di Pietro De Vivo*
(con una postilla di Luca Casarotti **)
Fino a venerdì 20 marzo, prima dell’annuncio della chiusura di tutte le attività produttive, ho continuato ad andare al lavoro, ovviamente rispettando tutte le precauzioni: abito sulla stessa strada dell’ufficio – a pochi numeri civici di distanza –, nei pochi metri che faccio a piedi non incontro nessuno, e in sede in quei giorni eravamo solo in due e ci tenevamo a distanza. Gli altri lavoravano già da remoto, veniva solo uno dei miei soci, che come me abita molto vicino e non vedeva praticamente nessun altro oltre al sottoscritto.
Era ancora consentito dai decreti (il telelavoro era solo consigliato, non obbligatorio), e oltre a dover usare per forza macchine e software dell’ufficio, trovavo che andare in sede fosse anche una buona pratica: per separare il tempo del lavoro da quello del non lavoro, per prendere un po’ d’aria, vedere un po’ di luce, e scambiare due chiacchiere col mio collega. Vivendo solo con il mio coinquilino, in una casa molto piccola anche per due persone, rischio di impazzire.
Ma ciò che a Roma di solito è un’enorme fortuna – abitare vicino a dove si lavora –, in tempi di quarantena e con le occasioni per camminare ridotte al minimo era diventato una prigione. Avevo preso allora l’abitudine, dopo aver staccato, di fare un giro largo per rincasare. Niente di che, neanche cinquecento metri, praticamente il periplo dell’isolato.
Per noi in questi giorni paradossalmente il lavoro è più del solito, perché ci stiamo sbattendo per cercare in ogni modo di evitare pesanti danni economici alla casa editrice per via della chiusura delle librerie. Quindi spesso ho staccato tardi, tra le 18 e le 20. A quell’ora per strada non c’era quasi nessuno ed era facilissimo rispettare le distanze di sicurezza.
Venerdì ero andato via particolarmente tardi, dopo le 20, e avevo iniziato il mio giro per rincasare. A metà strada, meno di duecento metri da casa, sono stato fermato da uno dei militari che presidiano da anni la zona della movida del quartiere. Mi ha chiesto dove stessi andando e ovviamente gli ho risposto che stavo tornando a casa. Ne è seguita una sfilza di domande tra cui da dove provenissi, che lavoro facessi, dove abitassi, se avessi l’autocertificazione (che non avevo, sapendo che il modulo può essere compilato anche durante il fermo), i documenti, ecc.
Quando gli ho detto dove abitavo mi ha chiesto perché stessi andando nella direzione opposta (avrei svoltato al successivo incrocio per girare intorno all’isolato e tornare indietro) e quando gli ho risposto che approfittavo per fare due passi mentre tornavo a casa, mi ha subito detto che è vietato passeggiare. Da notare: gli avevo risposto che facevo due passi per tornare a casa dal lavoro, lui invece ha subito tirato fuori l’infausta parola su cui si stanno incrostando le peggiori criminalizzazioni: «passeggiata».
Io ovviamente non ci son stato, gli ho detto che non è vietato passeggiare, ma che comunque stavo tornando a casa, ero in prossimità della mia abitazione, e che quindi era tutto consentito. Lui ha iniziato a insistere con toni sgradevoli e ad arrabbiarsi, fino a quando non sono arrivati gli altri cinque che con lui presidiavano la zona. Mi sono ritrovato letteralmente accerchiato, tra l’altro in un assembramento di persone che non rispettavano la distanza di sicurezza né tra me né tra loro.
Hanno prima iniziato a turno a insistere con la storia del divieto assoluto di uscire di casa, poi quando gli ho mostrato dal cellulare il testo del decreto del 9 marzo, smentendoli, hanno cambiato strategia, iniziando a farmi la morale e a colpevolizzarmi elencando tutti i frame tossici di questi giorni: «Se tutti facessero due passi le strade sarebbero affollate», «È colpa di quelli come te se c’è il contagio e la sanità è al limite», «Sei un irresponsabile». Per poi passare a insultarmi: «Noi vorremmo stare a casa e invece dobbiamo stare dietro ai deficienti come te che a casa non ci stanno e diffondono il contagio», «Rischiamo la vita per voi stronzi», e altro che non ripeto.
Inutile spiegargli che io, a casa, ci stavo proprio andando, provenendo dal lavoro, e che ero in prossimità della mia abitazione. Non hanno voluto sentire ragioni, non mi hanno lasciato andare, tirando fuori anche una bizzarra teoria per cui le misure prevedono obbligatoriamente che in caso di spostamento, anche necessario, si debba fare il tragitto più breve dal punto A al punto B e che allungare anche solo di cinquanta metri è vietato.
Ma ovviamente la cosa che li infastidiva di più, oltre il fare due passi, era l’orario. È stato vano spiegargli che se avevo staccato dopo le 20, e i miei legittimi dieci minuti d’ossigeno li stavo prendendo a quell’ora, rischiavo ancora meno di contagiare qualcuno perché la strada era deserta. Ragionavano come se ci fosse il coprifuoco e io lo stessi infrangendo.
Siccome insistevo a dire che non stavo facendo niente di illecito, hanno chiamato i carabinieri per farmi denunciare. Sottolineo: non hanno detto che avrebbero chiamato le forze dell’ordine per controllare e, in caso, denunciare; hanno esplicitamente detto che le avrebbero chiamate per farmi denunciare. Non so perché abbiano chiamato i carabinieri e non la polizia, e ovviamente non so cosa si sono detti ma ho pochi dubbi che la versione fosse di parte per indisporli preventivamente.
Tra la discussione con loro e l’attesa dei carabinieri sono passati più di tre quarti d’ora. Nel frattempo i militari hanno, nell’ordine:
■ fermato un senzatetto che camminava barcollando;
■ fermato un tipo di colore dando per scontato che spacciasse, per poi dirmi: «Vedi, se esci di casa è pericoloso, puoi trovare lui», e quando ho risposto: «Ma lui che c’entra?» mi hanno detto: «Non è razzismo, è che potete contagiarvi», con una excusatio non petita, accusatio manifesta che rivela una coda di paglia lunghissima;
■ guardato male tutti quelli che passavano col cane: «Questi cani sono diventati magrissimi a furia di uscire così spesso»;
■ obbligato una di due signore sudamericane che erano uscite col cane a tornare a casa perché lo si può portare a spasso solo da soli, anche se le signore vivevano palesemente insieme, essendo uscite dallo stesso portone, quindi comunque a contatto tutto il giorno;
■ infine, parlato male di chi va a correre: «Tutti atleti ora!».
Queste ultime cose a conferma che per loro non si trattava di rispettare o meno le misure, cosa è permesso e cosa no, ma di obbligare le persone a stare barricate in casa in spregio di ogni diritto.
Poi è arrivata la volante coi due carabinieri che sono scesi rivolgendosi subito ai militari, ignorando le mie parole, per rivolgersi solo dopo a me, e subito con toni minacciosi, insultando e urlando. La discussione con loro è stata dello stesso tenore di quella già avuta coi militari, solo che sono stati addirittura ancora più minacciosi, gridando, e ponendosi a distanza ancora più ravvicinata, l’atteggiamento di chi ti urla letteralmente in faccia, e meno male che bisogna evitare il contagio. Oltre ad attribuirmi la colpa delle morti di questi giorni hanno concluso urlando: «Non devi uscire e basta. Devi stare chiuso in casa quaranta giorni!». E hanno iniziato a compilare la denuncia.
Mentre i carabinieri scrivevano uno dei militari mi ha detto: «Hai visto? Se stavi zitto e chiedevi scusa andava tutto bene, hai voluto rispondere e fare storie? Così impari». Confessando di aver chiamato i carabinieri per denunciarmi non perché stessi infrangendo qualcosa, bensì perché avevo osato controbattere. Gli ho risposto che quindi non ero nel torto, non mi denunciavano per un illecito, mi stavano semplicemente facendo i dispetti. Lui ovviamente ha reagito male.
Intanto i carabinieri avevano finito di compilare la denuncia, e anche un’autocertificazione in cui è scritto che alle 20:15 uscivo dal lavoro in via xxx per recarmi al domicilio in via yyy e che stavo passeggiando per tornare a casa. Tra l’altro, mi hanno impedito di compilarla da solo, lo hanno fatto loro e mi hanno obbligato a firmarla. Nell’ora e luogo del controllo c’è scritto «21:15», che in realtà è l’orario di quando hanno finito di redigere la denuncia, mentre i militari mi avevano fermato almeno un’ora prima. Scritto quindi apposta in quel modo per far sembrare che stessi camminando da un’ora. Hanno anche ovviamente specificato l’indirizzo presso il quale sono stato fermato, che dovrebbe dimostrare che per tornare a casa stavo facendo un giro troppo lungo. Dopo avermi fatto firmare la denuncia, mi hanno lasciato andare senza lesinare ovviamente un altro po’ di urla insultanti.
Non mi preoccupa la denuncia, sono abbastanza convinto che sarà archiviata. E comunque ci sono tutti gli estremi per contestarla, visto che stavo tornando a casa (cosa permessa) dopo essere stato al lavoro (cosa in quel momento ancora permessa) e mi trovato in prossimità della mia abitazione.
Non sono preoccupato, ma sono arrabbiato, nervoso e angosciato. Non è la prima volta che mi capita di discutere con le forze dell’ordine, ma essere accerchiato da sei soldati con mitra, e poi ricevere urla in faccia da due carabinieri, è stata una brutta scena. Non ho mai temuto per la mia incolumità fisica, ma sto temendo seriamente per l’incolumità della mia libertà. Mi è sembrata una scena da dittatura militare o da regime fascista, non è stato per niente piacevole e non lo nascondo.
Senza contare la totale inutilità di tutto ciò per la prevenzione del contagio. Ancora fino a quel giorno – venerdì 20 marzo – se fossi stato uno degli operai costretti a lavorare in fabbrica avrei dovuto attraversare mezza città per tornare a casa, in qualsiasi momento del giorno, in fasce orarie in cui avrei probabilmente incontrato molta più gente, dopo essere stato a contatto con decine o centinaia di persone sul posto di lavoro, ma quello sarebbe andato bene.
Quest’episodio – oltre a racchiudere incredibilmente in un colpo solo tutte le assurdità di queste settimane – ha del kafkiano: dal come sono stato fermato a come si è svolta la vicenda, dalle motivazioni fallaci addotte dai militari all’ignorare quanto affermavo decreto alla mano, dai frame tossici con cui mi hanno buttato insulti addossa alla loro violenza – per fortuna per ora solo – verbale. Fino, soprattutto, all’assurdità dell’essere denunciato perché stavo facendo due passi intorno all’isolato per tornare a casa dal lavoro – ma in realtà, come dichiarato da loro stessi, perché non avevo sopportato in silenzio che abusassero arbitrariamente del loro potere.
* Pietro De Vivo è editor di narrativa e saggistica per le edizioni Alegre, amministratore del canale Telegram della casa editrice e vicedirettore della collana Quinto Tipo diretta da Wu Ming 1. Quando trova il tempo scrive di libri su Il lavoro culturale.
Postilla
di Luca Casarotti
Per quanto ho potuto leggere e ascoltare finora, non c’è giurista che non critichi la decretazione emergenziale dell’ultimo mese. Sono stati avanzati forti dubbi sulla sua costituzionalità; il che significa, nella nostra lingua eufemistica e brachilogica: i recenti decreti della presidenza del consiglio dei ministri (dpcm) sono incostituzionali, e solo l’opportunità politica li potrà salvare dall’essere dichiarati tali. Così com’è unanime l’opinione che sia stato edificato un impianto sanzionatorio estremamente fragile, che si sgretolerà a emergenza finita. Le denunce verranno archiviate in blocco. Forse arriverà qualche condanna simbolica, perché non si dica che tutta l’operazione s’è risolta in un nulla di fatto.
Premessa questa critica unanime, non sono unanimi le conseguenze che se ne traggono, specialmente rispetto al ruolo assegnato nell’emergenza al diritto penale. C’è chi ritiene che si dovrebbero trasferire in una legge o in un atto con la forza della legge – decreto legislativo o decreto legge –, e poi per legge sanzionare penalmente, i divieti introdotti dai dpcm. Sarebbe così rispettato almeno il principio di legalità, quello secondo cui nessuno può essere punito se non in forza di una legge entrata in vigore prima del fatto commesso (art. 25, comma II, della costituzione).
Attenzione, però. Anche ammesso che ci sia la volontà politica di farlo, per risolvere il problema non basterebbe prendere i divieti così come sono ora e copiarli tali e quali in una legge o atto equiparato. Oltre a quello di legalità, ci sono altri principi costituzionali che una norma incriminatrice deve rispettare. Penso soprattutto al principio di offensività, in base al quale un reato può punire soltanto comportamenti che offendono un bene giuridico (vale a dire un aspetto della vita materiale che il diritto ritiene meritevole di essere tutelato), e a quello di sussidiarietà, per cui il diritto penale deve intervenire solo nei casi in cui non sia possibile alcuna altra forma di sanzione del comportamento illecito. Principi che i divieti stabiliti nelle ordinanze ministeriali e nei dpcm emanati a partire dal 23 febbraio scorso non rispetterebbero nemmeno se venissero previsti dalla legge.
Insomma, per essere per lo meno conformi alla costituzione, quei divieti dovrebbero essere profondamente ripensati. Ciò che il governo, arrivato a questo punto, non può permettersi di fare: non può permettersi di ripensare alcunché, ma non può nemmeno permettersi di trasferire l’esistente in una legge. Sarebbe come ammettere di aver del tutto sbagliato a gestire l’epidemia, dopo oltre un mese dal suo inizio. Sarebbe come dire d’aver scelto strumenti inidonei.
C’è poi un’altra posizione, che chiamerei «utilitaristica» o «del male minore». Quella di chi ritiene che in fondo sia preferibile tollerare questi divieti mal formulati, invece di correre il rischio di ritrovarsi con norme incriminatrici scritte con tutti i crismi. Si sa che questi divieti non porteranno davvero a condanne su vasta scala. Meglio allora denunce infondate oggi, che condanne fondate domani. Intanto però è necessario rappresentare la minaccia di una sanzione penale, che è la strada più efficace per ottenere obbedienza ai divieti.
Ma per essere coerente, chi sostiene questa posizione deve essere anche disponibile ad affermare che quanto raccontato da Pietro non abbia niente di scandaloso. E che sopporterebbe un trattamento simile anche in prima persona, non solo quando tocca agli altri: è una prospettiva che dovrebbe atterrire.
La minaccia d’una sanzione penale, per quanto solo simbolica essa possa essere, implica come esito necessario e molto concreto la mobilitazione dell’apparato repressivo dello stato, che quella minaccia ha il compito di tradurre in pratica.
Più è ampio lo spettro dei comportamenti minacciati di sanzione, più è ampio lo spazio d’intervento dell’apparato repressivo.
E più è ampio lo spazio d’intervento dell’apparato repressivo, più chi ne fa parte si sente investito d’autorità e libertà d’azione.
Più a lungo si protrae il tempo in cui ciò accade, più quest’intervento viene normalizzato.
E più quest’intervento viene normalizzato, più i confini dell’emergenza si dilatano fino a non potersi distinguere da ciò che emergenza non è.
Se si accettano tutte queste implicazioni logiche della premessa di partenza, l’argomento «utilitaristico» o «del male minore» diventa «argomento del piano inclinato»: inclinato verso cosa, lo dice Pietro in chiusura della sua testimonianza.
Se non se ne accettano le implicazioni logiche, allora si dovrebbe, sempre per coerenza, rifiutare anche la premessa.
** Luca Casarotti è un giurista. Fa parte del gruppo di lavoro Nicoletta Bourbaki e fornisce consulenza legale alla Wu Ming Foundation. Scrive di uso politico del diritto penale e di antifascismo, principalmente su Giap e su Jacobin Italia. Ha una seconda identità di pianista e critico musicale.
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Infine, un video: l’ultima delle «Pillole di Mesmer» di Mariano Tomatis, «wonder injector», mago e storico dell’illusionismo, oltreché membro di Alpinismo Molotov. Questa si intitola «Cartoline dalle colonne d’Ercole» e racconta proprio delle restrizioni di questi giorni, dei nuovi confini all’interno delle nostre città. Mariano dà anche alcuni consigli di lettura e condivisione ed esorta: «Non è il momento di crollare, ora.»
Sembrerebbe di essere in una Stato presidenzialista, invece che in una democrazia parlamentare.
Come Wolf Bukowski commentava in un thread di un altro post , si deduce da decenni di subalternità alla governance tecnocratica il fallimento del tradizionale costituzionalismo nazionale e borghese di fronte all’ aggressione delle leggi di mercato dell’ economia neoclassica al pensiero più illuminato e riformatore.
Segnalerei OT, di contrasto al gretto, laido, populismo penale, “Comanda e controlla”, il “pensiero utopico” della Costituente Terra, la cui istituzione, con l’appello “Perché una storia continui”, fu annunciata sul Manifesto del 27 dicembre.
Ciao Pietro, grazie per la tua testimonianza… Mi ha colpito una cosa, quando parli del tipo “di colore”…ormai in disuso, almeno in certi contesti, si spera…Come questo … “Francesco Ohazuruike, nato a Catania da genitori nigeriani ci ricorda come nessuna parola in sé sarebbe offensiva, se la spogliassimo della sua storia e del suo significato, quindi nessuna parola può essere scelta e utilizzata consapevolmente senza conoscerne l’etimologia, la storia e la connotazione semantica che assume in un determinato contesto. Incluso la parola “negro”, il cui utilizzo è offensivo e giustamente ormai tabù nell’italiano di oggi, dato che esiste il termine “nero”, ma che può essere utilizzato da chi è nero, come spesso accade nel rap. Mentre l’espressione “di colore”, che in molti usano in Italia come eufemismo per nero, è offensivo in quanto associato a un solo colore, il nero, con sottointeso che gli altri non abbiano colore”.
Un invito ad un utilizzo piú consapevole delle parole.
Un abbraccio!
Continua a leggere: https://frontierenews.it/2019/09/le-parole-per-dire-bianco-e-nero/
Dice Luca: “Per quanto ho potuto leggere e ascoltare finora, non c’è giurista che non critichi la decretazione emergenziale dell’ultimo mese”.
Eh, magari.
Proprio ieri, 21 marzo, Zagrebelsky, su Repubblica, p. 7. Tra le altre cose, dà degli “azzeccagarbugli” a quelli che avanzano critiche.
Grazie mille della segnalazione. Che argomenti usa Zagrebelsky per giustificare la sua posizione? Entra nel merito dell’accusa?
Sul sito di Rep l’articolo è a pagamento. In rete si trova questa citazione parrebbe testuale: «Non c’è bisogno di chissà quale perspicacia per capire la differenza del coprifuoco a Santiago del Cile imposto da Pinochet e le limitazioni alla circolazione per motivi di salute pubblica. Nei regimi antidemocratici si trattava di una misura poliziesca subita come un violento sopruso; qui invece, già a prima vista, è un’altra cosa. Addirittura sarebbe superflua se ciascuno di noi spontaneamente, liberamente, si rendesse conto di una necessità a favore della nostra salute».
E questa altra citazione più pertinente: «Quale diritto è più fondamentale del diritto di tutti alla vita e alla salute? Cerchiamo, come giuristi, di non fare gli azzeccagarbugli. Intanto la Costituzione prevede che la libertà di circolazione e la libertà di riunione possano essere ristrette per motivi di salute, sicurezza, incolumità pubblica. In ogni caso, la Costituzione consente l’adozione di decreti di urgenza in casi “straordinari di necessità”. Non siamo forse in uno di questi? Il governo nazionale si deve assumere le sue responsabilità, sia pure di concerto con le autorità regionali».
Un dubbio che nei giorni scorsi hanno espresso diverse persone: se a governare a colpi di dpcm e dirette Facebook col parlamento chiuso, se a sbarrare in casa la grande maggioranza degli italiani e imporre un coprifuoco h24, se a militarizzare lo spazio pubblico come mai prima, se a perseguitare chi si limita a sgranchirsi le gambe e prendere una boccata d’aria, se a spingere il Paese in una situazione nella quale si usano i droni con termo-scan per «scovare» chi va «nei boschi anche di notte», se ad accogliere i diktat di Confindustria anche con l’epidemia nelle fabbriche, insomma, se a fare tutto questo fosse stato un governo Salvini-Meloni-e-frattaglie-di-destra-varie, la stampa «democratica» e gli opinionisti di «centrosinistra» gli avrebbero dato un simile salvacondotto? Oppure avrebbero gridato al «fascismo», e avrebbero chiesto una gestione più rispettosa dell’equilibrio tra profilassi e libertà individuali ecc. ecc.?
Non ho risposte, è solo un esperimento mentale controfattuale.
Io ho chiesto a me stesso e ad altri: se io fossi una cd. “sardina” cosa farei in questo momento? Forse metterei striscioni “I love runners” o “I love dogs” alle finestre, o metterei locandine negli atrii dei condomini tipo “io non odio”, “io non spio”, et similia. Se fossi un “facciamorete” ed avessi lo smartphone, impiegherei parte della mia cattività domestica ad arginare i websceriffi telematici che vogliono i colonnelli. Al momento non mi sembrerebbe di vedere molto di simile, ma magari è perché sto in campagna e la sardina sta in acque urbane. Invece vedo – per quel poco che si può vedere in una situazione simile – persone isolate che, autonomamente, si pongono dubbi e perplessità; non è che l’isolamento forzato, gradualmente, sta scollegando le persone dalle loro reti sociali abituali e le sta riplasmando in modi che non pensavamo (almeno, io, sicuramente no)? Mi viene in mente la riscoperta degli “antifascisti esistenziali” di cui si parlava in qualche altro post. Ma anche le divisioni a sinistra.
#Facciamorete raccoglieva ed esprimeva già gli istinti securitari, “decoristi”, “minnitiani” e quant’altro che – come ha mostrato Wolf Bukowski qui su Giap – si stanno esprimendo senza freni in quest’emergenza. E il finto attivismo da tastiera (clicktivism) sollecitato da quell’hashtag, oggi che lo spazio pubblico è interdetto, si esprime ai massimi livelli coi flashmob alla finestra, con l’inno nazionale dai balconi ecc.
Non siamo più su Twitter ma non mi stupirebbe se in questi giorni influencer e gregari di #facciamorete fossero tra i più zelanti nell’incitare alla delazione contro i capri espiatori, raccomandare l’obbedienza a qualunque arbitrio ed esaltare le peggiori forme di controllo sociale. Forse sono anche tra quelli che stanno trasformando la pagina FB di Conte in una parodia elettronica del balcone di Palazzo Venezia.
Il discorso vale anche, con alcuni caveat, per le “Sardine”, dove però bisogna distinguere tra due fasi:
1) una prima fase molto breve in cui quel nome indicava una mobilitazione concreta nello spazio pubblico, in piazze piene di gente – piazze anche variegate, in cui si sono viste soggettività diverse, non necessariamente amanti dello status quo né dell’attuale governo, ma non desiderose di avere Salvini governatore de facto dell’Emilia-Romagna. Quella fase è finita con le elezioni regionali del 26 gennaio scorso;
2) una fase successiva, anch’essa molto breve ma per rapidissima consunzione dei personaggi, in cui il nome indicava un gruppetto di ridicoli leader di niente, filo-governativi in ogni fibra dei loro corpi e del tutto organici allo status quo, come s’è visto con la visita adorante a Benetton e con la comparsata da Maria De Filippi.
Non ho idea di cosa stiano facendo costoro in questi giorni. Cosa stiano facendo le “sardine”, a quanto mi consta, è una “preoccupazione” che finora ha espresso solo il Comandante Alfa, il che è tutto dire.
mah, io un po’ di “preoccupazione” ce l’avevo, se non altro per curiosità di taglio etologico; il fatto che mi metti in compagnia del Comandante Alfa, però, in effetti, mi fa riflettere…
Mi è venuto in mente questo inciso quasi OT rispetto al filo della discussione perché, quando hai scritto di una certa area di opinionisti, etc., non ho potuto fare a meno di notare che tutto un mondo – chiamiamolo “liberal” – di difensori della Costituzione più bella del mondo e antifascisti light sembra essere evaporato in pochi giorni (non solo i giuristi e il mondo dell’informazione). La “faglia”, ipotizzo, potrebbe essere stata la fase, in cui, e mi scuso per la banalizzazione, la retorica tipo “Milanononsiferma” è stata schiantata dai fatti. Da lì securitarismo e basta. passo e chiudo.
Non ti ho messo «in compagnia» del Comandante Alfa! :-) Di tutte le convivenze forzate, quella dev’essere una delle peggiori.
Preciso, perché l’ho menzionato io, che la tirata del Comandante Alfa, interpretata da più parti come un’esortazione al golpe militare, non va ritenuta solo folklore, lo sfogo autoreferenziale di un alto ufficiale in pensione. Qualcosa rappresenta. Lo sa bene chi da anni ausculta il ventre delle forze dell’ordine e delle forze armate.
Beh, di fatto il golpe (in potenza) c’è già.
esercito nelle strade ☑
coprifuoco ☑
parlamento fuori gioco ☑
governo tramite decreti ☑
La verità è che in questo momento se questo golpe da potenza diventasse atto non c’è nessuno che sarebbe in grado di opporsi.
Segnalo, a proposito del fatto che «non è solo folklore», un articolo in cui Enrico Gargiulo analizza il volume «Dieci anni di ordine pubblico» (2015), che ha tra gli autori alti dirigenti di polizia e viene presentato anche presso la Presidenza del CdM. A partire da quel volume Gargiulo riconosce
«l’immagine della società desiderata dalla polizia di stato: quella di una comunità a‐conflittuale e passivamente fedele alle istituzioni, a prescindere dalle scelte che queste compiono. Tale immagine appare ancora più inquietante se si considera che le
idee e le visioni espresse nel volume qui discusso non sono confinate al suo interno: esse costituiscono infatti un patrimonio condiviso da una parte significativa degli apparati di polizia e dei
sindacati di settore e trovano diffusione anche in altri ambienti, quali, ad esempio, la magistratura e la stampa mainstream, che spesso le adotta acriticamente nel descrivere mobilitazioni e attori sociali».
L’articolo completo è qui https://www.lavoroculturale.org/dieci-anni-ordine-pubblico/
(Lo posto qui).
Questo è un video che sta girando su YouTube, un pestaggio della polizia di Bilbao, il fratello di un mio amico vive proprio a Bilbao e in quella via, mi ha confermato che il ragazzo del video ha problemi mentali che tra l’altro è ciò che dice la madre agli agenti prima di venire pestata.
Ricorda le immagini del G8 di Genova.
https://invidio.us/watch?v=F5MP5n64HHY&dark_mode=true&thin_mode=false&autoplay=0&continue=0&listen=0&local=1&loop=0&nojs=0&player_style=youtube&quality=dash
Pier Paolo
Zagrebelsky omette però di dire che le restrizioni alle libertà di circolazione e riunione devono essere stabilite dalla legge: e i dpcm che su quelle libertà hanno inciso non sono leggi, né atti equiparati alle leggi. Dire questo non significa negare che sia necessario cautelare noi e ogni altra persona. Significa mettere in guardia sui rischi che si corrono consentendo deroghe ai principi. Cioè sui rischi di una stabilizzazione dell’emergenza. Quando Zagrebelsky dice: “cerchiamo, come giuristi, di non fare gli azzeccagarbugli”, sta implicitamente ammettendo che le cose, giuridicamente parlando, non siano del tutto cristalline, come lui vorrebbe invece far intendere. Sta dicendo di non criticare, perché non è il momento: sta cioè ricorrendo a un’argomentazione in tutto e per tutto politica.
Spiace dirlo, ma quello di Zagrebelsky è un comportamento da sofista, nel senso stretto di Platone, cioè il peggio che un intellettuale possa essere, il tiranno dell’intelletto.
Ci sono altri costituzionalisti che, più candidamente, dichiarano che le misure sono sì incostituzionali ma che semplicemente in questo momento non possono essere messe in discussione.
https://www.ladige.it/news/politica/2020/03/23/lesi-diritti-costituzionali-problema-enorme-ma-non-affrontare-ora
Luca, io sono un po’ sotto shock.
Sono tornato a Verona dopo 20 anni in Inghilterra (Londra e Oxford), sono abituato a una certa libertà di pensiero e di movimento. Il sindaco di estrema destra, Sboarina, ha vietato qualsiasi attività motoria, definendo sempre con un disprezzante vezzeggiativo “la corsetta” come fosse uno sfizio a cui possiamo, e dobbiamo, fare a meno per amore della collettività.
Io non mi definisco neanche un corridore, ma amo (e necessito di) camminare due o tre ore da solo nella natura. Non contagio nessuno e nessuno può contagiare me; mi tengo in forma e rafforzo il mio sistema immunitario. Invece così, chiuso in casa, intrappolato come un orso allo zoo, sento che mi sto indebolendo; e indebolendo si stanno i miei anziani genitori, anche loro costretti su un divano a guardare la TV, senza la possibilità di farsi quei quattro passi al sole che li rasserenavano e mantenevano in forma. Me lo ha confidato mio padre al telefono questa sera, parlando dei bambini che soffrono chiusi in casa tutto il giorno. “Almeno loro avranno tutta la vita per rifarsi,” ha detto con grande rammarico.
I governanti hanno lasciato che le minoranze dettassero legge (o decreto); hanno fatto di tutta l’erba un fascio (scusa la parolaccia) e, invece di punire i pochi colpevoli, hanno colpevolizzato la totalità degli innocenti, dando vita a una dittatura di fatto, sotto la quale non mi sarei mai aspettato di vivere.
Io sto male.
Dopo 20 anni di Inghilterra, non avrei mai immaginato un mondo in qui è illegale camminare. Ma forse, e qui vengo alla mia domanda per te, quello che è veramente illegale è cercare di rendere illegale il camminare. Ho la sensazione che questo limite totale alla libertà individuale, l’impossibilità anche solo di fare il giro dell’isolato senza paura di venire fermati dalla polizia, sia illegale. Non posso credere che sia possibile, nell’Europa del 21esimo secolo, vivere in un mondo in cui milioni di cittadini innocenti vengono trattati peggio dei peggiori criminali.
Le “[n]orme sull’ordinamento penitenziario e sulla esecuzione delle misure privative e limitative della libertà” (articolo 41-bis in riferimento al cosiddetto “carcere duro”), dichiarano:
“[l]’ora d’aria è limitata – rispetto ai detenuti comuni – a due ore al giorno e avviene anch’essa in isolamento.”
Amnesty International ha definito questa normativa “crudele, inuman[a] e degradante.”
Possiamo fare ricorso al Tar? alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo?
Siamo innocenti, chiediamo solo la libertà di poter mettere “one foot in front of the other.”
https://en.wikipedia.org/wiki/The_Pedestrian#Background
Grazie, complimenti per quello che fate, e buon lavoro.
L’intervista a Zagrelbesky.
ROMA – «Anche questa vicenda ha effetti molto diversi a seconda della collocazione sociale. Quelli che stanno su possono riderne. Quelli che stanno giù, probabilmente, potrebbero dover piangere». Il professor Gustavo Zagrebelsky vive, come tutti noi, l’emergenza di queste ore. E con Repubblica riflette sul nostro destino. Di oggi. Di domani. Di chissà quanti giorni… Prim’ancora di parlare di diritti e
e in presenza di misure eccezionali, che il Parlamento sia in piena efficienza nella sua funzione di controllo».
qual è il suo stato d’animo rispetto a questa peste del 2020 che è intorno a noi, che è nel mondo, che si propaga e produce morte? «In questo momento mi pare che si debba fare attenzione alle parole, perché le parole a loro volta possono diffondere pesti psicologiche. Peste evoca scenari storici, come la peste bubbonica, la peste nera, la peste polmonare del passato, che venivano rappresentate pittoricamente nelle tante danze macabre, in cui i viventi danzavano abbracciati agli scheletri. Mi pare che oggi non siamo in queste condizioni. Innanzitutto perché siamo di fronte a una pandemia viralpolmonare che a me non fa pensare alla peste, e poi perché di fronte a quella che lei chiama peste il mondo scientifico e ospedaliero è mobilitato e ha strumenti nelle sue mani».
Quindi lei è tranquillo? «Tutt’altro. Ma penso che si debba reagire ragionando e non delirando». Cosa direbbe ai complottisti che pensano a una montatura con intenti repressivi delle libertà democratiche? Addirittura con l’esercito in campo? «Mi rallegro di vedere l’esercito che non combatte una guerra, ma la diffusione di una malattia e le sue conseguenze». Anche se i militari trasportano le
bare oppure potrebbero girare per strada per costringerci a stare a casa, mentre più d’uno evoca il coprifuoco? «Anche qui attenzione alle parole. Non c’è bisogno di chissà quale perspicacia per capire la differenza del coprifuoco a Santiago del Cile imposto da Pinochet e le limitazioni alla circolazione per motivi di salute pubblica. Nei regimi antidemocratici si trattava di una misura poliziesca subita come un violento sopruso; qui invece, già a prima vista, è un’altra cosa. Addirittura sarebbe superflua se ciascuno di noi spontaneamente, liberamente, si rendesse conto di una necessità a favore della nostra salute». Siamo di fronte a un bivio spaventoso tra la salute e i diritti democratici? «Alcuni temono il protrarsi dei divieti, anche oltre lo stato d’emergenza attuale, quasi che questa fosse una prova generale di repressione globale. Per ora, almeno sospendiamo il giudizio. Per ora mi paiono misure a favore della più democratica delle libertà: libertà dalla malattia e dalla morte». Sta dicendo che non viviamo ore
in cui i diritti fondamentali sono sacrificati all’emergenza?
«Non direi. Quale diritto è più fondamentale del diritto di tutti alla vita e alla salute?». Ma le restrizioni in vigore, e
quelle eventualmente future, sono coperte dalla Costituzione? «Cerchiamo, come giuristi, di non fare gli azzeccagarbugli. Intanto la Costituzione prevede che la libertà di circolazione e la libertà di riunione possano essere ristrette per motivi di salute, sicurezza, incolumità pubblica. In ogni caso, la Costituzione consente l’adozione di decreti di urgenza in casi “straordinari di necessità”. Non siamo forse in uno di questi? Il governo nazionale si deve assumere le sue responsabilità, sia pure di concerto con le autorità regionali». Le Regioni non stanno esagerando nel pretendere eccessiva autonomia? «Sono le ragioni di sanità, sicurezza e
incolumità a determinare la competenza. Se sono nazionali, come incontrovertibilmente in questo caso, le misure spettano allo Stato». I giuristi cavillano…
«È il mestiere di alcuni». Il governo e le opposizioni…
«La fermo subito. Penso che tutti dovrebbero avere un comune atteggiamento costruttivo, ma ciò non esclude né la pluralità delle proposte, né il diritto al dissenso (che non è da confondere con l’ostruzionismo)». A proposito, il Parlamento e il
voto sui decreti, a partire dal Cura Italia. Ritiene che si possa aprire la stagione del voto telematico, senza deputati e senatori presenti e votanti nell’emiciclo? «Al di là degli escamotage tecnologici, per me è essenziale, proprio perché siamo in emergenza
L’emergenza giustifica qualunque cosa? «Nelle situazioni di emergenza lo scopo giustifica i mezzi. Ma certamente non tutti. Solo quelli che abbiano ragionevolmente quella finalità. In particolare non sarebbero ammissibili i mezzi contrari alla dignità degli esseri umani e quelli discriminatori». E quali sarebbero?
«Per esempio quelli che violassero il principio di uguaglianza, che non consente di distinguere gli anziani dai giovani. Parlo non per conflitto di interessi…ma per ragioni costituzionali. Non risulta che il principio di uguaglianza consenta una simile barbara e spietata discriminazione». Leggendo le cronache è stato
forse colpito dal fatto che tra due malati, un giovane e un anziano, si scelga di mettere in terapia intensiva il primo lasciando andare il secondo? «Sarebbe sconvolgente se si affermasse il principio che i giovani siano “più uguali degli anziani”. La Costituzione non distingue. Sarebbe una posizione molto vicina all’eugenetica». Tuttavia il problema esiste, c’è
un solo respiratore e due pazienti. Che si fa? «È nell’etica medica che si debba, finché possibile, salvare entrambi. In quella tragica situazione il medico deve chiedersi, rispetto ai due pazienti, per quale la terapia è presumibilmente più efficace. Non esistono due situazioni perfettamente uguali. E l’età è semplicemente una componente. Poi i nostri discorsi astratti, alla fine, valgono poco e spetta agli operatori sanitari e alla loro coscienza professionale la scelta, quando è inevitabile». Ma se ci fossero stati meno
evasori fiscali e si fosse investito di più negli ospedali oggi magari non saremmo a questo punto. «Certamente. La questione della scelta tragica deriva dall’insufficienza delle risorse pubbliche alle quali provvedono le entrate fiscali. Facile trarre le conseguenze sulle responsabilità e sull’irresponsabilità degli evasori». Se il governo dovesse chiedere a
tutti noi ulteriori e soprattutto lunghi sacrifici non si rischia la giungla?
«L’emergenza deve essere per natura temporanea, più dura più l’esperienza dimostra che si manifestano sentimenti del tipo “mors tua vita mea”. La solidarietà è una virtù, una virtù dei santi, religiosi o laici che siano, ma nessuna società umana si regge soltanto sulla santità. Ergo, auspichiamo che le misure prese mostrino la loro efficacia e che tra di noi non venga meno la convinzione che la salute e la salvezza di tutti dipende da ciascuno».
La banalità dei giudizi, che rasentano il «lasciamoli lavorare, poi si vedrà» pronunciato volentieri al bar (fino a quando i bar erano aperti), e la voluttà ittica con con cui Zagrelbesky abbocca al frame imposto dalle domande dell’intervistatore, è speculare e identica al piacere con cui un altro giurista, Ugo Mattei, addenta l’amo complottista fattogli penzolare davanti da Messora di Byoblu, in interviste che – purtroppo – continuano a trovare circolazione.
