ma perché in una zona portuale)?
Perché non candidare come Patrimonio Unesco i portici di Bologna? Così je damo n’altra bella botta de’ turisti?
Ci sarà stata una riflessione seria e attenta su cosa vuol dire la patrimonializzazione di una porzione così importante di città? Marco D’Eramo parla di “urbanicidio a fin di bene”, quando si attiva il dispositivo-Unesco nelle città.
A me viene in mente un problema subito: quanto renderà ancora più pericolosa e criminalizzata la libertà d’espressione murale in città? Sì, proprio quella che poi si cerca di musealizzare!
Tornando a Mihajlovic…un assessore allo Sport (e una giunta) prima di proporgli la cittadinanza onoraria si è chiesta dietro al personaggio che uomo ci fosse?
Da calciatore, in campo, si è distinto per diversi episodi odiosi ( https://www.youtube.com/watch?v=Z5AZPU92kS8 da min 3.10 “negro di merda” a Patrick Vieira, qui immortalato un gesto affettuoso nei confronti di Adrian Mutu https://images.app.goo.gl/DNEDJmkEChu8sn3B7 fatto sucesso nel 2003, Sinisa si è scusato con Mutu solo nel 2010 quando si è ritrovato ad allenarlo nella Fiorentina), da personaggio pubblico non ha mai nascosto, anzi ha sempre rivendicato con orgoglio militante la sua vicinanza, e a volte amicizia, a criminali di guerra come Arkan e Milosevic.
“La cittadinanza onoraria è un riconoscimento concesso da un comune o da uno Stato ad un individuo ritenuto legato alla città per il suo impegno o per le sue opere. La persona dev’essersi distinta particolarmente nel campo delle scienze, delle lettere, delle arti, dell’industria, del lavoro, della scuola, dello sport, con iniziative di carattere sociale, assistenziale e filantropico od in opere, imprese, realizzazioni, prestazioni in favore degli abitanti del comune, rendendone più alto il prestigio attraverso la loro personale virtù, o in azioni di alto valore a vantaggio della nazione o dell’Umanità intera.” Non che mi appassionino certe onoreficenze, ma anche all’interno della logica istituazionale, credo possa essere messa in crisi la decisione presa.
Secondo quale logica quindi è stata fatta questa proposta? A me non viene in mente nient’altro che non sia un tentativo di speculare politicamente sul fatto che l’allenatore della squadra cittadina – che sta lottando contro una malattia, diventando un simbolo ormai ben oltre la curva e lo stadio – fosse un buon mezzo per la continua operazione di autopromozione, che spesso sfocia in becero campanilismo, che la città porta avanti soprattutto sotto la guida dell’assessore al marketing territoriale… aspe’, chi è? Ah, già: Lepore.
L’assessore Lepore in consiglio comunale ha dedicato a Mihajlovic dei versi di Alda Merini, io ne leggo degli altri della Merini e mi viene da pensare al PD nudo davanti allo specchio… “Ho la sensazione di durare troppo, di non riuscire a spegnermi: come tutti i vecchi le mie radici stentano a mollare la terra.”
Oh, a noi Lepore ricorda una canzone dell’ultimo Venditti. Non una in particolare. Ricorda la retorica di tutte le canzoni dell’ultimo Venditti, tipo “che storia meravigliosa è la vita”. Però cantata con il suo sguardo vitreo e fisso. Ricordiamo due colpi di teatro sui social degni dei commenti preregistrati stile Happy Days (precisamente quello col pubblico che fa “oooooh” e subito dopo “YEAH! – applausi”). Il primo è Lepore che mostrando di essere un amministratore allo stesso tempo innovativo e salomonico indice un allucinante concorso per suonatori di strada. Scopo: risolvere questo cazzo di degrado e di frastuono, ma con una gara che premi i talentuosi che la vita ha relegato alla dura vita di strada (ritorna Nello Venditti). È successo veramente: ha promesso di indire un concorso con tanto di giuria composta da presunti esperti del Comune (che vita di merda essere dipendenti di un assessore immaginoso) per selezionare ME-RI-TO-CRA-TI-CA-MENTE chi avrà l’accesso al crescentone di Piazza Maggiore. Cioè ha praticamente realizzato X-Factor Live in Piazza Maggiore sfruttando 4 poveri cristi, riuscendo allo stesso tempo a competere con Ferrara Busker Festival e garantendo un parco giochi per i turisti e lontano dai commercianti (coi quali solidarizziamo perché avere i batteristi dei fusti del dash tutto il giorno nelle orecchie deve essere veramente spiacevole). E TUTTO QUESTO L’HA FATTO GRATIS!
Cioè, capite che genio? Mica per caso è l’assessore «all’immaginazione civica». Ma ve la potevate immaginare voi una roba così? E ha poi un team da paura, fatto di gente smart cresciuta a pane e startup. Gente che ti tira fuori un’altra idea geniale: i senzatetto (che nel frattempo hanno trovato tetto, quindi per essere precisi gli ex senzatetto) che portano in giro i turisti (sempre loro) a vedere i luoghi storici dove loro, i senzatetto, probabilmente hanno patito freddo e fame. Figo eh? Cioè “LA NARRAZIONE”, capite? NARRO che Bologna è così accogliente che ti risbatte gli emarginati per strada in forma rigorosamente cooperativa a intrattenere i turisti, con l’accordo ricattatorio di ricordare che erano barboni, sennò non si giustificherebbe che non hanno i denti, vestono maluccio, sono insomma bruttini da vedere. Si spiega perché ti accolgono loro invece di qualche belloccia guida turistica. Perché BOLOGNA è una città democratica, è la città del riscatto, dei diritti, delle opportunità, dei turisti.
Comunque Lepore dietro a Ken Loach che protestava insieme ai riders non si poteva vedere. Sembrava un palo telegrafico.
Chi è a Bologna in questi giorni e vuole essere avvertito/a con un sms/chiamata il giorno dello sgombero può inserire il suo numero di telefono in → questa pagina. Se lo ha già fatto l’estate scorsa, non serve rifarlo.
In questa pagina, invece, tutti i modi per rimanere informati e/o aiutare a informare.
Quando il capitale ha vinto, quando si sente prossimo al trionfo, perde i freni inibitori e l’eccitazione lo spinge a fare «dirty talk». Così gli scappano dette le cose che prima, pudico, tratteneva coi denti. Tipo che lo sgombero di XM24 e di quel brutto mercato contadino irregolare fa bene alla speculazione.
Lo testimonia un articolo-spot per l’incremento dei valori immobiliari (quindi a favore della devastazione delle vite dei ceti popolari della Bolognina), scritto da qualcuno che a naso non conosce molto la città, ma che sa mettere insieme i pezzi meccanicamente:
fermenti culturali + landmark di un’archistar + architetture trendy + «vento di innovazione e modernità» + culto del turismo
– ma che soprattutto *lo* dice, dice la cosa impronunciabile per l’amministrazione Pd (ma che XM24, e noi su queste pagine, ripetiamo da sempre):
«la zona si sta progressivamente trasformando, per diventare via via più residenziale, come anche testimoniano la chiusura dello storico centro sociale e del mercato.»
Ops, gli è scappata: https://arrecasa.it/case/investimenti-immobiliari-in-italia-zona-bolognina-a-bologna-4053
[…] di Wolf Bukowski * – La prima puntata è qui. […]