di Wu Ming e Plv
Ci risiamo. Aumentano i contagi e si richiudono le scuole. Di ogni ordine e grado stavolta. È il provvedimento preso dalla Città Metropolitana di Bologna, che ha fissato le chiusure per due settimane a partire da lunedì 1 marzo, oltre alle restrizioni per le visite ai parenti, la chiusura dei confini comunali e la chiusura dei centri sportivi. E se tra due settimane i contagi non saranno calati, potranno protrarre il provvedimento.
Un giochino già visto. Oggi riproposto con ancora più ipocrisia, grazie alla trovata della tonalità “arancione scuro”, per non dire che si tratta, in buona sostanza, del lockdown di marzo 2020: pugno di ferro contro comuni cittadini e lavoratori, guanto di velluto coi padroni. E il velluto del guanto è ancora più morbido, dato che non si annuncia la chiusura di alcuna produzione “non essenziale”, nemmeno chiusure-farsa come quelle dell’anno scorso.
Ormai la strategia, l’unica condivisa dai governi e dalle amministrazioni locali, è conclamata: i settori che devono pagare per tutti sono cultura, sport e istruzione, individuati come quelli il cui sacrificio sull’altare della pandemia intacca meno la produzione e i profitti. A fare le spese di questa scelta tutta politica saranno non solo i lavoratori di questi settori, ma soprattutto le generazioni più giovani, adolescenti e bambini. Sulle loro spalle stiamo caricando il peso dell’inanità e incapacità politica della classe dirigente di questo paese. Gli togliamo la scuola, lo sport, la possibilità di frequentarsi. Per loro non ci sono autocertificazioni – soltanto i maggiorenni hanno “buoni motivi” per uscire di casa – né “ristori”.
La miseria e la miopia di questi provvedimenti dimostrano il totale disinteresse per le sorti delle generazioni a cui lasceremo le macerie di questo paese.
Un paese governato da gente che, dopo tutta la retorica sui vaccini e le fanfare squillanti sul loro arrivo in Italia, non è stata nemmeno capace di procurarseli in quantità sufficiente a mettere in salvo la popolazione anziana, tantomeno di organizzare uno straccio di campagna vaccinale.
Un paese commissariato dalla BCE, ma con meno dignità della Grecia, che almeno provò a ribellarsi. E ancora meno dignità degli Stati Uniti, dove Black Lives Matter ha portato masse di persone in strada per tutto il 2020 (dando una bella spallata a Trump).
E allora è precisamente questo che bisogna augurarsi e per cui bisogna lavorare: organizzarsi e scendere in strada. Come scrive Plv – insegnante a Bologna e membro di Rete BESSA e Priorità alla Scuola – nel pezzo che segue e che lancia la manifestazione di oggi 26 febbraio, in Piazza Maggiore a Bologna, alle 18:00.
Buona lettura.
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Le nuove chiusure della scuola e i mostri all’orizzonte
di Plv
– Prof, lo so, mi dispiace ma a distanza non ce la faccio.
Inizia il gioco delle parti. Se mollo e gli dico che ha ragione è come se gettassi la spugna. Se gli dico che è colpa sua che non si impegna, rovescio solo su di lui una responsabilità che non è solo sua.
E non posso gettare la spugna.
«Io gli direi che…»
Sono tanti i consigli che arrivano da amici e amiche. «Io gli direi che ha ragione», «io gli direi che così la scuola è inutile», «io gli direi di andare fuori con gli amici». Ma anche se gli dici qualcosa del genere, con quella persona ti ci devi interfacciare il giorno dopo, e quello dopo ancora, e quello dopo ancora…
Una battuta amichevole e provocatoria diventa solo una forma di narcisismo se non è affiancata da una pratica concreta. E mi dispiace, con questa Didattica a Distanza di pratiche funzionali non ne ho trovate. In questi giorni mi sono anche letto Formare…a distanza?, il libretto di C.I.R.C.E: molto bello, ma riporta le idee e le pratiche del primo lockdown e per questo mi sembra appartenga a un’altra epoca storica. Ora l’unica pratica sensata che mi viene in mente è quella di spegnere il computer.
Ma non si può fare. Un contratto me lo impedisce.
E me lo impediscono mille altri legacci, alcuni dei quali potrebbero serenamente portare al mio licenziamento.
– Non ce la faccio, prof.
«Nemmeno io, fidati. È un’agonia.»
Non ricordo se gliel’ho detto quella volta. La sua è una frase che sento ripetere spesso, con svariati accenti, e non rispondo sempre allo stesso modo. Ma è questa la risposta onesta: nemmeno io ce la faccio.
Quella volta però, a fine lezione la prof di sostegno mi ha detto: «Lo capisco a dire che non ce la fa».
Ha ragione, pure lei. E un po’ la invidio perché non è spinta a rispondere a ogni frase che sente. Ha un altro ruolo, anche più difficile, ma quell’obbligo non ce l’ha. Lei però ha dei figli, da lunedì staranno a casa sempre. Sono fortunato a non essere un genitore in questo momento. O un adolescente.
Smozzico una risposta, ne scelgo qualcuna del mestiere, nella consapevolezza che è un lose-lose: perdo in ogni caso.
– Quando siamo in presenza è meglio?
– Quando siamo in presenza è meglio, prof.
– Allora studia che venerdì controllo il quaderno.
– Eh, prof!
Vaccini e vaccate
5 Febbraio 2021.
Sul sito della regione Emilia-Romagna c’è scritto: «Covid, il programma vaccinale di massa della Regione: 45mila dosi al giorno».
Oggi sappiamo che avremo forse 60mila dosi di Astrazeneca. Secondo quelle dichiarazioni i vaccini al personale scolastico dovevano essere smaltiti in 1 giorno e un quarto: un mio amico si vaccina domani, io sto aspettando ancora che mi sia fissata una data.
Le dosi non arrivano, arrivano, le vaccinazioni le organizzano i medici, si fanno in Fiera, facciamo a tressette. Tutto, pur di avere un titolo sul giornale. La politica della Regione Emilia-Romagna diventa una telefonata di Nanni Moretti: mi si nota di più se li vaccino, se li vaccino tutti insieme o se non li vaccino per niente?
Nel frattempo in Toscana al personale scolastico hanno già distribuito il 70% dei vaccini.
Chi le paga queste vaccate?
15 Febbraio 2021. Sempre Bonaccini:
«Se la curva aumenta e ci fosse la necessità di prendere ulteriori provvedimenti, piuttosto che lasciare a casa i ragazzi, sarebbe meglio se si dilatassero gli orari su tutta la giornata, quindi mattino e pomeriggio»
Chi le paga queste bugie?
Bonaccini pochi giorni fa era contro le chiusure delle attività economiche. Bisogna aprire, l’ha detto pure Salvini.
Il giorno dopo firma ordinanze per la zona Arancione-Scuro, tonalità Guantanamo. Cosa chiude in più rispetto all’Arancione? Chiudono le scuole, nient’altro. E restringono gli spostamenti.
Il 25 Febbraio, la neo-ministra Gelmini, insieme al ministro Speranza, rilascia una dichiarazione: «è difficile parlare di chiusura delle scuole da una parte e di riaperture di attività commerciali dall’altra».
Me la ricordo la Ministra Gelmini: l’ultima volta che l’ho incrociata era in una strada piena di gente, in centro a Roma, l’odore di limone nell’aria e un Nettuno con nuvole di fumo nero, dense, alle spalle. Era il 14 Dicembre 2010.
Questo personaggio dice cose più sensate di Bonaccini.
Rendiamoci conto.
Tragedie greche
Nel suo spettacolo sul disastro del Vajont, Marco Paolini a un certo punto dice che quella sembra una tragedia greca: è in date precise che avvengono i passaggi drammatici, come se ci fosse un destino.
Si richiudono le scuole. Esattamente un anno dopo. Solo che non è un destino, non lo era per il Vajont, non lo è adesso. Si sa e si sapeva da mesi che il problema sarebbe esploso con forza. La tragedia che viviamo nei nostri ospedali in questo momento era prevedibile, maledizione. Semplicemente non abbiamo fatto nulla per prevenirla.
[Ai tempi del Vajont si disse che un sasso era caduto in un bicchiere e aveva fatto uscire l’acqua, era un disastro “naturale”, non aveva colpa nessuno ecc. Oggi si dà la colpa di tutto al virus, è tutto un «a causa della pandemia», «i danni provocati dal Covid»… In questo modo la classe dirigente schiva ogni responsabilità, N.d.WM]
Per settimane Pescara è stata all’avanguardia: una delle città più colpite dalla cosiddetta variante inglese.
Ma fa impressione Brescia, fa impressione Bologna: le zone più colpite di un anno fa sono e saranno le stesse più colpite ora. Chissà come mai.
Eppure qualche Tiresia in giro c’era stato:
– Alla prossima epidemia cosa faremo?
Quando lo domandavamo in questi mesi, la gente pensava stessimo esagerando.
– Ma va là, dopo questa basta.
Il problema è che potrebbero andare avanti così per anni. Il problema ci sarà, il tuo dovere è essere preparato.
E se non sei preparato cosa fai? Chiudi la scuola.
Ma funziona?
Alcuni dicono che in passato non sia servito a nulla.
25 Febbraio 2020. Paolo Pandolfi, direttore del Dipartimento di sanità pubblica di Bologna: legge i rapporti tamponi/contagiati e parla di scuola. Repubblica riporta e commenta:
«rispetto alla popolazione complessiva, l’impatto del virus nelle scuole è minore. E lo dimostrano i dati dei tamponi. “Il tasso di positività non è molto alto – conferma Pandolfi- il 5,6% tra gli studenti e il 5,1% tra gli insegnanti”, mentre va oltre il 10% nella popolazione generale.»
La situazione peggiora in generale. Forse ora ci si infetta pure a scuola, può essere. Come in tanti altri luoghi. Anzi, meno. A quanto dice Pandolfi fuori dalla scuola ci si infetta di più. Ma nella zona arancione scuro chiudono solo le scuole e i centri sportivi.
Non altre attività: non le fabbriche di armi, non i cantieri che stanno gentrificando i nostri quartieri, non i capannoni della pianura, la zona più colpita dell’Emilia-Romagna.
Un cuore così Bianchi
Lady Macbeth non uccide Banquo. Si insudicia le mani di sangue e le mostra al marito che ora è timoroso per il gesto che ha compiuto:
«Le mie mani sono del tuo stesso colore, ma mi vergogno di avere un cuore così bianco.»
Patrizio Bianchi è lo stesso personaggio che ha accompagnato la chiusura della scuola dell’ultimo anno, che ha dato forma all’esplosione di quell’incubo che è la Didattica a Distanza, che offre una prospettiva di aziendalizzazione della scuola. Solo che il suo nome sui giornali è uscito poco e spesso in contrasto con la Ministra Azzolina. Il suo cuore è bianchissimo.
Perché dobbiamo fingere di avere fiducia nel nuovo Ministro dell’Istruzione fino a che non ci avrà dimostrato che in realtà c’è poco da fidarci? Lo sappiamo già.
È stato il braccio destro di Azzolina per mesi, non basta questo?
È uno dei massimi sostenitori dell’autonomia scolastica, non basta questo?
Ha di diverso che è più presentabile di chi l’ha preceduto, ma per questo è più pericoloso.
Partiamo da ora: dove sono gli scudi levati per la riapertura della scuola? Davvero c’era bisogno che intervenisse Mariastella Gelmini e lui stesse muto?
Col risultato che è tutto delegato agli enti locali. Ma questa, dovremmo averlo capito ormai, non è mancanza di strategia, bensì l’esatto opposto. Semplicemente chi sta più in alto fa in modo che a prendersi la responsabilità sia chi sta un gradino più in basso e così all’infinito. Fino a ciascun* di noi, untore irresponsabile.
Il responsabile non è chi governa e ha passato decenni a smantellare le reti di sicurezza che esistevano in questo paese, non è chi ha buttato via mesi senza prendere contromisure: sei tu a uccidere le persone che si ammalano.
«Sei stato tu, col tuo sasso», diceva quel poliziotto a Genova, nell’estate di vent’anni fa.
Torniamo indietro, basiamoci su quello che Bianchi ha fatto o detto da quando è Ministro. 24 Febbraio:
«[La scuola] è sempre stata aperta in questi mesi, in presenza o a distanza, ha dimostrato capacità di reagire, ha lavorato per mantenere la continuità.»
Questa frase, apparentemente innocua e apologetica nei confronti del personale scolastico, è il piano discorsivo che legittima di fatto le nuove chiusure delle scuole: la DAD è piena continuità, ha dei difetti, figurarsi, ma è tollerabile. Teniamocela, magari per dopo. Tanto, secondo i piani attuali del Recovery Fund di DAD ce ne sarà parecchia in futuro.
Pochi giorni prima Mario Draghi aveva proposto che la scuola recuperasse il «tempo perduto», magari prolungando l’anno scolastico fino a fine Giugno. Scusate, la DAD è «tempo perduto» o continuità con la scuola? La risposta noi la conosciamo, ma almeno mettetevi d’accordo tra di voi.
Il fatto è che le priorità di questo governo e di questo ministro sono altre.
Il 17 febbraio, quattro giorni dopo l’insediamento, Bianchi annuncia che gli Invalsi, le prove ipercriticate da quasi tutto il mondo della scuola, si faranno. Non sappiamo ancora come si faranno gli esami di maturità, ma sappiamo che gli Invalsi di faranno. Si parte da subito: la preparazione inizia l’1 Marzo.
Il giorno in cui nella provincia di Bologna la scuola chiuderà di nuovo.
Che fare
Va bene che i TAR diano torto ai governatori, com’è successo anche in Emilia-Romagna nel gennaio scorso, ma oltre alle sentenze ci vogliono le lotte.
Non ne usciamo se non mettiamo il culo in strada. Se non ci parliamo tra tant* e divers*. Se non ingoiamo dei rospi in nome di qualcosa che va oltre noi.
In gioco non ci sono solo le prossime settimane. Non è solo la scuola aperta il prossimo lunedì. Nei prossimi due mesi si decide il futuro della scuola in questo paese e per come sono i piani non sarà roseo. Ogni esitazione ci costerà cara negli anni a seguire.
Per l’istruzione, Priorità alla Scuola ha elaborato un piano alternativo a quello presentato dal governo Conte-Bis. Non sappiamo ancora cosa pensa Mario Draghi… ma in realtà lo sappiamo, la linea è già tracciata da tempo. La scuola diventa dominio privato, vittima di ranking, con valutazioni sterili necessarie a determinare lo stanziamento dei pochi fondi. E nessuno di quei fondi aiuterà concretamente le persone in fondo alla scala sociale.
La situazione torna a essere drammatica, come un anno fa, gli ospedali si riempiono, i numeri inquietano. Abbiamo paura.
È giusto averne, ma è sbagliato esserne vittime: stiamo molto attent* a non cedere prima di aver ottenuto qualcosa.
È pretendendo il rientro a scuola che in Emilia-Romagna abbiamo ottenuto i tamponi in farmacia ogni 15 giorni.
È pretendendo il rientro a scuola che abbiamo forzato la campagna vaccinale.
Se vogliono chiudere le scuole, prima chiudano tutto il resto. E chiudano pure quest’agonia di DAD.
Se vogliono sconfiggere il virus, incidano lì dove è più urgente farlo. Non nel luogo in cui, pur avendo un’altissima concentrazione di persone, ci si contagia la metà che altrove. Pandolfi dixit.
Organizziamoci, perché abbiamo bisogno di tutta la nostra forza.
A questo link [ https://www.governo.it/it/cscovid19/report-vaccini/ ] potete vedere quante dose di vaccini sono state somministrate.
In Toscana, dove i movimenti per la scuola sono più forti, 24mila lavoratori e lavoratrici della scuola hanno ricevuto la prima dose del vaccino AstraZeneca.
Divertitevi a guardare il resto.
È impressionante quanto dall’inizio di questa pandemia chi governa (chiunque) possa dire qualunque cavolata senza pagarne il prezzo politico.
Bonaccini è un campione. Ricordate quando il giorno dopo la sentenza del TAR disse che da quel momento i tamponi rapidi per il personale scolastico sarebbero stati disponibili ogni due settimane?
Non era vero. Abbiamo dovuto aspettare Febbraio: https://www.regione.emilia-romagna.it/notizie/2021/febbraio/coronavirus-dal-1-febbraio-in-emilia-romagna-tampone-rapido-o-sierologico-possibile-per-tutti-in-farmacia-a-prezzo-calmierato
D’altronde nelle tragedie c’è sempre un elemento comico.
Abbiamo appena aggiunto il link alle dichiarazioni di Pandolfi fatte all’agenzia di stampa DIRE. Suggeriamo di leggerle tutte, perché è lui stesso a far capire che non c’è nessuna emergenza nelle scuole, anzi, la scuola è uno dei luoghi di maggior presidio e screening.
Va detto che alla delibera regionale che istituisce la zona arancione scuro sono allegati i dati dell’ASL sull’andamento dei contagi nel bolognese al 21 febbraio 2021. Dopo lo stortone che hanno preso a gennaio con il ricorso al TAR, Bunazzen & soci si sono fatti furbi e si sono dotati di pezze d’appoggio scientifiche.
E pure quelle sono interessanti da leggere.
È vero che l’aumento dei casi nella fascia 11-13 anni ha raggiunto il +67%. Ed è vero che nelle scuole c’è stato un aumento dei focolai in febbraio. Nel corso del mese si è passati da 23 a 30 a 40. Cioè si è raggiunto il numero di focolai che a inizio mese erano stati individuati nei luoghi di lavoro, i quali nel frattempo sono passati da 40 a 45 a 58. Con un aumento dei casi nella fascia 20-44 anni che ha raggiunto il +70% (e addirittura l’87% tra i pensionati).
Insomma i minorenni in età scolare vanno di pari passo – anzi stanno un po’ sotto – gli adulti.
Che sia l’ambito lavorativo, dopo l’ambito famigliare, quello in cui ci sono più focolai è riscontrato anche dai dati aggregati per fasce d’età.
I casi di covid acclarati in febbraio nella fascia d’età scolare (e asili nido), 0-19 anni, sono stati in totale: 1.357. Contro i 2.168 nella fascia anagrafica 20-44 anni e 2.185 casi nella fascia 45-64 anni. Cioè nella fascia lavorativamente attiva, i casi sono stati 4.353.
Dunque sono gli adulti quelli su cui si dovrebbe agire per contenere il contagio. Ma guai a toccare i luoghi di lavoro. Di sicuro non sarà la Regione a farlo. Ecco perché l’escamotage cromatico “arancione scuro”. Tradotto: «Non possiamo dire “rosso”, perché se lo facessimo dovremmo serrare le attività lavorative e pagare i ristori. Lo può fare il governo, se vuole (e infatti glielo stiamo chiedendo…), ma noi la grana per salvare le attività economiche non ce la mettiamo. Quindi l’unica cosa che possiamo fare è chiudere le scuole, perché è gratis.»
E certo che, come fa notare Plv nell’articolo, il neoministro Bianchi – ex-assessore all’istruzione dell’Emilia-Romagna – tace. Mica può tirare uno stortone all’amico Bonaccini. La congiura per scaricare il peso della pandemia sugli “improduttivi” è ordita alla luce del sole. Che gli dèi li fulminino.
dalle dichiarazioni del dirigente dell’ autorità sanitaria competente territorialmnte: “..abbiamo più focolai e più quarantene, ma meno casi…”. Come precario della scuola, sono stato messo in quarantena, unico tra il personale, coinvolto genericamente, del plesso sospeso; perchè la mia supplenza scadeva in contemporanea all’emergenza e quindi non avevo un regolare contratto in essere al momento della chiusura cautelativa e della seguente programmazione dello screening sanitario su tutta la popolazione scolastica, dato che si trattava di caso di variante che ha preoccupato il servizio di prevenzione. “Ma guai a toccare i luoghi di lavoro” ma il lavoratore singolarmente colpiamolo duro..
“Ma guai a toccare i luoghi di lavoro.”
La scuola è un luogo di lavoro. E l’hanno toccata eccome. Dal punto di vista di chi ci lavora, sta tutta qui l’ipocrisia. Perché slogan come “la scuola luogo più sicuro” e “la chiusura delle scuole va evitata ad ogni costo” sono serviti, di fatto, come foglie di fico per scaricare sull’istituzione scolastica una parte non irrilevante del peso della situazione nel corso degli ultimi mesi.
La scuola, dici, “è uno dei luoghi di maggior presidio e screening”. E’ vero. Ma non penso di dire nulla di eretico se faccio presente che (a) non è questa la sua funzione (non dovrebbe esserlo, almeno) e (b) il peso di questa funzione, resa necessaria dalle circostanze, è stato scaricato su un sistema scolastico già provato da 20 anni di controriforme, impattando fortemente su chi a scuola ci lavora.
La chiusura delle scuole a Bologna e altre zone “arancione scuro” è semplicemente il coronamento di questa ipocrisia di fondo. Si è discusso (anche se pur sempre troppo poco) su come dovrebbe cambiare il sistema sanitario alla luce di come ha reagito allo choc della pandemia; ma sulla scuola manco quello: tutto il discorso si è arenato su scuole chiuse/scuole aperte, DaD sì/DaD no. Con il risultato, prevedibile, che mo’ le scuole sono chiuse e l’incubo della DaD è di nuovo realtà.
Certo che la funzione della scuola non è quella di essere un presidio sanitario. Ma se le fornisci i mezzi per esserlo perché no, in tempi eccezionali? Priorità alla Scuola sta chiedendo da mesi proprio quello che dici tu: invece di aprire e chiudere le scuole come fossero fisarmoniche, finanziatele, attrezzatele, ripristinate il medico scolastico, implementate i trasporti per raggiungerle, ecc. ecc. Ma questo lo può fare un governo che abbia appunto la scuola in presenza come “priorità”. E al di là delle chiacchiere di Draghi (Conte a stento le nominava le scuole) quello che abbiamo visto finora è lo scaricabarile sulla scuola di ogni costo della pandemia, insieme al settore cultura-sport-spettacolo.
Bologna lunedì sarà identica a ieri, eccetto per il fatto che i bambini e gli adolescenti non saranno a scuola, non potranno fare sport e non potranno giocare nei parchi. Si è deciso di rifarsela su di loro, perché è gratis e perché loro non possono protestare. È un’infamia che grida vendetta.
Il problema è che da 20 anni a questa parte, per pressoché ogni governo, la scuola è stata fin troppo una priorità, ma nel senso sbagliato: per risparmiare e fare cassa. Se si volesse fare un elenco delle trappole kafkiane generate da questo processo infinito di (contro)riforma, che ha trattato l’istituzione come un palinsesto, probabilmente non basterebbe un’enciclopedia.
Arriva una pandemia e cosa ci si aspettava? Che il sistema improvvisamente iniziasse a funzionare come un orologio? Sarò pessimista, ma come rispetto a tante altre cose dubito che tutto questo servirà a generare una diversa consapevolezza.
Quello che si è fatto a scuola in questi mesi ha dell’incredibile, se ci si pensa un attimo. Ma a rendere possibile il “miracolo” è stato il quotidiano e silenzioso lavoro di migliaia di lavoratori e lavoratrici sottopagat*, oberat* (nel caso specifico degli/delle insegnanti) di incombenze che con la funzione didattica hanno spesso poco o nulla a che fare, spesso precari(e) e anche, per soprammercato, poco rispettat*.
Quando ho saputo che si sarebbe chiuso – circostanza che è coincisa tra l’altro con una kafkiana incertezza sul rinnovo del mio contratto – ho pianto. Lavoro nella scuola solo da 5 mesi, ma l’idea di riprendere servizio lunedì in un edificio vuoto è avvilente.
Buonasera. Col lockdown, ricompaio anch’io. Sento il bisogno di leggervi perché siete tra i pochi che manifestano un dissenso ragionato verso misure a dir poco discutibili. Grazie.
Ieri guardavo una bambina che saltellava in strada, accarezzata dal sole e dalla prima brezza primaverile, e pensavo: “Da sabato sarai reclusa anche tu. Niente scuola, ma anche niente passeggiate e saltelli. Il sole e la brezza andranno sprecati, né tu né io potremo goderne”.
Stanotte non ho dormito per la rabbia e l’ansia, perché vivo come una violenza, un sopruso, la proibizione di uscire di casa. Mi fa imbestialire la mancanza di volontà, da parte di chi legifera, di commisurare le restrizioni alla reale pericolosità delle varie attività, così come la nonchalance con cui vengono accantonati diritti basilari.
Ho visto in questi giorni classi fare lezione all’aperto. Anche ammettendo che stare in aula sia troppo pericoloso, perché impedire anche forme di didattica come questa? E perché proibire di fare una passeggiata coi figli, di portarli in un prato o in un bosco a vedere la natura che si risveglia? Perché impedire a me di fare un’escursione da sola? Sono attività a rischio nullo o quasi.
Io sono consapevole che stare relegata in casa mi distrugge nel corpo e nella mente. Sono consapevole che una primavera persa non torna mai più. Forse molti bambini e ragazzi non se ne rendono conto, ma questo non significa che la reclusione faccia male a loro meno che a me. Davvero chi prende provvedimenti così alla leggera non lo capisce?
Be’ non dai, non così! In zona arancione si può uscire e saltare (e anche in zona rossa, per la verità) si può fare attività fisica all’aperto, correre, passeggiare e andare in bici e andare nei boschi etc… Recludere le persone in casa come un anno fa era una pazzia allora e lo sarebbe ancor di più ora, e fortunatamente non sta avvenendo. Non ho molta fiducia nel governo presente, ma non siamo (più) agli arresti domiciliari. Uscire si può. La reclusione ora sarebbe autoinflitta. Fate attenzione però, in zona arancione, passeggiando, son scivolato e mi sono lussato un gomito. Il recupero è lungo e doloroso.
Sei partito da una premessa sbagliata, rainbow. A Bologna non siamo più in zona arancione. Siamo in zona arancione scuro. Da oggi, stando all’ordinanza, si può uscire di casa solo per «ragioni di provata necessità», l’attività motoria si può fare solo «in prossimità dell’abitazione», e tutte le altre tragiche idiozie che purtroppo ben conosciamo. Tra le quali spicca la chiusura anche delle scuole elementari e medie. E tutto questo si aggiunge a quell’altra idiozia che ormai tutti accettano ma che dovrebbe essere inaccettabile, ovvero il coprifuoco, che non ha alcuna ragione scientifica. Questa la situazione in linea teorica. Certo, è possibile che rispetto all’anno scorso i controlli siano più laschi e meno paranoici, ma non è detto. È possibile che le persone siano meno angustamente ligie e si prendano più spazi di libertà, ma non è detto. È possibile che alcune cose si continuino a fare, ma non certo perché consentite, anzi, sfidando i divieti, e nemmeno questo è detto, perché i media stanno pestando durissimo, e di fatto a un anno di distanza stanno montando il medesimo clima del marzo scorso. E quest’arancione potrebbe diventare ancora più scuro.
P.S. Anche la manifestazione per la scuola che ieri ha riempito il crescentone di Piazza Maggiore era in spregio del divieto a manifestare. Fieramente non autorizzata.
Buongiorno, ben vengano le proteste grandi, creative, di sinistra (per farmi capire, scusate il pragmatismo), non ego-centrate.
È quello che manca.
Abbiamo finora lasciato la protesta nelle mani e nelle menti di chi la fonda sulla sopraffazione individuale, di chi non vede che la terra è una e limitata e va condivisa con il resto della specie umana e il resto della natura.
Dove invece abbiamo un qualche rudimento di cultura dei diritti umani e dell’ambiente, sappiamo solo sostenere l’ordine costituito, paralizzati dalla paura di non saper gestire la rabbia e la disperazione.
Quasi quasi siamo contenti che non esista più un ministero dell’ambiente, scusate la divagazione
Io vedo nell’incapacità a protestare l’inadeguatezza (in fin dei conti la paura) a stare dove c’è davvero da rimboccarsi le maniche anche contro lo Stato.
L’arci, dopo un anno di iostoincasa variamente declinato e un’unica manifestazione che non puntava ad una reale mobilitazione della base (i bambini) ma solo voleva sostenere l’avvio del dialogo tra il nazionale (gli adulti) e le istituzioni, ha iniziato ha percepire la rabbia che monta dai circolini, in via di chiusura definitiva. Prima ha puntato, inutilmente ai soldi, ai ristori! Poi ha tentato di arrivare in modo lobbistico a una soluzione per la grande associazione nazionale in parlamento – e questo dice tutto. Da un mesetto ha iniziato con qualche comunicato stampa un po’ più acceso che fa sentire il nazionale più vicino alla base e quindi tiene calma la situazione.
A quando la prima bella creativa dirompente manifestazione nazionale? Dove includere e accogliere anche gli ‘egoisti’ e i commercianti (chiedo ancora scusa, non mi piacciono le categorie, ma temo di finire lo spazio e ho scelto il pragmatismo, sapendo che la pagherò) conducendo con forza veemenza e profondità il fondamento culturale di ogni proposta di protesta. Non aspettiamo l’arci nazionale.
E tutte le volte, nelle manifestazioni per le scuole aperte come quella di ieri, penso che siamo molti meno rispetto a quanti dovremmo essere, ma forse per l’appunto, con i divieti in atto, possiamo dirci moderatamente soddisfatti. E continuare a dissentire e a porsi, patendone le amare conseguenze, dei problemi.
Ad esempio: nella tabella allegata al decreto regionale, e prontamente riportata dall’edizione online di Repubblica Bologna (che scorro superando il disgusto) si evince che solo il 3,2% dei focolai attivi al 21 febbraio si è sviluppato nelle scuole. Eppure l’enfasi data agli stessi negli ultimi due giorni è stata pari solo a quella che in questi lunghi mesi si è duramente meritata sul campo la movida.
Il candidato esponga le ragioni che giustificano tale misterioso fenomeno.
Sai, Valentina, a me quella di ieri è sembrata una piccola importante vittoria per Bologna. Ero talmente sfiduciata che mi aspettavo di trovare meno persone e, invece, sono rimasta sorpresa perché la piazza era affollata ma, soprattutto, i partecipanti erano determinati, convinti, coscienti, consapevoli e ragionevolmente incazzati. È stata una bella occasione per rivedere persone che non hanno abbandonato ogni speranza di cambiare la situazione e che ancora, nonostante tutto, credono che si debba lottare. In questo senso Priorità alla scuola ha esercitato un ruolo di grande importanza nel continuare a convocare fisicamente la piazza. C’erano tanti bambini e genitori. Forse mi stupisce sempre molto che, in proporzione, fossero gli insegnanti i meno presenti. Non ero abbastanza vicina per ascoltare tutti gli interventi ma uno in particolare mi ha colpita e commossa molto, quello di una nonna che tra la tristezza e lo spaesamento rivendicava orgogliosamente di non voler sostituire lo Stato nel welfare. Che vuole il meglio per i suoi nipoti ma che non vuole e non può sostituire l’ istituzione scolastica svolgendo un ruolo di supplenza ” insufficiente”. L’altro giorno un amico di mia madre al telefono le ha detto: “vedrai che toccherà di nuovo a noi scendere in piazza come negli anni sessanta.” Speriamo proprio di no. Speriamo che ognuno di noi prenda in mano il suo ” destino”. Forse qualcuno per esasperazione ci arriverà.
Anche se i toni dell’amministrazione comunale, nella figura del sindaco, sono improvvisamente mutati… Ha infatti dichiarato che bisogna puntare sulla responsabilità e non sulla repressione… Mah…
Vero quello che dici @filoapiombo sulla presenza degli e delle insegnanti. Quello che io percepisco però è l’inizio di un’inversione di tendenza. Può essere la mia piccola bolla, ma in questi giorni a scuola sto vedendo persone incazzate più di me o altre meno incazzate ma che fanno discorsi estremamente condivisibili. Alcuni parlano dell’inutilità di questa chiusura, altri si limitano a dire che ormai la Dad è evidentemente dannosa.
Ho l’impressione che manchi una pratica, comune e condivisa, per lottare nelle scuole e non solo nelle piazze. Purtroppo le lezioni in piazza non sono così facili da replicare, serve altro e bisogna trovare il modo di rendere visibile e praticabile questo dissenso. Fare discorsi belli e fighi in aula non serve, è necessario qualcosa di pratico. Chiaro che è compito dei movimenti trovare queste pratiche, ma al momento si latita.
Ciao plv. Si,hai proprio ragione. È per questo che ho parlato di esasperazione e non di ” organizzazione”. Perché al momento mi sembra più facile una risposta ” spontanea” e di pancia, considerata la latitanza sul fronte politico. Ma credo che quello di ieri sia stato un bel segnale e forse, proprio come dici tu, il sintomo di una inversione di tendenza. Molti genitori sono stremati da questi provvedimenti che penalizzano le donne, in particolare, relegandole in casa e, molto spesso, senza reddito. Impoverendole ancora di più e rendendo l’autonomia un obiettivo irraggiungibile. Tutto a vantaggio di una organizzazione sociale sempre di stampo maschilista e patriarcale. Chissà che l’otto marzo non possa essere una buona occasione per intersecare e congiungere le varie istanze, le varie lotte e le varie sofferenze.
Sono assolutamente d’accordo con te quando poni la questione di genere.
Aggiungo anche un altro elemento: ho quattro classi di ragazzi tra i 14 e i 17 anni, 90 studenti circa… Tutti maschi. Come crediamo siano tornati a scuola a gennaio, dopo un periodo di stacco così prolungato? La scuola è tutt’altro che perfetta, si sa, ma lo stare a casa davanti ai videogiochi li sta formando. Tornano con carichi di ansia e depressione, ma anche di aggressività impressionante e diffusa. In un mese e mezzo abbiamo visto sassi lanciati in aula, durante la ricreazione in cortile, decine di miniciccioli esplosi durante le lezioni, minacce ai prof e minacce ancora più pesanti ai compagni, commenti sfacciati nei confronti delle prof. È sempre stato così? Mi sembra una situazione molto più diffusa che in passato e molto più esplosiva. Io per primo (che ho dovuto maturare una certa scorza) ho timore in alcuni casi a chiedere agli studenti di metter via il cellulare a lezione per non spezzare i sottili equilibri.
Ci vorrebbe non uno, ma duecento 8marzo e lo dico anche per il bene che ha fatto e fa a me un movimento come NUDM, ma temo che questa chiusura colpirà anche quello. Solo che non è come l’anno scorso, siamo in una palpabile catastrofe a stampo maschilista
Le favolose FAQ della Regione Emilia-Romagna per la zona arancione scuro sembrano una provocazione di Breton, Dalì e Buñuel.
Vi si dice che è possibile fare shopping:
«Posso andare a fare shopping nei negozi? Se sì, in quali?
E’ possibile l’acquisto di beni, servizi e utilità, essendo le attività economiche consentite, così come avviene in zona arancione.»
E senza limiti di distanza:
«Posso spostarmi nel comune confinante per raggiungere un negozio/servizio non presente nel mio?
Sì, è possibile.»
Ma è possibile portare i propri figli a fare una passeggiata solo “in prossimità” (?) della propria abitazione:
«Posso fare una passeggiata con mio figlio?
E’ possibile svolgere individualmente attività motoria in prossimità della propria abitazione, purché nel rispetto della distanza di almeno un metro da ogni altra persona e con obbligo di utilizzo di dispositivi di protezione delle vie respiratorie. In tale contesto, una passeggiata col figlio è possibile, in prossimità della propria abitazione.»
Quindi posso allontanarmi quanto voglio per andare a spendere denaro nei negozi, ma non posso allontanarmi per svolgere un’attività gratuita come una passeggiata salutare. Uno che vive in un centro urbano non può raggiungere un’area verde con il proprio figlio.
Nel caso non fosse abbastanza chiaro, viene ribadito che gli spazi verdi sono interdetti:
«Posso portare mio figlio al parco?
No, l’attività motoria è consentita solo in prossimità della propria abitazione»
Ovviamente è consentito ai nonni andare a badare i nipotini messi a casa da scuola (altrimenti i genitori come fanno ad andare al lavoro?). Quindi pare che sti bambini siano contagiosi solo a scuola…:
«Gli spostamenti dei nonni che devono accudire i nipoti in DAD sono consentiti?
Sì, gli spostamenti per ragioni di cura sono sempre consentiti.»
Per quanto mi riguarda da oggi comincia la disobbedienza civile protetta. Come vent’anni fa.
Questa storia della prossimità è davvero ridicola, sia per l’assurdità della norma in sé, sia per la sua vaghezza. I limiti di velocità non dicono “vai piano”, dicono “non superare i 30 km/h”. L’interpretazione più diffusa di prossimità sembra essere 200 m, ma non l’ho trovato scritto in nessuna fonte ufficiale.
Le norme anti-Covid dovrebbero essere poche, chiare e ragionevoli (con efficacia provata e sostanziale sul contenimento del contagio). Invece sono tante, farraginose e in parte inutilmente vessatorie.
Mi aspettavo che, in un anno, qualcuno (CTS? magistratura? organi UE?) si facesse sentire al riguardo. Invece niente.
Oramai è inutile provare anche soltanto a cercare un filo di buon senso nelle “misure di contenimento” (quale contenimento?, visto che la situazione in tutti i sensi, sociale, economica, psicologica, e anche sanitaria se pensiamo per esempio ai milioni di visite e servizi ospedalieri saltati, è esplosa), delle misure che ci accompagnano da marzo 2020 a questa parte. E in effetti, anche per questa cosa, i controlli rispetto a queste assurde regole (puoi per esempio andare 20 volte in una giornata al supermercato strapieno di gente ma MAI a casa di un amico) sono del tutto marginali.
Vorrei capire però se i precedenti dei ricorsi amministrativi al Tar che avevano cancellato la precedente chiusura delle scuole di Bonaccini possano fare giurisprudenza (e quindi possa crearsi un potenziale braccio di ferro tra istituzioni) o sia stato un unicum. A mio avviso le premesse e le conclusioni di quella decisione del Tar sono applicabili anche oggi, non essendo mutato nulla nel quadro generale.
Dal punto di vista giuridico, la vittoria al TAR dell’Emilia-Romagna è stata solo parziale. Il Tribunale ha sospeso l’ordinanza di Bonaccini con una settimana d’anticipo rispetto alla sua scadenza, accettando quindi l’istanza cautelare. Poi però, nella camera di consiglio del 10 febbraio ha emesso una sentenza di improcedibilità “per sopravvenuta carenza d’interesse” – perché ormai l’ordinanza non c’era più e questo ha permesso di non dare un giudizio di merito che avrebbe costituito un precedente; – e ha considerato la domanda di risarcimento del danno infondata (avevamo chiesto anche quello, per il danno agli studenti e alle studentesse causato dall’ordinanza). Il danno non è perseguibile perché l’impugnata ordinanza è durata troppo poco e poi perché – in sostanza – non c’è stato dolo né colpa, ma solo… inettitudine.
Stiamo valutando se ricorrere al Consiglio di Stato perché a) l’interesse a una decisione nel merito c’è eccome, anche se l’ordinanza è scaduta, visto che di provvedimenti similissimi se ne continuano a prendere e b) il TAR ER ha deciso di procedere con la cosiddetta “sentenza breve” che non era stata richiesta né da noi ricorrenti né dalla Regione.
Vorrei far notare che queste cose non hanno precedenti nel resto del mondo.
Nel resto del mondo al limite si chiudono i negozi e si aprono i parchi: https://www.theguardian.com/commentisfree/2021/feb/25/parks-lifeline-pandemic-buckingham-palace-royals
“Parks are the nation’s wellness clinics. This past year they have been, after hospitals, the unsung, unclapped heroes of the pandemic. They are therapies for isolated and lonely people, places of exercise and relaxation, havens of nature and reflection. Millions of people have found in them refuge and comfort.”
Non parliamo di Danimarca o Scandinavia.
Solo una domanda: come funzionerebbe la “disobbedienza civile protetta”?
La mia consiste nello stare in divano fino alla fine dei tempi, considerando il prossimo mio, indiscriminatamente, un aguzzino e un attentatore alla mia libetà.
Anche col cashback (lol) non guadagno minimamente abbastanza da potermi permettere multe a due zeri ogni volta che faccio una passeggiata senza l’intenzione di “far girare l’economia”.
Peccato perchè mi piaceva la sensazione del sole in faccia, ma oh, la rivoluzione non si fa da abbronzati.
“Protetta” nel senso che – come dicevo in un altro commento – ci si mette la mascherina e si sta distanziati, per non dare gancio ai mass media.
Sono ben poche le persone che possono permettersi di pagare le multe. Ma anche quelle vanno impugnate, contestate in sede legale, come è stato fatto a primavera. Sono incostituzionali. Anche questa via va praticata, come è stato fatto con i ricorsi ai TAR. Il punto non è certo andare ad abbronzarsi, ma certo se restiamo sul divano dove ci vogliono seguiteranno a pensare di poter fare qualunque cosa, di poter promulgare qualunque dpcm o ordinanza assurda. Facile di sicuro non è. È una partita difficilissima. Ma accettare questo “produci-consuma-crepa”, questa morte della cultura e dell’istruzione, imposta per limitare i contagi – i quali in realtà seguitano a diffondersi sui luoghi di lavoro – non è possibile.
Queste faq, idiozie pure come quelle che da un anno si leggono sul sito della presidenza del consiglio dei ministri, rappresentano la ciliegina sulla torta composta da una tale quantità di precetti tanto minuziosi quanto inutili ( infatti bisogna interpretarli con le immancabili faq).
Per quanto mi riguarda la parola coprifuoco mi crea una sensazione di fastidio insopportabile. E lo dice una che dovendosi alzare molto presto al mattino, alle 22 nei giorni feriali in autunno-inverno, difficilmente esce di casa.
La mia regione è bianca eppure l’obbligo di permanenza domiciliare è stato solo spostato alle 23,30. Ovvero: finché uscire di casa è funzionale al consumo ( in ristorante) è lecito, dopodiché è vietato.
Per me siamo in una situazione intollerabile di riduzione in cattività. Puoi pure crepare lavorando, ma godere di aria, sole e natura no.
Un’altra primavera rubata senza logica non è accettabile.
Per quanto mi riguarda mi sto guardando intorno. Credo sia ora di adire le vie legali. Non servirà a nulla? Forse. Ma stare zitti e subire, o disobbedire civilmente incassando sanzioni mi sta sempre più stretto.
Ordinanze e decreti non ci stanno proteggendo. Stanno vessando adulti e soprattutto giovani, minando la nostra salute in senso ampio con provvedimenti illogici e privi dei presupposti che legittimerebbero limitazioni così stringenti.
Sono esausta.
Io sono sfiduciato perché nella “bolla informativa” in cui ci troviamo non riesco a rendermi conto di quanto certe misure siano “maldigerite” o quanto invece siano “benviste” da una buona fetta della popolazione.
Dal punto di vista pratico, del “mondo reale”, io vivo in una situazione tutto sommato “buona”, fuori dalle grandi città, con una scuola elementare piccola davanti alla quale trovo tutte le mattine gente responsabile ma senza “eccessi di zelo”, in cui un paio di classi sono state anche in quarantena ma in cui complessivamente non ci sono stati grossi problemi. Per quanto riguarda il lavoro procede tutto più o meno normalmente, la crisi per me non è peggiore del solito, sono per conto mio e lavoro spesso all’aria aperta.
Anche qui ogni tanto si vede gente da sola, in mezzo alla campagna, con mascherina ffp2 ben stretta al volto, ma per fortuna non sono troppi.
Quando vado sul punto di vista “media mainstream”, invece, lo sconforto è totale.
In particolare mi fa impressione un sito di gossip su cui vado a sfrucugliare ogni tanto (mi rendo conto in modo tra il morboso e l’autolesionista) dove, per rispondere anche a EP sotto, sono ormai settimane che martellano in modo scandaloso sulla scuola, riportando articoli di quotidiani e mettendoci titoli a effetto con un chiaro “spin”, sul genere di:
“ah, a scuola ci si infetta? Ma va? Gli intellettualoni ideologizzati lo avranno capito adesso?”
o “ma la DAD vi fa tanto schifo?” e poi con la quotidiana dose di “horror” con il virus che contagia anche i giovani ecc.
Quello che mi spaventa è che non riesco a capire quanto sia grande il “target di riferimento” di un sito del genere. Se sia una nicchia oppure se rifletta il sentire e il modo di pensare di una fetta più consistente della popolazione.
E in tutto ciò, come diceva EP, nessuno (nel mainstream) che faccia la critica di ciò che non è andato, nessuno che indaghi le ragioni della maggiore letalità in certe zone d’Italia rispetto al resto d’europa, o anche nessuno a livello istituzionale che faccia la revisione delle misure prese che a inizio pandemia quando non si sapeva nulla del virus potevano anche avere un principio di precauzione ma che oggi possono essere (o sono già ampiamente) smentite dai fatti e dalla scienza, come le mascherine all’aperto.
Cugino, forse non ricordi che sull’obbligo di mascherina ovunque, anche all’aperto, anche al parco, anche in strade poco trafficate – vale a dire, sulla rimozione completa dei volti dalla società – si è fatta revisione _eccome_.
È un’invenzione che non risale a Marzo, ma ad Ottobre 2020 (http://www.salute.gov.it/portale/nuovocoronavirus/dettaglioNotizieNuovoCoronavirus.jsp?lingua=italiano&id=5119), ed è la più squisita trovata di demagogia sanitaria degli uomini di governo: il CTS non aveva raccomandato niente del genere.
Diversi componenti del CTS come Villani, ma pure virologi televisivi come Viola, si sono anzi presto affrettati a specificare che la cancellazione dei volti “non ha base scientifica, ma è un richiamo” (https://www.gazzettadellevalli.it/attualita/polemiche-sullobbligo-mascherine-allaperto-villani-cts-non-importa-se-ha-senso-e-un-segnale-292117/).
Non commento sull’opportunità di adottare misure disumanizzanti a titolo di “richiamo” in un Paese civile.
Certo, è un buon argomento da opporre a chi trova l’immagine di prigionieri incappucciati _completamente_ fuori posto.
Peraltro i nostri uomini di governo sapevano che settimane prima il TAR di Strasburgo aveva rilevato l’inopportunità e inumanità di rendere perpetuo e ubiquo un simile obbligo: https://www.lastampa.it/esteri/2020/09/03/news/francia-mascherine-all-aperto-tar-di-strasburgo-boccia-il-decreto-pioggia-di-ricorsi-1.39262979 (P.S.: attenzione ai commenti che danno unanimemente degli irresponsabili untori ai giudici francesi, esilaranti).
Sono perfettamente d’accordo con voi. Mi pare che abbiate centrato diversi punti importanti, o almeno quelli sui quali si è soffermato più spesso il mio rimuginare nei periodi con restrizioni pesanti (negli altri periodi, provo a dimenticare, il che è sbagliato, ma mi è necessario per non vivere costantemente nella rabbia).
Condivido con Mandragola01 la sofferenza per la “primavera rubata”. E’ esattamente così. E la rabbia peggiore deriva dal fatto che non è rubata dal virus, ma da misure ipocrite, che non riducono affatto il contagio. Non c’è nessun valido motivo per proibire le escursioni in montagna o campagna, le passeggiate in riva al mare, se non la volontà di colpire qualsiasi forma di svago, perché dobbiamo fare sacrifici, o forse (sto diventando paranoica o cospirazionista?) perché sono attività a costo zero, quindi eretiche dal punto di vista consumistico.
La perdita di due primavere, che già è drammatica per me, quanto lo sarà per i bambini e per gli anziani? Ricordo che, quando andavo a scuola, la primavera era il periodo più bello, con la ricreazione all’aperto, un clima di leggerezza e allegria che in inverno non c’era. Nel tempo libero giocavo all’aria aperta e andavo in giro con mio padre a “esplorare”. Adesso invece i bambini in zona rossa perderanno tutto questo per due anni, che per loro sono tantissimi.
E gli anziani perderanno due delle poche primavere che rimangono da vivere. Mio padre, 85enne, che non può più andare al circolo, né ai giardinetti dove incontrava qualche conoscente, né al mercato nel comune vicino, mi ha chiesto: “Ma se si deve vivere così, che senso ha?”
Entomowoman, non sono ottimista sul fatto che si tratti di “due” primavere.
Non vedo motivo per pensare che la primavera 2022 sarà diversa.
L’epidemia continuerà, semplicemente, a circolare, non fosse altro perchè i vaccini non ci sono, al pari della logistica, il tracciamento non funziona, e c’è opposizione popolare al fare una chiusura totale una tantum (anche comprensibilmente, visto manca l’accountability su quell'”una tantum”): abbiamo adottato una strategia di “convivenza” e non di “estinzione” — tradotto: “bisogna continuare a fare andare il vapore a tutti i costi”.
Continueranno quindi ad arrivare provvedimenti, alcuni utili a tenere qualche posto libero negli ospedali mentre si continua a produrre a nastro, altri semplicemente vessatori e utili al più ad irregimentare il cittadino, motivati da qualche bella foto col tele galeotto.
Quand’anche la macchina logistica dovesse andare a regime, farà in tempo a scadere l’immunità di qualcheduno, o scatterà il panico da variante, o infine ci sarà un virus completamente diverso.
Ricordiamo i vari nuovi virus zoonotici che sono sempre comparsi ogni due-tre anni in passato?
Ai primi segni di uno di essi scatterà un anno intero di Quaresima sicuro!
“Non torneremo come prima” (sottotitolo: “la normalità era il problema”, ma non le parti che pensi tu).
Quanto alla domanda di tuo padre: stiamo certamente scontando di non aver portato a conclusione quei discorsi sull’accanimento terapeutico e al diritto a morire – e vivere – come umani, passati di moda a metà degli anni ’10 e che sembrano più attuali che mai nelle loro implicazioni.
Il Silvio più amato d’Italia probabilmente risponderebbe a tuo padre che, oh: “potrebbe ancora avere figli”.
Il lato positivo è che sicuramente entro primavera 2022 ci saranno dei parchi a pagamento dove potremo goderci l’arietta “in tutta sicurezza”.
Contenta?
Il discorso sul suicidio assistito è sacrosanto, ma per fortuna mio padre non è un malato terminale. Sarebbe ben contento di vivere se glielo lasciassero fare (con prudenza, per carità, ha capito come proteggersi, e tra poco riceverà anche la seconda dose di vaccino).
E’ vero che probabilmente arriveranno altri virus, anche perché non si sta facendo niente per ridurre il rischio che succeda. E potrebbero essere ben peggio di questo. Razionalmente sono pessimista, ma istintivamente sono ottimista. Sarà un mio meccanismo di difesa psicologico, ma penso che la gente ricomincerà a vivere. Non si può aver paura per sempre. Quando qualcosa comincia a essere percepito come normale, la paura diminuisce. Così come gli gnu pascolano anche se ci sono i leoni e attraversano i fiumi sfidando i coccodrilli, noi ci riprenderemo la libertà nonostante il rischio virus e sanzioni pseudoantivirus. Però non è detto che accada in modo indolore.
Figurati, non insinuavo affatto che tuo padre fosse un malato terminale.
Lasciami precisare.
Intendevo dire che, purtuttavia, esitono parecchi malati terminali nel macabro conteggio dei morti che ogni giorni ci viene sciorinato (va detto, con minore preoccupazione rispetto al PIL), e pure diversi pazienti “normali” hanno subìto circostanze altrettanto disumanizzanti (niente contatti, niente ora d’aria, niente pasti in comune, niente sorrisi, niente abbracci) ormai da un anno.
Mi sembra quindi doveroso tornare con più forza a chiedersi se la qualità della vita nel tempo che resta da vivere al malato (o dell’anziano, che – non lo dico per fare il malocchio a nessuno – ha simili aspettative di vita), non conti proprio niente rispetto alle tabelle attuariali.
Non condivido il tuo ottimismo: come detto altrove, non dò assolutamente per scontato che sia automatico riprendersi i diritti una volta sottratti, principalmente perchè la loro sottrazione econferisce ulteriore potere a chi i diritti vuole continuare a sottrarli, in un circolo vizioso.
Mi sembra che nella Storia repubblicana la situazione sia sempre andata peggiorando monotonicamente, e già al 2019 la situazione era difficile da definire rosea quanto vent’anni prima.
Totalitarismi come il Nord Corea suggeriscono che si possa andare avanti per almeno settant’anni.
Fai benissimo a sottolineare come ci beccheremo con estrema probabilità un sacco di altri brutti virus, e per questo bisogna agire con urgenza.
Ogni secondo che passa la finestra per mettere in discussione come sarà il futuro si chiude.
In effetti, a mio avviso già entro Luglio 2020 sarebbe servita qualche azione con una certa forza.