Ma solo io trovo raccapricciante che nel titolo di Repubblica si scriva che “Torino si sta rivelando ubbidiente”?
Non collaborativa, figuriamoci responsabile.
Ubbidiente.
Non è raccapricciante che l’aggettivo sia nel titolo, è raccapriciante che sia nella realtà. Eccezioni esistono sempre ma sono veramente residuali.
In sostanza Esercito e Carabinieri sono convinti di essere immuni al
Covid19 se infrangono di fatto la distanza di sicurezza. Non solo al di sopra della legge ma anche del Virus!
Una storia pesante che è stata gestita solo perché il ragazzo ha avuto nervi ben saldi. Non è da tutti.
Strano che in queste settimane questo tipo di controlli non sia stato mai fatto all’interno delle fabbriche. Forse per non infastidiire Confindustria? Come se lì la malattia non potesse proliferare.
E pensare che basterebbe solo un po’ di buon senso.
Ti ringrazio per il «ragazzo» ma, anche se ne dimostro di meno, non sono poi così giovane =D eheh
Cazzate a parte, la paradossalità è che sono stato denunciato proprio per aver avuto i nervi saldi. Se avessi accettato remissivamente ogni cosa e avessi chiesto scusa implorando di lasciarmi andare e promettendo di non farlo mai più, sarei tornato a casa un’ora prima e senza denuncia. Ma rinunciando a qualcosa che era in mio diritto fare. E forse questo è uno degli aspetti peggiori della vicenda. Questa situazione rischia di ammaestrarci all’abbassare la testa.
Scrivo per ringraziare Luca Casarotti per il suo preziosissimo contributo nel darci una mano a difendere la nostra libertà e i nostri diritti, e nell’aiutarci a orientarci nei meandri giuridici degli avvenimenti di questi giorni. Preziosissimo.
E complimenti a Mariano Tomatis, illuminante ancor prima che illusionista.
Una delle affermazioni che mi ha più colpito della testimonianza di Pietro è la sua dichiarazione di non aver temuto per la sua incolumità fisica, subito dopo però associa a questa frase l’ impressione di una scena da dittatura fascista o da regime. Dice quindi di aver temuto per l’ incolumità della sua libertà.
Nel commento di Casarotti invece emerge l’ importanza di rispettare tre parametri al fine di stabilire l’ incostituzionalità di una legge: legalità, offensività e sussidiarietà. Questo per ridimensionare la portata ” malvagia” di un divieto che probabilmente non si trasformerà mai in legge. Sia Pietro che Luca,con ottimi strumenti di conoscenza della materia trattata, sono in grado di ridimensionare l’ effetto intimidatorio di questa rappresentazione teatrale. Le variabili che possono condizionare l’ esito di un confronto diretto con la pubblica ” autorità ” sono però innumerevoli e, a volte, non dipendono solo dalla nostra capacità di gestione della situazione. La lucidità di Pietro ha probabilmente evitato che la situazione potesse degenerare. Credo però che separare la preoccupazione per l’ incolumità della libertà personale da quella per l’incolumità fisica, sia stato un modo efficace per esorcizzare la tensione. Il timore per la propria incolumità fisica e quella della propria libertà non sono però poi così disgiunti, perché la credibilità della minaccia viene raggiunta attraverso l’ intimidazione fisica, cosa che è avvenuta anche in questo caso con la riduzione delle distanze, il dileggio, l’ insulto e l’ altezza del tono di voce. La conoscenza teorica dell’infondatezza del divieto è indispensabile ma non è sempre possibile argomentare. E soprattutto, spesso l’ intimidazione sortisce già l’ effetto deterrente desiderato dalla autorità sulla maggioranza delle persone.
Specifico per onestà intellettuale che la mia gestione della situazione non è derivata da «ottimi strumenti di conoscenza della materia trattata», perché io di giurisprudenza capisco davvero poco e devo solo ringraziare gli articoli e i commenti di Luca, l’attenta lettura dei decreti e la discussione qui su Giap se ora ho degli strumenti per orientarmi a riguardo.
Il modo in cui mi sono comportato (la mia «lucidità», come dici) deriva anche dai tanti anni di militanza che mi hanno fornito una consapevolezza (sia politica che pratica) riguardo i comportamenti delle forze dell’ordine. Insomma ho abbastanza esperienza da riuscire a capire – quasi sempre – quanto in là posso spingermi nel rispondere a mia difesa senza però rischiare di scatenare reazioni violente. Per questo ho scritto che non ho mai temuto per la mia incolumità, non perché abbia riconosciuto la gentilezza nei loro occhi, ma perché arrivati a un certo punto ho capito che continuare era inutile e la denuncia era inesorabile, potevo giusto ribattere su singole cose ma ormai era andata (a meno che non avessi deciso di chiamare il mio avvocato, ma è un altro discorso). Se avessi insistito probabilmente i carabinieri un ceffone me lo avrebbero dato.
Ma hai ragione a dire che le reazioni delle forze dell’ordine «non dipendono solo dalla nostra capacità di gestione della situazione», non è una legge matematica, e il ceffone (se va poco male), il pestaggio (se va male) o anche peggio (se va malissimo) possono sempre capitare. Una persona senza troppa abitudine a trattare con loro, cui scappi per errore la parola sbagliata, o che alzi i toni perché gli girano le scatole (e secondo me sarebbe anche sacrosanto, rispondergli a tono, se non fosse che sono armati e in divisa), potrebbe benissimo ritrovarsi coinvolto in episodi di violenza fisica. Ma può capitare anche a chi ha la piena padronanza degli strumenti giuridici o esperienza decennale nel relazionarsi con loro.
La storia che ha raccontato Pietro, in questi giorni si ripete spessissimo nelle strade. A poche ore da l’episodio raccontato, a circa 200mt avveniva un episodio molto simile. Lo so perché abito nella stessa zona di Pietro, da tutta la vita, e molte mie compagne e compagni abitano proprio in prossimità (come direbbe un decreto a caso!) della strada citata nel racconto. Poche ore prima quattro volanti dei vigili urbani circondavano due ragazze con le buste della spesa, residenti a pochi metri, ree di ‘chiacchierare’ e ‘passeggiare’. Tenute anche loro una buona mezz’ora sono state rilasciate dopo aver fornito i documenti, anche loro avevano osato rispondere in modo maleducato alle forze dell’ordine, aka Pizzardoni. Tre giorni fa, sempre nella stessa strada in cui è ambientato il racconto di Pietro, una compagna veniva seguita ‘a passo d’uomo’ da una Opel grigia su cui viaggiavano guardie in borghese, fino a che non è entrata in un alimentari, che ormai è come ‘tana libera tutte’.
E però. Il però è che questi episodi, nel quartiere in questione, semi-centrale o semi-periferico ancora non ho capito, ma insomma uno dei quartieri della movida più famosi di Roma, erano all’ordine del giorno già da prima. Già da anni.
Il punto è che noi cittadini bianchi eravamo seduti dall’altra parte del privilegio. La strada in cui Pietro è stato fermato, è da anni costantemente presidiata da militari, carabinieri, vigili urbani, sono i 300 metri più militarizzati di Roma Est. Quel, anzi, questo quartiere da cui vi scrivo, è stato al centro negli ultimi dieci anni almeno di tutta la retorica sul degrado, lo spaccio, il decoro, la buona cittadinanza vs gli irregolari. E’ una zona in cui con la scusa della presenza dei piccoli spacciatori africani per anni si è coltivato il vizio del controllo, dalle app dei residenti con cui segnalavano ogni nero che incontravano per strada(tanto che a un certo punto anche i vigili urbani chiesero di smetterla con le segnalazioni perché erano troppe), ai gruppi Fb per la delazione accompagnati da prove fotografiche scattate in strada o dai balconi, agli appelli alle istituzioni per l’attivazione di telecamere. Un quartiere senz’altro complesso ma in cui la presenza militare e l’abuso è sempre stata più o meno accettata dai residenti. Quello che stiamo vivendo ora noi in questo momento, la paura di essere additati, fotografati dai balconi, fermati dalla polizia, è quello che le persone non bianche del quartiere hanno vissuto quotidianamente ogni giorno, mentre noi vivevamo il privilegio della bianchezza e dei documenti in regola. E sicuramente non solo qui. Vorrei che iniziassimo a pensare anche a questo. A cosa possiamo imparare da questo periodo e a interrogarci sul fatto che se noi privilegiati stiamo vivendo questo, chissà che fine stanno facendo gli\le altr*.
La nota che mi dipinge un sorriso amaro sulla faccia è che venerdì, avventuratami proprio in quella strada, gli unici che vedevo all’apparenza sereni chiacchierare sul marciapiede (sempre a distanza di sicurezza gli uni dagli altri) era il solito gruppo di giovani neri che incontravo ogni giorno, forse consci di non essere più l’unico target della militarizzazione del quartiere.
Tutto vero, vorrei solo aggiungere qualcosa.
Riguardo ai “cittadini bianchi seduti dall’altra parte del privilegio”: sì, “gli spacciatori” erano gli africani; però la polizia fermava anche tutti i potenziali consumatori di qualcosa, le unità cinofile giravano a tutte le ore -mattina inclusa- e identificavano (perquisivano, denunciavano) pure la gente seduta al bar.
Il presidio militare è arrivato dopo il Bataclan: non mi ricordo se i piantoni della polizia già c’erano; di sicuro c’erano da tempo i posti di blocco a circondare la zona.
Prima che fosse eletta V. Raggi il comune era stato commissariato per un periodo: in modo del tutto arbitrario il prefetto aveva chiuso associazioni e locali, per mezzo di un’ordinanza “anti terrorismo e anti degrado” che unificava concettualmente i due filoni; dopo le chiusure sono venute le multe, ugualmente mirate.
La crociata contro “gli spacciatori” è stata la valvola di sfogo di frustrazioni e intolleranza generica: pure ai danni di chi parcheggiava in divieto di sosta o buttava una carta per terra; una specie di mobbing urbano molto squallido.
Vale la pena ricordare una manifestazione “contro gli spacciatori” il 25 aprile, “perché gli spacciatori sono uguali ai nazisti”; e il cartello scritto a mano da uno dei cittadini-giustizieri con la citazione di Gramsci (“odio gli indifferenti”), affisso accanto al portone di uno che aveva protestato, facendogli osservare che quel giorno si festeggia un’altra cosa.
Alla testa della crociata c’erano persone che si definivano di sinistra, qualcuno si vantava di essere stato militante.
Reagire era difficile, specie per chi avesse una minima cosa “non in regola”: i crociati erano relativamente pochi, e non avevano affatto il consenso di tutto il quartiere; a tenere in scacco la maggioranza era la paura di essere controllati e magari rischiare di passare un guaio. Mi sono sentito isolato, leggere allora un pensiero come il tuo mi avrebbe veramente rincuorato.
Nella situazione presente -al netto delle cause- avverto la stessa ispirazione, sento lo stesso linguaggio, vedo le stesse modalità; la stessa pornografia dell’autoritarismo.
Ultima cosa.
Quando si parla di “stato di eccezione” la mente va alle leggi speciali emanate negli anni di piombo e di fatto ancora valide: come è stato notato spesso anche qui, tali leggi sono state aggiornate nel tempo perché le si potesse applicare a oltranza; il fatto che siano state estese da subito ai reati di droga -in un paese in cui la legge in materia da sempre è confusa- costituisce per lo stato un formidabile mezzo di sorveglianza, e un pericoloso strumento di arbitrio.
In quella zona chi ti controlla potrebbe venire dalla caserma che ha avuto in custodia Cucchi. Con tutta la buona volontà è proprio difficile non pensarci.
«Rimettere in prospettiva storica questa militarizzazione, non farci abbagliare dal presentismo.»
Lo dice Wolf nell’intervista appena pubblicata su Global Project:
Populismo virale e politiche del “decoro”: l’onda lunga prima della pandemia
All pizzardoni are bastards!
Ho una domanda per Luca, perché è anni che me lo chiedo, da quando la mente di Berlusconi ha partorito Operazione Strade Sicure: ma esattamente, i militari nelle strade, che cosa possono fare? Mi sembra di capire che non sono pubblici ufficiali. Legalmente, la cosa, come funziona? Devo obbedire a un militare, per dire? Legalmente dico, non solo perché è uno scazzato testosteronico con un fucile automatico
(aneddoto grottesco: alla parete esterna del posto di guardia – deserto – del radarone militare di Lampedusa, in mezzo alla riserva naturale, uno dei posti più remoti, disabitati e meno frequentati d’Italia, è attaccato un cartello di Operazione Strade Sicure)
(aggiungo all’aneddoto: si tratta, per la precisione, della 134ª Squadriglia Radar Remota, Aeronautica Militare. Una squadriglia radar, dell’aeronautica, nel punto più lontano dal centro abitato di un isolotto, farebbe parte di… Operazione Strade Sicure)
Qui c’è un articolo che, al netto del tono di approvazione, chiarisce come stanno le cose: https://www.altalex.com/documents/news/2017/07/03/i-militari-di-strade-sicure-quali-pubblici-ufficiali
Scusate. Sono off topic, ma mi hanno appena girato una ordinanza dell’Assessorato della difesa dell’ambiente della Regione Sardegna che vieta anche l’attività di cura degli orti ( non rientrante in attività agricola svolta come coltivatori diretti)… ma é folle! Il nostro é un contesto prevalentemente rurale. Quasi tutti possiedono un orticello appena fuori dal centro abitato, perché dovremmo lasciar andare tutte le colture a male o far morire le galline quando almeno se ne può trarre un minimo di sostentamento? La ratio quale sarebbe? Che ci si può infortunare? Come se in questo regime di reclusione non diventeranno più frequenti gli incidenti domestici. Sono allibita. A breve ci vieteranno di aprire le persiane perchè potrebbe entrare qualche detrito provocato dall’impatto di un asteroide con l’atmosfera?
Anche io ho lo stesso problema, però in the Big Milano. Posso dire che fino ad ora il, diciamo così, community garden, essendo di fatto vicino alla città, ma anche a zone semi agricole, con boscaglie ha fornito una valvola di sfogo per chi volesse uscire di casa e stare un po’ all’aperto con rischio quasi nullo di incrociare polizia e quant’altro.Polizia che in realtà ci si è poi presentata perché, effettivamente, un gruppo di ragazzini si assembrava quotidianamente. Devo dire che se la sono cavata con la paternale e nulla più. Adesso la situazione è,però, da precoprifuoco, mi trovo nel dilemma se andare o meno. Sono a metà fra quelli “andiamo, non si possono mica far morire le galline” e quelli “ Ma non sai che in Toscana un nonno col nipotino sono stati individuati dal drone mentre passeggiavano in campagna ed è subito arrivata una volante?!”
Non si può curare l’orto ma intanto con l’ennesimo decreto che vien di notte le attività essenziali sono indicate con i codici ateco e molti datori di lavoro il codice ateco della propria azienda neppure lo conoscono e vanno avanti come se nulla fosse…i lavoratori non sanno come comportarsi e come giustificarsi se devono spostarsi dal proprio comune. È un delirio di precetti astrusi e tarati in egual misura su contesti completamente differenti. Non ci si può affidare al buon senso di chi è deputato a controllare dato che novanta volte su cento vorrà solo esercitare il potere illimitato di cui sembra investito come se fosse il decisore supremo della tua capacità o meno di seminare in giro il contagio.
C’è questo prontuario di Lav che, a parte la cornice filo- governativa in cui si inquadra dell’ ” iorestoacasa”, dice che è consentito l’accudimento degli animali. Per il resto si limita a riportare pedissequamente e acriticamente i divieti imposti sulla prossimità da casa, per il tempo necessario ecc… ( per quanto riguarda l’ uscita dei cani). Ovviamente a nessuno frega niente degli orti e delle piante…
https://www.lav.it/news/coronavirus-animali-faq
Io sono un coltivatore e commerciante di piante fiorite e piante aromatiche. Il nostro è l’unico settore della filiera agricola ad essere sottoposto a un totale stop alla vendita. Trattandosi di piante vive e stagionali, sono già stati distrutti circa 300 milioni di euro di prodotti. Tra un mese saremo a 1,4 miliardi. A parte questo , non si capisce il concetto: i fiorai sono chiusi, ok, però i vigili di molti comuni hanno intimato anche ai supermercati e ai semenzieri di rimuovere dalla vendita piante e fiori. Il senso è oscuro. Sembra quasi che l’idea sia che la quarantena debba essere anche in qualche modo autoflagellazione, penitenza. La gioia di un fiore, la cura di una piantina , magari insieme ai propri bambini… troppo lusso, insomma, avete già il permesso di pisciare il cane!
Capisco! Io ,come educatrice professionale, seguo una persona adulta con un grave deficit cognitivo e una sindrome autistica atipica ,che ha un cosiddetto pass ( progetto occupazionale che ha valenza sociale) in un vivaio. Non c’ è una ragione che sia una ,meno che mai il distanziamento sociale ,visto che il vivaio è enorme, per cui uno come lui non possa continuare ad andarci. Nonostante questo, il proprietario, dalla settimana scorsa, mi ha chiesto di tenerlo a casa, ” per non creare problemi”. Io mi sono adeguata, ma questa settimana,in accordo con la famiglia, chiederò alla neuropsichiatria di riferimento di rilasciaci una certificazione ( tanto, una più,una meno…) in cui si dichiarerà l’ ovvio, cioè che per una persona così compromessa, l ‘ attività di florovivaismo è un’ attività terapeutica ( non a caso non si parla di attività lavorativa), e quindi riguarda eccome la salute. Ragionamento al quale chiunque con un po’ di cervello arriverebbe da solo, ma tendo a non fidarmi dell’ elasticità mentale delle forze dell’ordine, avendo io già dovuto ampiamente litigarci nei giorni scorsi per poter andare a lavorare.
Come posso non condividere ogni parola e ogni paura descritta se le ho vissute sulla mia pelle di forestale militarizzata coattivamente?
È vero che la lobby parlamentare dei militari è forte, tanto da far emettere una sentenza alla corte costituzionale in cui si parla di perdita dei diritti come di non irragionevole bilanciamento delle necessità di riorganizzazione e [millantato] risparmio
Quando mi è stato impedito dai carabinieri l’accesso in piazza del Quirinale perché indossavo una maglietta con scritto “militari no grazie” e “#civilipernatura” ho capito che l’asticella del limite della libertà era stata abbassata ulteriormente e non comprendere quanto mi è costato in avvocati…
Le nostre norme liberamente interpretabili pongono seriamente la questione del rischio di abusi di potere per ignoranza e boria. Non tutti i colleghi in strada le leggono, ma capita che applichino interpretazioni per ‘sentito dire’
Spero sia il post giusto in cui lasciare questo commento.
Condivido questa notizia locale che mi sembra piuttosto emblematica.
Stamane è stato diffuso un comunicato urgente della conferenza dei sindaci dell’ULSS 7 pedemontana (alto vicentino) che:
“alla luce dell’attuale carenza presso l’ospedale e le strutture residenziali del territorio si fa richiesta ai cittadini e aziende del territorio di mettere a disposizione i seguenti presidi protettivi” […] “l’esigenza è assolutamente urgente ed importante in attesa degli approvvigionamenti annunciati da Azienda Zero di Regione Veneto”.
Segue lista di materiali che mi sembra siano normali dotazioni in un ospedale.
Le ULSS di Vicenza sono state recentemente “ristrutturate” con la chiusura di due ospedali di zona, la costruzione in “project financing” di un nuovo ospedale e la fusione di più ULSS prima separate.
Ecco la vera emergenza in tutta la sua palese (e sfacciata) gravità da cui probabilmente deriva la costante necessità di spostare l’attenzione verso chi passeggia.
Ah, ovviamente per questo “atto solidale” si può uscire di casa ed attraversare ogni confine.
Le procure, ricevuti i verbali di denuncia, provvedono ad inoltrare l’ atto al GIP ( GIUDICE INDAGINI PRELIMINARI): è in questa fase che si dovrebbe procedere all’ archiviazione secondo l’ interpretazione Giapster.
L’ Old boy, come migliaia di altri cittadini, a meno che non voglia seguire l’ iter accedendo con le dovute procedure agli atti giudiziari resterebbe sospeso nel limbo ad aspettare per qualche settimana/ mese probabilmente non ricevendo comunicazioni dal Tribunale.
Se ciò non avviene ed il GIP procede, inviando il decreto penale, solo dopo che si instauri il contradditorio, è possibile sollevare la questione davanti la Consulta, eccependo per via incidentale la legittimità costituzionale?
Comunque l’ Old boy si troverebbe a dover in questo caso dare un’ incarico ad un difensore legale e forse a pagare, oltre all’ onorario dell’ avvocato, anche l’oblazione dell’ ammenda e altre spese vive di cancelleria, se non fosse assolto dal giudice ordinario, senza conseguenze sul casellario giudiziale.
Ora colpito uno, che non vorrebbe rischiare a questo punto un ulteriore denuncia, possiamo dire che ne hanno educati 100: questo è populismo penale. Se ora la Magistratura desse corpo, nel silenzio del Parlamento, a un ubiquo e pervasivo Lawfare, saremmo in una gravissima emergenza democratica.
*è possibile sollevare la questione davanti la Consulta, eccependo per via incidentale la legittimità costituzionale?*
In realtà no : La normazione per mezzo di DPCM ha infatti rilevanti effetti sull’assetto della separazione dei poteri. Innanzitutto, comporta l’esclusione del sindacato di costituzionalità da parte della Consulta.Vedi: http://www.lacostituzione.info/index.php/2020/03/28/il-covid-19-e-la-gestione-governativa-dello-stato-di-emergenza-una-riflessione-a-caldo/
Buongiorno a tutti,
è il mio primo intervento su queste pagine.
Ho letto quasi tutti i commenti ai post sulle recenti restrizioni. Mi pare che nessuno abbia sollevato una questione secondo me molto importante: l’effetto diseducativo, con conseguenze a medio-lungo termine potenzialmente gravi, della proibizione e della conseguente repressione di corse, passeggiate e altre attività all’aria aperta.
Prima o poi dovremo uscire di casa. Dovremo farlo abbastanza presto, se vogliamo evitare il collasso economico-sociale e il rincretinimento/disfacimento fisico della popolazione. E allora, se non avremo capito bene come si fa a non contagiare gli altri e a non farsi contagiare, il virus riprenderà la sua corsa e ogni sforzo di contenimento sarà stato vano. Se vogliamo cavarcela, a parte sperare che la buona stagione fermi magicamente i contagi, dobbiamo fare in modo che chiunque, dal bambino di 6 anni all’ultracentenario, abbia capito quali comportamenti sono sicuri (o comportano un rischio trascurabile) e quali non lo sono. Additare attività a bassissimo rischio come pericolose, da stigmatizzare e da perseguire crea confusione e disinformazione.
Il mantra “state a casa” è semplicistico. Si doveva dire “state lontano dagli altri” o, quando finalmente arriveranno le agognate mascherine, “se dovete avvicinarvi agli altri accertatevi di indossare tutti la mascherina e fatelo all’aperto o in ambienti arieggiati”. Stare chiusi in casa con qualcuno che magari si è beccato il virus in metropolitana è pericoloso. Camminare all’aperto stando lontano dagli altri è sicuro. Rimanere un’ora in un supermercato privo di ricambio d’aria (pare che gli architetti moderni ignorino che uno degli scopi precipui delle finestre è consentire di arieggiare i locali) può essere pericoloso. Fare un giro in bici o zappare l’orto da soli o con i propri conviventi non espone a particolari rischi.
Inculcare nei cervelli, anche a suon di minacce e sanzioni, informazioni errate su ciò che è pericoloso rischia di causare effetti deleteri a medio-lungo termine.
Esattamente.
Aggiungendo bizzarro al bizzarro, sul NYTIMES del 20 ha pubblicato un articolo che (giustamente) ricorda la banalità che camminare è salutare, è l’assembramento il problema. Ma la bizzarria non è questa, è la percezione che hanno da fuori. Cito:
“In Milan, where life in the coronavirus “red zone” amounts to virtual house arrest, residents are still free, if not encouraged, to enjoy a walk or jog “for the sake of outdoor physical activity,” as The Washington Post reported, as long as social distances are respected.”
Quindi, da fuori, la costruzione del camminatore solitarion come untore-traditore-capro espiatorio è invisibile. Non so, ma questo mi fa sentire ancora più “isolato”.
Amen. Lo slogan non solo è una semplificazione (aggiungerei in parte positivamente mistificatoria) ma consolida una falsa nozione che più avanti potrebbe produrre un vizio sistematico delle pratiche. Non c’è niente di intrinsecamente costruttivo nel rimanere confinati nel proprio domicilio, cosa del resto insostenibile alla lunga: bisognerà ritagliare in modo molto più frattale il nostro distancing quando sarà necessario avere interazioni inevitabili e anche la “velleitaria” passeggiata sarà il caso di farla, con le giuste cautele.
siamo in pochi a preoccuparci della libertà e dei diritti di questi tempi.
anche qui
https://www.agoravox.it/Guerra-al-coronavirus-numeri-e.html
[…] Un articolo su wumingfoundation di Pietro De Vivo cliccando qui. […]
Chi vuole approfondire il lavoro video-musicale di Federico Ferraris (che cito nel video e ringrazio) trova qui alcuni link utili: http://www.mesmer.it/index.php?id=pillole&n=179
Grazie anche a Pietro, per aver tenuto la schiena dritta e per l’importante testimonianza che ha condiviso, e a Luca per le preziose, puntuali disamine.
Aldilà della scarsa piacevolezza dei poliziotti, hanno ragione loro nell’affermare: “È colpa di quelli come te se c’è il contagio!”
Il contagio si propaga solo tra persone, per cui l’evento che lo propaga è l’incontro tra persone. Andando in giro si incontrano altre persone quindi c’è una probabilità, sia pure molto bassa, di trasmettere l’infezione o di essere infettati.
Il fatto che la probabilità di un evento sfavorevole sia bassa, non vuol dire che l’evento sfavorevole, cioè la trasmissione del contagio, non si verifichi in numero sufficiente di volte per propagare l’epidemia quando il numero delle prove, cioè degli incontri, è molto alto.
Per ridurre il numero degli incontri, quindi le occasioni in cui si può verificare l’evento sfavorevole anche se improbabile, occorre evitare al massimo di uscire. Questo è quello che ci racconta il calcolo delle probabilità da Blaise Pascal in poi.
Queste tue affermazioni contrastano fortemente con quanto consigliano molti esperti (e la stessa OMS), e di fatto soltanto in Italia abbiamo trasformato il divieto di assembramento in… “divieto di passeggiata”. Soltanto qui. E soltanto qui si è demonizzata l’attività all’aria aperta, che invece in tutto il mondo consigliano.
La verità è che sono stati militari e carabinieri, fermando Pietro che camminava da solo e assembrandosi intorno a lui per un’ora, a generare una situazione a rischio contagio.
Riporto quanto dichiarato l’altro giorno dal dottor Ernesto Burgio, medico, biologo molecolare ed epigenetista:
«La gente che va in giro per strada, se sta un po’ attenta, o addirittura quella che va nei parchi o che se ne va giustamente in spiaggia, è quella che fa bene, perché si ossigena e non rischia di trovare il virus, o rischia di incontrarlo in quantità tali, quantità minime, come dobbiamo assolutamente sperare di incontrarlo, perché noi non possiamo pensare di non incontrare mai questo virus, noi nei prossimi mesi lo dobbiamo incontrare, lo dobbiamo incontrare in piccole quantità, tali da permetterci di immunizzarci lentamente. [È così che] si crea quella [di cui] alcuni – polemicamente, ironizzando – dicono che «non esiste» o stupidaggini simili, chiamiamola pure “immunità di gregge”, comunque un’immunità collettiva, che si crea in modo progressivo, relativamente lento, incontrando il virus e immunizzandosi, tutto questo è fisiologico e deve avvenire. [La strategia] non è sbarrare tutto quando ormai il virus è uscito ed è da tutte le parti, non è impedire addirittura alla gente di camminare e di ossigenarsi sugli argini dei fiumi, questo è assolutamente fuorviante. Il punto è dire: state attenti perché il contagio avviene da contatto diretto. Sì, lavatevi le mani, pulite le superfici, ma soprattutto non state nella stessa stanza con qualcuno di cui sapete che da un paio di giorni sta male, ha mal di testa, ha la tosse. Chiaramente se avessimo creato le condizioni per portare queste persone in ambienti sicuri, dove farle star bene, monitorarle e curarle, come si è fatto in Cina, sarebbe stato più facile. Ma noi non abbiamo fatto nulla di simile: abbiamo chiuso tutto e addirittura abbiamo detto “Non andate nei parchi”. Capite che non è esattamente la cosa più razionale e più logica.»
L’intervista a Burgio è qui:
https://www.ondarossa.info/redazionali/2020/03/coronavirus-origini-effetti-e
Riporto anche qui il commento lasciato – in contemporanea – poco sotto:
Intanto l’oms:
«During this difficult time, it’s important to continue looking after your physical and mental health. This will not only help you in the long-term, it will also help you fight COVID-19 if you get it. […]
Fourth, exercise. WHO recommends 30 minutes of physical activity a say for adults, and one hour a day for children.
If your local or national guidelines allow it, go outside for a walk, a run or a ride, and keep a safe distance from others».
In «30 minutes of physical activity a say for adults» c’è un chiaro refuso, sarebbe: «30 minutes of physical activity a day for adults».
Fonte:
https://www.who.int/dg/speeches/detail/who-director-general-s-opening-remarks-at-the-media-briefing-on-covid-19—20-march-2020
E queste raccomandazioni dell’OMS non sono di mesi fa, non si può dire che risalgano a quando si sottovalutava l’epidemia ecc. No, sono del 20 marzo. Tre giorni fa. Già che ci sono, traduco:
«In questo momento difficile, è importante continuare a curare la propria salute fisica e mentale. Ciò non potrà che essere d’aiuto sul lungo periodo, e aiuterà anche a combattere il Covid-19 in caso di contagio […]
Quarto, esercizio fisico. L’OMS raccomanda 30 minuti di attività fisica al giorno per gli adulti, e un’ora per i bambini.
Se le linee-guide locali o nazionali lo consentono, esci per una camminata, una corsa o un giro in bicicletta, e mantieni la distanza di sicurezza dagli altri.»
Anche Silvio Garattini, che non è certo esponente di una «frangia» del mondo scientifico ma è quanto di più mainstream si possa immaginare (presidente e fondatore dell’Istituto Mario Negri):
«Evitiamo gli assembramenti, ma camminare e correre rafforza le difese immunitarie.»
https://www.gazzetta.it/Sport-Vari/20-03-2020/garattini-camminare-o-fare-jogging-salutare-no-divieto-3601853125973_preview.shtml
Dal vademecum del New York Times:
«It’s O.K. to go outdoors. The point is not to remain indoors, but to avoid being in close contact with others.»
Ripeto: solo chi esce può incrociare altre persone e quindi contrarre o diffondere l’infezione. In questo momento in cui il contenimento del contagio è la priorità, si può temporaneamente sacrificare l’esercizio fisico all’aperto e anche WHO lo condiziona ai vincoli della legislazione locale.
La teoria di Burgio è suggestiva, ma credo che sia improbabile di essere così fortunati da incontrare il virus nella quantità giusta per immunizzarci senza essere troppo elevata al punto di infettarci. E visto che il contagio potenzialmente si può ancora diffondere, l’evitare i contatti ancora prima di gestire in contatti in modo corretto è la cosa più drastica, ma anche più sicura e più facilmente applicabile su larga scala, cioè su 60 milioni di persone. E se si ammette la auspicabile e salutare eccezione per chi vuole fare la passeggiata, si rischia di avere milioni di persone che giustamente si concedono questa libertà, vanificando di fatto lo sforzo di contenimento del contagio.
In generale se mi posso permettere una obiezione a molte delle cose che ho letto sul Coronavirus in questo sito, è il trascurare il problema dei grandi numeri, per cui ciò che è sensato a livello individuale, diventa spesso insensato quando applicato a milioni di individui.
La strategia suicidale è suggestiva ma comporta degli effetti collaterali che me la rendono poco attrattiva. E non è un gran dispetto per il virus, che continuerebbe a prosperare su altre specie animali. Comunque sono aperto a altri suggerimenti.
1) Tu scrivi «Ripeto: solo chi esce può incrociare altre persone e quindi contrarre o diffondere l’infezione.»
Ok, ripetilo pure, ma è falso. Solo chi esce può contrarre l’infezione? Veramente, il virus prospera negli spazi chiusi dove si sta a contatto diretto, e infatti cresce il consenso scientifico sul fatto che un grosso problema sia stato proprio chiudere le famiglie nelle loro case. Cito Michele Di Mascio che riassume una lecture a Harvard della professoressa Xiong Lin:
«la quarantena fai-da-te creerebbe un bacino stabile di infettati: in media se siamo infettati, durante questo periodo, tendiamo a infettare un po’ più di un individuo a testa (in media, R-naught =1,25 dal valore iniziale di 3,88) prima di eliminare il virus dal nostro corpo (lo stesso bacino stabile che caratterizza, per intenderci, infezioni endemiche come la malaria). Questo individuo sarà molto probabilmente qualcuno che vive sotto il nostro stesso tetto o che gravita comunque intorno alla nostra vita (in quanto, proprio durante la quarantena fai-da-te, passiamo più tempo con loro che con il resto del mondo […]).»
2) Tu parli di «teoria suggestiva di Burgio», ma forse confondi il concetto di «immunità di gregge» con la strategia che alcuni governi, come quello britannico, volevano basarci sopra. Burgio non propone quello (ascolta l’intervista), dice che l’immunità collettiva sarà l’esito di un processo lento, si costruirà progressivamente… e questo, anche se viene fatto notare di rado, è anche uno degli esiti ipotizzati da OMS, ISS e governo italiano! Come riassumeva Il Post il 14 marzo scorso:
«Per questi paesi, Italia compresa – ferma restando una necessaria duttilità rispetto alle evoluzioni dello scenario e alle variabili al momento ignote – l’obiettivo delle estese e severe quarantene ordinate è di rallentare la diffusione del contagio in modo da poter gestire (e idealmente guarire) con le proprie strutture sanitarie più malati possibili. Questo obiettivo “protettivo” mette a sua volta in conto che un risultato finale possa essere l’immunità di gregge, seppure in un tempo piuttosto lungo.»
3) tu descrivi in termini di «eccezione individuale» una pratica – correre o passeggiare, fare esercizio fisico all’aperto – che invece la stessa OMS consiglia a chiunque, cioè a tutte e tutti.
Quella del «se tutti facessero così ci sarebbero assembramenti» è una fallacia logica, gli assembramenti in queste settimane sono stati, come al solito, sui mezzi pubblici e nei luoghi di lavoro, quelli per strada tra chi fa jogging o cammina da solo non sono assembramenti, molte persone possono passeggiare e correre senza entrare a contatto diretto, e in ogni caso possono usare la mascherina. Non c’è un senso nel divieto di passeggiare, e infatti esiste solo da noi.
E se è assurdo in città, lo è ancora di più in provincia, in campagna, in montagna. Io sono della zona del Delta del Po, dalle mie parti c’è il record negativo di contagiati del Nord Italia, perché è un’area scarsamente popolata. Ci sono comuni dove c’è una densità demografica di 25 persone a chilometro quadro… Eppure anche lì vale il divieto di passeggiare e correre.
L’accanimento contro chi passeggia o corre non ha nulla, ma proprio nulla, di profilattico, di sanitario. È un accanimento morale, che ha le proprie fondamenta nel cattolicesimo della controriforma, quella base culturale e antropologica che ogni tanto nel nostro Paese torna a farsi sentire.
Come mai non ci si indigna per una fila che serpeggia per 200 metri di fronte a un supermercato dove poi non si rispetterà alcuna distanza di sicurezza? Perché lì vale il «dacci oggi il nostro pane quotidiano».
Come mai non ci si indigna per chi ancora deve andare a lavorare? Perché quello è dovere, è «il sudore della fronte».
Invece, come mai si trasforma in capro espiatorio chi fa un’attività non solo innocua ma salutare e consigliata da medici e persino dall’OMS per affrontare meglio il virus? Perché quello non è dovere e fa stare bene.
Moralismo cieco, giustificato con arrampicate di specchi e ragioni pseudosanitarie.
Oh yes.
Nulla di più condivisibile. Un fiorire di divieti fini a sè stessi la cui (non ) efficacia si esaurisce nello spazio dell’intimazione e che tuttavia ben attecchiscono nel terreno di una accettazione passiva e acritica che come un rituale magico allontana il malefico nemico. Per rimanere in tema botanico direi che siamo più nel campo della superstizione che della scienza.
La frase “solo chi esce può incrociare altre persone e quindi contrarre o diffondere l’infezione” non mi pare falsa, dà evidentemente per scontato che il contagio viene facilitato all’interno della famiglia. Solo che esprime un’ideale teorico (molte famiglie in ogni caso continuano a uscire o ad avere contatti con l’esterno per necessità, l’isolamento non può essere perfetto).
Trovo invece mistificante il modo in cui usi l’articolo di Di Mascio quando dici “il virus prospera negli spazi chiusi dove si sta a contatto diretto, e infatti cresce il consenso scientifico sul fatto che un grosso problema sia stato proprio chiudere le famiglie nelle loro case”.
Qui si sta discutendo se sia utile o meno porre restrizioni estreme alle uscite in spazi pubblici, all’aperto. L’articolo non si esprime su questo, ma, se capisco bene, sui meriti della quarantena in famiglia vs. la quarantena in lazzaretti comuni, credo nell’ottica di integrarle e non di mutua esclusione.
Il vivere in lazzaretto avrà poi i suoi pro e i suoi contro in termini di ricadute sul benessere delle persone. Una cosa che non mi è chiara (non ho letto lo studio) è se un obiettivo è proprio limitare il contagio tra famigliari o l’effetto inevitabile che dicevo all’inizio legato ai contatti esterni.
