1. Do it yourself
Nel giorno del compleanno di Tolkien rendiamo disponibile su Giap la traduzione inglese del romanzo solista di Wu Ming 4 Stella del Mattino, pubblicato in Italia ormai nel lontano 2008, che oltre ad avere il professore di Oxford tra i personaggi principali, ha al centro la figura di T.E. Lawrence, meglio noto come Lawrence d’Arabia. Il romanzo ha poi avuto una seconda edizione nel 2017, con all’interno due mappe e una nuova copertina realizzata da Igort.
Già in passato, poco dopo l’uscita, una traduzione inglese era stata realizzata da Alessia Conti con la collaborazione di Laura Macdougall, che però non era bastata a destare l’interesse dell’allora editore britannico di Wu Ming. Non così per le traduzioni in castigliano e francese, pubblicate entrambe nel 2012, rispettivamente da Acuarela e Métailié.
Purtroppo, a distanza di anni, lo stesso destino della prima traduzione «amatoriale» è toccato alla seconda traduzione inglese, rimasta senza pubblicazione. Ecco perché oggi decidiamo di renderla disponibile.
La traduttrice è Salwa Khoddam, professoressa della Oklahoma University, con la collaborazione di Maurizio Vito. Salwa Khoddam è nata in Libano, ma ha compiuto gli studi negli Stati Uniti. Oltre ad avere insegnato lingua e letteratura inglese per un quarto di secolo, è anche una studiosa di C.S. Lewis, un’altro dei protagonisti del romanzo di Wu Ming 4, sul quale ha scritto un libro, svariati articoli, e curato tre antologie di saggi. È anche fondatrice della C.S. Lewis and Inklings Society. Si è avvicinata allo studio dell’italiano attraverso l’opera di Dante e Tasso. Un corso tenuto da Maurizio Vito all’università è stata l’occasione per conoscere Stella del Mattino e così è nata la voglia di cimentarsi con la traduzione.
Leggere il romanzo in inglese è come leggerlo nella lingua teoricamente «originale». Per coloro che hanno apprezzato il romanzo è un’esperienza consigliata: straniante e appagante al tempo stesso. Sarebbe bello poterlo fare anche per l’altro romanzo solista di Wu Ming 4, Il Piccolo Regno, dove compare un personaggio finzionale palesemente ispirato a T.E. Lawrence nell’ultima parte della sua vita. Tempo al tempo, chissà.
Dal 2008 a oggi sono cambiate tante cose. Basti dire che in quell’anno Wu Ming 4 poté tenere una conferenza su Lawrence e la figura ambigua dell’eroe in quel di Damasco, all’interno del progetto artistico «Reloaded Images – Damascus», poi confluita ne L’eroe imperfetto (2010). Oggi sarebbe impensabile. In Medio Oriente nuovi conflitti sono andati a sommarsi ai vecchi: prima con le primavere arabe, poi con l’avvento dell’Isis e del califfato, l’emergere della Turchia come sub-potenza egemone dell’area, e la nascita dell’esperienza rivoluzionaria del Rojava.
Ogni volta che gli assetti di quell’angolo di mondo si ridefiniscono si torna con la mente al punto di partenza, alla famigerata Conferenza del Cairo del 1921, nella quale le potenze europee vincitrici della Prima guerra mondiale disegnarono i confini politici del Medio Oriente, inventarono nazioni, collocarono dinastie sui troni, stabilirono aree di influenza politico-economica. Gran parte dei guai successivi – dal conflitto arabo-israeliano alla questione palestinese, alla questione curda – vengono da là.
Questo per dire che il fatto che la traduttrice sia di origine mediorientale e cresciuta in un paese “imperialista” non è probabilmente un caso, dato che il romanzo si svolge precisamente nel biennio precedente la Conferenza del Cairo e racconta quel periodo della vita di T.E. Lawrence che coincide con la travagliata stesura del suo masterpiece.