Certo, uno dei drammi peggiori associati alla pandemia è l’isolamento di chi è ricoverato, col terribile corollario dell’impossibilità di salutare un’ultima volta chi muore. Anche in questo caso, il problema non è causato direttamente dal virus, ma da misure preventive. Rispetto ad altri casi, qui sono più cauta nella critica, perché fare entrare i familiari in ospedale per salutare chi sta morendo di Covid è effettivamente pericoloso, e anche in reparti non-Covid, RSA e simili meno gente entra meglio è. Però credo che, in un anno, qualche soluzione per recuperare un po’ di umanità si potesse trovare.
Negli anni scorsi mi è capitato di frequentare ospedali, anche reparti con pazienti fragili, e nessuno mi ha mai controllata in nessun modo. Se avessi avuto una malattia infettiva avrei potuto fare una strage anche allora. Solo adesso si sono accorti che esistono i virus?
ciao, penso di non andare O.T. segnalando uno dei pochi casi di presa di parola da parte di ventenni (per la precisione due ventenni e un sedicenne, a quanto pare):
https://www.labottegadelbarbieri.org/non-ne-possiamo-piu-giovani-corpi/
Come abbiamo più volte osservato anche su questo blog, il punto di vista dei giovani è il grande assente in tutto questo delirio, nonostante che siano proprio loro quelli che prendono la sberla più grossa – forse non in termini di soldi, non ancora, ma sicuramente in termini di *vita*.
Scambiando quattro chiacchiere con mio figlio, 22 anni – anche lui al limite della sopportazione – forse ha usato parole leggermente diverse, ma l’insofferenza, il disgusto e la sfiducia erano le stesse.
Abbiamo notato più volte il silenzio delle università e l’apparente inspiegabile passività dei giovani. Forse si tratta di disinteresse: disinteresse per qualcosa che comunque sta andando in pezzi e non c’è niente da salvare. Forse non c’entra niente, ma mi viene in mente lo scollamento che traspariva negli ultimi anni del mondo sovietico, quando sulla piazza rossa continuavano a sfilare parate militari con ostentazione di missili sempre più grossi, fallico simulacro di una potenza ormai al tramonto, ma la gente, semplicemente, guardava dall’altra parte.
Chissà, forse la fine di *questo* assetto è impossibile da immaginare, ma non è impossibile che si produca…
Ciao,
Allo stato attuale in università siamo annichiliti: resi nulla.
Con le dovute proporzioni, siamo in uno scenario simile a quello descritto benissimo proprio su questo blog per la situazione post Ge-2001: dopo incredibili e mostruose mazzate (non strettamente fisiche a questo giro) siamo distrutt*, in rotta. Molt* cercano di ritrovare quel minimo benessere, di mettere insieme i pezzi e non hanno le forze per agire la lotta, perché hanno a malapena le forze di alzarsi dal letto**.
Anche solo che analizzare la situazione, provando a cercare un punto più avanzato di quello proposto dal PD (qui citato poiché grande “messa a terra” delle energie della “sinistra” giovanile) è difficilissimo: tra carico di studio, depressioni e soglia di concentrazione deteriorata, proporre di discutere un articolo più lungo di tre minuti è molto complesso. Libri non ne parliamo. Alle manifestazioni alla fin fine ci vado da solo. Aggiungiamoci tutto il potenziale di fraintendimento dovuto alle chat ed ecco che trovare la sintesi è come riuscire a cogliere una mora, di notte, in un bosco.
E tutto questo con gente, validissima, che ha scelto di fare rappresentanza in un luogo di studio: non c’è colpa sul singolo, va contrastato e sabotato il processo di mazzate psicologiche.
Quello che cerco di fare, e non ho minimamente idea se sia sufficiente o corretto, sono atti di cura tesi a dare quel minimo benessere che ti permettano di vivere se non bene, con uno spiraglio di luce. E da quello spiraglio far scaturire la lotta.
Organizzare pic-nic al parco, andare a correre insieme, vedersi in università per parlare del programma radio da fare: non è la presa del palazzo d’inverno ma penso che ne siano la condizione necessarie e propedeutiche.
In questi mesi mi viene sempre più spesso in mente l’ultimo film di Hayao Miyazaki e la citazione di Paul Valéry “Si alza il vento/ bisogna tentare di vivere”.
Ricordare alle persone che si meritano di vivere e non basta sopravvivere, è questa allo stato attuale la mia prassi politica.
**(Sia chiaro che chi scrive è uscito dal suddetto tunnel grazie al privilegio familiare, tra gli altri, di poter pagare uno psicologo. Non si vuole quindi ricadere in alcuna colpevolizzazione: non voglio rendere il recupero ancora più difficile a nessun*)
Vivo in Lombardia. Lunedì dovrò rientrare in azienda e lavorare tutto il giorno a contatto con quattro colleghi intenti a cercare di riparare un’apparecchiatura. Mi fa rabbia pensare che non si scandalizza nessuno se rischio l’infezione a lavoro, ma a pochi sembri folle che non possa stare fuori di casa all’aria salubre dopo le 22.
Lo stato ha deciso di entrare grottescamente nelle abitudini dei cittadini, ma non delle aziende. Nelle aziende sembra che abbiano ancora senso istituti come il periodo di prova, il premio produttività legato agli obiettivi, la necessità del certificato medico per stare a casa anche un solo giorno. La pandemia ha reso impossibili certi obiettivi che già erano già difficili e disagevoli per il lavoratore. Eppure la politica non s’intromette, come se la vita aziendale fosse sacra, mentre quella dei cittadini privati fosse un divertissement che si può sconvolgere a piacimento.
pur stando dall’altra parte della barricata(per forza avendo 3 patologie concomitanti),comprendo le ragioni vostre come di altri,credo la maggioranza,che vogliono le riaperture,in questi casi quando ci sono 2 fazioni divise,seppur una più vasta di un’altra,si tratta per trovare dei compromessi,io credo che la via migliore sarebbe consentire si gradatamente ed in sicurezza le riaperture,ma al contempo tutelare maggiormente noi persone fragili.consentendoci l’isolamento dalle folle,anche e soprattutto sul piano lavorativo(si può stare a casa e si percepisce lo stipendio senza essere licenziati),se la pandemia dovesse essere endemica si dovrà erogare un sussidio,inoltre facilitare le consegne a domicilio dei pasti per chi vuole rimanere a casa,io credo che senza questa conditio sine qua non,le riaperture sarebbero un’atto darwiniano..
Solo per dirti che siamo dalla stessa parte della barricata, non cedere a racconti assurdi. Le tue soluzioni/proposte sono esattamente quelle della quasi totalità di questo blog. La “tutela delle persone fragili” in particolare ha sempre guidato gli interventi di tutti, nessuno escluso.
L’unico disaccordo è sempre stato relativo alla parte finale del tuo intervento: “se non fanno X (percepire lo stipendio anche senza lavorare; agevolare le consegne di prodotti essenziali in sicurezza; proteggerle dalle occasioni di contagio) allora Y (si fermino tutti, muoiano sansone e tutti i filistei. In realtà peggio: facciamo finta di fermare tutto e muoiano lo stesso le persone fragili, e chi non muore infliggiamo danni permanenti, i più forti se la caveranno).” Per fare succedere X è indispensabile non cedere a Y.
> La “tutela delle persone fragili” in particolare ha sempre guidato gli interventi di tutti, nessuno escluso.
Ma pure i “fragili” non è che se la passano bene: https://www.aarp.org/caregiving/health/info-2020/covid-isolation-killing-nursing-home-residents.html
Ci sono badilate di anziani che si stanno lasciando letteralmente morire, o le cui condizioni stanno crollando.
Non è difficile comprendere come abolire l’ora d’aria, i pasti in comune e chiudere in stanza per anni un novantenne, magari con problemi di deambulazione o di demenza, sia potenzialmente ancora peggio che farlo a un bambino.
Scusa, forse non era chiaro che per “interventi” qui intendevo tutte le posizioni qui espresse, non certo i provvedimenti dei vari ambiti decisionali, che ho avuto modo di dire più volte quanto non siano per nulla interessati alla cura di chicchessia ma vedono nella pandemia un’occasione per giocare la loro partita nella scacchiera di merda del potere capitalistico.
Ultima – solo per ora, non mi illudo certo che sia finita qui – frontiera dello schifo delle nostre istituzioni culturali (i mass media sono solo la punta più visibile) quanto sta avvenendo all’Unviersità di Torino, dove il problema è che gli studenti non copino durante gli esami e quindi via ai trojan che sono ing rado di spiarli. Questo invece di provare una sommossa con tanto di incendi del rettorato produce studenti preoccupati di dire che “non hanno rifiutato il dialogo ma”. Forse plv non mi scuserà e forse periodicamente tendo a vedere tutto uno schifo, ma non è che la classe docente delle superiori mi faccia meno ribrezzo, generally speaking ovviamente. Questa retorica dell’eroismo per far funzonare il sistema anche basta.
ma io non credo che siamo sulla stessa parte della barricata,detto senza rancore,la riprova di ciò è che non è affatto vero secondo me che se si cede sulle riaperture,poi ci si interesserà delle persone fragili,alla maggior parte di gente che vuole le riaperture,non interessa niente di costoro,non mi riferisco a voi che pur stando dall’altra parte avreste un’occhio di riguardo,ma chi guida la ribellione non siete voi ma le 2 destre presenti nel paese,quella economica da un lato e quella populista dall’altro,senza contare la gente che inizierebbe a ringhiare contro coloro che prenderebbero i sussidi ecc(difatti vogliono abolire il reddito di cittadinanza),quindi è per questa ragione che per i miei interessi non posso appoggiare le riaperture,poi che questa governance sia malfatta su molti punti ok,io ad esempio giro all’aria aperta a volte anche senza mascherina,ma non posso invocare il liberi tutti poichè non posso permettermelo…
E qui sta il successo della strategia degli stragisti e criminali contro l’umanità che costituiscono le elite economiche e politiche di questo povero Paese.
Hanno convinto un poveraccio come tutti noi che c’è una barricata, e che egli sta dalla parte opposta rispetto a bambini, donne, podisti, attori, innamorati.
O forse la barricata l’hanno proprio costruita, architettando uno splendido stallo alla messicana da film Western, in cui ogni poveraccio che rischia qualcosa tiene la pistola puntata alla tempia di qualcun altro.
E chi è che sta fuggendo a cavallo col bottino in lontananza?
Sempre i soliti.
a me non mi ha convinto nessuno,io ragiono ed ho sempre ragionato con la mia testa,a volte sbagliando e pagandone caro le conseguenze,io non credo ai complotti in politica,è che nella società ci sono e non solo su questo argomento,posizioni frutto di interessi collettivi e personali diversi e divergenti che possono spesso confliggere,sta nel capire se pur partendo da esigenze contrastanti si possono trovare dei compromessi tutto qua,tra le categorie che hai citato vi sono divisioni e non sono univoche nel pensiero,ad esempio io non sono podista ma giro a piedi ed in bici nei campi e nei boschi spesso senza mascherina naturalmente da solo evitando le persone,ma ciò non significa che voglia che tutto torni come prima in presenza del virus,poi anche se sono diventato minoranza e le mie istanze saranno sconfitte dagli aperturisti,io continuo a pensare con la mia testa…
Io però allora non ho chiarissimo cosa intendi per “chi guida la ribellione”, né di quale ribellione tu stia parlando.
L’articolo parla di scuole e di una protesta sulle scuole, dove tutto si può dire, tranne che sia guidata da una delle “2 destre presenti nel paese”.
Né penso tu ti riferisca alle proteste dei lavoratori dei teatri e della cultura in generale. Né a quelle dei e delle riders.
Penso tu ti riferisca alle proteste dei ristoratori. Perché gli altri settori non hanno alcun bisogno di lottare per le riaperture, dato che è tutto aperto.
Sui ristoratori mi limito a dire che la situazione è molto eterogenea e complessa. Per dirne una: in piazza a Bologna, venerdì ho parlato con alcuni di loro e mi sembrava di trovare una certa sintonia su diverse questioni
molto semplice lega e fdi in autunno hanno fatto una grande manifestazione a roma contro il lockdown,molte altre manifestazioni no mask hanno visto massiccia partecipazione di esponenti di fn,cp e lealtà ed azione(estrema destra),proprietari di discoteche,cinema palestre e ristoranti,sovente appoggiati da organizzazioni industriali spesso fanno proteste contro il lockdown(destra economica),inoltre bisogna considerare un forte fermento di tipo darwinian\salutista proveniente dal mondo del fitness\palestre ecc,vicino alla destra,che sta avendo successo,riguardo alla scuola il movimento sembrerebbe essere perlopiù non di destra così come per la cultura, ma sono 2 ambiti minoritari rispetto a quelli sopra,perciò che concerne i riders mi sembra che protestino più per gli aspetti delle condizioni lavorative che non per il lockdown,ma posso sbagliarmi io,inoltre è innegabile che non solo a livello italiano,ma a livello mondiale la lotta riduzionista contro i lockdown sia uno dei vessilli ideolgici delle destre sovraniste(trump,putin,johnson,bolsonaro ecc).
Come abbiamo provato a far notare tante volte, la destra ha potuto mettere il cappello sulla disperazione del ceto medio e della working class in rovina, impregnando quelle proteste della propria ideologia, anche perché la “sinistra” le ha creato tutte le opportunità per farlo, aderendo acriticamente e stolidamente al virocentrismo e a questa gestione della pandemia. Quando dice certe cose, la destra fa goal a porta vuota.
Per la situazione in cui si sono ritrovati milioni di lavoratrici e lavoratori, per i legami sociali sfasciati, per la gigantesca ondata di dolore psicologico e malessere mentale che sta spazzando la società italiana in tutte le fasce d’età e soprattutto tra i ragazzi, per tutto questo e molto altro la “sinistra” non solo ha avuto pochissime parole da spendere, ma spesso ha proprio irriso e attaccato con la bava alla bocca chi ne parlava, perché ai suoi occhi c’era una sola questione da affrontare, un’unica cosa da fare: non prendersi il virus. A qualunque costo.
Liquidare come tout court di destra le proteste che avvengono in alcuni settori, senza discernere tra chi lotta per la propria vita e il politico che va a strumentalizzare, chiamare “darwinian-salutista” la richiesta di riprendere le attività sportive, non fa che riprodurre questo schema. Parlare di salute, salute, salute e poi pensare che tenersi in forma sia di destra sono due cose che normalmente non starebbero insieme, a meno di non pensare che “salute” sia solo evitare il contagio da Sars-Cov-2 e il resto non conti niente.
Detto ciò, penso non ti sia chiaro un punto: qualunque lotta abbia luogo *a dispetto* delle restrizioni è anche implicitamente una lotta *contro* le restrizioni. Fare una manifestazione non autorizzata sulla scuola significa anche protestare contro l’ordinanza che vieta le manifestazioni. Una lotta che si riprende le strade, anche se il tema direttamente affrontato è un altro, è implicitamente una lotta contro il discorso dominante che fa di tutto per tenerci lontani dalle strade. E questo, con le differenze del caso date dalle situazioni nei diversi paesi, sta succedendo in un sacco di posti, e non sono certo mobilitazioni di destra, anzi, vedi la Spagna.
Un’altra cosa che abbiamo spiegato tante volte è che la generica espressione «il lockdown» non fa capire niente. Non è questione di essere pro o contro «il lockdown», l’espressione serve a tenere in un unico blocco strategie e misure molto diverse tra loro. Dare del “riaperturista” a chiunque critichi una politica di chiusura serve solo a giustificare lo “scambio spettacolare” che c’è stato e che abbiamo già descritto. A noi masnade di imbecilli hanno dato dei “riaperturisti” nonostante da un anno diciamo che andavano chiuse le fabbriche, figurati.
Vorrei solo aggiungere una cosa a questo pensiero: purtroppo, anche chiudere le fabbriche, non sarebbe sufficiente a fermare il contagio.Fermare le fabbriche senza chiudere definitivamente gli allevamenti intensivi non servirebbe a niente. Ieri Sabrina Giannini, giornalista, ha provato a dimostrare un collegamento fra gli allevamenti di maiali e quelli di visoni in Lombardia ( la regione in assoluto più colpita dalla pandemia in Italia). Siamo seduti su una bomba, la contiguità fra queste forme di sfruttamento può produrre indici di contagiosità elevatissimi. Senza considerare che viviamo in contesti densamente popolati ma ci chiedono di isolarci, per evitare le radiazioni di Chernobyl non è bastato chiudere le finestre di casa propria. Speranza ha ” fermato” temporaneamente la produzione di pellicce senza fermare i riproduttori. Sta cercando di nascondere la polvere sotto il tappeto. La Lombardia dovrebbe,forse, essere la prima regione ad usufruire dei vaccini. Non tanto perché sia la più produttiva, come ha stupidamente sostenuto la Moratti, ma perché è l’epicentro italiano dell’epidemia. Ma non ne verremo a capo neanche coi vaccini. Se le lotte per ottenere un sacrosanto diritto alla salute non saranno intrecciate con l’anticapitalismo, l’ ambientalismo e l’animalismo. In questo panorama, le false diatribe fra ” riaperturisti” e ” chiusuristi” suonano come discorsi surreali e totalmente sganciati dalla realtà dei fatti. Nel frattempo i paesi scandinavi hanno deciso di delocalizzare la produzione di visoni, spostandola in Cina. Otterremo l’effetto disastroso di aumentare all’ennesima potenza il rischio di altri virus. La Cina, infatti, sta incrementando il consumo di carne di maiale e gli allevamenti intensivi. Una vera bomba. Sono già arrivati a 120 kg procapite, contro i 160 degli Stati Uniti e gli 80 dell’Europa. È sicuramente più facile sperare di rimanere sepolti vivi in casa, mentre sta arrivando una bella valanga. Hyeronimus rimarrai comunque sepolto vivo se non affronti alla radice il problema dello smottamento e,con te, tutti noi.
Gli allevamenti intensivi sono fabbriche. Vanno chiusi per spezzare le catene di contagio, e la loro stessa esistenza va messa in discussione, non solo perché sono luoghi di dolore e di autentico abominio, ma perché lì sono avvenuti molti dei “salti di specie” che hanno scatenato le pandemie degli ultimi decenni. Altri salti sono stati causati direttamente dalle grandi deforestazioni, che spesso hanno come fine l’insediamento di colture estensive al servizio dei suddetti allevamenti. Nel suo complesso l’industria zootecnico-alimentare mondiale – in parole povere, l’industria della carne – è una colossale macchina patogena e viropropellente, oltre a essere pesantemente climalterante. E molto plausibilmente l’impatto sul clima ci regalerà il ritorno di agenti patogeni debellati secoli, millenni fa, grazie allo scioglimento del permafrost.
Se non si affronta questo nodo, non si andrà da nessuna parte. E non possiamo certo attenderci che lo affronti questa classe dirigente.
ok non mi metto a discutere su tutto,concordo su alcuni punti circoscritti,e dissento su molto altro ma non è il caso di stare a fare tribuna politica anche perchè si perderebbe troppo tempo e si finirebbe nella pallosità,mi preme però sottolineare una cosa,per chiarezza,ho usato l’espressione darwinian-salutista,non in riferimento alla richiesta legittima,della riapertura delle palestre,ci mancherebbe loro difendono i loro interessi come io difendo i miei, hanno delle ragioni loro come ho delle ragioni io,mi riferivo invece al fatto che in alcuni di quei posti circolino delle filosofie che in parte provengono dall’estrema destra,in parte vengono da certe distorsioni new age se ho capito bene,che tendono a colpevolizzare,non solo per il covid ma anche per altre imperfezioni e patologie l’individuo che ne soffre e che quindi non è degno di essere salvaguardato,ecco io mi riferivo a quello.
“Guardate che lasciare da sole le persone che comprendono quanto siano assurde le disposizioni di governo, regione, comuni ecc produce un vuoto. E un vuoto in politica viene sempre riempito, se non si interviene presto lo riempirà la destra”
Un anno dopo
“la manifestazioni no mask
“La lotta contro i lockdown è uno dei vessilli ideologici della destra”.
” [le manifestazioni no mask] hanno visto massiccia partecipazione di esponenti di fn,cp e lealtà ed azione(estrema destra),proprietari di discoteche,cinema palestre e ristoranti,sovente appoggiati da organizzazioni industriali spesso fanno proteste contro il lockdown(destra economica)”
Che altro dire?
però andrebbe detto per correttezza che queste forze mi riferisco in particolare ai sovranisti erano già in ascesa da tempo non corrisponde al vero che si sono palesate in forze col lockdown,erano già molto forti prima,anzi col covid hanno perso il fatto che l’immigrazione non era più campo centrale,da lì probabilmente la loro rabbia,si tratta di vedere se come dite voi hanno sfruttato un vuoto e se le altre forze potevano riempirlo non snaturando se stesse,oppure come sostengono altri se in fondo quelle istanze sono il loro alveo naturale e altri è meglio che lascino stare ai posteri l’ardua sentenza
Hieronymus te lo chiedo davvero senza animosità alcuna, ti ho già detto che se c’è una barricata non siamo da parti diverse. Ma che vorrebbe dire “snaturare se stesse”? Oltre al problema politico – enorme – c’è un clamoroso problema che non so se definire culturale, intellettuale, scientifico o vedi tu: da sinistra non è uscito niente, ma proprio niente, che valesse la pena leggere. Sociologi che si dicono di sinistra, riviste che pensano di essere di sinistra, quotidiani comunisti, hanno mostrato un’ignoranza abissale. Non hanno MAI saputo leggere le evidenze, non hanno MAI voluto allargare lo sguardo, non hanno MAI, in definitiva, compreso niente né dell’epidemia né di cosa questa portava con sè. L’argomento “forte” che hanno creduto di utilizzare è stato “allora secondo voi sono tutti pazzi gli altri paesi?” che andava di concerto con “solo bolsonaro, trump e johnson pensano di chiudere e gli imbecilli della Svezia”. A parte che manco questo è vero si sono scordati che tutti i paesi del mondo hanno fatto le stesse identiche politiche economiche negli ultimi 30 anni. Tutti. Eppure non era stato un problema contestarle. Ma appunto è stato tutto inutile, sarcasmo bilioso, bava e totale, completa, implacabile ignoranza. Io non so se qualcuno si è snaturato, quello che so è che io sono di sinistra seriamente, non come questa gentaglia che gira in Italia.
(ehm… alla fine un po’ di animosità c’era, ma ovviamente non contro di te Hyeronimus)
ma vedi sono questioni di punti di vista,ognuno ha il proprio anche e soprattutto alle proprie esigenze ed ai propri interessi,non è che si può tacciare di ignoranza chi non la pensa come te,se poi altri lo hanno fatto con voi sono da condannare,comunque andando al sodo quando parlo di snaturare credo che i partiti di sinistra ma anche quelli di centro,insomma per intenderci quelli non di destra,temessero assumendo una linea troppo ardita,di alienarsi le simpatie di quei soggetti più a rischio che nelle fila dei loro elettorati c sono più numerosi rispetto alle fila degli elettorati della destra nazionalista che per storia e forma mentis sono più spavaldi e temerari,questo intendevo per snaturamento,ma è una ipotesi mia personale,anche poi perchè se come suggerite voi,se ho capito bene,avessero chiuso le fabbriche e tenuto aperto le palestre ed i ristoranti a scendere in piazza fomentati dalla destra sarebbero stati quelli delle fabriche,quindi non sarebbe cambiato molto a mio avviso,ma è solo una mia idea personale…
Hieronymus , secondo me la tua lettura delle fantomatiche “barricate” fra chiusuristi e aperturisti, dove fra i primi ci sono i responsabili esponenti della “working class” e dall’altra i ricchi proprietari di ristoranti e discoteche [?] equiparati a confindustria è nella migliore delle ipotesi parziale.
Se guardassi meglio scopriresti che gli schieramenti sono decisamente più eterogenei e trasversali.
E che in buona sostanze il grosso delle ricadute sociali e di qualità di vita di questa situazione e della sua gestione sono a carico delle fasce più deboli della popolazione e dei giovani. Per tacere di quelle economiche.
Perché quando escono norme che consentono l’attività motoria all’aperto solo “in prossimità della propria abitazione”, gli svantaggi sono diversi se abiti in una affollata periferia di casermoni o se hai una casa con giardino in precollina o in campagna.
Quando chiudono i parchi è diverso se abiti in città o se hai la prima o la seconda casa in montagna.
Se ti mettono il coprifuoco alle 10.00 e ti chiudono in casa, è diverso se hai una compagna / compagno e 2 figli piccoli e già prima passavi le tue serate a vedere serie TV oppure se hai 20 anni e stai facendo per la prima volta esperienze fuori da casa all’università, magari in una città che non è la tua, e i tuoi compagni di corso non li hai mai visti di persona perché studi in DAD.
Quanto al fatto che “già prima la destra facesse proseliti”, beh, è solo la dimostrazione che a sinistra qualcuno “già prima” avesse una visione parziale e autoassolutoria, che la pandemia non ha fatto che peggiorare.
D’altronde, se una coppia di dirigenti stipendiati con seconda casa è “working class”, mentre il pizzaiolo di periferia o l’artigiano piastrellista o carpentiere sono “capitalisti” è proprio vero che la barricata è stata messa nel posto sbagliato.
Ma queste sono solo “diversioni” utili a “dividere”: il punto vero per me è la “battaglia informativa” fra chi fa di tutto per operare quello “spostamento di responsabilità” di cui parlano i Wu Ming da marzo scorso e chi (in strettissima minoranza) continua a parlare di numeri, di norme insensate, di contraddizioni, di falle del sistema sanitario preesistenti (ieri c’era un servizio del Tg3 che parlava di un ospedale in Molise…)
Cugino, il problema del coprifuoco alle 22 non è mica dei ventenni che fanno le prime esperienze – una generazione mandata al macero, eh, non dico di no, ma non è nemmeno la cosa peggiore.
Il problema con un provvedimento del genere è che costringe in casa la gente che farebbe oggettivamente bene a starci il più lontano possibile.
Non so, i figli non possono allontanarsi da genitori che bevono e magari dànno di matto o tirano mazzate quando gli girano i coglioni (cosa che in questo momento starà aumentando vertiginosamente).
Così le donne, e le vittime in generale che non hanno una strada di persone quantomeno… più amichevoli di chi gli tira mazzate in casa dopo cena, presso cui rifugiarsi e chiedere eventualmente soccorso.
No, devono stare lì e subire, formando ferite che resteranno a vita.
E al diavolo che “nessuno può essere semplicemente chiamato a sacrificare la propria salute a quella degli altri, fossero pure tutti gli altri” (Corte C. 118/1996)
L’obbligo di domicilio è effettivamente obbligo di convivenza, specie in un Paese dove i figli e le figlie abbandonano il tetto familiare in media a VENTINOVE ANNI, e ritengo soggetto pericolosissimo chiunque pensi sia una buona idea.
Fra vent’anni si scopriranno tante di quelle mostruosità avvenute a porte chiuse che le indagini sulle efferatezze dei vescovi australiani saranno roba da Bim Bum Bam.
E perchè?
Per quale bene superiore?
Non ditemi “perchè se no le terapie intensive scoppiano”, per carità: esistono ben altri modi, anche se il fantasma di Maggie vi sussurra “there is no other way” all’orecchio.
Potreste addirittura dare seguito a quello che dichiaraste fosse il vostro (bislacco) piano originale e vaccinare: è tanto facile, basta pagare abbastanza le dosi e organizzare.
No: è troppo, troppo evidente che abituare il popolo ad ANNI (andiamo come minimo per i due) di manganello è troppo appetitoso.
Imporre un coprifuoco alle 22 è come minimo sospetto anche perchè ha il simpatico “effetto collaterale” di mettere il bavaglio a molte potenziali manifestazioni di dissenso, a cominciare dal sacrosanto e imprescindibile attacchinaggio notturno, e datemi dal matto ma sono sicuro che sia stata una considerazione importante fatta da Speranza e Lamorgese.
cugino di alf,ti rispondo solo per chiarire alcune cose,io non ho mai detto che che i clausuristi siano paladini della working class e gli aperturisti siano tutti ricchi sfondati, io ho parlato di proprietari e basta,io mi schiero coi primi anche se in maniera eretica e critica,e non condividendo ed anzi facendo come pare a me su molti divieti,ad esempio e sopratutto quelli sull’aria aperta e le attività motorie,detto ciò io non mi posso schierare con gli aperturisti,certo se tutti gli aperturisti fossero come voi(attenti alla salute delle persone più deboli),allora si potrebbe discutere,ma non è così alla stragrande maggioranza degli apeturisti non frega niente delle persone più a rischio,quindi io,poichè ci tengo alla mia salute non posso appoggiare queste istanze,che sono anche giustificate e legittime,ma non fanno il mio interesse,solo che se io non voglio andare a lavorare e chiedo un sussidio per proteggermi,vengo visto come uno scansafatiche ed un complice della dittatura sanitaria che opprime la povera gente,ma se sono oppresso io debbo attaccarmi al tram,e no fesso si ma felice di esserlo no..
Hyeronymus: “detto ciò io non mi posso schierare con gli aperturisti,certo se tutti gli aperturisti fossero come voi(attenti alla salute delle persone più deboli)”
Cosa sarebbe un “aperturista”, però.
Proviamo a dare una definizione prima di affibbiare l’etichetta a qualcuno, perchè io non ho mai sentito parlare di associazioni di aperturisti, o un manifesto dell’aperturismo.
Difficile anche solo _schierarsi_ con il Movimento Aperturista se non si capisce cos’è e se esiste.
Un aperturista è qualcuno che pensa che uno stato di polizia sia una brutta cosa?
Un aperturista è qualcuno che pensa che si debbano aprire tutti i luoghi dove si produce mandare le macchine a tutto vapore, a qualsiasi costo?
Un aperturista è qualcuno che pensa che quello che si può fare in sicurezza si DEBBA fare?
Un aperturista è qualcuno che pensa che la scelta sia tra scaricare darwinianamente tutto il peso di un problema sui più deboli, mandando un veterinario a sopprimerli direttamente, o scaricarlo sui più deboli E sulla povera gente mentre Bezos sorseggia champagne con qualche escort e fa jogging sul ponte del suo panfilo, che è “zona bianca”?
Un aperturista è qualcuno che pensa che un teatro, un museo, una pizza con gli amici sia una bella cosa?
Pensavo che lo fossimo tutti: credo che che nessuno odi la pizza, e ci era stato dato a bere che lo stato di polizia fosse un momento temporaneo fino a completo e rapido ripristino della normalità, non una cosa da protrarsi sine die.
O chiudere cose è diventato un fine?
Cugino: forse ci vorrebbe Alf quello vero, qui. Brutto periodo per l’Argaar…
Hyeronymus: conta solo che probabilmente di questo passo il Covid-19 te lo prendi comunque, ecco, e se sei fragile com dici non te lo auguro.
Non sarà fucilare i podisti, imporre l’obbligo di gonna lunga o vietare gli aperitivi sui dehors che te lo eviterà.
Di questo passo non ti vaccineranno prima del duemilamai, te lo prenderai sul lavoro o in un supermercato _comunque_ (perchè il virus circola in modo sostenuto e prima o poi arriva, anche se si svolgono solo attività tristi, andando tutti in fabbrica ma giammai a passeggiare), e la Sanità fatiscente non sarà in grado di curarti.
In questo caso avrebbe veramente ragione la Thatcher: TINA, bisognerebbe metterti in sicurezza e darti un sussidio, poi vaccinarti, si spera il più presto possibile (diciamo che anche solo in termini di bilancio pubblico il costo del sussidio mensile supererebbe i pochi euro risparmiati tirando sul prezzo dei vaccini, ecco, o continuando a sbattere la testa contro la logica ordinaria di mercato in un’emergenza).
Tutto il resto è solo aspettare di ammalarsi, con o senza bambini che giocano in libertà fuori, con o senza devastazione evitabile.
Se succede, si sa a chi rendere conto.
rinoceronte,ti risponderò in breve e solo un punto che mi sembra il più rilevante,rispondere al resto sarebbe troppo dispersivo,quello che si può fare in sicurezza va fatto dici tu,ok allora perchè tanto astio contro lo smart working?,se una persona è a rischio e non la si vuole tenere a casa perchè è un peso per lo stato, il deficit e tutte quelle cose lì ok,nel mio caso andrebbe più che bene,ma non mi è stato concesso nemmeno quello,ma non voglio annoiare con cose personali era solo un esempio perchè è successo a molta gente,per tutta l’estate c’è stata una campagna terroristica da parte degli aperturisti contro lo smart working non va bene neanche quello,ecco dunque io considero aperturisti tutti coloro i quali vorrebbero tornare,per i loro interessi anche legittimi,allo status quo pre pandemia,infischiandosene dei soggetti a rischio,e non concedendo loro non dico un sussidio,ma neanche la facoltà di lavorare in sicurezza…
“allora perchè tanto astio contro lo smart working?”
Dipende: astio espresso da chi?
Astio contro il telelavoro (si chiama così, in inglese si dice “working from home” o “remoting”) di per se, come possibilità astratta nel futuro e di applicazione limitata nel presente, oppure astio per la sua piena, sregolata normalizzazione a brevissimo termine?
Nel secondo caso: disumanizza, trasforma i lavoratori sempre più in “risorse”, favorisce la giornata lavorativa di 24 ore, scarica sul lavoratore il costo delle infrastrutture e fa infine lievitare il costo degli alloggi al mq, inibisce la sindacalizzazione e una volta che i processi sono a pieno ritmo c’è tutto l’incentivo per sostituire i lavoratori con qualcuno – anche un singolo, non più uno sweatshop o un call center organizzato – che “remota” da qualche posto lontano ed è disposto a guadagnare di meno, molto di meno.
“se una persona è a rischio e non la si vuole tenere a casa perchè è un peso per lo stato, il deficit e tutte quelle cose lì ok,nel mio caso andrebbe più che bene,ma non mi è stato concesso nemmeno quello”
Penso sia manifesto che a mio avviso tu dovresti assolutamente avvalerti della possibilità di lavorare da casa, anzichè prendere un sussidio e venire catapultato fuori dal tuo percorso di carriera, qualora le tue mansioni lo rendano possibile.
Questo subito, permanentmente e per chiunque abbia un fattore di rischio, con la stessa nonchalance con cui si adottano modalità, presidi e cautele diverse per le specificità di ogni persona (il telelavoro per coloro per cui uscire di casa è un problema sia come il terminale braille per i ciechi).
Il fatto che tu non abbia questa possibilità non contraddice, ma avvalora esattamente le tesi che si sostengono dall’inizio: si sta facendo la marchetta al padrone che non ha intenzione di vedere cambiare i suoi processi e il profitto… se non in meglio.
A qualunque costo sociale.
Sulla pelle tua.
Con il vergognoso ricatto: “guardate che se mandate i vostri figli a giocare Hieronymous poi ci resta secco, e non ci possiamo fare proprio niente”.
Rinoceronymus, state diventando un filo compulsivi…
rinoceronte,solo che io non ho mai detto di fucilare podisti ecc,ho ribadito che pur essendo contro il liberi tutti,sono contro i divieti all’aperto ma favorevole a quelli nei posti chiusi debbo riperterlo per la 200esima volta?poi il covid come dici tu me lo beccherò lo stesso,ma almeno voglio avere gli strumenti per cercare di evitarlo il più possibile,io se non avessi la pippa del lavoro credo che riuscirei ad adottare metodi per rendere quest’eventualità abbastanza remota,toccando ferro,ma ciò non è reso possibile finchè c’è un’opinione pubblica che dice bisogna vivere come se il covid non esistessse
“Quotidiani comunisti” come quel quotidiano – che ebbe firme gloriose e in situazioni molto più normali scelse di schierarsi a sinistra – che oggi, 4/3/2021, insiste acriticamente ad amplificare (contro ogni evidenza scientifica, perdio) il tam tam dei Pericolosi Assembramenti Nei Parchi come causa delle scuole chiuse “da sei anni in su” (!) rimanendo cieco ai veri problemi?
https://archive.vn/eyS8q
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E così anche Bologna e i paesi del circondario si sono risvegliati di nuovo alle porte di un lockdown duro, per giunta dopo essere appena entrati in zona arancione scuro, cioè con scuole chiuse dai sei anni in su.
[…]
«Non abbiamo ancora visto il peggio», ha dichiarato il direttore generale dell’Ausl di Bologna Paolo Bordon spiegando che la situazione è «drammatica» e la velocità del virus «pazzesca», e puntando il dito anche contro gli «assembramenti nei parchi». A dire il vero preceduti da quelli nelle vie della movida, con alcuni bar diventati distributori a ciclo continuo di spritz e birre da asporto.
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Eppure non mi pare che il proprietario sia Urbano Cairo.
Santo cielo, che scenario lugubre.
Noi però non siamo mai stati tout court per «le riaperture», abbiamo sempre espresso un’altra posizione, ribadendola fino alla nausea, e cioè che dall’inizio andassero chiusi i veri luoghi del contagio (le fabbriche: tutta questa storia è cominciata con una mancata chiusura delle fabbriche in val Seriana) anziché adottare provvedimenti tanto liberticidi e vessatori quanto spettacolari e sostanzialmente inutili. Si è fatto l’esatto contrario, in quello che abbiamo chiamato «scambio spettacolare», funzionale a colpevolizzare i cittadini.
È chiaro che bisogna interrompere le catene di contagio, ma è proprio questo che le misure prese a cazzo di cane non fanno, e che le narrazioni tossiche sulla pandemia ostacolano, facendo mirare a falsi bersagli, mantenendo l’accento su cose che non c’entrano.
Faccio un esempio: ormai c’è schiacciante evidenza scientifica sul fatto che il vero pericolo di contagio è negli spazi chiusi. Dove si è fatto tracciamento sensato si è riscontrato che oltre il 99% dei focolai è partito al chiuso. I contagi all’aperto sono improbabilissimi, se si mantiene una certa distanza, e comunque molto, molto meno probabili che al chiuso. Nonostante il mito delle pericolose adunate all’aperto, gli eventi superdiffusori sono soprattutto, e di gran lunga, al chiuso.
Un mese fa Arpa Piemonte ha comunicato i primi risultati di una ricerca interdisciplinare, condotta dal Centro regionale di biologia molecolare di Arpa insieme al Laboratorio di virologia molecolare e ricerca antivirale dell’università. Hanno filtrato e campionato l’aria in un sacco di posti indicati come pericolosi, hanno analizzato i campioni e hanno concluso che all’aperto il Sars-Cov-2 non è nemmeno rilevabile. Cioè all’aria aperta il virus è inesistente. Questa scoperta è coerente con una marea di altri studi che si vanno accumulando da un anno.
Ora, come si concilia questo scenario con la vera e propria demonizzazione dell’aria aperta che ha contraddistinto la gestione dell’emergenza Covid soprattutto in Italia? Demonizzazione che continua, con divieti assurdi e pieni di aporie come quelli contenuti in quest’ultimo decreto bonacciniano? Ci ricordiamo la campagna martellante contro il jogging, no? Ci ricordiamo gli elicotteri che andavano a cacciare chi passeggiava sulla spiaggia e i droni che inseguivano presunti “furbetti” nei boschi. Che cazzo c’entra con l’interrompere il contagio impedire di portare tuo figlio al parco? Che c’entra con qualunque gestione sensata della pandemia dire che si può fare attività motoria solo vicino a casa, e altre scemenze del genere?
Ora, non si tratta, come spesso si è equivocato, di rivendicare il “diritto di passeggiata” (per quanto sia un diritto costituzionalmente garantito e la cui compressione è non solo odiosa ma inutile). Si tratta di far comprendere che la maggior parte delle narrazioni sulla pandemia che ci vengono propinate sono diversivi. Diversivi funzionali, come si diceva prima, a scaricare tutta la responsabilità della situazione sul comportamento del singolo cittadino. Che è il più classico escamotage neoliberale, tra l’altro.
Aggiungo che manca la minima evidenza scientifica anche sul fatto che l’obbligo di mascherina all’aperto abbia una qualche efficacia. Persino l’Oms ha dovuto dire che il suo uso ha un significato principalmente “di etichetta” e apotropaico. Avrebbe senso mettersela quando si entra in uno spazio chiuso, ma tenerla all’aria aperta, dove del virus non c’è traccia, no (a meno che non si sia in una vera situazione di affollamento, ma l’obbligo è di portarla ovunque e sempre). Dopodiché, per carità, ci si adegua, lo si fa, anche per non avere rotture di coglioni, però, dico, ci rendiamo conto di quante delle cose che nominalmente si stanno facendo per contrastare l’epidemia siano in realtà del tutto inutili?
—> Continua
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L’errore in cui la maggioranza delle persone è stata indotta a cadere è quello di pensare solo al virus. È in corso un’epidemia ma non c’è solo l’epidemia, l’epidemia non racchiude in sé tutta la realtà, inoltre possiamo parlare di emergenza covid in senso stretto (emergenza clinica, sanitaria ecc.) ed emergenza covid in senso lato, e con quest’ultima espressione intendo l’emergenza come metodo di governance, su cui tanto abbiamo scritto. Lo sguardo non può essere solo epidemiologico ma sociale e sociologico, psicologico, economico-politico, deve prendere in considerazione tutti gli aspetti e bilanciarli. Io su questo provo a fare un punto in quattro capitoli del libro in uscita, che non sto a compendiare qui altrimenti altro che pippone, il fulcro è che dobbiamo avere uno sguardo multi-focale se vogliamo uscirne. L’altro errore – strumentalmente alimentato anche da (ex) “insospettabili” – è stato parlare di libertà “individuali”, quando invece è il legame sociale a essere disgregato in nome della paura che prevale su tutto. Serve multifocalità, altrimenti si resta vittime di quello che abbiamo chiamato virocentrismo, e di cui abbiamo persino scritto la definizione:
Virocentrismo. Insieme di pregiudizi cognitivi e fallacie logiche che falsano la percezione dell’emergenza Covid. La prima impressione ricavata in un momento di forte inquietudine e paura – «il virus ci ucciderà tutti!» – persiste e si rafforza: il pensiero è inesorabilmente catturato dal virus e dalla sua circolazione, ogni ragionamento gira intorno all’eventualità del contagio e ogni rischio che non sia il contagio passa in secondo piano. Nel pensiero virocentrico:
1. Il virus non è un fattore scatenante ma la causa prima, se non l’unica, dei problemi insorti durante l’epidemia. Il virus è il Nemico supremo ed è sovente descritto in modo personalizzante, come se fosse dotato di soggettività e malvagie intenzioni;
2. l’urgenza di contenere il virus mette in secondo piano ogni altra esigenza e diritto e giustifica qualunque provvedimento, anche misure il cui impatto complessivo sulla società e sulla salute collettiva potrebbe rivelarsi più grave di quello dell’epidemia stessa.
—-> Continua
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Di fatto qui a Bologna hanno chiuso solo la scuola. Non hanno fatto altro. È l’unica misura. I divieti previsti nel decreto regionale sono solo sulla carta, contraddetti da altri punti del medesimo decreto. La gente li sta bellamente ignorando, un po’ perché con la gragnuola di decreti nazionali regionali municipali ormai non si capisce più cosa sia consentito o cosa no, un po’ perché generalmente ci si è rotti i coglioni di questa colpevolizzazione del cittadino, che ha il suo coté più odioso nella colpevolizzazione del ragazzo.
La classe dirigente da un anno non fa altro che scaricare sulla cittadinanza le proprie responsabilità, all’inizio la paura può anche far funzionare il giochino, ma alla lunga il tutto mostra le proprie falle.
E questo lo sto dicendo io che il Covid l’ho avuto. Tra dicembre e gennaio io, la mia compagna e mia figlia ci siamo fatti 21 giorni di isolamento. Adesso sono immune e non contagioso, l’AUSL mi comunica ufficialmente, nel caso volessi (potessi) vaccinarmi, di attendere sei mesi dalla fine dell’isolamento, per dare la precedenza a chi non ha la mia immunità naturale. Appunto, io sono naturalmente immune. E non contagioso. Fino a dichiarazione contraria sinora non pervenuta (nonostante le titolazioni dei giornali che seminano dubbi, perché i titoli dei giornali non sono ancora letteratura scientifica), la scienza mi dice: sei immune almeno per sei mesi.
Come me, solo in Italia, siamo già centinaia di migliaia. Di noialtri non si parla mai. I guariti sono inesistenti, a parte quelli che l’hanno presa brutta brutta e hanno voglia di raccontarlo (segue strumentalizzazione, titoli horror e crociate contro i “negazionisti”). Tutti gli altri zero, invisibili. Nella mia balotta di amici tra chi è vaccinato e chi l’ha avuto siamo praticamente tutti immuni, però tale attestazione non ha alcuna conseguenza pratica, per noi valgono gli stessi divieti, a rigore non potremmo cenare insieme ecc. E ascoltiamo attoniti, noi che il Covid l’abbiamo avuto e superato, una comunicazione mainstream che praticamente, e indiscriminatamente, fa sembrare l’ammalarsi di Covid LA FINE. Quando dici che hai avuto il Covid la gente quasi non ti crede, lì per lì fanno una faccia come per dire: ma come, e sei vivo?
Credo che si demonizzi l’aria aperta proprio perché è un’area pubblica, e le testate giornalistiche e l’informazione lì possono fare i loro reportage fotografici (a volte artatamente costruiti) degli assembramenti. Da lì è facile l’equazione: immagini di assembramenti e “movida” [Sic] – popolazione che sta patendo un anno di restrizioni che si indigna davanti a queste immagini di libertà – amministrazioni locali che per non perdere il consenso chiudono (penso per esempio ai casi bolognesi di piazza Scaravilli e piazza San Francesco: immagino che con la bella stagione verranno chiusi anche i parchi a breve). Come rompere questo circolo vizioso? Una presa di posizione netta della comunità scientifica che sostenga l’evidenza che all’aperto si è molto più sicuri che in luoghi chiusi. Ciò non avviene perché “i veri plenipotenziari dello Stato” (il sistema economico tout court, con Confindustria in testa), hanno il loro core business in ambienti chiusi, dove è difficile pensare che le regole vengano pienamente rispettate. Ricordiamoci, tra l’altro, che, con ogni evidenza, “le autorità scientifiche” della virologia che appaiono nei media mainstream, svolgono in definitiva un ruolo politico e sono portatori di singoli interessi (dagli aperturisti Zangrillo e Bassetti ai clausuristi Galli, Pregliasco e Ricciardi ecc.). In fin dei conti mi pare che l’approccio di fronte a problemi effettivamente complessi, sia trovare facili e inermi capri espiatori, più che cercare soluzioni realmente efficaci e che sciolgano i numerosi nodi del problema.
Al netto del fatto che Zangrillo e Ricciardi non sono virologi, hai ragione. Aggiungo: è l’intera macrocategoria degli «esperti di pandemia» a risultare screditata dalla sovraesposizione mediatica che costoro hanno pervicacemente cercato e ottenuto, fino a diventare più vedettes che scienziati. Il guittume che si è visto e si continua a vedere, i titoli con i continui, innumerevoli, ridicoli ipse dixit degli immunologi e virologi da riflettore, le liti tra “luminari”, l’onnipresenza “social” di queste personificazioni del virocentrismo, il loro invadere campi non loro come psicologia e sociologia (se avvenisse il contrario griderebbero alla Lesa Maestà della loro Scienza)… Tutto questo fa veramente schifo, una rivolta dev’essere anche contro tutte/i costoro. Uno degli obiettivi, nel cercare di uscire da questa situazione, dovrebbe essere di uscirne con la loro reputazione distrutta per sempre.
In tutto questo, la mia unica domanda è: che fare?
Io sto semplicemente vegetando davanti alla TV, e lo farò probabilmente fino alla fine dei tempi, perchè questo è certamente il futuro per sempre.
Ci sarà _sempre_ un’emergenza per mantenere le persone dei polli in batteria che lavorano (da casa, in un mercato del remoting globale, con stipendi che convergeranno a quelli dell’India, o fuori casa in condizioni miserabili), producono, comprano su Amazon e vanno a dormire, che è quello a cui tutti gli “stakeholder” in gioco hanno interesse.
E a letto entro le 22, che bisogna essere freschi la mattina.
Che fare?
Non posso nè distaccarmi nella mia oasi privata (non sono ricco da permettermi unan villa con piscina, e Speranza ha normato financo anche i parchi pubblici e la spiaggia, quindi non posso seguire l’esempio di Thoreau).
Nemmeno posso attivarmi con altre persone, o anche solo scoprire se qualcuno la pensa come me: oltre ad essere talvolta vietato _uscire di casa_, laddove è possibile è difficile stabilire un contatto e una certa confidenza tra persone che stanno – e insistono a stare – a volto coperto anche all’aperto e a due metri di distanza.
Che fare?
Priorità alla Scuola è un movimento nato e cresciuto durante i mesi pandemici, che ha portato e continua a portare gente in piazza, mettendo il dito in una piaga che è andata suppurando e ormai puzza da lontano: il sacrificio di una generazione per coprire l’incompetenza governativa, lo scambio tra “ristori” e “istruzione”. Oggi quello scambio, che qui su Giap denunciamo dalla primavera scorsa, è tanto più plateale, proprio qui in Emilia-Romagna. Anche chi per un anno non ha voluto vederlo o ha preteso di giustificarlo (magari perché pensava con indulgenza al governo Conte bis come a un governo “amico”), non la regge più. Io credo quindi che questa sia la via: seguitare a manifestare, praticando la disobbedienza civile (con le protezioni, sì, con le mascherine, per non essere attaccabili). Come già molta gente qui e altrove “disobbedisce civilmente” continuando a portare i figli nei parchi e passeggiando per la città, sfruttando i paradossi delle ordinanze stesse: che ne sa la polizia che io non stia andando a fare shopping? Quindi io in giro ci vado quanto mi pare. Bisogna ragionare sulle pratiche di resistenza alle ordinanze surreali.
Caro Quattro, grazie.
Ma.
“Passeggiare” non mi sembra questa grande disobbedienza civile.
Non penso sia nemmeno rilevabile: te ne accorgeresti solo tu che stai _passeggiando_ anzichè andando a spendere soldi.
Non mi sembra un argine.
Di più: non sono sicuro che partecipare della distopia – il teatro della mascherina al parco – non sia normalizzare la distopia e dunque consentirne il mantenimento.
A passeggiare al parco a volto coperto mi sembra semplicemente di essere una comparsa nel film minuziosamente sceneggiato da Casalino, un collaboratore più che un contestatore.
Tant’è che: l’obbligo vige “in tutti i luoghi all’aperto a eccezione dei casi in cui, per le caratteristiche dei luoghi o per le circostanze di fatto, sia garantita in modo continuativo la condizione di isolamento rispetto a persone non conviventi […] nonché delle linee guida per il consumo di cibi e bevande”.
Io – non abituato alla situazione in Italia, in cui sono rientrato a Settembre – quando ho provato a uscire al parchetto, come una persona normale, mi sono limitato a mantenere questo isolamento girando accuratamente intorno ai pochi passanti che si incontrano negli ampi viali di un parco, mantenendo i tre metri abbondanti.
Questo non ha evitato l’aggressione da parte dei passanti stessi, il che fa capire quanto “passeggiare” possa essere un ben misero atto quando la popolazione è stata irregimentata.
Bisognerebbe trovare qualche miliardo e comprarsi il gruppo GEDI, ecco.
Quello funzionerebbe.
A dirla tutta, la storia dei “cibi e bevande” offrirebbe un pretesto molto migliore a chi volesse manifestare qualche cosa: la passeggiata al parco con il cibo da passeggio eternamente in mano, la confezione con un solo cracker o qualcosa del genere che sia riconoscibile potrebbe diventare una bella bandiera.
Che non andrebbe da nessuna parte, sia chiaro.
Ora scusate tutti, ordino un documentario sulla natura su Amazon.
Rinoceronte, forse non siamo riusciti a comunicarlo adeguatamente: in questo momento a Bologna la maggior parte delle persone sta ignorando i divieti. È una disobbedienza quieta ma diffusa, collettiva. La gente non ha preso minimamente sul serio questo decreto, stavolta la campagna terrorizzante ha fatto cilecca. Persino i giornali locali sono costretti a cambiare approccio, Repubblica-Bologna ha pubblicato una galleria di immagini di ieri scrivendo che i bolognesi sono «disciplinati» e al tempo stesso mostrando comportamenti in gran parte vietati nel testo del decreto. Lo stesso giornale che oggi fa finta di niente mentre è costretto a registrare che la gran parte della gente non ha più la paura di prima, solo pochi mesi fa avrebbe usato quelle foto per crocifiggere le persone rappresentate, gridare ai furbetti e agli untori ecc. Come si è fatto notare più volte, la fine sociale di una pandemia arriva prima della sua fine sanitaria. Se la paura allenta la morsa, si può anche ragionare e anche le critiche all’emergenza trovano più orecchie disposte ad ascoltare. Bisogna scommettere su questo. Escludersi a priori da questo possibile sviluppo per una (permettimi di dirlo) futile petizione di principio sulla mascherina non fa bene alla salute e non aiuta nessuno. Chiudersi in casa perché non si vuole indossare la mascherina cos’ha di più “disobbediente” dell’uscire e fare lotte portandola? Direi proprio nulla. E, ripeto, non aiuta nessuno, non contribuisce in nulla al cambiamento.