La frase è falsa di fatto, perché contiene quel «solo», e fuorviante nei possibili esiti, perché finalizzata a sostenere che la passeggiata o corsa solitaria sia più pericolosa dello starsene tutti a casa. Peccato che la maggiore pericolosità della passeggiata non trovi riscontri scientifici da nessuna parte, tant’è che medici più che accreditati e le stesse istituzioni sanitarie internazionali, anziché vietarla, la raccomandano.
Invece, si sta riscontrando eccome – questo il senso della citazione da Lin/Di Mascio – che lo «stare tutti a casa» non ferma il contagio ma crea una base stabile di infettati. Per citare Lin: «le incidenze non solo non resterebbero costanti ma raddoppierebbero in circa un paio di mesi sulla base di modelli matematici».
Questo era il punto: se sia più pericoloso per la salute passeggiare o starsene murati vivi. La scienza, su questo, non sembra aver dubbi: fa più male starsene murati vivi. Fa male a tutti i livelli e sotto ogni aspetto, da quello strettamente epidemiologico a quello psicologico, cardiologico e quant’altro.
Soltanto in Italia si è affermato l’assunto contrario, pseudoscientifico e tutto politico.
Ribadiamo: un conto è il distanziamento sociale, l’adottare precauzioni ecc. Tutt’altra faccenda è un fobico starsene murati vivi, eppure è quest’ultimo a essere propagandato e imposto alla popolazione.
Riguardo ai «lazzaretti»: la tua iperbole è fuori luogo, perché tra lo starsene murati vivi in casa e la relegazione in un lebbrosario ce ne sono di forme intermedie possibili e per le quali lottare. Pretendere che vengano attrezzati spazi adatti e non disumanizzanti dove i già contagiati possano trascorrere il periodo di screening avrebbe ben più senso e utilità che spaccare i maroni a chi fa jogging e scatenare i droni. Non stiamo parlando della terapia intensiva, ma di “normali” reparti ospedalieri attrezzati ad hoc, confortevoli e degni, creati in continuità con lotte decennali per la sanità pubblica e i diritti del paziente, magari requisendo la sanità privata e riaprendo gli ospedali chiusi in questi anni.
Sul punto 3):
“Quella del «se tutti facessero così ci sarebbero assembramenti» è una fallacia logica”
Perché? Vedo più fallacia nell’aut aut: se ci sono assembramenti sugli autobus, se ci sono situazioni di rischio contagio di cui si parla meno, se c’è una contraddizione nel racconto: allora deduco che andare al parco sulla scorta del buon senso dei singoli non può costituire pericolo. Non vedo il legame logico in realtà.
Per quanto riguarda l’OMS, raccomanda esercizio fisico, ma noto anch’io che non si pone in contrasto con eventuali norme che vietano in qualche modo l’attività all’aperto denunciandone una mancanza di senso.
L’ultima è una tua inferenza gratuita: l’OMS non parla assolutamente di norme che vietano l’attività all’aperto «denunciandone una mancanza di senso». Fa un riferimento molto più generico a «linee-guida locali». Ovviamente, possono darsi situazioni in cui lo svolgere attività fisiche all’aperto sia logisticamente impossibile o debba essere regolato in qualche modo, ma da nessuna parte si dice che tale attività «mancherebbe di senso». Tant’è che la raccomandano. Raccomandandola, implicitamente l’OMS dice che a mancare di senso è il divieto a prescindere.
Sul punto 3, anche qui hai fatto diverse aggiunte e preso alcune scorciatoie:
– «sulla scorta del buon senso dei singoli» lo hai detto tu: consentire di passeggiare non implica la rinuncia al dissuadere assembramenti e occasioni di contatto pericolose;
– «non può costituire pericolo» lo hai detto tu: andare al parco, come qualunque altra scelta e attività, può costituire pericolo – per citare Burgio: «noi non possiamo pretendere di non incontrare mai questo virus». Quando faccio le scale di casa potrei inciampare e ruzzolare giù, non per questo vieto di fare le scale. È una faccenda di probabilità: è meno probabile che io incontri il virus in grandi spazi aperti che in spazi chiusi condivisi con altri. È ancor meno probabile che lo incontri in quelle concentrazioni.
– la deduzione che passeggiare non faccia male non era fatta a partire dal fatto che ci sono assembramenti sui bus, ma a partire da pareri e indicazioni di scienziati e istituzioni sanitare.
E’ una fallacia perché noi siamo esseri in grado di interpretare l’ambiente in cui ci muoviamo e di cambiare traiettoria se necessario. Non siamo i pupoletti del pacman che hanno bisogno di qualcuno che li manovri col joystick.
Il governo ci sta trattando in modo umiliante. Non ci considera cittadini e nemmeno esseri senzienti, ma esclusivamente vettori di virus.
È da qualche giorno che penso che siamo tutte/i in preda a un bias cognitivo. Continuiamo a definirci «in quarantena», a rappresentarci pubblicamente come «in quarantena», i media non parlano che di «quarantena», i social straripano di diari «della quarantena» in cui chiunque racconta come passa il tempo, ecc.
Ma noi non siamo «in quarantena».
In quarantena ci sono (o ci dovrebbero giustamente essere) i positivi (sia ricoverati in cliniche che a casa), i sospetti positivi in misura precauzionale, gli appena guariti fino a quando non termina il periodo finestra (non so come si dice tecnicamente), chi proviene da zone a rischio o ha avuto contatti con persone positive, ecc.
Insomma, non entro nel dettaglio tecnico, ma in quarantena ci sono (o ci dovrebbero giustamente essere) una serie di soggetti facilmente rintracciabili in categorie ben precise sicuramente identificabili su criteri scientifici, epidemiologici e sanitari.
Ma tutte/i noialtri non siamo in quarantena, siamo in «distanziamento sociale». Che, per quanto sia una parola orribile, è un’altra cosa.
Infatti mi pare che le raccomandazioni mediche e scientifiche rivolte alla stragrande maggioranza delle persone (i non contagiati, non sospetti, non a rischio, non a contatto) non siano di stare chiusi in una stanza ma altre: evitare assembramenti, conservare la distanza di sicurezza, usare mascherine e guanti se necessario (ovvero se si deve per forza stare a distanza ravvicinata), ecc.
Non vi sono raccomandazioni a vivere murati vivi. Anzi, come fatto notare spessissimo, le stesse istituzioni mediche consigliano passeggiate, corse, biciclettate, uscite per prendere aria, ecc. ovviamente evitando assembramenti e rispettando la distanza.
Insomma, ogni misura ha efficacia per il suo specifico scopo e applicata ai suoi specifici destinatari: la quarantena per alcune categorie di persone, il distanziamento sociale (ovvero il mantenere la distanza di sicurezza) per altre.
È più o meno lo stesso discorso delle chiusure. Alcune sono efficaci e sacrosante perché volte a evitare assembramenti: chiudere fabbriche, call center, grandi luoghi di lavoro (evitando di conseguenza di affollare i mezzi pubblici); sospendere – purtroppo, lo dico a malincuore, ma è razionale – concerti, rappresentazioni teatrali, proiezioni cinematografiche, fiere, festival; fermare gli eventi sportivi in stadi affollati; chiudere le palestre; e probabilmente anche chiudere ristoranti, pub, locali, pizzerie.
Ma altre chiusure, non agendo su nessun assembramento, non hanno senso, e in primo luogo chiudersi in casa murati vivi (ma secondo me non ha senso neanche chiudere il negozietto di quartiere, che potrebbe far entrare uno alla volta facendo rispettare le distanze di sicurezza esattamente come fanno gli alimentari).
“Questo era il punto: se sia più pericoloso per la salute passeggiare o starsene murati vivi.”
Il mio punto però è, ribadisco per chiarezza, che questo *non* era il punto dell’articolo e probabilmente anche dello studio da te linkati. Il confronto non è tra la passeggiata e lo stare al chiuso.
Per il resto “lazzaretto” non lo intendevo come iperbole o con giudizio negativo, né come sinonimo di lebbrosario. Personalmente leggo come iperbole la tua espressione “murati vivi”.
Per dire ci faccio rientrare anche le soluzioni umane che auspichi, e che io stesso cercavo di immaginare. Ad esempio sarebbe un contesto favorevole per coltivare anche attività all’aperto senza nessuna preoccupazione, avendo gli spazi adatti. E attività più genericamente sociali.
Infatti nessuno ha mai sostenuto che quello fosse il punto dell’articolo: era il punto del commento a cui ho risposto. L’articolo era citato come fonte, e nello specifico come fonte di una delle mie contro-argomentazioni, vale a dire: è falso che si prenda il virus solo uscendo di casa, anzi. Lo si può prendere anche standosene tappati in casa insieme ad altri, e su questo ci sono pareri più che autorevoli. Al contrario, sulla maggiore pericolosità del fare jogging o passeggiare rispetto ad altre pratiche e attività e momenti della giornata non esistono riscontri né pareri autorevoli.
“Tant’è che la raccomandano. Raccomandandola, implicitamente l’OMS dice che a mancare di senso è il divieto a prescindere.”
C’è stato un fraintendimento, intendevo che l’OMS riconosce che localmente esistono norme di un certo tipo, ma non ne denuncia una mancanza di senso. L’inferenza non corretta è quindi tua, come mi confermi.
Sono d’accordo con Mushroom Rocker sull’estensione preoccupante dell’uso della parola quarantena, che mi accorgo di aver fatto anch’io più sopra senza pensare. In realtà posso confermare che l’effetto della situazione generale, almeno in me, ha generato uno stato mentale in cui si dà per scontato che tutti siano, di default, contagiabili e contagiati. Uno stato di paranoia.
«L’inferenza non corretta è quindi tua, come mi confermi.»
Io non te l’ho confermato. Da «c’è stato un fraintendimento» non deriva per forza che io abbia inferito male: c’è anche la possibilità che ti sia spiegato male tu. Ma smolliamo il colpo, su questo. Mi preoccupa di più quello che seguiva: tu stesso dici testualmente che sei in uno stato mentale di paranoia. Ecco, proprio lo stato mentale a cui vogliono indurci con ogni mezzo. Uno stato mentale nel quale si può arrivare a pensare che la colpa dell’attuale situazione sia di chi fa jogging. Cerchiamo di riguadagnare un certo distacco critico – che non è un crimine né un oltraggio ai morti, anzi! – e una certa capacità di ragionamento logico. Perché nella paranoia si vive veramente di merda, e si fanno vivere di merda gli altri, e spesso di paranoia si muore.
p.a. quando parlo di popoletti del pacman mi riferisco a questa porcheria di video prodotto dalla polizia di stato
https://video.repubblica.it/dossier/coronavirus-wuhan-2020/coronavirus-polizia-ecco-perche-bisogna-restare-a-casa-ed-evitare-anche-di-andare-a-correre-videoscheda/356642/357207?ref=RHPPTP-BH-I252160781-C12-P2-S5.4-T1
Sarei sicuramente più pavida di Pietro di fronte alle forze dell’ordine e comunque non voglio affrontare situazioni così spiacevoli di fronte a un bambino, ma ogni giorno porterò i miei figli a camminare in questo virtuale cerchio di raggio 200 metri che Zaia ci concede. Almeno si metteranno le scarpe, sentiranno che la stagione sta cambiando, si ricorderanno che c’è un mondo fuori da questo appartamento, altre persone oltre ai loro genitori, non perderanno la capacità appena conquistata di camminare per la strada. In giro però i bambini sono scomparsi. Vedo solo adulti che camminano mascherati. (Che poi, a proposito di responsabilità sociale, usare una mascherina ffp3 per camminare da soli quando negli ospedali i medici visitano con semplici mascherine chirurgiche riutilizzate non mi sembra segno di grande sacrificio per la Patria).
La mia sensazione parlando con altri genitori è che le persone siano in attesa che la situazione si risolva come per miracolo, quasi che la loro sia una penitenza, un fioretto. Ma se come più o meno tutti ci ripetono la “normalità” come ce la ricordiamo è ancora lontanissima, già da oggi, ogni giorno, dobbiamo riconquistare o reinventarci dei piccoli spazi di libertà, per noi (e per i nostri figli soprattutto, se ne abbiamo).
Il tema del «fioretto» compare nei commenti di tutti gli ultimi post, a distanza di giorni e da parte di persone che con tutta evidenza non si stanno citando a vicenda. Suona antiquato ma evidentemente, se emerge come riflessione da più parti, sta descrivendo almeno in parte la realtà sociale.
A ben pensarci ha a che fare con una speranza magica di dissolvere il senso di colpa che grava sui nostri comportamenti individuali. Un senso di colpa top-down che i media hanno messo *al posto* della critica del capitalismo.
Ci sono troppi rifiuti? Modificare la produzione (per esempio eliminando l’obsolescenza programmata) non si deve, il capitalismo ha le sue leggi ferree; devi essere tu, cittadino/a, a ridurre i rifiuti differenziando bene e… e poi cazzi tuoi, riducili o paga di più (riduci *e* paga di più, di solito).
Questo de facto il discorso dei comuni, della politica, dei media (La Repubblica in questo campionissima). Ebbene, di fronte a questo pensiero magico colpevolizzante, perché non dovrebbe emergere un pensiero magico apotropaico?
Ho riciclato questa bottiglia di PET, ora il mondo è salvato dall’inquinamento.
Ho patito una quarantena, ora il virus è sparito.
Comunque visto che il virus per vivere ha bisogno di un corpo umano vivo da infettare, la soluzione ottimale per debellare il virus è il suicidio di massa. Chiediamo che lo stato maggiore dell’esercito distribuisca pillole di cianuro a tutti i cittadini.
Il kit del suicidio, come ne I figli degli uomini. Lo apri e parte la cover di Ruby Tuesday fatta da Battiato.
Chi può dirsi sorpreso? https://roma.repubblica.it/cronaca/2020/03/23/news/fondi_omicidio-252070456/
Non è che l’inizio.
“Il padre era privo di vita e stringeva tra le mani la tessera sanitaria dello straniero”… Quindi, lo “straniero”, prima di ammazzare l’agricoltore di botte gli ha messo in mano la sua tessera sanitaria, ben strano però.
Dirsi sorpresi è difficile. E già me li figuro, purtroppo, i troppi loschi pronti a gettarsi a capofitto su questa vicenda mandando in vacca qualsiasi ragionamento che fuoriesca dalla cornice del “dàgli all’untore straniero”. Nel mentre, la situazione di chi è vittima di relazioni abusive e violenza di genere fa preoccupare a dir poco(https://thevision.com/coronavirus/quarantena-relazione-abusiva/) ma viene appena accennata dal mainstream.
I risvolti ormai stanno assumendo contorni che spaziano dal registro tragico ( come l’episodio cui ti riferisci ) a quello comico. In questo rientra l’ordinanza del Sindaco di Sassari che impone alle persone senza fissa dimora che non riescano a procurarsi un tetto di non sostare nelle aree pubbliche per più di due alla volta e comunque nel rispetto della distanza interpersonale di un metro. Sic!
La storia non è proprio come l’ha raccontata quell’articolo (ed è pazzesco che quando la situazione viene chiarita non venga aggiunta una smentita o un chiarimento agli articoli). Lo so perché l’avevo già letta, e cercando conferma che Fondi fosse effettivamente zona rossa (e non solo in lockdown), ho trovato articoli scritti in seguito, che chiariscono che l’assassino conosceva già la vittima, avendo lavorato come bracciante per lui, e che forse la discussione degenerata in pestaggio e omicidio riguardava lavoro non pagato:
https://roma.fanpage.it/omicidio-in-zona-rossa-a-fondi-un-uomo-e-stato-ucciso-a-bastonate/
Intanto l’oms:
«During this difficult time, it’s important to continue looking after your physical and mental health. This will not only help you in the long-term, it will also help you fight COVID-19 if you get it. […]
Fourth, exercise. WHO recommends 30 minutes of physical activity a say for adults, and one hour a day for children.
If your local or national guidelines allow it, go outside for a walk, a run or a ride, and keep a safe distance from others».
Fonte:
https://www.who.int/dg/speeches/detail/who-director-general-s-opening-remarks-at-the-media-briefing-on-covid-19—20-march-2020
Mi scuso in anticipo per le scurrilità e il tono confidenziale, massimo solidarieta a X=Mushroom rocker
Vorrei accollarmi l’ingrato compito di farvi un pistolotto moralista
Sul piano umano mi trovo assolutamente di empatizzare con X. nessuno avrebbe voluto e dovuto essere trattato come lui, tanto più che sul piano pratico la confusioneria di questi decreti asseconda sicuramente un laisser-faire dove al solito a pagare lo scotto sono sempre i più deboli “sempre in culo all’ortolano” come diceva mia nonna. C’è da aggiungere che sul piano del metodo il tutto è avvolto dal sospetto di ipocrisia con una mano si usano provvedimenti sicuramente illegittimi e probabilmente usa e getta dall’altra si ottiene bene o male sopratutto lo scopo di perseguire almeno teoricamente l’obiettivo sanitario di ridurre l’intensità di picco dell’epidemia, e tutto questo sorridendo al pubblico ipnotizzato davanti ai teleschermi e alla propria paura. Questo è stato già detto ma lo riassumo e sottoscrivo. Immagino dunque che X. si trovasse sul piano umano, pratico e legale assolutamente nel giusto e sono sicuro che alla lunga non ci saranno conseguenze ulteriori allo stress emotivo che già deve subire.
Tuttavia mi ritrovo comunque, a scapito di me stesso a pensare anche, ma perchè voler mettere il culo nelle ortiche? cioè se tutti ben sanno come dice con un eufemismo il poeta che “il cuore tenero non è una dote di cui sian colmi i carabinieri” perchè esporsi al rischio di controbattere ad un manipolo di soldati? per altro con tutta la signorilità e il buon gusto di cui sono sicuro X sia stato capace ma che non avrà fatto altro che imbestialire ulteriormente i nostri bravi. Si voleva convicerli della necessità di svolgere la loro professione con maggior buon senso? Gusto del martirio? Schizofrenia emotiva? Non è una provocazione la mia ma dubbio personale. Quante volte mi sono trovato in analoghe situazioni, sfuggito sempre per destino o Provvidenza, al gabbio (sic!) analizzando a posteriori la situazione mi sono dato io stesso dello stronzo. Accidenti bisogna essere prudenti! Sopratutto ora. Insomma la situazione era segnata inevitbilmente alla sconfitta o al martirio nobilissimo per carità, fate vobis. Perchè dico questo? Anzitutto non era un singolo agente dell’ordine costituito ma diversi e si sa che in gruppo sono sempre o frequentemente le teste calde a dettare la linea, anche ci fosse stato uno dei milites simpatizzante con il nostro avrebbe potuto disattendere all’identificazione con i commilitoni? l’ignavo avrà detto fra sè “sto qua si vuol proprio far’inculà! mannaggia a lui”, d’altra parte si vede come questi lavoratori (!) passano il loro tempo, ironizzando, segno sicuro che non credo loro stessi alla bontà del loro lavoro e non potendo accettare la cosa obbiettivamente, pena le dimissioni immediate, la proiettano, con una certa sagacia c’è da dire, sugli innocenti passanti. Bulli annoiati. Gira al largo e testa bassa. Almeno tatticamente è proprio un accecamento, capisco se si fossero stati dieci compagni, bellicosi e determinati allora si che si poteva piantare una grana ma essere così disperatamente fedeli alla causa nonostante tutto si può definire solo martirio appunto, onore al merito. D’altra parte la crescente complessità e incordinazione fra i differenti piani della nostra realtà disarmonica al massimo grado, permette forse di spiegare questo acciecamento quasi schizoide. Vabbè la butto lì. Ora concludo il mio intervento, ribadendo la mia solidarietà a chi sicuramente aveva ragione ma si sa la ragione è di due tipi dei cretini o dei forti, in attesa dei tempi migliori in cui sarà dei Giusti. Purtroppo io e la Fede…Mi raccomando Prudenza! E astuzia!
Lasciatelo dire, secondo me stai vedendo tutto l’episodio da un verso completamente sbagliato. Quel che ha fatto Pietro è utile a tutte e tutti noi, alle oltre cinquantamila persone che finora hanno letto questo post, e sarà utile a tutte quelle che ancora lo leggeranno.
Pietro ha fatto valere i propri diritti, ha dato filo da torcere a militari e carabinieri, ha argomentato, controbattuto, letto loro il decreto, e in buona sostanza li ha fatti parlare e parlare e parlare, fuori dai denti, li ha fatti esternare, facendogli dire il vero motivo per cui lo denunciavano. Lo ha fatto anche perchè sapeva, grazie al lavoro di smontaggio giuridico fatto qui e su Jacobin, che le denunce di questi giorni sono più fumo che arrosto, e quindi valeva la pena rischiare.
Non c’è nessuna «sconfitta» né «martirio» nell’essersi presi quella denuncia: è poco più di un’intimidazione. «E io non m’intimido!» (Totò in Guardie e ladri). Pietro non si è fatto intimidire, non solo perché era già abituato ad avere a che fare con le forze dell’ordine, ma anche per un altro motivo: è altamente probabile che queste migliaia e migliaia di denunce annunciate finiscano direttamente nel cimitero delle denunce. E se qualcuna arriverà davvero, verrà dibattuta in aula alle calende greche. E nel caso, si gestirà la cosa, facendone una battaglia pubblica. Chi se ne frega della denuncia in sé: è sulla logica di tutto quel che l’ha preceduta che l’azione di Pietro ha gettato luce.
E l’ha gettata, questa luce, perché Pietro ha raccontato tutto, pubblicamente. Dopo la “performance”, la testimonianza. E la sua testimonianza è diventata, a-ehm, «virale».
Finora sembrava che le messe in guardia – gli avvisi sui rischi dello «stato di eccezione» che si andava instaurando, la natura liberticida di quest’emergenza, la discrezionalità lasciata alle forze dell’ordine, la lesione di molte nostre libertà, ecc. – fossero discorsi astratti, disquisizioni para-accademiche… E questo nonostante ci fossero già testimonianze molto concrete al riguardo. C’erano testimonianze, ma nessuno aveva ancora raccontato in modo così chiaro, dettagliato e auto-evidente la “logica” con cui le forze dell’ordine stanno imponendo a cittadine e cittadini restrizioni già assurde di loro, incongrue, inutili ai fini dichiarati (anzi, strombazzati) e al tempo stesso terribilmente autoritarie.
Non stiamo parlando genericamente dei “soliti” atti di arbitrio compiuti da membri delle fdo, qui c’è un sovrappiù grande come un intero Paese, un surplus di arbitrio e un surplus di senso, dato dall’attuale situazione: nessun regime era mai riuscito a chiudere in casa, con surreale divieto di uscire, la maggior parte della popolazione di un intero paese. Nessuno aveva mai dichiarato un coprifuoco nazionale h24 per la durata di settimane e forse mesi, in un clima di paura generalizzata.
La testimonianza di Pietro mostra la verità di tutto questo: vieni denunciato – o dicono che ti denunceranno – per motivi che col contagio non c’entrano più nulla, per aver scelto un tragitto poco più lungo per rientrare a casa dal lavoro, per puro esercizio di potere. Denunce prive di base giuridica, che mirano solo a una deterrenza psicologica, a inculcare un comando: tu fai quel cazzo che ti abbiamo detto noi. Anche se non ha senso, se non sta scritto da nessuna parte, tu fai quel cazzo che ti abbiamo detto noi. L’epidemia diventa un mero pretesto per esercitare questo dominio.
Altro che «tenere la testa bassa»: Pietro ha fatto benissimo ad alzarla.
Martire era Gandhi che non mi sembra affatto un brutto esempio di pratica politica. E martire fu’ Socrate che pure come campione di forza e coerenza intellettuale ha molto da insegnare. Giusto per fare due esempi a caso. Dunque assolutamente non era un giudizio per sminuire. Anzi. Sul corpo martoriato risaltano più inquietanti ed evidenti che mai le contraddizioni del potere. Nobile bello e cinicamente spendibile anche propagandisticamente proprio perché tale. E va bene così. Ma maledizione se io farei volentieri a meno degli eroi. Per due motivi. Primo perché ci sono modi più sicuri e non meno infruttuosi o diversamente fruttuosi per mettere in luce il sadismo del potere che scatenarselo contro, infatti se è vero che questa immagine apocalittica e misticamente gnostica Bene contro Male ha un fascino irresistibile ciò costituisce proprio per il suo fascino anche un rischio, cioè quello di oscurare forme meno muscolari di contrapposizione. Secondo perché solitamente gli eroi fanno una triste fine, a pensar male può sembrare un po’ ignavia da pecoroni ma l’invito alla prudenza, di paternalistica derivazione, non vuole dissuadere nessuno dal compiere alcunché. Se siete nati Achille ben venga un destino glorioso e breve, ognuno si scelga la fine che preferisce tanto l’epilogo è noto (Il Gladiatore). Tuttavia siatene ben consci e sicuri che vi stia bene così perché non è la prima volta che qualcuno viene ammazzato di botte per una risposta ardita, e forse poco “pesata”, ad un gruppo di fanatici incattiviti. E nessuno è un isola quindi il grido “vai piano!” detto da una voce materna angosciata non è uguale al “vai troppo veloce!” del poliziotto della stradale, anche se i due ruoli spesso convergono si scambiano e fondono. Io dico solo e lo ripeto atto bello nobile politicamente umanamente giuridicamente meritorio ma! Indubbiamente poco umoristico, non fa ridere non mette alla berlina stile Totò appunto perché non capovolge nulla e assai pericoloso. La causa ve ne sarà grata ma chi vi ama un po’ meno. Non ai soldi non all’amore a che? a che?
Una precisazione: Gandhi, sulle cui idee qui sorvoliamo, è un martire solo attraverso un certo prisma che considera la sua morte una strategia, una vocazione o un prezzo necessario. Gandhi è stato ammazzato da un “nazionalista” hindu, se no tirava avanti facendo quello che riteneva giusto.
Io cerco di non incorrere nell’ ” inconveniente” capitato a Pietro, ma finora è stato più per culo che per prudenza o astuzia. Non so cosa avrei fatto al posto di Pietro e mi spaventa non poco la prospettiva. Pietro è stato bravissimo a tenere testa a questi ” bulli” fascisti. Io, probabilmente, non sarei stata così lucida e magari le cose sarebbero andate peggio perché questa prepotenza è inaccettabile dal punto di vista personale, prima ancora che politico. E non sempre sai come reagirai. A meno che tu non abbia subito un ottimo addestramento all’ obbedienza.
Concordo con Wu Ming 1 sul ragionamento generale, che condividerei anche se l’episodio fosse successo ad altre/i, e sull’importanza del racconto e della testimonianza.
Ma la cosa che voglio specificare, per onestà intellettuale, e anche perché io non sono né cretino né forte quindi della ragione non so che farmene (lo dico scherzosamente, fuori di polemica), che io tutto ciò non l’ho “cercato ad arte”, né l’ho voluto, e sarei stato molto più contento di tornarmene direttamente a casa. Io sono stato fermato, e questa cosa non la potevo evitare, dopodiché ho inizialmente risposto alle domande, con sicurezza ma con calma, senza provocarli per “creare un caso”. Come forse non si evince dal racconto, non so, la situazione ha avuto un’escalation graduale, per cui non avendo abbozzato subito, qualsiasi minima cosa io abbia inizialmente detto a fatto scivolare indipendentemente dalla mia volontà la palla di neve sul pendio fino a farla diventare sempre più grossa e rendendo impossibile arrestarla se non con l’esito che ho raccontato (denuncia). Dopo aver risposto in maniera serena e onesta alle loro domande, ma inutilmente, le uniche due alternative che avevo erano inginocchiarmi supplicandoli di lasciarmi andare chiedendo perdono e promettendo di non farlo mai più, o continuare a dire che non stavo facendo niente di irregolare. La prima ipotesi è fuori dalla realtà. La seconda ha portato lì dove vi ho raccontato, senza bisogno che io li provocassi o insultassi (altrimenti non sarei qui a raccontarlo, probabilmente, ma in ospedale).
Correggo: «ha fatto scivolare», con l’acca, scusate ma col lavoro che faccio non posso permettermelo =P
È esattamente questo il problema cognitivo. Anzitutto come immaginavo dal tono della testimonianza il racconto è più quello di una disavventura umana che di una performance poltico-ideologica o di una consapevole battaglia di principio costi quel che costi. Ciò non la rende meno preziosa e meno interessante leggerla per trarne le solite conclusioni. A tue spese purtroppo. Il fatto è che quelli sono Poliziotti! La tua semplice voglia di discorrere e discutere per loro è perdita di tempo e offesa (problema cognitivo). Anche perché mi mangio il cappello se sbaglio il boss lì non sarà stato l’individuo posato che si preoccupa del delicato equilibrio di Legge e Libertà. Lascio alla vostra immaginazione abbozzare il ritratto del soggetto. Io da amico se fossi stato lì ti avrei dato una pedata negli stinchi e fatto segno di tacere. Poi niente di male vedrai che si risolve tutto in una bolla di sapone che qui ormai si tratta di decine di migliaia di casi di denunciati per le stessa cosa più assurda, cioè stavi passeggiando!! Can che abbaia non morde ma se vai a chiedergli di non abbaiare forse si. (Sorry battutaccia pessima lo so) se ti può consolare io comunque sono stato denunciato per aver fatto un bagno nudo in un fiume vicino ad un centro (dis)abitato, quindi anche io un po’ poeta un po’ eroe un po’ cojone. Ovviamente pure io volevo convincere del fatto che non ero un pericoloso criminale i 4 poliziotti che erano stati allertati arrivati dal paese più vicino a 40 km. tanto più che il posto era davvero semi isolato e non sembrava esserci nessuno attorno, ma la vecchia alla finestra la trovi pure in mezzo al sahara mi sa.
Bon, si è capito come la pensi: invece di far valere i propri diritti, trarre il meglio da un brutto incontro e raccontare la propria esperienza, doveva stare zitto, muto e remissivo. Lui – comunque né eroe né poeta, tantomeno cojone – non è stato zitto né in quel momento né dopo, e noi gliene siamo riconoscenti. Tu avresti agito in un altro modo, perché son passati i tempi di quand’eri eroe e poeta. Direi che, appurata la divergenza di vedute e sensibilità, possiamo chiuderla qui, su.
Ahahah. Poeta magari, invece eroe, martire e cojone, tantomeno muscolare, sono proprio quanto di più lontano dal mio orizzonte politico di riferimento.
Fossi stato zitto implorando pietà non so proprio cosa ne avrei ricavato.
La mia non è stata una performance, ma non è stata neanche una disavventura umana (non m’è cascato il gelato per terra appena uscito dalla gelateria), ma di sicuro provare a far valere i propri diritti (e non discorrere con loro dei massimi sistemi, come lasci intendere) ha molto di politico. Tra lo stare zitto e remissivo, e provocarli di proposito, ci sono delle vie intermedie, come appunto non lasciare che la propria libertà venga calpestata. Cosa che non fa di me né un eroe, né un martire, né un poeta, né un cojone.
Io oso definire questa reazione Resistenza. Non ci sono armi nelle braccia del resistente, solo la forza della ragione e del Diritto che a poco sembrano valere dinanzi alla manifestazione dell’abuso perpetrato, ma che in realtà sono di ispirazione a non lasciarci sopraffare dall’esercizio dispotico di poteri di cui si fatica a cogliere la legittimazione. Vorrei sottolineare come ricorra nella narrazione mainstream delle condotte vietate il termine *assembramento* che rimanda ad un gergo poliziesco e militaresco. Più corretto sarebbe stato insistere, per i proclamati fini, sul concetto di contatto ravvicinato tra persone che avrebbe evocato una motivazione scientifica . Assembramento invece…In una accezione di rivolta. Il sostantivo si associa all’immagine della ribellione, della manifestazione comune del pensiero in forma caotica. Nell caso di specie nessuna orgia sediziosa: un uomo solo nel buio che si è difeso con lucidità come chiunque di noi dovrebbe fare in analoghe condizioni.
Io temo, purtroppo, che la foga di Bomba sia l’ effetto di un problema di ” concorrenza ” interna e cioè di voler dimostrare che c’è qualcuno che è “sempre più di te”. E che avrebbe saputo cosa era giusto o meglio fare. Se tu non fossi stato politicizzato, e non avessi posseduto gli strumenti che hai, il problema non si sarebbe posto. È anche per questo, secondo me, che la tua risposta non può essere letta solo politicamente. Anche una persona meno consapevole di te avrebbe potuto trovare insopportabile l’arroganza delle forze dell’ ordine che non è comunque giustificata dal contesto, mai. Anche qualcuno con meno strumenti avrebbe potuto percepire l’ atteggiamento dei militari come un sopruso a prescindere ed un abuso di potere. La tua consapevolezza ti ha però aiutato a gestire in maniera più lucida la situazione, ma volere fare ricadere su di te l’ accusa di un incattivimento della risposta delle forze dell’ordine è pretestuoso. Come chi dice ” colpa dei centri sociali!” Sono sempre loro!… mi è venuto in mente Daniel Blake. Che tutto voleva fuorché essere un eroe. Voleva solo essere rispettato e riconosciuto. Blake era isolato in una solitudine esistenziale che lo ha portato in fretta alla morte. Noi non lo siamo e possiamo contare reciprocamente sul fatto di sostenerci a vicenda per creare un argine di resistenza. Io conto sul fatto che in molti dentro di sé, soprattutto chi non è politicizzato, sentano di essere sottoposti ad un abuso di potere e che il tempo li conduca a visualizzare chiaramente il panorama.
Sì, come giustamente dici il «fare ricadere su di te l’accusa di un incattivimento della risposta delle forze dell’ordine è pretestuoso». È come quando alle donne vittime di violenza si dice che se la sono andata a cercare (per una gonna troppo corta, per essere andate in giro da sole di notte, per aver voluto bere un bicchiere). Insomma, la morale è che bisogna «saper stare al proprio posto» (posto assegnatoci da qualcun altro, ovviamente) senza alzare la testa.
Linko un’intervista fatta a Vittore Bocchetta, che oltre a essere incidentalmente mio prozio, è stato anche, in parte, quello che c’è scritto nell’intervista.
https://www.larena.it/home/cultura/cultura-veronese/bocchetta-99-anni-tutti-in-direzioneostinata-e-contraria-1.6087769
In particolare trovo interessante il parallelismo fra l’episodio capitato a Mushroom e questo citato nell’intervista (e anche nel suo libro “Prima e dopo” con altre parole e la stessa sostanza):
«Ero al bar Cavour di piazza Bra, in un pomeriggio piovoso. Avevo 20 anni e non avevo un soldo in tasca. Ero entrato per ripararmi dalla pioggia. Arrivarono due banditi con la M sulla giacca gridando di alzarsi in piedi per il bollettino. Risposi che ci si alzava solo per il primo della giornata. Rimediai uno schiaffo e col pugnale mi bucarono il cappotto». È il suo primo arresto con condanna a sei mesi di vigilanza. «Ecco il fascismo!».
Il bollettino di cui si parla è quello di guerra che veniva trasmesso via radio alle 13 e in replica alle 20. Chi si trovasse in luogo pubblico aveva l’obbligo di alzarsi al bollettino delle 13, mentre per la replica serale non era presente quest’obbligo. All’ordine dei due squadristi (ubriachi) di alzarsi durante la replica per “rispetto verso i nostri fratelli impegnati al fronte per bla bla bla” Vittore si alzò facendo però notare la suddetta incongruenza fra l’ordine impartito e l’effettiva regola.
Ora lo chiamo e gli dico che ha sbagliato tutto, che non avrebbe dovuto. In fondo erano solo dei poveri fascistelli, non c’era bisogno di opporre Resistenza…
Che subdolo questo eterno ritorno del “se l’è cercata”, sentito troppe volte sempre riferito a chi non ha fatto niente, a chi le ha prese, ha chi è stat@ torturat@, a chi è stat@ stuprat@, a chi è stat@ ammazzat@.
Ho incontrato,mio malgrado,un’affermazione di Salvatore Vella (il pm di Agrigento in prima linea al “traffico di migranti, giusto per contestualizzare) :
“We are studying the possibility of applying a regulation passed in 1934 to combat the spread of cholera, which includes arrest for anyone who doesn’t take measures to stop the spread of an infective disease”.
Sapete dire se sono deliri esclusivamente suoi, o c’è qualcun altr@ che ha avuto questa brillante intuizione? Perché sta roba la pubblicano nel Guardian poi..
https://www.theguardian.com/world/2020/mar/18/italy-charges-more-than-40000-people-violating-lockdown-coronavirus
La circolare del ministero degli interni di domenica 8 marzo è sulla stessa linea, perché prospetta la configurabilità del reato di epidemia colposa (combinato disposto degli artt. 452 e 438 c.p.): Luca criticava la configurabilità di questo reato nel suo articolo per Jacobin Italia.
Ho appena finito di leggere la bellissima intervista a WB su Global Project e il difficilissimo articolo da voi segnalato di Gianpaolo Ornaghi… premesso che non ho strumenti intellettuali adeguati a scomporre ed analizzare i vari complessi frammenti del ragionamento di Ornaghi, trovo che nell’ insieme la sua analisi non mi convinca, la trovo permeata di argomenti che fanno leva sul ” senso di colpa” più che sul senso di responsabilità. E che l’ apertura al dialogo sia possibile solo quando la dialettica si sviluppa contemporaneamente sul piano della razionalità e dell’empatia. Le critiche relative alla leggerezza con cui è stato affrontato il tema della paura, creato ad arte dal clima emergenziale, non tengono conto del fatto che la posizione espressa da chi aveva/ ha paura è spesso una reazione irrazionale di chi sostituisce l’ istinto di sopravvivenza al pensiero razionale e che il tentativo di un ragionamento si rivela un po’” chiudere la stalla quando i buoi sono già scappati “… mi sembra proprio che la mancanza totale di empatia stia dalla parte di chi non accetta alcuna forma di confronto.
La comprensione della paura altrui non può essere la sottomissione incondizionata alla sua paura.