2. Quattro uomini straordinari
In lingua inglese esistono tre opere letterarie che reincarnano il romanzo epico nel XX secolo. Due di queste hanno visto la luce nello stesso anno, il 1922. Una è l’Ulisse di James Joyce, che attraverso l’ironia modernista rideclina il mito e l’epos classico in chiave contemporanea e borghese. L’altra è proprio I sette pilastri della saggezza di Thomas Edward Lawrence, che nonostante la veste di memoriale di guerra è in realtà il canto delle gesta di un eroe e della nascita (mancata) di una nazione. Il terzo verrà pubblicato molti anni dopo, invece, ed è Il Signore degli Anelli di John Ronald Reuel Tolkien, che sposta tutto sul terreno della letteratura fantastica.
Stella del mattino fantasticava infatti dell’ipotetico incontro tra Lawrence e Tolkien e di una reciproca influenza. Accanto a loro calava altri due scrittori destinati a diventare celebri. Il poeta, romanziere e saggista Robert Graves, un personaggio la cui vita è un romanzo di per sé (di genere tragicomico, probabilmente). L’altro è il già citato Clive Staples Lewis, che sarebbe diventato amico e collega di Tolkien e insieme a lui, nel secondo dopoguerra, avrebbe contributo a rifondare il genere fantastico contemporaneo, con il ciclo delle Cronache di Narnia. Un eroe sfuggente, Lawrence d’Arabia, e tre angolature da cui osservarlo: l’amico e fan Graves, il nemico e detrattore Lewis, l’equidistante e riflessivo John Ronald Reuel Tolkien.
Dall’uscita di Stella del Mattino a oggi è anche capitato che gli stessi personaggi protagonisti venissero rinarrati, soprattutto sullo schermo. Se per il romanzo i riferimenti cinematografici erano potuti essere il celebre colossal di David Lean del 1962 Lawrence of Arabia, dove si raccontava l’avventura araba del personaggio, e il meno celebre film per la tv inglese del 1990 A Dangerous Man: Lawrence after Arabia, dove si raccontavano i giochi diplomatici della Conferenza di pace di Parigi, successivamente, nel 2015, nel film di Werner Herzog The Queen of the Desert, ispirato alla vita di Gertrude Bell, è comparso un giovane Lawrence interpretato da Robert Pattinson. Il confronto con i predecessori Peter O’Toole e Ralph Fiennes è risultato impietoso, ovviamente, ma del resto il film stesso è molto atipico per il regista tedesco, diciamo pure che ha tutta l’aria di una marchetta a Hollywood.
La realizzazione del biopic su Robert Graves, intitolato The Laureate, invece è stata rallentata dalla pandemia mondiale. L’unica cosa che se ne può dire per adesso, a parte «alla buon’ora!», è che il protagonista scelto, Tom Hughes, ha una notevole somiglianza con l’originale.
Anche su C.S. Lewis è in corso di realizzazione un biopic dal titolo The Most Reluctant Convert, che dovrebbe coprire il periodo precedente a quello già raccontato nel bellissimo film di Richard Attenborough Shadowlands (1993).
Per quanto riguarda Tolkien, pare sia un soggetto piuttosto ispirante. La narrativa si è sbizzarrita a inventare dei fantasmagorici what if della sua vita: nel 2010 con il fantasy Mirkwood di Steve Hillard (Tolkien negli USA scova degli antichi documenti che sprigionano forze magiche) e nel 2013 con la spy story No Dawn for Men di James LePore e Carlos Davis (dove Tolkien e Ian Fleming prima della guerra vengono inviati a indagare nel Terzo Reich dall’MI6). I racconti sullo schermo sono stati meno bizzarri. Se ne possono ricordare due: il fan movie Tolkien’s Road di Nye Green, del 2014, e il biopic Tolkien, di Dome Karukoski, uscito nelle sale nel 2019, ben fatto ma «sbagliato» nell’impostazione. I due film sfruttano la stessa idea piuttosto scontata per il finale, e come Stella del Mattino sono evidentemente figli della lettura del saggio di John Garth Tolkien and the Great War (2003). Infatti, come il romanzo, connettono la nascita della narrativa tolkieniana all’esperienza bellica, e in particolare il fan movie sfrutta la stessa invenzione di WM4, ossia l’apparizione dei fantasmi degli amici caduti in guerra e il senso di debito con questi come movente alla scrittura di Tolkien.