Caro Uno — io non sono di Bologna, chiaramente riferisco quello che accade dove vivo (quella regione dove stanno apparentemente avvenendo un sacco di cose interessanti nell’ufficio di Zaia… o forse no).
Non sono sicuro che la fine sociale della pandemia avverrà prima della sua fine sanitaria.
È stato così in passato, ma anche il tacchino di Russell è stato nutrito ogni giorno, in passato, per poi scoprire a Natale che le cose cambiano.
Credo piuttosto in una pandemia permanente.
Le misure emergenziali tendono spesso a diventare permanenti, se tornano comode a chi di dovere.
Dici che “escludersi a priori da questo possibile sviluppo per una (permettimi di dirlo) futile petizione di principio sulla mascherina non fa bene alla salute e non aiuta nessuno”.
Ma non stiamo forse facendo precisamente petizioni di principio?
Pensavo che stessimo criticando misure vessatorie spettacolari quanto totalmente inutili prese in luogo di misure che servono a qualcosa – quali che esse siano.
La necessità di passeggiare al parco a viso coperto, _non_ prescritta dalla legge ma dalla pressione dei passanti aggressivi, mi pare l’apice di queste misure, sotto ogni possibile punto di vista, superando anche la chiusura degli spazi pubblici verdi ad opera di sindaci e prefetti che va di moda in questi giorni.
Possiamo discutere di tutto (perfino dei bambini untori), ma non di questo: nel vuoto è oggettivamente difficile contagiarsi, eppure i passanti diventano nervosi e aggressivi se vedono le proverbiali rime buccali spuntare sia pure a cinque, dieci metri.
Magari a Bologna no, qui sì.
E se non è possibile fare _nemmeno quello che è permesso_ dalla legge, come pensare ad alcun tipo di “resistenza diffusa”?
Non saprei del resto in queste condizioni come approcciarmi e parlare con un estraneo, mancando tutta la prossemica che segnala l’apertura o la diffidenza o l’interesse.
Come confrontarsi, o organizzare alcunchè?
Credo che siamo isolati, presumibilmente per sempre.
Anche nella migliore delle ipotesi l’atomizzazione della società non recederà mai ai livelli del 2019.
Esiste l’emergenza perenne come metodo di governo, e ce ne occupiamo da molti anni, ma non esiste la “pandemia permanente”, quella condizione tuttalpiù si chiama “endemia” e nella storia quando dalla pandemia si passa all’endemia la paura cala. Come diceva qualche mese fa Marco d’Eramo, “in Occidente abbiamo avuto per secoli la sifilide, non c’era nessuna cura, ma non per questo la gente ha smesso di scopare”.
Detto questo, l’esistenza di movimenti e lotte contraddice la tua visione che, se mi permetti, è troppo autocentrata su te come individuo. In mezzo mondo la gente scende in piazza nonostante i divieti, sta succedendo in Spagna dove hanno avuto la gestione dell’emergenza più simile alla nostra, succede in India e in un sacco di altri paesi, è successo per tutto il 2020 negli Stati Uniti, Black Lives Matter ha tenuto la posizione «non chiudiamoci in casa, stiamo in strada e continuiamo a lottare contro il razzismo, e se si rischia di morire, beh, noi neri sono 400 anni che rischiamo di morire stando in strada». Ecco, questo è il genere di petizione di principio che ci serve, finalizzata alla prassi, non alla rinuncia alla prassi.
Caro Uno – mi sta bene.
Certo che la mia visione è incentrata su di me come individuo, proprio perchè mi ritrovo isolato.
Ma credo di essere rappresentativo di molti – della maggioranza della minoranza non irregimentata, se vogliamo.
I movimenti e lotte che menzioni, non casualmente, si formano in Paesi che non sono stati integralmente convertiti in un’istituzione totale, in cui tutto, ma proprio tutto, è scandito dai rituali istituiti da Speranza che, a voler pensare male, sembrano inventati _esattamente_ per evitare il nascere di movimenti e lotte mentre la gente continua a produrre e consumare.
E poi c’è – tu mi dici – Bologna, ma Bologna è Bologna e non è l’Italia.
E dunque, io che posso fare, se non posso prendere parte a movimenti e lotte – assenti e illegali sul territorio – a parte commentare su Pericolosi Blog Negazionisti?
Associazioni, centri e ogni luogo di ritrovo e di scambio, dove tali lotte potrebbero nascere, sono pur sempre chiusi.
Paradossalmente ci sono le occasioniali proteste di piazza organizzate da partiti politici, come dire, non antifascisti, ma non sono sicuro di voler tesserarmici per sapere dove le organizzano e andare a dare man forte.
Anche perchè non credo di poterne sposare in toto l’agenda.
«Credo che siamo isolati, presumibilmente per sempre.»
E allora di cosa stiamo parlando? Se sei convinto che non ci sia niente da fare, resta sul divano. Per fortuna non tutti la pensano così, né in Italia, né in altri paesi, dove ad esempio il 2020 è stato un anno di lotte (anche senza scomodare BLM negli USA, basta pensare alla Polonia). Si può fare. Anche se non è…una passeggiata.
Caro Quattro, c’è una differenza sostanziale su quale _credo_ sia, con ogni probabilità, il futuro e qual’è il futuro che desidero e per il quale sono disposto ad agire.
Pensavo che voi ne sapeste quanto Sisifo di massi da spingere semplicemente perchè _è la cosa giusta da fare_.
La mia obiezione a Uno è proprio che mi sembra non ci sia più nessun masso, che ci abbiano costruito uno scacco perfetto intorno — almeno così appare la mia quotidianità (che non è la Polonia, gli USA, o Bologna), i luoghi e le persone che conosco o che posso conoscere.
Spero tu abbia ragione; di più: ogni volta che qualcuno o qualcosa mi chiamerà a combattere per un futuro diverso io ci sarò, come ci sono da decenni.
Ma è la chiamata che non arriva…
Quindi, riassumo: sei venuto qui a dire che è finita, non si potrà più fare niente, non c’è più niente da fare, nulla serve, ci hanno isolati per sempre.
Ok. Grazie di questo parere. Ora, però, ti devo salutare, perché abbiamo da fare molte cose che a nostro parere servono, insieme a molte altre persone. Se ti va di rimanere sintonizzato, bene. Chissà magari che non venga qualche idea pure a te…
Caro Uno – sì, sto dicendo che con buona probabilità siamo isolati per sempre, ma non solo; trovo la tua risposta al vetriolo ingiustificata.
Anche un medico pessimista sulle condizioni del malato si spende per curarlo, no?
C’è gente che l’anno scorso ha incassato un sacco di soldi (il solo Bezos ha fatto 74 miliardi, senza parlare di burocrati ed esecutori vari) con cui comprare un sacco di mezzi per mantenere lo status quo.
Vedo già che si parla di usare i fondi del NGEU per normalizzare mostruosità come la (a-)didattica a distanza, e sono tanti soldini.
Non sono un ottimista, ecco tutto: sono abituato a perdere guerre dal 1992.
Questo è cosa penso del futuro.
Che io, come molti altri, mi trovi senza dubbio isolato _adesso_ è un dato di fatto: non ho notizia di nessuno nel raggio di 30km che non si beva la narrazione di chi comanda nè, men che mai, voglia provare a comunicare qualcosa di diverso e a coinvoglgere.
Sto segnalando un problema che oggettivamente esiste, nel presente.
Spero che questo possa darVi uno spunto ad includere nel “fare molte cose che a nostro parere servono, insieme a molte altre persone”, lo studio di mezzi per raggiungere anche chi non è uno studente, non vive in città, non legge/non sa che esistano determinati siti e giornali e non ha conoscenze in certi giri.
Potrebbe essere un’idea funzionale a cambiarlo, il futuro, ecco.
«sto dicendo che con buona probabilità siamo isolati per sempre»
e noi ti abbiamo già detto che simili considerazioni, fatte in questi termini, a nostro avviso non servono a niente di niente.
«raggiungere anche chi non è uno studente e non vive in città»
Pensala in questi termini: se in Val Susa avessero aspettato la linea da Torino, non avrebbero mai fatto niente. Solo per fare un esempio. Poi chiaro che il Veneto non è la Val Susa, nessuno sottovaluta le difficoltà del vivere in un certo territorio piuttosto che in un altro, ma non ci si può attendere che sia chi vive nel posto X a sbrogliare i problemi di chi vive nel posto Y.
Perché dici “tutta questa storia è cominciata con una mancata chiusura delle fabbriche in val Seriana”? Che in quella zona l’epidemia abbia colpito più duramente per una serie di fattori (tra cui appunto le fabbriche e l’inquinamento) e che lì si dovevano arginare i danni più importanti sono d’accordo, ma ti chiedo se hai qualche fonte più precisa nel ruolo causale che attribuisci a quell’evento, perché comunque è ormai assodato che il virus circolava almeno da Settembre 2019 e quando lo abbiamo saputo era comunque troppo tardi.
https://www.ansa.it/canale_saluteebenessere/notizie/sanita/2020/11/15/covid-in-italia-gia-da-settembre-2019-lo-dice-uno-studio-dellistituto-dei-tumori-di-milano_ab96846e-18e6-4ab6-abf6-93d697ca9e6c.html
Su questo ci sono state svariate inchieste, sono scoppiate polemiche sulla secretazione dei verbali del CTS, è uscito un libro per Laterza (“Il focolaio”, di Francesca Nava, alla lettura del quale rimando) ed è in corso un’indagine della magistratura bergamasca. È stato interrogato lo stesso Conte. A febbraio 2020 si sono manifestati due focolai, uno a Codogno, nel Lodigiano, l’altro all’ospedale Pesenti-Fenaroli di Alzano Lombardo, bassa val Seriana. Un territorio altamente industrializzato, con centinaia di aziende, ad altissima mobilità, alle porte di Bergamo e collegato senza soluzione di continuità allo sprawl urbano dell’alta Lombardia. Sprawl che comprende il trafficatissimo aeroporto di Orio al Serio. Il focolaio lodigiano è stato contenuto con la zona rossa, quello in val Seriana no. Il lockdown non conveniva alle aziende. All’ipotesi zona rossa si è opposta con veemenza la Confindustria lombarda, soprattutto nella persona del suo presidente Bonometti, che ha l’azienda proprio nella bergamasca. L’ospedale è stato chiuso dal suo direttore ma subito riaperto dall’Asl. Confindustria, regione Lombardia e governo nazionale hanno deciso di lasciar correre: #Bergamoisrunning. A correre era però il virus. Per giorni e giorni – dal 23 febbraio al 9 marzo – è stato lasciato libero di scorrazzare, spargersi in tutta l’alta Lombardia e all’estero. Francesca Nava ricostruisce questa catena di eventi giorno dopo giorno, anzi, ora dopo ora. Il 9 marzo, a buoi da tempo scappati dalla stalla, arriva il Dpcm che, *senza chiudere le aziende*, dichiara la Lombardia zona arancione. Nemmeno ventiquattr’ore dopo arriva un altro Dpcm, quello del “lockdown nazionale”, #iorestoacasa ecc. All’estero decidono di imitarci… grossomodo, perché ci sono differenze anche grosse tra un “lockdown” nazionale e l’altro. In ogni caso, nemmeno stavolta si chiudono le fabbriche. Soltanto il 22 marzo si fa qualche timida chiusura, aggirabile. La maggior parte delle aziende lombarde e non solo, con vari escamotages, riesce a rimanere aperta. Marzo è il mese in cui si compie lo “scambio spettacolare”. La zona rossa in val Seriana avrebbe potuto interrompere sul nascere questa catena di eventi.
Grazie, approfondirò la questione, ho già iniziato a leggere il libro.
Anticipo polemicamente che però mi sembra un po’ forzato pensare che con un cordone sanitario/lockdown localizzato (mi pare di capire il 23 Febbraio dal primo capitolo), si sarebbe potuto davvero bloccare la diffusione di un virus che come dice l’autrice stessa circolava da parecchio tempo. Essendo il problema sistemico e strutturale e vedendo come viene gestita la cosa, anche se avessero fatto un lockdown reale (chiudendo cioè le fabbriche) dal 23 Febbraio al 23 settembre, probabilmente sarebbero stati travolti dalla nuova ondata di questo virus stagionale a novembre o comunque i soggetti a rischio, visto anche quelli come sono trattati nella realtà e non nella propaganda, avrebbero subito la stessa sorte chi rimanendo a casa, chi in RSA.
Inoltre segnalo le analisi di Maurizio Rainisio, che ormai seguo da tempo e mi sembra serio nel trattare i dati, che dichiara che il tasso di crescita stesse dià decrescendo ad inizio marzo/fine febbraio e questo mi sembra che indebolisca ulteriormente questo nesso causale così forte che individui.
https://www.facebook.com/permalink.php?story_fbid=260306218961776&id=111172767208456
Penso la questione sia molto più multicausale di quello che pensiamo e legata a tanti di quei fattori che non conosciamo o che non abbiamo ancora messo correttamente in correlazione.
Io non credo che un cordone sanitario localizzato avrebbe bloccato il virus; ma non posso fare a meno di pensare che se anziché continuare uguale a prima e anzi lanciare “Bergamo is running” e far diventare il sistema sanitario il sistema di produzione e diffusione industriale del coronavirus si fossero adottate delle misure di mitigazione locali, l’epidemia avrebbe avuto una partenza meno repentina e gli ospedali non sarebbero andati al collasso come è successo – ed è successo quasi solo lì, altrove magari sono entrati in sofferenza ma non in completo sovraccarico. In questo modo intanto ci sarebbero stati meno morti, compresi un bel po’ che non sono conteggiati perché son morti a casa senza test aspettando l’ambulanza che non arrivava; e poi magari un po’ meno panico e una risposta generale meno estremista sconclusionata e composta da misure in buona parte teatrali e/o scarsamente efficaci (ma comunque costose e dannose). Anche perché, va detto che l’Italia ancora una volta ha assolto al suo ruolo storico di apripista e pioniera seguita a livello mondiale: Ferguson dell’Imperial college un po’ di tempo fa ha rilasciato un’intervista in cui diceva che nessuno pensava di poter imporre alle popolazioni dell’Occidente le restrizioni che si erano viste in Cina… fino a che non l’ha fatto l’Italia: è in quel momento che si sono resi conto del fatto che invece sì, evidentemente potevano. ->
A quel punto sull’onda del panico i piani pandemici che ancora un anno fa qui in UK si ipotizzava di seguire sono stati cestinati (anche se suppongo che così com’erano comunque non sarebbero stati adatti); e dopo aver tentato delle strategie di soppressione che a posteriori si vede bene non avrebbero mai potuto funzionare, e che però hanno lasciato il tessuto sociale a brandelli, adesso siamo tutti in diverse strategie di mitigazione (cioè: il piano iniziale, per chi aveva un piano). Però anziché basarsi sul sostenere le persone offrendo risorse, p.e. che rendono più facile isolarsi quando è necessario, funzionano scaricando i costi verso il basso, spesso impattando poco o nulla sul virus e in maniera sproporzionata sulle vite delle persone (clamorosa la situazione delle scuole in USA, dove in alcuni stati/contee sono chiuse da un anno e in altri aperte assieme a quasi tutta la società, senza che si riesca a constatare una qualsiasi differenza nell’andamento dell’epidemia tra i luoghi dove tutti devono stare a casa e quelli dove chi vuole forse va anche al night club), spargendo sale sulle rovine, e per la verità criminalizzando l’intera popolazione. Qui in UK siamo al paradosso che domani sarebbe prevista una veglia per una trentenne che una settimana fa è stata rapita e poi uccisa, apparentemente da un poliziotto: fino alle tre di questo pomeriggio tutti i corpi di polizia del paese ripetevano che nessuna forma di manifestazione o protesta era permessa sotto l’attuale regime restrittivo da coronavirus, e ci è voluto un urgente pronunciamento giudiziario per dire che no, il diritto a protestare non può essere sospeso in assoluto. Di conseguenza… ora sta alla polizia “assess the proportionality” della protesta.
A me sembra che una delle assolute priorità debba essere azzerare completamente tutti questi complessi di norme che in ogni paese tengono in piedi la pantomima, senza compromessi di sorta. Nemmeno discutere di salvarne una.
Morgana mi ha anticipato e in buona sostanza ha scritto molto bene quello che avrei scritto io e che in parte avevo già scritto. Mi sembra che a Naurk sfugga il nocciolo della questione, non è questione di “monocausalità” ma di una precisa catena di eventi e di come tutta questa storia – che non è la storia del virus ma la storia dell’emergenza, della risposta al virus – è partita. Restiamo ai fatti e alle cose concrete: un focolaio aggressivo, scoppiato nella zona dove più poteva fare danni e da dove più poteva allargarsi, non è stato contenuto, e non è stato contenuto per tutelare precisi interessi. Le conseguenze di questo sono state devastanti, perché quel che è accaduto in Lombardia in quella fase dell’epidemia ha condizionato la risposta nazionale, che poi ha dato un segnale al mondo. Ripeto: non è il virus in sé il punto, per quel che mi riguarda anche se si trovassero tracce di Sars-Cov-2 nel corpo di un morto nel 2018 non cambierebbe nulla, si sta parlando non del virus ma della gestione, della risposta alla pandemia, e di precise, gravissime responsabilità della classe dirigente (politica e imprenditoriale). Ribattere: «Eh, ma il virus era comunque già in giro» o «Eh, ma anche se si fosse contenuto quel focolaio ce ne sarebbero stati altri» non solo è fuori fuoco rispetto a quella catena di eventi, ma diventa un modo di assolvere la classe dirigente di cui sopra.
Sono d’accordo.
Certo, non è che chiudendo quel focolaio si sarebbe stoppata la diffusione del virus a livello mondiale, ma se facciamo l’esercizio di immaginare uno scenario alternativo in cui tutto “funziona bene” come in certi techno-triller, le cose avrebbero potuto andare in modo molto diverso. Se l’ospedale che il direttore ha chiuso fosse rimasto chiuso, se (e questo vale a livello nazionale) qualche circolare avesse avvisato i medici di famiglia di trattare con ogni precauzione (tipo tuta mopp) qualsiasi paziente con sindromi influenzali, se si fosse fatta subito una strettissima zona rossa attorno a Bergamo con chiusura di tutti i luoghi di lavoro e impiegando l’esercito per fornire supporto logistico a quella specifica area invece di usarlo poi per portare via le bare, beh, molto probabilmente l’impennata della curva epidemiologica fra medici, pazienti ospedalieri, familiari etc. non sarebbe stata così ripida, con meno morti e senza il bisogno, poi, poco dopoo e per “reazione” (se non possiamo chiudere la lombardia, chiudiamo “tutti”!) di un lockdown nazionale anche in aree dove del virus non c’era traccia (con fuga di notizie e fuga dal nord, tra l’altro) e infine sarebbe stato molto difficile operare lo “spostamento retorico” di responsabilità che è poi stato fatto in quei mesi perché sarebbe stato chiaro fin da subito che è pericoloso lavorare e vedere persone al chiuso e non andare al parco.
Permettimi di seguitare a fare il disco rotto e sottolineare che nella percezione di altri, più ragionevoli Paesi, quello spostamento retorico non si è mai fatto, o non del tutto.
So di prima mano del Regno Unito, della Danimarca, dove il 2020 è stato all’insegna dell’outdoor, dei parchi e delle biciclettate.
So di seconda mano di molti Paesi Scandinavi, presumo anche la Germania.
E non di meno il giornale inglese liberaldemocratico _denuncia_ l'”operazione blame the public”: https://archive.is/TSIfe
Se solo sapessero come va in Italia.
Dopo un anno siamo ancora alla caccia al podista.
Perchè?
Ci sarebbero da approfondire le cause che rendono l’Italia diversa, a parte un sottostrato culturale fascista-morale mai del tutto eliminato, una stampa imbarazzante e semi-indipendente, una classe politica apertamente mistificatrice e una popolazione più ignorante della media europea.
Ma anche questo, tutto insieme, non mi sembra che spieghi.
A proposito della ridicola stampa italiana, Giovedì ogni quotidiano europeo serio, vista l’assenza di evidenza, aveva un titoletto su una colonna del tipo “No reason not to stop using AstraZeneca says WHO”: https://archive.is/wip/7t8VE
Repubblica usciva con “AstraZeneca, terrore in Europa” a caratteri cubitali, con il risultato che Venerdì molti pazienti terrorizzati non si sono presentati all’appuntamento per il vaccino (che Repubblica ha sempre sostenuto essere la “sola uscita da quest’incubo”, non dimentichiamo).
È stato bello ma triste vedere Burioni che blasta Repubblica, che oggi titola “Il vaccino AstraZeneca è sicuro”. Ma le rinunce sono migliaia”.
A me pare che ogni paese abbia il suo particolare “flavour” di “scambio spettacolare”. Qui nel Regno Unito è vero che non hanno mai vietato di andare al parco (anche se, se ricordo bene c’è stato qualche giornalista che ha chiesto come mai…), e che se alla fine della scorsa primavera avessero chiesto “come hai passato il lockdown” tantissima gente avrebbe risposto “sono andato a camminare”. Però proprio l’articolo che linki* ti mostra che in qualche modo lo scambio c’è stato, e il culmine dell’ironia è che il giornale che lo ospita ne è stato a pieno diritto uno degli autori (ridicola campagna di demonizzazione delle spiagge affollate inclusa). In effetti trovo notevole che dopo 10 mesi Owen Jones abbia iniziato a denunciare il “blame the public” a cui lui stesso ha contribuito: ma vabbè, quattro settimane dopo aver esplicitamente detto che il suo unico problema con le misure autoritarie di “contenimento” del virus è che non sono state prese abbastanza velocemente, stasera sì è anche scandalizzato della risposta poliziesca alla veglia di cui scrivevo in un messaggio precedente. (Se a qualcuno interessasse: davanti all’ostruzionismo della polizia nel dialogo per l’organizzazione di una manifestazione pacifica e sicura anche dal punto di vista sanitario, i promotori hanno dichiarato di rinunciare e proposto qualcosa di virtuale/casalingo; centinaia/migliaia di persone sono andate lo stesso ai luoghi inizialmente fissati; la polizia in forze ha cercato di disperderle; seguono scontri, arresti, etc., e shock generale davanti al fatto che promuovere l’autoritarismo sembra portare verso uno stato autoritario, chi l’avrebbe mai detto).
*Grazie per il link archive – avevo una sottoscrizione al Guardian che ho cancellato disgustata mesi fa – in pratica è la Repubblica UK, solo un po’ meno becera e scritta meglio.
Mi dispiace tu abbia fatto una lettura della mia mente in questo modo grossolano e pregiudiziale, cadendo in quell’atteggiamento proposizionale che stronca il dialogo ed il confronto in un momento in cui più ce ne sarebbe bisogno. Per fortuna vi leggo e vi seguo costantemente e so che questi svarioni capitano a tutti, soprattutto in un momento così delicato.
Come ho chiaramente scritto, anche se avessero fatto un lockdown in quell’area di diversi mesi, MA SENZA CAMBIARE LE CONDIZIONI DI CONTORNO O PROVARE AD AGIRE SULLE CAUSE STRUTTURALI, che comprendono il modo in cui si gestisce la sanità, il mancato focus sui più deboli, l’inazione rispetto alle cause profonde e non agli effetti (e.g., l’organizzazione del lavoro, la cura individuale e la prevenzione reale, il sistema di speculazione capitalista che si è messo in moto, ecc.), non sarebbe cambiato nulla.
Lo ripeto: se anche si fosse fatto un lockdown localizzato in tempo, senza sfruttare il lockdown per quello che serve (ovvero guadagnare tempo per agire nel momento in cui è già partita un’epidemia), sarebbe cambiato poco a mio parere.
La lettura spettacolare e sensazionalistica dell’effetto farfalla che si sarebbe innescato a causa di un mancato lockdown lì, o le spiegazioni panglossiane fantastiche sul migliore dei mondi possibili, le lascio ai romanzi. Quello che mi fa paura di questa lettura è che se spinta nella sua interpretazione, significherebbe che attivare uno stato di militarizzazione e controllo al momento giusto, possa essere la mossa vincente e ci troviamo in questa situazione perché non lo abbiamo fatto col giusto tempismo. Questa sì che è una lettura che non solo assolve l’attuale modus operandi nella gestione epidemica, ma anche la forma mentis che lo partorisce.
Ma anche qui, so che non la pensate così, quindi il mio è semplicemente un tentativo di bilanciare la lettura, non di certo nel spingerla nell’assoluzione più totale, al massimo, siamo tutti responsabili (qualcuno molto più di qualcun altro) e da tempo, non dal 23 Febbraio 2020.
Faccio un breve appunto sui fatti menzionati sopra da Morgana: sono state due le manifestazioni pubbliche di protesta, nel giro di una settimana, nel Regno Unito. Una relativa al misero aumento dei salari delle infermiere/i e quest’ultimo di ieri sera. Vorrei evidenziare che entrambe hanno avuto come protagoniste principali donne e che entrambe sono state soppresse dalle forze di polizia utilizzando metodi molto controversi (https://archive.ph/pWp7k , prodromico a proposito WM4, qualche settimana fà: https://www.wumingfoundation.com/giap/2020/12/la-variante-inglese-the-ripper/ ) nonchè giustificazioni a dir poco incerte dal punto di vista giuridico. Mi azzardo a prevedere che tutto tornerà utile all’attuale governo intento nell’esrcizio di verifica e tenuta dello Human Rights Act del 1998 (notare: pre 9/11), nonchè della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo, trattato che, tra l’altro, il Regno si riserva ora di riconsiderare.
Per dire che, se da un lato le istituzioni stanno, a mio parere, sfruttando questi eventi come “prove generali”, preparandosi ad un futuro prossimo che si può plausibilmente prevedere altamente conflittuale, a una gestione del corpo sociale, se mi si passa il termine, “aggiornata”, dall’altro, personalmente, mi sembra di avvertire anche una timida/issima riconsiderazione del concetto di diritto, su cosa in realtà rappresentino in una società liberal-capitalista i diritti; a chi, per cominciare, vogliamo delegare la “difesa” di questi diritti? Per non cadere nel cinismo più cupo, ci si può forse augurare che, in UK come altrove, si potrà presto sviluppare un dibattito sui limiti e le implicazioni politiche di una strategia di movimento articolata esclusivamente sulla difesa di suddetti diritti.
Ragione da vendere, dude, ma è quello che ti dicevo qualche commento più sotto.
Ho un piede in entrambi i paese, e a mio avviso in UK il tessuto sociale non è atrofizzato completamente e beneficia di quella coesione delle comunità locali che da noi è saltata, come pure nella capitale una maggior presenza di minoranze etniche che formano comunità coese e battagliere.
Qui (dove il coprifuoco è per tutti, uomini e donne), si è maggiormente interiorizzata la narrazione dominante e non ravviso la stessa voglia di andare in piazza — nonostante le testimonianze di questo blog non abbiamo visto niente delle dimensioni delle proteste BLM a Londra l’anno scorso, per capirci.
Dalla mia percezione anedottica mi sembra che una maggioranza dei cittadini, drogata di mentalità del decoro e narrazione paternalistica, non parteciperebbe ma anzi condannerebbe a priori qualsiasi protesta — “dovete stare a casa”, come risponde il coro di indignati al tweet delle Sardine linkato altrove.
Sulle colpe di Owen Jones e sul Guardian (efficacemente descritto da Morgana come “Repubblica ma scritto bene”) sorvolo: sparare sui giornalisti ormai è come sparare sulla croce rossa.
P.S.: Non ti ho più risposto all’altro commento, ma quello che dici lì non mi ha convinto al 100% – peraltro quando parli di ”privilegio di essere bianc*, magari britannico, hai un reddito quindi accesso a servizi decenti e/o una famiglia che ti sostenga” mi sembra tu stia parlando maggiormente dell’Italia, anche dopo trent’anni di tagli di Tory E Labour. Particolarmente per la questione della dipendenza dalla famiglia _e_ la questione etnica (suvvia, l’ultimo ministro della Repubblica non bianco, dieci anni fa, si è presa del “bingo bongo” da Calderoli; di contro, non sono molti ma almeno esistono indiani, caraibici, pakistani, asiatici a Whitehall quanto in Harley Street).
Naurk, mi dispiace ma epiteti e maiuscolate non sostituiscono la sostanza.
E la poca sostanza delle tue obiezioni si riduce a un uso “benaltristico” delle cause strutturali.
Cause strutturali che qui non solo nessuno nega, ma che abbiamo ribadito fino alla nausea. Infatti denunciamo lo “scambio spettacolare” proprio perché ha distolto l’attenzione dalle responsabilità della classe dirigente, responsabilità di lungo corso – cioè avere smantellato sanità e welfare – e responsabilità contingenti – cioè avere anteposto gli interessi di Confindustria alla tutela della salute e della vita delle persone, e avere sostituito l’azione sulle reali catene di contagio con una colpevolizzazione indiscriminata (ed epidemiologicamente inutile) di cittadine e cittadini.
L’impressione che danno i tuoi commenti – che trovo sempre più fuori fuoco, fino a quest’ultimo che è praticamente uno sbrocco – è quella di contrapporre, con una vistosa fallacia logica, la denuncia dello scambio spettacolare di cui sopra alla denuncia delle cause strutturali dello sfacelo dell’ultimo anno.
Invece è stato proprio quello scambio a impedire di comprendere le cause strutturali e come siamo arrivati a questo punto.
Ergo, chiarire come e perché sia avvenuto lo scambio è indispensabile per capire come le responsabilità reali siano state rimosse dal discorso pubblico sulla pandemia.
E tu puoi usare tutte le frasi fatte e le frasi forti e tutti i maiuscoli che ti pare, ma la realtà non cambia: per capire com’è stato imposto lo scambio; come si è arrivati al “lockdown all’italiana”; come si è arrivati a demonizzare l’aria aperta (dove il virus non c’è) anziché intervenire sui luoghi chiusi dove più si registravano focolai (cioè fabbriche, magazzini della logistica, macelli, impianti di confezionamento carni ecc.); come le responsabilità dei padroni sono scomparse del tutto dall’informazione mainstream; come i giovani e la scuola siano diventati i capri espiatori sulla pandemia; per capire tutto questo, non si può prescindere da ciò che è accaduto in Lombardia nei giorni dal 23 febbraio al 9 marzo 2020.
Questo è un ragionamento sulla risposta alla pandemia, sulla gestione della pandemia, sull’emergenza come metodo di governo, sull’individuazione di capri espiatori, su come il sistema storna da se stesso l’attribuzione di responsabilità deviandola verso il basso e disperdendola orizzontalmente.
Se di fronte a questo ragionamento tiri in ballo monocausalità ed effetto farfalla, dimostri solo di non voler capire di cosa si stia parlando. Cosa che invece gli altri intervenuti hanno fatto.
Wu Ming 1:
” per come si è arrivati al “lockdown all’italiana”; come si è arrivati a demonizzare l’aria aperta (…) anziché intervenire sui luoghi chiusi dove più si registravano focolai (…); come le responsabilità dei padroni sono scomparse (…); come i giovani e la scuola siano diventati i capri espiatori sulla pandemia; per capire tutto questo…”,
Per capire tutto questo dobbiamo avere chiaro cosa ne era dell’istruzione pubblica, della sanità pubblica, dell’infiltrazione della borghesia (nazionale ed internazionale) nelle strutture democratiche occidentali e nella cultura egemonica dominante, dello stato della prassi e della teoria di chi si professava a sinistra, dello stato dei conflitti sociali, della salute psicologica e fisica degli individui nei paesi dove queste politiche si sono potute attuare, del livello del degrado delle relazioni umane nelle grandi metropoli, dei cambiamenti climatici, dei comportamenti patogeni di Homo sapiens in regime capitalista, degli obiettivi di cui si può dotare la classe lavoratrice e degli strumenti di cui si dovrebbe dotare… ecc.
Per capire tutto quello che sta accadendo c’è bisogno di ricostruire una teoria ed una soggettività politica che la utilizzi per poter cambiare il mondo e non star lì ad inseguire le scelte dei padroni.
Allora, comprendi che per me “ciò che è accaduto in Lombardia nei giorni dal 23 febbraio al 9 marzo 2020”, resta una questione di lotta e giustizia, non certo un elemento teorico per comprendere un “catena” di cause determinate (=definizione di monocausalità). Forse non mi ero spiegato bene nonostante la “maiuscolata” di 14 caratteri di cui mi scuso profondamente; spero, però, tu non intenda davvero che dobbiamo ancora stare a chiederci perché i governi preferiscono salvare i profitti piuttosto che le vite umane.
Mi dispiace che continui a tracciare una “barriera” tra me e te, determinata dalla questione del ‘fuori-fuoco’, dopo che diversi commenti sono stati spesi in questa discussione proprio per superare questo punto e senza che neanche ti dicessi quale sia per me il “punto focale”, dato che non ho avuto ancora la presunzione di averlo individuato.
Come dicevo non c’è nessuna barriera tra le nostre posizioni e spero voi questa prospettiva ce l’abbiate ben chiara, visto che vi leggo da tempo ed avete ospitato interventi come quelli di Stefania Consigliere e Cristina Zavaroni, di cui vi ringrazio sinceramente.
Dalla mia mi trovo abbastanza d’accordo con Nanuk.
È effettivamente un po’ tautuologico, ma mi pare sia il caso che l’infamia esplosa da un anno a questa parte può essere ridotta a mero fenomeno contingente, emergente dalle questioni che lui stesso solleva.
Stamattina Il Foglio ospita un paio di splendidi pezzi — del sempre ottimo Enrico Bucci, e un’intervista illuminante a Bronner, che ravvisa nel “populismo del rischio zero”, strisciante da anni, un ingrediente fondamentale dello “scambio spettacolare”.
Se prima la questione era latente, con la storia di AstraZeneca e dei trombi è diventata abbastanza palese.
Rimando al giornale (oggi ha praticamente TUTTI bei pezzi in merito a quello di cui si parla) per l’approfondimento.
Come scrive robydoc, la parte della barricata è la stessa. Qui non si sta tutelando nessuno, ci sono alcune tutele demandate ai singoli, ma il piano generale fa acqua da un anno. La mia famiglia sta nelle zone rosse più pesanti d’Italia e sono barricati in casa da un anno con un dramma a livello emotivo che lascio immaginare.
Chi lotta per il ritorno in aula, lotta anche per le condizioni di sicurezza e qualcosa è stato ottenuto, pur nella difficoltà. Non si sarebbe ottenuto nulla senza imporre la presenza fisica nelle aule scolastiche.
Inoltre: parli di “riaperture”, ma questa famigerata zona arancione scuro chiude solo una cosa: le scuole. È quello che deve aprire. Mentre scriviamo le fabbriche di armi di Brescia sono a pieno regime, i macelli della padana (che in questo momento è una delle zone più critiche) sono aperti anche se ogni tanto qualcuno dice che lì ci sono problemi enormi. La logistica lavora più che mai. Non sono contraddizioni: è la decisione di uno Stato di sospendere un diritto quello all’istruzione, in nome di quello della salute, ma numeri alla mano la salute non è preservata.
Al contrario, la salute dei e delle più giovani è gravemente compromessa dalla didattica a distanza e dal fatto che una generazione intera viene rinchiusa in casa.
Ciao Rino; rischiamo di andare in OT, ma sarò berve. Generalizzando, il «tessuto sociale coeso» a cui credo tu faccia riferimento, sia che si parli di metropoli, centri urbani o anche di periferia e villaggi, è piuttosto un fittissimo intreccio di scambi e interazioni, molto superficiali, spesso dettate da necessità individuali, attraverso le quali però è purtroppo quasi impossibile scorgere una parvenza, anche minima, di coscienza di classe. Esistono certamente esempi di resistenza fortemente coscienti, organizzati e concreti, ma, nella stragrande maggioranza dei casi quì in UK, come credo ovunque in Europa e nel mondo occidentale, a mio parere, si confonde il discutere apertamente e anche in maniera animate e passionale di problemi reali come colonialismo, razzismo, sessismo con il darsi da fare, attivarsi perchè le cose in effetti cambino.
“Bisognerebbe trovare qualche miliardo e comprarsi il gruppo GEDI, ecco.” ( Rinoceronte)
“Una presa di posizione netta della comunità scientifica che sostenga l’evidenza che all’aperto si è molto più sicuri che in luoghi chiusi.” (Mars 9000)
Purtroppo tutto questo non accadrà. Non ci sarà nessuno a lottare al posto nostro se non lo faremo noi. Anche con “banali” atti di disobbedienza civile. Continuare a convocare la piazza tra parentesi, però, non è solo un semplice atto di disobbedienza civile è il seme della resistenza organizzata. Se devo scegliere tra rimanere a casa a deprimermi ed uscire e rompere i coglioni, scelgo indubbiamente la seconda. La seconda opzione è sicuramente più valida in termini di salute mentale.
Ma filo: io ero rimasto che la piazza “si convoca” nei circoli, nelle associazioni, con i volantini, tutte robe illegali.
La maggioranza degli italiani, come me, non abita in una grande città: queste cose semplicemente non ci arrivano all’orecchio a meno di non seguire già qualcosa (come questo blog, che però si è riferito a Bologna); di più, se a giorni alterni non possiamo allontanarci dal domicilio non possiamo andare a scoprirle in città, dove magari trovi ancora il volenteroso guerrigliero attacchinatore.
Capito dove sta il problema, e l’arte liberticida dei nostri governanti?
Noi qui tutti, in città, stiamo trasgredendo i divieti. Chi consapevolmente, chi inconsapevolmente. Ma con un sano istinto di conservazione, come guidati dal pilota automatico della sopravvivenza. Continuando a vivere quel poco di esistenza che ci è dato vivere tra le maglie dei DPCM.Come diceva WM4, se posso uscire per comprarmi un gelato, posso incidentalmente incontrare amici, vedere persone e parlare con loro. Posso giustificare il mio spostamento dicendo che sto andando al supermercato e, per fare ciò, posso allontanarmi da casa quanto voglio. Come ha sottolineato molto più sopra plv, nell’organizzarsi c’è un problema di nuove pratiche condivise da costruire, proprio perché circoli, associazioni e volantinaggio non sono semplicemente ” illegali” ma sono tristemente latitanti. Nella maggioranza dei casi e salvo rare eccezioni. Certo senza uscire di casa non è possibile incontrarsi e parlare. Io non mi aspetto proprio più da nessuno la convocazione di una piazza ( anche se qualcuno ha continuato a farlo, anche Priorità alla scuola e non era affatto scontato…) ma voglio essere pronta se una scintilla sarà in grado di fare divampare un incendio.
Ogni tanto, allora, approfittate per andare a prendere un gelato anche da noi nei piccoli centri, perchè “il gelato al puffo buono e conveniente come la gelateria di Bepi Sambruson non lo fa nessuno”.
Noi che viviamo in quelle case sparute collegate da un’unica arteria dove i controlli sulle ragioni degli spostamenti sono più fitti, e che difficilmente possiamo giustificare di andare in una città a 50km — tant’è che i vari decreti prescrivono esplicitamente di non andare mai, mai nei capoluoghi, nemmeno per “necessità” (un caso?).
Non riesco comunque a convincermi appieno che vivere come topi “tra le maglie del DPCM” non sia una sconfitta anzichè una vittoria.
Non dimentichiamo che i regimi totalitari più di successo come la Cina contengono il malcontento e prosperano esattamente sull’esistenza delle “aree grigie” dove puoi fare cose tecnicamente illegali, purchè non dai fastidio al governo.
Se invece dai fastidio al governo, un pretesto per farti sparire si trova sempre, semplicemente grazie ad una “rigida applicazione” di quella legge che altrimenti è flessibile.
Forse molte associazioni latitano perchè (ammettiamolo, dai) da anni ridotte a succursali di alcuni partiti di governo, in particolare le associazioni studentesche dove certi fanno la gavetta.
La scintilla, eh. È proprio la scintilla il problema: abbiamo in tanti una tanica di gasolio da parte.
Noi, qui in città, nei primi mesi del lockdown abbiamo vissuto con i mitra spianati addosso. La militarizzazione era soffocante ed uscire di casa incuteva un clima di terrore a chiunque avesse coscienza di ciò che stava succedendo. Non si trattava di semplici controlli… La città era militarizzata. Ancora oggi le zone più frequentate sono sottoposte ad una presenza massiccia di mezzi militari. Ogni nostro spostamento in città doveva/ deve essere pianificato per evitare di incorrere in una facile sadica pericolosa repressione. Chiunque non si sia lasciato attanagliare nella morsa della paura del virus ha vissuto e continua a vivere nella paura di un regime autoritario dietro l’ angolo. Se ognuno di noi non accetta passivamente l’ idea che andare a fare una passeggiata all’aria aperta non sia un atto criminale, sta facendo un atto di resistenza.
Scusa eh, ma il movimento di Priorità alla Scuola non è un movimento solo cittadino. Va bene, se devi protestare sotto la Regione devi andare a Bologna, a Milano, a Torino… ma molte proteste sono organizzate nei comuni della provincia. Io stesso sto provando a fare qualcosa nella scuola dove insegno che è a diversi chilometri da Bologna. Le scuole sono veramente in tutti i comuni, basta andare lì davanti a dire la propria.
Si tratta di organizzarsi e mettersi in rete. Le proteste non devono essere per forza tutte moltitudinarie. A volte bastano due persone e un cartello. È poco? Mi sembra che in questo momento sia aria pura.
Scusami tu, ma io Priorità alla Scuola – la cui esistenza vi fa tantissimo onore, eh! – non sapevo esistesse se non grazie a questo blog, su un pezzo lanciato il 26 per il giorno stesso.
A Bologna.
Una ricerchina con DuckDuckGo suggerisce che l’organizzazione sia per passaparola e non sembra avere un sito web o una mailing list da nessuna parte.
Pare ci sia una fanpage su Facebook, ma non ho intenzione di avvicinarmi a meno di dieci metri a quella roba.
Il fulcro del mio messaggio è che “con tutto chiuso e il divieto di andare in giro, oltre che la mancanza di motivi per farlo, a chi non è uno studente e vive in luoghi isolati o in piccoli centri queste notizie semplicemente _non_ arrivano – e se arrivassero probabilmente sarebbe un deterrente il fatto che a seconda degli umori può costare fino a 600 euro allontanarsi dall’abitazione”.
Non so se sta venendo compreso.
In altri tempi magari andavo in città a sentire un piccolo concerto in un locale dei soliti e venivo a sapere che c’era da fare un po’ di rumore Lunedì prossimo.
Magari andavo in ufficio e il sindacalista di turno mi diceva di questa cosa, o il collega alla macchinetta del caffè.
Andavo in città per un aperitivo e un film e mi volantinavano.
(Tra l’altro, tutte cose che probabilmente non esisteranno mai più)
Basta “organizzarsi e mettersi in rete”, ma è precisamente questo l’impossibile nel 2021.
Mi organizzo e mi metto in rete _con chi_?
Col mio vicino che ha il fucile carico per sparare ai podisti dal terrazzo (arma che naturalmente aveva acquistato per praticare la caccia al negro)?
E no, col cartello da solo davanti a una scuola a caso non ci vado: sarebbe financo controproducente (“guardate lo scemo negazionista” e sassate).
Posso solo aspettare che si formi da qualche altra parte un nucleo di resistenza di due o più persone e me lo faccia sapere in qualche modo… e in bocca al lupo.
E sono sicurissimo che sia esattamente questo uno dei motivi reconditi della strana gestione dell'”emergenza” (che dura anni, in spregio alla definizione da dizionario) in Italia: a Marzo quando era partita una bombacarta o due si era parlato di “rischio eversione”, e Lamorgese era corsa ai ripari; è praticamente scontato che abbia suggerito a Speranza di fare tutto il possibile per isolare i singoli adottando misure illiberali con il pretesto dell’epidemia.
Protesta di Priorità alla Scuola davanti all’ufficio di Zaia, un mese fa. Mi è bastato cercare «Priorità alla scuola Veneto» e subito ho trovato la notizia.
https://www.oggitreviso.it/movimento-priorit%C3%A0-alla-scuolaveneto-si-%C3%A8-presentato-questa-mattina-davanti-allufficio-di-zaia
Uno: ora che so cosa cercare posso metterlo in un motore di ricerca e scoprire cosa Priorità Alla Scuola ha fatto in passato.
Quando lo stavano per fare non mi hanno raggiunto, ed è qui il problema; e in futuro, sarà difficile che mi raggiungano (per tempo).
Il motivo è che, banalmanete, si parla di una forma di associazione intorno alla scuola, che è forse l’unica comunità ancora esistente (flebilmente).
Se c’è un outlet dove essere aggiornati di questa ed altre iniziative, ben venga.
Comunque, vorrei cogliere l’occasione per rivolgere l’attenzione sul fatto che stasera sul TG5 è stato messo in onda un servizio in cui un “cronista” inseguiva una passeggiatrice solitaria su un lungomare, a minimo 10 metri da qualunque altra forma di vita, intimando di “mettere la mascherina!!111”.
No, scusami se questo è il livello, non ci provo nemmeno.
Stare nei movimenti vuol dire stare nelle contraddizioni, che ci piaccia o no.
1. Anche a me Facebook fa cagare (non a caso scrivo su questo blog), ma è quello che c’è. Se mi dai giornate da 36 ore magari imparo a tirar su un blog decente e a mantenerlo. Senza, mi devo adeguare non solo alle mie capacità, ma anche a quelle diffuse, per cui un movimento costituito per lo più da persone tra i 35 e i 50 anni ha Facebook e Whatsapp come punto di riferimento. Mi piace? No, mi fa vomitare, ma è una contraddizione cui devo sottostare finché non si elabora qualcosa di meglio.
2. “Mi organizzo e mi metto in rete _con chi_?”
Nessun* di noi è sol*. Mettiamocela via, perché questa è una narrazione autoassolutoria. Ieri in assemblea (online, perdio) nel bolognese eravamo in 140. A fine assemblea qualcuno ha detto “siamo pochi”. Usciamo da questa narrazione della sfiga. Non siamo pochi: siamo disorganizzat*.
3. “E no, col cartello da solo davanti a una scuola a caso non ci vado: sarebbe financo controproducente (“guardate lo scemo negazionista” e sassate)”.
… ma stai scherzando?
C’è gente che si fa lo straculo da mesi e mesi. Gente che si è fatta i presidi sotto la neve, da sola e in compagnia. Adolescenti che si son fatte la DAD d’inverno sui gradini. Ci siamo presi dei “negazionisti”, qualunque cosa significhi, ma si è sempre risposto alzando il tiro e, come si spiega nell’articolo, si sono ottenute delle cose: più tamponi, campagne vaccinali, più traporti.
Non sono un fautore dell’idea che uno solo può cambiare il mondo, mi sembra una roba da martiri, ma dell’idea che uno si possa attivare sì. Quando ho scritto l’articolo dell’1 Settembre sulla riapertura della scuola non è che avessi tante persone intorno…
Ho l’impressione che molt* persone siano in attesa del “movimento perfetto”. Ho una brutta notizia: non c’è, non esiste. I movimenti si muovono nel fango, fanno cazzate e quando va bene se ne prendono le responsabilità. Ma se vogliamo farli andare al meglio possibile bisogna starci.
> No, scusami se questo è il livello, non ci provo nemmeno.
E non provarci, che ti devo dire.
Ti sto solo dicendo (e non te ne faccio assolutamente una colpa, ma è un fatto) che la tua campagna di comunicazione non è riuscita a raggiungere me, cittadino, in tempo; nè riesco, non avendo figli ed essendo fuori dal passaparola dei genitori, a vedere un punto di riferimento, un presidio fisico o sul web dove informarmi sulle attività e dire “ciao, cosa posso fare io”.
Nè (e questo è il mio punto) ha raggiunto tanti altri come me – che magari non leggono il blog dei WM e quindi mai saranno raggiunti.
Ti puoi incazzare con me, o farci qualcosa.
> 1. Anche a me Facebook fa cagare (non a caso scrivo su questo blog), ma è quello che c’è. Se mi dai giornate da 36 ore magari imparo a tirar su un blog decente e a mantenerlo
O magari con 10 euro e tre click tiri su una pagina web o una mailing list su un provider completamente a caso.
Addirittura gratis: l’ associazione Autistici/Inventati fornisce da anni servizi e supporto gratis a tutti i movimenti purchè antifascisti e anti-brutte-cose (https://www.autistici.org/who/policy).
Per quanto mi riguarda, i GAFAM e soprattutto Facebook e la sua idea di comunicazione tra esseri umani (modulata e pilotata in modo da meglio estrarne il valore) sono _il_ problema, da cui gli altri discendono o sono amplificati.
Ti chiedo di capire che per nessuna causa _in apparenza_ superiore sono disposto a dire “sì, mi iscrivo a Facebook solo per interagire con te” (anche perchè poi il meccanismo è tale che vengono coinvolti immediatamente amici e parenti, che ci rimangono male nella vita vera se uso Facebook per intereagire con te e non con loro).
> Non siamo pochi: siamo disorganizzat*.
D’accordo, ma capisci che per un movimento che dovrebbe essere collettivo non c’è differenza tra non esistere e non essere organizzato in qualche forma anche spontanea: “qual’è il suono dell’applauso di una mano sola”?
Proprio di questo sto parlando, proprio questo è saltato, o è stato fatto saltare.
Se qualcuno c’è, batta un colpo.
Se c’è un qualche movimento (parlo in generale) che conta già tre gatti si concentri, per carità, sul raggiungere anche le altre isolette nonostante tutti i modi in cui Speranza e Lamorgese vogliono atomizzare e medicalizzare una (a-)società di consumatori e “risorse umane”.
Comunque questo ragionamento non funziona neanche con l’utilizzo di frasi ad effetto come questa:
“qual’è il suono dell’applauso di una mano sola”?
La mutilazione dei movimenti nel panorama politico è evidente ad occhio nudo ma, per rimanere nella tua metafora, non basta lamentarsi e domandare ad un mutilato di mettersi a testa in giù e camminare su due mani. Magari è più utile fare da stampella, raccogliere i cocci, ripartire da capo, senza necessariamente segnalare tutte le mancanze di chi, almeno, ci sta provando. Dalla poltrona di casa è sicuramente più facile buttare fango in giro. Puoi fare politica ovunque, se vuoi. Ma partendo dalla realtà: anche ascoltare, a volte, è fare politica. Senza soluzioni preconfezionate in tasca. Anche fare volontariato è fare politica se non si obbedisce passivamente alle logiche della carità pelosa ma si cerca di seminare nuove idee. Puoi fare volontariato ovunque, in mancanza di qualunque forma di organizzazione politica in cui puoi riconoscerti. Non esiste più un posto in cui riconoscersi. Bisogna costruirlo.
filo, santo cielo, non sto “buttando fango” (ci mancherebbe che butti fango su chi si sbatte il culo, a plv darei tutti i miei soldi e il primogenito maschio… se avessi almeno una delle due cose, si intende).
Sto dicendo che tanti di noi sono stati isolati con discreto successo, e che è difficile raggiungerci.
E che, banalmente, avere tante isolette individuali chiuse in casa che si rodono il fegato ma non riescono a venire a conoscenza di non essere soli, e dunque a condividere e organizzare, non è un movimento, ma un’epidemia di incazzatura il cui effetto sul mondo è, al massimo, in un picco delle vendite di antiacido.
È una frase più chiara e meno da manuale di self-help, detta così?
P.S.: Nell’ambiente del volontariato mi sembra, anedotticamente, di rilevare un livello inspiegabilmente sopra la media di supporto per lo status quo, ma è un discorso molto a parte.
Ciao Filo, perdonami se solo ora ti rispondo. Hai pienamente ragione sul non demandare a terzi lotte che devono necessariamente essere in primis personali (sia in una dimensione individuale che, in una forma organizzata, collettiva): tuttavia mi pare difficile pensare che si possa imporre dal basso una verità scientifica se questa è osteggiata in maniera fin troppo granitica da una comunità scientifica che utilizza politicamente il principio di “massima precauzione”. Di Galilei non ce ne sono tantissimi nella storia, mentre di Burioni che sbandierano presunti vessilli di competenza abbondano.
Leggo più in basso il flame circa le “parti della barricata”: be’ la dicotomia tra buoni e cattivi,tra preoccupati della salute e preoccupati per i soldi, assieme alla costante ricerca di uno strumentale e inerme capro espiatorio, è proprio una delle chiavi della riuscita della narrazione governativa del lockdown (il tutto cosparso con un velo di retorica davvero insopportabile). Questa divisione manichea è proprio la via più semplice per non affrontare il problema nella sua complessità e trovare la soluzione migliore (che è, non me ne voglia Ockham, nei casi complessi spesso difficile).