Si capovolgono i termini del ragionamento quando si sottolinea che l’ utilizzo della mascherina non serve solo ad evitare di essere contagiati ma ad evitare di contagiare e questo mi richiama alla memoria recentissimi episodi di contagio avvenuti in ospedale per mancanza di dispositivi di protezione. Inoltre penso a mia mamma che vive con mio fratello che è costretto ad andare al lavoro, la sua azienda produce imballaggi per l’ industria farmaceutica, loro “non possono” fermarsi. E mi sembra che il ragionamento di Ornaghi,in alcuni passaggi, sia davvero astratto.
Ingenuamente continuo a chiedermi come una persona che continua a lavorare non rischi quotidianamente di infettarsi e infettare i famigliari una volta tornata a casa.
Il mio pensiero va anche alle persone depresse, con problemi relazionali o che vivono sole e all’improvviso il loro grido d’allarme non possa essere ascoltato.
Mi ha chiamato un amico ieri disoccupato che non riesce più a dormire, confessandomi di sentirsi in una fase un pò pericolosa.
Nessuno può venire a trovarti? Ovviamente no.
In più penso anche allo stress post traumatico di cui soffriranno molti medici e infemieri finita l’epidemia.
Credo che in questo momento, tranne qui piccola isola dove trovare ristoro, manchi totalmente il “progetto per risolvere” e anche un qualsivoglia ragionamento su che tipo di mondo troveremo alla fine.
Solo una precisazione: il pezzo di Ornaghi si è “segnalato da solo” :-) Qui è arrivato un pingback, cioè una notifica automatica che Giap riceve quando è linkato da un altro blog. Non da qualunque altro blog: solo da quelli che attivano questa funzione.
Perfetto, grazie. Non mi era chiaro infatti.
E intanto da qualche parte, in una galassia non troppo lontana:
https://www.repubblica.it/cronaca/2020/03/23/news/coronavirus_il_comandante_alfa_attacca_il_governo_e_nella_destra_c_e_chi_evoca_il_golpe-252064958/?ref=RHPPTP-BH-I252002087-C12-P9-S4.4-T1
Brividi, e non di febbre.
Oggi finalmente sono riuscita ad entrare in un supermercato dopo circa 10 giorni in cui lasciavo perdere, vedendo le code infinite. La cassiera mi ha confermato che sono stati assediati per giorni, e del fatto che la gente una volta entrata non mantiene le distanze ma stressata si avventa e si accalca per uscire prima possibile. Molti, soprattutto anziani, acquistano solo un paio di cose alla volta e ammettono che lo fa solo per giustificare l’uscita se per caso la polizia li ferma per strada.
Ormai è passato che “è vietato uscire di casa, se non per acquisti o lavoro” molto più di “è importante stare a distanza di sicurezza” e quindi….strade e parchi vuoti, folla nei supermercati. Complimenti ai media, social, e autorità!
Appello ai cittadini per evitare il CONTAGIO
Se vedi un venditore ambulante per strada, non chiamare il numero indicato dal governo per segnalarlo. Vai a comprargli qualcosa. Se noti che non ha una mascherina, non rimproverarlo, vedi se puoi procurargliene una.
Non fare il poliziotto.
Se senti che il tuo vicino ha dei sintomi, non guardare fuori dalla finestra per vedere se lo becchi che esce a fare la spesa. Chiedigli se ha bisogno di qualcosa.
Non fare il poliziotto.
Se vedi gente per strada che cammina nel tuo quartiere, cerca di non sospettare il peggio, non chiamare il 112. Forse dovevano andare a lavorare. Non tutti hanno il privilegio di chiudersi in casa con il frigorifero pieno.
Non fare il poliziotto.
Se devi uscire a fare la spesa, non guardare male chi hai intorno per paura di infettarti. Salutale. Fate conversazione. Non sono tuoi nemici.
Non fare il poliziotto.
Se incontri qualcuno che vive per strada, non attraversare l’altro lato della strada per paura. Se puoi, esci di casa con del cibo, una mascherina in più, un po’ d’acqua in una tanica.
Non fare il poliziotto.
EVITIAMO LA DIFFUSIONE DEL POLIZIAVIRUS. È un virus che non andrà più via.
(Volantino diffuso in Spagna e che sta circolando tradotto)
Stamattina ho scoperto che chiuso il mercatino rionale sotto casa che mi evitava di andare agli Iper per ore con tutti i rischi connessi. In compenso ho incontrato due accertatori di Tper che, mi hanno detto, seppur a ranghi ridotti, vanno in giro a sanzionare chi sosta senza pagare. Perché quei geni del comune di Bologna ( quelli che in piena emergenza Coronavirus si sono inventati la card cultura causando code chilometriche di cittadini) non hanno sospeso i parcheggi a pagamento.
Ne ho stampata qualche copia e ne ho lasciate un po’ in giro stamattina. Piccolo gesto, però…
Grazie.
Il sindaco di Messina nella sua quotidiana conferenza, oltre a minacciare di vietare a chi sbarca a Messina con la nave (pare che ieri sera ci sia stato assembramento agli imbarcaderi) di superare il demanio e e di impedirgli di accedere al suolo pubblico della città, ha detto che si dispiace ma vuole restaurare una sorta di tessera del pane, e sta facendo fare una sorta dai banca dati così da impedire ai cittadini di andare al supermercato più di una volta a settimana.
Coronavirus: uno sguardo a decreti e ordinanze
Radio Onda Rossa intervista Luca Casarotti.
È presto per esprimersi ma quale sarebbero gli effetti del passaggio da una modalità sanzionatoria come quella attuale a una sanzione amministrativa di ben altro importo (fino a 2000 euro)?
https://www.huffingtonpost.it/entry/droni-militari-e-multe-le-regole-cambiano-ancora_it_5e78ea2ac5b6f5b7c548c091
Devastante. Ma quali altre misure si possono applicare per evitare il contagio?
Mi stavo interrogando in questi giorni sul fatto che si ok io vivo in un paesino dell’entroterra marchigiano in totale spopolamento e se faccio una passeggiata con il cane o una corsa da solo non incontro anima viva.
Ma se tutta l’Italia andasse fuori casa, come abbiamo fatto sempre, come limiti la possibilità di contrarre il Covid-19?
Non sto usando retorica, ma è una domanda seria a cui oggi non riesco a dare risposta.
Con questo non voglio difendere la scelta del Governo, ma penso che una sanzione amministrativa temporanea con un importo elevato, sia l’unica forma deterrente al momento perseguibile. Poi non essendoci dei precedenti con cui raffrontassi è difficile a priori dare un giudizio esaustivo su scelte politiche che riguardano la totalità del popolo italiano e non.
Scusa, Marco, ma «deterrente» di cosa? Da cosa dovremmo deterrere?
1) Come abbiamo già spiegato, gli stessi dati sulle denunce comunicati dal Viminale dicono che la percentuale di chi esce di casa «senza un buon motivo» è ridicola, irrisoria. E questo già il 18 marzo scorso, prima delle ulteriori chiusure e inasprimenti. Si stanno facendo annunci roboanti e introducendo misure liberticide e vessatorie (classiste, perché la sanzione pecuniaria è “regressiva”, colpisce di più i poveri) per distogliere l’attenzione su un falso problema.
2) passeggiare o correre o farsi un giro in bici, mantenendo ogni precauzione, sono attività che i medici e le istituzioni sanitarie stanno consigliando, non conto più la documentazione e le dichiarazioni che abbiamo linkato al riguardo: l’OMS, Garattini, Burgio, medici e scienziati vari… Il divieto di passeggiata non solo è tutto italiano, ma è tutto e solo politico, non ha nulla di sensato dal punto di vista sanitario.
Cerchiamo di ragionare e tenere ben ferme le premesse, per favore.
Sto ragionando o forse ragiono in modo sbagliato. Non sono abituato a stare cosi tanti giorni in casa e alle volte si perde la lucidità.
Io fino all’emanazione dell’ordinanza delle Regione Marche, uscivo e passeggiavo anche per 10km con il mio cane e facevo attività fisica. Adesso purtroppo sono impossibilitato da leggi sicuramente vessatorie con l’introduzione di sanzioni amministrative di dubbia utilità, che personalmente non condivido. Ma che posso fare da solo, se non rispettarle?
Posso andare tra le campagne marchigiane a fare una passeggiata in maniera eversiva.
Segnalo questo articolo di Jacobin scritto da Niccolò Barca:
“Sulle pagine dei grandi quotidiani, sulla televisione, attraverso le parole degli influencer (segno di una crisi di legittimità della classe politica); ovunque ci si appella apertamente o tra le righe ad un senso di solidarietà nazionale per una crisi che non fa distinguo di classe o del colore della pelle. Rafforzano quella supposta equivalenza tra governanti e governati attraverso la quale l’oligarchia si dichiara democrazia. «Siamo tutti sulla stessa barca». Sbandierano un ritorno alla normalità, e quindi ad un’Italia con più di 5 milioni di persone in povertà assoluta, in cui muoiono 3 persone al giorno sul posto di lavoro, in cui una casa su 4 è sfitta mentre per strada si moltiplicano i senza-tetto. Vogliono convincere che la paura di rimanere senza cibo o senza tetto – la miseria di un’esistenza passata all’insegna dell’incertezza – siano sintomi di un’emergenza e non l’emergenza stessa.
E mentre ovunque piccoli e grandi gesti, volontarismo, contatti e flashmob ricordano il valore di un tessuto sociale sotto attacco da 30 anni di privatizzazione del publico, Confindustria litiga per evitare di fare il minimo indispensabile per garantire la sicurezza dei propri lavoratori. Amazon e Whole Foods chiedono ai propri dipendenti «sani» di donare il proprio congedo di malattia a quelli contagiati. Compagnie piene di liquidità licenziano i propri dipendenti perché questo è il momento di battere la concorrenza che soffre. Nei cieli volano solo i jet privati dei megaricchi. Maria Elena Boschi invita non si sa chi ad andare a riparare le buche di Roma: «Tanto stiamo tutti a casa».
La stessa sovrastante logica del profitto che detta questi comportamenti è alla base dell’incapacità di gestione della pandemia, i cui morti ci sono venduti come un fenomeno naturale e che invece sono conseguenza di decisioni politiche. La ricerca di un vaccino per il Sars-CoV-2 sarebbe ad uno stadio ben più avanzato se non avessero bloccato i fondi per lo studio della Sars nel momento in cui non aveva più un mercato. La cura dei malati sarebbe meno caotica se in Italia non avessero tagliato il numero di letti dai 9,22 ogni 1000 abitanti del 1980 ai 2,5 di oggi.”
https://jacobinitalia.it/non-ce-solidarieta-senza-conflitto/
Vi segnalo inoltre la testimonianza diretta del sindaco di Montecassiano nelle Marche, che ha contratto il Covid-19. Lo conosco personalmente e non è una persona che si lascia prendere la mano scrivendo in tono sensazionalistico.
La ex moglie del Sindaco, Chiara mia amica, mi scritto dicendo che anche se lui non aveva patologie pregresse, è stato in rianimazione per 6 giorni e non sapeva se ce l’avrebbe fatta. Ancora oggi non sa quali saranno le conseguenze di questa infezione a livello polmonare:
https://www.cronachemaceratesi.it/2020/03/23/struggente-messaggio-del-sindaco-catena-qui-ho-visto-linferno-in-terra/1379590/
Inoltre ho amici infermieri che mi stanno dicendo che la situazione è drammatica e una parte notevole di chi è esce dalla terapia sub-intensiva o intensiva, ha dei danni semi permanenti ai polmoni. Per intenderci sembrano dalle TAC che abbino fumato per 20 anni…
Un altro fatto da non trascurare e che se ne parla poco è “l’effetto di ritorno”, ovvero non si sa neanche se quelli che sono contagiati o sono stati dismessi possano in futuro riammalarsi nuovamente.
Condivo l’articolo di Pietro e sottoscrivo in pieno, però da quello che mi dicono amici infermieri e dottori, non c’è nessuna alternativa al momento, se non quella di rimanere a casa. Lo dico da camminatore e da amante del trekking e della montagna, per me è uno sforzo enorme, ma se si tratta di aiutare la collettività è una misura a cui cerco di attenermi il più possibile. Anche se non nego che i primi giorni sono stati veramente difficili, ma ascoltando le testimonianze al telefono di amici in corsia mi hanno confermato che non avevano visto mai niente di simile.
Il Governo ha preso decisioni senza precedenti con ovviamente dei difetti giudici a livello penale e misure altamente discutibili a livello del comparto lavoro (sopratutto nel settore della logistica e della vendita online fa emergere le crepe del liberismo più sfrenato a cui l’Italia e molti altri paesi nel mondo si sono inchinati), presumendo e sperando vivamente che siano temporanei.
Secondo me non è tanto il problema del poter fare o meno jogging o una camminata, che per carità se si protrae per un altro mese diviene sicuramente un problema sociale enorme, ma sono esclusivamente le scelte politiche dei Governi che si sono succeduti negli ultimi 30 anni. Le colpe sono da attribuire alla privatizzazione selvaggia e la riduzione degli investimenti pubblici nei settori della Sanità, Ricerca e Università. La logica alla base è stata quella del profitto capitalista applicata allo salute e alla aspettativa di vita più alta dei cittadini, non vista tanto come cura e assistenza, ma solo come mero guadagno e un profitto altissimo un arco temporale enorme. Solo per quanto riguarda l’Italia il business intorno alla sanità privata tra cliniche private, RSA, case di cura ecc.. riguarda il 50% della popolazione italiana.
Però, Marco, la «testimonianza degli amici in corsia» o dell’amico che se l’è vista brutta ormai aggiunge poco, in che stato siano gli ospedali lo sappiamo, cosa possa fare il covid-19 lo sappiamo ecc. Il problema, e lo diciamo da tempo, è proprio che c’è troppa «testimonianza» – spessissimo in seconda, terza o quarta persona, e a ogni passaggio viene messo un carico d’ansia – e poca analisi.
Non solo questo della «testimonianza degli amici in corsia» è praticamente già un sotto-genere lettarario, ma proporlo dove si sta parlando di gravi abusi e di accanimenti contro capri espiatori riproduce la fallacia logica già criticata qui su Giap tante volte, quella ben esemplificata da frasi alla Bonaccini tipo: «Se qualcuno mi dice che non vuole rinunciare alla sua corsetta, lo porto a vedere i reparti di terapia intensiva». In questo modo si collegano due cose che non c’entrano, si demonizzano attività che solo in Italia sono vietate tout court e anzi l’OMS raccomanda, e si scatena l’opinione pubblica contro inesistenti «nemici del popolo» che, per il fatto di passeggiare, starebbero portando la sanità al collasso.
Bisogna essere lucidi e non assecondare quella che in storiografia – ma vale anche per la cronaca – è chiamata «dittatura del testimone», perché su quest’ultima prospera ogni sorta di narrazione tossica.
Assolutamente però anche le testimonianze dirette alle volte danno anche la misura di quello che è realmente il nocciolo dl problema, anche se il 90% delle volte giustamente non è assolutamente così.
Sicuramente sia sugli articoli che sulle narrazioni “tra amici” c’è un’enorme carico di ansia e di enfasi, ma per questo non credo che debba essere sottostimata o minimizzata., vista la gravità della situazione in cui tutti ci troviamo. Penso che la testimonianza diretta di chi lavora in ospedale può essere uno spunto di riflessione su quelle che sono le carenze del nostro SSN, come ho espresso in altri commenti.
Forse mi sono espresso male. Ripeto che quello che sta avvenendo è un’arma politica che serve per demonizzare e additare come problema principale chi vuole uscire di casa per correre o fare semplicemente una passeggiata e questo è un grave problema alle libertà personali e ricadute sociali ed economiche spaventose (aumento di TSO, violenza domestica, divorzi e separazioni, problemi psicologici devastanti ecc..). C’è un però, a cui non riesco a darmi riposta.
Quale è secondo voi la soluzione peritare una pandemia?
No Roberto, non paragonarmi a Boccacini te prego. :)
Ha più valore il consiglio dell’oms (fortificare il sistema immunitario facendo 30 minuti di sport al giorno e all’aria aperta), oppure la testimonianza dell’amico in corsia?
Vietare di passeggiare mi sembra inaccettabile, anche perché, tra l’altro, è ormai assodato che ci si contagia negli spazi chiusi.
Il mio compagno lavora in ospedale ma questo non lo rende un testimone ” attendibile ” della situazions anche se, per fortuna, è in grado di filtrare criticamente ciò che vive senza lasciarsi travolgere nella pozza isterica di liquame in cui si trova, soprattutto, la sua categoria. In questi giorni incontro molti lavoratori della sanità pubblica, fuori turno, visto che abitiamo vicino al Sant’ Orsola. Molti si sentono stanchi, frustrati ed usati. Spremuti come limoni, per il carico di lavoro eccezionale a cui devono far fronte. L’ ” azienda ” organizza riunioni o briefing, tipo confronti diretti all’ americana, per compattare il personale, per renderlo ancora più partecipe e ” responsabile ” in prima persona. Tutta questa ipocrita preoccupazione per il livello di stress degli operatori e tutta questa enorme isterica preoccupazione per i pazienti, guarda caso, però non si traduce nella possibilità di fare tamponi al personale sanitario… quale è la logica? Quale è la coerenza nel chiederti di sacrificarti stando chiuso a casa per il bene della Patria?
Non siamo preparati psicologicamente a mettere in discussione per il tempo che ci viene richiesto quelle che riteniamo per noi abitudini primarie ed esigenze quotidiane, a mettere il bene comune a lungo termine al di sopra del nostro benessere contingente, è questa la dura realtà dietro le quinte di molte posizioni sentite a riguardo in questi giorni. Non è facile ammettere a se stessi che quello che definiamo diritto, privato dell’autoindulgenza con cui lo guardiamo, è l’esercizio di un privilegio.
I possessori di cani, i runners, quelli che hanno lo studio a due passi da casa, quelli che vanno a fare la spesa 4 volte al giorno hanno tutti in comune l’uso strumentale di una norma che li privilegia rispetto a chi non ha un cane, non corre, lavora a 70km da casa e non ha tempo di fare due ore di coda davanti al supermercato ma gli tocca pur se è genitore single che lascia i figli a casa da soli sperando che sia per il minor tempo possibile e augurandosi che non succeda loro niente, chi al lavoro ci deve andare non per scelta e ciò comporta vivere separato in casa, quelli a cui non piace correre ma avevano la piscina come valvola di sfogo e ora sta chiusa, chi ha un gatto che si finge morto se solo viene sfiorato dall’idea del guinzaglio.
Fa male pensarlo, ma è in questo senso che è bene mettere in controluce ogni “però io” cercando di chiarirsi con onestà se si tratta di un diritto per tutti (la legge è uguale per tutti no?) o dell’esercizio di un privilegio, per quanto apparentemente piccolo ed innocuo ci diciamo sia.
Mi spiace, ma questo commento serve solo ad alimentare un «tutti contro tutti», a disperdere l’attribuzione di responsabilità orizzontalmente, a introdurre differenze tra le persone che subiscono le restrizioni, ad additare presunti «privilegiati», ergo «furbetti».
Tutto questo partendo da un assioma – una premessa non argomentata, data per auto-evidente quando invece non lo è per nulla – su quale sia la «dura realtà»: «mettere in discussione per il tempo che ci viene richiesto quelle che riteniamo per noi abitudini primarie ed esigenze quotidiane, a mettere il bene comune a lungo termine al di sopra del nostro benessere contingente».
Con una premessa così, si assume e accetta acriticamente ogni aspetto della gestione dell’emergenza, si assume la sensatezza di ogni ordinanza e provvedimento, si presenta la realtà come un dato unico e aconflittuale. Invece, su quale sia «il tempo che ci viene richiesto» ci sono diverse interpretazioni e si stanno combattendo dure battaglie dentro l’establishment; e «il bene comune» include molto, molto di più del non ammalarsi di covid-19, soprattutto se si parla di bene comune «a lungo termine», cioè delle conseguenze sociali, economiche, politiche, culturali che questa gestione dell’emergenza potrebbe lasciarci in eredità.
La tenuta psicofisica di milioni di persone, la disgregazione del legame sociale sotto i colpi della paranoia e della delazione, il fatto che le famiglie stiano scoppiando, che siano partiti omicidi e suicidi legati alla quarantena, liquidare tutto ciò come «privilegio», definirlo sbrigativamente «benessere contingente» è un atteggiamento pieno di disprezzo. Non c’è nulla di solo «contingente», questa situazione avrà ripercussioni sul lungo periodo e costruirà una nuova «normalità».
Posto che il termine “necessità” nel decreto non è universalmente definibile.
Per persone che convivono con la depressione della solitudine per esempio stare in casa è un enorme rischio che un decreto non è in grado di tenere in conto, e non è nemmeno minimamente l’unico caso, per questo dovremmo tutti fare un grande sforzo di analisi di ciò a cui possiamo rinunciare e provare a farlo meglio che possiamo, distinguendo le necessità irrinunciabili da quelle sacrificabili anche laddove la giurisdizione ci lascia spazio d’azione, guidati dal pensiero che sarebbe giusto farlo per il bene comune come ci dicono le autorità sanitarie anche se non ci fosse una legge che ci minaccia di sanzioni.
Ogni “però io” su larga scala è un numero enorme, così come ogni rinuncia.
Siamo di nuovo nella pseudo-etica del «fioretto» apotropaico: più soffriamo, prima il virus se ne va. Con la scusa di combattere l’individualismo, si riduce tutto ai comportamenti individuali, e le questioni sociali a somme di comportamenti individuali.
Con la motivazione di «salvare la società» (e si veda anche Marx, Il 18 brumaio… a questo proposito) dall’individualismo si realizza una società di individui legati solo da rapporti tecnologici, mediati dal commercio, con come (s)collante emotivo la paura; insomma in nome di un malinteso «bene comune» (ma quando mai il «bene comune» non fu malinteso?) si realizza la profezia della Thatcher: «There is no such thing as society: there are individual men and women…»
No scusa, ora mi devi rispondere a una cosa. Io smetto di portare fuori il cane (e lei mi allaga il pavimento e ci deposita stronzi fetenti ogni santo giorno. Va detto perché pare che li portiamo fuori per ostentazione), che ormai è l’unico motivo per cui esco di casa. Ho fatto questo sacrificio, mi sono privata di una cosa non necessaria. E ora? Che cambia rispetto a prima?
La tua risposta la vorrei leggere comunque, ma intanto te lo dico io cosa cambia: un cazzo
Prima di tutto perché nessuno si accorge della differenza, a meno che io non faccia la diretta Facebook, ma non sono un sindaco italiano: la diretta non la faccio, se la facessi non la guarderebbe nessuno, e nessun giornale straniero la sottotitolerebbe in inglese per farne un pezzo di colore su quanto sono sympa questi italiani anche quando usano il pugno di ferro. Nessuno si accorge della differenza perché vivo in campagna, e quando piscio il cane l’unica persona che incontro è il cane dei vicini (che si piscia da sé). Mi sono privata di una cosa necessaria sia per me (sole, aria fresca, due passi, paesaggio), sia per il mio cane, sia per il mio pavimento (che l’acido urico dalle fughe non lo togli più e poi sto pure in affitto), e lo faccio per (scegliere uno o più):
– ridurre le probabilità di contagio (casomai il cane dei vicini fosse un asintomatico)
– rispetto per i sanitari che stanno facendo degli enormi sacrifici (che nulla sapranno del mio gesto e comunque preferirebbero DPI e turni di riposo)
– accontentare le sentinelle al balcone di tutta Italia (che è impossibile accontentare, pure perché non è che hanno un radar per capire chi sta uscendo per necessità e chi a ostentare la propria libertà, che poi per loro è la stessa cosa)
– rendere Conte/il mio sindaco fiero di me (che non verrà a saperlo e comunque non mi aveva chiesto di farlo)
– uniformarmi alle condizioni di privazione subite da altri, come chi vive in città e non può uscire senza essere circondato da virus, carabinieri e franchi tiratori dai balconi (però in cambio voglio l’alcol denaturato che avete saccheggiato dai supermercati più di un mese fa. Poi mi spiegate anche che ci fate con tutta quella amuchina pavimenti. Ve la metterete mica sulle mani?)
– ridurre in qualche modo la durata del periodo di isolamento perché rispetti la famosa scadenza del 3 aprile (questo potrei crederlo solo ricorrendo al pensiero magico), ché è chiaro che dobbiamo credere che si protrarrà perché siamo stati disubbidienti
Nella realtà, tutto quello che ottengo è:
– ogni mattina uno stronzo di cane sul pavimento del bagno (dalle proprietà organolettiche sempre diverse)
– zero impatto sull’epidemia, a meno che non possa prendermi il covid-19 dai piccioni sul cornicione (ma pure fosse, mica li lecco)
Vi prego, non cadiamo nel tranello del sillogismo creato dal Palazzo ed amplificato dai megafoni della pseudo informazione imperante. Il contagio si diffonde tramite contatti tra le persone, le persone passeggiano, chi passeggia veicola il virus. “Il sonno della ragione genera mostri”. Teniamolo a mente e coltiviamo spirito critico e capacità di analisi.
L’uso di esempi, ispirati dall’articolo, era a dimostrazione di quanto sia un sottoinsieme stesso delle categorie inserite esplicitamente o velatamente tra le righe della norma, a sfruttare la posizione di vantaggio. Fomentare odio di categoria è diverso dall’analisi della realtà. E ripeto, un sottoinsieme, non tutti, non più di altri, ma è incontestabile che abbiano una facoltà che ad altri è preclusa.
L’articolo ad un certo punto afferma, parafrasando: “è una sanzione che molto probabilmente non avrà conseguenze ed in ogni caso mi sarà facile contestarla”, non mi potrebbe trovare più d’accordo sul fatto che giusto e legale non siano sinonimi, l’autore però applica a sè l’assioma del giusto motivandolo con il perpetramento di una routine, come del resto potrebbe fare chiunque annullando di fatto il distanziamento sociale, allora aggiunge l’elemento della breve distanza, di fatto distinguendo sè da chi ne avesse una lunga da percorrere. Anche involontariamente ciascuno applica eccome categorie di sè e degli altri, non accettarlo è rifiutare la realtà.
Di nuovo ciò non toglie che la scelta dell’autore fosse, sia, ponderata e profondamente legittima, perché l’arbitrio resta la questione, lasciare a tutti, compreso Alex Delarge la facoltà di scegliere, di sviluppare o meno una motivazione intrinseca al giusto, qualunque cosa per lui significhi, sono d’accordo. Resta però il problema che ogni libero pensatore può scegliere di rappresentare un pericolo per centinaia di persone ogni giorno, in un momento di crisi sanitaria.
Se la questione non imponesse una seria riflessione invece che una difesa ad oltranza del libero arbitrio, saremmo già stati capaci di abolire le carceri, e con questo non intendo che l’autorità debba normare l’emergenza come se fossimo tutti criminali fino a prova contraria, nemmeno credere che senza leggi ce la caveremmo egregiamente però.
Mi sembra che i tuoi discorsi siano pieni di fallacie logiche che però per fortuna sono state già smontate da Wu Ming 1 e Wolf. Però una cosa voglio rispondertela.
Tu parli di «dovremmo tutti fare un grande sforzo di analisi di ciò a cui possiamo rinunciare» (Sull’insensatezza di rinunciare volontariamente a qualcosa che non è né vietato dalle norme né efficace da un punto di vista sanitario ti ha già risposto Wolf poco sopra analizzando l’etica del fioretto), e poi aggiungi: «l’autore però applica a sè l’assioma del giusto motivandolo con il perpetramento di una routine». E poi la butti sull’individuale usando me e il mio racconto come esempio.
Be’, ti assicuro che fare il giro dell’isolato dopo il lavoro non è una mia routine. Dopo il lavoro, di solito, o vado direttamente a casa, o vedo degli amici, o vado a fare una passeggiata in qualche posto più lontano e bello, o me ne vado al cinema, ecc. Insomma non giro come un matto intorno al palazzo. La mia routine è fatta di incontri, persone, affetti, socialità, e mi pare che io l’abbia modificata moltissimo rinunciando alla quasi totalità di tutto questo.
Tu non sai io che necessità abbia, che problemi viva, se abbia bisogno di attività motoria per motivi di salute fisica, se abbia bisogno di compagnia per motivi di salute psichica, se soffra di solitudine e/o depressione, se sia in estrema povertà e abbia bisogno a tutti i costi di lavorare, se sia a un passo dal buttarmi dalla finestra per la disperazione, ecc. E non voglio neanche buttarla sul personale parlando delle mie rinunce e dei miei bisogni, perché lo stesso discorso vale per tutte/i: tu non sai di cosa abbiano bisogno tutte le altre persone recluse in casa in questo assurdo regime e che magari stanno uscendo per fare due passi, una corsa, o portare i figli e le figlie a prendere aria.
L’unica cosa oggettiva che sappiamo è che tutte e tutti (o meglio, quasi tutte e tutti, perché sarebbe da analizzare le nette divisioni di classe tra chi può rinunciare a poco e chi deve rinunciare quasi tutto) stanno rinunciando praticamente a qualsiasi cosa riguardasse le loro vite. Quindi, semmai, il tuo discorso sarebbe da ribaltare, e cioè non “ciò a cui possiamo rinunciare” ma “ciò a cui stiamo già rinunciando e oltre il quale non possiamo andare (pena la nostra salute fisica, psichica, emotiva, sociale, politica, economica), specie se su base volontaristica e irrelata a qualsiasi efficacia sanitaria”.
Secondo te dovremmo rinunciare il libero arbitrio per delegare tutto a cosa? E se anche fosse, anche delegando alla norma o alle ragioni sanitarie, entrambe non vietano di uscire a fare due passi.
Buttarla sull’individuale è conseguenza del fatto che l’articolo è incentrato su quello.
Tutti hanno una situazione in questo periodo, l’urgenza però ora sono i grandi numeri, non singoli casi come il mio, il suo, quello dei miei e suoi conoscenti.
Il disagio psicologico oggi come un mese fa e fra un mese, si può e deve affrontare, e da psicologa le assicuro che ci si può lavorare e si può superare, a differenza di quello di una persona morta di infezione polmonare.
È questione di gravi, dolorose priorità in questo momento ed incolpare i decreti e le guardie, pur dato lo spregevole comportamento da lei segnalato, non è un buon primo passo per affrontarlo.
Wow… e da psicologa trovi coerente tenere aperte le fabbriche? No, perché qui continuiamo a parlare delle responsabilità individuali e manca poco che ci si chieda di usare il cilicio, ma quando invece si tratta di individuare ” altre” responsabilità allora diventa tutto un po’ più ” sfumato”. Gira in rete un video con Wanna Marchi che insulta violentemente chi esce di casa. Mica tacciandolo solo di irresponsabilità. Io lo trovo esilarante ed osceno al contempo. Però è metaforicamente rappresentativo della dinamica che si è psicologicamente instaurata da parte di chi, senza l’ abuso dettato dai toni pittoreschi di Wanna Marchi, dovrebbe subire il rimprovero dei sostenitori accaniti della responsabilità individuale. È una dinamica sado- masochista. Ma per fortuna, non siamo tutti masochisti. E soprattutto come già fatto notare da moltissimi altri, è necessario entrare nella logica del fioretto e del sacrificio per dimostrare di essere semplicemente responsabili? Mi sembra assolutamente strano che una psicologa possa alimentare questo tipo di ragionamento…
Si figuri se lo trovo coerente, vivo in provincia di Bergamo a 20km dalla prima zona rossa, ma di benaltrismo in questi giorni non ce ne si fa nulla più che al solito.
Ho osservato la situazione dal giorno 0 senza alcuna accettazione prona di quanto dichiarato e deciso, metabolizzando informazioni e facendo scelte ogni giorno, navigando a vista come tutti, come il governo stesso e tutta la gerarchia, ad alcune scelte ho trovato un senso ad altre per nulla e continuo a considerarli gravi errori.
Chiudere le scuole per esempio l’ho trovata una decisione sconvolgente ma ragionevole, per quanto la dica lunga su quanto una società consideri secondaria l’istruzione rispetto ad altre priorità: la creazione di profitto in primis, primaria perfino rispetto alla salute e alla sicurezza. Una piramide dei bisogni abbastanza agghiacciante, ma realistica. Gli studenti non generano profitto immediato e la loro aggregazione scolastica è una fonte di rischio annullabile, certamente non a costo zero ma. Ma, appunto.
Discutibilissima invece la chiusura degli esercizi commerciali e non delle fabbriche, creando evidente disparità e tra due settori e relativi comparti lavorativi, le chiusure serali, le domeniche, le deroghe, in un susseguirsi caotico di comunicazioni e cambiamenti immagino dovuto a contrattazioni con i rappresentanti dei settori e le parti sociali. La sacrificabilità del commercio sull’industria in nome della minor appetitosità aggregativa dei centri urbani e suburbani è ampiamente contestabile, oltre che molto pericolosa per un settore con un certo numero di piccole imprese individuali.
Per l’istituzione della prima zona rossa invece la comprensione è stata più complessa, le immagini dei posti di blocco 24/7 lungo i confini di quella zona mi è sembrato del tutto arbitrario oltre che estremo, i paesi di quella zona sono piccoli e diffusi, come si è scelto un confine? Come si giustifica la reclusione forzata di un paese e non di quello adiacente dove accade spessissimo di andare a far la spesa o mangiare una pizza? Nessuna risposta a riguardo, è stata una valutazione d’impulso, sulla base di pochi dati ed una pressione sociale nazionale ed internazionale fortissima. Quella zona ora sembra giovi di quell’intervento tempestivo, non abbiamo evidenze di cosa sarebbe successo altrimenti, abbiamo grafici di previsione disattesi. Come la valuto a posteriori? Fortunata per l’esito, ad un prezzo che non avrei voluto veder pagato in termini di diritti. La situazione è stata presentata come inevitabile ed applicata da un giorno all’altro.
Da quel giorno anch’io ho smesso di prendere il treno della linea che passa da quei paesi per andare al lavoro, a scopo precauzionale, scegliendo di avvalermi del privilegio di lavorare da casa che mi è stato concesso. Sì, considero la mia possibilità di autoisolamento un privilegio, perché so che poter scegliere è un privilegio di classe ma se in condizioni normali l’avrei disprezzato come ogni privilegio di classe, in questo caso avrebbe potuto significare mettere a minor rischio chi non ce l’aveva, chi non ce l’ha. Non toglie che ritengo necessario garantire a tutti il più possibile quel diritto a non ammalarsi, o ad aver facoltà di scegliere se accettare o meno il rischio di ammalarsi, sulla base di fondamenti etici, paura, necessità, non mi importa.
Però è questo il punto, non siamo isole e questo virus ce lo rinfaccia ogni giorno, a volte è un sollievo, altre è un peso, ognuno di noi non è solo responsabile per sè ma lo diventa anche consapevolmente o meno nei confronti di tutti coloro con cui entra in contatto, e le persone con cui possiamo entrare in contatto non sono prevedibili, come pure il diagramma che ne risulta, chi incontreranno a loro volta, a crescere. Chiedere educatamente di vivere una vita completamente diversa su base volontaria è stato in questa pagina più volte già giudicato con lo sprezzo riservato ai fioretti di cattolica memoria, sprezzo figlio di idee magari diverse ma dagli esiti simili a quello di chi settimane fa diceva “il virus non fermerà la mia vita, esco faccio cose, vedo gente” quindi imbracciando la bandiera del nessuno deve dirmi cosa fare, scegliamo di non tutelare chi vorrebbe poter correre meno rischi ma non può. In nome del nostro diritto limitiamo il suo. Abbiamo una moneta lose-lose. I decreti stanno da una parte, ma mi fa sorridere l’ottimismo di questa pagina riguardo al fatto che contestandoli, puntandoli col dito, dall’altro lato della moneta appaia la scritta win. L’attesa della magia divina evocata da qualcuno, mi pare stia più in chi addita la cattiva gestione dell’emergenza invece che in chi chiede di limitare al minimo la frequentazione fisica del mondo. I primi oltre che piena libertà individuale cosa ottengono contro il virus, i secondi delegano alla medicina la soluzione del problema, quella medicina che ci chiede di limitare il contagio in ogni modo possibile, quella medicina di cui la maggior parte di noi che stiamo qua a parlar di diritti violati, non sa niente.
Possiamo non vedere persone e aspettare l’output dell’elaboratore che ci dice se sta funzionando o meno, possiamo farlo anche senza condividerlo e senza crederci, non ci sono prove che funzionerà, ma abbiamo la prova empirica che laddove non lo facciamo persone si ammalano, si aggravano e muoiono. Qui a Bergamo non c’è persona che non abbia ben più di un conoscente in una delle tre condizioni, sarà per quello che al diritto alla passeggiata ci pensa meno, sarà una strategia difensiva naturale dal contagio, chissà. Capisco che le motivazioni intrinseche sono suscettibili di fattori ambientali potenti.
A contestare la delazione sono sempre d’accordo, a contestare l’autorità non vedo mai il problema, a giudicarne l’operato senza un’alternativa credibile si rischia di risultare più avventati e meno lungimiranti della stessa. Che già non sembra avere al momento tutta ‘sta lucidità.
«Abbiamo una moneta lose-lose. I decreti stanno da una parte, ma mi fa sorridere l’ottimismo di questa pagina riguardo al fatto che contestandoli, puntandoli col dito, dall’altro lato della moneta appaia la scritta win.»
Si continua testardamente a esercitare intelligenza e pensiero critico non per giocare a testa o croce, ma per non atrofizzarsi il cervello, per non arrendersi, per ragionare con altre e altri e farsi forza, e per cercare di avercelo ancora dopo, il cervello, per poterlo usare quando l’emergenza avrà lasciato macerie ovunque, lo spazio pubblico sarà irregimentato oltre ogni immaginazione e le nuove forme di controllo ci misureranno il variare del diametro di ogni orifizio minuto per minuto.