Insomma, se il medium più mainstream seguita a raccontare di questi uomini, si direbbe che l’intuizione di 13 anni fa fosse buona: materia narrativa ce n’era a iosa.
Se il terreno è fertile dunque verrebbe da chiedersi perché nessun editore anglosassone interpellato abbia voluto pubblicare Morning Star. Le risposte sono essenzialmente due: da un lato nel corso degli anni tutti i racconti summenzionati hanno un po’ saturato il campo, dall’altro soprattutto non si dà che un autore italiano (con uno pseudonimo cinese, per di più) racconti una storia così specificamente legata a letterati britannici. Fatto troppo ostico da inquadrare, spiegare, motivare e forse anche da accettare.
Amen.
A onor del vero va detto che a distanza di anni anche i limiti del romanzo risultano più evidenti. A partire da quello stilistico-strutturale: il procedere parallelo di quattro linee narrative, con l’angolo di visuale stretto sui quattro protagonisti, è difficile da seguire. Tanto è vero che l’edizione messicana prossima ventura prevederà alcuni lievi “ritocchi” per agevolare la comprensione della trama ai lettori meno scafati.
Ma ci sono anche almeno un paio di pecche narrative.
Una riguarda il personaggio di Lewis, sulla cui linea narrativa è stato calcato uno schema freudiano troppo rozzo per quanto riguarda il suo rapporto pseudo-filiale con una donna matura. L’altra riguarda Tolkien, nel cui personaggio è stato trascurato l’aspetto religioso-confessionale. Aspetto che se messo più nettamente sulla pagina avrebbe arricchito di complessità il personaggio e consentito di centrare meglio un attrito coniugale che invece così rimane appena abbozzato.
3. Second life
Negli ultimi due anni, probabilmente anche grazie alle polemiche suscitate dalla ritraduzione del Signore degli Anelli, Stella del Mattino è tornato a destare l’interesse dei lettori (questo almeno ci dicono i rendiconti Einaudi). Svariati appassionati tolkieniani si sono accorti solo recentemente che tredici anni fa è stato pubblicato un romanzo italiano dove compariva Tolkien come personaggio. Alcuni di loro si sono perfino risentiti per l’immagine troppo prosaica dello scrittore che emerge da quelle pagine. Più insipiente di chi grida alla lesa maestà del santino c’è solo chi ha preteso di attaccare il romanzo perché…romanza la vita di Tolkien (così come degli altri protagonisti). Ma tant’è: nessun fandom è perfetto. E chissà che qualche lettore anglofono non vorrà dire la sua, adesso, ed essere anche più impietoso. O al contrario, più clemente.
Negli anni successivi all’uscita del romanzo Wu Ming 4 aveva ipotizzato di scriverne un sequel e aveva perfino iniziato a farlo. Il progetto poi è stato abbandonato, per prediligere una strada diversa, in particolare il ritorno di Lawrence sotto mentite spoglie nel personaggio di «Ned» del Piccolo Regno (2016). Di quell’abbozzo, che giace da anni in una cartella elettronica, restano otto capitoletti. Abbiamo deciso di offrire a lettrici e lettori anche quelli, oltre a Morning Star, come regalo di buon auspicio per questo 2021.
Non resta davvero che augurare buona lettura. E buona fortuna.
Il limite stilistico-strutturale cui fate cenno, a dir la verità, io non lo ho avvertito. La lettura di *Stella del mattino* non mi ha mai affaticato, anzi. Le ultime due pagine poi (titolo: Post scriptum pp. 389-391) di tanto in tanto torno a leggerle. Anche di recente. Le considero tra le più belle scritte da Wu Ming. Mentre *Il piccolo regno*, vista la presenza del colonnello britannico anche in questo successivo romanzo, mi viene da considerarlo non uno spin off (sarebbe erroneo), ma comunque un interessante completamento di SdM.
Sul film di Herzog: un’occasione davvero mancata non solo per Lawrence, trattato quasi come personaggio marginale, ma anche per G. Bell.
Grazie per l’inedito scaricabile.