Tra l’altro ci sono due bug alla base rispetto alla narrazione dei chiusuristi come depositari della tutela della salute e quindi nelle vesti dei “buoni” della storia: 1) la salute non è la mera sopravvivenza biologica, ma un argomento molto più complesso che investe pienamente la sfera psicologica (la Cedu mi pare abbia dato una definizione inequivocabile a tal riguardo); 2) Allo Stato chiusurista non interessa tutelare la salute dei propri cittadini (nel caso questioni come l’Ilva di Taranto o la “Terra dei fuochi” non esisterebbero). Bensì interessa che il sistema, in primis economico, regga, perché ne va della propria sopravvivenza. Come Alzano insegna, le vite umane sono sacrificabili rispetto alla produzione. Da sempre è questa la logica capitalistica: basta andarsi a fare un giro in quello che Milo Rau ha mi pare definito “i deserti che l’Occidente lascia poco oltre i propri confini”. Ebbene anche qui nei luoghi dei (sempre più compressi) diritti umani, tale logica impera.
Mi rendo conto che sto infestando i commenti di questo post in modo indegno, ma avendo un piede nel settore non posso resistere dal dire una cosina, qui.
Non si tratta di “imporre una verità scientifica dal basso”.
Non vorrei che anni di Burioni che blasta laggente (o di virocentrismo, se vogliamo) abbiano fatto dimenticare le basi dell’epistemologia, o che un anno di onnipresenza dei virologi televisivi finisca con farli identificare con “la comunità scientifica”.
La scienza fornisce modelli che hanno sperabilmente una buona capacità predittiva.
L’ingegneria (o la medicina) li applica in mezzi che servono a perseguire determinati fini.
I fini ce li scegliamo noi – i fini collettivi li scegliamo tramite la politica, eventualmente.
Lo stato della ricerca ci dice GIÀ, per esempio, che case e luoghi di lavoro sono i primi luoghi di contagio e che l’aria aperta è sicurissima.
Ci dice GIÀ che la mortalita e le forme gravi sono prerogativa quasi esclusiva degli over 50 (sì, poi ci sono gli outlier e sono persone e non numeri, ok).
Ci dice già che ci sono tappe nello sviluppo del fanciullo che non possono essere posposte.
Ci dice già che saltare gli screening ha un certo tipo di costi.
Quello che possiamo pretendere è una POLITICA, ossia dei fini, e solo in seguito il suo ottimale perseguire con strumenti basati sull’evidenza.
Opporci, ad esempio, al socializzare le perdite arrivando a trattamenti inumani pur di preservare il profitto.
Pretendere, se vogliamo esagerare, una forma di risarcimento (socializzazione dei profitti) per chi sta pagando con anni di vita il profitto dei pochi.
Opporci a misure demagogiche e a teatrini di governo che occultano i veri problemi con ulteriori costi per la povera gente.
Combattere una narrazione distorta e strumentale.
Non serve mica “imporre verità scientifiche dal basso”.
In UK anche i giornali liberalprogressisti, dopo aver spinto in modo determinante per lo stato d’emergenza, con un anno di ritardo ora cominciano a interrogarsi sulle restrizioni alle libertà civili che – ormai è ufficiale – il governo di Boris Johnson vuole diventino permanenti e non finiscano con la fine del covid.
https://www.theguardian.com/politics/2021/feb/28/government-seeks-to-retain-lockdown-limits-on-protests
Nel frattempo qua nell’alto Adriatico stanno succedendo cose gravissime. Da maggio, dietro il paravento della lotta al covid, Lamorgese ha autorizzato ufficialmente le “riammissioni attive” di migranti verso la Slovenia, e a catena fino in Bosnia. La pratica continua tuttora, nonostante una sentenza del tribunale di Roma.
https://altreconomia.it/i-respingimenti-italiani-in-slovenia-sono-illegittimi-condannato-il-ministero-dellinterno/
La scorsa settimana all’alba ci sono state perquisizioni nelle abitazioni private de* volontar* di Linea d’ombra, l’associazione triestina che offre primo soccorso ai profughi in arrivo lungo la rotta balcanica.
https://www.meltingpot.org/Dalla-parte-di-Linea-d-Ombra-senza-se-e-senza-ma.html
Qua di rabbia ce n’è tanta, anche verso quelli che in questi mesi hanno snobbato gli allarmi lanciati da queste borderlands.
I più stupidi fra i liberalprogressisti – quelli che da noi blaterano del patentino di voto, per capirci – hanno il problema di non capire che una volta che una garanzia o un diritto viene sospeso “per un ottimo motivo” (vale a dire, “perchè ora come ora torna comodo a noi”) poi il problema è sempre quello di recuperarlo.
Almeno il Grauniad, con i suoi tempi, c’è arrivato.
Da noi su tutta la stampa è tutto ok, tutto bene, il problema semmai sono i podisti assassini – bastardi!
Qualche timida voce fuori dal coro si legge sui giornali dell’opposizione, ma penso che sia più un fare opposizione fine a se stesso, e con la Lega che entra in maggioranza mi aspetto venga meno.
Vorrei condividere – e supplicare di fare circolare – questo approfondonimento che ho trovato molto interessante – oltre ai molteplici pasticciacci giuridici, in particolare l’idea che l’obbligo perpetuo e ubiquo di mascherina, anche all’aperto e dove non v’è concreta giustificazione scientifica, sarebbe profondamente disumanizzante e spersonalizzante, dunque lesiva dei diritti umani in modo anche superiore alle fantasie della Patel sul manganello: https://www.studioscudeller.it/wp-content/uploads/2020/12/Gestione-della-pandemia-5.-Lobbligo-di-indossare-la-mascherina-ed-i-diritti-costituzionali.pdf
Un’altra lancia da spezzare per i britannici è che in UK – o almeno a Londra – hanno quantomeno avuto la dignità di tenere la gente a casa dai luoghi di lavoro prima di arrivare alla caccia al podista.
La realtà dei fatti è che, nonostante lo stato di emergenza dichiarato e imposto, in UK, molte delle lotte sul territorio, sopratutto in ambito ambientalista, sono andate avanti; ridimensionate e rallentate, certamente, ma ancora vive e in pieno fermento. [1] & [2] E non solo in UK. [3]
Ed è forse anche questo a preoccupare la ministra degli interni di Sua Maestà e a spingerla ad esaminare la possible introduzione di nuove misure legislative, possibilmente ancora più coercitive ma necessarie per contenere un crescente e sempre più generalizzato malcontento, anche e sopratutto nella “so called lower-middle class”.
Ci sarebbe anche da far notare che a spingere il governo Johnson a dare priorità alla riapertura, la settimana prossima, delle scuole, allocando fondi e fornendo un piano [4](anche se poi la logistica e l’implementazione sono affidate in toto agli istituti) è stata un opinione pubblica, formata sopratutto da questa stessa fascia sociale [5], composta da madri, padri (ma anche nonni) che stà sempre più rendendosi conto di quanto questo regime di isolamento forzato a cui stiamo sottoponendo esseri umani in una fase cruciale del loro sviluppo psico-emotivo sia estremamente pericoloso per la salute loro e per il futuro di tutti.
[1] https://drillordrop.com/2021/02/09/judge-radically-scales-back-ukog-protest-injunction/
[2] http://stophs2.org/
[3] https://rebellion.global/blog/2021/02/10/XR-unchained-48/
[4] https://assets.publishing.service.gov.uk/government/uploads/system/uploads/attachment_data/file/957943/Conditions_of_Grant_Funding.pdf
https://docs.google.com/spreadsheets/d/1IsAyHvztVXNru1SOyWu15b73xiOZIgQD/edit#gid=225269780
[5] https://yougov.co.uk/topics/politics/articles-reports/2020/10/17/prioritise-keeping-schools-and-nurseries-open-seco
“Stato di emergenza” vuol dire molte cose, proprio come “lockdown”.
Lo “stato di emergenza” britannico – non dimentichiamo che i normali ‘bobby’ nemmeno girano armati! – assomiglia alla normalità da noi, in termini di intrusività e discrezionalità delle forze dell’ordine, quantomeno nelle grandi città.
Le proteste BLM da noi forse sono state poco capite anche perchè manganellare fino a sottomissione o morte è dato come un attributo scontato delle forze dell’ordine, indipendentemente da colore e convinzione.
Nel sentire pubblico, in UK al cittadino comune sono comunque sempre implicitamente riconosciuti diritti e dignità (anche quelli che da noi vengono sarcasticamente definiti “diritto alla passeggiata” – in UK non farebbe ridere), e di converso il cittadino è molto più partecipe della propria comunità; almeno sempre nelle grandi città è più disposto a forme di organizzazione spontanea e protesta civile.
Da noi tende ad essere più un fare spallucce, ringraziare di avere un tozzo di pane anche oggi e “rispettare le regole”, anche quando sono folli, anche quando ti dicono di… vabbè, mi fermo qua, che mi stava per partire una reductio ad hitlerum paurosa.
Possiamo ridere di BoJo e immaginarlo, come Steve Bell, con la faccia al posto del culo finchè vogliamo, ma la democrazia britannica mi sembra molto, ma molto più in forma della nostra, in Parlamento ma soprattutto fuori, nelle strade e tra la gente, nella comunità.
Il che in effetti è dire molto.
Vedremo se la Patel riuscirà a trasformare l’UK in una gigantesca Diaz.
Secondo me no, non del tutto.
«Stato di emergenza vuol dire molte cose»
Perdonami se mi permetto di ribattere ma credo sia importante: lo Stato di Emergenza, anche se non è presente nella nostra costituzione, è tuttavia un meccanismo istituzionale, accettato a livello internazionale, ben definito in giurisprudenza, che riguarda e tocca direttamente i diritti umani; l’interpretazione è precisa e il suo utilizzo specifico: limitare, in caso di necessità, alcune delle libertà normalmente garantite da uno stato ai propri cittadini. Leggo che l’Italia lo ha dichiarato nel Gennaio del 2020 e recentemente prorogato fino ad Aprile 2021 a mezzo DPCM [1] (che un decreto legge sarebbe troppo sbattimento in quanto lo devi dibattere in parlamento entro 60 giorni). Ora, in questo frangente, Marzo del 2021, in Italia (come nel resto del mondo) ha senso che il diritto all’istruzione venga abolito in nome di questa emergenza? Se si perchè? In base a quali dati/evidenze? Una società che si voglia definire civile, democratica, moderna dovrebbe essere in grado di discutere con coerenza e lucidità di priorità del genere e, in caso, agire o quantomeno nominare rappresentanti, all’interno delle istituzioni, che siano in grado di fare rispettare non solo questo ma anche tutti gli altri diritti storicamente aquisiti, come appunto, quello all’istruzione e alla salute.
«la democrazia britannica mi sembra molto, ma molto più in forma della nostra» Questa affermazione (levando i “molto ma molto”) è forse vera ma (ed è un ma bello grosso) solo se hai la fortuna e il privilegio di essere bianc*, magari britannico, hai un reddito quindi accesso a servizi decenti e/o una famiglia che ti sostenga. Altrimenti, come Tuco “…you dig”.
[1] https://temi.camera.it/leg18/temi/iniziative-per-prevenire-e-contrastare-la-diffusione-del-nuovo-coronavirus.html#iniziative-per-prevenire-e-contrastare-la-diffusione-del-nuovo-coronavirus-1
A chiunque continui a credere che le proteste di esercenti e commercianti siano per forza “di destra”, consigliamo di leggere la presa di posizione di Fabio Rodda, gestore della storica Osteria dell’Orsa a Bologna, luogo la cui storia è strettamente intrecciata a quella della sinistra cittadina.
https://www.bolognatoday.it/cronaca/osteria-orsa-sfogo-polemica-tasse-covid-chiusure.html
Fin dalla prima riga fa piazza pulita del tossico cliché secondo cui la colpa di quel che sta accadendo sarebbe “del virus”.
Si però Wu Ming,non per fare polemica,ma non si possono neanche prendere delle storie di singoli e farle diventare dei teoremi politici,per quanto possa essere importante per il vostro movimento e per la sinistra bolognese questa persona non è che anche dall’altra parte non esitano storie altrettanto drammatiche di gente anch’essa di sinistra,i problemi che lui lamenta sono sacrosanti,ma sono sacrosante anche le problematiche di altri,io non ho mai detto che tutte le agitazioni degli autonomi siano di destra,ma la maggior parte,poi si può negare l’evidenza,ma non si può negare che molte di queste categorie già molto prima della pandemia soprattutto su temi come la fiscalità e la sicurezza avessero un feeling privilegiato con la desra,senza dimenticare il fatto che siamo in emilia,ed in emilia come del resto in toscana la situazione è storicamente,diversa da regioni come il triveneto e la lombardia,poi io credo che la sinistra ormai sia estinta superata al proprio interno da fenomeni come il sovranismo ed il liberismo ma queste sono teorie mie che andrebbero O.T…
Tu continui a parlare di persone e di appartenenze politiche soggettive. Noi parliamo di lotte che vengono fatte per non morire. L’esperienza che racconta Fabio Rodda vale per milioni di persone che sono state distrutte, come fa notare lui, non dal virus ma dai provvedimenti. Provvedimenti spesso inutili al fine dichiarato ma devastanti per i loro effetti sul corpo sociale. Questo stato di cose rimarrebbe vero anche se tutti coloro che lo denunciano fossero elettori della Lega (e non è così). Del resto, al Nord ci sono anche frotte di operai che votano a destra, ma quando scioperano contro un licenziamento senza giusta causa o bloccano la fabbrica perché non si rispettano le norme di sicurezza, la loro lotta è tutto fuorché di destra. Saper discernere questi due aspetti dovrebbe essere l’ABC.
no non è che mi manca l’ABC è che il mio ABC non viene riconosciuto,io riconosco la drammaticità di situazioni come questa,ma altri non riconoscono la drammaticità di situazioni sovrapponibili solo perchè sono nell’altro campo,anche lì molta gente lotta per non morire ma da molti non viene riconosciuto,non c’è dunque reciprocità,si viene etichettati come ipocondriaci e\o scansafatiche,se da ambo le parti vi fosse una maggior comprensione delle ragioni dell’altro forse si potrebbe provare ad affrontare meglio i problemi,ma la tentazione di vincere tutto senza compromessi è vecchia quanto la politica…
Dovresti prendertela con chi da un anno ci fa ripetere il “Giorno della marmotta” reiterando provvedimenti strumentali, inutili e tesi a indicare capri espiatori, non con noialtri che mostriamo l’odiosa ipocrisia di questa gestione dell’emergenza. Gestione che non tutela davvero nessuno e fa solo vivere di merda tutte quanti. Invece dal tuo primo commento in questo thread continui a parlare di due lati opposti della barricata, da una parte te e dall’altra noi.
la verità sta nel mezzo,io non lesino critiche alla gestione dell’emergenza,già ripetuto mille volte che sono contro i divieti all’aperto,che secondo me non combattono il contagio,ma sono favorevole alla chiusura dei luoghi chiusi,odiatemi pure ma io la penso così,perchè credo che ciò salvaguardi la mia salute,l’unica via per ovviare a ciò sarebbe consentire a chi non vuole entrarci un’obiezione di coscienza(lavoro),fruizione in modalità salubre con rimodulazioni di orari e consegne a domicilio laddove è possibile per altri servizi,questa per me sarebbe la vera battaglia da fare,questo è il mio pensiero,le 2 barricate non le ho inventate io,ma sono fattuali,poi una sarà più numerosa dell’altra,ma non è che quella meno numerosa non esista,poi forse ho sbagliato a parlare troppo in prima persona,ma era per fare degli esempi,però bisognerebbe anche capire che non tutti debbono pensarla allo stesso modo,sono stato troppo logorroico,certo ma se la gente mi interroga io per educazione rispondo..
Boh ci provo per l’ultima volta perché siamo ormai dalle parti del trollaggio mi sa. Tu hai letto qui, in questo thread o altrove, posizioni che dicono di “aprire i luoghi chiusi anche se c’è il rischio di infettarsi”? Se sì me lo segnali per favore?
Per capirci ancora meglio: la tua posizione è chiudere qualsiasi luogo anche se le evidenze scientifiche mostrano che non ci sono probabilità di contagio? Perché allora sì, c’è la barricata, visto che qui nella scienza si ha quel po’ di fiducia che merita. Però chiariscila meglio la tua posizione. Teatri (musei ecc) chiusi anche se ci sono tutte le misure di distanziamento?
Hieronymys è lamentato più volte del fatto che – chiaramente in discussioni avvenute altrove – qualcuno gli abbia dato dell’«ipocondriaco» e dell’«imparanoiato».
Ora, il fatto che noialtri qui non ci permettiamo mai di apostrofare qualcuno in quel modo non significa che l’accusa non abbia mai alcun fondo di verità. Effettivamente di gente che vede (e chiede di combattere) il virus soprattutto dove non c’è è piena la rete. E hai voglia a fare debunking, non basta. Sui limiti del debunking e su come andare oltre ci ho appena scritto un libro.
Ad ogni modo, sì, se una linea di frattura passa tra chi pensa che il “principio di precauzione” (inteso in una sua versione iperbolica e panfobica) possa giustificare qualunque cosa e chi invece pensa che primum vivere deinde timere, allora sì, una specie di barricata c’è. Ma va distrutta.
va bene qua la si mette sul personale seppur in maniera elegante e colta,,vi facevo più originali,tu non mi conosci personalmente,vedi io non sono mai stato apostrofato in questo modo da nessuno ne dal vivo ne online,anche perchè io di solito non parlo molto con la gente,però l’arroganza e la prepotenza degli aperturisti che accusano tutti quelli che non sono d’accordo con loro di essere o lavativi o ipocondriaci l’ho vista eccome,e la giudico come tale,vedi robydoc non ti risponderò poichè non ha più senso rimanere a discutere se le condizioni sono queste, non ha senso,se vi è preconcetto e pregiudizio,se la si mette sul personale tanto vale lasciare perdere….
Per prima cosa, «sul personale» l’hai messa tu. La primissima frase del tuo primissimo commento diceva che stai «dall’altra parte della barricata» perché hai «3 patologie concomitanti». Hai usato i fatti tuoi per sostenere, contro ogni sensatezza, che noi ti saremmo contro, e hai ossessivamente ribadito che rispetto a noi stai dall’altra parte della barricata. «Stare dall’altra parte della barricata» significa essere nemici, non esiste un altro senso. Hai usato le tue patologie per additare un nemico.
Dopodiché:
«l’arroganza e la prepotenza degli aperturisti che accusano tutti quelli che non sono d’accordo con loro di essere o lavativi o ipocondriaci l’ho vista eccome».
Aaaaah, ok, allora non parlavi di te ma di altri, tuo cuggino, qualcuno. Va bene.
Non sto nemmeno a chiederti chi siano questi “aperturisti” o “riaperturisti” di cui continui a evocare lo spauracchio proprio qui dove il cliché non funziona e dove si è fatto notare che «ri-aperture» è un termine sbagliato, dato che i luoghi più a rischio (le fabbriche) non hanno mai chiuso.
«vedi robydoc non ti risponderò, non ha senso»
Rispondere senso lo avrebbe, a rigore. È che non sai come rispondere.
«non ha più senso rimanere a discutere»
Su questo invece tendo a darti ragione, effettivamente discutere con te si è rivelato privo di senso. Direi dunque che puoi togliere il disturbo.
guarda ti rispondo solo per smentire chi dice che non so come rispondere,sulla prima domanda,da quello che ho letto io non ho mai visto dichiarazioni di quel tipo,ma non ho mai neanche detto di averle lette,poi se si vogliono aprire i luoghi chiusi, il rischio di infettarsi c’è comunque,poichè non vengono fatte quelle ricerche epidemiologiche che possano mostrare se c’è probabilità di contagio oppure no,nel dubbio la vita è meglio non rischiarla,certo se vi fossero misure di distanziamento sarebbe un altro paio di maniche,ma devono essere scientificamente certe e che la gente le rispetti altrimenti parliamo di niente,detto questo ora tolgo il disturbo così faccio contento wu ming1
Non sono contento no, perché sei il classico che si fa vedere mentre sbatte la porta tutto offeso, slam!, ma poi non se ne va, rimane lì a concionare, e infatti dopo hai commentato ancora.
Hieronymus, scusa, ma prima del 2020 hai mai avvertito la presenza di questa barricata, in cui da una parte c’è la tua salute e dall’altra c’è la salute degli altri, nonchè la loro fondamentale dignità umana – comprimibile – e l’assetto democratico stesso – dispensabile?
Se la risposta è no, ti lascio interrogare su quali siano i reali fattori intervenuti nel frattempo.
Se la risposta è sì… boh, benvenuto in un mondo che finalmente ha deciso di prendere sul serio le tue legittime preoccupazioni.
Fammi però precisare: quando dici che “la vera battaglia da fare” […] “sarebbe consentire a chi non vuole entrarci un’obiezione di coscienza(lavoro)” “fruizione in modalità salubre con rimodulazioni di orari e consegne a domicilio laddove è possibile per altri servizi”, ti chiedo:
– Ma hai notato che sono proprio i luoghi di lavoro che NON vengono chiusi? Perchè nessuno ti ha mai obbligato ad andare a giocare a biliardo, penso.
– La tua locale pizzeria da asporto ti ha mai rifiutato le consegne perchè gli stavi antipatico?
Per il resto, quanto al TUO diritto di proteggerti, direi “tante grazie”; sono più o meno i contenuti dello scritto del Prof. Frosina, qui: https://www.associazionelucacoscioni.it/notizie/blog/lockdown-solo-per-chi-ha-piu-di-60-anni
A te e a chi ancora pensa che i signori che prendono le decisioni abbiano così tanto interesse per la vita umana suggerirei anche questa lettura, fresca fresca: https://www.imperdonabili.org/2021/02/08/quante-vite-si-sarebbero-potute-salvare/
Il fact-checking è lasciato come esercizio (non posso garantire), ma può essere uno spunto interessante sul fatto che il framing del problema Covid19 in senso epidemiologico/criminologico possa aver fatto una strage, anzichè prevenirla.
Hyeronimus la cosa che è per francamente fastidiosa è l’idea, che sembra abbia anche tu, che i “chiusuristi” siano più interessati alla salute degli “aperturisti”. Fra l’altro con un non detto di tipo morale che, perdonami, più che offendere fa ridere. L’idea che ci sia uno che mi dica (a me come immagino a tutti qui) “io sono preoccupato della vita delle persone e tu no” non è cosa che possa davvero essere presa sul serio, ti pare? Va bene che ci hanno spiegato che il senso del ridicolo non ci salva da nulla ma possibile che non ci sia un limite? Possibile che tu non veda quanto il pensiero sia assurdo? Abbiamo tutti padri, madri, fratelli, figlie, compagne, amici, come diavolo si può pensare senza essere travolti dal ridicolo che si possa avere più a cuore di qualcun altro la vita e la salute? Boh, se vuoi rispondere rispondi, ma anche l’idea che “se si trasforma nel personale allora” a me pare assurda. Siamo tutti segni neri su sfondi bianchi, non so né mi interessa la tua età il tuo aspetto, chi voti così come tu non lo sai di me. Mah.
solo per chiarire,io non ho accusato voi di questo,io di questo accuso altri aperturisti,quando ho detto che stavo dall’altra parte della barricata non intendevo metterla sul personale,ma per interloquire bisogna anche dire chi si è e da dove si viene,o venire a provocare ma dire che avevamo esigenze diverse,tutto qua voi siete più preoccupati di certi aspetti della salute(psichici),io di altri (fisici),ma non ho mai detto che ve ne fregate di questi ultimi solo che in buona fede credete che siano più gravi i primi io il contrario,tutto qua al mondo esistono persone diverse con problemi diversi,
Sei francamente un illuso se pensi che non si stia facendo una mattanza anche della salute fisica delle persone.
La Gloriosa Sanità Veneta per avere una spirometria da Dicembre 2020 ti rimanda ad Agosto 2021.
Tutti gli screening e la prevenzione sono fermi al palo.
I cittadini parcheggiati in divano da un anno e almeno per altri due iniziano ad accumulare qualche problemuccio che presenterà il conto fra dieci.
L’abuso di alcool, tabacco e sostanze schizza alle stelle.
E infine la salute mentale, te l’assicuro, inficia del resto pesantemente quella fisica.
Ma del resto tu continui a credere che la dicotomia sia tra salute mentale e fisica, tra “aperturisti” e “chiusuristi”, tra “sani” e “malati” (penso che tutti arrivata a una certa età qualche patologia ce la tiriamo dietro, boh).
Ebbene, la vera dicotomia è tra salute e benessere e profitto.
E si è scelto il profitto, _pur socializzando le perdite_.
Il cittadino deve “fare sacrifici” in modo da continuare a mandare avanti le macchine, senza alcun rimborso.
Può essere vessato in qualunque modo senza alcuna remora per le conseguenze, vacca da pascolare e che docile si fa rimettere nella stalla quando viene sera.
“Siamo in guerra”, dicono – ma le logiche ordinarie di mercato e profitto permangono e risultano amplificate.
mi ero riproposto di non intervenire più,ma mi preme darti una risposta solo al primo quesito che mi hai posto,poi dopo basta e per davvero,e la risposta è in un certo senso si io ho sempre pensato che tra le persone con problemi di salute e le persone sane c’è una barricata è la storia che ce lo insegna,da che mondo è mondo,le persone con problemi di salute sono state sempre malviste e malsopportate dalla maggioranza del resto della popolazione,a volte addirittura fatte oggetto di scherno e di bullismo,d’altronde in una società fondata sulla competizione e performante non può essere che così,il covid è stata per me la prova del 9,di quello che ho sempre pensato
E quando, come accade di continuo tutti i giorni, una persona che era sana ha problemi di salute che succede, passa dall’altra parte della barricata e poi se il problema si risolve cambia di nuovo? O non sai cos’è una barricata, o usi le parole a casaccio, o semplicemente straparli. Potevi dire differenza, divario, solco, e sarebbe stato comunque discutibile ma non assurdo. Così invece è assurdo.
Questa dicotomia tra sani e malati è una scemenza. Mi verrebbe da consigliarti di leggere gli scritti (ad esempio) di Franca Ongaro Basaglia contro la medicalizzazione della vita e dell’immaginario, un processo che tra le altre cose trasforma l’essere ammalato in un’identità, proprio come in questi tuoi commenti… Ma temo non ne caveresti fuori niente, se ti tolgono ‘sta gnagnera che ti rimane?
Ma la cosa peggiore è la tua pretesa – reiterata in diversi commenti – che l’intera società rimanga in catene, e vada fuori di testa, e s’ammali pure, pur di evitare che tu ti prenda il virus. Non solo ogni idea complessa e olistica di salute va a farsi benedire sull’altare del virocentrismo, ma la salute altrui non conta niente. Tanto loro sono “i sani” (anche se s’ammalano) e stanno dall’altra parte della barricata.
mi ricollego e commento,solo per dire che rileggendo attentamente le vostre considerazioni su questo blog mi rendo conto di aver preso un abbaglio, nell’incasellarvi in un campo,quando invece sono posizioni ,anche se alcune non le condivido,che sfuggono alla dicotomia principale che vi è su questo argomento,di conseguenza ne è nata una discussione priva di senso,che probabilmente ha fatto solo perdere tempo,me ne scuso,tra l’altro non mi ero neanche accorto che l’argomento principale era la scuola,mentre io parlavo di altre cose che mi riguardano di più essendo operaio in un’azienda parastatatale e non sposato,mi dispiace ma quando sono su internet spesso sono avventato e compulsivo,saluti e buon weekend
Non è da tutti scrivere un commento così, ti fa onore.
so di andare OT ma mi premeva muovere un’appunto,che ritengo importante ribadendo che è stato un errore mio intervenire sul COVID in questo blog,ritengo che sia sbagliato dire che non esiste una divisione,frattura,solco nella società fra i sani ed i malati(cronici),c’è sempre stata,la storia ce lo insegna si pensi all’antica grecia(sparta),all’antica roma(Seneca),passando per il medio evo (Arles),fino persino all’illuminismo che applicando la dicotomia malati curabili(produttivi) ed incurabili(improduttivi),ritiene questi ultimi sono inutili(Diderot),eppoi il nazismo e la eugenetica ecc,anche oggigiorno questa frattura esiste,prima dell’avvento del covid si poteva notare nei luoghi di fatica dove sono collocati invalidi,è un fiume carsico che un po si inabissa e un po(caso covid) si palesa dire che non esiste è un po grossa,soprattutto per ch come voi si occupa attivamente di storia e di attualità
Hyeronimus, non a caso ti sei sentito in dovere di aggiungere tra parentesi: «cronici». In questo modo almeno specifichi e circoscrivi, ma anche così le tue affermazioni risultano problematiche, vanno relativizzate parecchio. «I malati» non sono un gruppo sociale, e non possono essere un’identità/appartenenza collettiva. Men che meno «i sani». Tra l’altro molta gente scopre solo dopo anni di avere una malattia cronica (malattie del sangue, celiachia, l’elenco è parecchio lungo). Soprattutto, tu quando parli dei sani parli di un potere che discrimina (infatti l’elencazione culmina col terzo reich), come se tutti coloro che non sono malati cronici di qualcosa fossero parte di un potere che discrimina e opprime. Insomma, allarghi parecchio il campo dei tuoi nemici…
A me questa cosa di hieronymus che fa dell’essere un malato cronico una questione identitaria mi pare una scemenza, l’interessato mi voglia perdonare.
Basti pensare che, sopra una certa età, lo diventiamo praticamente tutti.
Ogni volta che commento su un blog devo forse esibire la tessera sanitaria con i codici delle esenzioni per avere un’opinione?
E allora perchè non erigere una barricata tra i fan dell’heavy metal e chi non lo sopporta?
E una tra gli amanti del pandoro e del panettone?
Infine saremo soli, separati dal resto dell’umanità da almeno trenta muri, soli, in guerra con tutti tranne gli amanti del panettone a cui non piace l’heavy metal e che preferiscono la montagna al mare e…
allora io per malati cronici intendo coloro i quali hanno delle patologie per l’appunto croniche che causano delle invalidità,anche se non sempre riconosciute dagli apparati previdenziali,costoro secondo me sono gruppo sociale eccome tanto è vero che lo stato stesso lo riconosce dandogli la pensione d’invalidità che poi questa sia una miseria 287 euro(la maggioranza), che non consente di campare è la dimostrazione che vi è eccome una frattura nella società,sono i sani infatti che non vogliono pagare più tasse per aumentare le pensioni…,ed i governi di qualsiasi colore ne devono tenere conto,si fanno manifestazioni su tutto, ma questo argomento è tabù,è vera un altra cosa molti malati in una società che esalta l’efficenza e la forma fisica si vergognano del proprio essere e quindi celano la propria identità,infine questa retorica della socialità(rispondo a rinoceronte) fa un po ridere in questa società basata sull’egoismo,si è soli anche e soprattutto in mezzo alla gente,pochi saranno gli amici forse nessuno e tanti saranno quelli che ti vogliono fottere,tante volte è meglio soli che male accompagnati…
Hyeronimus, «gli invalidi sono un gruppo sociale [contrapposto a quello dei non invalidi, N.d.R.] perché prendono la pensione d’invalidità» è un ragionamento che secondo me non sta in piedi da nessun punto di vista, implica un tale numero di fallacie logiche che non saprei nemmeno da dove cominciare a esporle, per cui mi fermo qui, che ti devo dire, se vuoi andare alla guerra contro «i sani» saranno ben affari tuoi.
beh che tu voglia troncarla li lo capisco anche perchè siamo OT da un pezzo discutendo di cose che con l’argomento del post non c’entrano niente da mo,consentimi di dire però che non vedo le fallacie logiche di cui tu parli,io ho sostenuto che se gli stati riconoscono trattamenti “speciali” a diverse categorie di pazienti,significa che ne riconoscono la diversità e la specifità,rispetto al resto della popolazione sana,e quindi sono un gruppo sociale tanto è vero che ci sono anche le associazioni degli invalidi,concludendo non sono io che faccio la guerra alla società,ma è la società che la fa a quelli come me
“no non è che mi manca l’ABC è che il mio ABC non viene riconosciuto”
Tradotto: non è mai ” “colpa” mia ma sempre degli altri”
“ma altri non riconoscono la drammaticità di situazioni sovrapponibili solo perchè sono nell’altro campo”
Ma quale altro campo?…
Nel campo degli immuni al virus, senza paura e senza pudore?
“odiatemi pure ma io la penso così,perchè credo che ciò salvaguardi la mia salute”
Sai che quando parli non dai mai, mai, l’impressione di essere totalmente autoriferito. Ma proprio mai. Davvero.
“le 2 barricate non le ho inventate io,ma sono fattuali” no,in effetti, non le hai inventate tu. Non hai questo ” merito” ma è esattamente quello su cui vogliono concentrare tutte le nostre attenzioni dall’inizio della pandemia. Stai tranquillo, non hai ordito tu una comunicazione mediatica così diabolica, tu ti ci sei solo ritrovato. E vi hai aderito perfettamente.
Credo che la metafora più efficace l’abbia usata Entomowoman quando ha scritto:
“gli gnu pascolano anche se ci sono i leoni e attraversano i fiumi sfidando i coccodrilli, noi ci riprenderemo la libertà nonostante il rischio virus ”
E proprio così,rassegnati, la vita continua ad andare avanti perché il fine ultimo dell’esistenza non è la produzione capitalista. Anche se vorrebbero che uscissimo da casa solo per andare al lavoro.
Noi ci riprenderemo la libertà nonostante il rischio virus.
Alla luce dei precedenti ho un po’ esitato a intervenire, ma penso che la metafora che definisci “efficace” non funzioni e sia anzi molto problematica.
Che fenomeno si osserva quando si vedono gli gnu pascolare tranquillamente anche in presenza di leoni e coccodrilli? Un “soggetto” che “continua a vivere” nonostante una “minaccia”? No. E’ semplicemente un equilibrio (molto precario) tra popolazioni di specie diverse che si sono coevolute nello stesso ecosistema. E uno dei “prodotti” di questa coevoluzione è che il meccanismo di difesa dello gnu si attiva solo nel momento in cui la minaccia effettivamente *c’è* perché il leone parte all’inseguimento o il coccodrillo sbuca dall’acqua.
Anche esseri umani e agenti patogeni da zoonosi si sono coevoluti nello stesso ecosistema. Ma c’è una differenza. Questo ecosistema, basato su modifica radicale del paesaggio e domesticazione di specie animali e vegetali (il che ha aumentato esponenzialmente le chance di contatto stretto tra Homo Sapiens e altre specie) è un prodotto dell’attività umana. La risposta alla “minaccia”, quindi, in linea di principio la dobbiamo trovare noi.
Infatti applicare i principi dell’evoluzione naturale (selezione di tratti adattativi attraverso dinamiche di popolazione in un ecosistema in cambiamento) alle dinamiche umane, se ci fai caso, è la definizione stessa di darwinismo sociale!
Sarà anche una metafora, ma il “collegamento” tra ambiti della realtà che la fa funzionare come tale (e che quindi, presumibilmente, la rende “efficace”) è precisamente quella roba lì, a prescindere dalle intenzioni di chi ha proposto e rilanciato la metafora. Il senso del mio discorso è che dobbiamo fare molta attenzione alle metafore che usiamo, se non vogliamo che queste metafore ci mettano di fatto in bocca cosa che non ci sogneremmo mai neppure di pensare.
Uhm, caspita, hai esitato tanto per accusare “qualcuno” di darwinismo sociale a sproposito?… Magari potevi esitare ancora un po’…
“Infatti applicare i principi dell’evoluzione naturale (selezione di tratti adattativi attraverso dinamiche di popolazione in un ecosistema in cambiamento) alle dinamiche umane, se ci fai caso, è la definizione stessa di darwinismo sociale!” Questa frase non ha senso perché l’esito del tuo ragionamento è quello di definire il darwinismo, nonostante le tue stesse premesse, come un fenomeno non di adattamento della specie ma di sopravvivenza del più forte. Cioè questo è ciò che vorresti attribuirmi, forzando il tuo stesso ragionamento.
Il senso evidente della frase “gli gnu pascolano anche se ci sono i leoni e attraversano i fiumi sfidando i coccodrilli” non è affatto quello di sostenere che il più forte comunque vincerà sul più debole e che quindi, per questo, la vita continua senza che la minaccia possa essere arginata solo perché l’esito dello ” scontro” è già determinato in termini di rapporti di forza. Anzi. Il senso della frase è quello di attribuire all’esistenza una dimensione di convivenza con il rischio, perché il “rischio zero’, a prescindere dalla metafora etologica e dalla sua interpretazione, NON ESISTE. E, forse, imparare a convivere con questa consapevolezza e con questa cruda realtà, senza smanie di onnipotenza, può riportarci ad un’esistenza in cui l’ ordine delle priorità acquista un senso. In termini di vita e non solo in termini di conservazione e sopravvivenza.
Non mi pare di aver “accusato” nessuno. Ho solo detto che secondo me quella metafora ha delle implicazioni di un certo tipo “a prescindere dalle intenzioni di chi la propone e la rilancia” (testuali parole). Se ho esitato, era proprio perché, sulla base dei precedenti, immaginavo il tono della tua risposta. E a quanto pare non mi sbagliavo! :-D
Non mi pare neppure che l’esito del mio ragionamento sia quello di definire il darwinismo come “sopravvivenza del più forte”. Ho parlato esplicitamente di dinamiche di popolazione e coevoluzione.
Il darwinismo sociale, quello sì, si traduce nell’idea della “sopravvivenza del più forte”, ma si tratta di una conseguenza dell’applicazione del concetto di selezione naturale ad un ambito, quello sociale, in cui quel concetto proprio non funziona.
Che è poi il motivo per cui trovo la metafora inadeguata e problematica. Il sistema cognitivo dello gnu individua nel leone e nel coccodrillo una “minaccia” solo quando questi animali attaccano, e questo meccanismo è il prodotto della coevoluzione di quelle specie nel loro ecosistema.
Il punto sostanziale è che buona parte delle “minacce” e dei “rischi” che dobbiamo affrontare come umani (e le pandemie da zoonosi sono un esempio ricorrente e rilevante) sono conseguenza del nostro intervento attivo sull’ambiente e della relativa creazione di una nicchia antropizzata, che ci pone dei problemi per cui l’evoluzione naturale non ci ha fornito delle soluzioni (i tempi dell’evoluzione naturale non tengono neppure alla lontana il passo con la rapidità dei cambiamenti all’interno di quella nicchia).
Le soluzioni, quindi, le dobbiamo trovare noi, sfruttando l’unico strumento di cui l’evoluzione ci ha dotati in quel senso: la malleabilità e la flessibilità del nostro sistema cognitivo.
E’ chiaro che il “rischio zero” non esiste. Il problema della metafora è che interpreta in modo errato il concetto di “rischio”, prendendo come esempio un equilibrio coevolutivo che può prodursi spontaneamente nel mondo naturale, su tempi estremamente prolungati, *ma non in quello sociale e umano*.
Se vogliamo che il rapporto tra virus di origine zoonotica, popolazione umana e mantenimento (e magari miglioramento…) di strutture sociali complesse raggiunga un equilibrio (per cui il Covid-19 diventa endemico, ad esempio) dobbiamo *fare qualcosa*. La convivenza con il rischio non può essere passiva.
Che penso poi sia una conclusione ovvia per tutti (almeno qui). Il problema con la metafora è che tende ad annacquare la conclusione… di nuovo, *a prescindere dalle intenzioni di chi la usa*.
“sulla base dei precedenti, immaginavo il tono della tua risposta.”
Fai riferimento a ” precedenti”, facendo illazioni ed, ovviamente, nascondendo la mano. Questo è un commento gratuitamente provocatorio. È una tecnica da aggressivo passivo. Te lo dico in maniera molto esplicita.
” Il darwinismo sociale, quello sì, si traduce nell’idea della “sopravvivenza del più forte”,
questa infatti è la tua accusa, camuffata da ragionamento etologico, mitigata da una presunzione di buona fede della tua, suo malgrado, ” controparte”. Utilizzi un argomento abbastanza pretestuoso e con un “tono” noiosamente sussiegoso.
“Il sistema cognitivo dello gnu individua nel leone e nel coccodrillo una “minaccia” solo quando questi animali attaccano”
Alcuni animali, infatti, non hanno capacità di previsione e pianificazione del futuro e non possono vivere fuggendo, per non disperdere energie. Noi invece, pur essendo animali con un connaturato istinto di sopravvivenza, avremmo dovuto evitare di trovarci faccia a faccia col pericolo, visto che è la conseguenza logica non solo delle nostre azioni individuali ma principalmente di un sistema economico. Forse qui entra in gioco tutto ciò che riguarda l’innato e l’ appreso, la natura e la cultura. Non era sulla “tempestività” della risposta alla minaccia che si basava il paragone etologico. Ma sulla falsità del rischio zero.
“Il punto sostanziale è che buona parte delle “minacce” e dei “rischi” che dobbiamo affrontare come umani […]sono conseguenza del nostro intervento attivo sull’ambiente”
stai dicendo una cosa banalmente scontata per chi frequenta Giap. Ed è per questo che le conclusioni che mi attribuisci sono frutto di una tua distorta elucubrazione. Stiamo discutendo di questo da un anno esatto. Cioè dell’inadeguatezza della risposta adottata, proprio in rapporto alle responsabilità del sistema capitalista di sfruttamento. Di come le responsabilità sono state scaricate sui singoli. Era di questo, se non sbaglio, che stavamo parlando e non “solo” di coevoluzione” o di etologia in senso stretto.
“Il problema con la metafora è che tende ad annacquare la conclusione…” il problema è che hai letto nella metafora quello che volevi leggere, ciò che hai estrapolato/ travisato tu da un appiglio in maniera astratta, cervellotica e campata per aria. Se a te non dispiace, la chiudiamo qui. Credo che non interessi a nessuno e che non abbiamo più niente da chiarire.
Immagina una situazione di questo tipo.
Qualcuno usa la parola “ambaradan” per indicare una situazione caotica e fuori controllo. L’interlocutore, gentilmente, gli fa notare che forse è meglio evitare quella parola perché, a prescindere dalle intenzioni e dalla coscienza di chi la usa (magari una persona da tutti gli altri punti di vista sensibile ai crimini del colonialismo italiano), ha delle implicazioni discutibili.
Siccome io non ho fatto altro che questo, ossia mostrare le implicazioni sgradevoli di una metafora, e tu hai reagito come hai reagito, provo a trasporre la tua reazione alla situazione immaginaria di cui sopra.
La reazione sarebbe qualcosa del tipo: “ma come ti permetti a fare illazioni del genere? Non sono razzista, il mio anticolonialismo è indiscutibile!”… ecc.
Il punto non è quello, ovviamente, ma mi rendo conto che con chi non è disposto ad ammettere neppure di aver usato una parola (o una metafora, in questo caso) un attimo a sproposito è un po’ difficile condividere un ragionamento. Scattano subito le difese – inutilmente visto che non c’è nessuna accusa.
Buona domenica e buon tutto.
Ciao compagni WM e Plv. Penso che accostare quell’immagine a questi eventi banalizzi le torture a Abu Ghraib* e il concetto stesso di tortura. Penso che l’accostamento non sia ammissibile nemmeno come esagerazione. Ci sono ragioni storiche e politiche perché la banalizzazione andrebbe evitata. Plv queste cose le sa sicuramente meglio di me visto che la storia la insegna.
Se riconoscete l’errore e date un valore politico alla rettifica, vi chiederei di togliere l’immagine e trovarne una più adatta.
Alla prossima.
* che non è Guantánamo. Il nome del file dell’immagine però è corretto. N.B.: aggiungo questa nota speciosa perché c’è il limite minimo di battute a 550 e chiedete di non aggiungere testo ridondante.
Caro diorama, io la Storia non la insegno, ma mi sembra che qui pur di fare demagogia e mettere su il teatrino diversivo sceneggiato da Conte e Casalino si stiano invece torturando diverse fasce della popolazione in misura diversa.
La tortura non è solo fisica: isolamento, deprivazione sensoriale, terrore psicologico, disumanizzazione sono considerati mezzi di tortura psicologica.
Alcuni alunni con bisogni speciali, per dire una categoria che fa sempre effetto, diciamo la combo autistico + sordo, ecco, dopo un anno di populismo sanitario e con la promessa di una prosecuzione eterna del medesimo, questi credo stiano provando più o meno le sensazioni dei poveretti di Abu Ghraib.
E ne usciranno con l’esistenza distrutta, mentre piovono i like delle Bimbedigonde.
Non-è-proprio-la-stessa-cosa e l’immagine è provocatoria, ma secondo me funziona benissimo nel sottolineare le similitudini, pure nelle differenze.
La mia personale opinione, ovviamente, non di WM.
Ciao Diorama, non avevo colto profondamente il senso dell’ immagine prima della tua segnalazione. Sicuramente un giusto spunto di riflessione. Ma, come diceva anche Rinoceronte, si deve rimanere nel campo della metafora. È da intendersi solo così l’utilizzo di questa immagine che voleva provocatoriamente, forse, suggerire l’idea della tortura. La distanza fra la tortura vera e ciò che stiamo vivendo è una distanza siderale ma questo è uno stato di vessazione largamente diffuso fra la popolazione più fragile e incredibilmente dilatato nel tempo. Non è escluso che non possa produrre conseguenze psicologiche traumatiche. Il lockdown di marzo italiano è stato uno spartiacque nella vita di molti di noi, fra il prima ed il dopo. Nessuno di noi avrebbe mai immaginato di dovere rendere conto dei suoi spostamenti a qualcuno. Arcuri è stato ” gentilmente” rimosso, al suo posto è stato piazzato, non a caso, un alto funzionario dell’esercito. Anche solo in termini simbolici, questo è un passaggio di una gravità incommensurabile che, forse, suggella nei fatti la militarizzazione introdotta un anno fa nelle nostre vite. A me forse non sembra una tortura ma è sicuramente un incubo. E, per estensione, la tortura è il peggiore degli incubi.
Vorrei prevenire il pensiero di qualcuno che leggesse filo e se ne uscisse con “ma lo fa anche la Danimarca, e mica è uno stato di polizia”: sì, anche in altri Paesi, e in varia misura, si sono applicate misure restrittive. Misure anche del tipo “chiudiamo i luoghi di lavoro, chiudiamo i cinema, al limite anche i bar”.
Non mi risulta tuttavia che abbia pari il livello di accanimento sulla libertà personale che si è visto e si continua a vedere in Italia, sulla moratoria di ogni forma di gioia anche innocua, e soprattutto sulla medicalizzazione dell’esistenza dei piccolissimi, in tenerissima età gettati in una distopìa germofobica in cui sono addestrati a temere gli amichetti come potenziali untori (fino a livelli comici: i figli di un collega, “fortunati” abbastanza da poter andare a scuola, devono tuttavia usare le pinzette per manipolare i regoli colorati; il figlio di una collega non può portare i lavoretti a casa, chiusi in un armadio e presumibilmente distrutti alla fine dell’anno, perchè rappresentano un pericolo per la salute pubblica).
Filo, tu dici “non è escluso”, ma c’è ampia evidenza che in luoghi molto più normali la salute mentale di molti stia iniziando a cedere, mi sembra estremamente probabile un’ecatombe silenziosa in corso qui da noi, soprattutto in certe realtà.
Solo non riceve la stessa attenzione mediatica di paesi senza la nostra stigma sul disagio mentale (anche perchè da noi i virologi monopolizzano i titoli, nonostante i “richiami” di Draghi, LOL).
L’anedottica non è dati, ma io dalla mia ho visto tre amici con problemi pregressi, che nel 2019 stavano bene abbastanza, crollare completamente, ecco.
Lungi da me entrare in una questione di sensibilità. E lungi da me anche fare classifiche di banalizzazione, per quanto voglia sperare tu non abbia apostrofato nessuno col termine “negazionista” da quando è iniziata la pandemia, altrimenti andrebbe chiesta un’opinione a chi ha perso qualche parente nei lager nazisti.
Mi limito perciò a ricordare che la gestione italica della pandemia è inziata con la “misteriosa” morte di alcuni carcerati, ormai passata in cavalleria. Quindi si può certamente dire che quell’immagine specifica non c’entri un cazzo, ma che stoni nel contesto perfino come esagerazione, francamente, mi pare una tesi discutibile.
@ Diormana: «Penso che accostare quell’immagine a questi eventi banalizzi le torture a Abu Ghraib* e il concetto stesso di tortura »
Una critica che ci può anche stare; ricordiamoci però che non siamo “a casa” di un gruppo di provocatori dell’ultima ora. Se si riesce a cogliere il riferimento culturale, come hai fatto tu, prima/invece di criticarne l’utilizzo forse si potrebbe ammettere che una delle proprietà principali, intrinseche di quest’immagine è un certo pathos o se si vuole la capacità di trasmettere l’idea di un agitazione interiore. Ricordiamoci che quegli scatti, che fecero il giro del mondo, alla fine, servirono forse più da piattaforma di lancio del secondo mandato per Bush & friends che da “specchio” nel quale una società assetata di ordine/decoro/giustizia avrebbe dovuto guardarsi e riflettere.
Siete stati voi Wu Ming con la vostra immagine irrispettosa della tortura!
L’Italia è in lockdown per la vostra immagine, Wu Ming!
Se le zone colorate non funzionano è colpa della vostra immagine.
Se hanno preso a calci in culo Arcuri è colpa vostra, che avete criticato i banchi a rotelle, Wu Ming.
Ci sono stati 90mila morti di Covid (e almeno altri 30mila quasi certamente correlati ai disservizi sanitari causati dai provvedimenti anti-COvid ndr) per la vostra immagine blasfema, eretica, disgustosa!
La covid va in giro perché voi non siete rispettosi e contriti Wu Ming!
Vergognatevi, pentitevi, chiedete scusa! Ai morti ad Abu Grahib, a tutto!
#ilmegliodeveancoravenire (ma sta arrivando!)
Ciao AlexJC, a proposito di
“e almeno altri 30mila quasi certamente correlati ai disservizi sanitari causati dai provvedimenti anti-COvid ndr”
hai qualche documento a supporto?
Penso che il dato che riporti sia verosimile, ma non ho trovato nessun articolo in proposito, come nessun articolo racconta di quelli che in primavera hanno fatto delle visite mediche e si sono ritrovati con il covid.
I centri di maggior contagi sono stati gli ospedali e le residenze per anziani ma mai un accenno critico, invece le scuole sono state da un anno a questa parte descritte come fonti di contagi. Sto diventando piuttosto intollerante verso tutte queste restrizioni.
In realtà di articoli ne sono usciti parecchi anche sul mainstream, è un dato che non è in discussione:
https://www.fanpage.it/attualita/in-italia-30mila-morti-in-piu-nel-2020-malattie-trascurate-a-causa-del-covid/
https://www.corriere.it/cronache/21_gennaio_20/mistero-30mila-morti-piu-che-non-sono-attribuiti-covid-82b9e0ca-5a99-11eb-89c7-29891efac2a7.shtml
https://www.liberoquotidiano.it/news/italia/25942634/coronavirus-30mila-morti-piu-italia-2020-non-per-covid-dato-sconcertante-ipotesi-cosa-c-e-dietro.html
https://www.rainews.it/dl/rainews/articoli/Ordine-medici-Nel-2020-30-mila-morti-in-piu-in-Italia-per-malattie-trascurate-202ecafd-2801-4651-b72f-5a70b20e495e.html
Del resto quando anche Ricciardi si lascia sfuggire in diretta su Rai3 che ad Agosto registravano un 10% di morti in più per infarti e ictus (che sono la prima causa di morte) di che cifre pensavano stesse parlando?
Ma la vera mattanza si vedrà quest’anno, credo che intorno a settembre cominceremo ad avere un’idea del disastro che abbiamo combinato… non è per fare la cassandra, ma basta vedere quanti morti avevamo evitato con le campagne degli screening negli ultimi anni per averne un’idea. O poi magari non muore nessuno, anzi non muore più nessuno e sono il primo ad esserne contento! (Fra le altre cose sto aspettando da sei mesi i controlli rimandati causa covid della medicina sul lavoro… ah, che bello poter dire che mi avanzano 100 euro per andarmi a fare uno screening nel privato).
Ricordatevi di non linkare direttamente i siti dei giornali ma di passare attraverso https://archive.vn/
Quei siti sono pieni zeppi di cookie, marchingegni sniffatori di dati, pubblicità e svariato tossicume, noi cerchiamo di mantenere la navigazione su e da Giap il più possibile igienica.