Per favore, la si smetta di brandire le locuzioni «io sto a Bergamo» e «qui a Bergamo» come argomento definitivo per silenziare o cercare di ridicolizzare chi vive altrove e cerca di ragionare su questa situazione. Il «cosa volete saperne voi ché noi qui abbiamo morti ovunque» non aiuta a capire nulla. Nel contesto di una pandemia planetaria e di un’emergenza che investe ogni ambito, ogni settore, ogni territorio e in Italia tiene reclusi in casa milioni e milioni di persone, non può reggere la pretesa che valga un solo angolo di visuale, un solo osservatorio reso più autorevole in virtù di un dolore più acuto, in virtù di una maggiore visibilità della morte. Ci sono tante esperienze, tante forme di dolore, tante forme di vita e tanti atteggiamenti di fronte al rischio di morire. Inoltre, di sicuro la situazione a Bergamo non è scappata di mano per colpa di quello che, con riduzionismo dispregiativo, chiami «diritto alla passeggiata», presunto «privilegio» che stigmatizzi. Non tutte le volte che si dice «ben altro» si fa benaltrismo, e di certo non lo sta facendo chi ti rammenta che ben altre sono le cause del disastro sanitario, ben altri sono stati i privilegi. Come ti ho detto già nella mia prima risposta a un tuo commento, tu stai disperdendo l’attribuzione delle responsabilità in orizzontale, la mantieni qui in basso, colpevolizzi chi non lo merita.
Testimonianza di carattere episodico la mia, come quella dell’articolo, ma a me imputata. Va beh.
Comunque continuerò a leggere per capire un modo migliore di di quello orizzontale per attribuite le responsabilità di un contagio per contatto tra esseri umani. Dico davvero, sono stati finora espressi contenuti davvero interessanti anche se evintemente non ho ancora abbracciato la questione verticale.
Scusa, ma qual è il tuo intento o problema? Se vedi come dici i limiti delle misure intraprese, come puoi continuare a ribadire imperterrita che la responsabilità individuale ( di un numero peraltro esiguo di persone che non adottano comportamenti socialmente pericolosi) gioca un peso DETERMINANTE nella diffusione del contagio? Come puoi continuare a sostenere che il peso delle singole azioni individuali ( anche quando queste azioni non hanno alcun potenziale di pericolosità sugli altri) è più determinante di scelte politiche devastanti dal punto di vista dell’ effettivo contenimento, soprattutto nella fase iniziale di individuazione dei focolai, per esempio? Solo per citare un caso di responsabilità politica e di politica sanitaria. Come puoi ritenere l’ affermazione dei propri diritti in contrapposizione con gli accorgimenti per la diffusione del contagio??? Con quale tipo di logica? Qui qualcuno ha irresponsabilmente invitato a far finta di nulla? Qui si sono sostenute misure di distanziamento sociale contro misure di isolamento sociale. Sostieni tutto e il contrario di tutto per arrivare alla conclusione a cui ti eri, comunque, prefissa di arrivare e cioè puntare il dito, criminalizzare e colpevolizzare chi si rifiuta di aderire passivamente ai dogmi sanitari. Parlando proprio TU di ” benaltrismo “. Ma non è proprio questo il tuo problema? Quello che rovesci con tanta naturalezza sugli altri? Tu hai il privilegio di esercitare il tuo lavoro da casa e continuare a percepire lo stipendio… ti sembra poco? A me, sembra faccia una enorme differenza. Se vuoi facciamo cambio, così non solo sarai più invogliata a “sospendere il giudizio” ma magari ti sarà più facile empatizzare con chi non vive la tua situazione, visto che il mondo non si divide solo in sani e contagiati. Le uniche categorie di pensiero che hai utilizzato.
Le conseguenze di secondo, terzo livello di questa situazione hanno e avranno ripercussioni sulle vite di ciascuno, la tua è il lavoro e magari anche altre, come me e come tutti, la gravità è variabile ma ognuno vede quasi solo la sua e va ad imputare le cause a quella e quell’altra cosa. Ormai ho capito che l’imputazione abbastanza condivisa è quella vertivale, mentre la diffusione orizzontale di responsabilità è rifiutata, non mi spiego come si possa sostenere l’importanza della discrezionalità del singolo e poi rifiutare la spartizione della responsabilità ma continuo a leggere e ad aggiungere angolazioni alla prospettiva.
Resta onvece l’aleatorietà della questione critica, al di là dell’ammirevole esercizio di disobbedienza, visto che l’esito delle azioni dell’autorità ora hanno esposto un lato della coperta, il loro cambiamento esporrà altri nervi, ma il problema al momento è che siamo vulnerabili dal punto di vista biologico, sociale, economico e la coperta non era granché ampia e rassicurante nemmeno prima.
Finisco con due cit:
“(di un numero peraltro esiguo di persone che non adottano comportamenti socialmente pericolosi) gioca un peso DETERMINANTE nella diffusione del contagio”
dai, lo sappiamo entrambi che il numero è esiguo anche per via di quelle odiose misure di divieto e che la fiducia nel libero arbitrio non è un buon investimento, specialmente in tempo di crisi
Invece questa affermazione mi ha fatto capire un passaggio molto rilevante di varie posizioni lette, e mi piace molto “Qui si sono sostenute misure di distanziamento sociale contro misure di isolamento sociale.”
Quindi in pratica stai dicendo che non bisogna avere fiducia nel libero arbitrio delle persone, ma in quello dei militari. Cioè che i militari hanno una moralità superiore a quella delle persone. Perché è di questo che stiamo parlando, non di altro.
Inferenza discutibile che non scaturisce dalle mie parole, per quanto non abbia controllo sull’interpretazione che se ne dà. Mi sento responsabile di ciò che dico, non di ciò che viene inteso.
Le armi tra l’altro sono quanto di più lontano dal libero arbitrio e vicino allo spaventoso ideale dell’acritica obbedienza, quindi no, non l’ho detto. Come non sostengo minimamente l’acritica obbedienza.
Che poi il libero arbitrio sia unità di misura della moralità è un postulato anche più azzardato.
La potenza di volere degli individui non ha molto a che fare con la morale, è più il risultato della distinzione tra scelte intuitive ed affettive, e scelte basate sui processi cognitivo deliberativi di ciascuno. Nel migliore dei casi. Riporvi acritica fiducia non è granché ragionevole.
Quand’è il momento di smettere di esercitare il senso critico, specialmente verso il potere? Durante una crisi? un lutto? un’emergenza sanitaria mondiale? No, quel momento è mai. Altrimenti finisce che c’è sempre una crisi, che il libero arbitrio te lo levano perché lo usi male, e che mentre tu sei lì a sacrificare disinteressatamente i tuoi privilegi per la comunità (“la comunità” non esiste, la società è politica, dialettica), qualcuno che è po’ meno cojone (tipo Confindustria, Confcommercio, il governo, i sindaci, ma diamo anche esempi positivi, tipo tutti i lavoratori che stanno scioperando) porta avanti i propri, di interessi
Posso solo pensare che (hai letto Berne? ma certo che sì) gli italiani siano tutti Bambini edonistici e che un Genitore è l’unico modo per ottenere risultati da loro. Io preferirei, in questo caso, essere trattata come Adulta responsabile delle proprie scelte, ma mi dà da pensare il fatto che Conte dice una cosa e i suoi decreti ne dicono un’altra (e l’OMS ne dice un’altra ancora), e che nella pratica fa testo lo #slogan detto a voce da papy/Peppy Conte (beati voi che non conoscete le “bimbe di Conte”) e non il testo-testo del decreto. Mi fa pensare che il tuo pensiero è quello comune: gli italiani non si possono governare da sé, devono essere governati. Io, se mi permetti ma anche se non permetti, questo non lo accetto
Per quanto mi riguarda, questo è il mio ultimo commento su questo, volevo solo farti notare che il punto di vista qui espresso non è quello limitato a chi ha l’egoismo di vedere/ curare solo il proprio orticello, mentre il tuo punto di vista purtroppo lo è. Fortemente condizionato dalla retorica balconara dell’ eroe salvatore della patria de noantri. Che, ancora, non siamo stati tutti colpiti dal virus dell’onnipotenza che ti fa pensare che la tua influenza sul mondo sia decisiva per risolvere questa situazione. E questa non è la posizione disfattista di chi pensa che non si possa fare nulla. Ma tanto utilizzerai solo la parte del commento che ti è più utile per sostenere la tua posizione.
Inutile farti notare che ognuno di noi è preoccupato per i suoi anziani, preoccupato per i suoi bambini, preoccupato per il suo lavoro,preoccupato per se stesso e per i suoi DIRITTI. Preoccupato per i senzatetto che non ti chiedono neanche più soldi ma solo cibo. Preoccupato per quei tossici in astinenza che non riescono a raggranellare due lire per farsi… ma poi sarebbero troppi da elencare. Auguri e buon proseguimento. Grazie per lo sforzo che ci hai aiutato a fare per tenere in considerazione anche il punto di vista altrui…
“I primi oltre che piena libertà individuale cosa ottengono contro il virus, i secondi delegano alla medicina la soluzione del problema, quella medicina che ci chiede di limitare il contagio in ogni modo possibile, quella medicina di cui la maggior parte di noi che stiamo qua a parlar di diritti violati, non sa niente.”
Non mi sembra proprio che qui qualcuno abbia detto di fregarsene allegramente delle precauzioni contro il contagio o cose simili.
Questa presunta opposizione tra “ribelli” e “responsabili” è fittizia.
Anche perché la delega in bianco qua è stata data ai militari.
(Ai medici manco le mascherine vengono fornite.)
Meglio, opposizione tra diritti soggettivi e diritti collettivi.
Al di la del fatto che tutte le misure che sono state adottate non sono necessariamente efficaci e necessarie per contenere il contagio,
chi ci assicura poi che questo disagio psicologico sarà affrontato?
Chi se ne farà carico?
Senza contare che questo clima di controllo sociale non rischia solo di fare danni psicologici, ma fa intravedere una pericolosa tendenza autoritaria.
Il virus passerà, ma i danni a lungo termine dello stato di emergenza potrebbero essere enormi anche sui “grandi numeri” di cui parli tu.
Parliamo di decisioni che vengono prese dalle autorità anche per motivi politici e che sono condizionate dai rapporti di potere all’interno della società, anche economici.
Non sono puramenete misure “sanitarie” neutre e necessarie.
Poi non capisco in che modo la denuncia di abusi da parte delle fdo possa avere effetti negativi sul contenimento del virus, a meno che che non si abbia un’idea di sociaetà “organicista” in cui anche il mninimo dissenso o conflitto viene percepito come una minaccia per il “bene superiore”.
La denuncia dell’abuso ha già avuto il mio pieno appoggio.
Il comportamento di un poliziotto non è motivo sufficiente però né per dimostrare che tutti i poliziotti sono così né che la regola è sbagliata. Non sostengo il contrario, la collezione di testimonianze di carattere episodico è importante ma non è indicativa né di un generale né di una tendenza.
Per la domanda riguardo alle garanzie a fronte del disagio psicologico potenziale, c’è un enorme sommerso da ben prima di questa emergenza, il lavoro di decolpevolizzazione dei singoli e delle comunità dei confronti del malessere psicologico, di qualsiasi gravità sia, è ancora tantissimo e per di più spesso è più radicato proprio laddove le famiglie sono soggette a maggiori rischi.
Chi se ne farà carico? Intanto c’è chi se ne sta facendo carico ora, creando numeri verdi di supporto telefonico gratuito per chi sta vivendo situazioni di disagio legate alla situazione, soprattutto paura, ansia e depressione. Poi continuerà ad occuparsene chi l’ha sempre fatto, nella discrezione di una realtà in cui l’ostracizzazione del debole è ancora molto radicata e spesso chi non sta bene, invece di chiedere aiuto, a volte non trovando aiuto, aspetta che passi. A volte è come un’influenza, altre come una polmonite, anche in psicologia dipende e si guarisce e si muore.
La regola *è* sbagliata. Gli abusi nel far rispettare la regola non sono un’eccezione (che comunque mi sembra che tu accetti), sono insiti nella regola stessa. Sono stanca di argomentare e quindi propongo un esempio:
https://napoli.repubblica.it/cronaca/2020/03/22/news/il_caso_medico_rianimatore_e_runner_messo_in_quarantena_ma_rispettava_le_regole_-251965758/
Una buon punto di vista:
http://www.brunoleoni.it/credere-obbedire-guarire-
Buongiorno a tutte/i,
ho provato a fare qualche riflessione sulla relazione tra Stato e cittadino in questi giorni di contagio.
Allego il link sperando che la riflessione possa essere utile al dibattito.
https://cosimok.wordpress.com/2020/03/23/ora-et-labora-riflessioni-sul-contagio/?fbclid=IwAR3NI3eNzI_4YBXm7s-UUQiJOYtWB77OcfjCD6ZQ0y7ki7cOlYADOKWlsMo
Segnalo questo articolo che fa un quadro sulle app che si stanno sviluppando per il contact tracing: https://www.wired.it/internet/web/2020/03/24/coronavirus-app-contact-tracing.
In realtà non sapevo bene sotto quale post segnalarlo perché starebbe bene anche sotto ad altri contributi pubblicati su Giap nelle ultime settimane, ma trattandosi in fin dei conti di controllo credo possa essere utle anche qui:
Segnalo qualche passaggio:
– “[…] Nel sito dell’azienda si specifica che il raggio d’azione va “da 2 a 30 metri in base al tipo di sensori disponibili sul dispositivo” e che “la scansione avviene ogni 60 secondi anche con l’app in background”. Ogni ora i dati aggregati vengono salvati su un server Google che, nel progetto, dovrebbe essere “messo in condivisione con le autorità sanitarie”.
– “[…] Qui però l’approccio è diverso, e consiste in una sorta di gamification della quarantena: ogni utente riceve dei punti per ogni ora in cui l’app è attiva e per ogni ora aggiuntiva di permanenza in casa dopo che sono trascorse 12 ore. L’app conserva localmente nello smartphone i dati sulla posizione raccolti e dà la possibilità di inviare a un database centrale le statistiche generate a partire da quei dati, in modo da contribuire all’analisi collettiva”.
Inquietante a dir poco.
Se questo è il futuro/presente è il nuovo inizio del liberismo.
Piuttosto direi del “Nuovo Capitalismo Autoritario”.
Ed ecco il video semipaternalistico semingiuntivo (notare il TU! che ricorre ossessivamente) con cui la polizia di stato raccomanda di evitare passeggiate e corse.
Perché, come da animazione, si passeggia notoriamente su una linea retta bidimensionale…
https://www.poliziadistato.it/articolo/155e79bb437c164233320544
Alla fine ho sbottato, chiedo asilo e parola di conforto per quanto scritto altrove e che mi permetto di postare anche qui (evito la retorica comunitaria)
Temo di non aver chiaro il senso di alcune critiche. Che i dati della Lombardia siano sottostimati si sa credo da sempre, non trovo chi dica il contrario. La novità – per me – è l’improvvisa diminuzione di tamponi.
Sulle conseguenze derivanti dalla lettura dei dati ci tengo a precisare che le competenze più stringenti non credo siano quelle dei medici, il che non significa che non si debba ascoltarli. E forse questo introduce la seconda parte di risposta cumulativa. Sulle strategie di contrasto non c’è l’unanimità di cui si parla. L’unanimità è su una cosa che si chiama “distanziamento sociale” su cosa questo concretamente significhi si va in ordine sparso. Per quanto ne so solo in Italia si è inteso questo come “divieto di fare un passeggiata nei boschi”. L’OMS raccomanda di fare attività fisica ancora il 22 marzo. Questa raccomandazione dell’OMS è ignorata in Italia. In Italia si stanno usando i droni per pescare un tizio che va nei boschi, magari durante la notte, e le regole valgono sia per le metropoli che paesini e zone in cui la densità di popolazione è sotto a 1/kmq. Le code nei supermercati le vedete voi meglio di me. In Lombardia, che siamo tutti d’accordo è quella che più di tutti necessiterebbe del distanziamento hard, c’è quello più soft con la nota vergogna delle fabbriche, ma mi pare si possa prendere la metropolitana e il treno senza particolari impedimenti (non più stringenti di quelli che ci sono in Basilicata, dove il contagio praticamente non c’è). L’interpretazione delle norme – sulla cui incostituzionalità i dubbi non mi pare ci siano – è delegata alle forze di polizia, che se incontrano uno fuori di casa lo circondano e lo intimidiscono, con tanti saluti al distanziamento. Il parlamento non si riunisce più e così le assemblee legislative e il presidente del consiglio si presenta alle 23,30 per dire sostanzialmente niente, se non accrescere l’ansia e il panico. Mi pare sia sufficientemente noto che esistono patologie che facciano più danni e sui quali c’è una qualche evidenza sulla responsabilità delle politiche ambientali.
Questi elementi non sono noti solo a me, non credo che nessuno di quelli che mi ha letto fin qui sia sorpreso da una sola di queste affermazioni. Di fronte a tutto questo non dico uno scienziato sociale ma un cittadino avvertito, il borghese che legge il giornale la mattina, alzerebbe il sopracciglio. Forse poi riporrebbe il giornale ma se non lo ripone, se si chiede se tutto questo significhi qualcosa, può arrivare a diverse conclusioni. Io espongo la mia, minoritaria come purtroppo sono abituato (ma io non sono come Moretti, non mi dispiacerebbe far parte di una maggioranza), e che provo ad esporre con argomenti, con i limiti che non posso eliminare.
Ma sia chiaro che io trovo infantile l’incredibile fiducia acritica verso non i medici o gli epidemiologici – perché come sapete anche voi non dicono tutti la stessa cosa – ma verso le decisioni prese. E trovo cinico, molto cinico, il disinteresse per persone per cui stare a casa, non fare un minimo di attività fisica, perdere improvvisamente qualsiasi contatto sociale, non andare a trovare la madre morente in Argentina, è sostanzialmente condannarle ad una vita terribile quando non direttamente a morte. Una morte più lenta, mi rendo conto, ma morte. E il saldo tra quelle evitate con queste stupide, stupidissime proibizioni e quelle provocate posso solo sperare che sia positivo, anche se ogni giorno che passa in queste condizioni il dubbio aumenterà.
La mia speranza è che gli altri paesi NON facciano come l’Italia, che siano bravissimi nel bloccare i focolai, che si rendano conto che l’azione indiscriminata e identica in Baviera e in Alentejo, a Utrecht e Norwich sia l’abisso in cui è sprofondata la capacità critica verrebbe da dire dell’occidente, tramortita dal panico creato in tutti questi anni e finita da quest’epidemia.
Se invece di farvi prendere da ansia e panico impiegaste il tempo che state chiusi in casa per leggere anche opinioni diverse dalla vostra e su quelle ragionare e fare le vostre considerazioni smettendola con questa ridicola cretinata della competenza perché se c’è un momento in cui serve il contributo di tutte le intelligenze il momento è questo, ne beneficeremmo tutti. Persino io.
Impeccabile. Per curiosità, dove l’avevi postato?
Eh, non ho ancora completato il distacco e in questi giorni uso FB anche come posto dove prendere appunti, (mi pare di averlo fatto anche qui una volta, spero mi scuserete) visto che ho qualche infarinatura di numeri e i miei contatti sono agguerriti e mi aiutano a vedere se dico (troppe) cazzate. Però lunedì dovrebbe anche uscire un pezzo scritto con un infettivologo in cui saccheggio (anche) le discussioni trovate qui, ovviamente citando. Naturalmente una volta uscito mi permetterò di segnalarlo
Ciao robydoc, ti chiedo una spiegazione di un tuo pezzo d’intervento, visto che in Portogallo ci vivo e tu hai parlato di Alentejo (regione dove ad oggi ci sono 6 casi di contagio e ci vive veramente poca gente). Stai dicendo che le misure prese uniformemente in tutto il Portogallo, sono eccessive in Alentejo, ho capito bene? Te lo chiedo per capire bene il tuo ragionamento, che mi sembra una buona riflessione sulle estreme misure di controllo e repressione adottate in Italia.
Giusto ieri sera (qui: https://tinyurl.com/tnsatpe ) il primo ministro portoghese parlava come priorità numero uno del governo di “evitare al massimo scenari italiani, in quel che riguarda il numero di vittime”, quindi i numeri, non i metodi. Infatti nello stesso articolo parla anche di “forze di sicurezza..implacabili” e la polizia di stato ha già preannunciato l’uso dei droni (senza specificare per cosa). Poi se siano solo voci grosse o meno, il solo fatto che minaccino il pugno di ferro non fa stare tranquilli.
Erano esempi abbastanza buttati lì, per cercare di spiegare ai miei interlocutori (che finiscono sempre col chiederti “e tu che faresti eh? sentiamo”) che le alternative, oggi come ieri e come sempre, ci sono. Nello specifico dell’alentejo – come molti ho un legame sentimentale col Portogallo – mi pare azzeccato, visto che a me l’idea di sparare col mitragliatore ai borseggiatori non mi ha mai convinto.
La situazione comunque resta sotto controllo:
“Coronavirus, runner distrugge a martellate la macchina della vicina: lo aveva rimproverato perché stava correndo”.
https://www.tpi.it/cronaca/coronavirus-runner-distrugge-macchina-vicina-montesilvano-20200324571956/
E a Bologna un tentato omicidio da clausura e convivenza forzata.
https://www.ilrestodelcarlino.it/bologna/cronaca/tentato-omicidio-1.5080121
La Fase Stephen King è appena iniziata. https://www.ilfattoquotidiano.it/2020/03/22/roma-decapita-la-madre-con-un-coltello-la-sorella-riesce-a-fuggire-e-avvertire-i-carabinieri/5745088/
Ma al di là (e al di qua) della cronaca nera, la situazione inizia ad essere devastante.
Le mie amiche che gestiscono un centro aggregativo per le donne allo Zen di Palermo (che in questo periodo ha ovviamente sospeso le attività), mi raccontano di telefonate continue per situazioni ormai diventate esplosive.
A parte le situazioni di ordinaria violenza domestica: coppie giovanissime, tanti figli sempre a casa, poco spazio, scarsa abitudine a passare molto tempo insieme, zero valvole di sfogo, niente spazi in cui prendere aria, nervi che saltano…
Mi raccontano di essere state contattate anche da mariti, che avevano sempre visto il centro con una qualche avversione, allarmati per lo stato depressivo in cui le mogli sono crollate e verso il quale sibrendon conto di essere impreparati a dare aiuto.
E in tutto ciò sono passate appena due settimane.
Coronavirus, runner distrugge a martellate la macchina della vicina: lo aveva rimproverato perché stava correndo
https://www.tpi.it/cronaca/coronavirus-runner-distrugge-macchina-vicina-montesilvano-20200324571956/
Credo sia assolutamente un fake.
Un utente aveva postato lo stesso video (con un link su youtube) l’altro ieri con una descrizione totalmente diversa.
La prima versione era che la famiglia proprietaria dell’auto, fosse in quarantena (quella vera, sanitaria) ma che la signora fosse uscita più volte violandola.
E che il giustiziere ripreso fosse adirato per questo motivo.
Purtroppo era in thread molto lungo e non riesco a recuperare il messaggio.
Ora, non ho idea di quale delle due versioni sia più veritiera, ma anche nel caso di TPI mancano un sacco di elementi per garantire che la loro versione sia quella veritiera.
Mi auto correggo: un utente Reddit.
Uhm… Come mai la signora ripete, rivolgendosi al martellatore e piangendo: «Ti chiedo scusa! Ti chiedo scusa!»? Sembra proprio si riferisca a qualcosa che ha fatto o detto a lui. Se è uscita in spregio della quarantena, perché chiede scusa a lui personalmente?
In ogni caso, comunque sia andata, quel che è certo è che qualcosa sta andando storto.
https://www.lastampa.it/cronaca/2020/03/24/news/la-nuova-stretta-piu-poteri-a-comuni-e-regioni-esercito-per-controlli-1.3863163
Non ho parole.
https://www.lastampa.it/cronaca/2020/03/24/news/la-nuova-stretta-piu-poteri-a-comuni-e-regioni-esercito-per-controlli-1.38631630
Link corretto.
Rimangio tutto.
La situazione è drammatica.
Persino l’articolista de La Stampa usa l’espressione «scenario da incubo».
E i commenti sotto l’articolo non mostrano la solita acquiescenza a tutto quel che decide il governo, anzi:
«Quindi la curva inizia finalmente a calare e invece di dare tempi di respiro per prove di ritorno alla normalità si inaspriscono dando poteri random a regioni e comuni? ma esattamente l’idea quale sarebbe? una protesta in piazza?»
«se li vogliono far durare sino a luglio…..credo ci si potrebbe trovare di fronte a dei seri problemi di ordine pubblico»
«Solo capaci a fare multe, voglio vedere la gente chiusa in casa tra qualche settimana come reagirà, i cialtroni al governo rischiano di far scoppiare una guerra civile»
Anche sul sito di Repubblica – il giornale più sdraiato sulla decretazione emergenziale, zelante nel coltivarsi e mobilitare una readership acritica e cacciatrice d’untori – i commenti hanno cambiato tenore. Fino a un paio di giorni fa era tutta un’invettiva contro i podisti, adesso invece:
«Stanno facendo un decreto ogni tre giorni? È follia pura! Significa non essere capaci di fare un minimo di programmazione»
«sono un pensionato ultra settantenne che da qundo sono in pensione tutti i giorgni vado in una casetta che ho fuori dal mio comune di residenza dove nel terreno coltovo un pezzo di vigna l’orto e un piccilo ulivetto per le proviste da quando esiste questo blocco sono rinchiuso in casa con mia moglie mi manca l’aria della mia campagna io credo che se si continuera cosi dovremmo contare oltre i morti del virus anche quelli per esaumento e per suicidio »
«Una reclusione di 6 mesi per milioni di persone. Nella migliore delle ipotesi si scateneranno rivolte o una disobbedienza generalizzata, nella peggiore questo produrrà effetti psicologici devastanti su gran parte della popolazione, tale che il covid-19 sarà l’ultimo dei problemi.
Mi ricorderò di voi alle prossime elezioni.»
«La costituzione “più bella del mondo” vale solo in certi casi.E’ normale che sindaci e amministratori locali abbiano il potere di togliere libertà sancite dalla costituzione?E’ davvero necessario mandare in rovina il paese per fronteggiare un’epidemia?Non possono essere sempre i cittadini a pagare le mancanze e le decisioni errate prese dai governi.Alla fine qualcuno ne dovrà rendere conto»
«le multe da 4’000 euro sinceramente non le pagherà nessuno e sfido il TAR a reggere cento-duecentomila ricorsi»
«Se ho ben capito quanto scritto dal giornalista: Il presidente del consiglio dei ministri resta l’unica autorità in grado di disporre in via urgente e temporanea misure che comprimono le libertà costituzionali.
Ho fatto un copia ed incolla ma spero proprio che ci sia un errore!
Di male in peggio.
Che intervenga il parlamento per mettere fine a questo incubo.»
Anche sul sito Corriere della Sera:
«Una caterva di D.L. del governo e ordinanze delle Regioni cui si aggiungono anche i chiarimenti e le interpretazioni dei vari organi. È una vergogna..!! Stiamo parlando della limitazione della libertà dei cittadini..!!»
«Siamo già al ridicolo.»
«Domanda riguardo le situazioni di necessità: se in buona fede si ritiene di avere un motivo valido, come si fa a sapere se la causale verrà accettata dalla pattuglia prima di avventurarsi nello spostamento col rischio di pesanti sanzioni? Qualcuno conosce la risposta?»
Altri commenti di lettori dal sito di Repubblica:
«Perfetto, con le manie di protagonismo degli amministratori locali ci sarà il delirio del divieto più stupido.»
«sfortunatamente credo che siano tutti scemi. c’e un’isteria di massa che sta condizionando le dicisioni e manca totalmente la razionalita. non e un semplice influenza ma neanche la peste bubonica. mi sembra che molte decisioni sono basate su dati poco affidabili.»
«[…]Si stanno ammalano medici, infermieri, chi lavora per lo stato. Questa è conoscenza. Se lo era dovevano provveduto a cautelari in tutti i modi e non diventare il peggior pericolo per gli altri. Inoltre questi continui decreti leggi, ordinanze ecc. stanno facendo sì di confondere la gente e di terrorizzarla anche se mette una scarpa fuori casa. Ogni decreto che fanno, si capisce quanto capiscono di pandemie e sono sempre più soppressivi verso i cittadini.»
«Io non sono contrario alle restrizioni ma penso che vadano fatte col buon senso. Si attacca chi passeggia da solo lontano dagli altri, e poi si tengono attivi i mezzi pubblici e perfino i treni tra le diverse regioni. Nel primo caso contagiarsi è impossibile se si tengono le distanze dalle altre persone. Su un mezzo pubblico invece, trattandosi di uno spazio chiuso, il rischio è concreto. Realisticamente dovremo stare tutti in casa fino a Maggio, forse anche fino a Giugno se non iniziano con i tamponi di massa per isolare gli infetti. Quindi chiudere la gente in casa avrà effetti psicologici e di salute devastanti. Meglio permettere a tutti di passeggiare a piedi purchè si mantengono le distanze, magari con un orario di coprifuoco alla sera come fanno in tanti altri paesi.»
«Finirà male, molto male,ecco come finirà se non si danno una calmata e non la smettono con queste misure fasciste senza senso.
Fra l’altro le stanno discutendo e sicuramente approvando senza tenere assolutamente conto dei dati di ieri che, per la prima volta, danno i contagi in calo, allora che cavolo le discutono a fare?
Non hanno senso queste schifezze se non quelle di fare imbufalire il popolo,mettendoci l’uno contro l’altro e facendo credere che si sia tutti degli untori.
Se dobbiamo essere uniti adesso sappiamo contro chi essere uniti, qui viene messo in gioco lo stesso futuro democratico dei nostri figli, e di certo non da un virus,ma da queste misure.Fra una settimana, non di più,qualcuno si ribellerà e di brutto,e sicuramente sarà seguito da molta gente, insomma sarà il caos.
Ecco cosa succede quando si mette il governo in mano ad un principiante assoluto.»
«Ma di che parli? Se uno ti cammina sotto al finestra pensi di ammalarti? Dio santo nemmeno negli anni 80 con l’AIDS la gente era così scema. Tu e quelli come te siete vittime di questa campagna di terrorismo mediatico, vi siete bruciati il cervello. State vendendo la libertà che i nostri nonni hanno conquistato con il sangue, in nome di una sicurezza per una malattia che, sarà pure più pericolosa di un influenza, ma non supera il 2% di mortalità.»
«È dura, è dura trovare una soluzione che salvi tutto, su questo non vi sono dubbi.
C’è però un problema, questo continuare a cambiare senza una linea genera ancora più dubbi e sconforto.
A livello medico abbiamo degli eroi e delle persone tra le più brave in assoluto, chi però deve decidere è al limite dell’incompetenza.
I danni sono:
A) vite umane in primis. Chi non è qua a Bergamo non può immaginare, i video ecc non rendono. In famiglia fanno parte farmacisti e medici, so di cosa sto parlando
B) psicologici, credete che non ci siano strascichi sulle persone per questo, anziani e bambini nel dettaglio?
C) economici, perché ahimè o per fortuna siamo una società che vive di questo, oggi è peggio domani l’economia è devastata e le persone saranno in crisi, altro che buffonata per proroga mutuo ecc, qui lo dovete dare a tutti.»
«Io sto’ finendo i soldi, e continuano ad arrivarmi bollette di tutti i tipi, tra un po’ non ho piu’ di che mangiare, vergognatevi.
Dall 10 marzo sono chiuso in casa e sto’ facendo sacrifici, il 4 aprile esco e come me lo faranno milioni di altri italiani che moriranno di fame, altro che virus.»
«ma come si fa a credere che sia il singolo il responsabile della diffusione di un epidemia per cui non sono stati fatti controlli efficaci sugli asintomatici e non si sono tamponati nemmeno i malati con meno di 40 gradi di febbre fino a 10 giorni fa? Puntare il dito contro chi va a correre è un esercizio isterico.»
«Il bello è che avevano detto loro stessi che i provvedimenti avrebbero dato i primi risultati dopo 2 settimane. Le due 2 settimane scadono oggi, ma già da 2 giorni si è visto un’inversione di tendenza; tuttavia inasperiscono ogni giorno di più. Qual è il senso?
Perché questo accanimento sanzionatorio e restrittivo? Ci hanno perso gusto?»
Anche chi ha affidato la propria vita nelle mani dello Stato inizia a mostrare insofferenza verso l’imperativo categorico dell’obbedir tacendo. La necessità di soddisfare le proprie primarie esigenze prevarrà a breve sulle cieca fiducia nel salvifico motto dello stareacasasenzasesenzama.
Quale sarà la formula con cui questo nuovo Decreto che verrà presentato al Popolo come le Tavole dei Dieci comandamenti (però su Facebook anziché sul Monte Sinai) attribuirà tanta discrezionalità alle amministrazioni locali? Chi stabilirà che esiste lo stato di necessità che impone, di volta in volta, le restrizioni? E le restrizioni saranno, alcune, totalmente insensate come queste attuali che impongono il confino domestico? Quando fuori ci saranno 16 ore di luce che faremo? Mi sembra inaccettabile che la maggior parte delle persone non reagiscano.
Reagiranno. Più numerose di quanto ora sembri possibile. In tanti modi. Alcuni autolesionistici o comunque nichilistici (con gli sbrocchi siamo davvero solo all’inizio), altri, si spera, più solidali, condivisi. La maggior parte della popolazione tirava innanzi perché era convinta che il 3 aprile avrebbe tirato almeno mezzo sospiro di sollievo. Bastava concederglielo. Invece il governo ha ascoltato i vari Burioni e Lopalco, che da giorni e giorni ripetevano: «Bisogna dire che durerà almeno altri tre mesi!» Ok, adesso lo stanno dicendo. E rincarano la dose. Sono fuori controllo. Sempre più gente disobbedirà per far respirare i propri bambini, ai quali si stanno rubando mesi che per loro sono come anni. Disobbedirà perché per molte e molti questa comincia a non essere più una vita in nome della quale sopportare l’insopportabile.
“Quando fuori ci saranno 16 ore di luce che faremo?”
Ecco esatto. Da noi qui in Romagna l’arrivo dell’ora legale coincide con l’inizio della “transumanza” del week end: centinaia di persone che si spostano in riviera per le prime passeggiate in spiaggia o per riempire locali di ogni tipo. La riviera romagnola, tra qui a un mese, io non riesco proprio a immaginarmela.
Ci sono segnali fondamentali che il concetto di “quarantena indefinita” comincia a scricchiolare, non solo per l’assurda quantità di stress al quale sono sottoposti i singoli, le famiglie e – non dimentichiamolo – anche i bambini, ai quali praticamente non è permessa neppure l’ora d’aria. Ho un figlio di 5 anni che teoricamente non potrebbe fare una passeggiata per nessun motivo da quasi 3 settimane. (in realtà lo portiamo fuori con il cane, con il concetto che se ci fermasse un agente siamo pronti a dirgli se secondo lui è giusto che un bambino abbia meno diritti di un cane!). Detto questo, dicevo, ci sono segnali gravi di incrinatura nel concetto che i “servizi essenziali” possano essere garantiti a lungo automaticamente. Domani iniziano a scioperare i benzinai, anche i dipendenti di Amazon sono in agitazione, scioperi anche in altri settori. Manca solo agitazione trasportatori e siamo al crack. Che si fa se mancano servizi essenziali? Prevedibilmente la cosa più ovvia per le nostre scimmie al volante: un bel nuovo decreto! Si procede con il precetto! Devi lavorare per forza, sei precettato! E se mi rifiuto lo stesso? C’è l’arresto! E chi fa il processo che i tribunali sono chiusi? Nessun problema, basta un decreto: reclusione 5 giorni in caserma senza processo, così impari! Poi se ci scappano pure le botte da parte di qualche agente invasato pazienza, ben ti sta, traditore! Questa è la china che si sta prendendo, dobbiamo vigilare, vigilare attentamente su questi processi. E tra pochi giorni c’è il cambio-mese: aziende non pagano fornitori, aziende che non pagano stipendi (la CGI per tutti è solo sulla carta, per ora si devono consumare le ferie, e le modalità di accesso per le piccole imprese al momento sono oscure), moltissimi lavoratori e lavoratrici sono senza alcuna tutela, o vaga elemosina di 500-600€ una-tantum dopo probabile estenuante e tortuosa trafila burocratica. Cosa scatta quando iniziano 5-10 milioni di italiani a non avere i soldi in tasca nemmeno per fare la spesa? Che si fa se scendono in piazza per protestare per il mancato sostegno al reddito, creando magari assembramenti e quindi prestesi per dure repressioni poliziesche o addirittura militari? Ripeto: questa è la china che stanno prendendo le cose. La paura del virus ha annebbiato le menti fino ad ora, e tutti sono stati buoni buoni con gli “andrà tutto bene” e gli hashtag #iorestoacasa. Ma la rabbia può essere un sentimento che prevarica la paura, e a quel punto si sa dove si inizia e non dove si va a finire. Ricordando Calamandrei “La libertà è come l’aria: ci si accorge di quanto vale quando comincia a mancare… sulla libertà bisogna vigilare…”
Difatti a chiunque osi alzare timidamente il capo per dire * ma scusate, a che serve stare dentro casa come se il virus si appostasse appena fuori dal portone?* la risposta comune è * che saranno mai due settimane?* E a seguire la retorica dei nonni in guerra…ma ci arriva anche un lobotomizzato che il virus non sparisce per decreto. Non è mica una scadenza fiscale. Questa perentorietà del termine ultimo ha installato nella massa la convinzione che alla data fissata l’epidemia ci avrebbe magicamente salutato. E via di nuovo tutti a fare l’unica cosa che sembra mancare ai più in questo tempo in cui a me mancano tramonti e germogli ovvero…L’APERICENA!!!
Se è per questo a Roma è stata bandita la pizza alla mozzarella! Mediante integrazione alla circolare 12 marzo 2020, n. 45 del Ministero dell’Interno, ai panifici è consentito preparare “pizza e focacce tipiche di panificazione sia bianche (semplici o condite con olio e rosmarino) sia rosse (condite al pomodoro ed olio)” precisando che “Non si deve considerare compresa la pizza condita e farcita diversamente”.
Il motivo di tale boiata è scongiurare il consumo immediato di cibo ed evitare – va da se – pericolosi “assembramenti” di untori… dalle mani unte! Tralasciando che a Roma la pizzetta rossa stuzzica più di quella alla mozzarella (!), la misura, come altre discusse nei commenti, mira a contenere l’epidemia abolendo il godimento. Come se per sconfiggere l’Aids avessero chiuso i sexy shop perché, chissà, gli articoli in vendita, avrebbero potuto indurre le persone a scopare senza precauzioni.
Penitenziagite per chi, davanti alla crisi, non si sacrifica “rinunziando” al piacere individuale. Insomma, statti a casa e magnate ‘a focaccia!
Fonte (Romatoday): https://www.romatoday.it/attualita/coronavirus-pizza-fornaio-divieto.html
https://www.fanpage.it/attualita/coronavirus-infermiera-di-34-anni-si-suicida-era-positiva-temeva-di-aver-contagiato-altri/
Non ci sono parole credo.
Allo stato attuale la situazione è questa: il governo ci ha comunicato che l’esercito ci terrà chiusi in casa con la forza almeno fino al 31 luglio. Tutte le considerazioni che non partano da questo dato sono ipocrite.
Non è quello che hanno detto, su
Restiamo lucidi: non diffondiamo voci, non distorciamo notizie, controlliamo bene tutto prima di scrivere, riflettiamo. Almeno qui su Giap, non vomitiamo acriticamente fatti e fattoidi
Non lo hanno decretato, non lo hanno detto in conferenza stampa, ma ce lo hanno comunicato (ci sono tanti modi per comunicare, ad esempio imbeccando i giornalisti con anticipazioni e suggestioni buttate là). I commenti dei lettori di Repubblica e del Corriere, che da un giorno all’altro hanno cambiato tono e contenuti, dimostrano che il messaggio che è stato fatto arrivare è quello, indipendentemente dal fatto che sia vero o falso in senso tecnico.
vabbè…
https://napoli.repubblica.it/cronaca/2020/03/24/news/coronavirus_controlli_a_napoli_scrive_sull_autocertificazione_che_deve_fumare_hashish-252163848/?ref=RHPPTP-BH-I252189793-C12-P17-S8.4-T1
Non mi stancherò mai di ripeterlo: i tabaccai sono aperti, perché la dipendenza da sostanze stupefacenti è una cosa molto seria. Non parliamo poi della coppia in intimità in un’auto: sesso e droga non sono “colore” per shockare i benpensanti, sono cose terribilmente serie per cui c’è chi arriva anche a uccidere
Sono d’accordissimo. Il “cold turkey”, il dolore da astinenza forzata, si può forse sopportare in condizioni normali. In queste, no.
la crisi da astinenza (e le conseguenze da essa derivanti) che un tossicomane tragicamente prova sul suo corpo e sulla sua psiche possono portare a questi avvenimenti, che il giornalista tenta di inquadrare come “colore” o roba simile…quasi buffa (!)
ho postato altrove un altro articolo precedente e simile, dove la giustificazione di un fiorentino era quella di essere uscito ” per cerare la droga”…
https://firenze.repubblica.it/cronaca/2020/03/20/news/firenze_coronavirus_sorpreso_in_strada_dagli_agenti_in_strada_sull_autocertificazione_ha_scritto_cerco_droga_-251782269/
per chiarire :
il mio “vabbè…” è indirizzato a sottolineare come nulla di queste “notizie” possa riportare all’analisi di una qualche sofferenza dell’individuo, trattato invece come un povero deragliato senza senno, non in grado di comprendere la situazione collettiva; anche così la stampa quotidiana di massa è fonte inesauribile di veri orrori(su questa si forma il sentire della maggioranza), ed il “drogato” diventa ancor di più un essere lontano, estraneo alle vicende “comuni”, ancor più diverso.
Anche a Torino casi di carabinieri e municipale che sostengono posizioni assolutamente arbitrarie e palesemente sbagliate.
Due testimonianze di persone che camminano entro un chilometro da casa (il limite fissato qua) vengono fermate, danno la motivazione: “Sto facendo una passeggiata e sono a meno di un chilometro”. E si sentono rispondere: “No, si può solo andare a correre, non camminare”.
Ovviamente in “attività motoria” rientra tanto correre quanto camminare.
In un caso non hanno fatto niente, nell’altro hanno fatto compilare l’autocertificazione aggiungendo: “Se ti vediamo ancora in giro però ti dobbiamo denunciare”.
Bah. A me stare a cavillare su queste cose fa un effetto deprimente e stranianfe. Basta. Si sta in trincea come in solidati a Caporetto. Sappiamo come è andata a finire. ( e scusate il paragone bellico , ne facciamo uno medico? “L’operazione è riuscita perfettamente ma il paziente è morto”)
[…] il nemico oltre che virale è carne ed ossa e non ha caratteristiche precise. “Chi gira per strada” è nero, giallo, verde, rosso, il vicino di casa, la farmacista, il netturbino, può essere dunque chiunque e va combattuto, segnalato, insultato e colpito con secchiate d’acqua. Un nemico totale, una “guerra” assoluta piena di panico, senza razionalità e alimentata da personaggi pubblici – comandante Alfa ma anche altri – e politici di spicco, come detto.[…]
Lo metto anche qui, ho paura che si perda nella discussione. Una vittima dell’orrenda ordinanza di De Luca, che usa la quarantena come punizione anziché come profilassi:
https://napoli.repubblica.it/cronaca/2020/03/22/news/il_caso_medico_rianimatore_e_runner_messo_in_quarantena_ma_rispettava_le_regole_-251965758/
“Appartiene alla categoria più preziosa ( e sotto tensione) in questo momento, del Paese. Non è solo medico e cardiologo, ma è un rianimatore napoletano e lavora in uno degli ospedali di trincea della Campania. Ma il dottor A., chiamiamolo così, non potrà più andare a lavorare per ben due settimane: perché è stato bloccato, denunciato e spedito in quarantena dai carabinieri. Che, nella zona collinare di Napoli, ieri mattina, lo hanno all’istante colto in flagranza tocca sintetizzare così, sebbene possa apparire tragicomico – mentre svolgeva “attività motoria” peraltro da solo e a poca distanza da casa sua. Una circostanza, quest’ultima, che il governo nazionale prevede e la ” nuova legge” del governatore De Luca no.”
Il “plus” di essere medico non compensa il “minus” di essere runner. Questa è la misura dell’assurdo che si è raggiunto con la caccia all’untore. E il bello è che avevamo tanto di opera letteraria fondamentale che parlasse della follia della caccia all’untore, e ci siamo ricascati lo stesso, probabilmente pensando qualcosa del tipo “ma stavolta gli untori ci sono davvero”
https://m.dagospia.com/l-allarme-del-magistrato-vladimiro-zagrebelsky-il-ricorso-alle-forze-armate-in-funzione-di-231113
…Non bisogna essere titolati giuristi per arrivarci ma…
Se vi é qualcuno che ne ha cognizione potrebbe confermare se corrisponde a verità che per le vie di Cagliari stiano comparendo, negli spazi dedicati ai cartelloni pubblicitari, slogans pazzeschi? Mi è stata girata una immagine che ritrae enormi scritte del genere “ quando hanno portato mia madre in ospedale ho capito che dovevo rinunciare alla corsa” e similari. É a dir poco inquietante che denaro pubblico venga speso in questo modo piuttosto che per acquistare beni necessari come i DPI per Il personale sanitario.
Non solo corrisponde a verità, ma sta anche provocando reazioni molto dure. A Cagliari la situazione è estremamente tranquilla e disciplinata (come nel resto dell’isola). Non si capisce davvero che senso abbia questa cosa. A meno che non sia il tentativo dell’amministrazione Truzzu (FdI, sentinello in piedi, ecc.) di darsi una riverniciata di “responsabilità” dopo le prime esternazioni parecchio superficiali (per essere generosi).
https://www.sardiniapost.it/cronaca/coronavirus-manifesti-choc-a-cagliari-guerra-social-contro-il-sindaco-truzzu/
Qui un po’ di détournements dei manifesti cagliaritani:
https://resistenzeincirenaica.com/2020/03/26/la-luna-la-luna-non-il-dito/
Ah, c’è stato proprio un profluvio di creatività memetica, a questo riguardo. Non vi ammorbo con altri esempi, specie perché dovrei ricorrere a pagine o profili FB e relativi link e non è il caso.
Sottolineo però la portata della reazione satirica popolare a questa schifezza, perché fa emergere che la diffusa e massiva adesione alle prescrizioni dell’autorità costituita non discende dalla convinzione che esse siano buone ed efficaci, ma piuttosto dal banale ma umanissimo timore del contagio e dal tentativo dei cittadini di adattarsi alle circostanze.
In questo contesto, appesantire la campagna terrorizzante e colpevolizzante, aggravare le sanzioni e restringere ulteriormente i già esigui spazi di libertà e di sollievo psico-fisico rischia solo di accelerare il crollo di tale adesione spontanea.
Iniziativa inqualificabile. Definirla spregiudicata è riduttivo.
Agghiaccianti.
https://www.google.it/amp/s/www.lanuovasardegna.it/cagliari/cronaca/2020/03/25/news/coronavirus-manifesti-choc-a-cagliari-contro-le-corse-e-la-spesa-inutile-1.38635393/amp/
Premetto che capisco tutto e condivido anche, nel senso che reagirei e sarei costernata e arrabbiata allo stesso modo.
Alla lunga però le critiche alle forze dell’ordine per quanto mi riguarda diventano stucchevoli e credo sarebbe anche bene, ogni tanto, mettersi nei loro panni: panni di chi, evidentemente, non conosce chi incontra e ferma mentre passeggia o corre, non può sapere da dove è partito nè dove andrà, nè se di lì a poco creerà qualche assembramento.
Altrimenti andiamoci noi a fare i poliziotti. Questo ovviamente senza giustificare certi odiosi e arroganti comportamenti degli stessi che tutti noi almeno una volta abbiamo sperimentato.
Considerazioni come “…Più a lungo si protrae il tempo in cui ciò accade, più quest’intervento viene normalizzato. E più quest’intervento viene normalizzato, più i confini dell’emergenza si dilatano fino a non potersi distinguere da ciò che emergenza non è…” non sono affatto peregrine, frullano anche nella mia testa, però limitiamo anche l’eccessiva lamentazione e il facile ricorso all’invettiva.
Scusa, ma se quelle preoccupazioni non le trovi affatto peregrine, non ha nessun senso invitare a non esprimere critiche, derubricando queste ultime a «eccessiva lamentazione» (?!). Qui si fanno analisi e si cerca di mantenere viva l’intelligenza. «Andateci voi a fare i poliziotti» è un’esortazione irricevibile. Cerchiamo di mantenere un certo livello di qualità dei commenti, per favore, qui non siamo su Facebook.
Veramento ho detto “Andiamoci NOI” (a fare i poliziotti) e ho fatto una premessa precisa.
Mi sono accomunata fin dall’inizio al disagio che tutti stiamo vivendo e quando parlavo di “invettive” (questo per rispondere a “Mandragola01”), facevo un discorso evidentemente generale, non rivolto all’autore del post e utilizzavo ancora una volta la prima persona plurale.
Anche qui, cioè a casa mia, per quel che posso, si analizza e si cerca di mantenere viva l’intelligenza.
Infine non mi pare proprio di aver abbassato il livello dei commenti, nè per aggressività nè per espressioni offensive e, al momento, non pratico Facebook.
Saluti.
Il focus è un altro. Provo ad immedesimarmi nei panni di un cd tutore dell’ordine pubblico. E per certi versi posso anche riuscire a capire certi meccanismi dato che nel mio lavoro sono chiamata anche io a far rispettare delle leggi. Esiste un faro che al di lá dei discutibili ( sia sul piano logico che giuridico) provvedimenti che si stanno susseguendo in maniera convulsa, dovrebbe illuminare chi è deputato ai controlli. Questa luce si chiama “buon senso”. Se sono intento a pattugliare un viottolo di campagna e incappo in una donna che, solitaria, lo percorre perché mi dovrei sentire autorizzato ad intimarle senza mezzi termini di rincasare? E se fermo un uomo che a tarda sera cammina in una metropoli semideserta ( sempre da solo) e che gentilmente mi spiega che sta facendo ritorno alla propria abitazione dal luogo di lavoro perché dovrei inscenare quella farsa intrisa di luoghi comuni piuttosto che augurare al tizio in questione la buonanotte? Il nostro amico ha avuto prontezza di spirito e ne ha rimediato una sanzione. Avrebbe dovuto chinare il capo e scusarsi? La verità è che purtroppo nella stragrande maggioranza dei casi chi indossa una divisa non conosce le leggi sulla cui applicazione è chiamato a vigilare nè le regole che dovrebbero guidare il suo stesso operato. Da ciò conseguono atteggiamenti arroganti e prevaricatori. Tenerlo presente è importante. Non diamo per scontato che il caso Cucchi sia unico nel suo genere.
No ma l’ ho capito il focus, tranquilla..!
Il buon senso latita in tutti i settori della nostra societa’ e l’ignoranza e la non conoscenza delle norme che regolano il lavoro e i compiti che si e’ tenuti a svolgere, nella amministrazione pubblica e statale, compresi i corpi di polizia, dilagano e non da oggi; non dispongo di dati che dimostrino che prevalgono, tra gli incompetenti e gli ignoranti, le persone appartenenti alle forze dell’ordine. Io non giustifico la tracotanza, la violenza anche solo verbale e quel certo accanimento di chi non vedeva evidentemente l’ora di entrare veramente nella parte, quella piu’ propriamente repressiva, ma cerco di non generalizzare…
Certo, non bisogna generalizzare però credimi che vedere schierati nel mio paesello già poco popolato ed ora praticamente deserto Carabinieri, GdF e persino Compagnia dei Barracelli che presidiano uno scenario lunare provoca un effetto non piacevole. Fatico a trovare un senso…
beh, certo, se si vive in un piccolo paese l’impatto è oltremodo straniante, destabilizzante, di sicuro.
A parte che io qui leggo non leggo invettive ma piuttosto pensieri lucidi frutto di menti che si interrogano, tra dubbi e timori legittimi, su tutti gli aspetti dello scenario attuale. E lo fanno senza arroganza o superbia, ponendosi esse stesse in discussione. Stamattina ho udito il volteggiare di un elicottero sopra i tetti. Verosimilmente si è levato in volo per cercare di stanare qualche brigante delle colline, sicuramente il pilota è un semplice esecutore di ordini superiori e pertanto non è il bersaglio del mio sconcerto o della mia rabbia in quanto persona fisica, ma giustificare oltremodo la gestione della situazione da parte dei singoli componenti delle F.d.O. conduce a deresponsabilizzarli e quasi a compatirli come fossero esseri non senzienti. L’altro giorno due carabinieri hanno redarguito mie zia che camminava a due passi da casa. In aperta campagna ma pur sempre vicino alla propria abitazione. Si sono forse preoccupati di applicare la legge? No, le hanno detto di “tornare a casa” senza sincerarsi se si trovasse in prossimità di questa. Ciò è accettabile? Che tipo di pressione incombeva su di loro per non valutare con serenità se e come mia zia stesse discostandosi dai provvedimenti in vigore? Avrebbero fatto bene a tirar dritto.
Cara Fondazione, volevo solo ringraziarvi. Vi siete rivelati un antidoto prezioso all’angoscia forclusa che è, il questi giorni, produttiva di una sfilza di discorsi pseudorazionali, vischiosi e oppressivi.
Tre cose, spero non troppo fuori tema.
* Non so se sbirri si nasce o si diventa, ma di sicuro non serve appartenere all’esercito o alle forze dell’ordine per esserlo: spesso basta essere controllori, portinai, bidelli.
La colpa, gravissima, di cui si è macchiato l’autore, è qualcosa di simile alla lesa maestà: il mancato ossequio alla divisa, il rifiuto di supplicare, di stare zitto e chiedere scusa (suppongo a gesti). Tutto questo ha molto poco a che fare con il virus e la pandemia, che francamente sono solo un (ottimo) pretesto per godere del piacere dell’abuso.
Corollario: se ti fermano e ti fanno una multa con una motivazione palesemente sbagliata, in genere non conviene far notare la cosa, perché così si dà all’agente la possibilità di cercarne una migliore. Spesso conviene andar via in silenzio e poi contestare nel modo opportuno. D’altronde mi sembra di capire che un po’ tutti gli avvocati stanno consigliando di aspettare la notifica senza far niente nel frattempo.
* Da quando è iniziata questa storia, continuo a vedere (anche su giornali e tv, che pure fanno di tutto per patinare e lustrare) agenti delle FdO fare controlli ravvicinati a tappeto senza protezioni, ma di più, sento e leggo le idee più idiote: non so più che imbecille aveva proposto, prima dei decreti di marzo, di mandare agenti a misurare la temperatura a tutti i passeggeri di tutti i treni, così che, invece di rischiare di contagiarsi solo fra persone dello stesso scompartimento o vagone, si crei di fatto un veicolo di trasmissione fra tutti verso tutti.
Questo è pensiero magico, e non è così distante dal fare megaprocessioni religiose per fermare l’epidemia.
Temo che in questo momento i principali veicoli di trasmissione dell’infezione stiano diventando, loro malgrado, da un lato il personale sanitario, per lo più privo di dpi e in gran parte male addestrato a gestire epidemie, e dall’altro i vari controllori di niente, che fermano cento persone col solo risultato pratico di far correre rischi via via crescenti ai malcapitati che esaminano.
N.B. i guanti non sono magici! Funzionano solo se te li togli fra un incontro e l’altro, fra una persona e l’altra, altrimenti servono solo a inquinare l’ambiente.
* Da buon informatico, sono praticamente sigillato in casa da più di un mese, tranne poche sortite a fare la spesa, per cui non mi è ancora capitato di essere fermato (l’unica volta che ho visto una macchina blu ho fatto il giro largo alla faccia loro). Ho però deciso che, se mi dovessero fermare agenti senza maschera, denuncia per denuncia, almeno mi diverto: chiamerò gli altri (i CC se mi ferma la polizia, la polizia se mi fermano i carabinieri, uno a caso per l’esercito) per denunciare energumeni che cercano di alitarmi in faccia.
L’ha già tentata qualcuno/a, questa cosa?
Nove medici dell’ospedale “Giovanni XXIII” di Bergamo (assieme ad altri quattro colleghi) scrivono una lettera-denuncia al “New England Journal of Medicine Catalyst Innovations in Care Delivery”:
https://catalyst.nejm.org/doi/full/10.1056/CAT.20.0080
Tra i vari argomenti analizzati dal documento, vengono denunciate l’impreparazione delle strutture deputate all’emergenza, la necessità di sforzi transnazionali coordinati, l’evidenza di ripensare a modelli di assistenza diversi a quelli fin’ora adottati centrati sul paziente singolo e non sulla comunità; viene sottolineato come gli ospedali siano diventati i luoghi di maggiore diffusione del contagio.
Osservazioni fatte sulla spinta dell esperienza diretta sul campo in stato di emergenza, mantenendo però lucidità e capacità d’analisi non comuni.
La lettera viene ripresa da “Il fatto quotidiano”
https://www.ilfattoquotidiano.it/2020/03/25/coronavirus-i-medici-di-bergamo-e-lebola-dei-ricchi-qui-epidemia-fuori-controllo-i-pazienti-piu-anziani-muoiono-in-solitudine/5748439/
Sul “Corriere della sera” di oggi -non posso accludere il link perchè non risulta pubblicata sul sito del quotidiano-
il professore Giuseppe Remuzzi (direttore dell'”istituto di ricerche farmacologiche Mario Negri” di Milano nonchè primario emerito anche dell’ospedale Giovanni XXIII),assieme ad altri 140 e più colleghi -che non riesco pertanto ad individuare- firmano una lettera contestando la lettera dei tredici medici di cui sopra.
Ma stamattina nel programma radiofonico “radio tre scienza” la conduttrice chiede conto della vicenda al direttore Giuseppe Remuzzi, e l’intervista radiofonica è molto esplicativa…
ascolta da 5.00 in poi…
e a 6.20 la pubblica esibizione dei traditori in camice bianco, coloro che si sono allontanati dal sentiero tracciato…
https://www.raiplayradio.it/audio/2020/03/RADIO3-SCIENZA—Chi-cura-i-medici-a6b6837a-6813-4a58-8afb-bff29f4e2b76.html
È molto istruttivo seguire questa micro-polemica all’interno della classe medica.
È anche molto interessante ascltare le parole del direttore dell’istituto privato di ricerche farmacologiche “Mario Negri” mentre parla del diluvio universale,di Noè e della sua Arca (8.20) fornendo finalmente concretezza alle sue argomentazioni…
Facendo un confronto fra la lettera (in inglese) sul NEJM e l’articolo sul “Fatto quotidiano”, che ne riporta solo alcuni stralci, spicca l’assenza del vero focus della lettera:
«Western health care systems have been built around the concept of patient-centered care, but an epidemic requires a change of perspective toward a concept of community-centered care. What we are painfully learning is that we need experts in public health and epidemics, yet this has not been the focus of decision makers at the national, regional, and hospital levels. We lack expertise on epidemic conditions, guiding us to adopt special measures to reduce epidemiologically negative behaviors.
For example, we are learning that hospitals might be the main Covid-19 carriers, as they are rapidly populated by infected patients, facilitating transmission to uninfected patients. Patients are transported by our regional system, which also contributes to spreading the disease as its ambulances and personnel rapidly become vectors. Health workers are asymptomatic carriers or sick without surveillance; some might die, including young people, which increases the stress of those on the front line.
This disaster could be averted only by massive deployment of outreach services. Pandemic solutions are required for the entire population, not only for hospitals».
Eppure questo argomento è già presente nel summary che introduce la lettera:
«In a pandemic, patient-centered care is inadequate and must be replaced by community-centered care. Solutions for Covid-19 are required for the entire population, not only for hospitals. The catastrophe unfolding in wealthy Lombardy could happen anywhere. Clinicians at a hospital at the epicenter call for a long-term plan for the next pandemic».
Remuzzi sembra rispondere solo al cattivo riassunto del Fatto: però se cita le ONG, che nella sintesi del Fatto non ci sono, vuol dire che la lettera l’ha letta per intero.
ah, sì, certamente avrà scorso la lettera in originale e non il riassuntino del “fatto”…
Certo è che il Remuzzi si preoccupa principalmente di screditare la lettera dei suoi tredici colleghi-avversari (non 5/6 come per svariate volte afferma, lo sa perfettamente quanti sono, e chi…) e usando la retorica d’accatto devia l’attenzione dell’ascoltatore radiofnico sui soliti temi unificanti.
cercare di ottenere chiarezza dal presidente del Mario Negri è come cercare di convincere un ingegnere che il P
(continua)
cercare di ottenere chiarezza dal presidente del Mario Negri è come cercare di convincere un ingegnere che il Ponte Morandi non era proprio uno straordinario capolavoro ; se ci si trova rinchiusi da sempre nei propri paradigmi anche professionali, è difficile mantenere lucidità.
per questo i tredici medici vanno ancor di più elogiati ed ascoltati
Il punto è che *quasi tutti* gli *esperti*, qualunque cosa dicano, sembrano incapaci di uscire dai confini della propria disciplina (o del proprio spicchio di disciplina). I firmatari di questa lettera invece impostano un discorso generale non su cosa ci sarebbe dovuto essere prima dell’epidemia fine a se stesso, ma su quali errori non dovremmo replicare dopo l’epidemia: e poiché l’epidemia è globale, così come globali ne sono state le dinamiche di propagazione, misurato sul globale dovrà essere il modello di medicina di domani. Dalla medicina centrata sul singolo paziente alla “community-centered care”.
Io di questa lettera avevo visto la notizia riportata dal giornale di Brescia, più sintetica ma decisamente incisiva: https://www.giornaledibrescia.it/italia-ed-estero/coronavirus-una-catastrofe-della-salute-pubblica-e-non-solo-1.3468984
«Sforzo imponente, ma per nulla da elogiare. Prevalentemente condotte “a tappeto” (e però con inconsulte eccezioni), le operazioni condotte in quei giorni erano inutili o sbagliate. Si ebbe allora l’impressione – e se ne trova conferma – che si volesse impressionare l’opinione pubblica con la quantità e la vistosità delle operazioni, noncuranti affatto della qualità»
Un parere anonimo sul dispiego di uomini e mezzi delle Forze dell’Ordine durante questi giorni virali?
No.
Leonardo Sciascia, relazione di minoranza di fronte alla Commissione Parlamentare d’Inchiesta sul sequestro Moro. La frase si riferisce ai controlli, ai posti di blocco e alle perquisizioni di polizia e carabinieri nelle ore e nei giorni successivi al rapimento.
Strategie manipolatorie che ritornano. Non conta l’efficacia in termini di raggiungimento del risultato che si vorrebbe ottenere. Conta solo esibire la forza. Molto subdolamente, con il benestare di un gran numero di italiani affetti da sindrome simil Stoccolma, chiunque in questo momento rivesta una carica politica od istituzionale sembra provi un sadico piacere nel perpetrare soprusi. Non sono a conoscenza di eccezioni anche se mi sentirei sollevata laddove emergessero.
Molto bella e calzante la citazione di Sciascia.
A me viene in mente anche la Vita Agra in cui Bianciardi fa raccontare al protagonista di essere stato fermato dalla polizia a Milano solo perché ‘passeggiava’ senza una meta
[…] Pietro De Vivo, Luca Casarotti, “«È colpa di quelli come te se c’è il contagio!». Abusi … […]
Su Repubblica oggi è comparso un book fotografico, con tanto di primi piani, dell’uso dei droni da parte dei tutori dell’ordine pubblico, con annesso un commento a dir poco imbarazzante. Inquietante è anche il cambio di direzione dell’opinione pubblica sull’uso dei droni, fino a un mese fa c’era u0indignazione diffusa perché utilizzati dal governo cinese, adesso tutti fanatici di questi oggetti tecnologici osannato da tutti:
https://napoli.repubblica.it/cronaca/2020/03/25/foto/coronavirus_droni_dei_carabinieri_per_controllare_gli_assembramenti-252291157/1/?ref=RHPPTP-BH-I252189793-C12-P15-S1.12-F6#1
“A Scampia i carabinieri usano i droni per controllare al meglio il rispetto delle misure adottate per contenere la diffusione del Covid-19. “È uno strumento utilissimo e fondamentale – spiega Alessandro Dominici, comandante del nucleo radiomobile del comando provinciale di Napoli – che ci consentira’ di osservare, da una posizione privilegiata, e individuare in breve tempo gli assembramenti. Non parliamo, ovviamente, delle code fuori al supermercato, anche se sono oggetto di controllo, ma di ogni tipo di assembramento disordinato e non legittimato”. Con l’impiego del drone è possibile segnalare questi assembramenti di persone “e consentire – osserva Dominici – tramite la centrale operativa di attivare i servizi gia’ dispiegati sul territorio, che in questo periodo sono numerosi, anche con il contributo delle oltre 100 stazioni presenti in tutta la provincia.”
C’è anche il video dove si autoriprendono senza motivo:
https://video.repubblica.it/edizione/napoli/napoli-dai-carabinieri-controlli-con-il-drone-per-chi-non-resta-a-casa/356732/357297
Nella foto 6 c’è uno sbirro senza mascherina che contagia una donna (con mascherina) avvicinandosi a meno di un metro e mezzo di distanza.
Nelle foto 1, 2, 7 e 9 ci sono assembramenti di sbirri che non rispettano la distanza e non hanno la mascherina.
La foto 22 invece è fantastica.
Intanto, grazie della testimonianza, purtroppo la gente sembra impazzita. Io mi trovo in un piccolo paese lontano dalle grandi città, qualche giorno fa stando a casa ormai da 3 settimane senza possibilità di muovermi mi sono avventurato forse, non dovevo, in una corsetta intorno alla mia abitazione circa 100 metri in tondo, sono stato poi fermato e minacciato dai carabinieri di denuncia e di essere addirittura portato in caserma per aver contravvenuto a delle regole che non vengono specificate nel dpcm, ovviamente ci sono stati vari insulti del tipo “assassino che ci fai qui fuori” e sono stato lasciato andare solo dopo che hanno preso il mio documento, si sono segnati i miei dati e mi hanno congedato con, “ecco il tuo documento, ora sappiamo chi sei e dove abiti, non farti trovare fuori più”, io testardamente volevo esercitare il mio diritto, allora ho chiamato altre forze dell’ordine che mi hanno confermato che non stavo facendo nulla di illegale. Ieri ed anche Oggi, lo spiacevole incontro con le forze dell’ordine è avvenuto lunedì, mi sono trovato l’unità dei carabinieri sotto casa allo stesso orario in cui mi avevano trovato fuori l’altra volta, erano fermi, sembravano aspettare qualcosa o qualcuno, avevo paura, ho chiamato persino mio padre perché stavo avendo un crollo psicologico dovevo sentire qualcuno. Così ho chiesto informazioni al comune su questi provvedimenti che stanno effettuando i militari, non ho ricevuto udienza, nessuno mi può aiutare, mi sento abbandonato e ho paura. Non so se ci saranno conseguenze per queste persone, ma davvero mi trovo ad aver paura anche solo di uscire a 20 metri da casa.
Scusa, io non sono nessuno e non saprei come aiutarti concretamente ma credo che la cosa migliore che tu possa fare, in questo momento, sia comunicare a più persone possibile il tuo timore. Avvertire tutti gli amici del fatto che ti senti minacciato. Magari, a titolo informativo, consultare telefonicamente un avvocato, spiegandogli bene la situazione e la tua paura per la tua incolumità. Se si ripetono episodi in cui ti senti controllato, cerca di raccogliere prove. Magari scattando foto o facendo video, senza esporti.
Nei limiti del possibile non lasciare che condizionino la tua vita e, se decidi di uscire, avverti prima qualcuno. Chiedendogli di vigilare sulla tua incolumità. Anche solo con una telefonata. Spero che possano essere consigli utili e soprattutto corretti.
Raccogli qualche prova e contatta un avvocato per sapere se ci sono gli estremi per inviare una diffida. Luca Casarotti forse può darti qualche consiglio? Inoltre ci sono quelli di Acad, che si occupano proprio degli abusi in divisa e hanno anche un numero verde (non so però se é attivo in questi giorni di lockdown. http://www.acaditalia.it/
Solidarietà, tieni duro. Non lasciare che si prendano la tua mente e le tue energie.
Banalmente credo che per il solo averti dato dell’assassino ci siano gli estremi per una bella denuncia per diffamazione. Il problema è dimostrarlo, ma penso che se la prossima volta che esci accendi il registratore sul cellulare e quando ti fermano dichiari che stai registrando (e che hai lasciato detto a più persone che stavi uscendo col registratore acceso come tutela e per evitare che ti rompano il cellulare), qualsiasi cosa dicano di sbagliato avrà valore legale
Non so se può consolarti ma, moltissimi anni fa, una camionetta dei carabinieri in assetto antisommossa si è presentata a casa di mia mamma. Avevano beccato mio fratello in macchina nel parcheggio di un supermercato a fumare. La loro intenzione era quella di fare paura alla mia famiglia. Mia madre li ha liquidati in quattro e quattr’otto senza dargli alcuna soddisfazione. Senza mostrarsi intimidita e con moltissima freddezza. Il loro scopo è quello di incutere paura. Non sottovalutare il pericolo ma rimani lucido.
Grazie della testimonianza. Ci uniamo ai consigli che ti hanno già dato altri: avvisa amiche e amici, contatta ACAD e/o senti un avvocato… E segnalaci se in questi giorni te li trovi ancora sotto casa.
Legalmente, al momento, loro possono permettersi di farlo: ma se i controlli si protraggono a lungo la situazione potrebbe cambiare. Si potrebbe valutare se non ci siano gli estremi del reato di minacce.
Credo sia molto interessante lo studio dell’andamento dei contagi nelle varie nazioni anche per giudicare l’efficacia delle misure prese paese per paese.
Questo grafico che si raggiunge da sito del ilsole24ore mi sembra interessante e di facile comprensione anche per non esperti.
https://public.flourish.studio/visualisation/1572058/?utm_source=embed&utm_campaign=visualisation/1572058
Comunque é abbastanza chiaro che il lockdown assoluto non sia l´unica strada. Qui in Germania é molto piú soft e per ora pare comunque funzionare abbastanza. Certo il tempo deciderá, ma é stato comunque rimarcato di limitare le uscite ma non di eliminarle completamente.
E comunque:
https://rep.repubblica.it/pwa/generale/2020/03/25/news/coronavirus_il_primo_studio_di_harvard_sull_italia_da_emergenza_sanitaria_si_passera_ad_emergenza_psicologica_-252306258/?ref=RHPPTP-BH-I252311569-C12-P7-S2.4-T1
pare che Harvard si stia giá interessando a quali saranno le ricadute sulla salute mentale della popolazione di un lockdown cosí stringente (sto cercando lo studio in rete…)
L’articolo cita due studi, uno dovrebbe essere questo (ancora in lavorazione): Evaluating COVID-19 Public Health Messaging in Italy: Self-ReportedCompliance and Growing Mental Health Concerns
Dell’altro studio, quello italiano del CNR, per ora sembra che sia uscito solo quest’articolo: Hikikomori per decreto. La fragilità di una libertà costretta
Dal primo articolo:
Parlano di “noi”!
Trovata la pagina dello studio del CNR, che è ancora in corso: Indagine sui Mutamenti Sociali in Atto (MSA-COVID19)
C’è anche il questionario da compilare per partecipare allo studio come soggetti
Risultato interessante dello studio di Harvard: il ricatto morale ormai è inutile, né sottolineando le possibili conseguenze negative per una parte della popolazione, né dicendoti proprio che ti muore il babbo o la mamma, è possibile convincere ulteriormente le persone della bontà delle misure anti-contagio o ridurre lo scetticismo verso la gestione dell’emergenza – le persone sono già al limite della persuasione, e anche la coercizione servirà a poco perché il rispetto delle regole (autodichiarato, certo) è già altissimo, quasi totale
“6. Nudges to improve attitudes already near their maximum have little effect
In case the messaging was not effective, we implemented a fully randomized survey experiment with informational interventions to try to drive strong pro-health beliefs (Figure 1 and 2) and positive opinions about the crisis response (Figure 5 and 6). A third of respondents assigned to the control group received no message, a third received a message about social externalities with a prompt for reflection (“If you are infected with COVID-19, you are likely to infect 2,000 people – including your and your friends’ parents and grandparents, who might die. Join the great majority of Italians and stay home. Please write 1-2 sentences reflecting on this message. How does it make you think/feel?”), and the last third received a message about social externalities with a prompt to name a vulnerable loved one (“If you are infected with COVID-19, you are likely to infect your parents, your friends’ parents, and/or one anyone of your close ones. If they are older than 50, they may die. In the text field below, please name a loved one (example: my father, my grandmother) that you’re most worried about contracting COVID-19.”).
In fact, these beliefs were so close to the ceiling to begin with, there was little room for an intervention to have an effect.
Figure 13 and 14 report the results. Nearly everyone in all three messaging groups – social externalities with reflection, social externalities with personal naming, and no message – agreed on the necessity of canceling social gatherings, closing non-essential businesses, imposing a curfew, and avoiding physical contact. The treatments did little to decrease skepticism or cause backlash (Figure 14). We further did not find that receiving treatments changed any intention to leave home in the coming week or the reasons for doing so. There were also no significant treatment heterogeneities on any outcome by gender, age, health group, anxiety levels, or any past behavioral reports or other attitudinal traits.
This is consistent with a theory of information overload: that is, before our intervention, everyone already received this information and accepted its importance from previous studies, advertising, government messaging, friends, family, and other sources (though some rejected). Therefore, additional information is unlikely to change anyone’s beliefs on the necessity of the given measures. Indeed the maximum theoretical effect (which would be seen by moving these percentages up to 100%) was close to the measurement uncertainty”
Segnalo uno studio dell‘Oxford Evolution Ecology of Infectious Disease, dell’Università di Oxford, coordinato da Sunetra Gupta, i cui risultati sono stati pubblicati dal Financial Times il 24 marzo. Oggi diversi giornali italiano ne parlano.
(Per chi è interessato lo studio si può trovare qui: https://www.dropbox.com/s/oxmu2rwsnhi9j9c/Draft-COVID-19-Model%20%2813%29.pdf?dl=0i)
Secondo lo studio, il virus Sars-Cov-2 si sarebbe diffuso nel Regno Unito a partire da gennaio e avrebbe già circolato in circa il 50% della popolazione inglese, in forma raramente sintomatica o nascosto tra i casi di influenza stagionale.
Secondo il Financial Times, lo studio contraddice apertamente la ricerca dell’Imperial College London che ha convinto il governo britannico a cambiare la strategia iniziale basata sulla cosiddetta immunità di gregge.
Lo studio dell’Imperial College, nei giorni scorsi, è stato usato come argomento ammazza-discussioni, clava da usare contro chiunque non avesse una visione acritica del «modello italiano», e base per proiezioni da incubo su come sarà la società futura, con ricorrenti lockdown di massa, distanziamento sociale permanente, controllo totalitario ecc.
Se venisse fuori – e sottolineo dieci volte «se» – che quel rapporto era scazzato, ne vedremmo delle belle. Crollerebbe buona parte dell’impalcatura propagandistica e terroristica di queste settimane.
La cosa incredibile è come quello studio viene raccontato da La Repubblica. Cito l’incipit:
«Un brivido lungo la schiena: “Il 50% dei britannici e dei residenti in Regno Unito potrebbe aver già contratto e/o superato il coronavirus”. Ossia oltre 30 milioni di persone.» ( https://www.repubblica.it/esteri/2020/03/25/news/coronavirus_lo_studio_shock_dell_universita_di_oxford_il_50_dei_britannici_potrebbe_esser_gia_stato_infetto_-252265118/ )
Ebbene, l’espressione corretta sarebbe dovuta essere «Un sospiro di sollievo», non certo «un brivido lungo la schiena». La scelta dell’espressione idiomatica rivela che la posizione assunta è quella del fobico, non quella di chi dà notizie, e peraltro qui dà una notizia positiva sulla tenuta del corpo umano al virus.