Quí in Galizia le scuole non hanno mai chiuso: mía moglie é professoressa di educazione física e sí sta facendo un mazzo cosí, tanto per sviluppare un programma compatibile con le restrizioni covid che per decodificare le varíe circolari locali con indicazioni spesso in contrasto tra loro.
Io continuo a portare mía figlia al nido e al parco il pomeriggio e sí, ingressi scaglionati, test di massa, limitazioni alle aree comuni, gel e mascherine onnipresenti ma se non é scoppiato l’apocalisse (pur con tutti i casini combinati dalla gestione spagnola della pandemia) allora la mía limitata esperienza empirica mi suggerisce che forse le scuole non siano questi gran focolai.
In effetti, a parte l’italia, quali altri paesi europei hanno tenuto (o ancora tengono) le scuole chiuse?
Nel frattempo la “normalità” è arrivata. La parola “emergenza” non mi pare si senta più, le “strette” non si fanno per salvare qualcosa di indefinito (il Natale, l’estate, la pasqua), ma sono meccanismi automatici al quale ci si è abituati, nessuno parla più del coprifuoco, la conta dei morti è senza pathos, non è il caso di fare distinzioni tra contagiati, passa l’incredibile idea che essere sintomatici o asintomatici sia uguale in termini di contagiosità pure tra menti insospettabili (‘nsomma, qualche cretinata l’avevano già detta).
E purtroppo si continua a rappresentare una barricata un cui da una parte ci sono quelli preoccupati dalla vita quotidiana e dall’altra quelli preoccupati dal virus, non si riesce proprio a sradicare l’idea che non c’entra un cazzo la chiusura col contrasto al virus. Ha ragione credo plv, siamo disorganizzati e non isolati, ma mi pare che invece di orientarci per l’organizzazione quale che sia, si speri nelle azioni di gruppi ristretti, forse dei singoli come paventa rinoceronte. Questo rimane un blog di scrittori ma insomma cominciare a identificare qualche azione organizzata – oltre a priorità alla scuola, che speriamo tutti si rafforzi – forse vale la pena. Non so, PaP e Rifondazione come stanno messi? Qualcuno ne sa qualcosa?
L’associazione Coscioni (un tempo ascoltata almeno occasionalmente nei salotti della sinistra di governo, ora covo di pericolosi negazionisti) ha battuto più di qualche colpo.
Bolognetti, provato da altri venti scioperi della fame in tre mesi, si è rassegnato a portare una semplice fascia al braccio.
https://www.associazionelucacoscioni.it/notizie/blog/lockdown-solo-per-chi-ha-piu-di-60-anni#de34c2a
https://www.associazionelucacoscioni.it/notizie/blog/bolognetti-da-oggi-indossero-una-fascia-nera-al-braccio-in-segno-di-lutto
Mi sarei aspettato che i Radicali alzassero una bandierina, ma vedo un certo silenzio e molto business as usual.
PaP sembra avere riciclato gli slogan del 2011 — ottimi, eh, ma questavolta mancano il bersaglio: il problema non è limitato alle multinazionali che “lucrano sul vaccino” e non mi pare che “socializzare i brevetti” sia la soluzione.
Primo, dare per buono che la soluzione sia esclusivamente tecnologica mi sembra che puzzi di TINA.
Secondo, non affronta il problema dell’emergenza democratica e dell’l’inutile stato di polizia che si è eretto in brevissimo tempo, della totale mancanza di rispetto per la qualità e il significato della vita dell’individuo, problema se vogliamo ancora maggiore della macelleria messicana sociale che si sta facendo e si farà allo scadere del blocco dei licenziamenti.
Mi sa che qualcuno avrebbe bisogno di leggere Kurt Vonnegut e guardare Brazil di Terry Gillam.
Rinoceronte, vorrei esprimerti tutta la mia solidarietà. Anch’io mi sento isolata e incapace di unirmi alle (poche) proteste, di cui di solito vengo a conoscenza solo dopo che sono già avvenute. Eppure vivo a Milano, quindi, almeno in teoria, le piazze dovrebbero essermi accessibili. Certo, è colpa mia, perché non ho alle spalle un’esperienza di attivismo e in tutta la mia vita ho partecipato a una sola manifestazione. Fino all’anno scorso facevo un po’ di volontariato, ma da parte delle associazioni con cui ho contatti ho visto lo stesso atteggiamento della (quasi?) totalità della sinistra italiana: accettazione acritica dei criteri con cui è stata affrontata l’emergenza, e in particolare della retorica della sicurezza: quella stessa retorica della sicurezza che, se rivolta da un Salvini contro migranti e rifugiati, ci fa giustamente indignare. Quindi: io sono pronta a riconoscermi colpevole di scarso attivismo. Sicuramente ho sbagliato a non manifestare, negli anni passati. Ho sempre messo al primo posto il dovere di studiare e il dovere di lavorare, e non nascondo che provo antipatia verso un certo modo di interpretare la manifestazione e l’occupazione, di cui ho fatto una deludente esperienza all’Università: una scusa per far caciara urlando slogan di cui non si è neanche compreso il senso. Ecco, ora non odiatemi: come ho già scritto, ho sbagliato. Nel corso dell’ultimo anno ho capito che manifestare è importante. Però davvero: com’è che si fa ad organizzarsi? Come si fa a trovare persone che la pensino come noi? Personalmente, penso che si dovrebbe contestare radicalmente tutto il modo in cui è stata affrontata l’emergenza, e penso che si potrebbe cominciare da un semplicissimo ed evidentissimo atto: rifiutarsi di indossare le mascherine all’aperto. Quindi anche quando si manifesta. La mascherina è negazione del volto, dell’umanità, della capacità espressiva di una persona. È negazione della persona stessa. La subordinazione di ogni aspetto della vita al criterio securitario è negazione della vita stessa. Dove trovo gente che contesti così a fondo lo status quo, ovviamente senza sfociare in trumpismi e complottismi vari? Vi prego: se ci siete, rispondetemi.
Cara fvacc – sì.
È vero che negli anni scorsi si è fatta tanta caciara che ha finito poi per essere cooptata dai soggetti sbagliati (mai come i re dell’astroturfing del M5S hanno saputo mangiarsi gli ex manifestanti del Popolo Viola un’eternità fa).
Mi dispiace dirlo apertamente, ma financo diverse (NON TUTTE!) realtà di “sinistra universitaria” sono da anni un feudo dei partiti di governo e dei ragazzi più “cool”, e si sprecano soprattutto a consolidare il proprio stesso potere sul solco dei fratelli maggiori.
La carriera politica dello stesso Speranza inizia lì.
Per robydoc, riscontro qualcun altro che sembra avere un occhio aperto: https://www.asceonlus.org/spettacolo-dellemergenza-e-catastrofe-sanitaria-un-anno-di-narrazione-mediatica-del-covid-19-unintroduzione/
Forse sarebbe il caso di censire tutte queste realtà trasversali e cercare di metterle in rete?
Da hacktivist (brr) anni ’90, la mia prima idea sarebbe di raccogliere i tanti punti evidenziati, fare una mailing list e invitare al confronto tutte le realtà che hanno lanciato un “palloncino”.
Per la storia della mascherina all’aperto (attenzione: restiamo ben disposti a metterla quando iniziamo una lunga interazione con un estraneo, specie se anziano – una buona idea anche in tempi normali durante la stagione influenzale), forse vuoi leggere qui: https://www.studioscudeller.it/wp-content/uploads/2020/12/Gestione-della-pandemia-5.-Lobbligo-di-indossare-la-mascherina-ed-i-diritti-costituzionali.pdf
IANAL, ma parrebbero esserci buoni profili per contestare eventuali multe, assumendo una giustizia realmente indipendente (prima di darlo per scontato farei un veloce ripasso sui processi di Genova)
C’è un corpus crescente di evidenza che metterebbe in discussione la proporzionalità di un simile folle provvedimento:
https://www.medrxiv.org/content/10.1101/2020.09.04.20188417v2.full.pdf
(La ciliegina: “the [BLM] protests were either associated with no effect, or a reduction in the growth of COVID-19 cases”)
Perfino Repubblica, tra una foto alle strade col tele da 800 e l’altra, riporta uno studio “i [cui risultati] dicono, infatti, che in ambiente esterno le particelle infette non sono rilevabili.”
https://www.repubblica.it/scienze/2021/01/12/news/ora_si_potra_avvistare_il_covid_nell_aria-282183617/
Faccio una postilla alla mia, e scusate se sembro un logorroico (dopo questa basta, promesso): il problema evidente di organizzare cose del genere a forza di mailing list, peraltro, è il rischio altissimo di infiltrazione da parte della DIGOS di turno.
Dovrebbe quantomeno funzionare a invito ed essere bootstrappata da un soggetto fidato.
Incontrarsi tra corpi di carne – o almeno tra identità digitali di corpi di carne che già si conoscono – serve, eccome se serve: purtroppo la rivoluzione non si fa su Zoom.
Non è un caso, credo, se è intorno alle scuole e alle famiglie che si stanno formando i movimenti più forti e rumorosi.
Caro Rinoceronte, grazie per le tue risposte. Cerco di replicare in modo ordinato.
1. Riguardo alle realtà di “sinistra universitaria”, sì, probabilmente la mia cattiva impressione del passato risale proprio ai contatti con quel tipo di realtà, in cui è un po’ difficile inserirsi se si è secchioni, o insicuri, o entrambe le cose. Perché avrei voluto tanto avvicinarmi a loro, eppure non ce la facevo: troppo secchiona io per saltare le lezioni, troppo aggressivi loro per valutare il punto di vista di una come me.
2. Per mappare alcune realtà che cercano di contrastare la disinformazione dominante, vorrei segnalare a chi non li conoscesse http://www.radiocora.it/news o “Io m’arzo” (quest’ultimo, purtorppo, solo su facebook). A me sembrano interessanti e non ho colto trumpismi complottardi in ciò che scrivono, ma valuti chi ha più esperienza.
3. A proposito del fatto che i movimenti più forti si stanno formando intorno alle scuole, ieri sulla metro qualcuno mi ha dato un volantino che invitava a manifestare per la riapertura delle scuole a Milano, sotto al palazzo della Regione, oggi 8 marzo. Dal volantino non si capiva chi fosse a organizzare: dallo stile, si intuiva un gruppo di genitori, forse cattolici. Non amo molto i cattolici (e le associazioni religiose in generale), ma sempre meglio di leghisti e simili, mi sono detta. Quindi sono andata. È stato bello. Si è parlato di diritto all’istruzione, ma soprattutto all’inclusione e alla socialità. Si è urlato, anche, senza violenza. C’erano tanti bambini. Non ho ancora capito se i gruppi di genitori che hanno organizzato sono cattolici, ma a questo punto, forse, non mi importa davvero saperlo.
4. Riguardo al documento sull’obbligo di indossare la mascherina e i diritti costituzionali: ti ringrazio, l’avevo già letto partendo da un link postato in qualche commento precedente. È confortante vedere che esistono critiche all’uso delle mascherine anche da parte di esseri umani pensanti (e non solo da trumpisti invasati).
Speriamo di poter proseguire questo scambio e costruire qualcosa. Non siamo soli.
In questi giorni Repubblica si è lanciata, com’era prevedibile, a sbandierare i dati delle infezioni tra i minorenni in età scolare. Gli “chansonnières de régime” devono coprire la scelta di chiudere solo le scuole e nessun luogo di lavoro fatta da governo e governatori. Nella foga hanno rilanciato anche una ricerca fatta dall’Università del Lazio Meridionale, che riguarda la percentuale di rischio di contagio in un’aula scolastica con un* prof positiv* al covid che fa lezione. Il calcolo è stato fatto tramite un modello statistico detto Airborne Infection Risk Calculator, che nella mia ignoranza non saprei dire se sia una supercazzola o se abbia qualche valore probatorio.
Il modello prevede un’aula di 50mq con 20 studenti (teniamo a mente questi due dati) e un* prof positiv* al covid che fa lezione per 2 ore su 5 ore di permanenza degli studenti in aula:
Si parte dalla tipica situazione pre-pandemica: prof che parla a voce alta, nessuno indossa le mascherine, finestre chiuse.
Rischio individuale di contagio 14,1%.
Già se tutti indossano la comune mascherina chirurgica (sempre tenendo le finestre chiuse), la percentuale si dimezza: 7,3%. Ma è ancora alta.
Se il/la prof parla in un microfono, anche senza che nessuno indossi la mascherina e senza aprire le finestre il rischio di contagio scende al 2,6%.
E scende ancora di più se tutti si mettono la mascherina chirurgica e si tengono le finestre aperte (andiamo incontro alla primavera): 2,2%.
Se poi gli studenti venissero riforniti di mascherine ffp2, anche con le finestre chiuse la percentuale crollerebbe all’1,5%.
Prof microfonat*, comune mascherina chirurgica per tutti e finestre aperte 10 m ogni ora: 0,8%.
Se poi, oltre al/la prof microfonat*, le mascherine sono ffp2 e le finestre sempre aperte si rasenta il rischio zero: 0,1%.
Insomma, stando a questo studio, con spazi adeguati, classi non superiori a 20 studenti, microfono e mascherine, mantenendo areati i locali, la didattica in presenza sarebbe a rischio bassissimo. Come dice PaS, basterebbe volerci investire tempo e denaro, invece di usarla come paravento per non chiudere i luoghi di lavoro.
Sarebbe interessante usare lo stesso modello statistico per vagliare il caso di uno studente o una studentessa positivi al covid. Sbaglierò ma, considerando che finché andavano in aula portavano sempre la mascherina, non avevano necessità di parlare a voce alta e non si toccavano, ho il presentimento che le percentuali di rischio sarebbero ancora più basse. Chissà.
Concordo con le tue interpretazioni.
Purtroppo temo che nessuno, e specialmente da noi, prenda decisioni “logiche” basate sulla sequenza “applico lo stato dell’arte della scienza e della modellistica, vedo cosa succede, poi aggiorno la modellistica sulla base dei nuovi dati oggettivi e la riapplico”.
Mi sembra che da subito ci siano stati soprattutto decisori politici che oltre agli aspetti tecnici hanno sempre tenuto in gran conto:
– ragioni di opportunità politica (certe fabbriche non le chiudiamo, certi altri settori invece sì);
– ragioni di sfiducia / paternalismo nei confronti dell’Italiano medio (le mascherine all’aperto non servono, però mettetele, va, che mostriamo rispetto verso gli altri e “diamo un segnale”);
– ragioni di visibilità del singolo amministratore / accondiscendenza nei confronti dell’opinione pubblica (dalle mie parti si mormora di un amministratore che, dopo che l’arpa ha scritto nero su bianco che la sanificazione delle strade fosse non solo inutile ma anche molto inquinante, ha proposto di lavare “almeno” le strade con l’acqua e sapone per “far vedere” di fare qualcosa e “dare un segnale” anche lì). Questo punto è particolarmente dannoso dal momento che l’opinione pubblica si è formata in gran parte sui giornali / siti di cui sopra ed è costituita da tanta gente con il “principio di precauzione” iperbolico e panfobico di cui parla WM1 più sopra, su cui si innesta un circolo vizioso che di scientifico ha ben poco! Siamo alla superstizione.
Il punto politico, come dice robydoc, per me è: c’è qualche formazione (PaP ? Rifondazione?) di SX che si faccia carico di protestare per il modo illogico con cui si continuano a prendere le decisioni (o a non prenderle!) e a dare le direttive? Che togliendo terreno alle destre, pur riconoscendo l’emergenza, voglia mettere dei paletti sul modo di prendere le decisioni, affidandosi a valutazioni serie e trasparenti di quali sono i costi e i benefici (benefici politici? Di opinione pubblica? Meglio di salute nel suo complesso!) di ogni decisione presa?
E soprattutto, si vuole definire pubblicamente un obiettivo?
Qual’è l’obiettivo delle misure di contenimento? La scomparsa del virus o il suo confinamento sotto una soglia di rischio accettabile dal SSN? Senza un obiettivo è impossibile qualsiasi politica.
Cugino, secondo me “ragioni di sfiducia / paternalismo nei confronti dell’Italiano medio” è l’eufemismo del millennio, ecco, te lo devo contestare.
Si è costruita un’istituzione totale intorno al cittadino, che è stato cooptato in un teatrino penoso in ogni aspetto della sua vita (e lo dice De Rita, sul giornale di Draghi, il Corriere: https://www.censis.it/sites/default/files/editorials/derita_19012021.pdf).
Se la motivazione di ciò fosse “paternalismo”, come dici tu, sarebbe in sè gravissimo e dovrebbe suggerire una rapida rimozione della classe dirigente (ma Speranza è ancora al suo posto, il che la dice lunga).
Ma la motivazione a mio avviso è la cruda messa in scena del teatro dell’emergenza in chiave demagogica (che serve Draghi bene quanto serviva i partiti), con le mamme che spingono i passeggini irregimentate e ridotte a comparsa.
Credo che fuori dai palazzi si stia sottovalutando quanto permanenti saranno le conseguenze a livello di dinamiche sociali.
A essere in malafede viene da pensare che, dentro i palazzi, si sa invece come certe misure AUMENTINO la diffusione dei contagi: obblighi superflui lasciano meno energie e attenzione per prendere precauzioni sensate (esempio banale: se al parchetto e per strada devo tenermi la mascherina, sicuro che quando sono a casa della nonna la sfilo…).
A sentire più sotto pare si sia anzi disposti a spendere 7000 euro di denari pubblici per mantenere lo spettacolo in ogni scuola.
Scrivi: “E soprattutto, si vuole definire pubblicamente un obiettivo?
[…] La scomparsa del virus o il suo confinamento sotto una soglia di rischio accettabile dal SSN?”
Curiosamente, anche questo chiedeva Giordano sempre sul Corriere, salvo poi (a memoria) scivolare in “lockdown fino alla vittoria”.
Penso tuttavia che questa dicotomia sia fallace.
Penso che l’obbiettivo NON possa essere scelto tra “far scomparire” o “confinare”: sono entrambe narrazioni epidemiologiche, e l’epidemiologia può essere al più uno strumento per il raggiungimento degli obbiettivi di una societa.
Ad esempio: massimizzare la qualità della vita, la libertà e l’autodeterminazione del cittadino comune nel medio-lungo periodo, salvaguardando soprattutto l’infanzia e l’adolescenza e tenere d’occhio i possibili rischi che minacciano il futuro.
Praticamente tutto il contrario di quello che si sta facendo.
C’è un tema che secondo me tende a sfuggire tra le maglie della discussione, ma che soprattutto con l’avvento del governo Draghi (meglio tardi che mai, dice il proverbio) non può più essere ignorato.
Non c’è un obiettivo “pubblicamente definito” nei termini delle nostre aspettative sul funzionamento di un sistema democratico, e questo è chiaro. Ma se ci si concentra solo sull’evidente illogicità delle misure di contenimento, che in questi ultimi giorni ha raggiungo livelli parossistici e che fa a pugni con i processi democratici, si rischia di perdere di vista il quadro più generale.
Il caso della DaD è emblematico. Ci si concentra, anche giustamente, sulle sue conseguenze di breve-medio termine, sul modo in cui danneggia i processi di apprendimento e socializzazione delle nuove generazioni e degrada il ruolo educativo dell’insegnante. Ma quando il neoministro Bianchi afferma che la DaD sarà parte integrante della “scuola del futuro” porsi qualche domanda in più secondo me è lecito.
La nuova frontiera tecnologica del capitalismo è lo sviluppo di sistemi avanzati di Intelligenza Artificiale ai quali delegare il grosso delle funzioni decisionali (e non solo) attualmente svolte da esseri umani e istituzioni umane. L’AI esiste e si sviluppa grazie ad una mole enorme di dati. L’utilizzo su vasta scala di strumenti telematici, lo sappiamo, produce esattamente questa mole enorme di dati.
La questione è: cosa succede alla pletora di dati di *ogni* natura (dai contenuti trasmessi verbalmente, ai supporti audiovisivi, alla voce, alle espressioni facciali, alle informazioni ambientali ecc.) prodotti dagli utenti nei milioni di ore di videoconferenza necessarie per rendere possibile cose come lo smart-working e la DaD? Chi ha la titolarità di questi dati? Come verranno raccolti, utilizzati, e per che cosa?
Vista l’accelerazione sul fronte AI non mi stupirei se fosse ormai solo questione di anni (e non di decenni!) prima che le funzioni didattiche, ad esempio, siano delegate in toto ad “insegnanti virtuali”. Vuoi mettere il risparmio netto per le finanze pubbliche?
Forse non si arriverà mai ad un futuro distopico del genere, che va ben oltre persino le peggiori previsioni sull’avvento del “surveillance capitalism”. Forse tutto collasserà prima, o la miriade di contraddizioni immanenti alle società capitalistiche bloccherà o devierà il processo in modi imprevedibili. Ma che certi settori spingano in quella direzione, a prescindere dalla reale fattibilità di un futuro del genere, è una speculazione così inverosimile?
Hai voglia a definire pubblicamente degli obiettivi, quando la sfera pubblica stessa viene trasformata in modo così profondo.
Chiaramente il governo Draghi è un governo con obbiettivi precississimi (va detto, per il 50% già fissati dal Conte II che ne ha caricato la molla).
Chiaramente Bianchi non vede l’ora di tagliare cose.
Per il resto, quello che dici è affascinante, ma cozza brutalmente con la realtà: l’AGI esiste solo nei fumetti.
Il termine “intelligenza artificiale” lo inventò McCarthy per farsi erogare un po’ di research grant, avendo capito che suonava più figo di “sistemi ad elevata autonomia”, e a quanto pare fa ancora presa.
Chi lavora nel settore sa che l'”intelligenza artificiale” nell’industria vuol dire sistemi di raccomandazioni e sistemi percettivi; nel 99% di “intelligenza artificiale” si parla un sacco nelle brochure e nelle pubblicità, ma ce n’è pochissima o nulla nei veri prodotti.
Il vero pericolo al limite è che dietro al prodotto che dice di andare con “l’intelligenza artificiale” ci sia un bello sweatshop.
La storia degli “insegnanti virtuali” è pura fantascienza.
Questo è semplicemente il buon vecchio capitalismo col manganello, quello che riscontrava Engels nelle fabbriche inglesi.
«Quanti sentimenti e quante capacità umane potrà aver salvato, giunto ai trent’anni, chi fin da fanciullo ha fatto ogni giorno per dodici ore e più capocchie di spillo o limato ruote dentate… un lavoro che esige tutto il tempo disponibile dell’operaio, gli lascia appena il tempo per mangiare e dormire, e non gli consente mai di fare del moto all’aria aperta, di godere la natura, per non parlare poi di attività spirituali».
Engels, 1845.
Il fatto che sia “pura fantascienza” non vuol dire che non ci sia chi ci crede e ha il potere e le risorse per spingere in quella direzione. D’altronde, anche volendo restare all’immagine del “capitalismo col manganello” (che secondo me è riduttiva, ma non è questa la sede per approfondire) l’AI è quanto meno un “manganello” più sofisticato.
E’ vero: quando si dice “AI” l’immaginario corre ad Asimov o a Black Mirror… fantascienza, appunto. Possiamo dire tranquillamente “sistemi ad elevata autonomia” se vogliamo evitare questo bias, ma la sostanza secondo me non cambia.
Alle contraddizioni immanenti del capitalismo e ai rischi di collasso sistemico accelerati da dinamiche naturali e sociali avrei dovuto aggiungere un’altra cosa: il fatto che sia lo sviluppo di queste tecnologie, sia la loro implementazione su scala sempre più ampia hanno conseguenze del tutto imprevedibili, *anche* per chi le sbandiera come il futuro glorioso che ci attende. I sistemi AI potrebbero essere nient’altro che una pericolosissima fòla.
Lo stesso “surveillance capitalism”, in fondo, potrebbe non essere altro che l’ennesimo sogno bagnato del capitale speculativo e di politici che, soverchiati da una complessità ingestibile, hanno rinunciato a governare alcunché. La Cina, citata spesso come la frontiera più avanzata di questo genere di esperimenti è, da questo punto di vista, un gigante dai piedi d’argilla.
Però ripeto: i limiti sistemici e tecnologici, per quanto evidenti, secondo me non sono un buon motivo per negare che il tentativo di andare in quella direzione, approfittando della crisi in corso, ci sia eccome, e che le conseguenze sociali di questo tentativo le subiremo tutte.
Ecco qui il link indicato in calce all’articolo del Corriere che rimanda al sito dell’Università che ha implementato il modello matematico citato anche nell’articolo di Repubblica https://www.unicas.it/siti/laboratori/lami-laboratorio-di-misure-industriali-sezione-meccanica/airborne-infection-risk-calculator.aspx
In fondo alla pagina si può scaricare il “programmino” in excel e il relativo manuale per farsi un po’ di prove.
Penso che il fatto di aver ipotizzato il professore asintomatico sia stata un’esemplificazione fatta dai giornali derivata anche dal fatto che gli stessi ricercatori parlano di “emitting subject: speaking person”.
Sempre nella pagina di cui sopra ci sono anche i link agli articoli che il gruppo di ricerca ha pubblicato su ScienceDirect.
La stessa analisi sul Corriere è fatta ancora meglio perchè prende in considerazione anche i costi.
In pratica fanno gli stessi conteggi che a suo tempo ho fatto anche io qui in un paio di post.
Ovvero i costi di fornitura di mascherine per 25 alunni e 200gg/anno scolastici e i costi di fornitura e posa in opera di un impianto di Ventilazione Meccanica Controllata.
Vi riporto uno stralcio riferito alla FFP2 ma poco sopra c’è anche quello riferito alle chirurgiche:
“Se tutti i presenti indossano mascherine FFP2 abbiamo visto che il rischio individuale di infezione scende a 1,5%. Per arrivare allo stesso livello di rischio ci vorrebbero 10 ricambi d’aria ogni ora, impossibili da raggiungere con i purificatori portatili (sarebbero troppo rumorosi) ma possibili con un impianto di ventilazione meccanica controllata vero e proprio. Confrontiamo ancora le spese. Una mascherina FFP2 costa circa 3 euro: per garantirne una al giorno a 25 studenti per 200 giorni di scuola la spesa è di 15 mila euro. Il costo di un impianto di ventilazione meccanica controllata (che si può installare appoggiandosi a quello del riscaldamento) per una singola classe è di circa 6.000 euro a cui si devono aggiungere 1000 euro per costo d’esercizio. La spesa naturalmente scende notevolmente se le aule da ventilare sono più di una perché l’impianto di base è lo stesso. Ad ogni modo anche a prezzo pieno i 7.000 euro per aula sono la metà dei 15 mila euro necessari per la fornitura di mascherine FFP2, senza contare che l’impianto resta, i costi si ammortizzano, il ricambio d’aria abbatte i rischi anche in presenza di uno studente infetto (non dotato di microfono) e che si potrebbe restare in classe senza mascherina: una vera liberazione!”
Se Priorità alla Scuola fosse inteso, da chi di dovere, non solo come il nome dato ad un movimento ma per quello che in realtà è (o quantomeno dovrebbe essere) cioè un dettame suggerito da un senso etico e del dovere verso minorenni senza nessun potere decisionale, cifre del genere dovrebbero far ridere chiunque si occupi di amministrazione della cosa pubblica; come bruscolini ad un pranzo di gala e certi investimenti avrebbero quindi la precedenza su altri. Purtroppo però, da adulti, bisogna prendere atto che così non è e nemmeno sarà; a poco più di una settimana dall’insediamento, questo governo, ha già infatti reso evidente quali siano le reali priorità:
https://archive.vn/xhBWz
L’ottimismo, purtroppo, sembra essere davvero una mania degli agonizzanti.
Facendo i conti in modo analitico.
Ipotizziamo di intervenire solo sulle scuole superiore di secondo grado che sono state quelle più penalizzate dalle chiusure.
Partiamo da dati facilmente reperibili in rete (MIUR, stampa nazionale, ecc.).
Numero studenti: 2.680.000
Numero medio di alunni per aula: 21,3
Numero aule arrotondato per eccesso: 130.000
Costo VMC seria (no “purificatore” a totale ricircolo) per aula: 7.000,00 €
Costo totale: 910 ml €
A detrarre costo banchi con le rotelle: -119 ml €
Costo mascherine chirurgiche per 200gg scolastici (0,50€/cad.): -268 ml €
Restano: 523 ml €
Ovvero circa 195,00 € a studente in pratica il famoso costo di 1 caffè al giorno o il contributo “facoltativo-obbligatorio” che il liceo dove va’ mia figlia mi chiede ogni anno per l’iscrizione a cui devo aggiungerne altrettanti per le 2h/settimana di potenziamento in inglese.
Repubblica, 7/1/2021:
https://archive.vn/E0KNH
“Covid, all’aperto è quasi impossibile il contagio
~~~
LE POSSIBILITA’ di contagiarsi di Covid-19 all’aperto sono infinitesimamente basse. Anche se si vive in aree urbane caratterizzate da una massiccia presenza nell’aria di particolato, quel mix di inquinanti invisibili che rappresentano il frutto delle attività dell’uomo. Sgombera il campo dai dubbi, uno studio condotto dai ricercatori dell’Istituto di scienze dell’atmosfera e del clima del Cnr e di Arpa Lombardia, pubblicato sulla rivista “Environmental Research”. E aggiunge un tassello in più alla conoscenza di quella che può essere la relazione tra l’andamento della pandemia e la situazione atmosferica. La maggiore diffusione dei contagi nella Pianura Padana ha con ogni probabilità poco a che vedere con il suo essere la zona più inquinata della Penisola.”
Notevolissimo scrivere apertamente che “la maggiore diffusione dei contagi nella Pianura Padana ha con ogni probabilità poco a che vedere con il suo essere la zona più inquinata della Penisola”.
Un raggio di sole: ci sarà mica una confounding variable: fabbriche -> inquinamento, fors’anche fabbriche -> contagi?
Il sole sparisce prestissimo però; sempre Repubblica, 28/02/2021:
https://archive.is/rADsj
“L’allarme per i contagi non frena i torinesi: folla in centro e nei parchi, raffica di multe
~~~
La crescita dei contagi e dei ricoverati, con il profilarsi delta terza ondata di Covid, non ha fermato i torinesi che, nell’ultima domenica in zona gialla, in una mattinata di sole primaverile, si sono riversati nel centro cittadino, oltre ad affollare i parchi.”
A quanto pare unire i puntini è chiedere troppo per un giornalista di Repubblica, a meno che non ci siano i numerini sulla velina del Ministero.
Notevole anche la lettera di una madre che si straccia le vesti per il figlio irresponsabile che “crede di poter andare al mare con un escamotage”: https://archive.vn/MB6WU
Quello che dici è esattamente come la penso io. Infatti nel messaggio precedente auspicavo una presa di posizione netta della comunità scientifica rispetto a questo tema. Invece vedo che il Cts, una comunità scientifica in miniatura prestata alla politica, mi si passi il termine, non ragiona in questo senso. E rinnega evidenze scientifiche per convenienze politiche. È qui a mio avviso il cortocircuito. Decisioni basate secondo presunti pareri scientifici non possono che essere confutati da argomenti scientifici. Solo da questo punto si può contravvertire la narrazione dominante che si basa su elementi superstiziosi (es. le mascherine all’aperto come amuleti), discorsi apotropaici e aspettative messianiche per quanto riguarda i vaccini.
Altro che “arancione scuro”.
Penso che qui abbiamo raggiunto l’apice: https://archive.is/x8soc
“Campania zona rossa, il sindaco di Castellammare inventa la zona rossa rafforzata: divieto di circolazione [dopo le 18] per i giovani tra 14 e 24 anni”
Non riesco neanche a trovare le parole per esprimere come e in che misura sono disgustato.
Almeno la decenza di non farsi venire queste idee a esattamente 45 anni da quell’8 marzo 1975, ecco.
D’altronde, sul suo sito elettorale il sindaco di Castellammare (slogan: “Cimmino, giovane e competente”) si descrive come “un ragazzo di quarant’anni”, quindi probabilmente abbiamo dei punti di riferimento un attimo diversi.
https://archive.is/1UFne
Di questo passo, ogni arbitrarietà è lecita e giustificata sulla base del “principio di precauzione” ( che si dovrebbe chiamare differentemente, visto che non previene proprio niente) che è diventato il criterio di scelta unico e assoluto, come abbiamo imparato a nostre spese nell’ultimo anno. Si potrà vietare di uscire a chi è biondo, a chi ha gli occhi scuri, i capelli lunghi o la scogliosi, senza che ciò abbia nessuna reale relazione, se non in maniera spettacolare, con il contenimento del contagio. Il programma è noto: non ostacolare gli interessi del grande capitale. Ma il messaggio veramente grave e triste che passa, dopo la colpevolizzazione, è quello della criminalizzazione. Una intera generazione vittima di uno stigma assurdo ed insensato. Le testimonianze di giovani adolescenti allegate da Antonella, sul blog ” la bottega del Barbieri” sono rappresentative della solitudine in cui vivono questa situazione. Senza che “nessuno” li difenda da questo tentativo di mostrificazione. Qui a Bologna siamo in una situazione definita per metà sino a lunedì. Ma da giovedì 4, nei parchi ancora aperti, si è visto uno spiegamento massiccio di forze dell’ordine e multe. Sono stati fermati i podisti e gli è stato imposto l’obbligo di mascherina durante la corsa. Chiunque non avesse la mascherina o l’avesse abbassata, pur essendo a considerevole distanza da altre persone, è stato fermato, redarguito e,in caso di proteste, multato. Evitavo accuratamente alcuni parchi cittadini anche prima pur essendo vicini a casa ma, da un anno a questa parte, l’ uscita da casa è diventata oggetto di una precisa programmazione del percorso, come se si trattasse di evitare le zone minate in guerra. E, da lunedì, sarà anche peggio, se possibile. Siamo in una distopia “totalitaria sanitaria”.
Cara filo, non ho bisogno di dirti che il “principio di precauzione”, anche assumendo una buona fede che non c’è, suggerirebbe tutto il contrario di quello che si fa da un anno a questa parte, a meno che l’ottica non sia virocentrica e non siamo disposti a correre qualunque altro pericolo _purchè_ quello di contagiarsi.
La questione che sollevi ha un riflesso importante: se anche l’agente ti chiede di fare qualcosa in deroga a quanto esplicitamente espresso dalla norma (imporre la mascherina a chi, ben isolato, si gode l’arietta), la sua efficacia termina nel momento in cui si allontana.
In effetti, lo stesso vale per l’applicazione fedele alla lettera di norme comunque incostituzionali.
La multa eventualmente si contesta, e non ci sono abbastanza poliziotti per vessare 60 milioni di italiani.
La soluzione è semplice: mettere i cittadini l’uno contro l’altro, addestrando il cittadino a vedere nel prossimo un pericolo.
La caccia al podista.
Vedere nel sorriso di un passante uno sfregio.
Lo sanno anche al governo, dove stanno da un anno a questa parte coscientemente intraprendendo un programma di addestramento della popolazione alla delazione e al linciaggio, che avrà conseguenze anche DOPO la supposta fine dell'”emergenza” (che dopo un anno si dovrebbe essere tramutata in _crisi_).
Discliplinamento da Corea del Nord francamente senza eguali in altri paesi europei.
Ripenso ancora a quelle scene in prima serata del “reporter” del TG5 che corre dietro alla poveretta che passeggiava per i fatti suoi sul lungomare, e mi è venuto in mente dove l’ho già vista: Fahrenheit 451.
Viene da dire che, infine, il tizzone del fascismo mai sopito sotto le ceneri dell’antifascismo spesso di facciata, sta nuovamente facendo attecchire le fiamme in Italia.
https://archive.is/wip/LAqp9
Correggo, intanto, scoliosi che avevo erroneamente scritto con la ” g”, nel commento precedente, e allego un articolo di cronaca su un passante minacciato con la pistola perché non indossava correttamente la mascherina…
“non ci sono abbastanza poliziotti per vessare 60 milioni di italiani.” Evidentemente però ci stiamo trasformando in un popolo di “controllori” … O di giustizieri.
C’è un enorme lavoro da fare su quella che WB ha definito la mentalità del decoro e che ha contribuito ad esasperare un clima infuocato, soprattutto nelle città, con livelli di scontro fra la popolazione già molto alti e che sono una evidente manifestazione di rancore e frustrazione. E, poi, bisogna iniziare a costruire una vera solidarietà di classe, concreta e non di facciata. Per farlo però bisogna uscire dalla propria zona di comfort.
Proprio quello che stavo dicendo.
L’onda del cittadino-controllore si vede benissimo anche nelle reazioni a questo post delle Sardine (fenomeno di per sè interessante, postmoderno, che ha ridotto lo stare in piazza allo _stare in piazza di per se stesso_): https://archive.is/nbvqV
Milioni di repliche del tipo “state a casa, infami” e “commettete un reato”.
Quando alla signora Ferrara fanno notare che Roma è zona gialla, risponde:
“Ma non mi fate piangere.
Andare a bussare alle porte del PD, in piena pandemia, con gente che dall’oggi al domani è stata risbattuta a casa (scuole chiuse negozi chiusi) e voi vi appellate a Roma zona gialla.”
Seguono improperi irripetibili.
https://archive.vn/Mv6LV
L’idea diffusa sembra essere che il livello di vessazioni fissate dal governo per una determinata area geografica sono da considerarsi un minorante, alla violazione quale possono entrare in azione le forze dell’ordine, ma quello che è considerato moralmente accettabile rimane un sottoinsieme dei comportamenti “permessi”, e il privato cittadino ha il diritto/dovere di vigilare fino a che gli “irresponsabili” non vengono riportati al codice, non scritto, più restrittivo.
Fino alla vittoria, presumo.
Per favore, niente link diretti ai social. Abbiamo sostituito gli URL.
Ciao Rinoceronte_obeso,credo che tutti noi ricordiamo che agli albori di questa “emergenza” ( mutuo un termine in gran voga, ma di cui non condivido l’uso nel contesto attuale, perlomeno non come parolina magica che tutto rende ammissibile), venivano intervistati, oltre i virologi, anche diversi giuristi, specie se esperti di diritto costituzionale.
E ho ben a mente che la maggior parte di essi esprimeva una posizione così riassumibile: la libertà di circolazione può essere limitata, al pari di altre costituzionalmente garantite, purché si tratti di misure adeguate e limitate nel tempo. Tanto più che la loro compressione mediante atti promananti dall’esecutivo pone degli ulteriori, legittimi dubbi.
Ora a me pare che il vessillo della aderenza o meno ai principi fondamentali sanciti nella nostra Carta, ma credo anche nella OHCHR, venga sbandierato a caso, per difendere posizioni assurde e giustificare provvedimenti che non sono minimamente adeguati al fine di tutelare la salute.
Esempio: quando l’estate scorsa il presidente della mia Regione propose una sorta di patentino sanitario per accedere all’isola l’allora Ministro Boccia bolló come “incostituzionale” l’ipotesi.
Quando il Presidente della Liguria avanzó la scellerata idea di chiudere in casa gli ultra…settantenni forse ( non ricordo bene) si alzò un gran polverone e c’era chi tuonava che una misura del genere fosse incostituzionale.
Ora può essere adottata una ordinanza come quella che tu riporti e i genitori di questi ragazzi non la impugnano? Continuo ad essere ogni giorno più convinta che non ci sia alcun nesso tra la maggior parte delle misure in vigore e il contenimento dell’epidemia. Non saró una virologa, ma non ci vuole la laurea ad Harvard per capire che vietare di circolare per strada dopo le 22:00 o segregare i giovanissimi dopo una data ora non è una misura sanitaria. Non è proporzionata e temo neppure connessa con l’andamento della curva epidemica. Il motto fabbriche piene e parchi vuoti è la guida dei nostri governanti e credo che davvero sia necessario prendere una posizione netta e forte contro questa gestione scellerata.
Nel frattempo, in altre news, dopo che i portuali di Genova hanno indetto uno sciopero, Confindustria ha dichiarato che avere un lavoro oggi è un “privilegio”. Il governo Draghi ha appaltato il Recovery Fund alla società americana di consulenza McKinsey. Bianchi, nuovo ministro dell’istruzione, ha affermato che la DaD è qui per restare e che per il futuro della scuola andranno “attivate le reti di volontariato” (lascio immaginare a ciascuno cosa questo possa significare a livello pratico).
Se il commento è OT mi scuso. Ma non credo di essere andato granché OT. La confusione sulle misure restrittive, che in questi ultimi giorni ha raggiunto livelli senza precedenti, sembra sempre meno il frutto della semplice inettitudine e sempre più un riflesso del fatto che a chi si è appena insediato al governo fermare davvero la pandemia e garantire la salute dei cittadini interessa poco o punto. Le loro priorità sono chiaramente altre.
Insomma, mentre il governo Draghi minaccia dalle pagine di Repubblica un mese di lockdown estremo (sic), Crisanti comincia a prendere le distanze, lasciando nello smarrimento più totale i compagni duri e puri, che aspettavano un suo segnale per barricarsi in casa, dando così l’ultima spallata al capitalismo. https://www.adnkronos.com/lockdown-totale-crisanti-sfinirebbe-la-popolazione_2re0kUV6veJJ1jPBr9hzkb?refresh_ce
Un simile sconforto non si vedeva dai tempi del patto Ribentropp-Molotov. E pensare che il comunismo era lì, a portata di clic. Ancora uno o due anni di reclusione, qualche decina di serie intricate e incomprensibili su netflix, ed era fatta.
Non capisco se sei ironico.
Perchè – quando i maître à penser non si nascondono dietro alla metafora della guerra, che fa pensare molto a Emilio Lussu e all’infame Generale Leone, come Burioni qui: https://archive.is/T3DeK – il bias mi sembra ultracapitalista.
Ancora Burioni:
https://archive.is/kJCEN
“Uno sciopero in piena pandemia, che causerà maggiore affollamento dei pochi mezzi disponibili, è un grande regalo al virus. Non conosco le motivazioni dello sciopero e magari sono sacrosante, ma il momento non potrebbe essere più sbagliato.”
Fanno rabbrividire i commenti:
“Non sono uno scienziato, ma credo che i virus non scioperino. Per il resto condivido con Lei Professore che le ragioni dello sciopero potrebbero essere legittime.
Però, est modus in rebus, e se vogliamo continuare con il “latinorum” di Manzoniana memoria, ubi maior minor cessat.”
L’idea che uno sciopero debba avere luogo solo quando _non_ crea disagio anche grave è qualcosa di imbarazzante.
Non penso serva far notare che se Confidustria non vuole sopportare il costo economico dello sciopero e invita-obbliga i lavoratori a recarsi ugualmente sul luogo di lavoro, chi ha le mani sporche non è il tramviere.
Ma ormai, pare, abbiamo perso ogni capacità di rendercene conto.
Tuco era ironico. Si riferiva con un’iperbole a quella parte di “sinistra di movimento” che fin dall’inizio non ha capito niente, ha adottato un angusto approccio virocentrico, non ha colto lo “scambio spettacolare” e si è gettata a capofitto nella propaganda #iorestoacasa, rendendo la propria comunicazione indistinguibile da quella dominante e appoggiando acriticamente il governo Conte e in particolare il ministro Speranza. Tutta gente che ci attaccò selvaggiamente e oggi più o meno parla d’altro.
Stiamo comunque parlando di milieux che erano irrilevanti prima e adesso sono addirittura evanescenti. Diciamo che Tuco è l’ultimo giapponese nella giungla a fare ancora ironia su questo :-)
In realtà non è ironia, è proprio greve sarcasmo balcanico. Tra l’altro, mano a mano che si delinea la strategia Draghi, che è uguale alla strategia Conte, ovvero: “si esce di casa solo per andare a lavorare”, si sgretola come merda secca tutto il castello di infamie e di accuse di collaborazionismo con confindustria rivolte per un anno a chi mal sopportava il confinamento forzato sotto la supervisione dell’esercito. Ora che confindustria ed esercito hanno preso direttamente in mano il governo del paese, voglio proprio vedere i salti mortali per accusare di filoconfindustrialismo chi contesta le misure di polizia del governo.
Ciao a tutti, faccio una domanda parzialmente OT qui visto che si cita Burioni.
Su un giornale nazionale ho letto recentemente di un tweet di Burioni in cui, parlando del protocollo della Regione Piemonte che in qualche modo credo preveda l’uso sotto controllo medico della Idrossiclorochinina, questi consigliava la Regione di “buttarla nel cesso” in quanto inutile e pericolosa.
La mia domanda da assoluto profano è la seguente: qualcuno qui conosce studi clinici (o meglio, riassunti leggibili di studi clinici) sull’impiego dell’idrossiclorochinina che siano scevri da interpretazioni ideologiche da un lato (para-sovranisti) e dall’altro (scientisti-ortodossi)?
Credo che ad oggi, a pandemia ormai iniziata da più di un anno, dovrebbe esserci qualche studio serio e attendibile che compari il decorso clinico dell’infezione tra pazienti trattati con i diversi protocolli. E magari che compari anche le maggiori o minori mortalità a livello di territori omogenei.
L’uso di idrossiclorochina contro la Covid19 è stato accantonato pressoché ovunque, all’inizio molti ne avevano prospettato l’utilità anche in considerazione del fatto che nelle zone africane dove veniva molto usato per la prevenzione della malaria la covid19 sembrava non attecchire, tuttavia poi gli studi hanno portato al suo accantonamento per troppi dati dubbi e quasi mai significativamente superiori al placebo.
Anche perché per fermare gli effetti della Covid19 ormai ci sono gli anticorpi monoclonali che danno risultati molto più efficaci.Vanno presi per tempo a max 7 gg dalla data dell’infezione se i sintomi gravi non passano e riducono dle 70% la necessità di ospedalizzare il malato. SOno quelli che ha preso Trump per rimettersi in forma a tempo di record per inciso.
PS in Italia siamo riusciti a fare un bel casino anche su questi.
C’è una cosa che non mi convince nel modo in cui opera Priorità alla Scuola: l’enfasi sulla riapertura “in sicurezza”, sul tracciamento e sui tamponi. Mi spiego meglio. Ci si stupisce che buona parte dei genitori sia favorevole alla didattica a distanza, che, qualunque acronimo si inventi per designarla, è oggettivamente un abominio dal punto di vista del diritto all’istruzione, all’inclusione e alla socialità dei minori. Ma penso che dovremmo fare un passo in più e chiederci: come mai questi genitori sono favorevoli alla DAD? Buona parte di loro teme la quarantena, perché questo significherebbe sospensione dell’attività lavorativa per un tempo, a volte, imprevedibile. E, proprio a causa del tracciamento praticato a scuola, è abbastanza facile che le famiglie con figli in età scolare finiscano in quarantena. Quindi delle due una: o si pretendono sovvenzioni serie per consentire a lavoratori dipendenti e indipendenti (piccole partite iva, gente che ha una piccola attività a gestione familiare ecc.) una certa serenità economica nonostante le quarantene imposte dalla scuola, oppure si deve avere il coraggio di chiedere una scuola aperta e basta, senza tracciamenti e tamponi che, in ultima analisi, diventano fattori di sperequazione economica e sociale, più che di miglioramento della salute pubblica. Che cosa ne pensate?
Si devono chiedere entrambe le cose: scuole aperte con tracciamenti (come in effetti è stato finché le scuole sono state aperte almeno al 50%) con vaccinazione rapida del personale, e contemporanemante sovvenzioni per chi viene messo a casa dal lavoro.
Il problema sul fronte lavorativo è duplice (anche triplice). C’è chi ha un lavoro dipendente e può accedere agli ammortizzatori sociali, e chi è precario o “libero professionista” e deve essere assistito attraverso canali diversi, per ora grotteschi.
Grotteschi perché è lo stato centrale che può emettere “ristori” o indennità per le chiusure forzate delle attività “in proprio” o per i precari, ma se le chiusure sono imposte dalle regioni diventa ben più difficile attivarli. E anche perché spesso i ristori sono emessi in coincidenza delle chiusure, ma le attività in proprio spesso funzionano su una programmazione e un fatturato di medio-lungo periodo, che le chiusure/aperture impediscono di fatto.
Lo stesso vale per i congedi parentali in occasione delle chiusure scolastiche: deve deciderli il governo centrale. E se sono le Regioni a chiudere le scuole, tutto si complica (es: se il personale ospedaliero non può prendere congedi parentali, i figli dove li mette?).
Poi c’è un altro aspetto, clamoroso, che è il vero non detto di questa pandemia, il convitato di pietra, il segreto di Pulcinella, si può scegliere l’immagine figurata che si vuole. Sono i contagi sul posto di lavoro, che sono moltissimi, anche se nessuno sui mass media ne parla (al massimo si finge di parlarne). Nelle scuole lo screening funzionava: se uno studente veniva trovato positivo al tampone, si metteva in DAD la sua classe per dieci giorni e nel frattempo si faceva il tampone a tutti i compagni. Sui luoghi di lavoro funziona così? Niente affatto. Sui posti di lavoro questo tipo di controllo non c’è. E se nel settore pubblico si può forse sperare in un po’ di buon senso forzato in più, nel settore privato è il Far West. Spesso e volentieri il singolo lavoratore trovato positivo viene messo a casa in malattia (quando invece il covid dovrebbe essere rubricato come “infortunio sul lavoro”), si fa i suoi 15 giorni a casa e tutto procede come prima. Non si perde nemmeno tempo a fare il tampone ai colleghi. Questo perché, manco a dirlo, il capitale non dorme mai, e la produzione, già rallentata dalla pandemia, non può subire troppi intralci.
Questo è il motivo preciso per cui la campagna mediatica sulle varianti che colpiscono i giovanissimi e la chiusura delle scuole hanno una forte ragione politica: distogliere l’attenzione dall’elefante nella stanza e dare l’idea che si stia facendo qualcosa, per poter seguitare a non fare niente sul fronte lavorativo. Perché ristori e indennità costano.
Tuttavia questo scambio spettacolare ha un inghippo. Molti lavoratori sono anche genitori. E cominciano a mangiare la foglia. Vedono i propri figli andare in depressione, da soli a casa in DAD, mentre loro lavorano; vedono andare in fumo un ciclo scolastico; e sanno che a scuola i tracciamenti funzionavano, mentre sui luoghi di lavoro non si fanno. Cominciano a non credere più alla narrazione mediatica; oppure si vedono costretti a lasciarlo il lavoro, per stare con i figli. Dove sono state chiuse anche le materne ed elementari, i genitori – cioè, nel 70% dei casi (percentuale dell’Emilia-Romagna) le genitrici – devono mettersi in ferie o prendere permessi o chiedere il part time, o lasciare i propri lavori precari, per accudire i figli.
Insomma tra i genitori non c’è più la compattezza in difesa della DAD che vedevamo un anno fa. Se non altro perché al secondo giro la storia si ripete in farsa, diceva quel tale.
Dunque PaS fa bene a porre la questione nei termini di “rientro in sicurezza”, perché le scuole erano tra i luoghi “chiusi” più sicuri. Certamente più di un supermercato, di una fabbrica, di un mezzo di trasporto pubblico. Infatti nessuno studio è riuscito a dimostrare che i contagi tra i giovani avvenissero a scuola (e non escluderei nemmeno che l’aumento dei suddetti contagi sia un effetto ottico dovuto proprio ai maggiori controlli che venivano fatti a scuola). La mia esperienza personale mi dice che quando le scuole erano almeno parzialmente aperte, le tre volte in cui nella classe di liceo di mio figlio maggiore è stato riscontrato un caso di positività, i tamponi di compagni e compagne sono risultati sempre tutti negativi. Significa non solo che non c’è stata trasmissione agli altri in aula, ma anche che quel contagio è avvenuto altrove. Probabilmente nel primo luogo di contagio in base a tutte le statistiche: casa.
E chi lo porta il contagio tra le mura domestiche? Il bambino e l’adolescente che vanno a scuola – dove sono controllati – o l’adulto che va al lavoro dove i controlli e soprattutto i provvedimenti sanitari sono molto più laschi?
La questione della scuola è il cardine politico di questa pandemia, perché ne è il capro espiatorio. E PaS in questo momento, volente o nolente, è la punta più avanzata della lotta contro la dittatura degli inetti (ma forse ormai si dovrebbe dire “degli infami”…).
Relativamente a scuole e PAS, è da lunedì che in mezzo Piemonte (settentrionale e meridionale) sono chiuse le scuole di ogni ordine e grado (aperti micronidi e nidi, chiuse materne, elementari, medie etc.).
Inizialmente, domenica, era circolato sulle varie chat di genitori (elementari e medie) un messaggio di PAS in cui si diceva che c’erano gli strumenti per mandare comunque a scuola i figli di lavoratori di pubblica utilità e in effetti c’era una circolare esplicativa della Regione che consentiva l’accesso a scuola per fare didattica in presenza oltre che ad alcune categorie di alunni più fragili, anche a figli di personale “di pubblica utilità” fra cui ovviamente medici e infermieri ma anche dipendenti di esercizi considerati essenziali come gli alimentari e i supermercati e per estensione si pensava anche altre categorie di persone che non potevano restare a casa.