E’ come se dici a chi ha il terrore degli scorpioni:
«Ehi, ma lo sai che gli scorpioni che abbiamo in Italia non sono letali?»
Al che il fobico risponde: «Non ne voglio sapere niente, alla sola parola “scorpioni” mi sento morire…».
Il contenuto che dovrebbe rassicurare diventa così un contenuto di per sé *allarmante*. Siamo davanti a una versione articolata del già citato «fare lalalala» tappandosi le orecchie, e si manifesta sull’organo di stampa che più orienta ideologicamente il governo italiano.
Dà una notizia positiva sulla tenuta del corpo umano al virus e, va da sé, anche sulla possiblità e realtà di una diffusa immunizzazione.
Lo studio uscito da Oxford sta aprendo un dibattito in tutto il mondo, e va detto che nessuno pare averla impostata come Repubblica. Sembra che lo scopo non sia trarre conclusioni sulla scala dell’epidemia in UK, ma dimostrare che mancano dati certi e quindi tutti i “modelli” sono fallati, e che i dati certi arriverebbero coi test sierologici.
Sul Guardian Ian Sample riporta critiche a questo studio e dice che ha dei limiti (alcuni dichiarati), ma specifica che anche quello dell’Imperial College era controverso.
https://www.theguardian.com/science/2020/mar/25/coronavirus-exposes-the-problems-and-pitfalls-of-modelling
I test sierologici su un campione statisticamente rappresentativo della popolazione, fornirebbero dati su cui impostare qualsiasi proiezione matematica ed epidemiologica.
Cadrebbero molti “se”, ma sono dati che continuano, inspiegabilmente, a mancare.
Giustificare questa mancanza con il costo elevato dei test è ridicolo.
Ed è altrettanto ridicolo sostenere che ci vorrebbero tempi troppo lunghi.
Una buona parte del mondo è paralizzata, chiusa in casa ed in preda al terrore, e non c’è la capacità/volontà di fare un’analisi statistica basata sui test sierologici, per comprendere la reale diffusione di questo virus all’interno di una popolazione?
Uno dei punti fondamentali su cui si concentra Sunetra Gupta è che
“Dobbiamo iniziare immediatamente una ricerca sierologica su vasta scala, test anticorpali, per stabilire in quale stadio dell’epidemia ci troviamo ora”.
Io aggiungerei anche un “avremmo dovuto”.
Qui in Italia si danno ogni giorno numeri in libertà: «i contagiati calano leggermente», «i contagiati tornano ad aumentare»… «La curva dei contagi» di qua, «la curva dei contagi» di là… La verità è che non hanno la minima idea di quanti si siano presi il virus, quanti siano già guariti, quanti siano gli asintomatici, non sanno niente di niente.
Eppure, a sentir loro, la situazione nel complesso peggiora. E nel loro frame, non peggiora in certe zone e situazioni: peggiora in generale, indifferenziatamente. E questa è la pezza d’appoggio per continuare nella strategia [lo so: parole grosse, e troppo generose, N.d.A.] adottata qui e da nessun’altra parte in Europa (ma nemmeno in Cina, dove in definitiva hanno chiuso una provincia): tenere un intero Paese agli arresti domiciliari.
Ma se la situazione continua a peggiorare indifferenziatamente, come dicono loro, forse dovremmo mettere in discussione la strategia, che non sta funzionando. E invece no, si dà la colpa a chi «esce di casa», quando invece le strade sono ormai deserte, il numero di chi sta tappato in casa non può allargarsi più di tanto, e difficilmente il numero di chi esce può essere ancora compresso.
Rispetto anche solo alla settimana scorsa, però, le voci critiche sono aumentate, l’insofferenza finalmente viene espressa, meno gente si autocensura, dubbi sui provvedimenti adottati e su un potere che persevera imponendo il lockdown assoluto provengono dalle direzioni più varie. L’ultimo decreto non è stato accolto a guardia bassa come i precedenti, e anche l’annuncio odierno del quinto cambiamento del modulo per l’autocertificazione fa girare le balle a mille.
La reazione durissima e generale ai manifesti demenziali messi sulle strade dal sindaco di Cagliari mi porta anche a pensare che i sindaci-sceriffi siano rimasti un passo indietro: il mood sta cambiando, ma loro vanno avanti per inerzia. Speriamo vadano a sbattere.
Non è che riesci a dare qualche informazione in più sul dibattito attorno allo studio? In quali paesi si sta sviluppando? Come? Ci sono dei link che poss(iam)o consultare? Consiglio di seguire con attenzione Norvegia e Svezia, perché sono stati abbastanza simili che hanno adottato strategie decisamente diverse (“repressiva” la Norvegia, “permissiva”la Svezia) e non sembra che ci siano, fino a qui almeno, apprezzabili differenze nelle curve di contagio. Sarò interessante vedere come prosegue, ricordandoci che in Svezia sono il doppio rispetto ai norvegesi
Il dibattito è riportato sui media e sui siti di divulgazione scientifica dei vari paesi.
Oltre all’articolo sul Financial Times a cui faceva riferimento Nephila e a quello sul Guardian che ho linkato io, eccone un altro sul Guardian:
https://www.theguardian.com/commentisfree/2020/mar/25/mass-covid-19-testing-is-vital-but-the-data-must-be-localised
Questo su Science Magazine:
https://www.sciencemag.org/news/2020/03/mathematics-life-and-death-how-disease-models-shape-national-shutdowns-and-other
Questo su Wired:
https://www.wired.co.uk/article/coronavirus-infections-oxford-study-immunity
New York Magazine:
https://nymag.com/intelligencer/2020/03/oxford-study-coronavirus-may-have-infected-half-of-u-k.html
Grazie mille, ho dato un’occhiata rapida e direi che emergono due cose: la prima è che il modello sia ottimistico. Immagino che però serva a dire che non tutti la pensano allo stesso modo, senza per forza sposare una tesi.
La seconda per le “nostre” discussioni è maggiromente rilevante e va nella direzione di cui parlava Wolf. Se davvero avessero ragione sarebbe una BELLA notizia, non un BRIVIDO. Incredibile davvero quello che fanno i giornali italiani, proprio al di là di qualsiasi grazia di dio.
[…] Ci hanno indotto a pensare, per giorni, che la colpa della diffusione del virus, del fallimento del contenimento fossero i runners, i passeggiatori solitari, i cittadini annoiati che vanno alla coop ogni giorno. E intanto nel centro produttivo del paese le fabbriche lavoravano a pieno regime, i pendolari riempivano i mezzi pubblici, le cui corse erano state tagliate dagli amministratori, sovraffollandoli (https://medium.com/@tonyscalari/bergamo-is-running-quando-il-contagio-era-una-sensazione-ingannevole-9b2bd0f3320e). L’analisi delle celle telefoniche, messa in campo e data in pasto al pubblico per dimostrare che “c’è ancora troppa gente in giro”, intanto dimostrava che i movimenti si riducevano drasticamente nei weekend, confermando che sono in realtà gli spostamenti per lavoro, a motivare il movimento, e che in realtà i cittadini hanno risposto con responsabilità alla richiesta di distanziamento sociale. Ma mentre i social (e i balconi) si riempivano di moralizzatori, e mentre si cantava l’inno nazionale e si diceva “uniti ce la faremo”, le sentinelle additavano i trasgressori, chiamavano la polizia, invocavano denunce, pene, gambizzazioni e esercito, e l’esercito è presto arrivato (https://www.wumingfoundation.com/giap/2020/03/vendicatori-in-divisa-coronavirus/?fbclid=IwAR2fmMKtx-…). […]
[copio e incollo un aggiornamento e alcune considerazioni che ho scritto dal Laos]
Entro il primo di Maggio la maggior parte delle attività economiche legate al turismo e alla ristorazione saranno chiuse. Pare che la riapertura sarà a settembre ma spesso i cartelli riportano la scritta: “fino a data da definirsi”. Non è previsto l’arrivo di altri turisti cui ormai, anche solo per atterrare nella vicina Tailandia, è richiesta un’assicurazione medica che copra i costi da epidemia causati dall’assicurato e un test negativo al COVID19.
Molte attività commerciali hanno già dimezzato o ridotto il personale. I più fortunati tra i nuovi disoccupati avranno una quota del loro stipendio, una sorta di cassa integrazione pagata dal datore di lavoro. Per tutti gli altri c’è solo il ritorno ai campi che nella stagione delle piogge hanno bisogno di braccia. Nel frattempo i mercati urbani di frutta, verdura e carni sono in via di chiusura.
Si è messo in moto un esodo di rientro di migranti legali e non dalla Tailandia ormai disoccupati. Sul loro numero non c’è unanimità. Secondo alcune fonti in francese sono quasi 100.000 i laotiani che stanno tornando nel loro Paese. C’è stato anche un esodo opposto, in uscita dal Laos, seppur di minore entità. La comunità di expat della cooperazione internazionale è partita sugli ultimi e pienissimi aerei internazionali che volavano via fino a pochi giorni fa. Anche per loro il rientro è previsto “ai primi di settembre”.
Corrono voci sulla prossima chiusura delle banche. Non si è ancora osservato nessun “assalto agli sportelli” e non si teme, per il momento, una crisi di liquidità. Ancora non è chiaro però che tipo di dinamiche inflazionistiche saranno messe in moto dal lockdown. I mercati valutari “degli angoli” comprano dollari ed euro a tassi molto più alti di quelli interbancari. E’ forse un segnale di tempesta in arrivo. I canali bancari ufficiali professano tranquillità. Tutto dipenderà però dalla durata del lockdown.
Il Laos ha un territorio esteso quasi quanto quello della Gran Bretagna e una popolazione stimata di circa 7,2 milioni di abitanti; 3 milioni meno della Lombardia. A causa della guerra “Americana” è anche una popolazione giovane. Molti ventenni e trentenni morirono a cavallo tra gli anni 60’ e 70’ e oggi sono i loro figli a chiedersi come organizzarsi per la pensione. Forse anche per queste ragioni demografiche, ad oggi, sono stati riportati solo 2 casi di coronavirus. La notizia è stata diffusa il 24 Marzo. Uno di loro era una guida turistica, l’altro un autista di minivan per turisti. Il contagio quindi non è associato a Wuhan ma agli “occidentali”. Il virus dalla Cina, se è passato da queste terre, è stato certamente trattato come un’altra forma influenzale ma pare non abbia innalzato i già alti tassi di mortalità per malattia del paese.
Nei villaggi raccontano che le stive sono piene di riso e altre vettovaglie ed è stato vietato l’ingresso di ogni straniero. Alcuni agglomerati di villaggi in posizioni remote hanno formato ronde per impedire l’accesso di esterni. Sulle arterie di comunicazione principali, polizia e militari hanno organizzato posti di blocco per ridurre o controllare i collegamenti tra i centri urbani e le aree rurali. Ci troviamo quindi dentro una guerra in cui si cerca, alla buona, di dare una fisionomia al nemico da combattere.
Per ora però, più del virus pare sia la paura ad essersi diffusa con rapidità e questa volta non è stata disseminata dai governi locali con la loro politica di segretezza e silenzio. Una combinazione di ignoranza e paranoie, desiderio di avere una voce ed ego incontrollati, interessi economici e di caos ha diffuso attraverso i social media informazioni spesso inaccurate e parziali, se non del tutto errate. Dubbi e timori hanno così attecchito in simultanea ad Europa e USA e non all’inizio dell’epidemia in Wuhan nel gennaio scorso. Questa anomalia spazio-temporale necessita allora di analisi più ampie.
La nozione di pandemia che è andata affermandosi e il consenso mediatico sul “One world, One policy” sono stati in grado di generare la stessa “risposta scientifica” in contesti epidemiologici e sociali radicalmente distinti. Il COVID19 è balzato in cima alle agende di ogni governo in ogni angolo del globo; anche dove le emergenze sanitarie locali presentano caratteristiche e urgenze più variegate. Il “male comune” ha quindi obbligato i governi a seguire pratiche da “guerra batteriologica” che hanno prodotto un protezionismo pro-tempore “fino a data da definirsi”. Le relazioni di amicizia non si sono interrotte, ma certi legami sono per il momento sospesi. Questo, di fatto, non permette alle economie ai margini di sostituire certe relazioni commerciali trans-regionali con reti più prossime che fino a ieri erano considerate sub-ottimali ma che un lockdown “fino a data da definirsi” dell’Occidente o di un paese vicino potrebbe rendere vantaggiose. Il blocco dei flussi di beni e persone su scala globale ha così portato il Capitale a rifugiarsi in qualche atollo sull’oceano invece di cercare “mercati emergenti”.
La sfida per il contenimento del COVID19 rappresenta quindi un campo del conflitto tra potenze che si intreccia alle guerre commerciali ed ha prodotto una sospensione utile a mantenere inalterate certe dinamiche post-coloniali. Oltre alla capacità di indebitamento di certi paesi o di certe famiglie e persone, al centro della crisi attuale vi è anche un rinnovato spazio di supremazia del “sapere” emanato da alcuni luoghi del mondo. In questo incontro emergeranno verosimilmente nuovi accordi quadro che riguarderanno collaborazioni scientifiche per la diffusione di conoscenza e vaccini insieme al rilascio di licenze per lo sfruttamento di suoli e sottosuoli.
Da queste parti allora, ogni crisi di liquidità locale potrebbe risolversi con ulteriori vendite di terre e costruzioni di immobili a prezzi di saldo. Nei prossimi mesi scopriremo se saremo anche capaci di rispondere creativamente e in forma partecipata alle logiche estrattive di un virus che si insinua nei meandri delle dinamiche sociali della fiducia prima ancora che nelle vie respiratorie. Non vedo al momento altre strade per riannodare il senso dei territori in cui viviamo, senza dover aspettare per forza la loro ennesima vantaggiosa rivendita.
Intanto da oggi col nuovo decreto (uno dei tanti) le denunce (che si riferivano all’articolo 650 del codice penale) sono state sostituite con una sanzione amministrativa, quindi una semplice multa, che va da 400 a 3.000 euro.
È una implicita ammissione dell’inconsistenza di quelle denunce che avrebbero solo ingolfato i tribunali e sarebbero state tutte archiviate.
La cosa strana è che hanno stabilito la retroattività di questa misura, quindi anche chi è stato denunciato fino a ieri, ora dovrà pagare la sanzione, nell’importo della metà della sanzione minima prevista (quindi 200 euro, metà di 400). È ovviamente un becero modo per fare cassa (con più di 110.000 denunciati, sperano di incassare 22 milioni). A me sembra strano che sia possibile la retroattività, ma su questo vorrei chiedere un parere a Luca Casarotti.
Il passaggio del decreto che prevede la retroattività:
«Le disposizioni del presente articolo che sostituiscono sanzioni penali con sanzioni amministrative si applicano anche alle violazioni commesse anteriormente alla data di entrata in vigore del presente decreto, ma in tali casi le sanzioni amministrative sono applicate nella misura minima ridotta alla meta’. Si applicano in quanto compatibili le disposizioni degli articoli 101 e 102 del decreto legislativo 30 dicembre 1999, n. 507».
Resta fermo – credo – che queste sanzioni siano contestabili. Prevedo allora una marea di contestazioni, visto che molte denunce (come la mia) saranno state impartite ad mentula canis, anche quando non si stava violando alcunché.
In attesa del parere di Luca, c’è da notare che una sanzione amministrativa può essere impugnata e fatta annullare, mentre con la denuncia penale si sarebbe dovuta attendere la ripresa dell’attività giudiziaria, fare richiesta di conoscere i carichi pendenti ex art. 335 c.p.p., e in caso di procedimento aperto, depositare una memoria difensiva (un testo dove spiegare che eri vicino a casa, che non stavi infrangendo alcun divieto ecc.) per chiederne l’archiviazione. Adesso non viene contestato un reato, ci si può muovere prima.
Luca scriverà un post ad hoc sulle nuove sanzioni, intanto fa notare questo:
«dato che il testo espressamente dispone che la retroattività delle sanzioni amministrative vale per il caso in cui queste sostituiscano sanzioni penali, laddove le sanzioni penali non potevano applicarsi per i motivi che sappiamo, non possono applicarsi nemmeno quelle amministrative.»
Io farei notare un altro dettaglio del nuovo decreto, perché si sa che the devil is in the details. Mi riferisco al comma 6 dell’art. 4 “Sanzioni e controlli” che cito testualmente:
Salvo che il fatto costituisca violazione dell’articolo 452 del codice penale o comunque piu’ grave reato, la violazione della misura di cui all’articolo 1, comma 2, lettera e), e’ punita ai sensi dell’articolo 260 del regio decreto 27 luglio 1934, n. 1265, Testo unico delle leggi sanitarie, come modificato dal comma 7.
Non si capisce un cazzo, lo so, ci vuole pazienza.
Il comportamento sanzionato consiste nel mancato rispetto del “divieto assoluto di allontanarsi dalla propria abitazione o dimora per le persone sottoposte alla misura della quarantena perché risultate positive al virus” (articolo 1, comma 2, lettera e). Insomma, un irresponsabile – è il caso di dirlo – sa di essere contagioso ma se ne sbatte ed esce di casa lo stesso tra la gente. A cosa va incontro? A un minimo di sei mesi a un massimo di 12 anni se “commette, per colpa, alcuno dei fatti preveduti dagli articoli 438 e 439” (articolo 452 del codice penale), ossia se, per colpa, “cagiona un’epidemia mediante la diffusione di germi patogeni” (art. 438) oppure “avvelena acque o sostanze destinate all’alimentazione” (art. 439).
Ok, chiaro, gli irresponsabili che escono tra la gente pur sapendo di essere contagiosi vanno frenati in qualche modo. Se però io non sono un irresponsabile, ma sono solo tra i fortunati ad avere fatto il tampone, a cui sono risultato positivo, però io sto bene, sono asintomatico e in casa sto impazzendo, quindi scendo nei campi sotto casa alle dieci di sera e il drone mi becca, rischio lo stesso dai sei mesi a un massimo di 12 anni, se a processo mi dimostrano che con colpa ho cagionato un’epidemia.
Però siccome è chiaro che con la mia condotta non ho causato un’epidemia, che cosa fa il nostro governo? Ma rispolvera un regio decreto del 1934, ovvio, che mi punirà “con l’arresto da 3 mesi a 18 mesi e con l’ammenda da euro 500 ad euro 5.000” (comma 7 dell’art. 4) per non avere “osservato un ordine legalmente dato per impedire l’invasione o la diffusione di una malattia infettiva dell’uomo”. Per un verso o per l’altro, la mia boccata d’aria mi costerà almeno 3 mesi e 500 €. Non ho fatto del male a nessuno? Ciccia. Hai disubbidito a un ordine dato.
Ma chi sarà a vigilare sull’osservanza di queste norme così bonarie? Per scoprirlo bisogna passare al comma nove dello stesso articolo, in cui si stabilisce che a vegliare su di noi e a proteggerci dagli irresponsabili untori c’è il prefetto che “ assicura l’esecuzione delle misure avvalendosi delle Forze di polizia e, ove occorra, delle Forze armate” alle quali “è attribuita la qualifica di agente di pubblica sicurezza”. A divertirsi coi droni saranno quei signori rassicuranti con mimetica e mitraglietta, par di capire.
Insomma, l’Italia, la patria di Mussolini, non si fa scrupoli a usare una legge fascista per instaurare lo stato di polizia nella Repubblica nata dalla devastazione della seconda guerra mondiale. Non so voi, ma io un po’ di paura ce l’ho.
(C’ho messo mezz’ora a ricostruire tutta sta merda, tanto chiaro è il linguaggio di lor signori, ma non sono comunque sicura di avere capito bene. Prego Luca, quindi, di correggere tutte le boiate che ho scritto.)
L’unica cosa da precisare riguarda i limiti sanzionatori dell’art. 452 c.p. Riporto quel che scrivevo su Jacobin, quando ancora l’art. 452 era solo menzionato nella direttiva del ministero degli interni indirizzata ai prefetti l’8 marzo scorso:br>
Ecco il testo dell’art. 452 del codice penale:
“
Chiunque commette, per colpa, alcuno dei fatti preveduti dagli articoli 438 e 439 è punito:
1) con la reclusione da tre a dodici anni, nei casi per i quali le dette disposizioni stabiliscono la pena di morte;
2) con la reclusione da uno a cinque anni, nei casi per i quali esse stabiliscono l’ergastolo;
3) con la reclusione da sei mesi a tre anni, nel caso in cui l’articolo 439 stabilisce la pena della reclusione.
Quando sia commesso per colpa alcuno dei fatti preveduti dagli articoli 440, 441, 442, 443, 444 e 445 si applicano le pene ivi rispettivamente stabilite ridotte da un terzo a un sesto.
”
La reclusione dai 3 ai 12 anni è prevista al n. 1), che rimanda agli artt. 438 e 439, nella parte in cui questi stabiliscono la pena di morte. Ma essendo la pena di morte stata abolita dal codice penale con il decreto luogotenenziale 10 agosto 1944 n. 224, il n. 1) dell’art. 452 s’intende implicitamente abrogato. La pena massima che può essere irrogata in applicazione dell’art. 452 è 5 anni (n. 2).br>
Poi, sull’effettiva configurabilità del reato di cui all’art. 452 ci sono almeno due perplessità. Riporto ancora dal pezzo per Jacobin:
L’intento del ministero [ora del legislatore] è di evocare il timore della sanzione penale per chi, con un comportamento colposo, contribuisse al rischio di propagazione dell’epidemia. L’art. 452, infatti, rimanda a sua volta all’art. 438, che appunto punisce il pericolo di causare un’epidemia «mediante la diffusione di germi patogeni». Ma il reato di epidemia non è affatto stato pensato per i comportamenti a cui il ministero vorrebbe applicarlo, seppure nella sua declinazione colposa. Il manuale di diritto penale di Giovanni Fiandaca ed Enzo Musco ne presenta così la ratio: «Questa fattispecie, sconosciuta ai codici precedenti, è stata introdotta dal legislatore del Trenta in base alla considerazione che l’evoluzione scientifica ha (almeno teoricamente) incrementato la possibilità di procurarsi colture di germi patogeni, al fine di provocare e diffondere epidemie». Insomma, nulla a che vedere con violazioni dell’isolamento imposto dalla quarantena. Teniamo oltretutto conto che l’art. 438, a cui il 452 – come detto – rimanda, punisce chi causa un’epidemia. E chi può, ora, anche solo determinare il pericolo di causare un’epidemia, dato che l’epidemia è già in atto?
Purtoppo la «depenalizzazione» è solo apparentemente un alleggerimento delle pene; o meglio lo è solo nel senso della cd «fedina penale» ma, in cambio, è un appesantimento economico.
Quando Renzi «depenalizzò» gli atti osceni, la destra urlò al «non c’è più religione, che schifo!». Ma in realtà quella decisione produsse il passaggio da una situzione in cui *di fatto* finivi per essere sanzionato – dopo un processo – solo se pisciavi davanti al Pantheon di giorno o se copulavi parcheggiato in macchina a mezzogiorno davanti a una questura… a una situazione invece in cui qualsiasi incontro sfortunato con le FFOO produceva immediatamente la sanzione di 10mila euro (sesso) o 5mila (oscenita «non sessuali».
Questo governo sembra avere lo scopo precipuo di non assumersi alcuna responsabilità: scarica sul locale, che a sua volta scarica sui cittadini; oppure sanziona, ma non vuole risponderne in tribunale etc. Questo della depenalizzazione, nella sua banalità renziana, è un colpo di maestro, e conferisce ancora più potere e arbitrio alle FFOO, e deresponsabilizzazione del governo.
Sulla retroattività beh, questa mi pare un po’ troppo, qui giocano d’azzardo. Sapendo però che lo scopo è comunque raggiunto: mettere paura, così non usciamo più per paura dello stato, una paura generica, non limitata da leggi e «checks and balances», ma una paura priva di contorni, proprio come quella del virus. Lo stato e il virus vibrano allo stesso tempo, all’unisono.
Abbiamo scritto quasi in contemporanea, WM1 e io. Sono due aspetti della stessa questione, tutto dipenda da quanto costa, di fatto, fare ricorso; e se buona parte dei sanzionati non sceglierà di pagare per chiudere la questione.
Sulla «ratio» del provvedimento siamo certamente d’accordo: mettere ancora più paura, eliminare quella bella speranza nell’archiviazione che buona parte delle vittime della repressione ancora coltivava. Uscire ancora di più, passetto dopo passetto, dal simulacro di uno stato di diritto.
Nel mio quartiere ( San Vitale) in maniera assolutamente informale e ” clandestina ” si sta sviluppando una rete di solidarietà e di mutuo soccorso per i senzatetto. Stefania prepara pasti caldi. Carla li ospita per una doccia, io faccio il giro delle chiacchiere e delle lamentele e magari delle sigarette, che compro solo per loro. Già che i bambini sono scomparsi e quindi, occhio non vede cuore non duole, i senzatetto non sono ancora riusciti a farli sparire dal panorama. Ieri un senzatetto mi ha chiesto se gli procuro un cane…mi ha detto che gli serve per difendersi da quelli che gli pisciano addosso, ero allibita ma lui mi ha detto che ci è “abituato”.
L’ho scritto su fb, per ricordare a tutti gli esaltati del martirio per autosegregazione, che la vita continua. Anche senza di noi,come dice Vasco… e che quando l’esaltazione mistica da autosegregati sarà terminata dovremo iniziare a fare i conti con la realtà.
Tante persone che non mettono in discussione lo stato di segregazione attuano pratiche e comportamenti di resistenza attiva all’ isolamento.
Confesso: continuo a frequentare fb per stanare gli “imbecilli”. Come in bastardi senza gloria. Per disegnargli in fronte la svastica. Solo per ” soddisfazione ” personale. Non serve assolutamente a nulla. E mi avveleno sempre. Perché l’unica dinamica prevista è quella del tutti contro tutti.
Intanto qualcuno ha cominciato a pubblicare l’ hashtag ” ioesco”.
Nel frattempo è in arrivo un nuovo modulo. La vicenda è ormai grottesca.
Di segnalazioni di abusi devono esserne arrivate anche ai vertici, e nemmeno poche, se il capo della polizia Gabrielli ci tiene a fare una dichiarazione del genere, riportata oggi da Repubblica:
«Ai miei ho detto che dobbiamo essere rigorosi ma anche umani non solo nelle modalità con le quali ci si rapporta con i cittadini, ma anche nel comprendere che i cittadini a volte sono bersagliati da disposizioni non sempre omogenee perché non abbiamo solo disposizioni nazionali, ma anche regionali.»
Mi sembra importantissima anche questa parte:
«C’è una parte di cittadini, che vive magari una condizione di necessità e che questa necessità non sempre trova riscontro in un modulo»
Mi fa pensare alla bella favola di Filo Sottile, dove il vero crimine di Cappuccio è di essere un “mostro” dal genere indefinito (quindi mancante sulla modulistica!) che porta alla nonna un cestino di cibo vegano, cosa inconcepibile per il guardiacaccia e il suo senso per ciò che è giusto e normale
In questo articolo di Repubblica si cita uno studio dell’Università di Torino secondo il quale “i pazienti ricoverati per COVID-19 presentano una elevatissima prevalenza di Ipovitaminosi D”, che riguarda soggetti individuabili, tra gli altri, “negli ospiti delle residenze assistenziali, nelle persone in regime di clausura e in tutti coloro che per vari motivi non si espongono adeguatamente alla luce solare”. Quindi stare fuori sembrerebbe una misura utile contro il virus, a dimostrazione che il rigore fin qui mostrato ha ben poco a che vedere con il contrasto alla malattia.
https://torino.repubblica.it/cronaca/2020/03/26/news/coronavirus_studio_dell_universita_di_torino_assumere_piu_vitamina_d_per_ridurre_il_rischio_di_contagio-252369086/?ref=RHPPTP-BH-I252393293-C12-P5-S4.4-T1
Scusate per quanto stia cercando non riesco più a trovare una tabella (o un articolo o qualcosa) riassuntivo che mostri le differenze delle misure prese stato per stato. Fino alla scorsa settimana ce n’erano diversi, probabilmente ho preso il cojonavirus a forza di leggere bufale in giro per il web… qualcuno mi può aiutare?
Intanto anche il sindaco di Firenze pare abbastanza fuori controllo https://www.firenzetoday.it/cronaca/coronavirus-software-telecamere-assembramenti-strada.html?fbclid=IwAR3dzoak4yfpyYYRV2WFmWUv5YqMvvPgVduDyXwwqgpUhrmbQPNjV8GNvuU
A parte il continuare a spostare in avanti i giorni “decisivi” per il contenimento del virus, vaneggia di un chiaro collegamento tra chi esce e l’aumento dei contagi. Invoca misure ancora più rigide, ma da Firenze mi dicono che non si vede più nessuno in giro da giorni. Non so lì, ma nella mia città gli unici focolai attualmente sono in case di riposo e cliniche. Tantissima gente ha contratto il virus mentre era chiusa da settimane in quelle strutture, a causa della totale impreparazione del sistema sanitario e dei ritardi scandalosi sui tamponi (mi trovo in sicilia).
https://firenze.repubblica.it/cronaca/2020/03/26/news/firenze_caro_sindaco_i_bambini_devono_poter_uscire_almeno_mezz_ora-252363937/
Mi ha colpito il tono della richiesta. Implorante. Mi sembra di essere stata catapultata in un film di fantascienza in cui le persone sono costrette a pregare il Sindaco perché conceda una mezz’ora d’aria per portare fuori i bambini. Questa follia non può continuare.
“Il tam tam corre sui social con l’apertura di un profilo Facebook, il gruppo si chiama ‘Noi’.
Nel giro di 24 ore gli iscritti sono già 585, soprattutto palermitani. S’inneggia alla rivolta: «Basta stare a casa, dobbiamo mangiare». «Recupereresti lo que nos quitas» è lo slogan della pagina Fb, mentre alcuni di loro si organizzano attraverso delle chat. C’è chi dice: «Chi per giorno 3 aprile è pronto alla guerra lo scriva qui sotto e facciamo gruppo», “dobbiamo rompere tutti i supermercati e se vengono gli sbirri…». E ancora: «Per farci sentire dobbiamo razziare i supermercati, come fanno in Siria e in Spagna, la protesta vera e propria è questa, così capiscono a cosa siamo arrivati». E un altro: «Allora ragazzi avevo detto ieri sera, il problema c’è da subito: i bambini devono mangiare». Nel profilo ci sono post sui “gilet gialli» che aggirano i divieti in Francia. In molti ci mettono la faccia, pubblicando video in cui sollecitano la rivolta sociale, mostrando anche i volti dei propri figli piccoli.
Dai social alla realtà il passo è brevissimo. E così nel pomeriggio, a Palermo, una ventina di persone ha assaltato il supermercato Lidl in viale Regione siciliana, tra i più grandi e i più frequentati della città. Sono entrati, hanno riempito i
carrelli di generi alimentari, e raggiunte le casse hanno cercato di forzarle: «Non abbiamo soldi, non vogliamo pagare». Gli impiegati del market hanno chiamato polizia e carabinieri,mentre all’esterno tra la gente in fila, a distanza di un metro
come impongono le regole anti Covid-19, è scoppiato il panico.
Per diverse ore è stato il caos. In città si è sparsa la voce di furgoni che trasportavano derrate alimentari rapinati da bande. Nel gruppo ‘Noì di Fb, Aleandro scrive: «Io non aspetto aprile, sono senza un euro, la mia famiglia deve mangiare.
Perciò senza fare le pecore, scendiamo in piazza e pretendiamo i nostri diritti. Non facciamo chiacchiere, che fanno acidità. Chi fa la pecora e non scende in piazza, per me fa parte dello Stato, senza offesa per nessuno». Intanto sorgono altri gruppi
su Fb di persone che dicono di essere esasperate e c’è chi invita a fare fronte comune perché «se ci uniamo siamo di più, si chiama rivoluzione nazionale».
A Palermo ormai la situazione è esplosiva, l’esasperazione è alle stelle. «A casa ci possono stare quelli che hanno lo stipendio fisso, se noi dobbiamo stare chiusi lo Stato ci deve portare il cibo e deve pagare gli affitti, non siamo Cristiano Ronaldo: qui tre quarti di italiani lavora in nero. Ribellatevi», urla Luky in un video.
Secondo un recente studio della Cgil, a Palermo e provincia un lavoratore su tre è in nero. Il divieto a uscire di casa per fermare i contagi ha svuotato la città. E così chi vive vendendo il pane per strada, chi finora ha guadagnato con la frutta e la verdura nelle bancarelle dei mercati tradizionali o in quelli rionali da due
settimane non incassa più un euro. Sul gruppo «Noi» Salvatore fa il suo appello: «Qui non ci deve essere nessuna rivalità di quartiere: Ballarò, Zen, Sperone, Cardillo, Villaggio Santa Rosalia (zone popolari). Dobbiamo essere uniti, e buttare le corna a terra a questi perché se aspettiamo via Libertà e viale Strasburgo (strade di zone benestanti della città)… a me non mi interessa dei domiciliari, io sono in prima fila. O vinciamo tutti o perdiamo tutti»
L’articolo citato da robydoc è uscito sul quotidiano La Sicilia, eccolo.
Titolo: «Coronavirus e rabbia sociale, gruppo su Fb: “Rompiamo tutti i supermercati”»
Segnalo anche un articolo uscito su Repubblica dal titolo: “Migranti africani poco colpiti? Improbabile ma non ci sono dati”
https://www.repubblica.it/cronaca/2020/03/27/news/migranti_africani_poco_colpiti_improbabile_ma_non_ci_sono_dati-252427582/?ref=RHPPTP-BH-I252331136-C8-P8-S5.4-T1&fbclid=IwAR0Q6hV_Kz8tITaJTsgbZx3wODEU15OpQwIdC1fOfpoYUyRz9m5ng1FtoHA
Penso che il Covid-19 abbia infettato da anni la redazione di Repubblica.
“Una delle tante domande in attesa di risposta (dai numeri) riguarda il rapporto fra extracomunitari e il coronavirus SARS Cov2. In una chat di Whatsapp che circolava molto la settimana scorsa un presunto medico asseriva che gli extracomunitari non si stiano ammalando. Quella chat è diventata un grossolano titolo di apertura del quotidiano Libero , il 25 marzo, forte anche di una autorevole intervista al virologo Massimo Galli che ha dichiarato: “Qui al “Sacco” non abbiamo persone di origine africana ricoverate. La porta di ingresso del virus potrebbe essere diversa a seconda delle etnie”. Due giorni prima però un altro virologo autorevole, Roberto Burioni, aveva preso la sua arma preferita, Twitter, per dire la sua: “L’ultima delle bufale è che il coronavirus non colpisce gli extracomunitari. Chi è dotato di sprezzo del pericolo può venire dove mi trovo in questo preciso momento, al San Raffaele di Milano, per controllare di persona che non è assolutamente vero”. Questo il 23 marzo all’1 e 53 di pomeriggio. Va ribadito perché quel tweet nel frattempo è stato cancellato dall’autore. Questo vuol dire che ha ragione Galli? Lo abbiamo chiesto all’Istituto Superiore di Sanità. Ancora non ci sono dati definitivi, ci hanno detto, ma quello che emerge è questo: i casi di extracomunitari con il coronavirus ci sono ma sono pochi, forse perché gli immigrati sono tutti giovani e potrebbero essere paucisintomatici o asintomatici. Infine abbiamo chiesto una parola definitiva a Walter Ricciardi, che rappresenta l’Italia nell’Oms e che assiste il ministro della Salute in tema di coronavirus, e pur con tutte le cautele del caso, ha ricordato che si tratta di un virus nuovo e quindi tutta la popolazione è suscettibile di contagio, le vulnerabilità possono essere condizionate da specifici tratti genetici di popolazione, ma nessuno è immune. Ora mancano solo i dati.”
Mi ricordano molto i titoli dei giornali tedeschi o americani degli anni 30′ dove si cercava di trovare un capo espiatorio alla crisi economica del 29′ nei confronti degli ebrei, i negri, gli immigrati, i diversi, gli zingari.
Un capo espiatorio bisogna pur trovarlo a tutti costi per far risalire la causa di questo contagio a qualcuno diverso da noi, altrimenti la politica di cosa si alimenta? Di chiacchiere?
Purtroppo non si può bestemmiare per un minimo di senso civico che ho perso da tempo, ma è come se lo avessi fatto.
«[…] Italian medias and politicians are also spreading the idea that one person walking alone in a park is responsible for the contagion and the death of many, resulting in a progressive militarization of society and incredibly hard measures taken against anyone that isn’t behaving as the police likes. We are talking about people threatened by soldiers and reported to the police because they were walking alone 500 mt from home or surrounded and beaten because they were jogging (again, alone) on an empty road. The government has recently raised the fine for “not following the directives” to the astonishing amount of 3000 € […]»
https://m.dagospia.com/tu-chiamale-se-vuoi-delazioni-il-sistema-raggi-hai-notato-un-assembramento-segnalalo-al-comune-231412
Dato che non è concessa la pratica motoria all’aperto e che l’attività agonistica è impraticabile si è deciso di istituire un nuovo sport nazionale: la delazione. Che iniziativa deprecabile quella del Comune di Roma. Ormai gli amministratori locali fanno a gara a chi trova il modo più subdolo per distogliere l’attenzione dal fulcro del problema.
La sindaca Raggi non è nuova a queste campagne sbirresche:
https://roma.fanpage.it/roma-virginia-raggi-diventa-un-fumetto-la-sindaca-lancia-la-campagna-anti-degrado/
Segnalo questo intervento di Carotenuto del 23 Marzo sul ‘Mulino’ https://www.rivistailmulino.it/news/newsitem/index/Item/News:NEWS_ITEM:5111
“L’obbedienza è deresponsabilizzante”. Una chiave di lettura che condivido appieno. È molto più semplice lasciarsi cullare dall’illusione che questa impronta fascista impressa alla gestione dell’emergenza sanitaria sia l’unica via per fronteggiare il problema che non solo la si accetta, la si invoca persino! Ben venga l’ Esercito con funzioni di gestione e controllo dell’ordine pubblico, ben vengano le misure restrittive della propria libertà pur che ci liberino dal male! Mi duole constatare che la maggior parte delle persone là fuori ( o meglio la’ dentro) stiano aderendo a questo nuovo ordine costituito come in una sorta di ipnosi scaramantica. Come automi vanno al tabacchino, al market, a lavoro se così è stabilito per decreto, in tasca hanno il loro amuleto ( il modulo di autocertificazione) e sono ben felici se vedono le divise mimetiche per le strade ed i mitra come fossero potenti armi con provata efficacia contro il virus! La retorica di guerra è nauseante. Ha ben detto la presidentessa di Medici senza frontiere quando ha spiegato che questa non è una guerra, non vi sono le variabili di una battaglia e richiamarla, anche solo metaforicamente, può rappresentare il viatico che conduce lungo pericolosi crinali. Ovviamente accettare la reclusione e tutto ciò che ne consegue rimandando ad un ipoteco “dopo” ( “Shhhh…non ora, abbi rispetto, non è il momento”) è molto più semplice che interrogarsi sul proprio ruolo, quali esseri umani, nel mantenimento dell’equilibrio del Pianeta e su come conciliare etica e progresso.
[…] Il divieto di passeggiata e jogging come è stato imposto in Italia non si riscontra quasi da nessuna parte. Del resto, ricordiamolo: la stessa OMS dice che passeggiare e muoversi all’aperto aiuta a combattere l’epidemia. Men che meno sembra diffuso lo stigma di stato per chiunque prenda una boccata d’aria. […]
Non è molto pertinente al tema ma é un altro terribile tassello. Una volta messo da parte il runner come bersaglio d’odio molti guarderanno altrove.
https://m.dagospia.com/c-e-un-virus-peggiore-del-covid-19-e-quello-delle-svastichelle-che-usano-la-pandemia-come-231548
segnalo il seguente articolo-riflessione uscito sul blog di “contro-informazione dal sud delle alpi” frecciaspezzata.org, nella rubrica “appunti, riflessioni e spunti sull’epidemia in corso”.
Niente è cambiato, tutto cambierà:
https://frecciaspezzata.noblogs.org/files/2020/03/niente-e%CC%80-cambiato-tutto-cambiera%CC%80.pdf
Articolo che, con anche una testimonianza di un fermo nella capitale di alcuni giorni fa, riflette sui dispositivi in corso e sui “cambi di paradigmi” dell’epidemia.
3 riflessioni:
1. E’ esattamente lo stesso qui in Francia
2. Le attività all’aria aperte NON sono pericolose. Modelli teorici, ed ormai empirici specifici al covid-19, mostrano che le probabilità di contagio in ambiente esterno sono quasi nulle (ref: https://medium.com/@antonello.lobianco/is-stay-at-home-the-correct-social-distancing-measure-to-fight-the-covid-19-pandemic-28f07fbf0588). E’ una caccia all’untore figlia di un messaggio troppo semplicista (conta cio’ che fai fuori casa). Un peccato che ad istigarla siano proprio politici e medici.
3. Non è solo una questione di caccia all’untore. Un altra componente è quella della partecipazione al lutto, al dolore: anche se ci arrivano a capire che non fai niente di “pericoloso”, la gente si incazza perchè non partecipi al dolore delal società. Esemplare: Un’altra sanzione è scattata in Alta Valle dove una persona è stata sorpresa a quasi dieci chilometri da casa sua. «In tanti stanno facendo sacrifici per rispettare le regole – dicono i carabinieri -. Tutti dovrebbero avere rispetto anche nei confronti dei propri concittadini, senza trovare la scusa del cane per farsi una passeggiata».
Ho l’impressione che la figura del runner-solitario si sia un po’ usurata come bersaglio della caccia all’untore e ormai l’anziano-irriducibile-che-va-al-supermercato (la leggenda metropolitana dice più volte al giorno e senza motivo) gli stia insidiando il podio. “Perché noi ce ne dobbiamo stare chiusi per proteggere loro e loro niente, sempre in fila al super”. Sì, sembra davvero il moto di stizza di chi si sente preso per i fondelli. Il punto è non riuscire a individuare chi veramente ti prende per i fondelli
Si è vero! Ormai circolano continue voci su coloro che entrano al market per comprare -che so- un pacco di patatine. Difatti molte persone ora vengono fermate da una pattuglia appena uscite dall’esercizio commerciale. Per adesso chiedono loro dove risiedono ma penso che presto perquisiranno anche i sacchetti…
Buongiorno a tutti, oltre ad unirmi al coro di ringraziamenti per il lavoro fatto qui sul blog, esco dallo stato di semplice lettore passivo per segnalare un video su youtube dove sono rappresentate varie simulazioni della diffusione di una pandemia al variare di alcuni parametri:
https://invidio.us/watch?v=gxAaO2rsdIs&autoplay=0&continue=0&dark_mode=true&listen=0&local=1&loop=0&nojs=0&player_style=youtube&quality=dash&thin_mode=false
Nonostante ci siano due assunzioni fatte dall’autore che secondo me sono valide solo nel caso di “worst case scenario” (ovvero che gli asintomatici abbiano un tasso di infettività pari a quelle di un sintomatico e che non ci sia distinzione tra incontri all’aperto o al chiuso), mi sembra comunque un video interessante, soprattutto quando si evidenzia che in termini di limiti del contagio una maggiore cura dell’igiene ha gli stessi vantaggi del distanziamento sociale.
[…] * Pietro De Vivo è editor di narrativa e saggistica per le edizioni Alegre, amministratore del canale Telegram della casa editrice e vicedirettore della collana Quinto Tipo diretta da Wu Ming 1. Quando trova il tempo scrive di libri su Il lavoro culturale. È autore di uno dei post di Giap più visitati e commentati da quando esiste questo blog: «È colpa di quelli come te se c’è il contagio!». Abusi in divisa e strategia del capro espiato…. […]
Segnalo questo lungo intervento di Franco Pizzetti, professore emerito in diritto costituzionale, Università di Torino, ex Garante Privacy sulla rivista Agenda Digitale
https://www.agendadigitale.eu/sicurezza/privacy/pizzetti-a-rischio-le-liberta-dei-cittadini-urgente-un-intervento-giuridico/
“La normativa permette deroghe alla privacy in caso di emergenza, ma l’Italia ha scelto modalità giuridiche pericolose, lasciando ampi poteri alle autorità locali di comprimere le libertà. Serve una normativa temporanea che ci rimetta nell’alveo dei diritti costituzionali e in seguito una legge che chiarisca i termini esatti”
A me sembra abbia fatto propri alcuni nodi cruciali e gridi di allarme che da 2 mesi ormai vengono riportati su questo blog che non finiremo mai di ringraziare.
Nel frattempo in Ungheria…
https://www.amnesty.it/ungheria-nuova-legge-sul-covid-19-attribuisce-al-primo-ministro-orban-poteri-illimitati-amnesty-international-sviluppo-preoccupante/
Continua la sagra della “sanzione a buffo”, e questa è persino peggio della mia.
Multato perché ha comprato solo del vino, bene non necessario. Ora i Carabinieri decidono al posto nostro come nutrirci o dissetarci. Continua questo afflato moralista per cui privarci di qualsiasi gioia (anche solo del palato) farà sparire il virus.
In più, una cosa di cui non capisco il senso: “In pratica, secondo i carabinieri, il comportamento dell’uomo è stato doppiamente non appropriato in quanto è uscito senza necessità e si è spostato in bici pur potendo spostarsi a piedi”. Non capisco perché andare a fare la spesa in bici sia più contagioso di andarci a piedi.
Follia.
https://www.fanpage.it/attualita/biella-compra-solo-tre-bottiglie-di-vino-multato-dai-carabinieri-non-e-una-necessita/
Quando finirà il lockdown, i poliziotti non saranno in grado di ridimensionare l’euforia e il senso di onnipotenza che stanno provando in questi giorni. Ci saranno ulteriori grossissimi guai.
Sarà anche aumentato il numero di chi detesta le forze dell’ordine. Stanno facendo tutto l’umanamente possibile per farsi odiare anche da cittadini normalmente ligi.
Il mio timore è che, specie negli ultimi giorni, se ne stiano rendendo conto e che proprio per questo saranno più riluttanti a mollare l’osso. D’altra parte la merda che hanno lasciato in giro verrà presto a galla e forse disturberà anche la vista di qualche moderato.
https://www.avvenire.it/attualita/pagine/io-magistrato-fermato-ai-controlli-ma-andavo-in-chiesa-coronavirus
Un fatto curioso che mi è stato segnalato.
Scendo di casa in orario morto per controllare casella postale, bancomat e fare un po’ di spesa. Nel vuoto totale, pattuglia a posto di blocco, ovviamente mi ferma. Mi chiedono che faccio dove vado, rispondo che sono uscito per quelle commissioni, ribattono che vogliono il modulo. Consegno il modulo e aggiungo che è tutto compilato tranne l’indirizzo di arrivo, in quanto dopo la posta non ero sicuro in quale supermercato andare (sono molto vicini, avrei deciso in base all’affluenza). Parte la prima battuta “eh mo voglio vedere se la posta è ancora aperta”, ribatto “sono sceso a quest’ora proprio per evitare che fosse aperta e trovare le persone fuori, devo controllare la casella e il bancomat”. Avendo nello zaino una sfilza di moduli in bianco, penna, e mostrando una certa sicurezza, dopo quest’insinuazione un po’ si fermano, poi mi fanno notare che la patente è scaduta da poco. Rispondo che c’è stata la moratoria per l’emergenza. Non hanno potuto dirmi nulla, erano anche abbastanza gentili, ma era evidente l’intenzione di colpevolizzare a tutti i costi “Vabbeè faccia la spesa e torni a casa”. Me ne sono andato abbastanza in tensione, pensando “e se questi al ritorno mi rifermano per controllare cosa ho comprato”. Nei prossimi giorni devo uscire per acquistare prodotti agricoli, piantine per l’orto, ecc, sarà un banco di prova.
Questi episodi, come quello occorso a me, se da un lato mi invogliano a “sfidare” questi guardiani che sembrano avvoltoi pronti a lanciarsi sulle carcasse, dall’altro stanno insinuando nella mia mente un senso profondo di disagio e di sottile timore. È legittimo suppongo, spero di sbagliare ad enfatizzare troppo…Quando ieri su Report ho visto le immagini della polizia che in Cina portava via senza troppi preamboli una anziana rea di non indossare la mascherina per la prima volta non mi sono apparse poi così lontane…
Ieri su Report, l’unico che fino adora ha dato una panoramica generale su questa pandemia, ha fatto notare nel servizio quello che ci attende. Posti di blocco ovunque e check-point della polizia, carabinieri ecc… che controlleranno la temperatura corporea, con un controllo capillare degli spostamenti tramite cellulare. A tratti il servizio di Report
Questo penso che comporterà una chiusura in se stessi totale e una maggiore diffidenza verso tutti e chiunque persino nei confronti dei tuoi stessi parenti ed amici. Un cambiamento radicale nello stile di vita, nei rapporti umani e sopratutto lavorativi, con ricadute spaventose nell’occupazione.
Sta diventando a tutti gli effetti un incubo, a cui non riesco a trovare niente di positivo…
Quello scenario è una proiezione basata sull’ormai celebre studio dell’Imperial College, che però a sua volta si basa su un modello matematico che diversi scienziati ed esperti hanno criticato. I media l’hanno subito trasformato in certezza e ora presentano quella proiezione come un futuro ineluttabile. C’è, evidentemente, voglia di «profezia che si autoavvera». Noi queste certezze, queste scorciatoie del pensiero che diventano implicita propaganda le dobbiamo sottoporre a radicale critica.
E poi c’e’ chi dice che se c’e’ un piano diabolico dietro tutto cio’ sei solo uno sfigato conspiracy theorist! Sorry non so come si dice in Italiano.
Ma non ce n’è mica bisogno, di un piano diabolico. Bastano
1) la logica del capitalismo che rende funzionale anche una pandemia;
2) un’emergenza che aggrava tutti i problemi che già c’erano e ripropone in forma esasperata tutte le retoriche che già avvelenavano la comunicazione;
3) il mix di cialtronaggine e autoritarismo che caratterizza l’esercizio del potere in Italia.
In un contesto così, basta cogliere la palla al balzo. Chi aveva un briciolo di potere e riusciva a prendersi un’unghia della vita del prossimo, adesso ha una pagnotta di potere e riesce a prendersi tutta la mano fino al polso, e sogna di prendersi tutto il braccio fino alla spalla.
Mia mamma e mio fratello abitano in Lombardia. Al momento, per esempio, quello che stanno facendo è misurare la temperatura a tutte le persone che entrano al supermercato. Qui a Bologna, oggi pomeriggio, ho notato molta più gente per strada. I proprietari di cani si sono trasferiti dal parchetto chiuso alla piazzetta lì vicino. La sera la situazione cambia ed in giro non ci sono molte persone. Non c’è alcuna uniformità nelle scelte adottate e, soprattutto, ” vuoti normativi ” che consentono libere interpretazioni. C’è la stessa logica che c’è nel permettere ad un bambino di uscire con uno solo dei suoi genitori. Tra i miei conoscenti fermati c’è un distinto notaio e un tranquillo timido ragazzo col suo vecchio cane. Come scegliessero una tipologia di persona senza tratti identificativi caratteristici. Magari quelli che nella loro testa corrispondono ad un cliché di cittadino già rispettoso delle regole. Sembra che vogliano ribadirne l’ importanza. Senza sollevare troppo clamore ed esercitando in maniera più subdola il loro potere.
https://tg24.sky.it/mondo/2020/04/02/coronavirus-filippine-duterte.html
Mi arrendo. Non riesco ad aggiungere niente oltre a copiare il link.
Per fortuna il capo della polizia si è dissociato (qui, poco oltre metà pagina)
https://www.open.online/2020/04/02/coronavirus-news-mondo-2-aprile/
Perche’ ti meravigli?
Quel carabiniere che ti he umiliato l’altro giorno se ricordo bene era armato per quale motivo secondo te?
Il passo e’ breve ad arivare a sparare la gente sopratutto quando i disastri economici sulla classe operaia e media di questa “crisi” saranno palesati e la rabbia espolde.
Negli stati uniti 3,5 milioni di persone chiederanno la disoccupazione la questa settimana dopo i 3 millioni di quella precedente. https://www.businessinsider.com/jobless-claims-estimate-record-unemployment-economists-surveyed-coronavirus-layoffs-recession-2020-3
Ci sara’ una Grande Depressione peggio di quella del 1929.
So che vado off topic here ma bisogna sottolineare gli effetti economici e la concomitante totalitarianismo che sara’ sempre piu’ palese quando la gente si rende conto di vivere in servitu’ della gleba. (serfdom).
Non ci sono stati abusi durante la gestione della Covid19, ma se ci fossero stati non sono punibili. Che bello il governo dei #menopeggio
https://www.linkiesta.it/2020/04/scudo-penale-medici-coronavirus/
https://m.dagospia.com/la-raggi-condivide-la-durissima-lettera-di-una-dottoressa-e-invita-a-non-abbassare-la-guardia-232064
Cosa ne pensate? Non della Raggi, ma del registro comunicativo scelto dalla “dottoressa” per descrivere i potenziali effetti della malattia, soprattutto laddove spinge sul sarcasmo riferendosi alla pratica del “jogging” o alle passeggiate con il cane. Quale è Il meccanismo che vorrebbe far scattare? È lo stesso che si pensava di suscitare imprimendo certe immagini sui pacchetti delle sigarette?
È terrorismo psicologico allo stato puro. C’è una servile subalternità di alcuni medici, ma qui siamo oltre. Il tono è molto isterico e poco scientifico. La lettera sembra persino falsa, la maggior parte dei medici che conosco non parlerebbe mai così. È un tono da invasati religiosi che vogliono convertirti con la paura del demonio.
Ho pensato anche io che i toni fossero in effetti troppo isterici, per tacere poi sulla affidabilità della Raggi che cavalca le fake news come una amazzone! Se ne facesse sfuggire una! Come quando Burioni aveva postato su qualche social una immagine del lungotevere affollato e la zelante sindaca aveva ringraziato in presa diretta e assicurato che avrebbe immediatamente inviato qualcuno a verificare. Immagino che anziché le auto si servizio avranno usato la macchina del tempo perché la foto era degli anni ‘80 ( sic)!
ultimo delirio nel fvg di fedriga: i consiglieri regionali del M5S Ilaria Dal Zovo e Cristian Sergo chiedono l’utilizzo del Corpo forestale per affiancare
le Forze dell’ordine e la Protezione Civile nell’emergenza
coronavirus, a causa delle “molte segnalazioni che ci pervengono di mancato rispetto delle ordinanze e soprattutto di mancati controlli nei nostri boschi e nelle nostre montagne”
https://rep.repubblica.it/pwa/generale/2020/04/02/news/_il_virus_circola_anche_nell_aria_l_oms_si_prepara_a_rivedere_le_norme-252986975/
Eccola: la fase due come sempre anticipata da Repubblica! Non riesco a leggere l’articolo perché è a pagamento ma per quanto io non sia una scienziata, dubito che il virus vaghi nell’aere. Certo, se mi dicono l’aria dentro un bus stracolmo o di uno stadio con 50000 persone o delle condotte di areazione degli ospedali ha un senso. Ma così… aspettiamoci dunque un decreto che impone di non aprire le finestre. I media sono fuori controllo.
La posizione dell’OMS aggiornata al 29 marzo è qui:
https://www.who.int/news-room/commentaries/detail/modes-of-transmission-of-virus-causing-covid-19-implications-for-ipc-precaution-recommendations
In sostanza la valutazione è: gli ultimi esperimenti che hanno rivelato possibile trasmissione in aria hanno utilizzato dei nebulizzatori ad alta potenza, che non riflettono le normali condizioni di tosse umana. Misure effettuate su pazienti covid non hanno evidenziato trasmissione. Inoltre “in an analysis of 75,465 COVID-19 cases in China, airborne transmission was not reported”. Quindi le mascherine restano consigliate solo agli operatori sanitari.
Comunque la tua intuizione sulla possibilità di trasmissione nell’aria in un autobus o in uno stadio è corretta, perchè c’è la possibilità di trasmissione di goccioline “grandi” fino a distanza di 1 metro.
“Airborne transmission is different from droplet transmission as it refers to the presence of microbes within droplet nuclei, which are generally considered to be particles <5μm in diameter, can remain in the air for long periods of time and be transmitted to others over distances greater than 1 m."
Ovvero:
"La trasmissione per via aerea è diversa dalla trasmissione per gocciolina poiché si riferisce alla presenza di microbi all'interno dei nuclei delle goccioline, che sono generalmente considerati particelle con diametro <5μm, che possono rimanere nell'aria per lunghi periodi di tempo ed essere trasmessi su distanze maggiori di 1 m. "
Difatti il problema sono i “titoli ad effetto” di certi giornali…immaginate un profano che legge: “il virus circola anche nell’aria”. Sarà portato a credere che il virus vaghi ovunque, non comprenderà che la sua sospensione e permanenza in aerosol dipende da determinati fattori e che comunque è sempre l’uomo il vettore che lo immette nell’aria appunto! Però titolare così fa presa e alimenta atteggiamenti isterici e folli di persone che tra un po’ tratteranno il respiro pur di sentirsi al sicuro anche se si trovano in una landa desolata.
E bisogna sempre ricordare, come ha fatto il Robert Koch Institut in Germania, che un conto sono le evidenze ottenute in laboratorio sulla permanenza del virus, e un altro sono le condizioni reali. In laboratorio difficilmente puoi riprodurre uno starnuto. E la sopravvivenza del virus dipende da fattori molteplici, come la temperatura, l’umidità dell’aria, il tipo di superficie, la sua struttura, perfino il design. Il virologo Hendrik Streeck sta studiando caso per caso il diffondersi del Sars-Cov2 nel distretto di Heinsberg, uno dei focolai tedeschi del virus. E’ andato nelle case di persone infette, ha tracciato i loro spostamenti, e quel che sta risultando contrasta con svariati esperimenti di laboratorio. Sulle superfici di una casa vera, il virus sembra sopravvivere per un tempo molto più breve e le reali probabilità di contagiarsi toccando una maniglia “infetta” sono prossime allo zero. Nessuno dei casi studiati si è infettato o ha infettato altre persone in un supermercato, sebbene tutti lo abbiano frequentato. Lo studio è in corso, ma già promette risultati piuttosto inediti su come *davvero* ci si contagia.
https://www.thelocal.de/20200402/how-german-scientists-hope-to-find-answers-on-coronavirus-in-countrys-worst-hit-spot
Abbiamo scritto un post di debunking.
Sul terrore a mezzo stampa: «il virus è nell’aria»
Naturalmente l’articolo dice cose un po’ diverse del titolo, dicendo appunto che riguarda gli spazi chiusi e che le evidenze non ci sono. Incredibile, as usual
«Il virus è nell’aria» è un titolo generico e falsante dall’effetto terroristico. Poi vai a controllare le fonti, e vedi che tipo di distorsione c’è stata. Solo che la maggior parte della gente si fermerà al titolo e penserà che appena esce di casa si infetta.
Dall’articolo di Repubblica, piuttosto ingarbugliato e confusionista, non si capisce molto, ma cita due ricerche, una apparsa sul New England Journal of Medicine il 17 marzo di cui ci eravamo già occupati qui su Giap, e l’altro apparso su Jama il 26 marzo.
Parto da quest’ultimo: non è uno studio fatto direttamente sul virus Sars-Cov2, ma una ricapitolazione di scoperte sulla trasmissione di agenti patogeni tramite goccioline e tramite aerosol. Uno starnuto non consiste solo di goccioline ma anche (traduco) di «una nube gassosa turbolenta e multifase». Un virus trasmesso da uno starnuto può arrivare anche a 7-8 metri di distanza. La nube poi perde spinta e si disperde ma lascia «residui o nuclei di goccioline che possono restare in aria per ore, seguendo [attenzione a quel che sta per dire, NdR] i pattern di correnti imposte da sistemi di ventilazione o aria condizionata».
Stiamo dunque parlando di ambienti chiusi.
E, ripetiamolo, non sono studi condotti direttamente sul coronavirus.
Dove il testo va all’osso, nel paragrafo «Implications for Prevention and Precaution», non parla di camminate all’aria aperta come il titolo di giornale indurrebbe chiunque a pensare, ma della distanza di sicurezza da tenere e di maggiori precauzioni per gli operatori sanitari, ed è tutto proposto con formulazioni ipotetiche (grassetti miei):
«Although no studies have directly evaluated the biophysics of droplets and gas cloud formation for patients infected with the SARS-CoV-2 virus, several properties of the exhaled gas cloud and respiratory transmission may apply to this pathogen. If so, this possibility may influence current recommendations intended to minimize the risk for disease transmission. In the latest World Health Organization recommendations for COVID-19, health care personnel and other staff are advised to maintain a 3-foot (1-m)6 distance away from a person showing symptoms of disease, such as coughing and sneezing. The Centers for Disease Control and Prevention recommends a 6-foot (2-m) separation. However, these distances are based on estimates of range that have not considered the possible presence of a high-momentum cloud carrying the droplets long distances. Given the turbulent puff cloud dynamic model, recommendations for separations of 3 to 6 feet (1-2 m) may underestimate the distance, timescale, and persistence over which the cloud and its pathogenic payload travel, thus generating an underappreciated potential exposure range for a health care worker. For these and other reasons, wearing of appropriate personal protection equipment is vitally important for health care workers caring for patients who may be infected, even if they are farther than 6 feet away from a patient.»
Dice che medici e infermieri devono portare la mascherina anche se stanno a più di due metri di distanza.
Veniamo all’articolo più vecchio: anche questo parla di plausibilità della trasmissione via aerosol, ma anche in questo caso leimplicazioni (e implicite raccomandazioni) riguardano ambienti chiusi e grandi concentrazioni di persone. Il focus è la permanenza del virus su superfici di diversi materiali, con esplicito riferimento al contagio ospedaliero e ad assembramenti di massa («nosocomial spread and super-spreading events»).
Partire da questi due paper per titolare ansiogenamente «Il virus è nell’aria» è un bel balzo di tigre, non c’è che dire. Ma del resto, i media fanno così dall’inizio della pandemia. Nello specifico, le conseguenze di una simile distorsione possono essere gravi, in un contesto di terrore diffuso, con la gente sprangata in casa e mentre si discute di «ora d’aria» per i bambini.
Inoltre, mentre il titolo dice “L’OMS si prepara a rivedere le norme”, nel testo si cita solo David Heymann, responsabile del panel sul SARS-Cov2 dell’OMS che dice: ” “Stiamo studiando le nuove linee scientifiche e siamo pronti a cambiare le linee guida, se necessario”
Ma è chiaro che si avvicina il fine settimana e bisogna spargere un po’ di terrore sul babau “là fuori” per evitare che qualcuno vada a farsi una passeggiata nei boschi.
“Spring is here again”…Nonostante tutto. E guai che qualche imprudente si metta in testa di godere degli odori e dei colori della Primavera. Strano come questi giornalisti e politici da due soldi siamo diventati fans sfegatati degli scienziati. Non ho colto altrettanto fervore ed intransigenza quando molti luminari ammonivano sulle conseguenze della scelleratezza umana sui cambiamenti climatici. La Natura, semplicemente, ha un suo magnifico e perfetto meccanismo e noi umani possiamo arrancare quanto vogliamo ma al suo cospetto saremo sempre patetiche nullità.
In provincia di Bolzano “Chi esce di casa deve coprirsi il naso e la bocca”
http://www.provincia.bz.it/news/it/news.asp?news_action=4&news_article_id=637302
Comunque è ribadito che “Ovviamente è importante per la salute psichica e fisica prendere una boccata d’aria, deve essere comunque evitata qualsiasi vicinanza con altre persone con le quali non si condivida lo stesso domicilio”
Le disposizioni nel complesso sembrano abbastanza equilibrate. Imporre a tutti le mascherine riduce il pericolo negli assembramenti anche involontari, non perchè la mascherina stessa protegga (gli occhi sono comunque scoperti), ma perchè si riduce la trasmissione da droplet da parte degli asintomatici. Questo “sgonfia” il solito argomento che bisogna perseguire quelli che escono di casa perché poi alla fine si trovano e creano un assembramento quando la polizia non vede.
In compenso viene riconosciuta la necessità di uscire di casa per preservare la salute psicofisica.
Che ne pensate?
Ad una prima lettura sembra in effetti un discorso più equilibrato sopratutto nella parte in cui non pone assurdi limiti di distanza dalla propria abitazione per “prendere una boccata d’aria” posto che spesso potersene allontanare significa anche guadagnarci in sicurezza. Riguardo l’uso delle mascherine o almeno di qualche indumento atto a coprire il volto mi pare che di fatto possa servire più per una sorta di effetto “placebo”. Magari non serve a nulla, anche perché la maggior parte delle persone utilizza nel modo sbagliato i dispositivi, però contribuisce a generare un clima di sicurezza. Ovviamente i più ignorano che gli occhi siano una porta di ingresso per i patogeni. E ho visto molti toccarsi occhi e viso oppure fumare con i guanti appena subiti dal market!!! Ergo…
*usciti
Nel comunicato che segnali si respira comunque un’aria diversa rispetto a quella che soffia in altre regioni. Ma questo, in provincia di Bolzano, vale per diverse altre questioni… Mi pare molto interessante questo passaggio: “Coprire la bocca ed il naso divengono quindi un dovere sociale. Si tratta di un segno necessario e tangibile di responsabilizzazione reciproca”.
Dice esplicitamente che coprirsi naso e bocca è “un segno”. In effetti, non è affatto dimostrato che coprirseli con una sciarpa o un foulard serva davvero a evitare il contagio altrui con le goccioline di saliva emesse mentre si parla o starnutisce. Tuttavia, è un segno. Teatro – come scrivevamo fin dal nostro primo Diario virale. Con questo, non intendo sminuire né i segni né il teatro. Basta però essere consapevoli della natura dei propri gesti. Coprirsi il naso e la bocca con una sciarpa, quando si esce, è come mettersi la cravatta al matrimonio di un’amica che ci tiene al dress code. Lo fai per farle piacere. In ogni caso, se il prezzo da pagare per andarmene in giro tranquillo a fare due passi fosse quello di coprirmi naso e bocca con un telo, mi sembrerebbe già un enorme passo avanti.
La mascherina come il costume in spiaggia. Il nuovo “senso del pudore”…
Comunque a Bolzano ne parlano ora anche perché hanno garantito la fornitura di mascherine la sanità, rocambolescamente procurata da un riccone locale che ha usato i suoi contatti cinesi ed ha anticipato i soldi.
https://www.ladige.it/territori/alto-adige-s-dtirol/2020/03/26/mister-salewa-anticipa-soldi-porta-cina-volo-15-milioni
Un’altra nota di buon senso è l’indicazione di mantenere le distanze dalle persone con cui non si condivide il domicilio. Perché nel resto d’Italia è vietato anche uscire con i familiari o comunque con i conviventi. Una imposizione talmente ridicola ed insensata che fatico a credere sia stata partorita per davvero.
[…] 22 marzo scorso, nella mia postilla alla testimonianza di Pietro De vivo pubblicata qui su Giap […]
Nel frattempo a Trieste, l’unica città del FVG veramente colpita dal virus, con pià della metà dei morti complessivi (soprattutto nelle case di riposo), gli sbirri del piccolo denunciano la negligenza e sciatteria degli anziani.
“Coronavirus, anziani a passeggio e tanta più gente in bus: i divieti perdono presa”
https://ilpiccolo.gelocal.it/trieste/cronaca/2020/04/03/news/e-tanta-piu-gente-in-bus-i-divieti-perdono-presa-1.38673000
E in un giorno una petizione per ripristinare il diritto di fare jogging raccoglie 3000 firme
“Coronavirus, i runner si scagliano contro lo stop allo sport”
https://ilpiccolo.gelocal.it/trieste/cronaca/2020/04/03/news/e-i-runner-si-scagliano-contro-lo-stop-allo-sport-1.38673008
Aggiungo soltanto che ovviamente la novella è ripresa da altre abominevoli testate on line. Se uno ha un po’ di spirito masochista può leggere i commenti degli utenti su TGCOM 24 per farsi una rapida idea di come certe false notizie vengano recepite dall’italiano medio e degli effetti deleteri che produce la mistificazione della realtà da parte di certi mezzi di ( dis) informazione.
Ed eccola qua, puntuale come la cagata di un ragioniere, l’ulteriore stretta ordinata dal prefetto di trieste.
“Coronavirus, il prefetto di Trieste annuncia una nuova stretta sui controlli: «Non è il momento di rilassarci. Non possiamo compromettere tutti i sacrifici fatti finora»”
https://ilpiccolo.gelocal.it/trieste/2020/04/03/news/coronavirus-il-prefetto-di-trieste-annuncia-una-nuova-stretta-sui-controlli-non-e-il-momento-di-rilassarci-non-possiamo-compromettere-tutti-i-sacrifici-fatti-finora-1.38674208
Al posto del Prefetto ci andrei cauto con il richiamare gli articoli 495 e 496 cp. Temo per lui che non sia legittimo estenderne l’applicazione fino a ricondurvi la condotta del mendacio relativo alla motivazione dello spostamento perchè questa non rientra nel concetto di “stato o qualità personali”. Immagino che un qualsiasi pm chiederebbe l’archiviazione.
Ho appena raccolto una segnalazione meravigliosa: un elettricista esce per un pronto intervento, effettua la riparazione a casa del cliente, va via. Si mette in macchina, fa pochi metri dalla casa del cliente, riceve una telefonata, si ferma per rispondere e parlare. Passano i carabinieri, lo fermano, lui spiega cosa ha fatto, esibisce l’autocertificazione. Lo hanno multato perché secondo loro le esigenze lavorative non sussistevano, ovviamente mettendoci il solito carico di atteggiamenti sprezzanti, arroganti e minacciosi.
Ribadisco quanto ho già scritto pochi giorni fa: quando questa fase sarà finita, il numero di coloro che detestano le forze dell’ordine sarà aumentato di parecchio. Certi giustizieri in divisa stanno facendo davvero di tutto per farsi odiare.
É stupefacente come i mass media si stiano invece prodigando per dipingere le FFDO come composte da buoni samaritani. Non manca giorno che non si trovi un articolo che ne celebra le gesta: “anziano non ha più nulla in dispensa, i carabinieri gli portano la spesa!” Si, e durante il tragitto hanno sanzionato 20 persone a caso magari!
Ma ovviamente l’auspicio è che nessuno paghi queste sanzioni frutto di ABUSO. Io personalmente, a meno che non mi trovino mentre cerco di imbarcarmi clandestinamente su una nave merci, farei sempre e comunque ricorso! Ormai la casistica è così ampia che se ne potrebbe fare materia di studio. Probabilmente stanno solo cercando di batter cassa sapendo che le entrate dell’Erario si ridurranno perché le piccole e medie imprese non avranno modo di assolvere ai vari oneri fiscali e contributivi.
Ieri mi hanno segnalato anche di padri multati coi bambini nelle strade di Roma, sicuramente c’è l’intenzione di fare cassa, ma non sottovaluterei l’impatto psicologico dei numeri: adesso è il momento di portare in alto le statistiche dei trasgressori per poter poi giustificare i successivi rinvi, probabilmente fino a maggio, del lockdown
Certo che sì! Poter sciorinare questi numeri, insieme a quelli del bollettino di guerra serale, rientra in un ben preciso piano.
Ciao a tutte e tutti,
oggi, 4 aprile 2020, per via della tumultuosa crescita del numero dei commenti su Giap (centinaia al giorno), del carico di lavoro redazionale che questa situazione sta comportando e della fatica a seguire le discussioni che sempre più persone segnalavano, abbiamo dovuto reintrodurre il limite minimo di battute, riattivando un plugin che avevamo disattivato nel 2019.
Questo per far sì che un singolo utente non lasci tanti commenti in rapida successione lunghi una frase o due, ma cerchi di ponderare i propri interventi. Come diceva qualcuno, «meglio meno ma meglio».
Per essere pubblicato, un commento dovrà suprare le 550 battute, che per convenzione corrispondono a una novantina di parole. Secondo vari studi, 90 è il numero minimo di parole emesse da un parlante in un minuto di conversazione.
Ecco, ci piacerebbe che un intervento su Giap corrispondesse ad almeno un minuto di intervento a voce.
Scusateci, è che ci stiamo facendo un gran mazzo e dobbiamo razionalizzare un minimo, perché le energie non sono illimitate. Soltanto un mese fa non avremmo mai immaginato di ritrovarci a svolgere questa “funzione”.
Grazie della comprensione e collaborazione, e buon proseguimento di discussione!
[…] Nella stessa direzione è andato anche il varo di misure di contenimento particolarmente vessatorie rispetto a quelle di altre nazioni. Ferma restando la necessità di rallentare il contagio e la difficoltà, in situazioni di buio epistemologico, di discernere fra ciò che è efficace e ciò che non lo è, le disposizioni italiane sono arrivate all’assurdo: divieto di uscire insieme per chi vive nella stessa casa; di passeggiare da soli nei parchi o nei boschi; di stare all’aria aperta; di far uscire i bambini; di fare la spesa fuori dal quartiere di residenza; di andare in spiaggia. Assurdità di dubbia tenuta costituzionale, che hanno criminalizzato gli affetti e le reti familiari e costretto alla clandestinità le realtà territoriali solidali, che garantivano la sopravvivenza alle fasce più deboli ed emarginate. E che, di conseguenza, potevano essere fatte rispettare solo autorizzando i controllori all’abuso. […]
[…] La sera del 31 marzo 2020 l’avvocato Marco D’Apote stava ritornando a casa dal suo studio a Pescara. Erano circa le undici di sera: l’avvocato aveva con sé i fascicoli sui quali aveva lavorato fino a quell’ora, casi urgenti dei suoi clienti, e il tesserino di riconoscimento. Ma la pattuglia della Guardia di Finanza che l’ha fermato non ha creduto alle sue “comprovate esigenze lavorative” che, in tempo di coronavirus, gli avrebbero consentito il libero esercizio della sua professione: 550 euro di multa [Qui l’articolo dell’ANSA]. Qualche giorno prima, i carabinieri hanno multato un uomo di Vigliano, nel Biellese, perché si era recato a fare la spesa ed aveva comprato delle bottiglie di vino e un pacco di pasta, non considerati beni necessari per giustificare l’uscita di casa durante le misure straordinarie adottate per combattere il coronavirus [Qui la notizia di Repubblica Torino]. Ancora poco tempo prima, l’editor Pietro De Vivo stava facendo il giro dell’isolato per tornare a casa dopo aver lavorato fino a sera in casa editrice, è stato fermato dai militari, insultato, accusato e successivamente denunciato dai carabinieri, chiamati appositamente. La sua storia è narrata nel dettaglio sul sito di Wu Ming. […]
Vorrei farvi partecipi di quanto accaduto a me e alla mia compagna, solo per aver scelto di fare una passeggiata in montagna (Monte Semprevisa (LT)). Sabato mattina, in auto, abbiamo imboccato la strada che per un tratto percorre la prima quota a lecceta di questa stupenda montagna. All’inizio, un cartello covid di divieto di accesso sul ciglio della strada. Non ho dato peso al tutto, pensando “le solite raccomandazioni anticovid”. Così, respirando aria fresca e gustandomi il panorama, ho proseguito. Ahimè un auto dei carabinieri. Mi fermano e con i loro soliti modi “gentili” multano me, la mia compagna e per 2 volte la mia auto. Ho violato l’ordinanza del sindaco di Bassiano (giallo). Perplesso chiedo “Ma quale ordinanza?” “L’ordinanza che vieta ai NON RESIDENTI di Bassiano di passeggiare in montagna. Occorre evitare assembramenti covid. Però se volete potete andare a prendere il caffè in paese, oggi c’è anche il mercato: per i turisti lì tutto è accessibile”.
Tra i fusti della lecceta si intravedevano appostati anche i vigili.
Con questo vi saluto.