La prima cosa che è successa è stata una discussione sulle chat di genitori fra quelli che rientravano nell’eccezione (alla fine, stima mia, un buon 65-70%) e quelli che né per un verso né per un altro vi rientravano e non potevano mandare i figli a scuola, con inevitabili “non è giusto – ma perché a te sì e a me no, il mio resta indietro”, etc. etc.
Va detto che la circolare scaricava completamente sui dirigenti scolastici l’onere di attivare (dietro richiesta) questa possibilità per i figli di “lavoratori essenziali” e soprattutto di decidere chi ne avesse diritto e chi no, e con quali modalità (entrambi i genitori? uno solo? etc.) sempre “tenendo conto dell’esigenza prioritaria di non vanificare l’efficacia delle misure di contenimento del contagio” (e mi chiedo, messa così, chi è che si sarebbe preso la briga di farlo!?).
Alla fine verso il pomeriggio di domenica è uscita una nota esplicativa dell’ufficio regionale del Ministero dell’Istruzione che smentiva quest’interpretazione riconducendola esclusivamente agli articoli 21 e 43 del decreto, per cui non se n’è fatto più niente.
Uso gli ultimi caratteri disponibili per una chiosa sui parchi giochi (chiusi in P da lunedì):
è non solo assurdo, ma fatto anche male, perché se può (NO!) essere comprensibile dove ci sono “assembramenti” non ha alcun senso dove al parchetto, magari modernissimo, di paesi semidisabitati in montagna trovi 3 bambini e una nonna!
In Emilia-Romagna è successa una cosa simile. Dopo avere chiuso tutte le scuole, la Regione ha chiesto lumi al ministero per sapere quali categorie lavorative “indispensabili” avevano diritto a mandare i figli a scuola. E Bianchi ha risposto: nessuna. Solo i cosiddetti BES e i disabili possono andare in presenza. Riga. E in effetti, il motivo è presto detto: le percentuali degli aventi diritto sarebbero quelle che dici tu, cioè molto alte. Perché vallo a stabilire qual è un lavoratore indispensabile, c’è l’imbarazzo della scelta. Se applicassero quel criterio praticamente dovrebbero riaprire le scuole. È un altro aspetto del paradosso di cui parlavo in un altro commento: continuare a mandare tutti al lavoro e tenere tutti i minorenni a casa da scuola.
Il Manifesto (quotidiano usualmente più adagiato su posizioni di governo, nonostante la testata dica “quotidiano comunista” e nonostante l’illustre storia) aveva un bel pezzo di denuncia l’ultimo Sabato o Domenica in cui si evidenziava come tenere i soli BES-disabili in presenza in una spettrale aula deserta costituisca una gravissima violazione dei loro diritti pregiudicando il loro sviluppo e significandone una esclusione di fatto.
Si sottolineava come sarebbe d’uopo tenere, eventualmente a turnazione, un contingente minimo (!) di compagni in presenza.
La situazione è così grigia che non riesco nemmeno a farci dell’ironia.
Sicuramente fvacc cogli un problema che esiste concretamente. Io aggiungerei un altro aspetto. Con l’obbligo del tampone negativo per il rientro a scuola, visto che anche se più rari rispetto agli adulti, ci sono stati casi di minori che sono rimasti positivi per molte settimane, se non mesi, rischi che la classe ritorna ma un singolo studente di quella classe resta confinato dalla scuola per molto tempo, con gravi danni di natura anche psicologica, potenzialmente molto maggiori per il singolo rispetto alla situazione in una determinata zona dove tutte le scuole stanno in DAD (immaginatevi il singolo studente alla 4 settimana che non può tornare a scuola è asintomatico si sente benissimo e tutta la classe è invece rientrata). Il motivo per cui in caso di asintomaticità, anche se con tampone positivo, al 21 gg puoi uscire di casa (in realtà puoi uscire ma non puoi comunque tornare al lavoro ma non tornare al lavoro e non tornare a scuola sono in genere cose molto diverse), si basa su evidenze scientifiche quasi universalmente riconosciute al di fuori dell’Italia, basate sul fatto che dopo un tot di tempo non si è più contagiosi comunque (da cui la regola per cui il contatto stretto di un positivo può anche effettuare solo la quarantena di 14 gg senza tampone). Ora con le nuove varianti, che vengono considerate più contagiose, studi scientifici sostengono che il tempo dell’infettività media si allunga. Questo ha fatto si che sono state date nuove disposizioni alle asl nel caso il tampone presenti una delle varianti assurte agli onori della cronaca, di effettuare controlli più serrati, addirittura di retrocedere indietro di 14 gg nel ricercare i contatti, di allungare tutte le quarantene a 14 gg e di abolire sostanzialmente la divisione tra contatti fugaci e contatti stretti (i famosi 15 minuti). Alcune asl però, si sono spinte oltre e nel caso di variante inglese hanno reintrodotto l’obbligatorietà per uscire dalla quarantena del tampone negativo anche se si superano i 21 gg. e si è asintomatici. Che poi per la questione varianti basterebbe allungare i tempi di quarantena da asintomatico se non ti negativizzi, senza reintrodurre la regola ottusa del tampone per forza negativo (che poi è una questione di cicli del tampone ma vabbè in Italia dobbiamo per forza farli a 40-45) dando almeno una prospettiva di “fine pena ai domiciliari” certa.
Mi chiedo perché non si studi (in ogni Paese, non solo da noi) la possibilità di vaccinare gli studenti.
Ho un figlio di un anno che si è già sottoposto a vaccini mono, bi, tri-dose, per le malattie piu diverse (per un totale di 14). Mi domando quale sia il fattore ostativo per studiare la vaccinazione COVID sui più piccoli e (soprattutto) sui giovani studenti.
Da sempre, la vaccinazione è sinonimo di età scolare. Mi chiedo cosa oggi porti a considerare rischiosa la vaccinazione a un* sedicenne che ha bisogno di andare a scuola e invece porti a considerare la stessa vaccinazione fattibile (se non indispensabile) per un* centenari* con funzionalità renali ed epatiche magari non controllate da venti anni.
Prima di tutto perche’ le dosi per tutti non ci sono e non avrebbe alcun senso vaccinare gli studenti per primi viste le statistiche.
Io mi chiedo quale sia l’obiettivo della campagna vaccinale, che e’ anche l’unica e sola strategia proposta (in ogni Paese, o quasi, non solo da noi).
A volte ho la sensazione che si voglia cancellare il virus dalla faccia della terra, in un delirio di onnipotenza tutto umano o come parte del coito capitalista.
Al momento sono state somministrate piu di 4 milioni di dosi, si sarebbe potuto focalizzarsi sugli ultrasettantenni con una o piu patologie e poi osservare l’efficacia reale del vaccino sul campione identificato(https://www.tuttitalia.it/statistiche/popolazione-eta-sesso-stato-civile-2020/)
Invece no, si procede a cazzo di cane.
Somministrare un medicinale qualsiasi in un bambino/ragazzo sano a fronte di un rischio praticamente pari a zero e solo per il presunto ruolo di untore e potenziale killer dei suoi nonni e’ una follia.
Immagino che non abbiano incluso la popolazione giovane nei trial (le famose 40mila persone diviso due di cui non si possono avere manco i dati grezzi).
Io sono nauseato
Concordo che, a intuito, una volta vaccinato chi rischia e “asciugate” le ICU l’emergenza – anche adottando la definizione più generosa – dovrebbe essere terminata e potremmo riprenderci le nostre vite.
Tuttavia, mi è stato illustrato che vaccinare a tutto spiano dovrebbe seguire il principio di precauzione per evitare la proliferazione di varianti _potenzialmente_ in grado di aggirare l’immunità di chi è già stato vaccinato, riportandoci al punto di partenza (?).
Eppure si ammette che, non esistendo un vaccino per i bambini, questo sarà impossibile da realizzare in toto.
Si apprende oggi che “vivremo un’altra Pasqua blindata”.
È possibile e a mio avviso probabile che non sarà l’ultima: a Marzo scorso si è nei fatti permessa una rivoluzione che antepone il virocentrismo a ogni altro obbiettivo umano e ad ogni diritto dell’individuo.
Chi ne beneficia, del resto, sono proprio i padroni, che hanno abbondanza di mezzi per spingere verso tale obbiettivo: è difficile non vedere che nei fatti si è realizzato un allevamento intensivo di manodopera-consumatori, che viene tenuta sana abbastanza da produrre e consumare ma il cui benessere – realizzato anche solo con la passeggiata al parco o concedersi un minimo di progettualità di vita – non è di rilevanza alcuna.
Io la penso esattamente come Delfo e in particolare condivido che «Somministrare un medicinale qualsiasi in un bambino/ragazzo sano a fronte di un rischio praticamente pari a zero e solo per il presunto ruolo di untore e potenziale killer dei suoi nonni e’ una follia.»
E per motivi prima ancora etici che “numerici” e fattuali.
(parentesi: aveva spiegato bene SteCon in uno dei suoi post o dei suoi commenti il motivo per cui non è detto che sia sempre “bene” anche da un punto di vista scientifico voler “sterilizzare” qualsiasi malattia esista, dove si motivava anche il ruolo e l’esistenza della malattia).
Io trovo utile e doveroso vaccinare i bambini per proteggere loro stessi e i loro coetanei più sfortunati e immunodepressi non vaccinabili da malattie obiettivamente rischiose a vario titolo (difterite, poliomelite, meningite, tetano, tutte malattie mortali o invalidanti, e poi morbillo, parotite, varicella, rosolia etc., tutte malattie comunque pericolose o con complicanze nel medio-lungo periodo) ma vaccinarli per qualcosa che nella stragrande maggioranza dei casi per loro non è più pericoloso di un raffreddore solo perché possibili “untori” degli adulti e degli anziani è per me scorrettissimo. Equivale a trattarli non da soggetti di diritto ma da “vettori” di virus sui quali si opera indipendentemente dal fatto che ne abbiano bisogno o meno!
Dal momento che la malattia è pericolosa per gli adulti, che si vaccinino gli adulti e basta con questa demonizzazione degli “untori” che esistono per qualsiasi malattia.
ciao,
io però sinceramente non mi ricordo da nessuna parte un parere positivo dei genitori sulla Dad o ddi.
ho effettivamente ascoltato diversi interventi di insegnanti di Priorità alla Scuola che dicevano sta cosa, ma tutti i genitori intervenuti dopo l’hanno categoricamente smentita. Io da genitore e con me tutti i miei amici, conoscenti ecc non abbiamo mai manifestato questo entusiasmo. nè mi ricordo di averne letto in giro, anzi, mi sembra di ricordare che proprio i genitori fossero contrari, sia alla prima versione (quella di marzo scorso per intenderci) che ha funzionato solo nei cervelli dei nostri politici, in quanto in pratica i genitori si sono dovuti sostituire agli insegnanti (senza colpa verso gli insegnanti, che semplicemente non avevano i mezzi per fare didattica e non potevano essere presenti a fianco degli alunni) nè nella versione attuale, già più organizzata ma che mantiene i difetti originali.
non voglio alimentare la stanca dicotomia genitori-insegnanti, e se l’ho fatto me ne scuso.
Una precisazione: la mia considerazione sul vaccino agli studenti deriva dal fatto che (anche) questo governo ha istituito la probatio diabolica per gli studenti: o qualcuno mostra che non sono più contagiosi dei lavoratori, o rimangono a casa (inclusi i bambini degli asili nido.)
Di conseguenza, mi chiedo con quale logica c’impongano di vaccinare i bambini per la qualsiasi malattia, ma contro questo virus l’unico rimedio sembra essere l’astensione scolastica. Cosa succederà quando anziani e lavoratori saranno stati vaccinati? Si riaprono le scuole, o si continuerà a dire che gli studenti non vanno vaccinati MA devono stare a casa?
Ciao Riccardom, “(anche) questo governo hai istituito la probatio diabolica per gli studenti”: il governo dei migliori si dà un tono scientifico intanto e arruola il coordinatore del CTS nell’ organico dei consulenti del dicastero di viale Trastevere proprio per gestire la panedemia nelle scuole.
Hanno scritto molto PLV e altri , che la DAD ha il suo peso all ‘interno delle strategie escludenti dello pseudodemocratico Palazzo sul Capitale umano.
IMO il rischio della sospensione del diritto all’ istruzione per una generazione,è reale perchè coerente con i rapporti materiali all ‘interno della società( del resto la bassa priorità della vaccinazione per gli “over” ne è altro indizio) e al contempo contrastabile pragmaticamente attraverso un bilanciamento con gli altri diritti coinvolti, non comprimendolo fino al restate a casa fino all’ immunità di gregge.
Si è fatto l’ esempio della VMC e nelle Marche si è partiti di recente con le sperimentazioni delle amministrazioni locali di contributi per la realizzazione di qesta intuizione.
Se il DM 1975(formalmente abrogato ma di fatto l’ unico riferimento nelle more degli atti di attuazione della legge che avrebbe dovuto innovare la normativa) fissa, relativamente al microclima per le sole condizioni invernali, la temperatura dell’aria (20°C ± 2°C) e i valori dell’umidità relativa (45-55%) con il limite massimo (70%) per evitare i fenomeni di condensa; chiunque abbia frequentato un istituto quest’ inverno si sarà reso conto che le condizioni erano (brrrr…)ben peggiori.
Sul tema specifico ti consiglio un recente articolo “Fino a quando la campagna vaccinale escluderà i minorenni? ” della dott.ssa e divulgatrice Simonetta Pagliani.
Se può interessare: primo giorno di scuola in presenza, quì nella Britannia meridionale, per la donna più giovane della mia famiglia. College finanziato da me tramite il governo; ci era stato comunicato che i ragazze avrebbero dovuto sottoporsi a due Lateral Flow Test a settimana, la nostra ne ha fatto solo uno, Mercoledi scorso, prima di tornare in istituto. Per pura curiosità mi verrebbe da scrivere al preside per chiedere del perchè di questa precoce deviazione dal protocollo, ma la giovane e sua madre non sembrano preoccupate quindi stò muto, mica sono un giornalista. Per il resto la giovane ci ha raccontato di finestroni aperti sempre, anche se oggi non ha piovuto quindi solo freddo, sopportato però, pare, stoicamente, dalla totalità delle classi. Nelle aule lo spazio pare sia un problema; sembra che non sempre sia possible far rispettare il distanziamento come da protocollo. La mensa è un “free for all” nel senso di liberi tutti riguardo alle distanze e alle mascherine, ovviamente, mentre all’esterno si vedono capannelli di giovani carbonari radunarsi per cospirare.
Per quanto riguarda la scuola, nel circolo didattico dei miei figli la dirigente scolastica sta’ applicando quanto indicato nella nota prot. 662 del 12 marzo 2021:
https://www.miur.gov.it/web/guest/-/dpcm-2-marzo-inviata-nota-operativa-su-frequenza-alunni-con-bisogni-educativi-speciali-e-con-disabilita
In pratica sta’ dando la possibilità per ogni alunn* “BES” per il quale i genitori hanno richiesto la frequenza in presenza anche ad un altro alunn* di frequentare in presenza.
Da quello che riporta Il Corriere del Veneto online oggi, ci sono dirigenti scolastici a Padova che interpretano la norma in maniera ancora più estensiva dando la possibilità a tutta la classe di frequentare in presenza.
Dello ” scambio spettacolare”, però, fa parte anche il pacchetto dei vaccini contro Covid, proprio perché consentirà di distogliere l’attenzione dalle “responsabilità della classe dirigente, responsabilità di lungo corso – cioè avere smantellato sanità e welfare – e responsabilità contingenti – cioè avere anteposto gli interessi di Confindustria alla tutela della salute” e permetterà di non fermare l’ apparato produttivo per nessun motivo. Andrà bene andare al lavoro ma non a scuola. Prima che scoppiasse “il caso” Astra Zeneca(non è ancora stata dimostrata alcuna correlazione) si faceva appositamente confusione sull’atteggiamento “No vax”, generalizzando un esteso aprioristico stolto rifiuto dei vaccini,contro ogni evidenza storica, con un atteggiamento di prudenza nei confronti di un vaccino. Non è ammessa nessuna critica. La maggior parte delle mie amiche sono contro i vaccini, sono tutte persone colte, una insegna all’università. Le accomuna una spiccata diffidenza nei confronti delle istituzioni e un atteggiamento qualunquista nei confronti della politica. Ed anche a me, che non ho pregiudizi nei confronti dei vaccini in generale, vengono i brividi quando sento questa classe dirigente dire che ” non c’è nessun problema”. Proprio come hanno fatto all’inizio della pandemia. A quel punto sono certa che il pericolo esista, anche se non è una opinione fondata su considerazioni razionali. Non solo questa classe dirigente cerca di autoassolversi, ricorrendo ad un antidoto magico, ma è proprio la promozione dogmatica di questo antidoto un mezzo per nascondere le cause strutturali che hanno portato alla pandemia. Creando una fazione pro vax che, spesso, incarna una difesa tout court dello status quo. E tutto il resto passa in cavalleria e non si parla delle responsabilità di chi ha migliaia di morti sulla coscienza perché non ha osato ostacolare gli interessi del capitale. Ora però non ci crede più nessuno e le misure teatrali e spettacolari non sono più applicate col pugno di ferro per paura di esasperare gli animi. Sperano così di lavarsi la coscienza solo col vaccino.
Una delle cose più interessanti da registrare rispetto a questa nuova questione della sospensione di Astrazeneca (oramai è diventata una vera e propria saga visto che ogni giorno ce n’è una nuova), è l’apparato argomentativo dei difensori ad ogni costo della somministrazione di Astrazeneca, che criticano – a mio avviso con fondamenti – la decisione di sospensione della vaccinazione. Si va dalla
1) critica all’informazione e comunicazione terroristica dei media (teoria dell’infodemia)
2) alla produzione di dati che evidenziano la marginalità delle situazioni avverse al vaccino che sono riconducibili a “mere coincidenze” (riduzionismo e negazionismo);
3) alla questione geopolitica, con Pfizer che avrebbe fatto pressione al governo tedesco per boicottare un competitor scomodo, fino al tentativo dell’Ue tramite il boicottaggio deliberato di Astrazeneca di avere più potere negoziale con le industrie farmaceutiche (complottismo).
Insomma, le stesse modalità argomentative per cui erano criticati e zittiti gli oppositori del lockdown vengono usate dall’altra parte dei pro vaccino ad ogni costo, una parte che ha sempre utilizzato “la scienza” come proprio vessillo ideologico.
Sono sostanzialmente d’accordo con filo a piombo quando dice «Creando una fazione pro vax che, spesso, incarna una difesa tout court dello status quo», e anche con Mars9000 quando fa notare che la critica all’informazione terroristica, le questioni delle correlazioni spurie o le questioni geopolitiche cambiano di senso e anche proprio di “verso” a seconda della parte che le impugna come armi argomentative o retoriche e della parte che invece si “difende”.
Cito poi anche Dude in altro articolo, che dice «Mi chiedo, leggendo, ascoltando e guardandomi in giro se la pandemia in corso non si presti in maniera esemplare a diventare l’evento/perno su cui ruota/ruoterà il meccanismo narrativo necessario a creare e/o rigenereare l’egemonia culturale necessaria a continuare ad estrarre profitto “ ’til the kingdom comes”»
Ecco, magari cito a sproposito (cherry picking?) ed è una sensazione solo mia, ma per me i 3 commenti hanno una certa “coerenza logica” che mi sembra di condividere, e cioè la (mia?) sensazione che mentre “una volta” l’illuminismo e la “scienza” potessero essere armi che impugnate dai più deboli servivano a contrastare l’arbitrio dei potenti con leggi universali e universalmente valide, oggi rischiano di diventare “bavagli” con cui i potenti (o almeno quelli di “una fazione” – che comunque restano sempre potenti e per il mantenimento del potere) mettono a tacere qualunque dissenso, e nel modo più subdolo:
“se non dici come noi, sei o ignorante o pazzo o in malafede”.
Ovviamente non mi riferisco “alla scienza”, ma allo scientismo così come lo stiamo vedendo in questa pandemia, a volte brandito da gente che di scientifico ha ben poco, e che magari, a telecamere spente, ha poi delle difficoltà con una media ponderata o con la differenza tra mitocondri e ribosomi (o tra DNA e RNA)
Cugino: altro che “sensazione solo tua”, mi pare che questa sia una tendenza evidentissima da quindici anni.
L’eccitazione di fronte a Mentana che blasta miocuggino leghista senza patentino di voto è _come minimo_ un meccanismo psicologico di difesa della borghesia – che poi magari al di fuori di una ristrettissima area settoriale è ignorante quanto il cuggino, anche se veste meglio.
Sappiamo peraltro che la borghesia italiana è più sbilanciata verso studi umanistici che talvolta escludono financo i fondamenti di calcolo di probabilità che si studiano all’ITIS.
Sono andato a controllare in qualche vecchio blog, e il fenomeno è già attestato a metà anni duemila, con lo spopolare della figura di Piergiorgio Odifreddi, un ordinario di logica matematica riuscito nell’impresa di vendere alla borghesia gànza dei blogger e del popolo viola (che non a caso sono il fenomeno che Casaleggio volle riprodurre in laboratorio, arrivando in maggioranza nel 2018) vendere, dicevo, bancali di libri in cui _asseriva di dimostrare logicamente l’inesistenza di Dio_, senza neanche scusarsi con Gödel.
La scienza come feticcio, una religione laica, un sistema valoriale, come qualcosa in cui credere anzichè come un metodo per ottenere modelli predittivi utili per prendere decisioni e costruire strumenti.
Ieri Sileri se ne usciva con “credo nella scienza” e “credo nei vaccini”, facendosi sbeffeggiare perfino dalla De Gregorio su Repubblica di stamani.
Mars: Come dico altrove, Bucci sul Foglio sta facendo un ottimo lavoro in merito alla specifica questione AstraZeneca. Da recuperare.
Scusami Rino, non leggevo una lettura così superficiale di Odifreddi dai tempi in cui mi divertivo a fare il provocatore nei gruppi di Comunione E Liberazione.
Ora per carità non che il prof necessiti la mia difesa, perché come si suol dire è uno di quelli per cui il curriculum parla da solo e che il fatto che il suo troppo esporsi in tv (soprattutto in trasmissioni non adatte) gli attiri antipatie è cosa ultra nota.
Però insomma sul tema che tu citi, senza starti a ricordare che la prova ontologica di Godel è stata pubblicata postuma contro la sua volontà (chissà perché verrebbe da dire) mi tocca farti presente che è l’autore del libro “il dio della logica -vita geniale di Kurt Godel, matematico della filosofia”. Per il resto, sulle accuse di scientismo verso il prof, direi che è sufficiente il suo “Come stanno le cose – il mio Lucrezio, la mia Venere” per scagionarlo totalmente.
Ho studiato sul libro di testo di Odifreddi, insieme al Barendregt.
È eccellente, e nessuno può pensare che io parta prevenuto nei confronti del Nostro.
Il “curriculum” — o più esattamente la produzione scientifica originale di Odifreddi, tuttavia, è da anni irrilevante (dal 2005 sostanzialmente inesistente, al netto di qualche recensione) e nel suo complesso non particolarmente brillante: https://www.researchgate.net/profile/Piergiorgio-Odifreddi
Non che il curriculum dei Nostro sia in alcun modo pertinente, sia chiaro.
Per due motivi: il primo è che la competenza specialistica di un individuo può talvolta essere motore della sua azione sociale e politica, ma non *è* la sua azione sociale e politica e certamente non la giustifica (pensare che le cose si identifichino mi pare proprio un sintomo dello scientismo spicciolo che qui si denuncia): Burioni è un brillante scienziato con una produzione ancora ampia e rilevante *e* un pericolo pubblico ogni volta che apre bocca.
La seconda è che non mi sto concentrando sulle convinzioni intime del Nostro, sulle sue intenzioni e sulla sua azione nel vuoto, ma sul suo effetto materiale, che in qualche misura deve essere voluto.
Odifreddi può essere una *persona* squisita, ma in quanto fenomeno mediatico, la cui somma è anche funzione della sua interazione con suoi tossici ammiratori, sostenitori e opliti, mi pare si sia rivelato deleterio.
Mi pare davvero difficile sostenere che l’azione di gente come Odifreddi non sia stato il punto di partenza del fenomeno trasformativo degli ultimi vent’anni che, passando per Burioni che blasta laggente perchè “la scienza non è democratica”, è arrivata alla psichiatrizzazione del dissenso sotto l’appellativo di di “negazionismo” (vedi questo stesso blog) e all’agitare il manganello con La Scienza come pretesto: “TINA, che lo chiede La Scienza”.
Penso che l’UAAR (con cui mi pare di ricordare il primo Beppe Grillo blogger fosse pappa e ciccia non a caso) abbia fatto, a metà anni duemila, un lavoro di semplificazione e polarizzazione i cui danni che stiamo scontando ancora oggi, nella sua rappresentazione di un laicismo da e per secchioni altoborghesi con la puzza sotto il naso.
E stai pensando alla cosa sbagliata di Gödel: ma che te lo dico a fare, questa frase è falsa.
Io mi riferivo alla tua frase originale, che dovrai ammetterlo non è il massimo dell’obiettività, in quanto se Odifreddi aveva un conto con Godel mi sembra che l’abbia ampiamente saldato.
Per il resto non mi interessa di disquisire di curriculum e su Godel non ho le competenze per sostenere una discussione approfondita, se non ti riferivi alla prova ontologica, ok ne prendo atto.
Su PGO io guardo poco la tv e quasi nulla i programmi televisivi, quindi certi comportamenti per cui attira mota antipatia me li perdo. Io parlo dei suoi libri e delle numerose conferenze che ho visto e penso di dire che parlando di divulgazione scientifica Burioni è agli antipodi, nel senso che è deleterio quanto PGO è bravo. _No, non ci trovo proprio collegamenti.
Per quel che riguarda l’UAAR (però stiamo volando OT di un bel po’) di cui PGO è uno dei presidenti onorari (ma forse il meno attivo, non la cita mai nei suoi incontri praticamente), io sono socio dal 2004 e come tutte le associazioni ha le sue giuste battaglie e le sue problematiche interne. Non è un caso che sul locale a Terni ci siamo dovuti inventare Civiltà Laica (come Iniziativa Laica a Reggio Emilia, o Laici Trentini a Trento o tante altre) per sopperire a enormi carenze sul locale. Il rapporto con Grillo semmai ci fosse stato, in termini di singole persone, all’inizio del movimento mi sembra che da un pezzo sia praticamente azzerato. Molto più stretto nonché imbarazzante quello con la rivista Left (e se qualcuno si offende perché ho detto imbarazzante, sticazzi).
Tuttavia, anche qui ti devo bacchettare, perché sentire persone intelligenti che ancora storpiano le parole con i suffissi aggiunti ad hoc tanto per denigrare mi fa ribollire il sangue. Parlo del termine laicismo ovviamente.
Grazie per la citazione. Riguardo alla scienza e al rapporto tra questa e il “potere”, forse confondiamo troppo spesso la scienza con il metodo scientifico. A sto punto tanto vale affidarsi ad un culto. Aggiungo una breve sequenza di pensieri: agli inizi di questa tragica storia, in un impulso di ottimismo, ci si sarebbe anche potut* immaginare che la prepotente entrata in scena di un esemplare di vita organica “allo stato puro” sarebbe riuscita a spostare l’attenzione di tutti sulla complessità che ci circonda, sulla fragiltà dell’esistenza umana, sul fatto che la sopravvivenza della specie dipende dalla partecipazione, dalla cooperazione tra diversi, da relazioni intime, personali che non hanno nulla a che vedere con scambi commerciali. Ci si sarebbe potut* illudere che, d’improvviso, senza nenache aver fatto troppa fatica, la mano invisibile che domina le nostre vite, sarebbe apparsa finalmente a tutti così come in realtà è: sporca di sangue e nero petrolio; personalmente in un “viaggio” in pieno lock-down l’ho vista scappare via come quella della famiglia Addams, a rinchiudersi in una scatola senza fondo. Purtroppo era solo un sogno ad occhi aperti. Invece sono ancora quà, a pagare il mutuo di una macabra casa infestata dallo stesso fantasma che si aggirava per l’Europa 200 anni fà, a contemplare un amletico to vax or not-no-vax? ad osservare capi di stato giocare a fare i bambini, chè ai bambini veri è proibito apostrofarsi nel cortile della scuola. «Chi lo dice sa di esserlo», «chi lo dice sa di esserlo». Questo concetto l’ha gia espresso qualcun’altro su Giap e lo ribadisco: da quì non se ne esce con la sola razionalità o ragione che dir si voglia.
La cosa che mi fa un po di paura è che in qualche modo le persone si stanno lentamente isolando tra di loro. I social non mai stati social ma contatti virtuali,sviluppando tra le persone una forma di amicizia simile ad una illusione dato che npn usano sempre le proprie foto , ma d’altri e tra di loro si raccontano spesso delle balle diventando quelli che non sono. Se parliamo inoltre del covid anche se è vero al 100% crea in qualche modo a noi senza volerlo una abitudine a rendere le persone ad una condotta di vita solitaria e l’acquisto di materiali o alimentari é sempre portato a farlo sempre di più tramite la rete è questo non è un isolamento ?
Non lo so se è un fatto casuale o un piano di qualcuno sviluppato tramite l’uso improprio della rete. Vogliono farci diventare tutti dei perfetti Narcisisti ? Ditemelo voi dato che oramai non ci capisco più nulla di questa storia che stiamo passando.
Ciao, scrivo per segnalare (se Wu Ming sono d’accordo) a chi non lo avesse già letto, questo ottimo articolo uscito su l’Internazionale. Prendetevi del tempo per leggerlo con attenzione. Ne vale davvero il tempo. È una scintilla luminosa in una cantina buia.
A chi frequenta Giap da tempo sembrerà di ritrovare molto di quanto detto qui fin dagli arbori di questa maledetta pandemia, ma vale comunque come spunto di ulteriore riflessione.
https://www.internazionale.it/notizie/zeynep-tufekci/2021/03/18/errori-virus
Buona lettura a tutte e tutti!
P.S. Solidarietà e sostegno ai lavoratori per lo sciopero Amazon di oggi. Daje!
In effetti una considerevole parte delle cose che Zeynep Tufekci ha fatto notare sull’Atlantic qui su Giap le facciamo notare da un anno buono. Con la differenza che farle notare un anno fa – che dico, anche solo poche settimane fa – significava sfidare un consenso granitico per provvedimenti oggi ritenuti insensati, significava cozzare contro un muro di riprovazione per chi dissentiva. Il vento è decisamente cambiato. Bene. Peccato che nel frattempo noi, come altre/i, abbiamo perso amicizie e collaborazioni, per constatazioni che oggi sono senso comune. Amen. Si vede che erano perdibili.
La cosa (non) divertente è che quelle “amicizie e collaborazioni” ora sbandierano l’articolo di Tufekci *contro* giap, dicendo robe tipo: “ecco finalmente una critica ben fatta alla gestione della pandemia, mica quella merda dei wu ming, che sono agambeniani, confindustriali e anche un po’ nazisti!”.
Detto questo, secondo me c’è un aspetto che Tufecki non analizza (sia perché non è detto che una debba analizzare tutto, è legittimo concentrarsi su una parte; sia perché lei è situata negli USA, dove questo aspetto non c’è stato): quello dell’uso dell’ emergenza sanitaria per imporre un dispositivo pesantissimo di repressione del conflitto sociale. Penso alle forti limitazioni al diritto di manifestazione, e anche, scrivendo da una realtà di confine, alle espulsioni a catena di migranti verso la bosnia, alle limitazioni alla mobilità che ci impediscono di organizzare manifestazioni coi compagni sloveni e croati, alla militarizzazione del territorio come non si vedeva dalla morte di Stalin, ecc. ecc.. Questioni che se sollevate in Italia, ti tirano addosso accuse di filofascismo da parte di certe aree di movimento: “ah, anche tu come Pappalardo gridi alla dittatura saniria!!11!”.
Compagno, te l’ho già detto, non andare più alle sedute spiritiche :-)
Sì, il clima che accoglie questo articolo è decisamente diverso da quello di poche settimane fa. E non a caso, come facevi notare anche tu qualche commento più in basso, il governo centrale si guarda bene da imporre misure restrittive allo stesso modo dell’anno scorso. Questo non certo perché Draghi sia magnanimo, come tutta la stampa, inchinata al nuovo Dio, sovente cerca di propinare, ma perché sanno molto bene che queste misure verrebbero rigettate completamente, financo violentemente.
È in questa crepa che si sta allungando e allargando che dobbiamo inserirci [concedetemi il plurale maiestatis] per continuare la giusta lotta sulla scuola, sulla sanità e sui diritti dei lavoratori.
Ciao,
scrivo qui rispondendo in minima parte anche a una serie di commenti nel thread sotto nel quale mi sono perso.
Concordo che ci sia una “crepa” in cui finalmente inserirsi per ribadire ai più ciò che qui è stato chiarito mesi fa.
Quello che si faceva notare più sotto è che questa “finestra di opportunità”, se non viene accolta, sfruttata e presidiata “a sinistra”, presto lo sarà dalla destra e dal centro.
Perché sarà facile “hackerarla” come semplice critica al governo Conte (pur sacrosanta e dovuta) deviando il discorso da ogni riflessione “sistemica” di più ampio respiro sul ruolo di tutti gli attori coinvolti e del “sistema” in cui siamo immersi.
Già me li vedo i “giornaloni”, gli stessi che facevano da gogna al runner solitario o alla mamma col passeggino al parco, criticare ad esempio lo strumento del DPCM su cui sono andati a nozze fino a ieri, quando prossimamente le varie sentenze lo daranno a ripetizione come strumento illegittimo.
Ovviamente senza un barlume di autocritica sul proprio ruolo ma semplicemente avendo trovato “un’altra onda” da cavalcare.
O già mi vedo altri “professori”, economisti, dotti istituzionali salire in cattedra e, criticando l’ovvio e tutto l’evidentemente sbagliato vissuto finora, cogliere l’attimo per imprimere virate ulteriormente autoritarie e “d’emergenza” al diritto di sciopero, alla scuola (la DAD come ottimo strumento anche dopo?), ai rapporti di lavoro (il lato oscuro dello smartworking?) etc. etc.
Quindi sarebbe bene che da sinistra si accogliessero certe riflessioni subito, le si metabolizzassero con tutte le implicazioni della necessaria autocritica (visto che molte misure “venivano da” o sono state prese con “il beneplacito de” “la sinistra” bisogna dire e dirsi “quanto siamo stati sprovveduti e monotematici”) e poi le si impugnassero usandole come il punto di partenza per messe in discussione più generali di “tutto il sistema” ma tenendole ben salde per evitare che qualcuno ce le strappi di mano e le snaturi.
Bello e tautologico (da intendersi qui in senso positivo, come contrario di ‘paradossale’).
Sperabilmente, leverà qualche fettina di prosciutto dagli occhi del lettore di Internazionale, che è spesso rappresentativo di certa nostra sinistra.
Purtroppo – non si può pretendere tutto – viene da un punto di vista americano.
Temo che il lettore medio – specie se non ha esperienza compiuta di società diverse dalla nostra – adagi quello che legge su una descrizione di America stereotipata, senza riuscire pienamente a trarre le inevitabili e ancora più amare conseguenze riguardo alla situazione nazionale.
Ansa, ieri: https://archive.is/wip/edCLn
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[La protesta a Londra] ha acceso un rinnovato dibattito sui limiti legali alle proteste durante la pandemia. Più di 60 parlamentari oggi hanno firmato una lettera, coordinata dai gruppi di attivisti Liberty e Big Brother Watch, avvertendo che la criminalizzazione della protesta “non è accettabile e probabilmente non è legale”.
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Sappiamo che da noi non siamo ancora a questo punto: mi sembra che dopo un anno (e tutte le evidenze sulla diffusione “outdoor” menzionate anche da Tufecki) la soppressione della protesta sia ancora vista come inevitabile e giusta.
A guardare la rappresentazione distorta dei social media (Twitter, Reddit), mi sembra che questo sia ancora più vero presso la maggioranza dei giovanissimi, che è un segnale d’allarme importante (di una destra che ha assorbito il dissenso, di una sinistra asservita e di un’apatìa terribile tra i giovani).
Ecco qualche commento rappresentativo scelto da un thread (https://archive.is/wip/giWML) da un forum dove sono iper-rappresentati gli under 35 italiani, ben istruiti – spesso in campo scientifico – e schierati a sinistra (si vedano le statistiche di qualche settimana fa):
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Portare in piazza i figli a protestare, con una pandemia, è una scelta irresponsabile verso i figli e verso la società.
E’ puro egoismo.
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[…]
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A Padova l’hanno fatta [la manifestazione] ieri. C’erano solo i professori, maestri i e genitori con bambini in età di asilo ed elementari.
[…]
è abbastanza da imbecilli andare nel bel mezzo della pandemia a fare assemblamento [sic] per una manifestazione – per quanto giusta.
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Sono per inciso le stesse parole usate altrove per parlare del diritto dei tramvieri allo sciopero “in piena pandemia” — “per quanto giusto”, sia chiaro…
Però è come dici tu, social e forum possono dare una visione distorta e parziale. A Milano alla manifestazione di ieri per il ritorno alla scuola in presenza c’erano migliaia e migliaia di persone, e non si può dire fossero solo prof e genitori di bimbi. Qui a Bologna si fanno continuamente manifestazioni, e parlando di giovani e giovanissimi una di queste l’ha organizzata Fridays For Future. Anche i No Tav in Val Susa fanno manifestazioni su manifestazioni. Le manifestazioni statiche sono liberamente organizzabili e per andarci si possono anche valicare i confini comunali. Persino quelli tra regioni, se sono manifestazioni nazionali. È vero che la sinistra virocentrica ha ancora molti giapponesi nella giungla, ma la situazione sta cambiando, e rispetto anche solo a due mesi fa è diversissima. Dal punto di vista della praticabilità degli spazi, intendo. Chiaro che il coprifuoco c’è ancora (ma in molte zone i controlli sono finti), che la scuola è ancora chiusa, che cultura e spettacoli hanno ancora le serrande abbassate, che la sanità è impallata, che il dolore psicologico è ovunque, che… Chiaro che la situazione resta di merda. Ma il dispotismo che #iorestoacasa esercitava sull’immaginario e sui comportamenti l’anno scorso è già solo un ricordo, e dove ancora non lo è lo sarà presto.
Indubbio che la percezione dei social sia distorta – però la gente amante del manganello che abita in bolle feudo “di sinistra” esiste veramente dove non dovrebbe semplicemente esistere: mi pare un importante canarino nella miniera.
Concorderai che, comunque, anche la percezione della piazza è distorta: se non altro, hai un meccanismo di self-selection per cui non vedrai mai in piazza una fazione, anche potenzialmente maggioritaria, che ravvisa in Fiorenzo Bava Beccaris un modello.
Permettimi una parentesi: l’ho già detto altrove, ma ravviso una pericolosità trascurata insita nel rallegrarsi che “i controlli sono finti”.
_Quali_ detriti sta rivelando il ritirarsi della marea dei controlli draconiani, permanendo tuttavia i divieti bizantini?
La richiesta di “sicurezza” contro un pericolo, che domina la narrazione, l’obbedienza al capo e l’aderenza a segni distintivi e rituali sono tratti tipici del totalitarismo.
Ad essi tende ad essere simbiotico il bando “soft” di comportamenti considerati antisociali attraverso la “peer pressure” e l’azione di “policing” del singolo: si ha l’assenza di divieto de jure, ma l’esistenza del divieto de facto.
Penso possiamo concordare che sono campanello d’allarme le occhiatacce riservate al passeggiatore solitario a volto scoperto – che pure osserva le norme che prescrivono DPI “all’aperto quando non sia possibile mantenere continuativamente il distanziamento” – o al ciclista, che segue le indicazioni dell’ISS, che da Marzo ne sconsiglia l’uso durante l’attività aerobica.
Tuttavia, temo di più la perversione di segno opposto: la normalizzazione di una società in cui tutto è vietato de jure, ma è tollerato de facto – finchè non si vuole usare strumentalmente il divieto per perseguitare il singolo individuo/gruppo O per emarginarlo.
Credo che si stia ampiamente sottovalutando il rischio di avere virato in tutta Europa lo Stato di diritto verso un modello che, con estrema semplificazione, definirei di “democrazia con caratteristiche cinesi”.
Pronostico che fra dieci anni guarderemo alla foto dei poliziotti che accerchiano il bagnante (che fa da sfondo a questo bel pezzo del Bukowski https://pari.org.za/covid-19-states-and-societies-italy/) come abbiamo guardato alla foto della camionetta e dell’estintore: il simbolo della virata reazionaria brusca.
P.S: Su Il Foglio del weekend c’è una bella critica all’espressione “scuola in presenza”, che raccomando.
Però attenzione, è vero quel che dici tu sulla proibizione de iure / tolleranza de facto finché fa comodo, ma è anche vero quel che si vede rovesciando la questione: non tirano troppo la corda, a differenza dell’anno scorso, perché sentono che “non è aria”. Di fatto a questo giro moltissima gente non si è fatta terrorizzare, la misura è colma, la paura della sanzione (anche solo sociale, ambientale) è calata, si allargano i margini di manovra anche per la critica all’emergenza, solo poche settimane fa un pezzo come quello di Tufekci non sarebbe stato condiviso viralmente – in questo momento è in cima alla classifica dei più letti sul sito di Internazionale – ma soprattutto non avrebbe riscosso questo successo.
Scusa rinoceronte_obeso ma devo chiedertelo, non è che dietro a quel nickname si cela Giuliano Ferrara?
Perché vedo che suggerisci spesso di leggere Il Foglio… Quello che per me e penso per molti altri qui è un foglio per pulirsi il culo e null’altro.
Oltretutto il nickname di Ferrara sui social dovrebbe essere ferrarailgrasso, il che ha un che di vagamente somigliante a rinoceronte_obeso…
Con le tue posizioni a dir poco discutibili siamo a tre indizi, che per una romanziera gialla famosa fanno una prova.
Perdona l’infantile curiosità di un’insonne nel cuore della notte e non avertene a male, prometto che questo fine settimana la cacata del cane la raccolgo con Il Foglio del weekend!
Caro Biggie, visto il tuo nickname mi piace immaginare che tu condivida con me e con Ferrara la panza.
Se ci fai caso ho segnalato in passato anche pezzi usciti su Repubblica, Corriere, Il Manifesto, Avvenire, Guardian, Telegraph.
Spero che tu non ritenga questo motivo per inferire che io sia Urbano Cairo, ecco.
Prima di usare un quotidiano – uno qualsiasi – per raccogliere le deiezioni del tuo cane, vedi se riesci ad approfittare per leggerlo.
Potresti scoprire che, sia pure dietro una linea editoriale più o meno rigida, è fatto da persone diverse (giornalisti, scrittori, a volte figure pubbliche che indirizzano lunghe lettere), le quali hanno idee interessanti o meno; nuove o già sentite; compatibili con le tue o diver… mi correggo: “a dir poco discutibili”, e che questo possa darti un arricchimento che ti perderesti se procedessi direttamente al più che legittimo uso ultimo che ti prefiggi.
Se poi vuoi commentare nel merito l’obiezione sulla pericolosa trappola lessicale della “scuola in presenza” – a mio avviso sensatissima, ma probabilmente tu hai colto qualche spigolo che io, nella mia ignoranza, non ho notato – ecco, penso che possa essere uno spunto utile per tutti.
Peccato, perché per un po’ ci avevo sperato fossi Ferrara. Sai che roba Giulianone su Giap.
Comunque non mi hai convinto. Io a pensare di leggere Il Foglio mi sento sporco.
Secondo la tua logica varrebbe la pena pure leggere Libero, chissà che non ci sia uno spunto interessante per una riflessione su Giap.
Ecco io le opinioni preferisco farmele in altri modi e con altri mezzi. Su uno di questi ci stiamo scrivendo sopra. Ma tu sei libero di fare come meglio credi, occhio solo a non vedere la realtà distorta da quei filtri.
La chiudiamo qui che è già andata oltre e tra poco ci bacchettano (giustamente).
Trovo difficile vedere la realtà distorta dai filtri del Gruppo GEDI, di Libero e di Avvenire _tutti insieme_.
Mi sembra palese che quando si prende un quotidiano (anticamente si sarebbe detto “e non una velina d’agenzia”, ma ora pure Ansa clickbaita che è un piacere) lo si prende _non_ come “rappresentazione fedele della realtà” – se poi filosoficamente un tale concetto può esistere – ma in quanto punto di vista, o almeno somma di punti di vista orchestrati in qualche modo da una linea editoriale.
Tali punti di vista, anche quando sono _apertamente_ demagogia e manipolazione, sono di per se stessi informativi: leggere i quotidiani è conoscere il mondo perchè chi li scrive e chi li legge agisce sul mondo.
A volte sono punti di vista espressi in qualche modo meno intenzionalmente manipolativo, ma con cui siamo in disaccordo.
A volte sono punti di vista con cui ci troviamo perfettamente d’accordo anche se vengono da un fanatico ciccione antiabortista e dai suoi amici (una compagine eterogenea con dentro Makkox, Bucci e Sofri).
(Poi c’è il caso in cui il quotidiano è una merda ma l’inserto sportivo è il migliore sulla piazza, che qui tralasceremo.)
Capisci che non è umanamente possibile che _tutti_ quelli che non portano la nostra bandierina siano in disaccordo con noi _sempre_, o abbiano oggettivamente torto _sempre_.
Perfino Giuliano Ferrara può avere ragionissima su qualcosa e addirittura arrivarci prima di chiunque altro – salvo poi lanciarsi in una invettiva dal sapore medioevale appena si cambia argomento.
Se, oltre a sentirti sporco, la settimana scorsa prendevi in mano il Foglio, ci trovavi, oltre a delle pagine oggettivamente illuminanti dal punto di vista tecnico di Enrico Bucci, biologo con uno sfracello di citazioni, praticamente molte delle _stesse cose_ che abbiamo detto e andiamo avanti a dire qui.
Sapere che qualcun altro le sta pensando (o se sta pensando cose simili) potrebbe essere molto informativo se non altro per capire quando è ora di insinuarsi in quella crepa menzionata da Cugino di Alf, quali siano i confini di questa crepa e chi altri ambisca ad infilarcisi.
Oppure possiamo leggere solo Giap e trovarci tutti d’accordo con tutti ma anche in disaccordo su tutto tra di noi nei commenti, tipo il Fronte Popolare di Giudea vs. Fronte del Popolo Giudaico, mentre là fuori la svolta autoritaria accelera.
Ma non sono sicuro che questo, nel metodo, sia superiore a leggere solo il blog di Nicola Porro.
Secondo me c’è una cosa importante che l’articolo di Zeynep Tufecki al tempo stesso dice (nell’analisi che sviluppa) e non dice (nello “slogan”, per così dire, che ne ricava come conclusione). Il problema è che la cosa che chiamiamo “rischio” è un fenomeno complesso e tutt’altro che omogeneo.
Mi verrebbe da dire che ci sono almeno tre diverse dimensioni in gioco. C’è la *gestione* del rischio, che è una questione di natura politica; la *percezione* del rischio, che si gioca a livello culturale e informativo-comunicativo; e, infine, la *convivenza* con il rischio, che è un problema micro-sociale, in cui entra in gioco la quotidianità delle vite di ognun* di noi.
In più, il rischio che la pandemia ha portato in primo piano non è solo il rischio di contagiarsi. E’ il rischio di sofferenza psicologica, di perdita del lavoro e del reddito, di problemi di salute legati a stili di vita insalubri ecc. Non sono tanti rischi diversi, ma livelli differenti di un unico rischio sistemico; perché è così che, di fatto, si manifestano nelle nostre vite: come tanti volti diversi di un unico, immenso marone. Si può perdere il lavoro, scoprirsi psicologicamente fragili, vedere aggravarsi condizioni pregresse… e al tempo stesso non vedere ridursi il rischio concreto di contagio, magari perché le circostanze della vita ci mettono comunque in condizioni delicate da quel punto di vista.
Il motivo per cui la retorica del “dobbiamo convivere con il virus” non mi attira per niente, è perché, a conti fatti, non fa altro che reiterare questa focalizzazione sul livello micro-sociale, ed esprime persino ad una vena di paternalismo. Della serie: ok, dobbiamo “imparare convivere con il rischio”… ma fino a un attimo prima che qualcuno elargisse la perla di saggezza cosa abbiamo fatto, esattamente, nelle nostre vite di tutti i giorni, se non *precisamente* questo?
Insomma: non è che dobbiamo “imparare a convivere con il rischio”. Ognuno di noi quello know-how lo sviluppa quotidianamente, per drammatica ma inevitabile necessità. Semmai, dovremmo essere messi in condizione di farlo senza impazzire, senza finire sul lastrico e sentendoci tutelati sul piano della salute fisica. La convivenza con il rischio non è semplice e richiede una faticosa negoziazione quotidiana e dialettica (perché le strategie di convivenza sono differenti e danno più peso a dimensioni diverse del rischio sistemico)… ma se a livello di gestione e percezione le cose continuano così, la fatica diventa esponenzialmente più grande. E i costi umani di conseguenza.
> Il motivo per cui la retorica del “dobbiamo convivere con il virus” non mi attira per niente, è perché, a conti fatti, non fa altro che reiterare questa focalizzazione sul livello micro-sociale, ed esprime persino ad una vena di paternalismo. Della serie: ok, dobbiamo “imparare convivere con il rischio”… ma fino a un attimo prima che qualcuno elargisse la perla di saggezza cosa abbiamo fatto, esattamente, nelle nostre vite di tutti i giorni, se non *precisamente* questo?
Risposta: “Sì, ma intanto scarichiamo sulle tue spalle qualcos’altro che non ci eravamo permessi di fare prima. Dobbiamo tutti fare uno sforzo, no? Ora scusa, dobbiamo andare a triturare la sanità lombarda ancora un po’ e cementare qualche montagna, mentre usi tutte le tue energie per difenderti da quelli che ti danno del negazionista e dell’egoista per non voler fare la tua parte. We’re all in this together!”
Ma davvero sentirsi dare del “negazionista” e dell'”egoista”, o viceversa del “poliziotto che vuole impedire agli altri di vivere”, sono cose che succedono così regolarmente nella vita quotidiana? O meglio, nella vita quotidiana *fuori dalla rete*?
E’ una domanda sincera, perché magari sarò fortunato io ma la mia esperienza quotidiana mi suggerisce altrimenti. C’è, appunto, un problema di negoziazione continua, quello sì. Capita di scontrarsi con comportamenti imprudenti e a volte con eccessi di zelo e tutto questo rientra a pieno titolo nel difficile nodo della “convivenza con il rischio”. Ma finora l’unico posto in cui ho sentito la gente attribuirsi i peggio epiteti, da una parte come dall’altra, è stata la ca**o di rete.
La negoziazione è faticosa e stressante, certo. A volte può degenerare in ostilità, e questo crea dei problemi. Ma non mi è mai capitato (e dire che ho attraversato due diversi posti di lavoro in un anno!) di rintracciare nei discorsi delle persone alcuna coerenza così ferrea da poterla attribuire in modo così chiaro ad un campo o all’altro dell’ipotetica (e secondo me puramente… virtuale) contrapposizione ideologica tra negazionisti e virocentrici.
Secondo me, al netto degli eccessi (che indubbiamente esistono, come sempre), le persone in media sono semplicemente spaventate, confuse, stanche… e magari tutte queste cose insieme. E ciascuno cerca di mediare, con tutti i limiti del caso, tra stati d’animo complessi e contraddittori ed esigenze di vita.
Stefano, non sono del tutto d’accordo con l’interpretazione che tu dai della “gestione del rischio”.
Cioè, condivido che in effetti è proprio ciò che abbiamo fatto tutti, ciascuno secondo la propria interpretazione, per non impazzire, ma è proprio qui il problema.
Perché dal mio punto di vista gestire il rischio significa prima di tutto definire che cosa si intende per rischio 0, capire che forse non esiste o comunque è incompatibile con la salute delle persone in senso più ampio e successivamente definire cosa si intende per rischio accettabile nelle varie situazioni. Ad esempio (cito riassumendo male) nell’articolo di Internazionale si dice chiaramente che è teoricamente possibile che un “superspreader” infetti persone all’aperto, ma è un rischio decisamente trascurabile e quindi mettendo insieme tutto (compreso il concetto di minimizzaz. del danno) sarebbe bene che fosse consentito far giocare i bambini insieme al parco mentre gli adulti socializzano, così almeno non lo fanno di nascosto al chiuso in situazioni decisamente più pericolose dove il rischio aereosol e superspreader è documentato e molto più rilevante e significativo. Viceversa non è un rischio accettabile lasciar lavorare insieme delle persone in un ambiente chiuso e senza adeguati ricambio d’ aria e DPI.
Però sono state le norme e le linee guida delle autorità per prime a non saper fare gestione del rischio e a mettere tutti i comportamenti sullo stesso piano o peggio, a sanzionare quelli innocui mentre erano consentite attività “veramente” pericolose. Ed era invece precisamente dalle autorità politiche e scientifiche che avrebbe dovuto venire questa “gestione del rischio”e le relative linee guida.
Quindi ben venga che adesso, finalmente, qualcuno sempre più mainstream «elargisca questa perla di saggezza»: servisse almeno a far capire a tutte quelle persone che loro malgrado sono impazzite mentre cercavano dal basso e dalla loro legittima ignoranza di tenere in piedi le proprie vite mentre fra paranoie e sensi di colpa “gestivano il rischio” che non spettava a loro fare questo lavoro e sobbarcarsi questa responsabilità, ma che spettava invece alle istituzioni che hanno saputo solo “incatenare” tutti a questo doppio legame irrisolvibile e a questo scarico di responsabilità sul singolo cittadino.
Ma io in realtà di “gestione del rischio” non ho parlato. E’ l’aspetto politico del problema. Non si può chiedere a nessun singolo comune mortale di “gestire” un rischio del genere. E’ qualcosa che sfugge alle nostre possibilità di controllo, sia che si parli dei ritmi di diffusione del contagio, sia che si parli di una decisione presa dal governo.
Queste cose le abbiamo subite e le subiamo; abbiamo convissuto e conviviamo con le conseguenze di questo marasma nelle nostre vite e per di più ci troviamo a doverlo elaborare cognitivamente ed emotivamente in contesti confinati (con la totale solitudine come estremo) o, nella migliore ipotesi, “compressi” dallo stato d’emergenza.
Che adesso qualcuno ci dica che dobbiamo “convivere con il rischio” mi fa un attimo saltare la mosca al naso. Come dire… abbiamo dato, no? E stiamo continuando a dare, ogni benedetto giorno. Che adesso sia chi ha il compito di gestire i rischi e chi influenza la percezione a fare, finalmente, il suo lavoro. E a consentirci, quindi, di svolgere più serenamente il nostro quotidiano “lavoro” di convivenza.
E’ questo il senso della mia insofferenza per il frame “dobbiamo convivere con…”. Se preso alla lettera (l’analisi della Tufecki è molto più articolata) suona come l’ennesimo scaricabarile sulle spalle di noi “sfigati”.
Capisco (mi riferisco alla tua ultima frase), ma è uno scaricabarile che volendo si stoppa subito e si rispedisce al mittente. E nell’articolo l’autrice chiama in causa abbastanza chiaramente decisori politici e “Stampa”. É a questi che viene indirizzata la critica di tutto l’articolo e partendo da articoli come questi “ora” (solo ora purtroppo, come dice bene WM1 sopra) forse è possibile fare una più vasta critica pubblica alla gestione di quest’emergenza come quella che è stata fatta in questi mesi dagli articoli usciti sul blog.
Però la critica pubblica “mainstream” è possibile solo se diventa un sentire comune, se quello che a molti era sembrato ovvio diventa un patrimonio e una presa di coscienza collettiva. Se anche “l’ultimo giapponese nel bosco” si risveglia da un incubo e comincia a chiedersi la ratio di molti provvedimenti e il senso di molte restrizioni “autoinflitte” o inflitte alla propria famiglia (cosa non così facile né così piacevole).
Perché lo scaricabarile è sempre dietro l’angolo anche fra chi comanda. E le critiche si fa presto a “deviarle” e a privarle degli elementi più problematici per poi girarle a proprio vantaggio e rispedirle verso il basso così “confezionate”.
Ma infatti l’ho chiarito subito: l’articolo della Tufekci al tempo stesso “dice” (e lo dice piuttosto chiaramente) nell’analisi e “non dice” nella conclusione. La mia non è una critica all’articolo, ma proprio al modo in cui formula verbalmente la conclusione. Sia perché è ambiguo (e quindi facilmente strumentalizzabile), ma soprattutto perché mi sembra poco… rispettoso (e spero di aver chiarito in che senso).
Gli “ultimi giapponesi nel bosco” sono, francamente, l’ultimo dei miei problemi. Non sono neppure molto convinto che il rapporto tra narrazione/critica della narrazione (stampa, mass-media, analisi critica ecc) e sentire comune (quello che la gente comunemente pensa) sia così forte e univoco.
Il rapporto tra le narrazioni dominanti e la coscienza delle persone è contraddittorio, variabile, e di sicuro non lineare. Non segue una dinamica causa-effetto. Non è che perché la narrazione è virocentrica allora le persone diventano virocentriche; o che tutte le reazioni di paura, ostilità, ecc. possano essere viste come “effetto” della narrazione virocentrica. Idem se a “virocentrico” si sostituisce “negazionista” (o qualsiasi altro termine si voglia utilizzare per chi approfitta della confusione mediatica per diffondere stronzate reazionarie). Il modo in cui le persone assorbono, filtrano e traducono in comportamenti le informazioni e i frame che ricevono “dall’alto” è molto più sfumato e complesso… fortunatamente.
Il che non vuol dire che la critica delle narrazioni sia inutile o oziosa. Anzi, è necessaria! Ma secondo me è importante non scambiarla per un’analisi dei comportamenti *delle persone* nella società o per qualcosa in grado di modificarli in modo sensibile. Le “prese di coscienza”, se ci sono, partono sempre dal basso. La critica può fornire degli strumenti per affinarle, ma fine lì.
«Le “prese di coscienza”, se ci sono, partono sempre dal basso»
Concordo, sopratutto sul virgolettato. Mi permetto poi di far notare due cose: primo, sarò banale quando dico che in Italia, non avendo la società civile mai in realtà affrontato il retaggio fascista, il pericolo che le “spinte dal basso” assumano caratteri reazionari e/o che siano strumentalizzate per invocare l’uso della forza e la repressione violenta è elevatissimo; anche se, appunto, banale teniamolo comunque a mente e, sopratutto, mi sento di dire: allèrta. Secondo: parlare di rischio, come si fà nell’articolo linkato sopra, date le circostanze, a mio parere è insufficiente e assolutamente improprio. Il rischio lo puoi calcolare, in qualche modo anche gestire, come ci si auspica giustamente nel pezzo e come si accenna nel commento sopra; mentre, per come la vedo io, se accantoniamo le fantasticherie di complotto e accettiamo il cosidetto “salto di specie” o zoonosi come meccanismo di sopravvivenza di un’altra forma di vita a discapito della nostra, dovremmo di conseguenza ammettere che abbiamo a che fare con un pericolo inconoscibile e incalcolabile e non con un semplice fattore di rischio gestibile e amministrabile (anche economicamente). Se ne dovrebbe quindi dedurre che ciò a cui probabilmente stiamo assistendo è la caduta del mito (tecnicizzato) delle istituzioni quali garanti della sicurezza (oltre che della salute).
“parlare di rischio, come si fà [sic] nell’articolo linkato sopra, date le circostanze, a mio parere è insufficiente e assolutamente improprio”
Dude secondo me stai interpretando male il concetto di rischio in questo caso. E lo dico a ragion veduta per come argomenti la tua critica:
“… accettiamo il cosidetto “salto di specie” o zoonosi come meccanismo di sopravvivenza di un’altra forma di vita a discapito della nostra”
Con questo passaggio presupponi una volontà nel virus che invece non c’è. I virus non sono esseri senzienti e non puntano a sopravvivere a discapito nostro.
Continui scrivendo:”dovremmo di conseguenza ammettere che abbiamo a che fare con un pericolo inconoscibile e incalcolabile e non con un semplice fattore di rischio gestibile e amministrabile (anche economicamente).” Questo è contrario a secoli di storia dell’uomo e della medicina. Convivere con fattori di rischio in un equilibrio dinamico è ciò che ci ha permesso di sopravvivere sino ad oggi.
Infine non penso che si stia assistendo a nessuna caduta del mito tecnicizzato delle istituzioni, che, oltre a non capire pienamente cosa significhi, presuppone anche qui un’interpretazione distorta del ruolo delle istituzioni nel garantire la salute.
Congo, non attribuisco ad un virus nessuna volontà, credimi. So benissimo che l’intenzionalità è caratteristica prettamente umana; grazie comunque per avermi dato la possibilità di precisarlo.
Riguardo alla gestione dei rischi che corriamo, in quanto specie, nell’affrontare pericoli incalcolabili vorrei farti una domanda: a quale «…storia dell’*uomo* e della *medicina*» ti riferisci nel tuo commento?
Personalmente quando parlo di istituzioni intendo quelle borghesi, create da una classe dominante allo scopo di sottomettere quelle subalterne. La stessa classe responsabile della catastrofe ambientale che ci troviamo ora a dover affrontare; mi dispiace solo di non essere stato abbstanza chiaro in prima battuta.
Mi sono perso nei commenti e nei botta e risposta, cerco di chiarire / chiarirmi su 2 punti:
1) presa di coscienza dal basso.
Certo, l’ho detto anch’io credo che l’unico modo in cui una qualche presa di coscienza possa avere ricadute generali e collettive è che questa “epifania” riguardi il maggior numero di persone e venendo “dall’interno” e dal basso.
Però i concetti da qualche parte devono arrivare e non mi sembra che possano germinare nella coscienza di qualcuno se non c’è un esempio, un’immagine, una linea guida che dimostri che “un altro mondo / modo è possibile” facendo scoccare la presa di coscienza che poi sì deve essere personale e “dal basso” e il più generale possibile.
2) Sulla questione “gestione del rischio”. Dal mio punto di vista non si stava parlando di “tutte le zoonosi” ma di questa. E nemmeno tanto degli aspetti medici o evoluzionistici, ma degli aspetti politici e normativi, che dovrebbero essere legati e discendere dai primi, ma che in realtà non lo sono stati del tutto, essendo gli aspetti più tecnici filtrati da tutta una serie di bias generali e anche da qualche interesse particolare.
Inoltre la questione “del rischio” riguarda aspetti più generali e culturali che hanno a che fare con la “rimozione della morte” dal panorama occidentale. E non sto parlando di pandemia, ma di qualunque aspetto della vita, compresa una passeggiata nel bosco.
Se passeggi nel bosco una raffica di vento può farti cadere un ramo secco in testa (e qualcuno poi vorrebbe andare a perseguire penalmente il proprietario del terreno su cui è cresciuto il bosco che “non ha fatto manutenzione”).
Se fai sci-alpinismo puoi romperti una gamba o finire sotto una valanga.
Se vai per sentieri puoi perderti, se accarezzi un gatto questi ti può graffiare e potrebbe anche attaccarti la toxoplasmosi, etc. etc. etc.
Per alcuni di questi rischi ci sono delle giuste strategie di riduzione o di mitigazione (prima di tutto una sana e consapevole formazione su ciò che stai facendo, ma poi vai in moto col casco, indossi le cinture di sicurezza in macchina, usi l’ARVA e leggi i bollettini valanghe quando fai sci-alpinismo), oltre le quali però non si può andare, pena la perdita di libertà o il paradosso.
Non puoi tagliare le unghie a tutti i gatti per paura che ti graffino!
La gestione del rischio e’ una disciplina a se ormai ben consolidata.
Per ogni rischio conosciuto o sconosiuto (known unknown) si analizza la probabilità che accada e l’impatto in tal caso, se ne deduce un livello di criticità ed un piano di azioni.
Per esempio esiste il rischio di contagio all’aperto, la probabilità e’ molto bassa, l’impatto relativamente basso quindi la criticità di questo rischio è bassa e le azioni associate dovrebbero essere di contenimento tipo à è ‘evitare assembramenti anche all’aperto’ e non di chiusura tipo chiudo i parchi, chiudo tutto.
Cio detto relativamente all’origine del virus e di tutta questa storia condivido un bel reportage visto in rai (eppur si muove) https://www.raiplay.it/video/2021/02/Indovina-chi-viene-a-cena-08e6ae24-4863-4ca0-997f-b45d7fd78123.html
Il rischio di una pandemia legata ad un salto di specie e’ cosa nota da molto tempo tanto alle comunità scientifiche (sempre al plurale mi raccomando) quanto a quelle politiche, e la sua criticità è tanto maggior quanto piu si concentrano animali, soprattutto mammiferi, in condizioni inconcepibili ed innaturali, come per esempio i maiali, che hanno una probabilità molto alta di essere serbatoio per il prossimo salto di specie.
Qualcuno ha sollevato il punto ed intrapreso azioni per la riconversione degli allevamenti intensivi per ridurre tale rischio nel prossimo futuro?
(senza considerare il fatto che cio avrebbe buone ricadute anche relativamente ad altri temi quali cambiamento climatico e salute)
Il rischio di crepare se hai ipertensione e prendi il covid e’ relativamente elevato rispetto a chi non ne soffre. Un’azione pratica di mitigazione del rischio sarebbe l’invito alla popolazione intera a ridurre il consumo di carne e specialmente insaccati nonche’ fare movimento (il sito dell’ISS è pieno di indicazioni e volantini che fanno polvere)… ma la risposta vaccino centrica alla lettura virocentrica non lo contempla…
Come altri hanno detto nei commenti (se interpreto bene) la gestione del rischio è praticamente inscritta nella “ratio” stessa delle istituzioni di potere moderne. E a quel livello il rischio esiste solo nel momento in cui viene fatto oggetto di un qualche insieme di dispositivi volti a misurarlo, contenerlo, gestirlo.
Il “rischio” di epidemie e pandemie da zoonosi accompagna gli esseri umani praticamente da quando sedentarietà e domesticazione hanno iniziato a diffondersi in maniera importante, ossia da circa 9000 anni o giù di lì. Ma i nostri antenati non si ponevano il problema di misurarlo, gestirlo e contenerlo nello stesso senso in cui possiamo intendere queste pratiche oggi. Sviluppavano delle contromisure, questo sì (ad esempio i primissimi sistemi di drenaggio degli scarichi; o l’abitudine a separare gli spazi in cui stanno gli animali da quelli in cui stanno gli umani). Ma il complesso sistema di gestione del rischio che vediamo all’opera oggi è un prodotto tutto moderno.
Il problema, più che la “caduta del mito”, è che proprio a quel livello istituzionale sembra essere venuta meno la fiducia nel fatto che un’impresa del genere sia davvero possibile. La conseguenza di questa perdita di fiducia, per tornare alla tripartizione che ho proposto sopra, è che più che *gestire* il rischio, chi opera a quel livello gioca sulla sua *percezione*, lasciando poi alle persone il marone di *convivere* con il carico cognitivo ed emotivo che ne risulta.
Per questo qualsiasi retorica di “convivenza” mi fa scattare un red flag immediato. Perché se arriva da un altro comune mortale come me, la mia risposta sarebbe qualcosa del tipo: “e cosa abbiamo fatto fino ad ora, ogni singolo giorno, fratello?”. Ma se invece arriva da organi di stampa, opinion-maker, politici, “esperti” ecc. sorge il ragionevole sospetto che si tratti solo dell’ennesimo trucco sul piano della percezione per continuare ad evitare il marone della gestione… lasciando sulle nostre spalle l’onere finale della convivenza.
@ Delfo: premetto che la mia non è una critica al tuo commento, solo una replica per ampliare il discorso.
«Qualcuno ha sollevato il punto ed intrapreso azioni per la riconversione degli allevamenti intensivi per ridurre tale rischio nel prossimo futuro? »
Si, sono numerosi i movimenti che si battono sia a livello internazionale che nazionel/locale. Ciò che manca è la partecipazione attiva e uno dei fattori che bloccano questa partecipazione è appunto il deterrente della percezione di rischio. Perchè mai rischiare quando, come si dice nell’articolo su Internazionale, possiamo tranquillamente «sognare la fine della pandemia» oppure attendere serenamente che ci venga offerta dall’alto «una guida chiara su come andrà a finire» in modo da «rafforzare la determinazione delle persone a sopportare tutto ciò che è necessario in questo momento». E poi, ovviamente, la chicca: «La speranza ci aiuterà a superare tutto questo». Il tutto mentre novelli Federico II di Svevia ripropongono diabolici esperimenti su una generazione di giovani in fase di sviluppo.
Amen, fratelli e sorelle, amen. Di cose tipo la redistribuzione delle competenze parleremo solo dopo aver calcolato a dovere tutti i rischi intrinsechi a una tale strategia.
Boh, Stefano credo di essermi un po’ perso, ma secondo me tu ci sta mettendo “il carico da 90” e stai rendendo la questione di “gestione del rischio” più complicata di quel che voleva essere o comunque tirando dentro altre cose.
Perché stando terra terra la gestione del rischio è quella cosa materiale e “ingegneristica” che ha spiegato molto bene Delfo nel suo commento sopra.
E parlando di questa epidemia invece che di decespugliatori l’esempio dell’aria aperta è quello calzante, dove, a un rischio tutto sommato limitato (sto parlando del rischio di infettarsi da un’altra persona all’aria aperta alle distanze corrette) sono corrisposti contemporaneamente linee guida (dall’alto) estremamente restrittive e (dal basso) una certa accettazione da parte del cittadino medio che, non avendo il tempo né le competenze per andarsi a leggere la bibliografia ma avendo comunque una grande paura (e avrei voluto vedere il contrario con la campagna informativa “vigente”) oltre che una disabitudine culturale ad accettare una quota di rischio in qualsivoglia attività, ha preso per buono quanto veniva detto vivendo però sulla propria pelle tutte le contraddizioni e l’oggettiva ingestibilità della situazione
Oddio, Cugino, forse la sto davvero facendo più complicata del necessario. E forse è davvero solo questione di intendersi sulle parole. Anche perché non credo che, al netto, stiamo dicendo cose molto diverse.
La gestione del rischio è indubbiamente *anche* una disciplina tecnico-ingegneristica. Ma non è di questo che parlo, quanto semmai proprio del lato *politico* della faccenda. Ridurre tutta la questione all’aspetto tecnico-ingegneristico ha un effetto un po’ limitante: il coinvolgimento della politica nella “gestione del rischio”, in fondo, non si limita (né si è mai limitato) alla traduzione in decisioni pratico/normative di saperi o tecniche sviluppate altrove – e non possiamo neppure pretendere che sia così!
Il potere ha le sue logiche interne, e i saperi e le tecniche sono più spesso ancillari a queste logiche (o comunque costretti a piegarsi ad esse) che non il contrario. Se non si considera questo fatto, il rischio è quello di cadere in una falsa dicotomia tra potere “competente” e “incompetente” che ha il limite di concentrarsi sull’aggettivo e prevenire qualsiasi ulteriore riflessione sul sostantivo ;-)
A me sembra che almeno dal secondo dopoguerra in poi (ma è una tendenza che risale alle origini dello stato nazionale nell’800) l’ampliamento del ruolo attivo dello stato e della sfera pubblica nelle vite dei suoi cittadini possa essere spiegato molto bene a partire dal tema della “gestione del rischio”. E che, di contro, la crescente sfiducia verso le istituzioni rifletta la consapevolezza che la capacità dello stato liberale-democratico di agire in quel senso non solo presenta dei limiti insuperabili, ma, nel modo in cui si manifesta, genera ulteriori rischi.
L’ipotesi da cui parto (che non è ovviamente un’idea mia) è che le istituzioni abbiano finito in un certo senso per far propria questa sfiducia, e che molto di quello che vediamo (a partire da una certa gestione spettacolare delle questioni legate al rischio e alla sicurezza… ma mettiamoci dentro anche i populismi!) altro non sia se non il suo riflesso. Il potere ha cambiato pelle, insomma.
“A un rischio tutto sommato limitato (sto parlando del rischio di infettarsi da un’altra persona all’aria aperta alle distanze corrette) sono corrisposti contemporaneamente linee guida (dall’alto) estremamente restrittive.”
Eh, la questione che mi pongo io è: PERCHE’? Semplicemente perché i nostri politici sono incompetenti…? O perché qualcuno sta tramando un piano di controllo generalizzato della popolazione…? O perché semplicemente quelli che prendono e influenzano le decisioni sono una banda di sadici…?
Personalmente, nessuna di queste spiegazioni mi convince. A maggior ragione se si va oltre l’esempio specifico e si valuta l’approccio complessivo alla questione, in tutti i suoi molteplici risvolti (piano vaccinale, chiusure, ecc). Penso che vada cercata una spiegazione sistemica di qualche tipo, per provare a capire *perché* il potere si manifesta con queste modalità, in questo momento storico.
Ancora: l’interesse economico privato su cui si fondano le economie capitalistiche è sufficiente a spiegare quello che stiamo vedendo…? Il rapporto con una certa modalità di fare informazione è circostanziale o strutturale…? E noi singoli esseri umani che ruolo abbiamo in tutto questo…? Siamo semplicemente “vittime” o “complici”…?
Di nuovo: sarà un voler complicare all’infinito cose a conti fatti semplici. Però io tutta sta semplicità o linearità sinceramente non la vedo.
“A un rischio tutto sommato limitato (sto parlando del rischio di infettarsi da un’altra persona all’aria aperta alle distanze corrette) sono corrisposti contemporaneamente linee guida (dall’alto) proverò a darti io una risposta, sulla base delle mie esperienze personali, poiché lavoro in una grande azienda con centinaia di dipendenti penso di conoscere bene la natura umana ed è proprio questa la risposta, so che potrà sembrare semplicistica, ed in un certo senso assolutoria verso chi comanda ma bisogna considerare la natura del potere nelle moderne democrazie occidentali, in questo contesto l’opinione pubblica influenza molto le decisioni di chi governa anche e soprattutto tramite gli strumenti che sondano gli umori della popolazione, ma facciamo un passo indietro, quando scoppia il coronavirus in cina nessuno, nemmeno gli esperti sa bene di che cosa si tratta i dati che arrivano dalla cina non sono chiari, complice il fatto che la popolazione cinese e di altri paesi orientali è molto diversa come composizione rispetto alla popolazione dei paesi occidentali, è una popolazione più giovane dove è molto più diffuso il tabagismo, quindi l’età media dei malati gravi e dei morti è notevolmente più bassa, questo fa si che in occidente non si capisca da subito l’aspetto selettivo del virus, la gente normale si sente minacciata e chiede misure liberticide perché ormai è abituata così dalla’andazzo securitario che è moneta battente da tempo ormai, quando poi si capirà a partire dall’estate che questo virus è selettivo e riduce male (quasi) solo gli anziani ed i malati, ecco che quelle stesse masse che inveivano contro i runner solitari, magicamente divengono superaperturiste(tanto a noi gran danni non li farà, saranno cazzi dei vecchi e dei malati),homo homini lupus diceva Hobbes e quanto aveva ragione!!!
“A un rischio tutto sommato limitato (sto parlando del rischio di infettarsi da un’altra persona all’aria aperta alle distanze corrette) sono corrisposti contemporaneamente linee guida (dall’alto) estremamente restrittive.
Eh, la questione che mi pongo io è: perchè?”
Me lo chiedo anch’io da parecchio tempo. Un mio amico mi ha risposto che è per educare le persone a portarla quando serve. Gli ho risposto che se è per questo allora dovremmo metterci le cinture di sicurezza anche quando ci sediamo sul divano!
Io non me lo sono ancora spiegato il motivo, constato solo che la maggioranza della popolazione pensa che sia giusto così, e non c’è verso di fargli capire che non ha senso.
oggi dopo mesi sono andato a Torino, è una città spettrale, morta non di covid ma delle misure anti-covid. Tutti in mascherina a 10 metri di distanza. Invece di invitare le persone ad uscire e stare all’aria aperta si intima di stare chiusi in casa o altrove in attesa di fare il vaccino che ci salverà. Ma non c’è vaccino che possa restituirci i diritti/libertà che abbiamo ceduto in questo anno. E neppure i politici lo faranno.
> Me lo chiedo anch’io da parecchio tempo. Un mio amico mi ha risposto che è per educare le persone a portarla quando serve.
Non so se sia più terrificante l’idea che il governo per decreto possa imporre obblighi inutili quanto degradanti della dignità umana ed equivalenti ad una tortura psicologica (perchè ci saremo pure assuefatti, ma rimuovere i volti da ogni luogo _è questo_, fine), o l’idea che lo possa fare “per educare le persone”.
Va tuttavia osservato che l’unica interpretazione possibile delle ambigue norme del governo sul coprire i volti NON è questa — l’obbligo sussiste “all’aperto qualora per connotati dei luoghi o circostanze dei fatto non sia possibile mantenere il distanziamento”, il che può al limite voler dire “in un capannello al mercato del pesce”.
Ogni altra interpretazione si frantumerebbe in venticinque secondi davanti a un giudice di pace.
È tuttavia chiara la pressione dei politici e dei media a portare il cencio in faccia _tutto il tempo_ (più sotto linko un “cronista” del TG5 che corre dietro a un passeggiatore solitario, in una scena presa dritta dritta da Fahrenheit 451).
Perchè? Spettacolarizzazione dell’emergenza, azzardo: vedi lo splendido articolo del Bukowski.
Come? Gli italiani erano già una popolazione moralista, ma anche impoverita, depressa, terrorizzata, senza prospettive, di trentenni che vivono coi genitori e un lavoretto da fattorini se gli va bene.
Una popolazione da tempo disabituata al dissenso, al dialogo, al possibilismo: TINA mai come in Italia, almeno dai tempi del Pacchetto Treu, e poi il 2001, la Val di Susa, il 2008, il 2011, lo spread, Monti, i PIIGS…
Una popolazione rassegnata e incapace di opporre resistenza.
> Torino, è una città spettrale, morta non di covid ma delle misure anti-covid. Tutti in mascherina a 10 metri di distanza. Invece di invitare le persone ad uscire e stare all’aria aperta si intima di stare chiusi in casa o altrove in attesa di fare il vaccino che ci salverà.
Mettere il naso fuori dall’Italia – almeno prima del 2020 – vivere ad Amsterdam o Londra voleva dire scoprire una “società del possibile”: una società dove è tangibile la mancanza di rassegnazione.
Nel progettare una famiglia, nel progettare un’avventura di un weekend, financo nel vestirsi.
Anche questo Marzo, le ragazze di Londra scoprono l’ombelico e le olandesi osservano il Rokjesdag.
Le nostre si coprono la faccia di azzurro.
> Ma non c’è vaccino che possa restituirci i diritti/libertà che abbiamo ceduto in questo anno. E neppure i politici lo faranno.
Rifugiarsi nel privato e lottare nel pubblico.
Una domanda (ulteriore). Le risposte che date a quel “perché” sono legittime. Ma vi soddisfano davvero?
Se dovessi valutare in base ai discorsi che sento/leggo la tendenza è quella a prendere un tema (l’incompetenza dei politici o le loro tendenze autoritarie, il comportamento delle persone, i dati sui contagi, il capitalismo ecc.) e a farne la chiave di volta di un’intera visione di quello che sta succedendo. Visione che poi spesso, e comprensibilmente, non è né stabile né coerente nel tempo, ma varia a seconda delle circostanze, del contesto, dell’interlocutore.
Quel “perché?”, in fondo, non è una domanda singola ma è un insieme di domande (ho provato a formularne alcune) alle quali forse non è sempre così semplice dare una risposta; domande che se ponderate un attimo possono magari portarci a rivedere o addirittura modificare risposte precedenti.
Per come la vedo io non si tratta tanto di trovare un colpevole o di isolare una causa, ma di *capire una dinamica*. Operazione non semplice, visto che quella dinamica ci tocca e ci coinvolge in prima persona ogni giorno; ma secondo me necessaria.
Dare la colpa alle tendenze egoistiche o gregarie delle persone è una tendenza frequente, ad esempio. Però ha un effetto abbastanza brutto: ci orienta verso forme di ostilità reciproca che non preludono a niente di buono. E se le cose fossero un po’ più sfumate? Le persone cambiano idea, in fondo, e, come ho suggerito sopra, non dicono sempre quello che pensano e non pensano sempre quello che dicono.
Idem per i comportamenti e le azioni: trovare una ragione unica per spiegarli è difficile, così come è difficile trovare sempre una coerenza tra ciò che uno pensa e ciò che uno fa. Un “aperturista” a parole può magari essere, nella pratica, estremamente rigoroso e scrupoloso; viceversa un “virocentrico” trinariciuto potrà avere i suoi momenti di insofferenza e di indulgenza. Siamo davvero così convinti che esista una contrapposizione così chiara e netta tra “noi” e “la gente”?
Io penso che provare ad avere un approccio più “sistemico” alla domanda aiuti anche ad essere meno ostili gli uni nei confronti degli altri, ad esempio.
Stefano, le intenzioni, mancanze e responsabilità di governanti, parlamentari, politici, giornalisti, emittenti televisive, forze dell’ordine, Confindustria mi sembrano acclarate.
Le risposte mi soddisfano appieno.
Stiamo vedendo la messa in scena di un copione già provato a Genova, in Val di Susa, solo che stavolta è di massa.
Da lì a incasellare ogni singolo mio simile dentro uno stereotipo ce ne passa.
Dare la colpa “allaggente ignorante pecorona intrinsecamente malvaggia senza patentino di voto” non lo facevo quando le vittime erano migranti e non podidsti, e non ho intenzione di farlo loro.
La maggior parte dei miei concittadini sono povera gente con famiglia, problemi, rogne che abbiamo tutti, e senza alcuna necessità stanno vivendo come gli operai inglesi dell’ottocento, e si ammalano pure.
Sono vittime.
A volte sono vittime drogate di mala informazione completamente cieche alle responsabilità della classe dirigente, ma vittime.
Presso di essi bisogna insinuare il dubbio, ma soprattutto tendere _amorevolmente_ una mano.
Anche perchè se no – come dice più sotto il Cugino – lo fa qualcun altro.
Io sono arrivato su questo thread disperato, ma sto iniziando a convincermi che saremo quattro gatti, ma vale la pena di provarci.
Le responsabilità sono acclarate anche per me, ma non è questo il punto. La cosa che volevo provare a sottolineare è che a generare queste responsabilità è un insieme di fattori sistemici. È il modo in cui funziona oggi il potere, in tutti i suoi addentellati, a produrre un certo tipo di conseguenze. Questa “configurazione” oltre tutto non si limita al nostro paese – e mi ricollego ad uno dei tuoi interventi precedenti – anche se è su quello che succede qui che ci concentriamo perché ci tocca da vicino e sì, è particolarmente peso.
E’ pienamente legittimo che la risposta ti soddisfi, però sei proprio sicuro che il frame vittimologico funzioni davvero?
Quel frame ha un problema di fondo, ossia che tende ad escludere dal quadro sia la agency delle “vittime”, sia la creatività intrinseca delle strategie di “coping” che le persone attivano sempre, tanto nelle situazioni di relativa normalità, quanto in frangenti critici, traumatici e tragici.
Peggio: tende a non dare loro la parola nei loro termini perché le inquadra preventivamente in quel ruolo. Nel mondo anglosassone al concetto di “victim” viene preferito quello di “survivor”. Laddove la “vittima” è stigmatizzata da ciò che subisce o ha subito (e viene quindi concettualmente confinata nell’eterna rievocazione del trauma) il “sopravvissuto” esiste nel presente e nel futuro, ossia in una dimensione in cui si spalancano interi campi di possibilità.
Più che “tendere amorevolmente la mano”, io penso che dovremmo… ascoltare e condividere. Più che vederci come “quattro gatti” alle prese con il compito titanico di trasmettere agli altri (le vittime) una consapevolezza che non hanno, dovremmo pensarci come parte di un “noi” più generale, una comunità di sopravvissuti a cui spetterà il compito di ripensare da capo tutta una serie di cose, e cambiarle.
Potrà sembrare un discorso astratto, irrealistico ed irenico. A me sembra invece conflittuale (perché il trauma c’è e qualcuno – o qualcosa – ne è all’origine e va combattuto), concreto (perché rimanda ad un piano “orizzontale” di condivisione) e comunque meno irrealistico dell’affidamento su un'”avanguardia illuminata”.
Poi può essere che ho detto una marea di cazzate, eh? Però voglio almeno sforzarmi di immaginare un minimo di positività in un momento altrimenti impietoso.
“Dare la colpa alle tendenze egoistiche o gregarie delle persone è una tendenza frequente, ad esempio. Però ha un effetto abbastanza brutto: ci orienta verso forme di ostilità reciproca che non preludono a niente di buono”.
vedi Stefano mi duole dirtelo ma questa in sintesi è la storia dalla preistoria ad oggi del genere umano, in tanti hanno provato a cambiare l’andazzo ma poi ci sono ricascati dentro a piè pari,la parabola comunista ne è un esempio lampante,
“Le persone cambiano idea, in fondo, e, come ho suggerito sopra, non dicono sempre quello che pensano e non pensano sempre quello che dicono”.
verissimo ma lo fanno sempre in funzione dei loro interessi e delle loro convenienze, dovrò prendere d’esempio la mia esperienza al lavoro durante la pandemia non per metterla sul personale ma per fare esempi concreti di quello che affermo, io sono stato uno dei primi a Bologna ad usare le mascherine i guanti ed altri dpi,era la metà di gennaio, non quando il governo di sx diceva abbraccia un cinese e milano non si ferma ma ancora prima, avevo visto le intubazioni a wuhan, su twitter ed ho pensato con gli aerei il virus arriverà anche qua, nessuno ci crederà ma ci sono tanti che possono confermarlo, al lavoro tutti mi ridevano in faccia e mi perculavano per di dietro, quando scoppia il bubbone anche qua sono venuti tutti a dirmi che ero un grande, oggi sempre quella stessa gente trama perché vengano presi provvedimenti contro di me,perchè faccio troppe assenze scusa covid.
vedi qui non si tratta di tendere una mano o condividere ma capire che al mondo siamo problemi diversi con interessi diversi anche cangianti ma spesso conflittuali e cercare una MEDIAZIONE,che è la parola chiave per la convivenza
non rinunciando a se stessi ma cercando di capire anche le ragioni dell’altro,non cercando la vittoria totale e l’annientamento totale dell’altro
Stefano: c’è gente che sta morendo e gente che sta vivendo di merda senza necessità.
Sono per definizione vittime.
E proprio come dici tu, questo rende la cosa più difficile.
Non ho mai avuto la pretesa di far parte di un’Avanguardia Illuminata (anzi, ho sempre deriso le avanguardie illuminate come ti dicevo altrove), e voglio considerare il prossimo un mio pari (mi riallaccio anche al Cugino, più sotto, riguardo escludere “a colpi di etichette”).
Tuttavia, sono convinto di avere delle informazioni che altri – per i quali tutto va bene e TINA – evidentemente non hanno.
Perchè? Boh, so di avere diversi privilegi, anche solo quanto a soldi che posso sputtanare in libri e giornali anche esteri (che so leggere).
Resta che non puoi “ripensare [..] una serie di cose, e cambiarle” collettivamente, se prima non riesci a riallacciare i rapporti con molti soggetti (questo intendo con “tendere la mano”, non sto parlando di fare la crocerossima), e se prima non insinui il dubbio che qualcosa _vada_ cambiato; che un altro mondo _sia_ possibile.
Dà fastidio anche a me l’immagine dell’ammaestratore di pulci da salotto che spiega ai villici cosa pensare e li irregimenta, non credere, ed è quanto più distante da me.
Forse stiamo dicendo la stessa cosa.
Hieronymus: “al mondo siamo problemi diversi con interessi diversi anche cangianti ma spesso conflittuali e cercare una MEDIAZIONE” sì ma anche no.
Mentre io che ho la sciatica e tu che hai l’asma e gestisci un bar cerchiamo di “mediare”, i soliti stanno scappando col bottino.
È quello che cerco di convincerti dall’inizio: non c’è nessuna barricata, un altro mondo è possibile e può essere un mondo in cui viviamo non peggio tutti e due.
Esempio pratico, come dice qualcuno qua sotto: una bella patrimoniale per acquistare un microfono e un sistema di ventilazione forzata in ogni scuola permetterebbe ai ragazzi di andare a scuola in pace, e non solo non ci farebbe vivere peggio, ma sarebbe una tutela per la nostra salute.
Rispetto alle scuole pollaio o ai bambini che si ritrovano nella cantina dei nonni diminuirebbe (permanentemente) la circolazione del coronavirus _e_, anche in futuro, _tutte_ le malattie infettive, compresa l’influenza.
E poi tutti i discorsi sistemici sull’intero modello di sviluppo, carbone, allevamenti, fatti ad nauseam.
@StefanoR
“Eh, la questione che mi pongo io è: PERCHE’?”
Innanzitutto buonasera, quella che esporrò è una mia impressione su come funzioni la realtà, se qualcuno è in grado di smentire lo ascolto volentieri.
A me viene da pensare che la risposta (almeno in parte) risieda nel fatto che la nostra società in generale (politici, persone comuni ecc.) pensino alla nuda vita (non dico salute, perché quella che stanno cercando di tutelare non è la salute) come ad uno stato che dipende totalmente dall’esterno.
Mi spiego…
Hai preso un raffreddore? Colpa del freddo.
Ti sei preso un tumore? È perché il cibo che mangi è avvelenato.
Hai avuto un ictus? Era destino. E via di questo passo, con pochi che si domandano se i malanni che gli capitano abbiano almeno una qualche causa nelle decisioni interiori e nello stile di vita personali.
Ovviamente anche le cure dipendono non dallo stile di vita personale, ma dall’esterno (e via dal dottore a farsi prescrivere di continuo medicine che tamponano i sintomi, ma non curano i mali).
Con il COVID mi pare che stia succedendo esattamente la stessa cosa.
Ora, il COVID, per quanto sia una goccia se lo si confronta alla peste (per esempio), rappresenta comunque una goccia che, sovrapposta a tutto il resto, ha mandato in crisi un SSN già fragile.
Era pertanto imperativo arginare questa goccia con misure eccezionali.
Ma quali misure esattamente? Consigliando alle persone di cambiare il loro stile di vita? Cominciando a diffondere informazioni su come seguire una dieta sana e fare sport, in modo tale da far trovare al virus organismi più sani e forti (Consigli del genere, del resto, avrebbero anche potuto ridurre l’occupazione degli ospedali per altre malattie, in modo da lasciare più posto ai pazienti covid)?
Ovviamente no, dal momento che l’unico modo per fermare il male è intervenire sull’esterno (secondo la società), l’unica via possibile è quella di arginare i contagi e sperare nel vaccino…ed ecco che il copione si “ripete”: tutti che applicano restrizioni, che indossano la mascherina, che evitano contatti ecc.
Nel mentre, pochi o nessuno si fanno domande sul fatto che i morti di covid siano persone con più patologie pregresse, fra le quali primeggia l’ipertensione arteriosa (causata da fumo, sedentarietà, dieta ricca di grassi ecc.).
@hyeronimus @rinoceronte_obeso
Non so se l’avete notato, ma partendo da punti di vista diversi vi muovete entrambi nello stesso frame. O, meglio, nello stesso “meta-frame”. Che il discorso sia “tutti seguono il loro interesse personale” o che si parta da un’impostazione vittimologica (unita all’ulteriore contrapposizione tra chi “ha le informazioni” e tutto il resto del mondo che invece è TINA) la logica di fondo è la stessa: che nello stesso campo sociale (quello della “gente comune” che quotidianamente convive con/sopravvive al rischio – per come l’ho definito sopra) ci siamo “noi” e ci sono “loro”.
Non voglio dare un giudizio su questa curiosa convergenza tra visioni divergenti su un meta-frame condiviso: voglio solo farvela notare.
@Rafal
Ammettiamo che l’analisi che fai sia corretta. La domanda semplicemente si sposta. *Perché* la nostra società in generale “pensa alla vita nuda come ad uno stato che dipende totalmente dall’esterno”? Come ci siamo arrivati?
Lo so, sono pedante fino alla morte, ma non me ne vogliate: la realtà è che nessuno deve una “spiegazione” o una “risposta” a nessuno. Più mi faccio (e faccio ad altri) certe domande, più mi trovo a dubitare di tante (forse troppe) cose che le spiegazioni e le risposte in circolazione tendono ad assumere come presupposti e a dare per scontate.
Stefano: scusa, ma non capisco dove vuoi arrivare con la storia del “meta-frame”.
Sarò limitato io, ma:
> Che il discorso sia “tutti seguono il loro interesse personale”
È in qualche misura tautologico.
Mai visto gente che passa le giornate a martellarsi le palle senza ricavarne una particolare soddisfazione o contropartita materiale.
> si parta da un’impostazione vittimologica
Per quanto mi riguarda, è fattuale che ci siano vittime e responsabili.
> contrapposizione tra chi “ha le informazioni”
Altresì fattuale.
Non tutti abbiamo le informazioni di tutto.
Nel campo specifico di cui stiamo a discorrere, il ciclista mascherato – a meno che non stia facendo performance art – non conosce la legge, o la biologia, o entrambe.
> il resto del mondo che invece è TINA
“Tutto il resto del mondo” è un’iperbole che hai inserito tu, ma mi sembra che TINA vada per la maggiore.
> ci siamo “noi” e ci sono “loro”.
Più di dirti _esplicitamente_ che è una idea che rifiuto in toto cosa devo dirti?
Stai cadendo nella stessa trappola di hieronmyus, tale per cui se meramente esiste una proprietà P di cui qualcuno gode e qualcun altro no, ecco che P si trasforma automaticamente in un criterio – o una “barricata” – in base a cui dividere la popolazione e impostarci tutta la lettura del mondo.
No, semplicemente esistono i biondi e i non-biondi, chi ama l’heavy metal e chi no.
Non per questo devi impostare la lettura del mondo su un frame tricologico o metallaro.
Giuro, non riesco a capire dove vuoi arrivare, nè cosa proponi.
Una volta che ti sei meramente _pensato_ come “parte una comunità di sopravvissuti a cui spetterà il compito di ripensare da capo tutta una serie di cose, e cambiarle”, come pensi di procedere per uscire dall’eterno lockdown fino alla vittoria?
In effetti, come pensi possa prendere forma nel mondo reale la _comunità_ che esiste in quanto tale solo nel tuo pensiero, e che nella realtà è un mucchio di gente che #restaacasa convinta che “è da irresponsabili parlare di comunità in piena pandemia” [o quale che sia l’emergenza du jour]?
Mi sembra che un assunto-chiave del tuo discorso sia quello di attendere una normalizzazione spontanea del mondo anzichè un suo avvitamento verso la piena distopia neoliberista sotto l’azione di forze prive di contrasto (queste sì, “loro”), un “dopo” oltre il quale ci sarà qualcosa da elaborare con i “sopravvissuti”.
Citando questo stesso blog: _ma dopo quando_?
Ok, vediamo se riesco a trasmettere l’idea in un altro modo, ossia prendendo come esempio non il “vostro” frame (o meta-frame) ma… il “mio” (virgolette d’obbligo in entrambi i casi, e spero che da quello che dirò sia chiaro perché).
Nella conclusione al commento mi attribuisci una certa impostazione di pensiero. Corrisponde davvero a quello che penso? Assolutamente no. Si può scorgere la presenza di un frame del genere tra le righe di quello che ho detto? Assolutamente sì.
Mi spiego.
I frame esistono, a prescindere da noi. Si insinuano nei nostri discorsi a prescindere dalla nostra consapevolezza e dalle nostre intenzioni. E questo vale per me, per te, per hyeronimus… per tutti.
Parli di “fattualità” e di “tautologie”. Esistono sicuramente affermazioni fattuali… ma non sono “i fatti”; i fatti sono sempre un costrutto discorsivo che mette insieme delle *evidenze* e da’ loro un senso. Nel caso delle scienze naturali questo “mettere insieme” si avvale di un metalinguaggio formale basato su… tautologie. Se però si ragiona di dinamiche umane e sociali, nella definizione di ciò che assumiamo come “vero” o “falso” entrano in gioco frame discorsivi che, a differenza dei metalinguaggi, di “formale” hanno ben poco.
I “fatti” sono un prodotto del discorso (per quanto le affermazioni che li costruiscono possano essere controllate rimandando alle evidenze), mentre le “tautologie” in quell’ambito non esistono.
Su questo “discorso”, il nostro controllo di singoli individui è praticamente nullo. Possiamo dire quello che vogliamo: il suo senso e le sue conseguenze non dipendono da noi. Se dagli individui si passa alle comunità, le possibilità aumentano, al pari dei rischi.
Questo è il motivo per cui vedo l’ascolto e la condivisione come unica arma per “fare comunità”. Non è un libretto d’istruzioni; al massimo è (forse) un metodo per gestire quei rischi. Se pensi che così non si possa arrivare a cambiare nulla, è legittimo. Ma allora la mia domanda è: sei davvero convinto che invece l’idea di fondo per cui esistono gli “informati” e le “vittime” presenti dei vantaggi concreti in quel senso? Che ci dia delle soluzioni così chiare? O che il “senso di comunità” che ne potrebbe risultare non presenti più problemi che vantaggi?
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“ognun per sé, miseria per tutti” (cit.)
Buongiorno a tutte. Per prima cosa ringrazio gli autori del blog. Un po’ di pensieri sparsi (al 200esimo e passa commento, mi sembra doveroso!) Mi riallaccio però al commento mi pare di Rinoceronte sulla retorica del “dobbiamo convivere col rischio” che è un po’ il discorso di Zizek su Rumsfeld che ammise pubblicamente l’uso della tortura per i crimini legati al terrorismo. In questo caso con una torsione in più in senso demenziale. Cioè, mi sento anch’io stupido a dover dire l’ovvio, del tipo che nel freddo e nel buio dell’universo, la vita è un miracolo, oppure che è rischioso anche respirare, si possono sviluppare improvvisamente delle allergie, u.s.w.. E sempre rispetto a Rinoceronte (oggi si vede è la sua giornata) sui giornali. Io francamente pensavo che più che altro servano a seguire le orme della preda (scusate nemico di classe non ce la fo, teoricamente corretto, ma praticamente abusato). Propongo un’esercitazione. Nei giorni scorsi Repubblica on line titolava una roba tipo “I no vax minacciano il piano anti covid di Israele”. Mi sembra allora “no vax” un prevedibile epiteto-martello, tipo “negazionista”, di chiunque oserà rivolgere una critica alle attuali, future ed ennesime politiche classiste dell’egemonia al potere (alla fine il lessico marxista l’ho dovuto usare!).
Francamente, anche a me, come agli autori del blog, dei vaccini, non importa particolarmente. Come di tutto del resto ;-) (Semmai mi potrebbe importare di quelle migliaia di esseri umani sani e nel fiore degli anni, che ogni anno muoiono (per me “inutilmente”, per il potere evidentemente no) annegati nel Mediterraneo). E sicuramente l’epiteto no vax nel caso verrà utilizzato a mo’ di clava, in maniera puramente strumentale.Ma dialetticamente anche l’argomento vaccini è sarà e sarà stato usato in maniera precipuamente strumentale.
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Nel mainstream si riduce il discorso sulla salute a quello sui vaccini, sempre nell’alveo del frame virocentrico e scientista. Ma a parte tutto quello che qui si è già detto secondo me il discorso è anche a monte (forse è acqua calda e me ne scuso): in quanto salute la medicina non è scienza, come per esempio l’architettura non è ingegneria.Avete presente il giuramento d’Ippocrate? Che poi la medicina si serva di metodi scientifici (epidemiologia etc.) è un altro discorso, legittimo, ma per me successivo.
Finendo con l’inizio, ovvero con la scuola, mia figlia frequenta il primo anno di liceo e in questo momento è a scuola. Fanno fifty-fifty. Forse anche questa è acqua calda ma anche qui meglio ripeterlo che dimenticarlo che questa emergenza scolastica ricada come ogni altra maggiormente sulle spalle dei più deboli. Da quando? Se devo trovare la risposta direi un progressivo scolorimento del lascito dell’esperienza partigiana.
Pensierino finale per raggiungere il numero minimo di battute. Sul capitalismo (rispetto all’articolo di Wolf qui sopra). Esisterebbe senza le fonti di energia inanimate? Ovvero tra i fattori che hanno innescato il capitalismo queste non hanno una qualche prevalenza sull’accumulazione originaria, lo spirito capitalista etc? Senza il carbone che profitto ci sarebbe stato? Per cosa dico questo? Sicuramente sarebbe utile demitizzare il capitalismo, anche in ambito anticapitalista. Poi…non saprei…Grazie per la pazienza. Buona giornata.
Ah scusate ho scritto un sacco di bischerate e mi son scordato un paio di cose importanti se non altro perchè esperienza personale. Rispetto alla DAD che quest’anno scolastico qui in provincia di Firenze abbiamo avuto prima delle vacanze natalizie, devo dire che avere mia figlia a casa tutti i giorni tutto il giorno per i genitori è stata un esperienza sicuramente e tautologicamente negativa. E per come è organizzata la nostra società per me uno degli aspetti più improbabili è che da genitori “malsani” discendano figli “sani”. Approfondendo il discorso bisognerebbe infatti aprire una critica alla famiglia…
Per quanto riguarda Friday for future venerdì sono sceso a Firenze e devo dire che mi ha abbastanza galvanizzato. Non eravamo tanti, però buoni, niente cappellai con le loro logore bandiere, un gruppo di ragazzi giovanissimi, e più attempati ma rispettosi simpatizzanti, il messaggio molto forte seppure a livello enunciativo quasi inesistente (tipo: salviamo il pianeta!). Ma infatti le parole poco importanti rispetto all’energia. Al centro della scena ungruppo di percussionisti (almeno una quindicina) che con strumenti di recupero (bidoni, latte etc.) hanno sciorinato una bella serie di poliritmie e a un volume apprezzabile. L’aspetto più un rave che le manifestazioni a cui ero finora abituato.
La cosa che a me non torna, mi scuso se mi ripeto, sono questi stupori sul “si doveva fare e invece”. Anche nell’articolo di Internazionale – scannerei un vitello non troppo grasso, siamo appena all’inizio, anche se Atlantic è stato più che decente in questo anno – questo insistere sugli “errori” secondo me non ci aiuta e in un certo senso dovremmo essere molto critici, credo, su questa impostazione. Dire che “alla casa bianca non c’è più un disinformatore”, che l’OMS ha lavorato sodo (chissà se non l’avesse fatto) o “la responsabilità individuale ha svolto un ruolo importante nella lotta alla pandemia” mi pare in modo un po’ furbetto, a me pare indicareil livello assurdo in cui la preoccupazione per quanto si dice è precipitata.
Non fosse altro che per il fatto che qui su GIAP siamo un po’ avanti, queste disfunzioni le avevamo notate già tra marzo e aprile [mi scuso per il riferimento personale ma immaginate l’effetto che può fare su di me leggere “Una delle cose che hanno danneggiato di più la risposta alla pandemia è stata la sfiducia e il paternalismo delle autorità e degli esperti di sanità nei confronti della popolazione” o il paragrafo sul modo con cui comunicano gli scienziati] dicevo che non foss’altro che per quello dovremmo sforzarci di comprendere cosa significa tutto questo, al netto dell’idiozia certo, non sottovalutiamola, ma c’è di più. E su questo di più dovremmo concentrarci perché a me pare che la normalità sia arrivata e come si diceva questa coesistenza tra regole e libertà di disattenderle è un altro tassello che aiuta discrezionalità del potere, che avrà lo strumento “legale” per reprimere. La pandemia è un problema, lo abbiamo detto tante volte, ma è incredibile che passi del tutto inosservato il fatto che basterebbe togliere i brevetti per risolverla in un mese. Incredibile che non lo diciamo noi, intendo.
Faccio una breve digressione non del tutto OT per dire che la “coesistenza tra regole e libertà di disattenderle” o “proibizione de iure / tolleranza de facto” più volte richiamata in questa sede non è un’invenzione della Pandemia, ma qui in Italia (altrove non ne ho idea) è un vezzo del potere molto ben sedimentato e diffuso da anni in moltissimi ambiti.
Regole più restrittive che altrove, sanzioni “draconiane”, procedure bizantine e estremamente attente al formalismo, si scontrano poi con un’applicazione che rasenta l’arbitrio, non foss’altro perché con le scarsissime risorse destinate ai controlli la probabilità di essere colti in fallo è estremamente bassa.
E non sto parlando di controlli di polizia, eh. Parlo tanto per fare un esempio di ispezioni dell’Ispettorato del lavoro oppure dello Spresal, per dire. O verifiche dell’Arpa o della forestale. Quante di queste arrivano dopo un fattaccio o dopo una denuncia o un esposto o magari un contenzioso interno, e quante invece vengono fatte a campione, da funzionari che conoscono il territorio con la funzione di “prevenire” i problemi piuttosto che sanzionarli “dopo” a fatti avvenuti? Immagino e temo che il rapporto fra queste 2 tipologie sia di 10 a 0.
Hai perfettamente ragione. Per lavoro mi occupo di ambiente e territorio e succede da sempre così. Il problema è che la proibizione de iure crea il precedente. Per esempio, sono sei mesi che stiamo con il coprifuoco. Da dopo la guerra una cosa del genere ha precedenti? Coprifuoco poi per cosa? Se tutti locali sono chiusi ed è inverno, ti costa mandare un po di controllo se in una serata più mite 1000 persone si affollano alle 23:00 in una piazza, dopo che hai sbandierato a destra e a manca la linea del rigore e dell’anatema contro i perdigiorno untori? Confesso che ragionarci sopra è a dir poco disorientante, ma resta il fatto che abbiamo il coprifuoco da mesi senza una ragione valida e che il fatto che in pochi se ne preoccupino un po mi preoccupa. Questo del coprifuoco è ovviamente solo un esempio. Il più facile che mi viene. Di incongruenze che hanno risvolti inquietanti ce ne sono molte in questo periodo.
RObydoc Va bene essere avanti ma bisogna sempre fare i conti con la realtà oggettiva.
Tu parli come se noi che siamo avanti fossimo chissà quanti, magari la maggioranza, e invece non è così purtroppo.
Ora non voglio riaprire il solito discorso fra il pragmatismo di castro e l’idealismo di guevara, ricordo solo che ci sono momenti in cui sere uno e altri in cui serve l’altro.
Cancellare i brevetti.
Chi li cancella? Draghi? il PD? Macron? La MErkel? Johnson? Biden? La cina?
Cuba ok è un esempio, ma ti rendi conto di quanto bisogna lavorare per arrivare a fare una cosa del genere in Europa?
Allora dopo la pandemia, se come penso, la politica sx-centro-dx europeista riceverà una scoppola tale che si vedrà il trionfo dei partiti antieuropei (credo almeno in Francia Italia e Germania) ammesso che si allentino i vincoli UE sui singoli paesi (ammesso e non concesso perché penso che significherà l’uscita di altri paesi e quindi semmai la fine dell’UE) non sarà certo una svolta in senso socialista ma in senso capitalista feudatario. Un passo indietro enorme, per cui ci saranno regressioni di diritti sociali e civili (vedi Turchia, Ungheria, Polonia).
Allora dire oggi “togliamo i brevetti” è come dire “aboliamo la proprietà privata”.
BIsognerebbe avere calma e sangue freddo e politici di sinistra (anche se non di estrema sinistra) che sappiano cogliere le opportunità per avanzare quando c’è spazio. La pandemia è stata un’occasione per la Spagna per mettere la patrimoniale. Noi non siamo riusciti a far neanche quello.
Sul “che fare” mi dispiace non ho risposte, spero solo che prima o poi si ricostituirà un nuovo movimento altromondista e da quello poi si vedrà.
Alex ma neanche dirlo si può? Non mi pare ci sia all’ordine del giorno presentarsi alle elezioni e quindi non abbiamo un ceto medio o dei poteri forti da tranquillizzare no? Il lavoro fatto qui su GIAP, soprattutto all’inizio, non si è mai preoccupato di non spaventare qualcuno. Poi non so, la tua “professione di realismo” presuppone qualcosa che a me pare più lontana del comunismo realizzato, i politici di sinistra che colgono le opportunità. Fra l’altro se non ci sono, come mi sforzo di dire, non è un caso o il destino cinico e baro o non ragionano, IMHO, ovviamente.
Però ormai su un sacco di robe abbiamo le idee chiare (insisto: qui) possiamo ripeterle ma – mi permetto di interpretare lo spirito del blog – qui si è sempre cercato di comprendere cosa significano certe decisioni, certe strategie, certi modi di raccontare le cose. A me continua a fare impressione che ti dicano che “eh ma hai idea di quanti passaggi burocartici servano per assumere persone/comprere autobus/requisire immobili/formare personale/prepensionare personale a rischio/assumere insegnanti giovani/(to be continued…)” persone che ripetono come un mantra “SIAMO IN EMERGENZA!!!!”. Una contraddizione che farebbe ridere se non fosse tutto molto tragico.
Cugino, vero che un po’ di discrezionalità si è sempre avuta ed è sempre servita. Ma non credo basti mai, soprattutto in una fase storica che procede a passi spediti verso forme di autoritarismo
MA non è che non possiamo dirlo, NOI lo diciamo eccome. Solo che occorre tener presente che quando si esce da qui siamo un esigua minoranza.
E allora bisogna comportarsi di conseguenza e concentrare l’azione (politica) nel far passare ciò che è possibile far passare.
In questo momento, una patrimoniale all’1-2% o un anno di politiche keynesiane europee sarebbero l’equivalente della presa del palazzo d’inverno IMHO.
Quindi ok, noi abbiamo tutti presente (penso) che in “un altro mondo possibile” la sanità (ma non solo) dovrebbe esser fuori dalle logiche di profitto e resa pubblica perché no, anche tutto ciò che è un farmaco. Però poi cerchiamo di capire chi “appoggiare” anzi, ormai diciamo cosa ricostruire perché nessuna forza delle presenti è più appoggiabile in italia, per fare cambiamenti fattibili in questa situazione contingente.
Il programma di minima per ripristinare una democrazia quanto meno formale (da cui attualmente siamo fuori) se cominciamo con l’abolizione della proprietà privata mi sa che neanche partiamo. :)
Scusa l’equazione “togliamo i brevetti” = “aboliamo la proprietà privata” (in termini di ricevibilità) proprio non regge. Gli ordini di grandezza sono talmente diversi che non credo sia necessario soffermarcisi. Poi non si sarebbe dovuta chiedere l’abolizione di tutti i brevetti e del diritto di brevettare in sè ma, limitatamente alla ricerca e alla produzione del vaccino per il covid-19, considerata l’eccezionalità della situazione e il contributo di denaro pubblico che comunque non è mancato, si sarebbe dovuta chiedere l’adozione di metodologie aperte, orientate alla condivisione. Posto che il blocco dei brevetti è comunque attuabile d’autorità e che alla fine a una sospensione, condivisa o meno che sia, ci si arriverà credo comunque, vista la necessità di vaccinare anche quella parte della popolazione mondiale che al momento sembra essere esclusa da questa possibilità, avrebbe avuto senso adottare la prospettiva della condivisione fin da subito. Avremmo avuto probabilmente un maggiore confronto delle case farmaceutiche sulle rispettive ricerche e forse si sarebbe arrivati a soluzioni più efficaci. Forse anche tra chi è contrario alle vaccinazioni si sarebbe dissolto qualche dubbio. In generale, certamente avremmo già avuto una maggiore disponibilità di vaccini.
E questo sarebbe stato un ottimo punto di partenza.
Far notare poi che c’è qualcosa di così palesemente sbagliato nel poter metter in discussione le libertà fondamentali di molti con i lockdown mentre il diritto di pochi, le case farmaceutiche, a perseguire il profitto grazie alla pandemia resta garantito, non è così eretico. Tutte le volte che ho potuto farlo, nel mio piccolo giro di conoscenze, non ho percepito il rischio di essere messo al rogo.
Questo per dire che a volte la percezione della realtà oggettiva può essere un po’ arbitraria.
Hai centrato _perfettamente_ il punto.
Da un anno e per _almeno_ un altro anno (e temo anche oltre) la vita dei cittadini è stata sospesa e torture arbitrarie al cittadino sono state inflitte, allo scopo di garantire “salute abbastanza” da poter continuare a mandare avanti il sistema produttivo, il consumo e il profitto.
Parchi chiusi, fabbriche aperte, famiglie distrutte, ma immutati profitti stellari di pochi (il solo Bezos ha aggiunto il PIL di una piccola nazione est europea al suo patrimonio personale nel 2020).
È uno scenario che definire “ottocentesco” è riduttivo.
Per motivi esposti da qualcuno all’inizio del thread, sarebbe una semplificazione chiedere di ridistribuire il profitto che si è potuto continuare a produrre “in emergenza”, _attraverso_, _per mezzo_ di quella piccola parte di sacrifici del singolo che ha un qualche impatto (nel mare di quelle che sono pura vessazione e disciplinamento).
Ma che nessuno tra le forze “di sinistra” azzardi a chiederlo è lugubre assai.
Nessuno con un bel cartellone del tipo “fabbriche chiuse, parchi aperti e patrimoniale subito”, o “niente libertà, niente profitto”.
Il cittadino che fa quelle rinunce – che assumiamo per semplicità essere efficaci – che invece il sistema produttivo non fa sta letteralmente _fornendo valore a Confindustria_, senza contropartita.
Non mi pare che questo stia venendo capito in molti posti dove dovrebbe essere ovvio.
La storia emblematica di questa vicenda a mio avviso è qui: https://archive.is/wip/nlfcr
“Lidia, danzatrice che, causa Covid, ha dovuto chiudere la sua scuola e per necessità è andata a lavorare al tornio in una fabbrica metalmeccanica della Valgandino.”
Invece avrebbe potuto ricevere un obolo per insegnare danza ai ragazzi gratis, al parco, se non fossimo in una distopia.
Tuttavia anche “togliamo i brevetti” rimane una semplificazione (per i motivi che ho elencato altrove), e non è affatto un caso che se nei media liberaldemocratici se ne parli più di “patrimoniale” o “tassa straordinaria sui profitti”.
Sono d’accordo su molto, mi concentro sull’unico aspetto che secondo me è più che sbagliato: cade direttamente nella trappola della narrazione tossica.
Mi riferisco al fatto che “passi del tutto inosservato il fatto che basterebbe togliere i brevetti per risolverla in un mese”.
È una semplificazione incredibile, ed è una semplificazione tecnocentrica-virocentrica.
1. Si propone di usare la stessa soluzione che viene proposta dalla narrativa mainstream (vaccinare tutto quello che si muove), solo farlo più velocemente.
Le contraddizioni rimangono.
2. Vaccino? Ma non siamo – da tempo – di fronte a un problema puramente o principalmente di profilassi.
3. Anche “togliendo i brevetti” le dosi e la catena logistica non appaiono comunque dal nulla. Io non ho un bioreattore in cortile (anche se mi piacerebbe insinuare l’idea a qualcuno per vedere se si riesce a rievocare proprio tutti gli aspetti del Grande Balzo in Avanti).
4. Non si può _semplicemente_ “togliere i brevetti” senza un ripensamento di molte altre cose, nel senso che non è praticabile e non è nemmeno una soluzione.
Una “semplice” patrimoniale per comprare dosi e logistica ai prezzi di mercato sarebbe un buon punto di partenza se veramente volessimo spostarci di un passettino a sinistra. Perchè no, magari comprare licenze e mettere su siti produttivi… ma questo era il caso di farlo mesi o anni fa.
As usual,non sono sicuro di aver capito, quindi se ho frainteso mi scuso in anticipo. Esiste un problema relativo alla scarsità dei vaccini che è – per quanto ne so – conseguenza della capacità produttiva di chi detiene il brevetto. Senza brevetto il problema non esiste più, perché tutti possono produrre. Ringraziando chi si deve ringraziare la poliomelite non può essere un “pretesto” per esperimenti dei gruppi dominanti. Il vaccino toglie un pretesto, la sua scarsità in questo momento è un’arma.
Risolve il problema COVID? Per quanto ne sappiamo la risposta è sì, la gente smette di morire e di finire in terapia intensiva e in ospedale.
La questione si complica dopo, cioè nel cercare di capire come questo scenario astratto possa poi far sparire tutti quei provvedimenti e abitudini sedimentati in questo anno. Ma il vaccino non c’entra molto. In questa sede a me pare abbastanza secondario cercare distinzioni con l’INTERA narrativa mainstream – fra l’altro ho qualche perplessità sul fatto che il mainstream dica una cosa del genere – mentre il resto, perdonami, mi pare lo stesso discorso di chi ti dice “ma anche con 10mila posti in più in TI saremmo andati in crisi”. Forse sì (forse no) ad ogni modo si sarebbe retto meglio. Allo stesso modo la catena di distribuzione non avrebbe l’intoppo della mancanza del vaccino, non proprio un aspetto secondario. Non ho capito se è una domanda il punto 2, ma no, non ho mai creduto né pensato che fossimo di fronte ad un problema esclusivamente di profilassi. Cerco di evitare di prendere il colera ma meglio che sia curabile.
Ehm… mi era giunta voce che non si tolgono così i brevetti :-)
Io il vitello lo lascerei direttamente perdere. A parte ciò che già è stato detto, da persona che vive nell’area anglofona resto davvero interdetta davanti al pistolotto su i “gruppi contrari alla vaccinazione e quelli che si oppongono alle attuali misure di salute pubblica”. In base alla mia frequentazione dei media (effettivamente limitata, anche per ragioni di salute mentale…), a me sembrano irrilevanti. E non hanno proprio nessun bisogno di amplificare i messaggi pessimistici: qui domenica è saltata fuori *sulla BBC* (non esattamente un forummino irrilevante) una di Public Health England a dire che secondo lei mascherine e restrizioni sugli spostamenti (qui ci hanno appena proibito di uscire dal paese) andranno avanti per qualche anno, e questo a fronte di più del 50% degli adulti che hanno ricevuto almeno una dose di vaccino, tra i quali la quasi totalità di quelli a rischio, con un “uptake” impressionante (altro che antivax…), morti in caduta libera e ospedalizzazioni idem. Lascio immaginare l’impatto sulla salute mentale di un po’ di persone. Ora Tufecki sta negli USA, ma là da quel che ho capito c’è Fauci che suona la stessa musica; e comunque ogni tre per due salta fuori qualcuno con il bollino blu dell’autorità a cinguettare in inglese qualcosa del genere. Parlare di errori di comunicazione mi pare fuorviante: qui c’è un tot di gente che non capisco se è in delirio di onnipotenza, ha trovato degli aspetti positivi nella situazione e vorrebbe mantenerli anche a discapito di quelli che invece sono precipitati all’inferno, o semplicemente non si rassegna a uscire dalle luci della ribalta; comunque quale che sia la ragione sta veramente soffiando sul fuoco dell’esasperazione diffusa. Meno male parrebbe incontrare reazioni negative; c’è anche stata una manifestazione “contro” (per quanto ancora vietata); ma a questo punto per me va bene tutto, minacciare il boicottaggio sociale, levare il saluto alle persone, bannarle a vita dai pub, basta che sia chiaro che un (bel) po’ di persone da questa situazione ne vuole uscire e chi ce le vuole tenere per loro è il nemico. Insomma che si perdano le amicizie anche quelli a favore delle restrizioni autoritarie. (Devo dire che io da quel punto di vista ho avuto fortuna però).
« Parlare di errori di comunicazione mi pare fuorviante: qui c’è un tot di gente che non capisco se è in delirio di onnipotenza, ha trovato degli aspetti positivi nella situazione e vorrebbe mantenerli anche a discapito di quelli che invece sono precipitati all’inferno, o semplicemente non si rassegna a uscire dalle luci della ribalta»
Ecco, sì, su questo hai completamente ragione, sono d’accordo.
Credo un buon mix dei tre elementi. Qualche complottista ci potrebbe aggiungere anche la sua bella dose di pregiudizio di intenzionalità, ma comunque già le 3 che hai detto sono più che sufficienti a far ristagnare questa situazione.
In più io ci aggiungerei anche una sorta di “Sindrome di Stoccolma” da parte del comune cittadino, diffusa soprattutto fra quelli che più si sono “imparanoiati” fin dall’inizio con il legittimo terrore di ammalarsi e di fare ammalare.
Infatti il refrain “non basteranno i vaccini” lo sto sentendo girare parecchio “dal basso” fra quella categoria di persone, a cui mi trattengo dal rispondere piccato chiedendo “ma ti piace poi così tanto, questa situazione?”
«Allora dopo la pandemia, se come penso, la politica sx-centro-dx europeista riceverà una scoppola tale che si vedrà il trionfo dei partiti antieuropei (credo almeno in Francia Italia e Germania) ammesso che si allentino i vincoli UE sui singoli paesi (ammesso e non concesso perché penso che significherà l’uscita di altri paesi e quindi semmai la fine dell’UE) non sarà certo una svolta in senso socialista ma in senso capitalista feudatario. Un passo indietro enorme»
Su questo purtroppo sono del tutto d’accordo.
Se tutti gli errori e le storture nella gestione dell’emergenza di cui parliamo da mesi non verranno al più presto ammessi, “metabolizzati” ed “elaborati” in senso psicologico dalla sinistra, quegli stessi errori verranno “ridigeriti”, rielaborati e vomitati dalla propaganda delle destre “feudali” come le hai definite tu.
Verranno individuati nuovi (o vecchi) capri espiatori e soluzioni “populiste” alla crisi economica che inevitabilmente arriverà. E allora dagli alla sinistra “al caviale”, dagli all’Europa, ai migranti e ai dissidenti di qualunque tipo.
Verranno propagandate come soluzioni la chiusura delle frontiere e l’autoritarismo e la “regressione di diritti sociali e civili”.
L’unico modo per arginare questa “piena” non sarà dire che è andato tutto benissimo e che “vorrete mica votare loro che sono peggio di noi?” (cosa che invece chi vuole mantenere lo status quo farà di sicuro) ma dichiarare tutto quello che è andato male, fare una profonda autocritica e proporre soluzioni “di sinistra”, solidali e “inclusive” per affrontare la crisi che verrà.
Se attacchiamo a dire cose come “eh ma le partite IVA non sono compagni” altro che feudalesimo…
Tutto giustissimo, ma concretamente che fasemo se non ghe un partito a portar avanti queste rivendicazioni?
Perché per carità, semo tutti compagni e compagne qui su Giap, ma fasemo ridere (con dolore) rispetto al potere di coinvolgimento de chi possiede i mezzi de comunicazione, i partiti, ecc. Semo come l’aratro rispetto al trattore.
E sinceramente vedo tutti, pure i giovani, completamente rattrappiti di fronte a sta situazione. Anni fa se sarebbe scesi in piazza per gli scandali che vengono fora ogni giorno… Oggi invece se chiede la confisca dei brevetti sui social, ma poi ce se varda ben dal rompere i cojoni in piazza…
Dixevo anca mia che dovaresimo vinzer al Totocalcio e comprarse el Grupo GEDI.
Tecnicamente se semo pì de diexe podemo fondarlo un partito nostro, eh, no ga da esar uno de quei che esiste za.
La questione è che comunque resteremmo due cani, benchè raggruppati sotto una bandierina: mancherebbe il consenso.
Bisogna creare quello, e per fare quello serve arrivare al punto in cui _si può_ parlare di certe cose, ristabilendo il dialogo tra esseri umani _e_ facendo un lavoro di debunking sulla narrazione dominante – che sulla carta non ti aspetteresti fosse difficile, date le contraddizioni enormi che porta con sè.
Certo, non è una cosa che si risolve in quattro e quattr’otto.
Magari quattro legislature per avere qualche minuscolo risultato sarebbe il minimo.
Sarebbe, se va tutto bene.
Perchè negli ultimi 30 anni abbiamo preso un sacco di ceffoni mentre il mondo virava verso la distopia neoliberale-autoritaria, quindi qualcosa stiamo sbagliando.
Al buon Cugino di Alf che parla di “sinistra che deve metabolizzare gli errori commessi” rispondo che, santo cielo, il segretario di LeU, che si colloca all’estrema sinistra dell’arco parlamentare, è anche il neo-santo protettore dell’autoritarismo in tutto l’Occidente.
A un certo punto bisogna farsene una ragione.
Faccio un attimo un’aggiunta alla precedente, che è il succo che ho dimenticato di inserire.
Se la crepa come dice il Cugino c’è, e se il momento propizio è questo, e se un barlume di speranza lo vogliamo avere, serve organizzarsi _ora_ per andare a raccontare la nostra versione a più gente possibile _là fuori_, a costo di andare a volantinare casa per casa.
Se anche a forza di guerriglia informativa avrai convinto una sola persona, sarà un partigiano in più, sputaci sopra.
(uffa che palle il numero minimo di battute e il divieto di aggiungere testo ridondante per superare il numero minimo di batt…ops)
Unlogged… mi sembrava ovvio che era il classico ragionamento per iperboli. Però vabbè, certo, non è la stessa cosa.
Detto questo esplicito: la situazione parte da un contesto in cui l’industria farmaceutica è PRIVATA, che si regge sul sistema BREVETTI e che al limite, dietro partecipazione dello stato per alcuni farmaci particolari (ad es Vaccini) può far prezzi concordati.
Quindi, da un anno la Pfizer AZ e co. fanno ricerca (anche con aiuti statali ovvio) ma è altrettanto ovvio che, al di la degli impegni (e su chi li abbia rispettati o meno, personalmente non è che mi fido di cciò che dice la Van der Leyen), stabiliscono i prezzi.
Quindi, in sitesi, cosa si poteva fare? Non certo dire “togliamo i brevetti” semplicemente perché non hai la forza di farlo e neanche la volontà di chi ci governa. Si poteva FORSE, se avessimo avuto le palle per scendere in piazza “cattivi” nonostante i divieti, costringere a dirottare i fondi di altro (tav, f35, 8×1000 e mi fermo qui per carità di patria) sull’acquisto di una quantità tale di vaccini per cui adesso avevamo in Italia la stessa percentuale di vaccinati dell’inghilterra.
Dire “togliamo i brevetti” mi sembra una delle cose più irrealistiche da proporsi, ma forse mi sbaglio spero di essere smentito.
Caro @alexjc, Pfizer é il rentier per eccellenza, parassitario nei finanziamenti alla ricerca da parte del pubblico, é il pesce grosso che lascia la ricerca dei farmaci( presumo anche nei vaccini) alle start up per poi eventualmente comprare se intravede il business.dal 2001 la deroga é prevista nella stessa Omc nonostante ricordiamo tutti che anni furono, se l’altermondismo serví non saprei, ma la licenza obbligatoria come istituto ha cento anni. Ora.. in Aipc é prevista, alcuni paesi la pretendono cosa avrebbe di cosí destabilizzante ammettere questa eventualitá? I mercati fibbrillerebbero un po’ e l’ economia si surriscalderebbe, magari si alzasse anche un po’ di inflazione?
ho evidentemente grossi problemi di comunicazione, ci riprovo.
Non è che sono favorevole a tenere i brevetti sui vaccini. Ho detto che noi possiamo scriverlo QUI quanto ci pare, e forse per qualcuno basta questo, ma “fuori” ovvero nel mondo reale non cambia una virgola il fatto che io qui scriva “bisognerebbe togliere i brevetti sui vaccini” perché nessuno lo farà mai.
è altresì ovvio che se io scrivo QUI “l’UE doveva spendere i soldi delle armi per comprare un numero sufficiente di vaccini” anche di questo nel mondo reale se ne sbattono.
Se invece vogliamo parlare di cosa SAREBBE POSSIBILE FARE la fuori ora, con le forze politiche che ci sono in questo parlamento (e nel prossimo non è che cambieranno di molto) io dico che SE ORGANIZZIAMO una proposta (limitando il discorso all’italia) che obblighi lo stato a dirottare alcuni fondi sull’acquisto dei vaccini FORSE (e che sia chiaro FORSE) e IMHO (e che sia chiaro che è la mia personalissima opinione) c’è più possibilità di coalizzare una serie di forze a tal fine che potrebbero avere un qualche successo. Nel caso di togliere i brevetti (sempre FORSE e IMHO) non credo.
Lo stato di fatto che descrivi è assolutamente condivisibile. Però ripeto il punto non è “togliamo i brevetti”. Questo, per quanto auspicabile, deve essere un processo di maturazione collettiva, cui giungere eventualmente a tempo debito. Il punto è far notare che il sistema dei brevetti oggi sta costando sofferenze e vite umane e che in questo caso specifico è giusto chiedere una deroga. A me pare che la sproporzione tra i diritti delle case farmaceutiche e quelli del resto della popolazione mondiale sia così evidente che mi sembra di argomentare l’ovvio. Mi meraviglia che non ci sia stato e non ci sia ancora un consenso maggiore su questo tema.
Comunicazione di servizio riguardo al “cosa è possible fare”:
«Non ne usciamo se non mettiamo il culo in strada […] Nei prossimi due mesi si decide il futuro della scuola in questo paese e per come sono i piani non sarà roseo» scriveva Plv il 26 di Febbraio. Non credo che sia eccessivo quindi affermare che nei prossimi due mesi ci si gioca anche il futuro di tutt*. Si è parlato, oltre che di vaccini, ovviamente, un po troppo poco di scuola a mio parere; in alcuni commenti si accennava, tra le altre cose, al concetto di rischio; credo sia opportuno valutare che tipo di rischi corra una società nella quale l’accesso ad un educazione di qualità diventa sempre più un privilegio riservato alle classi più abbienti.
Cosa fare, dicevamo: volevo solo ricordare che tra due giorni, il 26 Marzo, in oltre 60 centri urbani, si svolgerà un’importante mobilitazione per chiedere investimenti per scuole sicure in presenza, stabilizzazione dei docenti precari, aumento del personale ed eliminazione delle classi pollaio. PaS ha una pagina FB con più informazioni a riguardo. Sarebbe opportuno che a portare il culo in strada fossero non solo studenti, docenti e genitori ma anche persone che con il mondo della scuola non hanno un coinvolgimento diretto. Senza cultura siamo fottuti, altro che vaccini.
Grazie Dude, tra le diecimila cose me l’ero persa e mi ero perso il fatto che ci fosse nelle città anche la mia Terni.
Niente non è dopo un anno di proteste a suon di click.
Fra le altre cose colgo l’occasione per segnalare che ho messo insieme un po’ di robetta sul fatto che l’ambiente outdoor (all’aria aperta) sia il luogo più sicuro per proteggersi dal virus con le solite numerose insensatezze che comporta l’assurdistan.
https://www.civiltalaica.it/cms/index.php/one-year-of-covid-ii-parte.html
Tanto perché “niente resterà impunito” come diceva Cuore ai bei tempi.
En passant, durante quest’anno uno che pure era nella redazione di “Cuore” in una discussione social mentre evidenziavo come l’obbligo delle mascherine all’aperto non fosse servito mi ha detto: “e allora perchè i telegiornali dicono altro?”. E poi prendevamo per culo i berlusconiani…
Fatto benissimo a postarlo qui, la notizia non mi sarebbe altrimenti arrivata.
Grazie di cuore.
Ci sarò.
Faccio una parentesi: attenzione a chiedere _scuole sicure in presenza_.
Devono esserea anche scuole _umane_.
Sento di molti ragazzi che ben comprensibilmente preferiscono al DAD al vivere in una quotidianità distopica che anche nell’ottica più stringente possibile si potrebbe eliminare con 7000 euro di impianto (vedi altro commento più sopra), volendo.
Da lì, si passi poi alla pretesa di semplice qualità della vita – anzi, di vita dignitosa per tutti, senza torture psicologiche gratuite e aggirando il PdV securitario o del profitto, uniche due misure di cui si parla da un anno a questa parte.
Anche io ci sarò. Per sicurezza parliamo di ABC: art. 3, co. 2, del d.lgs. 81/2008 ha disposto, per quanto qui interessa, che per gli istituti di istruzione ed educazione di ogni ordine e grado, le disposizioni del decreto legislativo sono applicate tenendo conto delle effettive particolari esigenze, che ha disposto, per quanto qui interessa, che dovevano essere individuate, entro 24 mesi dalla data di entrata in vigore del medesimo decreto legislativo, con regolamento emanato con decreto interministeriale, acquisito il parere della Conferenza Stato-regioni, sentite le organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale. Il decreto non è mai intervenuto.Fonte di questa informazione è dossier n° 241 – Schede di lettura, 10 dicembre 2019, su proposta di legge A.C. 2214 che recepisce le richieste contenute nel Manifesto per una proposta di legge sulla sicurezza scolastica predisposto da alcune associazioni nei primi mesi del 2019.
Probabilmente una quota di lavoratori della scuola che li dovrebbe educare preferiranno a loro volta le loro ore in DAD domani piuttosto che scendere il culo in piazza rinunciando a 80euro?
Guarda, conosco diversi insegnanti e sono incredibilmente resistenti, e non è per gli ottanta euro.
Conta che quelli che conosco io:
1. sono mediamente un bacino elettorale dei due partiti in maggioranza nel 2020 e sono piuttosto polarizzati (“dagli al negazionista leghista malvagio!”)
2. sono mediamente adagiati sulle posizioni di Repubblica, per questioni di appartenenza ideologica _e_ culturale (vedi sopra)
3. hanno un forte senso dell'”igiene morale” (“è da irresponsabili fare [inserire pratica di resistenza] in questo momento”, anche quando è evidentemente senza conseguenze)
4. quelli che insegnano certe materie spesso sono completamente subalterni alla narrazione governativa rispetto agli aspetti biologici-quantitativi per mancanza di preparazione di base, e in particolare, nella mia esperienza, sono terrorizzati dal contagio anche nel deserto.
Mah evidentemente sono io capatosta ma sul COSA POSSIAMO FARE sono sempre dello stesso avviso, e non è certo quello di spendere ancora di piu per i vaccini.
a distanza di un anno l’unica soluzione proposta alla problematica virocentrica resta quella vaccinocentrica, che in maniera frattale sembra semplicemente dirci “guardate che qui è tutto normale”, il dogma capitalistico continua la sua autopoiesi indifferente alla morte di pochi ed al terrore di tanti.
Io la lotta la articolerei su tre assi principali
1) pretendere massima trasparenza sui vaccini (tu mi dai tutti i dati grezzi sugli studi fatti se no l’autorizzazione non te la do’) ed un margine di guadagno minimo, dove minimo personalmente dovrebbe essere zero. L’interesse pubblico a mio avviso dovrebbe venire SEMPRE prima di quello privato. Se ciò non è vero neanche in una situazione simile di cosa stiamo parlando?
2) pretendere investimenti su campagne di comunicazione volte a potenziare il sistema immunitario degli individui. Paga l’agenzia di comunciazione piu figa del mondo perchè caghi una campagna di comunicazione che spolveri i volantini del sito dell’ISS e faccia apparire figo smettere di fumare ed abbassare l’ipertensione
3) pretendere i microdati. Ad oggi,ad un anno di distanza, l’analisi sulle caratteristiche delle 100mila persone decedute è limitata a 6713 cartelle cliniche analizzate https://www.epicentro.iss.it/coronavirus/sars-cov-2-decessi-italia Combinando microdati ed A.I. potremmo conoscere molto meglio le caratteristiche epidemiologiche del virus e rispondere in maniera appropriata.
Ma forse è piu comodo aizzare il popolo contro i no vax, ultimo confine tra la loro reclusione e la normale libertà
P.S: le scuole vanno aperte SUBITO, la loro chisuura e’ semplicemente un altor sintomo dello stesso male
Però chiariamo che lo schifo che sta avvenendo sui vaccini è un problema di sistema di commercio, di liberalismo, non di efficacia o sicurezza dei farmaci in se.
Concentrarsi a criticare il “vaccinocentrismo” mi sembra una perdita di tempo. Anche con il socialismo, i vaccini sarebbero comunque la risposta più adeguata ad una emergenza di questo tipo. Non basterebbe certo invitare a farsi una corsetta e mangiare verdure ogni giorno.
Per lo stesso motivo, anche il punto 2 sembra una mezza pagliacciata new age/pro life.
Non fraintendetemi, penso assolutamente che con i vaccini si voglia dare la risposta più facile e rapida ad un problema strutturale, più ampio e più complesso. Lo smantellamento della sanità pubblica è un problema serissimo. Però non è certo dando addosso ai vaccini che si ottiene maggiore attenzione sulla sanità. Anzi penso sia vero il contrario.
Perfettamente d’accordo con te Biggie, anzi come più volte ho cercato di spiegare è stata proprio la mentalità (tanto per usare un eufemismo) no-vax ad aprire le porte al modo di ragionare speranzoso del “non possiamo sapere se…” (aggiungere a piacimento: “il virus è nell’aria” “il virus è nell’acqua di mare” “il virus sopravvive anche ai raggi B delle porte di Tannhuser” “il vaccino funziona” “il vaccinato sarà contagioso” etc etc) che ha consentito di chiudere qualunque cosa infischiandosene dei diritti umani mettendoci paura l’uni degli altri in primis e poi anche di ciò che avevano toccato gli altri.
Però non c’è niente da fare il pregiudizio antiscientifico che porterebbe ad accusare di scientismo anche chi usa una calcolatrice non sente ragione alcuna (più o meno lo stesso atteggiamento di Fusaro che incolpa Darwin del capitalismo)
Ma assolutamente.
La risposta italiana – e in misura minore mondiale – alla pandemia è stata una risposta *grillina*.
Ci sono tutti, ma proprio tutti gli ingredienti del grillismo dal 2007 ad oggi.
L’autoritarismo e la violenza (il grillismo è sempre stato intrinsecamente violento ed eversivo).
L’irrazionalità e la mistificazione rispetto all’evidenza scientifica, specie dove la scienza sia in grado di dare evidenza di assenza.
La guerra senza quartiere per il rischio zero (si può ancora terrorizzare un grillino dicendogli di stare attento all’E330), specie se contro presunti agenti nell’aria (podisti = scie chimiche!)
E poi il moralismo (ricordate le “spese morali”?).
Le magie tecnologiche improbabili come soluzione facile a tutto.
Maledetti.
Mah, non so, io in teoria sarei anche d’accordo (sono un tecnico, uso la calcolatrice e mi incazzo parecchio quando non-tecnici e dilettanti lettori di qualche riassunto su internet vengono a questionare su mie precise scelte tecniche, che sono sempre opinabili ma solo da chi abbia la mia stessa laurea e esperienza confrontabile).
Però a pelle non ci riesco (ad essere d’accordo dico).
Certo, la dittatura degli incompetenti è veramente pesante da digerire, ma anche una dittatura di Geni sempre dittatura rimane.
Ricordiamoci sempre che la scienza non è neutrale e che il potere e il capitale hanno i mezzi per “assoldare” le teste migliori a cui dare soldi, prestigio, visibilità e soddisfazioni professionali.
Quindi ben venga una lotta contro gli scientisti a forza di scienza e di scienziati con il cuore da Jedi, però liquidare i punti di Delfo a un invito «a farsi una corsetta e mangiare verdure ogni giorno.» mi sembra riduttivo e poco corretto.
Certi atteggiamenti secondo me servono solo a “tagliare” fuori “dalle lotte” tutta una serie di soggetti a colpi di etichette: tu no perché sei no-vax, tu no perché ti curi dal naturopata, tu no perché l’omeopatia è ‘na cagata, tu meno che mai perché hai la partita IVA (a proposito di tendersi la mano e di non spingere consenso vs le destre bellissimo l’intervento di un editorialista di Repubblica l’altro giorno) etc. etc.
Cugino, io cerco di non approcciarmi razzisticamente a chi è “critico” [eufemismo] nei confronti della scienza comunemente accettata. Ma allo stesso tempo non sono disposto ad accettare compromessi in funzione antigovernativa. Mi sembrerebbe di sdoganare pratiche pericolose che hanno adepti molto spesso aggressivi e irragionevoli. E non si tratta di tagliare fuori dalle lotte certi soggetti, è proprio prevenire che certi soggetti mandino in vacca battaglie giuste e raggiungibili.
Ovviamente la mia era una riduzione semplicistica del pensiero di Delfo e non era intesa ad offenderlo personalmente.
Dire che “La scienza non è neutrale” è come dire che “la filosofia non è neutrale” o, per iperbole, che i linfociti T sono di destra e i globuli bianchi di sinistra.
GLi scienziati spesso non sono neutrali ma la scienza lo è, altrimenti alle elezioni voteremmo per il partito dei chimici, quello dei matematici o quello dei fisici e alla fine vincerebbe sempre quello dei medici (che vuol dire “guarda che nel locale è già così?” :D … perdonate ho il vizio di prendermi in giro da solo soprattutto quando faccio i discorsi seri).
Semmai spesso è la TECNOLOGIA e lo strumento prodotto per un apposito uso che non può essere neutrale se è dichiaratamente fatto per alcuni fini.
Io non escludo nessuno e per quanto sono un tecnico di laboratorio e mi affido nelle mie scelte al metodo scientifico, posso dire che pratico Qi Gong da più di quindici anni e per quanto non abbia mai neanche sfiorato le illuminazioni promesse dai Sifu, sono convinto che buonaparte delle malattie per cui si spendono un sacco di soldi in farmaci e terapie sono psicosomatiche che potrebbero essere risolte in maniera diversa. Qi gong compreso.
Anche se ho fatto un corso di due mesi in omeopatia, lo offriva la facoltà di Farmacia come percorso formativo, e quindi per questo so che Piero Angela ha perfettamente ragione nel dire quel che dice (e infatti i tribunali gli hanno dato ragione), non consiglierei MAI ad uno che prende farmaci omeopatici di smettere di prenderli.
Dopodichè è chiaro che se dobbiamo decidere (come Stato) che fare per uscire da una pandemia virale e uno mi dice che non dovremmo spendere soldi per i vaccini ma per propagandare la dieta ayurvedica se permetti il consiglio lo metto nel cassetto.
Se poi uno vuole restare alla figura demenziale dello scienziato pazzo che vuole dominare il mondo, del vivisezionista che gode nel torturare i gattini, del biochimico a capo di big pharma che con i soldi di bill gates usa il mercurio dei vaccini per farti venire la febbre (figure che non vanno ormai più bene non per i fumetti ma neanche per le favolette per spaventare i bambini) e in un movimento la maggioranza la pensa come lui, di certo QUELLO non è il MIO movimento.
Posso avere la facoltà di dirlo questo?
Ma mi sembra che nessuno ti abbia detto di aderire a un “movimento” del genere (per quello abbiamo già avuto i grillini) né mi sembra che si sia richiesto di destinare i soldi dei vaccini a propangadere “diete ayurvediche” come dici te. Io dico solo di non guardare con eccessivo disprezzo a chi nell’ambito delle critiche allo status quo esprime dubbi che possono apparire antiscientifici.
Tornando “al virus”, mi sembra tuttavia che lo “stile di vita” in cui il sistema porta a vivere la maggior parte delle persone non sia sano e conduca a patologie pericolose già indipendentemente dal Covid e che (a una prima impressione) aggravano il quadro clinico in caso di contagio.
Qualche soldo quindi, invece che per diete ayurvediche, potrebbe essere speso per capire meglio le dinamiche dell’infezione: perché alcuni non lo prendono, altri non si accorgono nemmeno di averlo preso ed altri passano mesi in terapia intensiva o muoiono? Si può intervenire su qualche concausa per proteggersi dal virus? Ad es. l’aspirina serve o no? Quantomeno come prevenzione degli effetti più gravi ?(letto di differenza in pazienti trattati con la cardioaspirina per problemi pregressi)
Ovviamente un fondamentale modo per proteggersi e per mettere al sicuro le categorie più fragili è il vaccino, questo è un punto fermo.
Ma il vaccino non è ancora per tutti, e poi resta il punto generale: se nel 2025 arriva un’altro ceppo di un’altra zoonosi, che facciamo? Ricominciamo tutto da capo? Anche le limitazioni alle libertà personali?
Circa la scienza, hai ragione, la non-neutralità è più un problema degli scienziati da una parte e delle “applicazioni tecnologiche” dall’altra, la scienza è una cosa più astratta.
Quello che intendevo dire è che non sempre si lavora su questioni così “semplicemente” misurabili e confrontabili, ragion per cui anche la semplice raccolta e poi l’interpretazione dei dati si presta a errori o bias in buona fede o a vere e proprie “pressioni” politiche per favorire una teoria piuttosto che un’altra.
Bias e pressioni che riflettono lo stato del potere in quel momento. Poi magari mi sbaglio e il mio è uno stereotipo, ma la medicina e il concetto di salute secondo me sono uno di quei campi. PS: sull’omeopatia la penso come te.
Mi hai detto che stavo escludendo qualcuno e io ti ho risposto che semmai ero io che mi autoescludevo, tutto qui.
Per il resto , e poi accolgo l’invito di WM1 a mollare l’osso su questo 3d (anche perché ieri sera ho trovato “La Q di Qomplotto” nella cassetta delle lettere e nei prossimi giorni sarò impegnato ;) ), proprio perché dico che non si può neanche pensare che nella prossima pandemia (che inevitabilmente ci sarà prima o poi) faremo la stessa follia di chiusurismo che bisogna accantonare un certo tipo di pensiero antiscientifico.
Perché la si può pensare come si vuole ed è sempre brutto dire “ve l’avevamo detto” ma ebbene sì: “ve l’avevamo detto” di non seguire certi individui disposti ad accantonare la scienza per fare a pesci in faccia in diretta tv.
Le previsioni di chi seguiva i manuali di virologia (e pianificava TTT per tempo) ed usava le “celulline grigie” di Poirot com’è stato fatto in questo blog (uno dei pochissimi) sono state tutte corrette, quelle basate sul “non possiamo saperlo” (virus che resiste mesi sull’asfalto, che resiste all’acqua di mare, di gente che ti contagia guardandoti negli occhi, mancava solo la mascherina per fare le videoconferenze e poi c’era tutto) le hanno sbagliate tutte o quasi.
Dopodiché certo il mainstream racconta una cosa diversa. Per ora.
Buona giornata!
Faccio anch’io un’ultima chiosa (e mi scuso anche per il post di prima, arrivato “dopo” la mozione d’ordine ma iniziato però prima, la mozione l’ho vista solo dopo aver schiacciato “invio”):
D’accordo sempre sull’usare le celluline grigie, ma quelli che dicevano «“non possiamo saperlo” (virus che resiste mesi sull’asfalto, che resiste all’acqua di mare, di gente che ti contagia guardandoti negli occhi, mancava solo la mascherina per fare le videoconferenze e poi c’era tutto)» con gli effetti che abbiamo visto certo utilizzavano un modo di pensare intrinsecamente illogico e a-scientifico, ma guardacaso mi sembra fossero quasi tutti “pezzi” dell’establishment a vari livelli, non certo fricchettoni new-age o “patiti del fitness”.
Se poi vuoi dire che il modo in cui è stato usato il “non possiamo saperlo” è alla lunga “colpa” del modo di pensare new-age che ha contagiato l’intera società e pure illustri scienziati televisivi, boh, forse hai anche ragione (è più un problema di cultura generale sedimentato nei decenni); io comunque continuo a trovare più innocuo e su alcuni argomenti più “ispirato” (anch’io scherzo con le iperboli, spero che capirai i limiti di questa) un fricchettone da cui basta allontanarsi per recarsi dal proprio medico o ingegnere di fiducia per le cose “serie”, che un tecnocrate alla Saruman che vuole imporre a tutti l’unico modo giusto di fare le cose e che non ti permetterebbe di dire quel che dici sugli effetti del Qi Gong.
Scusa l’ulteriore precisazione, buona giornata anche a te.
:-)
provo a rielaborare i 3 punti proposti in base ai commenti per cui vi ringrazio. Riscontro ahimè sempre un gioco a “trova le differenze” piuttosto che “uniamo gli sforzi”
1) pretendere massima trasparenza sui vaccini proprio perchè come dice @Biggie “lo schifo che sta avvenendo sui vaccini è un problema di sistema di commercio, di liberalismo, non di efficacia o sicurezza dei farmaci in se”
fermo restando che efficacia e sicurezza vanno dimostrati ed al momento a parte dati annunciati in conferenza stampa i dati grezzi relativi alla sperimentazione dei vaccini non sono disponibili a chi ha finanziato la ricerca.
Il “pregiudizio antiscientifico” di cui sarei tacciato è complementare ad una fiducia cieca ne LA SCIENZA (descritta come entità autonoma dall’essere umano) che mi pare molto simile a FEDE.
2) pretendere investimenti su campagne di comunicazione volte a potenziare il sistema immunitario degli individui. Fermo restando che secondo me questo lo Stato dovrebbe farlo a prescindere dal covid, poichè il benessere individuale è la base per il benessere comunitario (e viceversa) non ho mai detto di sottrarre risorse ai vaccini che mi pare ne abbiano di praticamente infinite (ma non bastano colmare il gap produttivo, come dire che i soldi non si mangiano). Un anno fa neanche si sapeva se un vaccino sarebbe stato disponibile o meno, ma, a mio avviso, in linea con il paternalismo che crea dipendenza tossica piuttosto di responsabilizzare il singolo nei confronti della propria salute e quella della comunità, si è detto alla popolazione “smettete di vivere ed aspettate che ci pensiamo noi”. Invece il consumo di alcool e’ aumentato del 40%, non ho dati sul fumo. La pratica del Qi gong (magari con delle lezioni passate su rai uno alle 12:00) avrebbe migliorato il sistema immunitario di una parte degli italiani? avrebbe fatto la differenza? io credo di si anche se non ci sono evidenze scientifiche (uso omeopatia)
3) pretendere i microdata. La mia formazione da ingegnere mi insegna che per modellare un sistema sconosciuto di adotta la reverse engineering, in base a come il sistema risponde a certi stimoli ne deduco un modello che se affidabile mi aiuti a prevenire l’voluzione del sistema stesso. Senza i dati nessuna comunità puo aspirare a nessun modello. E allora ci resta solo il “brute force” sparare col fucile nella folla nella speranza di debellare il mostro. Tra l’altro usando lo stesso proiettile indipendentemente dalla persona (che è un’altro aspetto che critico del modello vaccino)
Prima di mollare il colpo vorrei esprimere un ultimo pensiero a riguardo di questo passaggio di delfo:”La pratica del Qi gong (magari con delle lezioni passate su rai uno alle 12:00) avrebbe migliorato il sistema immunitario di una parte degli italiani? avrebbe fatto la differenza? io credo di si anche se non ci sono evidenze scientifiche (uso omeopatia)”
Quando scrivevo sopra di gente che manda in vacca lotte dei compagni mi riferivo proprio a questo. Inquinate le lotte con la vostra melma. E vorreste pure che questa si diffondesse a macchia d’olio.
Io davvero vorrei capire perché cazzo dovremmo instillare l’idea alle masse che qualcosa che non funziona sia invece utile. Un suicidio. Invece di estirpare sto male delle medicine alternative, noi lo andiamo a propagandare con i medium di massa, che come la televisione, hanno un rapporto, per chi li guarda, da inferiore a superiore.
Il vostro prossimo passo quale sarebbe? Introdurre un’ora la settimana nelle scuole?
La presente, avendo recepito l’invito a “metterci un tappo”, solo per prendere le distanze da delfo – che sento doveroso – e poi non tornarci più.
Un conto è combattere la medicalizzazione della vita quotidiana, dopo quella della persona, e contrapporvi invece la personalizzazione della medicina – con tutti i microdati che vogliamo, quello è semplice buonsenso – e la visione olistica del benessere.
Un altro conto è buttarla in vacca con l’omeopatia o anche solo suggerire che la _prevenzione_ quando i buoi sono scappati li farebbe rientrare.
Senza nulla togliere, ovviamente, al fatto che da un anno a questa parte le parole “prevenzione” o “vita sana”, viste come il fumo negli occhi dal discorso virocentrico, spesso muoiono sull’altare di provvedimenti demenziali e di facciata.
Per il resto, ottimi punti, molti familiari qui su Giap, sentiti stamattina alla manifestazione di Treviso.
Avrei onestamente auspicato più partecipazione, ma anche così è molto.
Particolarmente efficace l’intervento del maestro di musica il cui nome mi sfugge.
Ecco, per quel che serve domani sciopero e sarò in piazza a milano per scuole aperte e sicure (almeno i purificatori d’aria e qualche bagno con le finestre…), ma il problema, anche qui, è che tutto gira intorno ai vaccini, e porta a trascurare qualsiasi azione di semplice buon senso che possa rendere meno tossici gli ambienti chiusi in cui lavoriamo, studiamo, viaggiamo (prendo ogni giorno un treno pendolari…).
Non sopporto più il tono saccente e di pura propaganda che è utilizzato quando parlano gli Esperti, chiedendo alle persone non di capire e scegliere, ma di credere: questo per me è terreno fertile per una mentalità fascista.
Allego, se interessa, un link ad un articolo di ottobre su Nature, così , non per fare terrorismo no vax, ma per rendere evidenti le semplificazioni brutali della propaganda vaccino = salvezza….https://www.nature.com/articles/s41579-020-00462-y
Sarà perché ci sono piu’ verità a seconda del punto di vista, io le posizioni piu’ aggressive ed irrazionali le noto sui sostenitori della vaccinazione come soluzione del problema. Costoro bollano gli scettici che non vogliono vaccinarsi come insensibili ed egoisti, arrivando a definirli persino criminali.
Per me i criminali sono quelli che lucrano su questa situazione.
Intanto iniziano a scarseggiare le materie prime in tutta Europa e le aziende rischiano di chiudere. Un altra linea di frattura che genera odio e povertà. Bisogna vedere le conseguenze che porterà questo collasso della società occidentale e su chi verrà indirizzata questa rabbia montante
@Rafal
Me tocca verzar un novo filo de commenti perché non so bono de starve drio…
Mi non penso proprio che “far trovare al virus organismi più sani e forti” sarebbe riuscito a prevenir na roba de questo tipo. E non penso manco che tutto lo si può ricondurre allo stile di vita. Sto virus de merda lè un virus e lo curemo come tale. Senza andar drio a puttanade se l’è più o meno forte o a cagnarse se i morti i gaveva altre malattie…
Altro discorso l’è la sanità pubblica che non è più pubblica e che la casca a pezzi…
Ma allora disemo questo non improvvisiamoce tutti dottori
Mozione d’ordine, questo post pubblicato un mese fa aveva come focus la scuola nell’emergenza pandemica. Più passano i giorni e più la discussione si allontana da quel focus, va OT, si estende in ogni direzione, genera scambi a due su massimi sistemi o su questioni ultraspecifiche ecc. Si fa la punta ai chiodi. Il thread è ormai caotico e impercorribile. Chiediamo per favore di darsi una regolata o “mollare il colpo”.
Non so se il problema dell’istruzione a Cuba sia trattato meglio che nell’occidente dei diritti umani, partendo da questa ammissione di etnocentrismo da zona rossa, descriveva filosottile qualche settimana fà in un post al termine di un’iniziativa PAS, una nonna che tra la tristezza e lo spaesamento rivendicava orgogliosamente di non voler sostituire lo Stato nel welfare, ora mi immagino il nonno che si sforma negli assembramenti di adolescenti nei parchie vi chiedo di affrontare nei prossimi interventi se possibile anche il tema a partire dalle paritarie cui ci si affida altresì, a prezzi di mercato anche più convenienti rispetto al pubblico negli asili ad esempio, con la medesima funzione educativa, su delega dello Stato repubblicano ma forse semplicemente in ottica sussidiaria che trova pieno riscontro nella nostra costituzione. Grazie
StefanoR, hai letto la mozione d’ordine?… Valeva anche per te, sai? Nonostante le perle di saggezza. E anche sul “fare la punta ai chiodi” avresti dovuto ravvisare un suggerimento. Ma, evidentemente, nella foga di dimostrare le tue brillanti capacità oratorie (…) leggi solo e vedi solo ciò che interessa te. E dire che hanno tentato di fartelo notare in tanti che la tua realtà non è la realtà. Sia Cugino di Alf che Rinoceronte Obeso, con incredibile pazienza. Ti sei accorto ( nonostante la tendenza a divagare sia un problema comune ad ognuno di noi) dell’argomento del post? No. Non ti preoccupare, vai pure avanti imperterrito. Niente, eh?!… Tanti auguri.
Discussione chiusa il 26 marzo 2021 alle h. 17:19 per sopraggiunta incomprensibilità.
Quest’articolo è stato pubblicato un mese fa e gli scambi recenti erano ormai molto distanti dal suo focus.
L’insistenza su questo commentarium si deve al fatto che quello qui sopra è l’ultimo articolo (semplifichiamo) «sul Covid» in ordine di tempo. Non siamo stati in grado di scriverne e pubblicarne altri, nulla che fosse esclusivamente dedicato alla gestione dell’emergenza pandemia.
Ciò non vuol dire che non ce ne stiamo occupando: la critica di cui sopra è espressa, in modi più o meno diretti, in tutti gli articoli che stiamo pubblicando, ovunque cada l’accento, e in tutto il nostro lavoro culturale. Secondo noi è questo che va fatto: bisogna applicare quella critica, essere, col proprio lavoro, la negazione della logica dell’emergenza.
Insomma, le occasioni di discutere non mancano: il libro di Wu Ming 1 La Q di Qomplotto contiene oltre sessanta pagine specificamente dedicate all’emergenza pandemica – una sintesi del lavoro fatto nell’ultimo anno – e l’intero libro ci fa i conti in molteplici modi. Ci fa i conti anche il libro di Wu Ming 2 che sta per uscire, l’edizione “aumentata” de Il sentiero degli dei. Ci faranno i conti tutti gli articoli prossimi venturi. Ma nessuno di questi sarà in senso stretto un articolo (ri-semplifichiamo) «sul Covid». Crediamo sia ora di fare un passo oltre.